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Allegato B
Seduta n. 77 del 27/11/2006
TESTO AGGIORNATO AL 17 APRILE 2007
ATTI DI INDIRIZZO
Mozioni:
La Camera,
premesso che:
secondo la recente relazione della società di revisione Deloitte & Touche, la crisi della compagnia di bandiera, già reduce da un primo semestre con una perdita netta di 221,5 milioni di euro, si è aggravata ulteriormente con un indebitamento finanziario netto del gruppo aumentato di 91 milioni di euro in settembre (+10 per cento), fino a 1.023 milioni al 30 settembre 2006;
in questi anni si sono succeduti, con scarsi risultati, diversi piani industriali volti al rilancio dell'Alitalia ed in queste ultime settimane si sono ventilate alcune soluzioni legate all'ingresso di partner stranieri;
secondo il Vice Presidente del Consiglio dei ministri Rutelli, il tallone d'Achille di Alitalia sarebbe l'aeroporto lombardo e che dopo il 1998, anno di lancio della «grande Malpensa», la compagnia avrebbe iniziato a perdere quote di mercato e valore delle proprie azioni;
le cifre reali dimostrano, al contrario, che Malpensa è tra gli aeroporti con il maggior tasso di sviluppo in Europa e che la fetta più importante del mercato italiano del trasporto aereo si trova al Nord;
già oggi milioni di utenti e imprese settentrionali, in assenza di un hub intercontinentale e di una compagnia che offra collegamenti diretti con il resto del mondo (voli point to point), sono costretti a fare scalo a Parigi, Londra, Amsterdam o Francoforte per raggiungere le destinazioni più lontane e che spesso coincidono con i mercati a maggior tasso di crescita economica del mondo. Molto discutibile, a riguardo, è stata le decisione dell'aviolinea di cancellare i voli diretti da Malpensa per Shanghai e Washington, pur avendo su queste rotte un indice di riempimento superiore al 90 per cento;
non esiste un dualismo Fiumicino-Malpensa, in quanto i due aeroporti sono diversi rispetto al tipo di clientela (70 per cento di passeggeri stranieri a Roma e 70 per cento di passeggeri italiani a Milano), semmai il problema è la forte stagionalità cui è soggetto Fiumicino rispetto a Malpensa;
nel corso di un recente incontro con il Governo, i presidenti delle regioni Piemonte, Lombardia, Liguria, Veneto, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Valle d'Aosta e delle province di Trento e Bolzano hanno presentato al Governo un documento congiunto, nel quale, oltre a fissare le opere infrastrutturali prioritarie, hanno confermato la centralità di Malpensa rispetto all'intera rete aeroportuale del Nord;
nel documento si parla di «sistema aeroportuale-territoriale del Nord fondato principalmente sull'hub di Malpensa»;
tale obiettivo andrebbe perseguito con il trasferimento della principale base operativa di Alitalia a Malpensa (in pratica la base di armamento), un impegno che la compagnia pubblica finora non ha mai rispettato nonostante gli accordi sindacali intervenuti;
impegna il Governo:
a prevedere nel piano di rilancio della compagnia di bandiera, oltre ad una distinzione funzionale tra gli aeroporti di Fiumicino e Malpensa, entrambi vitali per il futuro dell'azienda, la ferma conferma, in coerenza con i contenuti dell'accordo del 2002 e con la domanda di trasporto aereo emergente, dell'aeroporto di Malpensa quale hub internazionale e nucleo portante del trasporto aereo italiano, sviluppandone le potenzialità in risposta alla domanda del mercato.
(1-00051) «Volontè, Tassone, Barbieri, Oppi, Dionisi».
La Camera,
premesso che:
il 29 ottobre 2006, per la seconda volta in una settimana, il Governo ha inviato centinaia di poliziotti in tenuta anti-sommossa presso un'università privata della provincia meridionale dello Jiangxi per fermare una manifestazione di massa organizzata dagli studenti. La polizia ha obbligato gli universitari a non lasciare il campus ed ha bloccato i telefoni e le connessioni internet dell'Istituto di tecnologia di Ganjiang. L'invio dei poliziotti è stato deciso per fermare la protesta di massa organizzata dagli studenti di Ganjiang, che avrebbe dovuto riunire circa 60 mila universitari provenienti da 10 istituti privati della provincia per protestare contro la nuova legge sull'educazione, che, nonostante le promesse dei funzionari statali, non equipara i titoli di studio conseguiti presso gli istituti privati a quelli rilasciati dalle università pubbliche;
il 5 novembre 2006 il Governo della provincia orientale dello Shandong ha inviato oltre 1.400 poliziotti in tenuta anti-sommossa per fermare circa mille abitanti di un villaggio alla periferia di Jinan, che manifestavano contro la requisizione delle loro terre;
il 12 novembre 2006, la polizia della provincia centrale del Sichuan si è scontrata con circa 2 mila persone che manifestavano contro un ospedale di Guangan, colpevole di aver lasciato morire un bambino perché la sua famiglia non poteva pagare subito il ricovero, anche se aveva promesso di pagare in seguito quanto dovuto. Gli scontri si sarebbero conclusi con 3 morti, non confermati da fonti ufficiali: le autorità sono state costrette ad aprire un'inchiesta sulla vicenda;
il 17 novembre 2006, la polizia in tenuta anti-sommossa ha circondato il villaggio di Dongzhou, nei pressi dei porto meridionale di Shanwei (Guangdong), per liberare 8 rappresentanti del governo locale trattenuti dagli abitanti che protestano contro l'arresto di un attivista del posto, colpevole di appendere dei manifesti anti-corruzione per le strade del villaggio. Il blocco non è stato ancora tolto;
alla fine del 2005 si è diffusa la notizia che monsignor Han Dingxian, vescovo non ufficiale di Yongnian (Hebei), è scomparso. Dal 1999 era stato arrestato e tenuto in isolamento in un hotel di proprietà del Governo. Non poteva avere nessun contatto con i suoi fedeli o coi parenti, ma ogni tanto alcuni di loro potevano vederlo dalla finestra. Ora da diverso tempo non si hanno notizie di lui, né si riesce ad intravederlo attraverso i vetri delle finestre. Monsignor Han Dingxian, 66 anni, in passato è stato in prigione per 20 anni;
il vescovo di Zhengding (Hebei), monsignor Giulio Jia Zhiguo, è tuttora sotto estremo controllo ed isolamento (non può incontrare i suoi fedeli), periodicamente arrestato dalla polizia per essere sottoposto a sessioni di studio, dove viene sottoposto a lavaggio del cervello perché aderisca all'Associazione patriottica, lo strumento di controllo del Partito Comunista cinese, che ha come ideale la nascita di una chiesa nazionale senza legame con la Santa Sede. Monsignor Jia è stato arrestato in gennaio, in luglio, in novembre. Al momento si trova nella sua diocesi, sorvegliato a vista;
al momento, sono circa 30 i sacerdoti della Chiesa non ufficiale in galera;
il 29 luglio 2006, migliaia di poliziotti in tenuta anti-sommossa, oltre a centinaia di militari e operai pagati dal Governo, sono arrivati alla chiesa di Cheluwan (distretto di Xiaoshan, Hanzhou, Zhejiang) alle 13.30 e hanno cominciato a usare la forza per cacciare via i fedeli protestanti radunati per fermare la distruzione dell'edificio, che non aveva ricevuto alcuna approvazione. Subito dopo hanno distrutto la chiesa in modo completo. Testimoni oculari affermano che la polizia ha usato manganelli elettrici e scudi anti-
sommossa per disperdere i cristiani. Molte centinaia di fedeli sono stati colpiti e un gruppo di loro è stato arrestato;
il Centro d'informazione sui diritti umani e la democrazia afferma che la chiesa era già stata costruita anni addietro, ma era stata ristrutturata quest'anno a causa di un tifone che nel 2005 l'aveva molto danneggiata;
non è la prima volta che edifici religiosi vengono requisiti in modo illegale per essere utilizzati in progetti di costruzione e di sviluppo edilizio. Nel 2005 alcune suore cattoliche di Xian sono state picchiate per aver difeso una scuola di loro proprietà, venduta dal Governo a fini commerciali. Nel mese di dicembre 2005 un gruppo di sacerdoti di Taiyuan sono stati picchiati a Tianjin per voler salvare le proprietà della diocesi requisite da ditte locali per sviluppi edilizi;
secondo la China aid association, un'organizzazione non governativa con base negli Stati Uniti che opera per la libertà religiosa in Cina, il regime comunista cinese ha arrestato, nel corso dell'ultimo anno, 1958 fra pastori e fedeli delle chiese protestanti non ufficiali. L'organizzazione ha pubblicato, insieme alla denuncia, un rapporto dettagliato che spiega la persecuzione anti-cristiana portata avanti dalle autorità di 15 province cinesi;
particolare oggetto della persecuzione governativa sarebbero gli incontri fra pastori ed insegnanti cristiani, visti con particolare ostilità dal Governo, che mira ad indottrinare le nuove generazioni. Vi sono innumerevoli prove dei maltrattamenti e delle torture subiti dai leader delle comunità da parte della polizia e dei membri dell'Ufficio affari religiosi;
nel corso della missione italiana in Cina del mese di settembre 2006 hanno destato sconcerto le dichiarazioni rilasciate dal Presidente del Consiglio dei ministri Prodi in favore della fine dell'embargo delle armi alla Cina ed il suo impegno in sede europea;
secondo il Ministro degli affari esteri D'Alema, l'Italia è favorevole al superamento dell'embargo delle armi nei confronti della Cina «sulla base delle condizioni poste dall'Unione europea»;
il Ministro del commercio internazionale Bonino ha affermato che l'incremento delle relazioni commerciali ed economiche con la Cina deve comportare progressi sostanziali in materia di democrazia, diritti umani, stato di diritto, diritti religiosi e individuali, che sono componenti basilari dei dialogo politico;
impegna il Governo:
alla luce dei fatti suesposti, ad indirizzare l'azione diplomatica, sia nei rapporti bilaterali che a livello europeo, in modo tale da assicurare sia il rispetto dei diritti umani e civili che la libertà religiosa e di espressione in Cina;
a subordinare la chiusura di accordi commerciali alla previa verifica di reali concessioni sul piano della democrazia e della libertà di religione in Cina;
a desistere dall'impegno, preso in più di una occasione, di perorare in sede di Unione europea la fine dell'embargo sul commercio di armi con la Cina, decretato dopo i fatti di Tienanmen del 1989.
