Menu di navigazione principale
Vai al menu di sezioneInizio contenuto
Allegato A
Seduta n. 77 del 27/11/2006
MOZIONI RAMPELLI ED ALTRI N. 1-00026, PEDRIZZI ED ALTRI N. 1-00027, PAOLETTI TANGHERONI ED ALTRI N. 1-00033, VOLONTÈ ED ALTRI N. 1-00052, D'ELIA ED ALTRI N. 1-00053, BONELLI ED ALTRI N. 1-00054, VENIER ED ALTRI N. 1-00057 E MARONI ED ALTRI N. 1-00059 SULLE INIZIATIVE VOLTE A SOSTENERE IL RISPETTO DEI DIRITTI UMANI IN CINA
(Sezione 1 - Mozioni)
La Camera,
premesso che:
il Presidente del Consiglio dei ministri - in occasione della recente missione del Governo in Cina - ha dichiarato che il Governo italiano è favorevole a togliere l'embargo sul commercio di armi con la Cina;
nel corso di una conferenza stampa congiunta con il Premier cinese Wen Jabao, il Presidente Prodi ha dichiarato che si tratta di una questione fondamentale da risolvere al più presto, preannunciando che si impegnerà in questo senso in sede europea e che continuerà a lavorare con i principali partner dell'Italia per giungere all'abolizione dell'embargo;
l'Unione europea aveva decretato l'embargo dopo i fatti di Tienanmen del giugno 1989, quando la repressione del Governo cinese colpì centinaia di studenti che protestavano sulla piazza di Pechino;
il portavoce della Commissione europea, Pietro Petrucci, ha affermato che la Commissione europea non intende rimuovere l'embargo, visto che in Cina non sono ancora avvenuti progressi dal punto di vista del rispetto dei diritti umani;
già nella risoluzione adottata in data 18 dicembre 2003, il Parlamento europeo riteneva che la Cina dovesse dimostrare di aver compiuto progressi significativi nel campo dei diritti umani prima che l'Unione europea potesse prendere in considerazione una revoca dell'embargo sul commercio delle armi; al tempo stesso si invitavano il Consiglio e gli Stati membri a mantenere l'embargo e a non allentare le restrizioni nazionali vigenti sulla vendita di armamenti;
negli anni seguenti sono state approvate a livello europeo numerose altre risoluzioni sulla Cina: l'8 settembre 2005 sulle violazioni dei diritti umani (in particolare in materia di libertà di religione), il 7 luglio 2005 sulle relazioni tra l'Unione europea, la Cina e Taiwan, il 28 aprile 2005 sulla relazione annuale sui diritti umani nel mondo nel 2004 e - tra il 2004 e il 2005 - sul Tibet e la situazione dei diritti umani in Cina, nonché sul caso di Tenzin Delek Rinpoche, lama buddista, imprigionato e torturato;
anche nel 2006 il Parlamento europeo non ha mancato di denunciare la grave situazione dei diritti umani in Cina;
nella risoluzione del 2 febbraio 2006 sugli aspetti principali e le scelte di base della politica estera e di sicurezza comune europea, si è sottolineata la necessità di migliorare le relazioni con la Cina in modo tale da compiere progressi non solo nel settore commerciale ed economico, ma anche sulle questioni relative
ai diritti umani e alla democrazia; a tal fine, il Parlamento europeo ha ribadito la sua richiesta di un codice di condotta vincolante dell'Unione europea sulle esportazioni di armi e ha invitato il Consiglio a non revocare l'embargo sulle armi, fino a quando non saranno stati compiuti maggiori progressi nel campo dei diritti umani e dei controlli sulle esportazioni di armi in Cina e nelle relazioni tra le due sponde dello stretto di Taiwan;
solo in data 7 settembre 2006, infine, il Parlamento europeo ha approvato a larghissima maggioranza (351 voti favorevoli, 48 contrari, 160 astenuti) una risoluzione nella quale «riconosce che l'Unione europea non dovrebbe revocare l'embargo fintanto che non sarà in vigore un codice di condotta giuridicamente vincolante sulle esportazioni di armi e non sarà stata affrontata adeguatamente la situazione dei diritti umani e delle libertà civili e politiche, inclusa la questione di piazza Tienanmen» (punto 12);
la risoluzione europea, in particolare, «richiama l'attenzione sui timori del mondo esterno, in particolare dei vicini regionali di Pechino, circa il fatto che, dalla metà degli anni novanta, la spesa militare cinese registra ogni anno un tasso di aumento a due cifre; pertanto, raccomanda vivamente che l'embargo sulle armi imposto dall'Unione europea nei confronti della Cina resti immutato fino a che non saranno stati compiuti maggiori progressi in materia di diritti umani»; ricorda, infine, la necessità di includere nei prossimi negoziati sulla politica europea di vicinato e sugli accordi di partenariato e di cooperazione l'adesione all'embargo sul commercio di armi decretato dall'Unione europea nei confronti della Repubblica popolare cinese« (punto 78);
il Parlamento europeo, da ultimo, sottolinea che «esiste un legame diretto tra l'ovvio interesse cinese di poter accedere all'alta tecnologia militare europea e la revoca dell'embargo sulle armi decretato nei confronti della Repubblica popolare cinese e che ciò ha conseguenze significative per la coesione delle relazioni transatlantiche e la posizione di mercato dell'industria europea delle armi ad alta tecnologia» (punto 79);
il Presidente del Consiglio dei ministri in più di un'occasione ha affermato che intende ricollocare l'Italia nel solco della politica europea, auspicando la coincidenza tra interesse nazionale ed interesse europeo;
la legge 9 settembre 1990, n. 185, «Nuove norme sul controllo dell'esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento», all'articolo 1, comma 6, lettere c) e d), stabilisce il divieto di esportazione e transito di materiali di armamento verso i Paesi nei cui confronti sia stato dichiarato l'embargo totale o parziale delle forniture belliche da parte dell'Unione europea, nonché verso i Paesi i cui Governi sono responsabili di accertate violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti dell'uomo;
impegna il Governo
a non intraprendere a livello europeo alcuna iniziativa diretta a revocare l'embargo sul commercio delle armi con la Cina, tenuto conto della ferma posizione del Parlamento europeo e considerata l'assenza di progressi nel dialogo con tale Paese a causa delle continue violazioni in materia di diritti umani.
