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Allegato B
Seduta n. 79 del 29/11/2006
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LAVORO E PREVIDENZA SOCIALE
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro della salute, per sapere - premesso che:
il gravissimo incidente verificatosi nello stabilimento della Umbria Olii S.p.A., nell'area del comune di Campello sul Clitunno, con il suo tragico bilancio di quattro lavoratori morti e di un danno ambientale non ancora pienamente quantificabile, ripropone il dramma degli incidenti sul lavoro;
l'esigenza di porre al centro dell'attenzione degli organi di informazione, delle forze sociali e nell'azione legislativa e di governo il tema della sicurezza del lavoro è stata, negli ultimi mesi, più volte autorevolmente riproposta dalle massime cariche istituzionali;
sebbene i più recenti dati forniti dall'Inail evidenzino una lieve ma costante flessione del numero complessivo degli incidenti sul lavoro, anche di quelli mortali, il costo in termine di vite umane, di menomazioni fisiche e in termini di oneri finanziari rimane intollerabile, tanto che ancora lo scorso anno si sono registrate quasi 940 mila denunce di infortuni e 1.206 incidenti mortali;
il tema della sicurezza del processo produttivo è strettamente connesso anche alla questione del contenimento dell'impatto ambientale sul territorio, sulle acque e sull'aria, anch'esso troppo spesso considerato secondario rispetto al risultato economico;
in particolare, sul luogo dell'esplosione si è prodotto un incendio protrattosi per ore che ha distrutto i silos contenenti le scorte di olio e ha comportato il danneggiamento di tutte le abitazioni circostanti e il riversamento del liquido oleoso
nella rete fognaria e nell'adiacente fiume Clitunno, con conseguente probabile inquinamento anche delle falde acquifere di un'area di altissimo pregio ambientale e dal delicato profilo idrogeologico quale quella circostante le «Fonti del Clitunno»;
solo grazie al tempestivo intervento delle squadre dei vigili del fuoco, per quanto ostacolate dalla dimensione dell'incendio e dall'entità dello sversamento di liquidi oleosi, si sono potuti limitare, almeno ad un primo esame, gli effetti di tale incidente;
proprio la sicurezza nei luoghi di lavoro e la tutela dell'ambiente costituivano uno degli assi portanti del programma di governo dell'Unione -:
quali elementi siano a disposizione del Governo in relazione alla dinamica degli accadimenti delineati in premessa, nonché una prima valutazione degli effetti sull'equilibrio ambientale della zona e sulla condizione della salute della popolazione circostante;
quali urgenti iniziative intenda assumere al fine di addivenire alla definizione di un quadro giuridico che offra una maggiore e reale tutela della salute e della vita dei lavoratori, nonché un sistema di efficace monitoraggio e controllo del rispetto della normativa in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro, anche prevedendo un miglior coordinamento delle strutture del Ministero del lavoro e delle aziende sanitarie locali preposte a tali funzioni;
se non sussistano i requisiti per il riconoscimento dello stato di emergenza ai sensi dell'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225.
(2-00249)
«Franceschini, Sereni, Bressa, Quartiani, Giachetti, Mariani, Delbono, Bocci, Di Girolamo, Stramaccioni, Bellanova, Buffo, Codurelli, Cordoni, D'Ambrosio, Di Salvo, Farinone, Cinzia Maria Fontana, Laratta, Lenzi, Merloni, Miglioli, Motta, Schirru, Viola, Bandoli, Benvenuto, Chianale, Fasciani, Galeazzi, Gentili, Iannuzzi, Lomaglio, Longhi, Marantelli, Margiotta, Pedulli, Realacci».
Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
XI Commissione:
LO PRESTI. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
la Ciet Impianti S.p.A. nasce il 1o ottobre 2006 da uno scorporo della Ciet S.p.A. che con una cessione del ramo di azienda, nell'ottica di una riorganizzazione interna, crea questa impresa comunque legata al gruppo Mancini. L'Azienda opera nell'ambito delle Installazioni Telefoniche ed elettriche, impegnando sul territorio nazionale circa 1.200 addetti, ed è presente in Sicilia dal novembre 2001 assorbendo, in virtù di un accordo ministeriale, circa 130 lavoratori provenienti dalla Telecom Italia S.r.l.;
l'assunzione dei lavoratori in Sicilia, attraverso la mobilità, si è tradotta in un evidente vantaggio per l'impresa che ha avuto la possibilità di utilizzare sgravi contributivi (per un triennio), con tutte le conseguenti agevolazioni in termini di concorrenzialità con le altre aziende, visto che dal 2001 i lavori vengono assegnati con gare d'appalto;
l'organico in Sicilia ad oggi è costituito da 96 lavoratori così distribuiti: Palermo 32, Trapani 16, Caltanissetta 37, Caltagirone 11;
la Ciet opera per diverse committenti, anche se la committente principale rimane la Telecom Italia S.p.A., che ha affidato a tale azienda in Sicilia 5 milioni di euro di attività per l'anno in corso. Al 31 dicembre 2006 scade la gara d'appalto dei lavori Telecom e tutte le imprese si stanno preparando ad affrontare la nuova che dovrebbe avere valenza 2007-2009;
risulta all'interrogante che la Ciet Impianti S.p.A. abbia deciso di abbandonare la Sicilia per ottenere uno scambio di budget di attività in un'altra Regione del Centro-Nord, ritenuta più strategica per l'impresa, che cerca di compattare la sua presenza sul territorio nazionale;
infatti risulta all'interrogante che la Ciet Impianti S.p.A. ha disdettato al 31 dicembre 2006 tutti i contratti di locazione dei quattro cantieri presenti in Sicilia il che lascia prefigurare gravi conseguenze sul piano occupazionale per i lavoratori dipendenti della impresa, che non si sa quale fine faranno;
si palesa pertanto, il rischio reale che, in assenza di regole di indirizzo, chiare e di salvaguardia, ogni impresa potenzialmente subentrante sia più propensa a recuperare volumi di lavoro senza tenere conto del mantenimento degli attuali occupati in Sicilia -:
quali iniziative intende assumere per garantire i livelli occupazionali della Ciet Impianti S.p.A.
(5-00442)
CODURELLI. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
il decreto legislatìvo 27 gennaio 1992, n. 80, articolo 2, per tutelare i lavoratori, pone a carico del Fondo di garanzia per il trattamento di fine rapporto - di cui alla legge 29 maggio 1982, n. 297 - il pagamento degli ultimi tre mesi di lavoro, ovviamente nel caso in cui l'Azienda e/o la procedura non abbiano corrisposto tali retribuzioni;
l'INPS (v. messaggio n. 015924 del 5 giugno 2006 con oggetto «crediti di lavoro di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 80/92 - individuazione del dies a quo») afferma che «è stato disposto che il dies a quo per il calcolo dei dodici mesi, entro i quali devono essere comprese le tre mensilità non erogate dal datore di lavoro, coincide con la data della domanda di dichiarazione di insolvenza». Nello stesso messaggio l'INPS afferma che «la richiesta di espletamento del tentativo obbligatorio di conciliazione di cui all'articolo 410 del codice di procedura civile, in quanto attiene ad una fase precontenziosa, non può essere equiparata ad una iniziativa giudiziaria» e che, pertanto «la possibilità di anticipare il dies a quo ad una data precedente la domanda di apertura della procedura concorsuale è riservata esclusivamente al lavoratore che prima di detta data abbia agito in giudizio»;
questo messaggio contrasta con la sentenza n. 1885 del 1o febbraio 2005 della Corte di cassazione-Sezione lavoro civile. Nella stessa si ricorda che la Corte di Giustizia ha interpretato la direttiva comunitaria «nel senso che quel termine deve essere calcolato - a ritroso - con decorrenza dalla data di qualsiasi iniziativa, volta ad ottenere la soddisfazione del credito»;
l'INPS, prima di procedere al pagamento nei limiti fissati dal decreto procede agli opportuni accertamenti del diritto in capo ai lavoratori. Infatti, nel caso i lavoratori dipendenti dalla stessa azienda in «procedura» hanno la residenza in Comuni che fanno capo a diverse sedi INPS, ciascuna sede si attiva per gli «accertamenti», con oneri per gli Uffici e con tempi diversi per procedere alla liquidazione delle mensilità dovute, creando conseguenti discriminazioni;
appare pertanto opportuno che gli accertamenti dei diritti dei lavoratori vengano effettuati unicamente dalla sede INPS a cui fa capo territorialmente l'azienda, che gli accertamenti debbano valere automaticamente per tutte le sedi INPS a cui fanno capo i comuni in cui risiedono i lavoratori e che, conseguentemente, anche i pagamenti a carico del Fondo di garanzia, vengano effettuati dalla stessa sede INPS, negli stessi tempi per tutti i lavoratori, rinviando alle «regolazioni» interne agli uffici le attribuzioni di competenza alle diverse sedi INPS -:
se il Governo non ritenga necessario modificare nel senso indicato le procedure,
invitando l'INPS, nella gestione del Fondo di garanzia, ad adeguare i propri comportamenti alle sentenze della Corte di Giustizia e della Corte di cassazione, evitando in tal modo pesanti penalizzazioni ai lavoratori già colpiti nel loro reddito a causa dell'andamento negativo dell'azienda presso la quale lavoravano.