(1-00052) «Volontè, Forlani, Ronconi, D'Agrò, Barbieri, Drago, Compagnon, Mereu, Peretti, Formisano, Lucchese, Ciocchetti, Dionisi».
La Camera,
premesso che:
la legge n. 185 del 1990 stabilisce che l'esportazione ed il transito di materiali di armamento siano vietati «verso i Paesi i cui Governi sono responsabili di accertate violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti dell'uomo»;
l'Unione europea ha stabilito un embargo sulle armi dopo la repressione di Tienanmen del giugno 1989, embargo che il Parlamento europeo ha appoggiato nella risoluzione del 2 febbraio 2006 sugli aspetti principali e le scelte di base della politica estera e di sicurezza comune;
tale posizione del Parlamento europeo è stata ribadita in numerose occasioni dal 1989 ad oggi, l'ultima il 7 settembre 2006, con l'approvazione di una risoluzione alla vigilia del vertice di Helsinki tra Unione europea e Cina;
altre risoluzioni sulla Cina sono state adottate dal Parlamento europeo, in particolare sulle violazioni dei diritti umani in Tibet o sulle relazioni tra l'Unione europea, la Cina e Taiwan e la sicurezza in Estremo Oriente;
il forte sviluppo economico della Cina e lo status di membro permanente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite le impongono una responsabilità internazionale sempre crescente nel campo delle riforme democratiche, del rispetto dei diritti dell'uomo e dello stato di diritto;
l'Unione europea è il primo partner commerciale della Cina e il maggior investitore straniero in tale Paese, mentre la Cina è il secondo partner commerciale dell'Unione europea;
la leadership cinese, nel suo libro bianco del 2005 sulla costruzione della democrazia politica in Cina, conferma il primato del Partito Comunista cinese all'interno del sistema di governo del Paese;
il numero di esecuzioni capitali in Cina, coperto dal segreto di stato, si aggira secondo le stime fornite da giuristi cinesi intorno alle 8.000 all'anno, una cifra che, pur destinata a calare (si stima del 20 per cento) nei prossimi anni per l'effetto di un'importante riforma penale introdotta di recente e che affida alla Corte suprema l'ultima parola sull'esecuzione di una condanna a morte, continuerà a rappresentare circa il 90 per cento delle esecuzioni che vengono effettuate ogni anno nel mondo;
giungono continuamente notizie inquietanti di casi di carcerazione politica, in particolare di appartenenti a minoranze religiose ed etniche, di presunte torture, di ricorso diffuso al lavoro forzato, di espianto illegale di organi di condannati a morte, di repressione sistematica delle libertà di culto e di espressione, nonché della libertà dei media, compresa internet;
stando all'annuario 2005 della Corte suprema cinese, circa 400 cittadini sono stati condannati per reati politici nel 2004, con un aumento del 25 per cento rispetto all'anno precedente;
in particolare, secondo il rapporto delle Nazioni Unite sulla tortura presentato il 10 marzo 2006, «dal 2000, lo special rapporteur e i suoi predecessori hanno contestato al Governo cinese 314 casi di presunta tortura, i quali riguardano ben oltre 1.160 persone» e che «oltre questa cifra, occorre considerare un caso presentato nel 2003 che riportava in dettaglio presunti maltrattamenti e tortura di migliaia di praticanti del Falun Gong», molti dei quali avvenuti nei campi di «rieducazione attraverso il lavoro», i cosiddetti laogai, e negli ospedali psichiatrici;
il 6 luglio 2006 è stato pubblicato il «rapporto sulle denunce d'espianto d'organi ai praticanti del Falun Gong in Cina», risultato di un'indagine indipendente condotta in Canada dall'avvocato David Matas e dall'ex membro del Parlamento David Kilgour, secondo i quali «da alcuni anni è stata attuata una raccolta su larga scala d'organi a praticanti del Falun Gong e che questa pratica criminale continua tutt'oggi»;
secondo quanto riferiscono i media governativi cinesi, la campagna condotta nella regione autonoma dello Xinjiang occidentale contro i «tre mali» - estremismo religioso, separatismo e terrorismo - continua e ha portato l'anno scorso a
numerosi arresti di appartenenti alla minoranza Uygur turcofona e musulmana;
oltre ai musulmani, anche i cristiani di qualsiasi denominazione che non accettino di registrarsi come adepti di una delle chiese riconosciute da Pechino subiscono violente persecuzioni;
gli abitanti della cosiddetta «Mongolia interna» sono trattati come sudditi e forzati ad abbandonare i territori in cui abitano per cercare rifugio in Mongolia;
la regione del Tibet subisce da quasi mezzo secolo una forzosa campagna di sinizzazione, che, oltre ad aver decimato la popolazione manu militari, ha distrutto il patrimonio culturale, religioso e artistico di una delle più antiche civiltà dell'Asia;
gli articoli 8 e 9 della legge cinese antisecessione del 14 marzo 2005, i quali prevedono espressamente il ricorso a «mezzi non pacifici» per risolvere l'eventuale dichiarazione di indipendenza da parte di Taiwan, come pure l'attuale stazionamento di più di 800 missili lungo la costa sud-orientale della Repubblica popolare cinese di fronte a Taiwan, contraddicono il principio più volte conclamato dalle autorità cinesi di una riunificazione pacifica;
dalla metà degli anni '90, la spesa militare cinese registra ogni anno un tasso di aumento a due cifre, il che crea preoccupazione nel mondo esterno, in particolare nei vicini regionali di Pechino;
l'inizio di un vero processo democratico nella Repubblica popolare cinese permetterebbe di allentare le tensioni tra Cina e Taiwan e aprirebbe la strada alla ripresa di un dialogo concreto tra le due parti;
lo sviluppo di relazioni commerciali sempre più intense e di relazioni politiche positive tra l'Unione europea e la Cina non può non fondarsi sul rispetto di principi fondamentali comuni, come il rispetto dei diritti umani e dei principi democratici;
impegna il Governo:
a sostenere, nella discussione in corso in sede europea sull'embargo del commercio di armi con la Cina, la posizione per la quale un'eventuale revoca da parte dell'Unione europea debba essere legata a progressi verificabili e tangibili della Cina nel campo dei diritti umani, delle riforme democratiche e delle relazioni pacifiche coi vicini regionali.
(1-00053) «D'Elia, Antinucci, Bandoli, Beltrandi, Boselli, Buglio, Carta, Capezzone, Del Bue, De Zulueta, Di Gioia, Allam, Francescato, Grillini, Mantovani, Mario Pepe, Nicchi, Angelo Piazza, Poretti, Raisi, Reina, Siniscalchi, Turci, Turco, Villetti, Zacchera, Schietroma, Crema, Buemi, Mancini, Zanella, Leoluca Orlando, Lion, Fiano, Folena, Fitto».
La Camera,
premesso che:
la legge 9 luglio 1990, n. 185, sul controllo dell'esportazione, importazione e transito di materiali di armamento, prevede al comma 6 dell'articolo 1 che l'esportazione ed il transito di materiali di armamento sono vietati verso i Paesi nei cui confronti sia stato dichiarato l'embargo totale o parziale delle forniture belliche da parte delle Nazioni Unite o dell'Unione europea ed inoltre verso i Paesi i cui Governi sono responsabili di gravi violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani; al comma 5 dell'articolo 1 è previsto, altresì, che l'esportazione ed il transito di materiali di armamento sono vietati anche quando manchino adeguate garanzie sulla definitiva destinazione dei materiali;
l'Unione europea, dopo la sanguinosa repressione da parte del Governo cinese di centinaia di studenti che protestavano nella piazza di Tienanmen a Pechino
nel giugno del 1989, ha sottoposto la Cina ad embargo della vendita di armi, posizione ribadita più volte, anche recentemente con la risoluzione approvata a larga maggioranza il 7 settembre 2006, che, tra l'altro, «riconosce che l'Unione europea non dovrebbe revocare l'embargo fintanto che non sarà in vigore un codice di condotta giuridicamente vincolante sulle esportazioni di armi e non sarà stata affrontata adeguatamente la situazione dei diritti umani e delle libertà civili e politiche, inclusa la questione di piazza Tienanmen»;
l'Unione europea attualmente mantiene in vigore solo otto embarghi internazionali nei confronti: dei talebani e di Al Qaeda, della Bosnia-Erzegovina, del regime di Myanmar, dei ribelli della Sierra Leone e del Congo, del Sudan, della dittatura di Mugabe e della Cina, alla quale pesa enormemente stare in questo elenco;
malgrado la legge n. 185 del 1990 vieti espressamente la possibilità per il nostro Paese di esportare armi alla Cina, tale nazione negli ultimi anni compare sempre, nella relazione al Parlamento sull'attuazione della legge, tra i Paesi destinatari di autorizzazioni al trasferimento di armi;
la fine dell'embargo delle armi per la Cina ha una valenza altamente politica, per il ruolo internazionale che vuole rivestire, ma anche strategico-militare per smarcarsi dalla Russia, da cui dipende per il 95 per cento delle importazioni delle armi, non tanto per carri armati e pistole, che è in grado di prodursi da sola, ma soprattutto per sistemi d'arma tecnologicamente avanzati;
la vendita delle armi da parte dell'Unione europea alla Cina potrebbe, come è già avvenuto in passato, far aumentare le forniture di sistemi d'arma degli Stati Uniti a Taiwan, in funzione anti-Pechino, alimentando una pericolosissima escalation;
secondo un recente rapporto di Amnesty international, la Cina sta rapidamente emergendo come uno dei più grandi ed irresponsabili esportatori di armi, con un export che si aggira intorno al miliardo di dollari l'anno, contribuendo ad alimentare conflitti e gravi violazioni dei diritti umani in Paesi quali Sudan, Nepal, Myanmar e Sudafrica. La Cina è l'unico Paese, tra i grandi esportatori di armi, a non aver sottoscritto neanche uno degli accordi multilaterali che vietano il trasferimento di armi verso Paesi che potrebbero commettere gravi violazioni dei diritti umani; inoltre, questo commercio è avvolto da segreto, in quanto il Governo di Pechino è da otto anni che non fornisce dati al registro delle Nazioni Unite sulle armi convenzionali;
secondo numerosi rapporti delle Nazioni Unite, dell'Unione europea, dell'organizzazione Human rights watch e di Amnesty international, che dedica alla Cina ben sette pagine del suo rapporto sulla situazione dei diritti umani nel mondo, sono numerosi i fronti delle violazioni da parte del Paese asiatico: pena di morte, torture, repressione di gruppi spirituali e religiosi, di giornalisti ed utenti di internet, la situazione in Tibet e dei richiedenti asilo nord coreani;
secondo Amnesty international nel 2005 ci sarebbero state in Cina 1.770 esecuzioni e almeno 3.900 condanne a morte, ma per l'organizzazione, secondo alcune stime, si tratterebbero di oltre 8.000; infatti, solo la Corte suprema ne conosce il numero esatto, in quanto il numero delle condanne a morte inflitte ed eseguite è segreto;
impegna il Governo:
a sostenere a livello europeo il mantenimento dell'embargo sulla vendita delle armi alla Cina, senza intraprendere posizioni unilaterali, e ad adottare opportune iniziative affinché i rapporti economico-commerciali siano subordinati ad atti concreti verso il pieno rispetto dei diritti umani, anche tramite un adeguamento della sua legislazione nazionale e richiedendo, in particolare, la sospensione della pena di morte;
a rispettare l'embargo europeo relativo alla vendita delle armi alla Cina;
ad adottare iniziative volte all'introduzione di un codice etico di responsabilizzazione delle imprese italiane all'estero e a farsi promotore presso l'Organizzazione mondiale del commercio per un nuovo sistema di regole internazionali per il rispetto dei diritti umani, sindacali ed ambientali.