(1-00026)
«Rampelli, Ciocchetti, Dionisi, Tremonti, Forlani, Volontè, La Russa, Meloni, Elio Vito, Buonfiglio, Lisi, Ciccioli, Formisano, Holzmann, Patarino, Rositani, Bellotti, Buontempo, Gamba».
(22 settembre 2006)
La Camera,
premesso che:
dal rapporto 2006 sulla libertà religiosa nel mondo, curato dall'organizzazione Aiuto alla chiesa che soffre (Acs) e
presentato il 27 giugno 2006, emerge che l'Asia è il continente in cui la libertà di religione sembra più soggetta a limitazioni e provvedimenti repressivi; soprattutto nella Repubblica popolare cinese, arresti, torture e la pena di morte vengono inflitti a cristiani, cattolici e protestanti, che non si iscrivono alle associazioni governative;
in un suo recente intervento incentrato sulla Cina, Bernardo Cervellera, direttore di Asianews, ha spiegato che «la libertà religiosa è la cartina al tornasole dello sviluppo di un Paese». «In Cina sta avvenendo una grande trasformazione di tipo non solo sociale ma anche religioso - ha continuato - chi pensa di salvare i rapporti economici con la Cina, mettendo tra parentesi la necessità del rispetto della libertà religiosa, andrà incontro ad un grande disastro». «Ritenuta una minaccia per la stabilità del Paese - ha sottolineato Cervellera - il rispetto della libertà di religione, invece, è condizione necessaria a garantire un reale sviluppo della democrazia e dell'economia in Cina, dove il disprezzo della vita umana genera pericolose tensioni sociali, destinate ad esplodere»;
tra gli strumenti per esercitare pressione sui Governi, affinché si muovano verso un'effettiva libertà religiosa, Cervellera, in sintonia con Magdi Allam, indica i mezzi di comunicazione di massa. A loro i due giornalisti lanciano un appello: «Dire la verità, denunciare con coraggio e onestà gli episodi di persecuzione e violenza», mantenendo alta l'attenzione sulla problematica, senza nascondersi dietro il politically correct;
l'Asia appare il continente nel quale non solo la stragrande maggioranza degli Stati applica leggi che limitano in vario modo la libertà di religione, ma anche quello ove maggiore è il numero di persone che vedono violato tale loro diritto. La Cina dà un pesante contributo a questo doloroso record, grazie alle leggi che obbligano i fedeli ad iscriversi in apposite associazioni controllate dal Governo e consentono ogni genere di abuso verso chi non ne fa parte: arresti, torture, a volte fino alla morte, distruzione e vendite di edifici sacri;
un esempio di tale situazione è quello delle notizie circolate sul vescovo cinese di Zhengding, monsignor Giulio Jia Zhiguo. Alcuni organi di informazione lo avevano dichiarato libero dalla prigionia. In realtà il presule, molto malato, è stato solamente accompagnato dalla pubblica sicurezza in un ospedale, dove viene piantonato notte e giorno da 6 poliziotti;
le ordinazioni di due nuovi vescovi Giuseppe Ma Yinglin e Giuseppe Liu Xinhong, rispettivamente il 30 aprile 2006 a Kunming (provincia dello Yunnan) e mercoledì 3 maggio 2006 a Wuhu, avvenute per decisione dell'Associazione della Chiesa patriottica su pressione del Governo di Pechino rappresentano una grave violazione della libertà religiosa. I due prelati sono stati sottoposti - da parte di organismi esterni alla Chiesa - a forti pressioni e a minacce, affinché prendessero parte a ordinazioni episcopali, che, essendo prive del mandato pontificio, sono illegittime. Vari presuli hanno opposto un rifiuto a simili pressioni, mentre alcuni non hanno potuto fare altro che subirle con grande sofferenza interiore. Episodi di questo genere producono lacerazioni, non soltanto nella comunità cattolica, ma in tutti coloro che ne vengono a conoscenza;
a partire dal 29 luglio 2006, i cattolici cinesi hanno iniziato uno sciopero della fame per protestare contro l'arresto di migliaia di altri fedeli avvenuto ad Hangzhou, nella provincia di Zhejian, la cui colpa era quella di essersi opposti alla demolizione di una chiesa;
dal rapporto 2006 di Amnesty international viene riferito che la libertà religiosa è fortemente limitata. A marzo 2006 le autorità cinesi hanno promulgato un nuovo regolamento sulle pratiche religiose, al fine di incrementare i controlli ufficiali su tutte le attività religiose. Gruppi di cattolici e protestanti collegati a chiese non ufficiali sono stati oggetto di vessazioni, arresti arbitrari e sono stati incarcerati;
come si apprende ulteriormente da Amnesty international, nel novembre 2005 il noto avvocato di Pechino Gao Zhisheng, cristiano ed attivista per i diritti umani, divenuto famoso in tutta la Cina per le sue critiche al Partito Comunista, è stato obbligato a chiudere il suo studio legale per essersi rifiutato di ritirare una lettera aperta indirizzata al presidente Hu Jintao ed al Premier Wen Jabao, con la quale richiedeva alle autorità di rispettare la libertà di religione. L'ingiunzione è arrivata dopo che egli aveva presentato un ricorso per conto del pastore protestante Cai Zhuohua, che professava il suo credo di nascosto e che era stato condannato a tre anni di carcere per avere stampato illegalmente delle bibbie;
l'11 settembre 2006 si è purtroppo verificata l'ultima di questa interminabile serie di persecuzioni nei confronti dei cattolici cinesi, con l'arresto del vescovo di Zhouzhi, monsignor Martino Wu Qinjing, nella provincia settentrionale dello Shaanxi, per aver celebrato una messa solenne;
nonostante l'impegno assunto nel summit Cina-Unione europea del 2005 di proteggere e promuovere i diritti umani, le autorità cinesi continuano ad applicare politiche di persecuzione religiosa che sono causa di gravi violazioni dei diritti umani. È quanto denunciato da Amnesty international, alla vigilia del summit tra Unione europea e Cina, svoltosi ad Helsinki sabato 9 settembre 2006. «L'Unione europea deve far capire alla Cina che la sua credibilità a livello globale è messa in gioco quando alle promesse non fa seguire le azioni. L'indifferenza di Pechino nei confronti dei propri impegni è una sorta di sfida nei confronti dell'opinione pubblica internazionale, che l'Unione europea non può ignorare» - ha dichiarato Dick Oosting, direttore dell'ufficio di Amnesty international presso l'Unione europea;