(5-00443)
BODEGA, FAVA e GRIMOLDI. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
la provincia di Mantova è uno dei territori nazionali a più forte caratterizzazione per quanto riguarda la macellazione e la lavorazione delle carni suine;
la Ghinzelli Marino SpA, nata da circa mezzo secolo, per decenni è stata il leader nazionale della macellazione suina e attualmente conta 168 dipendenti, tra operai, impiegati e dirigenti;
l'Azienda, nel segnalare la necessità di resistere ad una concorrenza sempre più spregiudicata, ha presentato a sindacati e rappresentati dei lavoratori un piano di ristrutturazione che prevede ingenti investimenti ma anche tagli di personale e, pertanto, ritenuto inaccettabile dalla controparte;
nel dettaglio, stante quanto riportato dai sindacati al termine del terzo incontro tenutosi lo scorso 16 novembre in Confindustria a Mantova, il piano di ristrutturazione presentato si dovrebbe articolare nel biennio 2007-2008, con il pronostico che il ritmo lavorativo salga, nel 2007, di 15 capi macellati all'ora, per arrivare a 345 capi/ora; risultato, questo, da raggiungere con sei lavoratori in meno sulla linea produttiva. Nel 2008 l'azienda intende poi investire 2 milioni di euro nel miglioramento delle strutture produttive, per giungere a 380 maiali l'ora, prospettando un ulteriore taglio di 2-3 lavoratori. L'azienda, inoltre, chiede al sindacato un'apertura sulla terziarizzazione di alcune lavorazioni ritenendo l'affidamento di alcune lavorazioni a cooperative esterne come la soluzione a problemi inerenti il ciclo produttivo;
a giudizio degli interroganti, dietro tale scelta aziendale si cela un duplice rischio: da un lato la perdita del posto di lavoro per numerosi lavoratori della linea di produzione altamente professionalizzati, caratterizzati dalla qualifica massima per il settore, con la prospettiva per le loro famiglie di trovarsi all'improvviso in difficoltà economiche, dall'altro una minore capillarità dei controlli igienici a scapito della qualità del prodotto;
la vertenza Ghinzelli - si ricorda - è iniziata con l'avvio, da parte dell'azienda, della procedura per la messa in mobilità di trenta lavoratori: iter che prevede, per l'appunto, un confronto tra le parti alla ricerca di un'eventuale soluzione concertata. Ai sensi dell'articolo 4 della legge n. 223/1991, infatti, le imprese che intendano avviare le procedure di mobilità sono tenute a darne comunicazione preventiva per iscritto alle rappresentanze sindacali aziendali nonché alle rispettive associazioni di categoria. Entro sette giorni dalla data del ricevimento di tale comunicazione, a richiesta delle rappresentanze sindacali aziendali e delle rispettive associazioni si procede ad un esame congiunto tra le parti. Tale procedura deve esaurirsi entro quarantacinque giorni dalla data del ricevimento della comunicazione dell'impresa; poi, qualora non sia stata raggiunta alcuna intesa, la questione passa all'Ufficio provinciale del lavoro, che avrà trenta giorni di tempo per tentare di promuovere un accordo;
il 45o giorno è scaduto lo scorso 27 novembre e nessuno accordo pare sia stato raggiunto, tanto è che l'assemblea dei lavoratori ha deciso di protestare ed ha indetto uno sciopero: 150 lavoratori si sono astenuti dal lavoro per un'ora; l'astensione si è ripetuta il giorno successivo e, con ogni probabilità, proseguirà ad oltranza -:
quali siano le intenzioni del Governo e quali misure intenda adottare in merito,
a salvaguardia dei livelli occupazionali dei dipendenti interessati nonché di un patrimonio inestimabile di professionalità.