(1-00054) «Bonelli, De Zulueta, Zanella, Balducci, Boato, Cassola, Francescato, Fundarò, Lion, Pellegrino, Camillo Piazza, Poletti, Trepiccione, Mellano».
La Camera,
premesso che:
la situazione difficile in cui versa la compagnia aerea Alitalia comporta da parte del Governo e del management decisioni chiare e rapide, al fine di scongiurare: il rischio di chiusura di una società che riveste un ruolo strategico per l'intera economia nazionale; la forte contrazione di forza lavoro che seguirebbe al fallimento della compagnia; la marginalizzazione del maggiore vettore nazionale nel mercato interno ed in quello internazionale; la cessione della compagnia di bandiera e la sua collocazione nel mercato in un rapporto con altri soggetti, al di fuori di un chiaro progetto strategico di rilancio che ne contempli la valorizzazione e una consistente presenza nel mercato italiano;
la fuoriuscita di Alitalia dal mercato comporterebbe ingenti effetti negativi per l'intero sistema Paese. La mancata presenza in un settore, com'è quello del trasporto aereo e del suo indotto, comporta, infatti, la perdita di un ramo economico caratterizzato da elevati investimenti in tecnologie di evidente rilevanza strategica;
la presenza di un forte vettore nazionale è da considerarsi strategica, anche in virtù della forte attrazione turistica rivestita dal nostro Paese;
per il rilancio di Alitalia uno dei punti rilevanti del piano industriale non può che essere il rapporto del vettore con il sistema aeroportuale italiano;
in modo improprio e superficiale si è parlato sugli organi di stampa di una situazione concorrenziale fra i due principali aeroporti nazionali che danneggerebbe Alitalia, «obbligata» ad alimentare entrambi;
secondo questa analisi Alitalia dovrebbe scegliere uno dei due aeroporti come base esclusiva;
una scelta di tal genere appare semplicistica e superficiale e non risolverebbe i problemi, né di Alitalia, né dei due aeroporti, né del trasporto aereo;
come sottolineato dal Ministro dei trasporti nel corso della riunione del tavolo per Milano del 20 novembre 2006, i due grandi aeroporti italiani devono essere capaci di trovare il proprio ruolo e le proprie funzioni all'interno del sistema aeroportuale nazionale. Per questa finalità il ministero dei trasporti sta predisponendo, all'interno del nuovo piano nazionale dei trasporti, un progetto per il sistema del trasporto aereo nazionale, all'interno del quale sarà individuato un percorso di armonico sviluppo dello scalo di Malpensa e dello scalo di Fiumicino;
per quanto attiene a Malpensa, uno dei principali problemi che hanno ostacolato il pieno sviluppo dello scalo è rappresentato dall'insufficiente accessibilità terrestre. In questo senso occorre procedere all'adeguamento del sistema di accessibilità, attraverso la realizzazione di tutti gli interventi programmati, in un quadro di particolare attenzione alla sostenibilità ambientale;
centrali per lo sviluppo dello scalo di Malpensa risultano, pertanto, gli investimenti infrastrutturali. E ciò è tanto più osservabile dalla correlazione tra lo sviluppo dell'accessibilità dello scalo e l'incremento delle destinazioni direttamente collegate, che negli ultimi anni sono passate da 120 a 160;
anche lo scalo romano di Fiumicino presenta alcune necessità infrastrutturali che da anni vengono sottolineate nelle diverse sedi istituzionali, ma disattese a livello nazionale, e a cui risulta oggi necessario dare risposte urgenti e tempestive. In particolare, risulta rilevante e prioritaria la realizzazione del «molo c»;
il sistema dei trasporti è oggetto di ampie disposizioni incluse nei due principali provvedimenti che danno vita alla manovra di bilancio 2007, ovvero il disegno di legge «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)» e il decreto-legge collegato «Disposizioni in materia di accertamento, riscossione e contrasto dell'evasione ed elusione fiscale, nonché di potenziamento dell'amministrazione economico-finanziaria» (decreto-legge n. 262 del 2006);
la legge finanziaria per il 2007 interviene a sostegno dell'accessibilità dello scalo di Malpensa, prevedendo che nell'ambito dello stanziamento di 100 milioni di euro annui, nel triennio 2007-2009, finalizzato alla prosecuzione degli interventi di realizzazione delle opere strategiche di preminente interesse nazionale, è assicurato il concorso dello Stato al completamento della realizzazione delle opere infrastrutturali della pedemontana lombarda, per un contributo quindicennale di 10 milioni di euro a decorrere dal 2007, di 30 milioni di euro a decorrere dall'anno 2008 e di 40 milioni di euro a decorrere dall'anno 2009;
impegna il Governo:
ad attivare tutte le azioni ed i provvedimenti necessari per lo sviluppo del sistema aeroportuale italiano, incentrato sulla specializzazione dei singoli scali, in particolare affermando la rilevanza dello scalo di Malpensa e dello scalo di Fiumicino - così come definito nei documenti vigenti di programmazione nazionale e regionale - e ad assumere iniziative per garantire gli idonei interventi di adeguamento e rafforzamento armonico dei due principali scali aeroportuali nell'ambito della divisione delle specifiche vocazioni e naturali funzioni territoriali;
per quanto riguarda, in particolare, l'aeroporto di Malpensa, ad attivarsi perché sia garantita l'accessibilità infrastrutturale mediante il completamento delle infrastrutture ferroviarie e stradali, già programmate;
a sollecitare il management Alitalia all'implementazione di un piano industriale che preveda prioritariamente:
a) alleanze con vettori nazionali e internazionali;
b) investimenti sulla flotta;
c) la presenza sui due principali aeroporti nazionali;
d) un modello aziendale più agile, meno costoso, più efficiente;
e) nonché un esame e una verifica della possibilità di realizzare a Malpensa un'appropriata base di armamento;
ad avviare una politica organica e complessiva sul sistema del trasporto aereo italiano che riguardi tutti gli attori del sistema e che sia capace di intervenire, anche a livello legislativo, sulle questioni e sulle criticità tuttora presenti: dal costo del lavoro alla rivisitazione della legislazione sui requisiti di sistema approvata nella XIV legislatura; dalle necessità infrastrutturali dei due maggiori scali nazionali all'esigenza di prevedere nuovi meccanismi di verifica dell'efficienza e dell'efficacia dell'attività di investimento dei gestori aeroportuali; dal potenziamento delle operazioni della sicurezza alla tutela dell'utenza e al rafforzamento della presenza del nostro Paese nei luoghi sovranazionali deputati alla definizione della normativa di settore.
(1-00055) «Attili, Fiano, Barbi, Quartiani, Marantelli».