il 13 settembre 2006, con 351 voti favorevoli, 48 contrari e 160 astensioni, il Parlamento europeo ha adottato la relazione dell'eurodeputato Bastian Belder sulle relazioni dell'Unione europea con la Cina, nella quale viene deplorata la contraddizione tra la libertà di fede, sancita dalla Costituzione, e «le costanti ingerenze dello Stato» nella vita interna delle comunità religiose, «specialmente per quanto riguarda formazione, selezione, nomina e indottrinamento politico dei ministri del culto». Più in particolare, nella relazione viene deplorato che lo Stato riconosca a solo cinque religioni il diritto a un'esistenza legale, per giunta sottoponendole al controllo delle rispettive associazioni religiose «patriottiche» cinesi;
peraltro, nella relazione Belder, si osserva come attualmente, in Cina, i cristiani che praticano la propria fede in luoghi di culto «illegali» (all'interno di case-chiesa protestanti o presso gruppi cattolici «clandestini» fedeli al Vaticano) «sono più numerosi di quelli che frequentano i luoghi di culto "patriottici"». D'altra parte, entrambi i gruppi di credenti, «composti da cittadini rispettosi della legge», «non rappresentano alcuna minaccia per la sicurezza pubblica». Pertanto, si invita il Governo cinese «a porre fine alle persecuzioni e alla detenzione di tali gruppi di cristiani» e si afferma il diritto per i cristiani che non si riconoscono nelle «chiese patriottiche» di praticare liberamente la propria fede;
impegna il Governo:
a riferire su quanto avvenuto nel viaggio in Cina dal 12 al 18 settembre 2006, in modo da assicurare che il Presidente del Consiglio dei ministri Romano Prodi si sia adoperato per far presente alle autorità della Repubblica popolare cinese tutto quanto precede, condizionandovi lo sviluppo dei rapporti economici fra i due Paesi;
a fornire chiarimenti in merito a quanto esposto per intervenire a difesa dei diritti umani, tra cui quello fondamentale della libertà di religione, violati e calpestati dal Governo comunista cinese;
ad assumere concrete ed urgenti iniziative, sia nei rapporti bilaterali che nell'ambito
dell'Unione europea, per promuovere ed ottenere il rispetto dei diritti umani e di religione in Cina;
a sostenere, in sede internazionale, la ferma condanna dei duri trattamenti e delle persecuzioni perpetrate dalle autorità cinesi sia nei confronti dei cristiani che nei confronti dei singoli cittadini, ponendo termine ad un silenzio dovuto solo al timore di ledere gli interessi economici del nostro Paese;
ad adottare ogni mezzo politico, diplomatico e commerciale volto ad ottenere la scarcerazione di tutti i detenuti per motivi politici e religiosi, se del caso rivolgendosi ai competenti organismi e tribunali internazionali.
(1-00027)
«Pedrizzi, La Russa, Gasparri, Moffa, Mazzocchi, Briguglio, Migliori, Salerno, Menia, Rositani, Zacchera, Airaghi, Volontè, Ulivi, Benedetti Valentini».
(22 settembre 2006)
La Camera,
premesso che:
la situazione dei diritti umani e civili nella Repubblica popolare cinese non registra miglioramenti; al contrario continuano, addirittura aggravandosi, gli episodi di persecuzione e violenza a danni di privati cittadini e, con metodo sistematico, nei confronti delle minoranze politiche e religiose che si oppongono pacificamente al Governo di Pechino;
la gravità della situazione dei diritti umani nella Repubblica popolare cinese è drammaticamente rappresentata, fra gli altri, dal caso dell'avvocato Gao Zhisheng e da quello di monsignor Martino Wu Qinjing. L'avvocato Gao Zhisheng, noto in tutto il mondo per le sue iniziative in difesa delle libertà politiche, religiose e civili e arrestato nel mese di agosto 2006 dalle autorità di Pechino, dopo essere stato in precedenza perseguitato, minacciato e interdetto dall'esercizio della professione legale;
prima e dopo il suo arresto si sono moltiplicati in tutto il mondo gli appelli a favore di Gao Zhisheng, tra i quali particolarmente significativi sono quelli contenuti nella risoluzione del Congresso degli Stati Uniti, approvata il 26 aprile 2006, in occasione della visita negli Stati Uniti del Presidente Hu Jintao e, da ultimo, nel cosiddetto «rapporto Belder» sulle relazioni fra Unione europea e Repubblica popolare cinese, approvato il 7 settembre 2006 dal Parlamento europeo;
ulteriore emblematico caso è quello del vescovo, monsignor Martino Wu Qinjing, arrestato solo per non aver voluto scendere a compromessi con la sua fede e la lealtà al Papa, avendo celebrato una messa solenne, nonostante le minacce del Governo;
la strategia per «una sola Cina», dopo la cosiddetta «legge antisecessione» approvata nel 2005 dal Parlamento di Pechino, rischia di essere perseguita dalle autorità di Pechino in forme aggressive e non negoziali e, ad avviso dei presentatori del presente atto, come molti temono, con il ricorso all'invasione militare della Repubblica di Cina di Taiwan;
la legge n. 185 del 1990 prevede che l'esportazione e il transito di materiale di armamento siano vietate verso i Paesi nei cui confronti sia stato dichiarato l'embargo totale o parziale delle forniture belliche da parte delle Nazioni Unite o dell'Unione europea, nonché verso i Paesi i cui Governi sono responsabili di gravi violazioni, accertate, dei diritti umani;
impegna il Governo:
ad operare in sede Unione europea perché non si proceda alla revoca dell'embargo sulla vendita delle armi alla Repubblica popolare cinese, stabilito dopo il massacro di Tienanmen, poiché l'embargo rimane, come affermato dalla Commissione europea, lo strumento di pressione
più significativo per la causa dei diritti umani e costituisce, dal punto di vista strategico, un argine all'ulteriore potenziamento tecnologico-militare della Repubblica popolare cinese;
a promuovere, nell'ambito degli scambi culturali e scientifici con la Repubblica popolare cinese, specifici programmi di formazione e informazione sui temi del diritto internazionale in materia di diritti umani e a sostenere l'attività delle organizzazioni che, nella Repubblica popolare cinese, perseguono questi obiettivi;
a rafforzare, a partire dal caso di Gao Zhisheng e del vescovo, monsignor Martino Wu Qinjing, le iniziative di protezione e sostegno nei confronti dei cittadini sottoposti, per ragioni civili, politiche o religiose, ad arresti arbitrari e a persecuzioni personali;
in particolare, ad intraprendere le necessarie azioni politiche e diplomatiche per verificare se e dove l'avvocato Gao Zhisheng e il vescovo, monsignor Martino Wu Qinjing, siano legalmente detenuti e ad esprimere alle autorità della Repubblica popolare cinese l'auspicio della Camera dei deputati affinché l'avvocato Gao Zhisheng e il vescovo, monsignor Martino Wu Qinjing, siano prontamente liberati e sia loro restituita la possibilità di vivere nel rispetto di tutti i loro diritti civili.