(5-00444)
Interrogazione a risposta in Commissione:
MANCUSO e VIOLA. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
i medici veterinari esercenti la professione sono iscritti obbligatoriamente all'ordine provinciale competente per territorio e conseguentemente, all'ente di previdenza a loro dedicato (E.N.P.A.V);
l'accordo per l'attivazione della norma finale n. 6 dell'A.C.N. del 23 marzo 2005, approvato il 12 dicembre 2005 e contenente l'estensione ai medici veterinari della medesima disciplina applicabile alle altre professioni sanitarie, all'articolo 5 stabilisce che «ai professionisti incaricati ai sensi del presente accordo l'azienda versa il contributo nelle modalità e quantità in essere alle rispettive casse previdenziali (INPS e ENPAV)»;
la disposizione citata, nell'identificare l'INPS quale Ente previdenziale al quale cumulativamente all'ENPAV dovrebbe essere versata la contribuzione previdenziale afferente i rapporti di lavoro convenzionato stipulati dai medici veterinari, appare frutto di un evidente equivoco interpretativo;
i rapporti di lavoro in questione vengono stipulati con professionisti iscritti all'albo e all'ENPAV, e per definizione hanno natura di rapporti di lavoro autonomo, seppure caratterizzati da alcuni elementi tipici della parasubordinazione;
trattandosi di prestazione d'opera intellettuale, ex articolo 2222 del codice civile, svolte da professionisti obbligatoriamente iscritti all'ENPAV, l'estensione dell'obbligo contributivo all'INPS appare del tutto immotivata;
sotto tale profilo si evidenzia che l'articolo 6 del regolamento n. 281/1996, di attuazione dell'articolo 2 della legge n. 335/1995, stabilisce che non sono soggetti alla contribuzione di cui al decreto medesimo i redditi già assoggettati ad altro titolo a contribuzione previdenziale obbligatoria;
risulterebbero quindi esclusi dall'obbligo iscrittivo e contributivo alla gestione separata INPS anche i redditi percepiti dai veterinari per lo svolgimento di attività professionale in forma di collaborazione coordinata e continuativa;
in tal senso si è espresso il Ministero del Lavoro con nota del 21 novembre 2001, prot. n. 9pp/81484/VET-Q-3, nella quale il Ministero, interpellato dall'ENPAV circa il trattamento previdenziale dei compensi scaturiti dallo svolgimento di attività professionale sotto forma di collaborazione coordinata e continuativa, ha affermato che «trattandosi nella specie di esercizio di attività professionale, svolta dai soggetti iscritti all'albo, risultano compiutamente soddisfatti i requisiti previsti dalla vigente normativa per l'assoggettamento a contribuzione presso l'Ente di categoria: ne consegue che i relativi compensi sono da assoggettare a tutela previdenziale ENPAV»;
alle medesime conclusioni è giunto anche l'INPS, con circolare n. 124 del 12 giugno 1996, nella quale 1'ente, al punto 1.4, riconosce che «... il pagamento alla cassa professionale di un contributo forfetario di importo non direttamente proporzionale al reddito, ma determinato in maniera fissa, con le condizioni per l'esclusione del pagamento della contribuzione 10 per cento alla gestione separata INPS se, in relazione al contributo versato alla cassa, è prevista l'erogazione di un trattamento pensionistico» -:
se il Governo voglia chiarire che i medici veterinari convenzionali con enti pubblici e privati non devono versare contributi alla gestione separata INPS, ma esclusivamente all'Ente previdenziale di categoria (E.N.P.A.V).