La Camera,
premesso che:
il trasporto aereo del nostro Paese, a fronte di un notevole sviluppo, evidenzia
gravi elementi di crisi, anche per l'assenza di un politica di programmazione: la mancata attuazione del piano degli aeroporti, la crisi di Alitalia e la debolezza di altri vettori italiani costretti ad alleanze subalterne con grandi vettori europei, la precarietà del lavoro, i problemi ambientali con i suoi impatti sui cittadini;
per quanto riguarda gli aeroporti risaltano: la problematica riguardo a Malpensa, con importanti problemi ambientali e di collegamento a Fiumicino, l'insana proliferazione degli aeroporti anche a distanza di poche decine di chilometri, il finanziamento da parte di enti locali ed altre realtà dei voli low cost;
si aggrava il rischio che gruppi stranieri acquistino sempre maggiore peso nel settore, come è evidenziato dai recenti casi verificatisi nell'handling e nelle gestioni aeroportuali;
la crisi Alitalia mette a repentaglio tutta la politica del settore ed il Paese rischia di uscire anche da questo settore industriale e, per altro verso, di non avere una compagnia di bandiera autonoma, che, come per gli altri grandi Paesi, dovrebbe servire la politica estera (economica e non); ciò a maggior ragione in un mondo sempre più globalizzato; in particolare, in altri Paesi la compagnia di bandiera è funzionale alla politica economica ed estera ed in questo senso si è operato (vedi lo sviluppo dei rapporti con la Cina e l'Estremo Oriente); in Italia si è proceduto solo con l'ossessione della riduzione dei costi;
il piano industriale, già discutibile, è stato largamente disatteso e non vi è traccia di azioni volte a far uscire Alitalia dalla condizione precaria sul mercato nazionale e di isolamento sul piano internazionale (necessità di una stretta alleanza strategica); in questo senso si notano cambiamenti nell'approccio attivato dal Governo, cambiamenti, tuttavia, che vanno meglio indirizzati dal Parlamento stesso;
impegna il Governo:
per quanto riguarda le politiche inerenti il trasporto aereo, ad adottare iniziative, anche intervenendo presso Alitalia, per realizzare le seguenti finalità:
a) predisporre un piano di riordino del sistema aeroportuale italiano, individuando, attraverso scelte di politiche nazionali, gli aeroporti strategici per il traffico interno e quello internazionale;
b) risolvere l'insensato conflitto fra gli aeroporti di Malpensa e Fiumicino e la sottintesa volontà di contrapposizione fra il Nord del Paese ed il Centro-Sud, attraverso una programmazione che assegni a pochi grandi aeroporti la funzione nazionale, specializzando gli stessi secondo politiche che tengano conto delle esigenze e delle vocazioni territoriali e, in particolare, prevedendo per il Nord un'ulteriore pianificazione fra il ruolo di Malpensa e gli aeroporti della pianura padana;
c) intervenire sugli aeroporti nel rispetto della valutazione ambientale e della valutazione ambientale strategica, al fine di ridurre l'inquinamento ed a tutela della sicurezza;
d) adottare interventi adeguati per eliminare la precarietà del lavoro negli aeroporti e nel più complessivo trasporto aereo, al fine di aumentare la qualità del servizio ai cittadini e la sicurezza;
e) introdurre contratti collettivi nazionali di lavoro per tutto il settore (di terra e di volo) e una clausola sociale di garanzia dell'impiego per i lavoratori la cui attività venga ceduta ad altra azienda, al fine di contrastare forme di concorrenza che si traducono in un vero dumping sociale;
f) riordinare la catena del valore nel settore del trasporto aereo (riduzione dell'iva sui vari servizi, delle royalties aeroportuali), considerando che in questo senso sono coinvolti anche i servizi e gli effetti che vanno oltre il sedime aeroportuale: turismo, lavoro;
g) elaborare una nuova missione per Alitalia al servizio del turismo e a sostegno delle imprese italiane nel mondo, considerando che in questo senso va sviluppato il settore intercontinentale ed internazionale e riconquistare quote del traffico interno;
h) ripensare le alleanze a partire da quelle con compagnie con l'Estremo Oriente e adeguare le politiche con il Medio Oriente;
i) ripensare le alleanze europee al fine di evitare che l'Alitalia sia utilizzata unicamente per il suo bacino interno e, infine, fagocitata e ridimensionata nei settori strategici, con il risultato finale, particolarmente negativo per il turismo, che i flussi dei passeggeri vengano convogliati verso il Paese della compagnia alleata piuttosto che verso il nostro, nonché per il sistema aeroportuale che risulterebbe subordinato ad altri aeroporti del Nord Europa, considerando che Alitalia dovrebbe anche aprirsi a sinergie con le Ferrovie dello Stato, con le Poste ed altri operatori nazionali, al fine di meglio collocare il «prodotto Alitalia» ed il «prodotto Paese»;
l) costruire un polo manutentivo di eccellenza europea che venda i propri servizi anche a terzi;
m) riconsiderare l'opportunità di rivedere l'assetto, ripristinando l'unicità del gruppo, contrastando le ipotesi di cessione di pezzi importanti del patrimonio aziendale (amministrazione, manutenzione, servizi informatici, handling), che hanno il solo obiettivo di fare cassa;
n) recuperare relazioni industriali e criteri di gestione del personale che motivino i lavoratori a produrre uno sforzo eccezionale per salvare il gruppo, dismettendo pratiche che, secondo i firmatari del presente atto di indirizzo, risultano intimidatorie e persecutorie;
o) rinnovare il gruppo dirigente, riaffermando il principio della responsabilità sociale del management e la necessità di conferire carattere di integrità morale e valutazione dei risultati effettivamente conseguiti, soprattutto nelle aziende di interesse pubblico.
(1-00056) «Mario Ricci, Locatelli, Olivieri, Migliore».
La Camera,
premesso che:
la Repubblica popolare cinese ormai da decenni ha intrapreso un percorso di riforme economiche che ha portato il Paese prima a superare la fame e la carestia e poi ad imboccare un processo di sviluppo sempre più accelerato, sino a farne uno dei principali protagonisti dell'economia mondiale;
la Cina è il più popoloso Paese del mondo, con oltre 1.300.000 di abitanti. La qualità e l'estensione dello sviluppo di questo Paese costituisce, quindi, un contributo fondamentale alla stabilità mondiale;
il modello economico detto del «socialismo di mercato», se ha consentito a centinaia di milioni di persone di uscire da uno stato di arretratezza, ha però generato nella società cinese nuove ed inedite contraddizioni;
la crescita poderosa dell'economia è stata accompagnata (come è accaduto in molte altre società, compresa quella italiana) a fenomeni di sfruttamento ed auto-sfruttamento, in particolare delle popolazioni di recente urbanizzazione;
le autorità cinesi hanno deciso interventi volti ad affrontare i problemi derivanti dal crescente squilibrio tra città e campagna, dalle nuove crescenti disparità economiche tra zone del Paese e tra individui, dalla ancora scarsa capacità di far fronte ai bisogni sociali fondamentali;
l'intera storia cinese non ha visto nel passato l'affermarsi dell'idea del primato della legge;
la Repubblica popolare cinese ha avviato una serie di riforme anche di
carattere politico ed istituzionale, che, secondo le dichiarazioni dei suoi principali dirigenti, devono portare alla piena affermazione dello stato di diritto e, quindi, di un sistema di regole fondamentali a tutela dei diritti umani e civili di ogni cittadino cinese;
in contraddizione con questo percorso annunciato, giungono molte notizie su violazioni di ciò che il diritto internazionale definisce come inviolabili diritti dell'individuo, come la libertà di espressione, di organizzazione sindacale e di appartenenza religiosa
la Cina (come purtroppo anche altri Stati, dagli Usa all'Arabia Saudita) applica sistematicamente la pena di morte per un numero molto ampio di reati;
la Repubblica popolare cinese non ha ratificato il patto internazionale sui diritti civili e politici e non ha firmato il protocollo opzionale alla convenzione contro la tortura e i due protocolli opzionali al patto sui diritti civili e politici;
ogni popolo ha il diritto di decidere la propria specifica forma di organizzazione sociale e politica;
nessuno deve strumentalizzare l'obiettivo dell'affermazione dei diritti umani e civili e bisogna, quindi, denunciare, senza ipocrisie e doppi standard, tutte le violazioni a tali diritti, quale che sia lo Stato responsabile di tali atti;
il dialogo ed il confronto sono gli strumenti fondamentali per la piena affermazione dei diritti umani e la diffusione di modelli democratici che garantiscano un vero pluralismo;
impegna il Governo:
a continuare una azione di pressione e confronto con le autorità cinesi volta ad ottenere un sostanziale miglioramento del rispetto dei diritti umani in quel Paese;
ad intensificare le relazioni e gli scambi economici e culturali con la Repubblica popolare cinese;
ad operare per rafforzare il confronto anche a livello giuridico a sostegno di tutte quelle riforme istituzionali necessarie alla strutturazione di uno stato di diritto, come del resto auspicato dalle stesse autorità cinesi;
ad agire in ambito bilaterale e multilaterale perché le autorità cinesi si impegnino a garantire la libertà di pensiero e quella religiosa, liberando al più presto i detenuti per reati di pensiero e a firmare i protocolli opzionali sui diritti umani e la tortura;
a chiedere con decisione alla Cina ed agli Usa di aderire alla proposta di moratoria internazionale sulla pena di morte;
ad intraprendere ogni sforzo presso le autorità cinesi affinché la legislazione del lavoro e i diritti dei lavoratori si adeguino più rapidamente agli standard internazionali.
(1-00057) «Venier, Diliberto, Sgobio, Bellillo, Cancrini, Cesini, Crapolicchio, De Angelis, Galante, Licandro, Napoletano, Pagliarini, Ferdinando Benito Pignataro, Soffritti, Tranfaglia, Vacca».
La Camera,
premesso che:
la compagnia di bandiera Alitalia si trova in una situazione di grave crisi economica in controtendenza con quanto accade con altri vettori aerei internazionali, secondo i firmatari del presente atto di indirizzo a causa di un'assenza di programmazione e pianificazione che ha radici lontane: assenza di investimenti su nuovi aeromobili, riduzione delle tratte aeree e chiusura di scali rischiano di trasformare Alitalia in un vettore aereo regionale;
si è aggravato l'uso del lavoro precario negli aeroporti italiani, con rischio di perdita di know how, i problemi ambientali non sono adeguatamente affrontati, in
particolar modo riguardo alle popolazioni che ospitano gli aeroporti, sono disattese le norme che prevedono le opere di compensazione ambientale in favore delle popolazioni locali;
la decisione di realizzare due hub in Italia si è rivelata, alla luce dei fatti, sbagliata, perché non esiste nessun altro Paese d'Europa, come, ad esempio, Francia, Inghilterra o Germania, che abbia due strutture hub;
nella situazione attuale di debolezza nel trasporto aereo l'Italia rischia di essere terra di conquista da parte di società straniere, come già accaduto nel settore handling di alcuni aeroporti, tra cui Roma;
il piano industriale è stato disatteso a partire dal management, che aveva l'impegno di azzerare il debito, mentre il debito Alitalia è aumentato ed Alitalia è isolata nell'ambito delle alleanze internazionali;
impegna il Governo:
a predisporre un piano nazionale sugli aeroporti, al fine di individuare le scelte strategiche internazionali e nazionali per il nostro trasporto aereo e, quindi, a risolvere il conflitto tra Malpensa e Fiumicino, partendo dal presupposto che l'Italia, come ogni altro Paese d'Europa, non è in grado di avere contestualmente due hub;
ad avviare iniziative volte a stabilizzare la precarietà presente negli aeroporti e a fermare i processi di esternalizzazione di intere e strategiche funzioni presenti nella compagnia di bandiera Alitalia e negli aeroporti;
ad adottare iniziative volte a ripensare a nuove alleanze che consentano all'Alitalia di rilanciare la sua missione, ovvero crescere nella capacità di servire più scali nel mondo, considerando che per raggiungere questo obiettivo è bene pensare ad una compagnia aerea non europea, bensì orientale, in modo tale da creare una giusta integrazione industriale ed economica che consenta anche di salvaguardare e far crescere l'occupazione;
ad assumere iniziative perché siano avviati modelli di gestione che affrontino l'impatto ambientale che gli aereoporti hanno sull'ambiente e sulla popolazione e siano avviate, quindi, una valutazione ambientale strategica per gli aeroporti italiani e una verifica delle condizioni di salute di tutti i lavoratori e lavoratrici che operano negli aeroporti e sugli aeromobili;
ad attivarsi perché sia rinnovato il gruppo dirigente Alitalia e siano modificate le disposizioni sui compensi da erogare e sulle liquidazioni dei manager per i risultati che non sono stati raggiunti.