(1-00033)
«Paoletti Tangheroni, Della Vedova, Bertolini, Pili, Cossiga, Boniver, Licastro Scardino, Carlucci, Gregorio Fontana, Santelli, Campa, Di Virgilio, Caligiuri, Crosetto, Picchi».
(2 ottobre 2006)
La Camera,
premesso che:
il 29 ottobre 2006, per la seconda volta in una settimana, il Governo ha inviato centinaia di poliziotti in tenuta anti-sommossa presso un'università privata della provincia meridionale dello Jiangxi per fermare una manifestazione di massa organizzata dagli studenti. La polizia ha obbligato gli universitari a non lasciare il campus ed ha bloccato i telefoni e le connessioni internet dell'Istituto di tecnologia di Ganjiang. L'invio dei poliziotti è stato deciso per fermare la protesta di massa organizzata dagli studenti di Ganjiang, che avrebbe dovuto riunire circa 60 mila universitari provenienti da 10 istituti privati della provincia per protestare contro la nuova legge sull'educazione, che, nonostante le promesse dei funzionari statali, non equipara i titoli di studio conseguiti presso gli istituti privati a quelli rilasciati dalle università pubbliche;
il 5 novembre 2006 il Governo della provincia orientale dello Shandong ha inviato oltre 1.400 poliziotti in tenuta anti-sommossa per fermare circa mille abitanti di un villaggio alla periferia di Jinan, che manifestavano contro la requisizione delle loro terre;
il 12 novembre 2006, la polizia della provincia centrale del Sichuan si è scontrata con circa 2 mila persone che manifestavano contro un ospedale di Guangan, colpevole di aver lasciato morire un bambino perché la sua famiglia non poteva pagare subito il ricovero, anche se aveva promesso di pagare in seguito quanto dovuto. Gli scontri si sarebbero conclusi con 3 morti, non confermati da fonti ufficiali: le autorità sono state costrette ad aprire un'inchiesta sulla vicenda;
il 17 novembre 2006, la polizia in tenuta anti-sommossa ha circondato il villaggio di Dongzhou, nei pressi dei porto meridionale di Shanwei (Guangdong), per liberare 8 rappresentanti del governo locale trattenuti dagli abitanti che protestano contro l'arresto di un attivista del posto, colpevole di appendere dei manifesti anti-corruzione per le strade del villaggio. Il blocco non è stato ancora tolto;
alla fine del 2005 si è diffusa la notizia che monsignor Han Dingxian, vescovo non ufficiale di Yongnian (Hebei), è
scomparso. Dal 1999 era stato arrestato e tenuto in isolamento in un hotel di proprietà del Governo. Non poteva avere nessun contatto con i suoi fedeli o coi parenti, ma ogni tanto alcuni di loro potevano vederlo dalla finestra. Ora da diverso tempo non si hanno notizie di lui, né si riesce ad intravederlo attraverso i vetri delle finestre. Monsignor Han Dingxian, 66 anni, in passato è stato in prigione per 20 anni;
il vescovo di Zhengding (Hebei), monsignor Giulio Jia Zhiguo, è tuttora sotto estremo controllo ed isolamento (non può incontrare i suoi fedeli), periodicamente arrestato dalla polizia per essere sottoposto a sessioni di studio, dove viene sottoposto a lavaggio del cervello perché aderisca all'Associazione patriottica, lo strumento di controllo del Partito Comunista cinese, che ha come ideale la nascita di una chiesa nazionale senza legame con la Santa Sede. Monsignor Jia è stato arrestato in gennaio, in luglio, in novembre. Al momento si trova nella sua diocesi, sorvegliato a vista;
al momento, sono circa 30 i sacerdoti della Chiesa non ufficiale in galera;
il 29 luglio 2006, migliaia di poliziotti in tenuta anti-sommossa, oltre a centinaia di militari e operai pagati dal Governo, sono arrivati alla chiesa di Cheluwan (distretto di Xiaoshan, Hanzhou, Zhejiang) alle 13.30 e hanno cominciato a usare la forza per cacciare via i fedeli protestanti radunati per fermare la distruzione dell'edificio, che non aveva ricevuto alcuna approvazione. Subito dopo hanno distrutto la chiesa in modo completo. Testimoni oculari affermano che la polizia ha usato manganelli elettrici e scudi anti-sommossa per disperdere i cristiani. Molte centinaia di fedeli sono stati colpiti e un gruppo di loro è stato arrestato;
il Centro d'informazione sui diritti umani e la democrazia afferma che la chiesa era già stata costruita anni addietro, ma era stata ristrutturata quest'anno a causa di un tifone che nel 2005 l'aveva molto danneggiata;
non è la prima volta che edifici religiosi vengono requisiti in modo illegale per essere utilizzati in progetti di costruzione e di sviluppo edilizio. Nel 2005 alcune suore cattoliche di Xian sono state picchiate per aver difeso una scuola di loro proprietà, venduta dal Governo a fini commerciali. Nel mese di dicembre 2005 un gruppo di sacerdoti di Taiyuan sono stati picchiati a Tianjin per voler salvare le proprietà della diocesi requisite da ditte locali per sviluppi edilizi;
secondo la China aid association, un'organizzazione non governativa con base negli Stati Uniti che opera per la libertà religiosa in Cina, il regime comunista cinese ha arrestato, nel corso dell'ultimo anno, 1958 fra pastori e fedeli delle chiese protestanti non ufficiali. L'organizzazione ha pubblicato, insieme alla denuncia, un rapporto dettagliato che spiega la persecuzione anti-cristiana portata avanti dalle autorità di 15 province cinesi;
particolare oggetto della persecuzione governativa sarebbero gli incontri fra pastori ed insegnanti cristiani, visti con particolare ostilità dal Governo, che mira ad indottrinare le nuove generazioni. Vi sono innumerevoli prove dei maltrattamenti e delle torture subiti dai leader delle comunità da parte della polizia e dei membri dell'Ufficio affari religiosi;
nel corso della missione italiana in Cina del mese di settembre 2006 hanno destato sconcerto le dichiarazioni rilasciate dal Presidente del Consiglio dei ministri Prodi in favore della fine dell'embargo delle armi alla Cina ed il suo impegno in sede europea;