(5-00424)
Interrogazioni a risposta scritta:
STUCCHI. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
da notizie stampa si apprende che entro marzo 2007 è prevista la cessazione dell'attività produttiva dello stabilimento di Telgate (Bergamo) della Dorel Italia S.p.A., nota come Mon Bebè, denominazione che aveva agli inizi degli anni '90 ovvero prima dell'arrivo, tre anni fa, del Gruppo Dorel;
l'azienda avrebbe intenzione di abbandonare l'attività produttiva (puericultura pesante, seggiolini, passeggini, fasciatoi e bagnetti) divenendo, quindi, presidio logistico, commerciale e amministrativo per il mercato italiano di produzioni effettuate in altre aree;
il ridimensionamento dello stabilimento di Telgate colpirebbe circa un centinaio di lavoratori, sui 135 attualmente in organico;
questa riorganizzazione, rientra nel progetto europeo di ristrutturazione, operato dalla Direzione europea Dorel France che fa capo al Gruppo canadese Dorel Industries, quotato alla Borsa Canadese e al Nasdaq americano -:
se siano a conoscenza della situazione illustrata in premessa e quali interventi i Ministri intendano adottare in proposito, al fine di tutelare i lavoratori dello stabilimento di Telgate.
(4-01772)
CANNAVÒ, GIULIETTI, CALDAROLA, CARRA, COSTANTINI e DE ZULUETA. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
la condizione dell'allungamento di vita media da qui a 30-40 anni, riguarda l'Inpgi al pari dell'Inps, e pone a tutti gli Enti problemi di sostenibilità finanziaria;
di conseguenza - anche su sollecitazione del Ministero del lavoro - l'Inpgi si è dedicato a predisporre un rimedio per eliminare i pericoli futuri riuscendo ad approvare il 1o luglio 2005, con il consenso della categoria, una riforma previdenziale;
la validità di questa riforma è stata non solo certificata da un bilancio tecnico attuariale, ma riconosciuta anche dalle verifiche eseguite dai Ministeri dell'economia e del lavoro;
in base alla legge (decreto legislativo n. 509 del 1994) la riforma dell'ente, prima di ottenere la ratifica dei Ministeri vigilanti, deve essere valutata dalle parti sociali: Federazione editori (Fieg) e Federazione della stampa (Fnsi);
mentre quest'ultima ha da tempo manifestato la sua disponibilità, la Fieg ha rifiutato, e tuttora rifiuta, di esercitare il diritto-dovere previsto dalla legge. E ciò nonostante i due rappresentanti degli editori nel Consiglio di amministrazione dell'ente abbiano votato, a suo tempo, in favore della riforma;
la motivazione più volte ribadita dalla Fieg ha riguardato la pretesa di voler collegare l'approvazione della riforma previdenziale all'esito del rinnovo del contratto nazionale della categoria, sul quale però la Fieg da oltre un anno si rifiuta di discutere;
di recente - dopo 14 mesi di solleciti avanzati senza successo dai responsabili del Ministero del lavoro nel frattempo succedutisi - la Fieg ha aggiunto alla motivazione originaria la condizione di voler ottenere nel Consiglio di amministrazione dell'Ente la pariteticità di consiglieri rispetto alla parte giornalistica;
ad oggi, dunque, sono trascorsi oltre 16 mesi dal momento dell'approvazione di una riforma che tutti (Ministeri vigilanti, attuari, Fnsi e Fieg) riconoscono necessaria. Ma tutto è bloccato dalla federazione degli editori, la quale inoltre si rifiuta di rinnovare il contratto di lavoro lasciando la categoria in uno stato di incertezza e di precarietà -:
se il Governo intenda dare riconoscimento alla riforma dell'Inpgi essendo già trascorsi 16 mesi dalla sua realizzazione ed essendo quindi attuabile il principio del silenzio-assenso;
cosa intenda fare per sbloccare il rinnovo del contratto di una categoria lasciata a se stessa e così importante per il funzionamento di una moderna democrazia.
(4-01778)