(1-00058) «Bonelli, Francescato, Trepiccione, Balducci, Boato, Cassola, De Zulueta, Fundarò, Lion, Pellegrino, Camillo Piazza, Poletti, Zanella».
La Camera,
premesso che:
dopo la sanguinosa repressione di piazza Tienanmen nel 1989, i Paesi dell'Unione europea hanno deciso di interrompere ogni forma di cooperazione militare e di commercio di armi con la Cina sulla base di evidenti violazioni dei diritti umani fondamentali da parte del Governo cinese, inaccettabili per un'Europa che riconosce come propri valori fondanti «il rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dello stato di diritto e del rispetto dei diritti umani»;
dal 1989 ad oggi, di fronte all'emergere di un'economia cinese espansiva ed aggressiva, l'atteggiamento di molti Paesi europei ha segnato una forte apertura verso Pechino;
alla crescita economica non si è accompagnato nessun significativo passo avanti sul piano dei diritti umani. Ad oggi, per Amnesty international, «la situazione dei diritti umani in Cina non è migliore
che nel 1989». Secondo i dati diffusi dall'organizzazione, nel territorio cinese vengono eseguite 10 mila condanne a morte ogni anno, una pratica «endemica» della tortura, una durissima repressione dei dissidenti politici e delle minoranze religiose;
il Governo cinese permette la pratica religiosa nel Paese solo con personale riconosciuto e in luoghi registrati presso l'Ufficio per gli affari religiosi e sotto il controllo dell'Associazione patriottica, il cui statuto prevede la creazione di una chiesa nazionale separata dalla Santa Sede. Da ciò deriva la differenza tra una chiesa «ufficiale» o «patriottica» e i fedeli che cercano di sottrarsi a questo controllo per obbedire direttamente al Papa, formando la chiesa «non ufficiale» o «clandestina».
il 7 settembre 2006, pochi giorni prima della missione del Governo Prodi in Cina, il Parlamento europeo ha approvato a larghissima maggioranza il rapporto Belder sulle relazioni tra Cina ed Unione europea, un rapporto molto coraggioso che mette chiaramente in evidenza quali dovranno essere in futuro i punti imprescindibili dei rapporti con Pechino: i diritti della persona, la tutela delle minoranze religiose ed il diritto della Chiesa cattolica a nominare i propri vescovi. Per la prima volta con questo documento il Parlamento europeo sostiene il dialogo della Repubblica popolare cinese con la Santa Sede, esortando le autorità cinesi a liberare tutti i cristiani detenuti e perseguitati. Il Parlamento ha deplorato «la contraddizione tra la libertà di fede, sancita dall'articolo 36 della Costituzione, e le costanti ingerenze dello Stato nella vita interna delle comunità religiose, specialmente per quanto riguarda formazione, selezione, nomina e indottrinamento politico dei ministri del culto»; ha osservato che «attualmente in Cina i cristiani che praticano la propria fede in luoghi di culto "illegali" (all'interno di case-chiesa protestanti o presso gruppi cattolici "clandestini" fedeli al Vaticano) sono più numerosi di quelli che frequentano i luoghi di culto "patriottici"»; ha preso «atto con rammarico della grave violazione della libertà religiosa provocata dalle recenti illecite ordinazioni episcopali (30 aprile 2006, Kunming - Yunnan; 3 maggio 2006, Wuhan - Anhui), che sono in parte frutto delle forti pressioni e minacce esercitate sul clero cattolico fedele al Vaticano da parte di organismi esterni alla Chiesa»;
durante la missione ufficiale del Governo italiano in Cina del settembre 2006 il Presidente del Consiglio dei ministri Romano Prodi ha esplicitamente dichiarato, nel corso di una conferenza stampa congiunta con il Premier cinese Wen Jabao, che «il Governo italiano è favorevole a togliere l'embargo di armi alla Cina», aggiungendo, anzi, che «l'Italia propende affinché l'embargo alla vendita di armi sia tolto il più presto possibile, poiché non possiamo più aspettare»;
da parte sua, la Commissione europea ha ribattuto immediatamente alle parole di Prodi attraverso uno dei portavoce, Pietro Petrucci, che ha dichiarato: «La nostra posizione non è cambiata. La Commissione europea è disponibile a discutere, ma bisogna attendere progressi sul piano dei diritti umani e per questo mantiene le sue riserve (...). Prodi ha il diritto di esprimere la posizione delle autorità italiane sull'argomento. La Commissione mantiene la sua posizione del 2004, visto che i progressi in materia di diritti umani non sono ancora avvenuti»;
contro il parere dell'Unione europea, il Ministro D'Alema, incontrando il collega cinese il 13 novembre 2006, ha sostenuto invece che «la Cina non è più quella del dopo Tienanmen e i progressi compiuti nel campo dei diritti civili lasciano pensare che (..) si arriverà in breve tempo a revocare l'embargo dell'Unione europea sulle armi alla Cina»;
impegna il Governo:
a non assumere iniziative a favore della revoca dell'embargo europeo alla vendita di armamenti verso la Cina in
assenza di adeguate e tangibili garanzie di una svolta radicale da parte del Governo cinese su tutto ciò che riguarda il rispetto e la tutela dei diritti umani e ad investire il Parlamento di ogni nuova iniziativa in materia;
a dare conto al Parlamento delle parole a favore della revoca dell'embargo pronunciate a Pechino senza avere in alcun modo consultato il Parlamento, né prima della missione, né illustrandone l'esito al rientro;
a prestare e sollevare, in tutte le sessioni europee ed internazionali, la massima attenzione sul tema del rispetto della libertà di religione, subordinando ad esso l'assunzione di impegni politici, economici e commerciali con i partner stranieri.
(1-00059) «Maroni, Bricolo, Giancarlo Giorgetti».
La Camera,
premesso che:
la domanda di trasporto aereo, sia domestica che da/per Italia, è equamente ripartita fra Roma e Milano e l'insieme delle altre regioni italiane;
Milano esprime principalmente flussi di domanda in uscita ed una maggiore incidenza di passeggeri business (40 per cento delle prenotazioni business da/per Italia); Roma esprime, per la più parte, flussi di domanda entranti ed una maggiore incidenza di passeggeri leisure (28 per cento delle prenotazioni business da/per Italia);
Alitalia e partner detengono uno share sul mercato domestico pari al 50 per cento, mentre la maggior parte degli altri vettori europei di tipo full service nel proprio mercato hanno quote significativamente superiori;
i principali gestori aeroportuali italiani non concorrono allo sforzo produttivo ed economico del network carrier;
i sistemi aeroportuali di Roma e Milano non hanno alcuna specializzazione degli aeroporti e presentano una regolamentazione inefficace;
i due aeroporti principali presentano una situazione di criticità compromessa: l'Aeroporto di Roma-Fiumicino è in ritardo con gli investimenti e con i suoi 70 movimenti ora/massimo non è in grado di ulteriore espansione come sarebbe necessario e non lo sarà ancora per molti anni;
deve contemporaneamente servire i collegamenti nazionali e si trova limitato nello svolgimento della sua attività di generatore di traffico (hub);
l'Aeroporto di Milano Malpensa, a causa di carenze infrastrutturali, non è in grado di svolgere la sua competitività con i grandi hub europei;
impegna il Governo:
ad adottare iniziative di rilancio del ruolo di Alitalia che possano salvaguardare i posti di lavoro, tenendo presenti i sacrifici fatti dai dipendenti per contenere i costi;
a cercare un partner che non penalizzi Alitalia;
a portare avanti una politica di allocazione delle risorse in funzione dell'effettivo rafforzamento del sistema di trasporto aereo sui due mercati di Roma e Milano;
ad attivarsi per l'efficientamento del sistema di assistenza a volo di linea con i due principali provider europei;
ad adottare iniziative volte al recepimento della normativa comunitaria antitrust in coerenza con quanto avviene negli altri Paesi europei, considerando, cioè, il mercato di riferimento, come previsto dall'Unione europea, piuttosto che sulla sola significatività per il consumatore come avviene attualmente;
a favorire un'integrazione dei due aeroporti di Malpensa e Fiumicino con gli aeroporti regionali.
(1-00060) «Picano, Fabris, Adenti, Affronti, Capotosti, Cioffi, Del Mese, Giuditta, Li Causi, Morrone, Rocco Pignataro, Pisacane, Satta».