secondo il Ministro degli affari esteri D'Alema, l'Italia è favorevole al superamento dell'embargo delle armi nei confronti della Cina «sulla base delle condizioni poste dall'Unione europea»;
il Ministro del commercio internazionale Bonino ha affermato che l'incremento delle relazioni commerciali ed economiche con la Cina deve comportare
progressi sostanziali in materia di democrazia, diritti umani, stato di diritto, diritti religiosi e individuali, che sono componenti basilari dei dialogo politico;
impegna il Governo:
alla luce dei fatti suesposti, ad indirizzare l'azione diplomatica, sia nei rapporti bilaterali che a livello europeo, in modo tale da assicurare sia il rispetto dei diritti umani e civili che la libertà religiosa e di espressione in Cina;
a subordinare la chiusura di accordi commerciali alla previa verifica di reali concessioni sul piano della democrazia e della libertà di religione in Cina;
a desistere dall'impegno, preso in più di una occasione, di perorare in sede di Unione europea la fine dell'embargo sul commercio di armi con la Cina, decretato dopo i fatti di Tienanmen del 1989.
(1-00052)
«Volontè, Forlani, Ronconi, D'Agrò, Barbieri, Drago, Compagnon, Mereu, Peretti, Formisano, Lucchese, Ciocchetti, Dionisi».
(27 novembre 2006)
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente sullo stesso argomento).
La Camera,
premesso che:
la legge n. 185 del 1990 stabilisce che l'esportazione ed il transito di materiali di armamento siano vietati «verso i Paesi i cui Governi sono responsabili di accertate violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti dell'uomo»;
l'Unione europea ha stabilito un embargo sulle armi dopo la repressione di Tienanmen del giugno 1989, embargo che il Parlamento europeo ha appoggiato nella risoluzione del 2 febbraio 2006 sugli aspetti principali e le scelte di base della politica estera e di sicurezza comune;
tale posizione del Parlamento europeo è stata ribadita in numerose occasioni dal 1989 ad oggi, l'ultima il 7 settembre 2006, con l'approvazione di una risoluzione alla vigilia del vertice di Helsinki tra Unione europea e Cina;
altre risoluzioni sulla Cina sono state adottate dal Parlamento europeo, in particolare sulle violazioni dei diritti umani in Tibet o sulle relazioni tra l'Unione europea, la Cina e Taiwan e la sicurezza in Estremo Oriente;
il forte sviluppo economico della Cina e lo status di membro permanente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite le impongono una responsabilità internazionale sempre crescente nel campo delle riforme democratiche, del rispetto dei diritti dell'uomo e dello stato di diritto;
l'Unione europea è il primo partner commerciale della Cina e il maggior investitore straniero in tale Paese, mentre la Cina è il secondo partner commerciale dell'Unione europea;
la leadership cinese, nel suo libro bianco del 2005 sulla costruzione della democrazia politica in Cina, conferma il primato del Partito Comunista cinese all'interno del sistema di governo del Paese;
il numero di esecuzioni capitali in Cina, coperto dal segreto di stato, si aggira secondo le stime fornite da giuristi cinesi intorno alle 8.000 all'anno, una cifra che, pur destinata a calare (si stima del 20 per cento) nei prossimi anni per l'effetto di un'importante riforma penale introdotta di recente e che affida alla Corte suprema l'ultima parola sull'esecuzione di una condanna a morte, continuerà a rappresentare circa il 90 per cento delle esecuzioni che vengono effettuate ogni anno nel mondo;
giungono continuamente notizie inquietanti di casi di carcerazione politica, in particolare di appartenenti a minoranze religiose ed etniche, di presunte torture, di ricorso diffuso al lavoro forzato, di espianto illegale di organi di condannati a
morte, di repressione sistematica delle libertà di culto e di espressione, nonché della libertà dei media, compresa internet;
stando all'annuario 2005 della Corte suprema cinese, circa 400 cittadini sono stati condannati per reati politici nel 2004, con un aumento del 25 per cento rispetto all'anno precedente;
in particolare, secondo il rapporto delle Nazioni Unite sulla tortura presentato il 10 marzo 2006, «dal 2000, lo special rapporteur e i suoi predecessori hanno contestato al Governo cinese 314 casi di presunta tortura, i quali riguardano ben oltre 1.160 persone» e che «oltre questa cifra, occorre considerare un caso presentato nel 2003 che riportava in dettaglio presunti maltrattamenti e tortura di migliaia di praticanti del Falun Gong», molti dei quali avvenuti nei campi di «rieducazione attraverso il lavoro», i cosiddetti laogai, e negli ospedali psichiatrici;
il 6 luglio 2006 è stato pubblicato il «rapporto sulle denunce d'espianto d'organi ai praticanti del Falun Gong in Cina», risultato di un'indagine indipendente condotta in Canada dall'avvocato David Matas e dall'ex membro del Parlamento David Kilgour, secondo i quali «da alcuni anni è stata attuata una raccolta su larga scala d'organi a praticanti del Falun Gong e che questa pratica criminale continua tutt'oggi»;
secondo quanto riferiscono i media governativi cinesi, la campagna condotta nella regione autonoma dello Xinjiang occidentale contro i «tre mali» - estremismo religioso, separatismo e terrorismo - continua e ha portato l'anno scorso a numerosi arresti di appartenenti alla minoranza Uygur turcofona e musulmana;
oltre ai musulmani, anche i cristiani di qualsiasi denominazione che non accettino di registrarsi come adepti di una delle chiese riconosciute da Pechino subiscono violente persecuzioni;