La Camera,
premesso che:
il problema della disponibilità di risorse idriche ha assunto negli ultimi anni un'importanza sempre maggiore, soprattutto a causa dell'andamento climatico che ha portato in varie aree della terra, tra cui anche l'Italia, a subire una forte diminuzione delle precipitazioni piovose e a un conseguente bilancio idrico sfavorevole;
si assiste soprattutto nella stagione estiva al fenomeno della siccità, ossia per l'agricoltura del minimo della capacità di offerta idrica con il massimo della domanda per l'irrigazione, ciò interessa non solo zone del Mezzogiorno ma anche Regioni del nord come il Piemonte, la Lombardia, l'Emilia-Romagna, il Veneto e il Friuli Venezia Giulia: nel mese di luglio è stato dichiarato lo stato di emergenza per siccità del bacino idrografico del Po, il quale ha toccato il punto più basso del livello idrometrico, sceso a -7,10 metri rispetto alla media di riferimento;
oltre a ciò l'acqua bassa dei fiumi e dei laghi provoca il fenomeno della risalita salina, rendendo l'acqua inutilizzabile e mettendo in pericolo soprattutto i raccolti di riso, cereali, mais e altre colture;
si manifesta sempre più evidente la necessità di disporre di maggiori ed adeguati invasi per evitare lo spreco di acqua nevi periodi favorevoli per utilizzarla al meglio nelle stagioni di siccità;
si è cominciato ad acquisire inoltre il concetto che l'utilizzazione irrigua ha una sua valenza ed un suo «peso» economico, ciò ha posto al settore agricolo, ove si registra il più alto livello di impiego idrico, l'esigenza a, confrontarsi con i costi di gestione relativi all'irrigazione, che finiscono per incidere pesantemente sul prezzo di mercato del prodotto finale;
con l'articolo 141 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 vengono autorizzati dei limiti di impegno quindicennali a favore del Ministero delle Politiche Agricole; per la concessione di contributi pluriennali per la realizzazione di interventi di recupero di risorse idriche nelle aree di crisi del territorio nazionale;
con la Direttiva 2000/60/CE, si è istituito un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque, evidenziando la necessità di organizzare un sistema di «gestione» e protezione delle risorse idriche;
con la delibera CIPE 74 del 27 maggio 2005 è stato approvato il Piano irriguo nazionale, che poteva contare su due limiti d'impegno quindicennali di 50 milioni di euro ciascuno, per oltre un miliardo di euro di interventi a sostegno delle opere irrigue;
ad oggi le opere immediatamente canticrabili previste nel piano irriguo non, risultano ancora finanziate per problemi contabili legati alla trasformazione dei limiti d'impegno in contributi pluriennali;
le regioni non sembrano essere adeguatamente spronate ad investire adeguatamente nella difesa del suolo e nelle opere irrigue,
impegna il Governo:
sbloccare in tempi rapidi i finanziamenti per le opere inserite nel Piano irriguo nazionale;
attivarsi per prevedere ulteriori risorse, rispetto a quelle già stanziate nella precedente legislatura a sostegno del Piano irriguo nazionale con particolare riferimento alla realizzazione di nuovi invasi;
porre in sede di conferenza Stato-Regioni la questione della priorità del
finanziamento delle opere pubbliche legate all'irrigazioni e all'utilizzo dell'acqua a scopi plurimi;
porre in sede di Conferenza Stato-regioni la questione dell'efficienza nella captazione e distribuzione della risorsa acqua, favorendo nel trasferimento dei fondi pubblici i consorzi irrigui che dimostrano sensibili miglioramenti in tal senso;
attivare adeguati filoni di ricerca ritirati al migliore utilizzo della risorsa acqua;
prevedere l'adozione immediata di iniziative che intensifichino il costante monitoraggio dei bacini idrici, nonché il monitoraggio degli investimenti che le regioni e le altre autorità sul territorio stanno attivando, al fine di coordinare in modo efficace la spesa pubblica.
(1-00061) «Delfino, Volontè, Ruvolo, Martinello, Tassone, Salerno».
La Camera,
premesso che:
la sicurezza stradale è stata uno degli aspetti di maggior rilievo nell'attività parlamentare della passata Legislatura come dimostrano la riforma del codice della strada e l'introduzione della patente a punti;
tra le misure più incisive e meno onerose introdotte con la riforma del codice della strada al fine di contribuire in maniera davvero efficace alla diminuzione dell'incidentalità va menzionato l'obbligo di evidenziare la sagoma dei mezzi lunghi e pesanti con strisce retroriflettenti;
il recente rapporto del TUV, ente di certificazione della qualità tedesco, commissionato dalla Commissione Europea, ha chiaramente evidenziato come, con l'utilizzo delle bande retroriflettenti, il risparmio in termini di incidentalità - e quindi di morti e feriti - si attesti tra il 21 e il 44 per cento e come più del 95 per cento delle collisioni notturne potrebbe essere evitato grazie all'evidenziazione delle sagome dei camion;
si tratta di dati davvero significativi in un Paese come il nostro in cui l'85 per cento del trasporto merci avviene su gomma e il numero degli incidenti che coinvolgono i mezzi lunghi e pesanti rimane purtroppo alto;
oltre il 60 per cento del parco circolante, ritenendo importante adeguarsi alla legge sia per la propria incolumità che per una generale maggiore sicurezza nella circolazione stradale, ha già provveduto ad installare sui propri mezzi le strisce retroriflettenti;
l'obiettivo europeo di dimezzare entro il 2010 il numero delle vittime della strada è lontano e molto rimane da fare, in particolare nel nostro Paese, dove oggi ancora si registra un forte ritardo rispetto agli altri Paesi europei;
i dati dell'incidentalità in alcune città campione effettuata dalle organizzazioni civili e delle vittime della strada (Fondazione Luigi Gruccione e FISICO) fanno emergere una neutralizzazione degli effetti positivi della patente a punti ed una preoccupante inversione di tendenza con sensibile incremento di incidenti e mortalità;
questi dati allarmanti, insieme ai proclami di fare della sicurezza uno dei punti fondanti dell'azione di governo, facevano ipotizzare un impegno dell'Esecutivo in questa direzione e non certo la volontà di disperdere il lavoro per adeguarsi ad una disposizione che fa dell'Italia un esempio a livello europeo,
impegna il Governo
a mantenere alta l'attenzione sulla sicurezza stradale e a dare attuazione a quanto già di positivo è stato fatto nella passata Legislatura;
a prendere in considerazione ipotesi alternative rispetto alla sospensione sine die dell'entrata in vigore dell'obbligo della
sagomatura dei camion al fine di rispondere alle aspettative di alcune associazioni di categoria degli autotrasportatori, ai quali del resto si è già largamente risposto con le risorse stanziate dalle ultime Leggi Finanziarie e allo stesso tempo non deludere quelle di milioni di cittadini utenti della strada.
(1-00062) «Barbieri, Tassone, Volontè, Boato, Bocci, Bocchino, Caligiuri, Cannavò, Capotosti, Pedrini, Cardano, Soffritti, Tocci, Moffa, Grillini, Dionisi, Campa, Catanoso, Misuraca, Gasparri, Giulietti, Laganà Fortugno, Intrieri, Franceschini, Fitto, Mario Ricci, Khalil, Locatelli, Francescato, Sereni, Ceccuzzi, Fistarol, Sanza, Maran, Lovelli, Lusetti, Fabris, Moroni, Folena, Realacci».
La Camera,
premesso che:
l'evoluzione della situazione dei diritti umani in Cina non è caratterizzata dallo stesso dinamismo che si riscontra in altri settori della società e gli standard rimangono molto al di sotto di quelli internazionali;
l'introduzione di limitate riforme nei codici e nel sistema giudiziario, pure importanti, ha contribuito solo in minima parte a migliorare la salvaguardia dei diritti umani e in particolare la libertà di pensiero e dei diritti civili e politici;
la Repubblica Popolare Cinese, in particolare, non ha firmato lo Statuto della Corte penale internazionale, né il Protocollo opzionale alla Convenzione contro la tortura anche se un segnale positivo è rappresentato dalla valutazione attualmente in corso presso le autorità politiche sull'adesione al Patto internazionale sui diritti civili e politici, nonché dalla decisione di riattribuire alla sola Corte suprema il potere di ratifica delle condanne capitali;
il Codice Penale cinese prevede la pena di morte per un altissimo numero di reati e, pur in assenza di dati ufficiali eccezion fatta per le dichiarazioni rese da Pechino nel corso dell'ultima sessione di dialogo UE-Cina che parlavano di 1300 condanne a morte, le Organizzazioni non Governative del settore stimano tra le 5.000 e le 10.000 le sentenze capitali all'anno, cifre che rendono la Cina il paese in cui si fa maggiormente ricorso alla pena capitale;
l'Italia è fortemente impegnata nella campagna mondiale per l'abolizione della pena di morte, ritenendola, oltre che inumana, crudele e degradante, priva di ogni effetto di deterrenza;
le condizioni di lavoro nelle fabbriche, nelle miniere e in molti altri settori di lavoro rimangono degradanti e precarie, i diritti sindacali, nonostante primi passi in avanti annunciati nella legislazione, sono ancora violati e i tentativi di libera associazione sindacale sono repressi e scoraggiati con la violenza e il carcere;
in particolare, nell'ottobre del 2005 Xu Zhengqing, leader di proteste contro l'espropriazione delle terre e gli sfratti nelle vecchie zone di Shanghai, è stato condannato a tre anni di reclusione per «Disturbo dell'ordine sociale»;
non è ancora stata chiarita la tragedia degli inermi profughi tibetani, tra i quali molti bambini, uccisi e feriti dall'esercito cinese sul passo Nangpa in numero ancora imprecisato, mentre tentavano di raggiungere il Nepal, come testimoniano i filmati di una spedizione alpinistica internazionale diffusi in tutto il mondo;
la pratica religiosa al di fuori delle chiese «ufficiali» è ancora strettamente limitata e fortemente repressa, tutte le gerarchie religiose, da quelle cattoliche a quelle protestanti, dalle buddiste tibetane a quelle dei tradizionali gruppi taoisti, sono considerate fuori legge o represse qualora non vengano strettamente controllate e guidate dallo Stato, i loro fedeli vengono perseguitati penalmente e vi sono casi accertati di torture in carcere e processi iniqui soprattutto nelle province;
particolare eco internazionale ha avuto su questo tema, il caso dell'avvocato difensore Gao Zhisheng, costretto a chiudere il suo studio legale per un anno dopo essersi rifiutato di ritirare una lettera aperta indirizzata ai vertici dello Stato e del Partito, nella quale si richiedeva di
rispettare la libertà religiosa e di porre fine alle persecuzioni di chi pratica la propria fede;
altrettanto gravi i casi del Vescovo, Monsignor Wu Qinjing, arrestato per la sua fedeltà al Papa e del Vescovo, monsignor Giulio Jia Zhiguo, dato per libero, ma di fatto agli arresti in un ospedale a causa delle sue precarie condizioni di salute;
anche la condizione della donna in Cina, secondo il rapporto di Amnesty International, è di grave discriminazione ed emarginazione anche per effetto della politica di pianificazione delle nascite a causa della quale molte donne continuano ad essere sottoposte ad aborti e sterilizzazioni forzate da parte delle autorità locali;
la mancanza di libertà di espressione dei media è un problema gravissimo e diffuso che limita il fondamentale diritto all'informazione ed è ancora aperta la questione delle limitazioni della libera accessibilità e fruibilità di Intemet nel momento in cui aziende e motori di ricerca internazionali sono costretti ad adattare i loro prodotti a disposizioni restrittive, forme di censura e sono costrette a rivelare l'identità di navigatori, in violazione della riservatezza e della libertà di pensiero e di espressione;
le esportazioni di armi dalla Cina al Sudan hanno continuato ad alimentare massicce violazioni dei diritti umani nel paese africano e il Governo cinese si è opposto al rafforzamento dell'embargo sulle armi proposto dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite nei confronti del Sudan;
la legge n. 185 del 1990 prevede che l'esportazione e il transito di materiale di armamento siano vietati verso i paesi rispetto ai quali sia in vigore un embargo di suddette forniture da parte delle Nazioni Unite e dell'Unione Europea e verso i paesi i cui Governi siano responsabili di violazioni accertate dei diritti umani;
impegna il Governo:
a sostenere in sede europea che l'eventuale revoca da parte dell'UE dell'embargo del commercio delle armi, attualmente in vigore nei confronti della Cina, sia legata e condizionata a progressi sostanziali e verificabili in tema di rispetto dei diritti umani, di riforme democratiche e di relazioni pacifiche con i vicini regionali;
ad intensificare le relazioni e gli scambi culturali e universitari con la Repubblica Popolare Cinese, orientati ad una moderna visione dello Stato di diritto, dei diritti individuali e al rispetto dei diritti umani, adottando iniziative volte ad eliminare rapidamente ogni ostacolo burocratico e legislativo, soprattutto in riferimento alla concessione di visti, che ad oggi impedisce un flusso maggiore di studenti cinesi nel nostro paese;
ad impegnarsi in ambito bilaterale e multilaterale perché, a partire dai singoli casi citati, le autorità cinesi si impegnino a garantire la libertà di pensiero e quella religiosa liberando al più presto i detenuti per reati di pensiero e a firmare i Protocolli opzionali sui Diritti umani e la tortura;
a chiedere al Governo cinese di fare chiarezza sul terribile episodio del passo di Nangpa affinché simili avvenimenti non si ripetano più;
ad intraprendere ogni sforzo presso le Autorità cinesi affinché la legislazione del lavoro e i diritti dei lavoratori si adeguino più rapidamente possibile agli standard internazionali, garantendo condizioni di lavoro dignitose e i diritti sindacali, unica garanzia di difesa del mondo del lavoro.
(1-00063) «Sereni, Migliore, Donadi, Villetti, Bonelli, Fabris, Brugger, Mattarella, Mantovani, Leoluca Orlando, D'Elia, De Zulueta, Cioffi, Ricardo Antonio Merlo».
NUOVA FORMULAZIONE
La Camera,
premesso che:
l'evoluzione della situazione dei diritti umani in Cina non è caratterizzata dallo stesso dinamismo che si riscontra in altri settori della società e gli standard rimangono molto al di sotto di quelli internazionali;
l'introduzione di limitate riforme nei codici e nel sistema giudiziario, pure importanti, ha contribuito solo in minima parte a migliorare la salvaguardia dei diritti umani e in particolare la libertà di pensiero e dei diritti civili e politici;
la Repubblica Popolare Cinese, in particolare, non ha firmato lo Statuto della Corte penale internazionale, né il Protocollo opzionale alla Convenzione contro la tortura anche se un segnale positivo è rappresentato dalla valutazione attualmente in corso presso le autorità politiche sull'adesione al Patto internazionale sui diritti civili e politici, nonché dalla decisione di riattribuire alla sola Corte suprema il potere di ratifica delle condanne capitali;
il Codice Penale cinese prevede la pena di morte per un altissimo numero di reati e, pur in assenza di dati ufficiali eccezion fatta per le dichiarazioni rese da Pechino nel corso dell'ultima sessione di dialogo UE-Cina che parlavano di 1300 condanne a morte, le Organizzazioni non Governative del settore stimano tra le 5.000 e le 10.000 le sentenze capitali all'anno, cifre che rendono la Cina il paese in cui si fa maggiormente ricorso alla pena capitale;
l'Italia è fortemente impegnata nella campagna mondiale per l'abolizione della pena di morte, ritenendola, oltre che inumana, crudele e degradante, priva di ogni effetto di deterrenza;
le condizioni di lavoro nelle fabbriche, nelle miniere e in molti altri settori di lavoro rimangono degradanti e precarie, i diritti sindacali, nonostante primi passi in avanti annunciati nella legislazione, sono ancora violati e i tentativi di libera associazione sindacale sono repressi e scoraggiati con la violenza e il carcere;
in particolare, nell'ottobre del 2005 Xu Zhengqing, leader di proteste contro l'espropriazione delle terre e gli sfratti nelle vecchie zone di Shanghai, è stato condannato a tre anni di reclusione per «Disturbo dell'ordine sociale»;
non è ancora stata chiarita la tragedia degli inermi profughi tibetani, tra i quali molti bambini, uccisi e feriti dall'esercito cinese sul passo Nangpa in numero ancora imprecisato, mentre tentavano di raggiungere il Nepal, come testimoniano i filmati di una spedizione alpinistica internazionale diffusi in tutto il mondo;
la pratica religiosa al di fuori delle chiese «ufficiali» è ancora strettamente limitata e fortemente repressa, tutte le gerarchie religiose, da quelle cattoliche a quelle protestanti, dalle buddiste tibetane a quelle dei tradizionali gruppi taoisti, sono considerate fuori legge o represse qualora non vengano strettamente controllate e guidate dallo Stato, i loro fedeli vengono perseguitati penalmente e vi sono casi accertati di torture in carcere e processi iniqui soprattutto nelle province;
particolare eco internazionale ha avuto su questo tema, il caso dell'avvocato difensore Gao Zhisheng, costretto a chiudere il suo studio legale per un anno dopo essersi rifiutato di ritirare una lettera aperta indirizzata ai vertici dello Stato e del Partito, nella quale si richiedeva di rispettare la libertà religiosa e di porre fine alle persecuzioni di chi pratica la propria fede;
altrettanto gravi i casi del Vescovo, Monsignor Wu Qinjing, arrestato per la sua fedeltà al Papa e del Vescovo, monsignor Giulio Jia Zhiguo, dato per libero, ma di fatto agli arresti in un ospedale a causa delle sue precarie condizioni di salute;
anche la condizione della donna in Cina, secondo il rapporto di Amnesty International, è di grave discriminazione ed emarginazione anche per effetto della politica di pianificazione delle nascite a causa della quale molte donne continuano ad essere sottoposte ad aborti e sterilizzazioni forzate da parte delle autorità locali;
la mancanza di libertà di espressione dei media è un problema gravissimo e diffuso che limita il fondamentale diritto all'informazione ed è ancora aperta la questione delle limitazioni della libera accessibilità e fruibilità di Internet nel momento in cui aziende e motori di ricerca internazionali sono costretti ad adattare i loro prodotti a disposizioni restrittive, forme di censura e sono costrette a rivelare l'identità di navigatori, in violazione della riservatezza e della libertà di pensiero e di espressione;
le esportazioni di armi dalla Cina al Sudan hanno continuato ad alimentare massicce violazioni dei diritti umani nel paese africano e il Governo cinese si è opposto al rafforzamento dell'embargo sulle armi proposto dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite nei confronti del Sudan;
la legge n. 185 del 1990 prevede che l'esportazione e il transito di materiale di armamento siano vietati verso i paesi rispetto ai quali sia in vigore un embargo di suddette forniture da parte delle Nazioni Unite e dell'Unione Europea e verso i paesi i cui Governi siano responsabili di violazioni accertate dei diritti umani,
impegna il Governo:
a sostenere in sede europea che l'eventuale revoca da parte dell'UE dell'embargo del commercio delle armi, attualmente in vigore nei confronti della Cina, sia legata e condizionata a progressi sostanziali e verificabili in tema di rispetto dei diritti umani, di riforme democratiche e di relazioni pacifiche con i vicini regionali;
ad intensificare le relazioni e gli scambi culturali e universitari con la Repubblica Popolare Cinese, orientati ad una moderna visione dello Stato di diritto, dei diritti individuali e al rispetto dei diritti umani, adottando iniziative volte ad eliminare rapidamente ogni ostacolo burocratico e legislativo, soprattutto in riferimento alla concessione di visti, che ad oggi impedisce un flusso maggiore di studenti cinesi nel nostro paese;
ad impegnarsi in ambito bilaterale e multilaterale perché, a partire dai singoli casi citati, le autorità cinesi si impegnino a garantire la libertà di pensiero e quella religiosa liberando al più presto i detenuti per reati di pensiero e a firmare i Protocolli opzionali sui Diritti umani e la tortura;
a chiedere al Governo cinese di fare chiarezza sul terribile episodio del passo di Nangpa affinché simili avvenimenti non si ripetano più;
ad intraprendere ogni sforzo presso le Autorità cinesi affinché la legislazione del lavoro e i diritti dei lavoratori si adeguino più rapidamente possibile agli standard internazionali, garantendo condizioni di lavoro dignitose e i diritti sindacali, unica garanzia di difesa del mondo del lavoro;
ad adottare iniziative volte all'introduzione di un codice etico di responsabilizzazione delle imprese italiane all'estero e a farsi promotore presso l'Organizzazione mondiale del commercio di un nuovo sistema di regole internazionali per il rispetto dei diritti umani, sindacali ed ambientali.
(1-00063) (Nuova formulazione) «Sereni, Migliore, Donadi, Villetti, Bonelli, Fabris, Brugger, Mattarella, Mantovani, Leoluca Orlando, D'Elia, De Zulueta, Cioffi, Ricardo Antonio Merlo».