gli abitanti della cosiddetta «Mongolia interna» sono trattati come sudditi e forzati ad abbandonare i territori in cui abitano per cercare rifugio in Mongolia;
la regione del Tibet subisce da quasi mezzo secolo una forzosa campagna di sinizzazione, che, oltre ad aver decimato la popolazione manu militari, ha distrutto il patrimonio culturale, religioso e artistico di una delle più antiche civiltà dell'Asia;
gli articoli 8 e 9 della legge cinese antisecessione del 14 marzo 2005, i quali prevedono espressamente il ricorso a «mezzi non pacifici» per risolvere l'eventuale dichiarazione di indipendenza da parte di Taiwan, come pure l'attuale stazionamento di più di 800 missili lungo la costa sud-orientale della Repubblica popolare cinese di fronte a Taiwan, contraddicono il principio più volte conclamato dalle autorità cinesi di una riunificazione pacifica;
dalla metà degli anni '90, la spesa militare cinese registra ogni anno un tasso di aumento a due cifre, il che crea preoccupazione nel mondo esterno, in particolare nei vicini regionali di Pechino;
l'inizio di un vero processo democratico nella Repubblica popolare cinese permetterebbe di allentare le tensioni tra Cina e Taiwan e aprirebbe la strada alla ripresa di un dialogo concreto tra le due parti;
lo sviluppo di relazioni commerciali sempre più intense e di relazioni politiche positive tra l'Unione europea e la Cina non può non fondarsi sul rispetto di principi fondamentali comuni, come il rispetto dei diritti umani e dei principi democratici;
impegna il Governo:
a sostenere, nella discussione in corso in sede europea sull'embargo del commercio di armi con la Cina, la posizione per la quale un'eventuale revoca da parte dell'Unione europea debba essere legata a progressi verificabili e tangibili della Cina
nel campo dei diritti umani, delle riforme democratiche e delle relazioni pacifiche coi vicini regionali.
(1-00053)
«D'Elia, Antinucci, Bandoli, Beltrandi, Boselli, Buglio, Carta, Capezzone, Del Bue, De Zulueta, Di Gioia, Allam, Francescato, Grillini, Mantovani, Mario Pepe, Nicchi, Angelo Piazza, Poretti, Raisi, Reina, Siniscalchi, Turci, Turco, Villetti, Zacchera, Schietroma, Crema, Buemi, Mancini, Zanella, Leoluca Orlando, Lion, Fiano, Folena».
(27 novembre 2006)
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente sullo stesso argomento).
La Camera,
premesso che:
la legge 9 luglio 1990, n. 185, sul controllo dell'esportazione, importazione e transito di materiali di armamento, prevede al comma 6 dell'articolo 1 che l'esportazione ed il transito di materiali di armamento sono vietati verso i Paesi nei cui confronti sia stato dichiarato l'embargo totale o parziale delle forniture belliche da parte delle Nazioni Unite o dell'Unione europea ed inoltre verso i Paesi i cui Governi sono responsabili di gravi violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani; al comma 5 dell'articolo 1 è previsto, altresì, che l'esportazione ed il transito di materiali di armamento sono vietati anche quando manchino adeguate garanzie sulla definitiva destinazione dei materiali;
l'Unione europea, dopo la sanguinosa repressione da parte del Governo cinese di centinaia di studenti che protestavano nella piazza di Tienanmen a Pechino nel giugno del 1989, ha sottoposto la Cina ad embargo della vendita di armi, posizione ribadita più volte, anche recentemente con la risoluzione approvata a larga maggioranza il 7 settembre 2006, che, tra l'altro, «riconosce che l'Unione europea non dovrebbe revocare l'embargo fintanto che non sarà in vigore un codice di condotta giuridicamente vincolante sulle esportazioni di armi e non sarà stata affrontata adeguatamente la situazione dei diritti umani e delle libertà civili e politiche, inclusa la questione di piazza Tienanmen»;
l'Unione europea attualmente mantiene in vigore solo otto embarghi internazionali nei confronti: dei talebani e di Al Qaeda, della Bosnia-Erzegovina, del regime di Myanmar, dei ribelli della Sierra Leone e del Congo, del Sudan, della dittatura di Mugabe e della Cina, alla quale pesa enormemente stare in questo elenco;
malgrado la legge n. 185 del 1990 vieti espressamente la possibilità per il nostro Paese di esportare armi alla Cina, tale nazione negli ultimi anni compare sempre, nella relazione al Parlamento sull'attuazione della legge, tra i Paesi destinatari di autorizzazioni al trasferimento di armi;
la fine dell'embargo delle armi per la Cina ha una valenza altamente politica, per il ruolo internazionale che vuole rivestire, ma anche strategico-militare per smarcarsi dalla Russia, da cui dipende per il 95 per cento delle importazioni delle armi, non tanto per carri armati e pistole, che è in grado di prodursi da sola, ma soprattutto per sistemi d'arma tecnologicamente avanzati;
la vendita delle armi da parte dell'Unione europea alla Cina potrebbe, come è già avvenuto in passato, far aumentare le forniture di sistemi d'arma degli Stati Uniti a Taiwan, in funzione anti-Pechino, alimentando una pericolosissima escalation;
secondo un recente rapporto di Amnesty international, la Cina sta rapidamente emergendo come uno dei più grandi ed irresponsabili esportatori di armi, con un export che si aggira intorno al miliardo di dollari l'anno, contribuendo ad alimentare
conflitti e gravi violazioni dei diritti umani in Paesi quali Sudan, Nepal, Myanmar e Sudafrica. La Cina è l'unico Paese, tra i grandi esportatori di armi, a non aver sottoscritto neanche uno degli accordi multilaterali che vietano il trasferimento di armi verso Paesi che potrebbero commettere gravi violazioni dei diritti umani; inoltre, questo commercio è avvolto da segreto, in quanto il Governo di Pechino è da otto anni che non fornisce dati al registro delle Nazioni Unite sulle armi convenzionali;
secondo numerosi rapporti delle Nazioni Unite, dell'Unione europea, dell'organizzazione Human rights watch e di Amnesty international, che dedica alla Cina ben sette pagine del suo rapporto sulla situazione dei diritti umani nel mondo, sono numerosi i fronti delle violazioni da parte del Paese asiatico: pena di morte, torture, repressione di gruppi spirituali e religiosi, di giornalisti ed utenti di internet, la situazione in Tibet e dei richiedenti asilo nord coreani;
secondo Amnesty international nel 2005 ci sarebbero state in Cina 1.770 esecuzioni e almeno 3.900 condanne a morte, ma per l'organizzazione, secondo alcune stime, si tratterebbero di oltre 8.000; infatti, solo la Corte suprema ne conosce il numero esatto, in quanto il numero delle condanne a morte inflitte ed eseguite è segreto;
impegna il Governo:
a sostenere a livello europeo il mantenimento dell'embargo sulla vendita delle armi alla Cina, senza intraprendere posizioni unilaterali, e ad adottare opportune iniziative affinché i rapporti economico-commerciali siano subordinati ad atti concreti verso il pieno rispetto dei diritti umani, anche tramite un adeguamento della sua legislazione nazionale e richiedendo, in particolare, la sospensione della pena di morte;
a rispettare l'embargo europeo relativo alla vendita delle armi alla Cina;
ad adottare iniziative volte all'introduzione di un codice etico di responsabilizzazione delle imprese italiane all'estero e a farsi promotore presso l'Organizzazione mondiale del commercio per un nuovo sistema di regole internazionali per il rispetto dei diritti umani, sindacali ed ambientali.
(1-00054)
«Bonelli, De Zulueta, Zanella, Balducci, Boato, Cassola, Francescato, Fundarò, Lion, Pellegrino, Camillo Piazza, Poletti, Trepiccione, Mellano».
(27 novembre 2006)
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente sullo stesso argomento).
La Camera,
premesso che:
la Repubblica popolare cinese ormai da decenni ha intrapreso un percorso di riforme economiche che ha portato il Paese prima a superare la fame e la carestia e poi ad imboccare un processo di sviluppo sempre più accelerato, sino a farne uno dei principali protagonisti dell'economia mondiale;
la Cina è il più popoloso Paese del mondo, con oltre 1.300.000 di abitanti. La qualità e l'estensione dello sviluppo di questo Paese costituisce, quindi, un contributo fondamentale alla stabilità mondiale;
il modello economico detto del «socialismo di mercato», se ha consentito a centinaia di milioni di persone di uscire da uno stato di arretratezza, ha però generato nella società cinese nuove ed inedite contraddizioni;
la crescita poderosa dell'economia è stata accompagnata (come è accaduto in molte altre società, compresa quella italiana) a fenomeni di sfruttamento ed auto-sfruttamento, in particolare delle popolazioni di recente urbanizzazione;
le autorità cinesi hanno deciso interventi volti ad affrontare i problemi derivanti dal crescente squilibrio tra città e campagna, dalle nuove crescenti disparità economiche tra zone del Paese e tra individui, dalla ancora scarsa capacità di far fronte ai bisogni sociali fondamentali;
l'intera storia cinese non ha visto nel passato l'affermarsi dell'idea del primato della legge;
la Repubblica popolare cinese ha avviato una serie di riforme anche di carattere politico ed istituzionale, che, secondo le dichiarazioni dei suoi principali dirigenti, devono portare alla piena affermazione dello stato di diritto e, quindi, di un sistema di regole fondamentali a tutela dei diritti umani e civili di ogni cittadino cinese;
in contraddizione con questo percorso annunciato, giungono molte notizie su violazioni di ciò che il diritto internazionale definisce come inviolabili diritti dell'individuo, come la libertà di espressione, di organizzazione sindacale e di appartenenza religiosa;
la Cina (come purtroppo anche altri Stati, dagli Usa all'Arabia Saudita) applica sistematicamente la pena di morte per un numero molto ampio di reati;
la Repubblica popolare cinese non ha ratificato il patto internazionale sui diritti civili e politici e non ha firmato il protocollo opzionale alla convenzione contro la tortura e i due protocolli opzionali al patto sui diritti civili e politici;
ogni popolo ha il diritto di decidere la propria specifica forma di organizzazione sociale e politica;
nessuno deve strumentalizzare l'obiettivo dell'affermazione dei diritti umani e civili e bisogna, quindi, denunciare, senza ipocrisie e doppi standard, tutte le violazioni a tali diritti, quale che sia lo Stato responsabile di tali atti;
il dialogo ed il confronto sono gli strumenti fondamentali per la piena affermazione dei diritti umani e la diffusione di modelli democratici che garantiscano un vero pluralismo;
impegna il Governo:
a continuare una azione di pressione e confronto con le autorità cinesi volta ad ottenere un sostanziale miglioramento del rispetto dei diritti umani in quel Paese;
ad intensificare le relazioni e gli scambi economici e culturali con la Repubblica popolare cinese;
ad operare per rafforzare il confronto anche a livello giuridico a sostegno di tutte quelle riforme istituzionali necessarie alla strutturazione di uno stato di diritto, come del resto auspicato dalle stesse autorità cinesi;
ad agire in ambito bilaterale e multilaterale perché le autorità cinesi si impegnino a garantire la libertà di pensiero e quella religiosa, liberando al più presto i detenuti per reati di pensiero e a firmare i protocolli opzionali sui diritti umani e la tortura;
a chiedere con decisione alla Cina ed agli Usa di aderire alla proposta di moratoria internazionale sulla pena di morte;
ad intraprendere ogni sforzo presso le autorità cinesi affinché la legislazione del lavoro e i diritti dei lavoratori si adeguino più rapidamente agli standard internazionali.