ULTERIORE RIFORMULAZIONE
La Camera,
premesso che:
l'evoluzione della situazione dei diritti umani in Cina non è caratterizzata dallo stesso dinamismo che si riscontra in altri settori della società e gli standard rimangono molto al di sotto di quelli internazionali;
l'introduzione di limitate riforme nei codici e nel sistema giudiziario, pure importanti, ha contribuito solo in minima parte a migliorare la salvaguardia dei diritti umani e in particolare la libertà di pensiero e dei diritti civili e politici;
la Repubblica Popolare Cinese, in particolare, non ha firmato lo Statuto della Corte penale internazionale, né il Protocollo opzionale alla Convenzione contro la tortura anche se un segnale positivo è rappresentato dalla valutazione attualmente in corso presso le autorità politiche sull'adesione al Patto internazionale sui diritti civili e politici, nonché dalla decisione di riattribuire alla sola Corte suprema il potere di ratifica delle condanne capitali;
il Codice Penale cinese prevede la pena di morte per un altissimo numero di reati e, pur in assenza di dati ufficiali eccezion fatta per le dichiarazioni rese da Pechino nel corso dell'ultima sessione di dialogo UE-Cina che parlavano di 1.300 condanne a morte, le Organizzazioni non Governative del settore stimano tra le 5.000 e le 10.000 le sentenze capitali all'anno, cifre che rendono la Cina il paese in cui si fa maggiormente ricorso alla pena capitale;
l'Italia è fortemente impegnata nella campagna mondiale per l'abolizione della pena di morte, ritenendola, oltre che inumana, crudele e degradante, priva di ogni effetto di deterrenza;
le condizioni di lavoro nelle fabbriche, nelle miniere e in molti altri settori di lavoro rimangono degradanti e precarie, i diritti sindacali, nonostante primi passi in avanti annunciati nella legislazione, sono ancora violati e i tentativi di libera associazione sindacale sono repressi e scoraggiati con la violenza e il carcere;
in particolare, nell'ottobre del 2005 Xu Zhengqing, leader di proteste contro l'espropriazione delle terre e gli sfratti nelle vecchie zone di Shanghai, è stato condannato a tre anni di reclusione per «Disturbo dell'ordine sociale»;
non è ancora stata chiarita la tragedia degli inermi profughi tibetani, tra i quali molti bambini, uccisi e feriti dall'esercito cinese sul passo Nangpa in numero ancora imprecisato, mentre tentavano di raggiungere il Nepal, come testimoniano i filmati di una spedizione alpinistica internazionale diffusi in tutto il mondo;
la pratica religiosa al di fuori delle chiese «ufficiali» è ancora strettamente limitata e fortemente repressa, tutte le gerarchie religiose, da quelle cattoliche a quelle protestanti, dalle buddiste tibetane a quelle dei tradizionali gruppi taoisti, sono considerate fuori legge o represse qualora non vengano strettamente controllate e guidate dallo Stato, i loro fedeli vengono perseguitati penalmente e vi sono casi accertati di torture in carcere e processi iniqui soprattutto nelle province;
particolare eco internazionale ha avuto su questo tema, il caso dell'avvocato difensore Gao Zhisheng, costretto a chiudere il suo studio legale per un anno dopo essersi rifiutato di ritirare una lettera aperta indirizzata ai vertici dello Stato e del Partito, nella quale si richiedeva di rispettare la libertà religiosa e di porre fine alle persecuzioni di chi pratica la propria fede;
altrettanto gravi i casi del Vescovo, Monsignor Wu Qinjing, arrestato per la sua fedeltà al Papa e del Vescovo, monsignor Giulio Jia Zhiguo, dato per libero, ma di fatto agli arresti in un ospedale a causa delle sue precarie condizioni di salute;
anche la condizione della donna in Cina, secondo il rapporto di Amnesty International, è di grave discriminazione ed emarginazione anche per effetto della politica di pianificazione delle nascite a causa della quale molte donne continuano ad essere sottoposte ad aborti e sterilizzazioni forzate da parte delle autorità locali;
la mancanza di libertà di espressione dei media è un problema gravissimo e diffuso che limita il fondamentale diritto all'informazione ed è ancora aperta la questione delle limitazioni della libera accessibilità e fruibilità di Intemet nel momento in cui aziende e motori di ricerca internazionali sono costretti ad adattare i loro prodotti a disposizioni restrittive, forme di censura e sono costrette a rivelare l'identità di navigatori, in violazione della riservatezza e della libertà di pensiero e di espressione;
le esportazioni di armi dalla Cina al Sudan hanno continuato ad alimentare massicce violazioni dei diritti umani nel paese africano e il Governo cinese si è opposto al rafforzamento dell'embargo sulle armi proposto dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite nei confronti del Sudan;
la legge n. 185 del 1990 prevede che l'esportazione e il transito di materiale di armamento siano vietati verso i paesi rispetto ai quali sia in vigore un embargo di suddette forniture da parte delle Nazioni Unite e dell'Unione europea e verso i paesi i cui Governi siano responsabili di violazioni accertate dei diritti umani;
impegna il Governo:
a sostenere in sede europea che l'eventuale revoca da parte dell'UE dell'embargo del commercio delle armi, attualmente in vigore nei confronti della Cina, sia legata e condizionata a progressi sostanziali e verificabili in tema di rispetto dei diritti umani, di riforme democratiche e di relazioni pacifiche con i vicini regionali;
a procedere insieme ai partner europei con iniziative volte a incoraggiare atti concreti verso il pieno rispetto dei diritti umani da parte della Cina anche tramite un adeguamento della sua legislazione nazionale e richiedendo, in particolare, la sospensione della pena di morte;
ad intensificare le relazioni e gli scambi culturali e universitari con la Repubblica Popolare Cinese, orientati ad una moderna visione dello Stato di diritto, dei diritti individuali e al rispetto dei diritti umani, adottando iniziative volte ad eliminare rapidamente ogni ostacolo burocratico e legislativo, soprattutto in riferimento alla concessione di visti, che ad oggi impedisce un flusso maggiore di studenti cinesi nel nostro paese;
ad impegnarsi in ambito bilaterale e multilaterale perché, a partire dai singoli casi citati, le autorità cinesi si impegnino a garantire la libertà di pensiero e quella religiosa liberando al più presto i detenuti per reati di pensiero e a firmare i Protocolli opzionali sui Diritti umani e la tortura;
a chiedere al Governo cinese di fare chiarezza sul terribile episodio del passo di Nangpa affinché simili avvenimenti non si ripetano più;
ad intraprendere ogni sforzo presso le Autorità cinesi affinché la legislazione del lavoro e i diritti dei lavoratori si adeguino più rapidamente possibile agli standard internazionali ivi inclusi i 10 principi del Global Compact delle Nazioni Unite, garantendo condizioni di lavoro dignitose e i diritti sindacali, unica garanzia di difesa del mondo del lavoro;
a sostenere in sede europea iniziative volte a promuovere, nelle sedi sovranazionali competenti, un nuovo sistema di regole internazionali per il rispetto dei diritti umani, sindacali ed ambientali, nonché l'applicazione di regole in materia di responsabilità sociale delle imprese.
(1-00063) (Ulteriore riformulazione) «Sereni, Migliore, Donadi, Villetti, Bonelli, Fabris, Brugger, Mattarella, Mantovani, Leoluca Orlando, D'Elia, De Zulueta, Cioffi, Ricardo Antonio Merlo».
Risoluzione in Commissione:
La III Commissione,
premesso che:
il 12 luglio 2006 si è aperta una nuova crisi libanese a seguito dell'attacco ad un contingente militare israeliano e il sequestro di due militari dello stesso al di là della frontiera del Libano da parte della milizia di Hezbollah (Partito di Dio);
il 26 luglio dello stesso anno è stato indetto a Roma un vertice diplomatico per cercare una soluzione alla crisi;
il documento finale del vertice chiede alla comunità internazionale un accordo per la dislocazione urgente di una forza internazionale su mandato ONU che si muova nel quadro delle risoluzioni e degli accordi internazionali vigenti; sottolinea che condizione fondamentale per una sicurezza duratura in Libano è la piena capacità del governo di esercitare la sua autorità su tutto il suo territorio, come previsto dalle dichiarazioni finali del G8 di San Pietroburgo, dalle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza ONU 425, 1559 e 1680, dagli accordi di Taif e da quelli seguiti all'armistizio del 1949, considerati i principi che governano gli sforzi della comunità internazionale e le responsabilità per contribuire al sostegno del governo e della popolazione del Libano;
l'11 agosto il Consiglio di Sicurezza dell'ONU ha approvato la Risoluzione 1701 che chiede una totale cessazione delle ostilità, con un'immediata cessazione da parte di Hezbollah di tutti gli attacchi e un'immediata cessazione da parte di Israele delle operazioni legate all'offensiva militare, al governo libanese e all'UNIFIL (la forza di interposizione provvisoria dell'ONU già attiva in Libano) chiede di dispiegare le loro forze insieme nel sud del Libano e al Governo israeliano, quando questo dispiegamento inizierà, di ritirare in contemporanea tutte le sue forze dal sud del Libano;
scopo della forza ONU, si legge nel testo della Risoluzione, sarà di affiancare l'esercito libanese durante la presa di posizione nel sud del Paese e di garantire che gli aiuti umanitari arrivino alla popolazione civile;
la Risoluzione 1701 autorizza l'UNIFIL ad intraprendere tutte le azioni necessarie nelle aree in cui tutte le forze saranno presenti, ad assicurare che quest'area non sia utilizzata per operazioni ostili di nessun tipo, a resistere ai tentativi di impedire con l'uso della forza lo svolgimento dei compiti assegnati come da mandato del Consiglio di Sicurezza;
l'11 novembre cinque Ministri del Governo libanese appartenenti ai movimenti sciiti Hezbollah e Amal si sono dimessi;
due giorni dopo un altro Ministro del Governo Sinora, vicino al movimento sciita Hezbollah, rassegna le sue dimissioni e giustifica la propria decisione con la «perdita di legittimità costituzionale del Governo Sinora» che, sostiene il dimissionario, «ha perso la rappresentanza sciita»;
il 21 novembre il Ministro dell'Industria del Governo Sinora, Pierre Gemayel è ucciso in un attentato;
verosimilmente, l'assassinio del Ministro Gemayel rientra in un piano mirante a ridurre il numero dei Ministri in carica di un terzo, al fine di ottenere, secondo le regole costituzionali, l'automatica dimissione di tutto il Governo;
a giudizio dei sottoscrittori del presente atto, è, comunque, evidente l'interesse di forze politiche locali e di Governi stranieri di portare, attraverso la caduta del Governo del Premier Sinora, ad una destabilizzazione del Libano o, alternativamente, creare le condizioni per una subordinazione del Paese ad una o più Potenze Straniere;
impegna il Governo,
nella qualità di membro temporaneo del Consiglio di Sicurezza dell'ONU, ad attivarsi urgentemente presso tale organismo al fine di attirare l'attenzione dei componenti dello stesso sulla necessità, verificato
l'accordo con il Governo presieduto dal Premier Sinora, di modificare il mandato alle forze UNIFIL, magari prevedendo un diverso dispiegamento delle stesse per garantire la stabilità del Paese e il normale espletamento della sovranità degli organi di Governo democraticamente scelti dai cittadini libanesi secondo l'esito delle recenti elezioni politiche.
(7-00076) «Rivolta, Paoletti Tangheroni, Valentini».