(1-00057)
«Venier, Diliberto, Sgobio, Bellillo, Cancrini, Cesini, Crapolicchio, De Angelis, Galante, Licandro, Napoletano, Pagliarini, Fernando Benito Pignataro, Soffritti, Tranfaglia, Vacca».
(27 novembre 2006)
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente sullo stesso argomento).
La Camera,
premesso che:
dopo la sanguinosa repressione di piazza Tienanmen nel 1989, i Paesi dell'Unione europea hanno deciso di interrompere ogni forma di cooperazione militare e di commercio di armi con la Cina sulla base di evidenti violazioni dei diritti umani fondamentali da parte del Governo cinese, inaccettabili per un'Europa che riconosce come propri valori fondanti «il rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dello stato di diritto e del rispetto dei diritti umani»;
dal 1989 ad oggi, di fronte all'emergere di un'economia cinese espansiva ed aggressiva, l'atteggiamento di molti Paesi europei ha segnato una forte apertura verso Pechino;
alla crescita economica non si è accompagnato nessun significativo passo avanti sul piano dei diritti umani. Ad oggi, per Amnesty international, «la situazione dei diritti umani in Cina non è migliore che nel 1989». Secondo i dati diffusi dall'organizzazione, nel territorio cinese vengono eseguite 10 mila condanne a morte ogni anno, una pratica «endemica» della tortura, una durissima repressione dei dissidenti politici e delle minoranze religiose;
il Governo cinese permette la pratica religiosa nel Paese solo con personale riconosciuto e in luoghi registrati presso l'Ufficio per gli affari religiosi e sotto il controllo dell'Associazione patriottica, il cui statuto prevede la creazione di una chiesa nazionale separata dalla Santa Sede. Da ciò deriva la differenza tra una chiesa «ufficiale» o «patriottica» e i fedeli che cercano di sottrarsi a questo controllo per obbedire direttamente al Papa, formando la chiesa «non ufficiale» o «clandestina».
il 7 settembre 2006, pochi giorni prima della missione del Governo Prodi in Cina, il Parlamento europeo ha approvato a larghissima maggioranza il rapporto Belder sulle relazioni tra Cina ed Unione europea, un rapporto molto coraggioso che mette chiaramente in evidenza quali dovranno essere in futuro i punti imprescindibili dei rapporti con Pechino: i diritti della persona, la tutela delle minoranze religiose ed il diritto della Chiesa cattolica a nominare i propri vescovi. Per la prima volta con questo documento il Parlamento europeo sostiene il dialogo della Repubblica popolare cinese con la Santa Sede, esortando le autorità cinesi a liberare tutti i cristiani detenuti e perseguitati. Il Parlamento ha deplorato «la contraddizione tra la libertà di fede, sancita dall'articolo 36 della Costituzione, e le costanti ingerenze dello Stato nella vita interna delle comunità religiose, specialmente per quanto riguarda formazione, selezione, nomina e indottrinamento politico dei ministri del culto»; ha osservato che «attualmente in Cina i cristiani che praticano la propria fede in luoghi di culto "illegali" (all'interno di case-chiesa protestanti o presso gruppi cattolici "clandestini" fedeli al Vaticano) sono più numerosi di quelli che frequentano i luoghi di culto "patriottici"»; ha preso «atto con rammarico della grave violazione della libertà religiosa provocata dalle recenti illecite ordinazioni episcopali (30 aprile 2006, Kunming - Yunnan; 3 maggio 2006, Wuhan - Anhui), che sono in parte frutto delle forti pressioni e minacce esercitate sul clero cattolico fedele al Vaticano da parte di organismi esterni alla Chiesa»;
durante la missione ufficiale del Governo italiano in Cina del settembre 2006 il Presidente del Consiglio dei ministri Romano Prodi ha esplicitamente dichiarato, nel corso di una conferenza stampa congiunta con il Premier cinese Wen Jabao, che «il Governo italiano è favorevole a togliere l'embargo di armi alla Cina», aggiungendo, anzi, che «l'Italia propende affinché l'embargo alla vendita di armi sia tolto il più presto possibile, poiché non possiamo più aspettare»;
da parte sua, la Commissione europea ha ribattuto immediatamente alle parole di Prodi attraverso uno dei portavoce, Pietro Petrucci, che ha dichiarato: «La nostra
posizione non è cambiata. La Commissione europea è disponibile a discutere, ma bisogna attendere progressi sul piano dei diritti umani e per questo mantiene le sue riserve (...). Prodi ha il diritto di esprimere la posizione delle autorità italiane sull'argomento. La Commissione mantiene la sua posizione del 2004, visto che i progressi in materia di diritti umani non sono ancora avvenuti»;
contro il parere dell'Unione europea, il Ministro D'Alema, incontrando il collega cinese il 13 novembre 2006, ha sostenuto invece che «la Cina non è più quella del dopo Tienanmen e i progressi compiuti nel campo dei diritti civili lasciano pensare che (..) si arriverà in breve tempo a revocare l'embargo dell'Unione europea sulle armi alla Cina»;
impegna il Governo:
a non assumere iniziative a favore della revoca dell'embargo europeo alla vendita di armamenti verso la Cina in assenza di adeguate e tangibili garanzie di una svolta radicale da parte del Governo cinese su tutto ciò che riguarda il rispetto e la tutela dei diritti umani e ad investire il Parlamento di ogni nuova iniziativa in materia;
a dare conto al Parlamento delle parole a favore della revoca dell'embargo pronunciate a Pechino senza avere in alcun modo consultato il Parlamento, né prima della missione, né illustrandone l'esito al rientro;
a prestare e sollevare, in tutte le sessioni europee ed internazionali, la massima attenzione sul tema del rispetto della libertà di religione, subordinando ad esso l'assunzione di impegni politici, economici e commerciali con i partner stranieri.
(1-00059)
«Maroni, Bricolo, Giancarlo Giorgetti».
(27 novembre 2006)
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente sullo stesso argomento).