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Allegato B
Seduta n. 85 del 12/12/2006
TESTO AGGIORNATO AL 13 DICEMBRE 2006
...
ECONOMIA E FINANZE
Interrogazione a risposta immediata:
CAPOTOSTI e FABRIS. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
sono note le difficoltà che l'Italia sta attraversando nel settore dei trasporti e delle comunicazioni, come anche recentemente evidenziato dai numerosi problemi economici e strutturali manifestati da Alitalia, Ferrovie dello Stato e Anas, per non parlare dei numerosi disagi che gli utenti sono costretti ogni giorno ad affrontare nei loro spostamenti;
si sono venute a creare delle situazioni di monopolio che non trovano oramai più giustificazione nell'interesse degli utenti, rendendo difficilissimo il dispiegarsi della competizione per gli interi comparti;
è auspicabile l'affermarsi di una politica di effettiva liberalizzazione di tali settori per consentire a nuovi soggetti imprenditoriali, che sappiano sviluppare comportamenti di impresa ed elementi di competitività, di intervenire al fine di consentire un salto di efficienza ed imprenditorialità nei suddetti comparti;
una più vasta liberalizzazione in questi settori sembra essere l'unica soluzione a simili problemi, consentendo un'effettiva capacità concorrenziale di dette società, anche a livello internazionale -:
quali iniziative l'onorevole Ministro interrogato intenda adottare, alla luce di quanto descritto nella presente interrogazione, al fine di intraprendere una seria opera di privatizzazione delle società partecipate dallo Stato che conduca ad una nuova situazione del mercato italiano in cui spariscano le situazioni di monopolio con vantaggi per la qualità del servizio vero ai cittadini e alle imprese.
(3-00486)
Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
VI Commissione:
LEO e GERMONTANI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'Agenzia delle Entrate sta effettuando numerose verifiche fiscali sulla quasi totalità elle imprese ubicate a Casale Monferrato, al fine di individuare le imprese che non hanno provveduto al versamento delle imposte sui contributi ricevuti dallo Stato, tramite le Regioni, a titolo di rimborso per i danni dell'alluvione del 2000, che, fatta eccezione per i bialluvionati, erano pari al 5 per cento del danno subito;
l'interpretazione prevalente della norma che regolamentava i predetti risarcimenti fu nel senso che tali contributi dovessero essere considerati esenti da tassazione in quanto la ratio dell'intervento legislativo era quella di aiutare gli imprenditori che erano stati gravemente colpiti, ovviamente senza colpa, da tale evento calamitoso;
in base a tale interpretazione della disciplina, le aziende interessate compilarono le proprie denunce dei redditi ed assolsero ai propri obblighi fiscali;
tuttavia, nel 2003 fu diramata una circolare ministeriale in cui si precisava che, in base ad una legge precedente al
2000, le contribuzioni potevano essere presentate da IRPEF e IRES, ma non dall'IRAP;
sulla base di tale discutibile indirizzo interpretativo dell'amministrazìone finanziaria, i competenti uffici stanno effettuando verifiche generalizzate nei confronti delle imprese interessate, richiedendo il versamento delle imposte arretrate relative ai predetti contributi;
tale decisione ha determinato l'insorgere di un esteso contenzioso, che coinvolge sia i contribuenti che hanno integralmente escluso tali contributi dalla base imponibile IRAP, sia coloro che hanno versato, almeno per un anno, l'imposta arretrata, gli interessi di mora e le relative sanzioni;
oltre alla delusione e alla preoccupazione derivante dalla constatazione secondo cui i territori colpiti dall'alluvione non sono ancora stati, a distanza di ormai sei anni, messi i condizione di sicurezza idrogeologica, le imprese gravemente danneggiate da quegli eventi sono ora anche esposte al rischio di dover corrispondere imposte arretrate e sanzioni -:
se non ritenga opportuno chiarire urgentemente che la norma approvata nel 2000, in deroga al principio secondo cui i contributi statali devono essere computati ai fini del calcolo della base imponibile IRAP, sancisce l'esenzione di tali contributi anche da tale imposta, al fine di evitare una ulteriore penalizzazione per quelle imprese, che, dopo essere state vittime dei richiamati eventi alluvionali, non hanno ancora concluso il difficile e tortuoso cammino verso la normalizzazione della loro situazione produttiva.
(5-00489)
LEDDI MAIOLA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
a seguito della catastrofica alluvione che colpì, nel 2000, in particolare le province di Alessandria, Asti, Vercelli si dispose con legge la corresponsione di contributi in favore delle imprese della zona colpite dall'evento calamitoso;
la disciplina in materia prevedeva, secondo l'interpretazione prevalente, che tali contributi fossero esenti da tassazione, in armonia con lo spirito dell'intervento legislativo di fornire un sostegno finanziario agli imprenditori gravemente colpiti dalla calamità;
pertanto, le aziende interessate hanno in buona fede compilato le proprie denunce dei redditi ed hanno assolto ai propri obblighi fiscali, senza conteggiare i predetti contributi nella base imponibile delle imposte sui redditi e dell'IRAP;
nel 2003 l'Amministrazione finanziaria ha mutato l'indirizzo interpretativo in materia, emanando una circolare in cui si afferma che le contribuzioni pubbliche erogate in favore delle imprese danneggiate dall'alluvione sono esenti dall'IRPEF e dall'IRES, ma devono essere conteggiate nella base imponibile dell'IRAP;
gli uffici delle entrate dell'Amministrazione finanziaria hanno conseguentemente avviato verifiche nei confronti della maggior parte delle imprese ubicate in queste province, richiedendo a queste ultime il versamento delle imposte arretrate relative ai predetti contributi;
tale decisione dell'Amministrazione ha causato l'insorgere di un vasto contenzioso, e rischia di determinare significativi oneri aggiuntivi, relativi al versamento delle imposte arretrate, per le imprese interessate, le quali si troverebbero inoltre esposte al pericolo di dover versare interessi moratori e di subire sanzioni per le minori imposte versate -:
quali iniziative intenda urgentemente assumere per chiarire in via definitiva il regime tributario applicabile ai contributi pubblici erogati in favore delle imprese danneggiate dall'alluvione del 2000, auspicando, in coerenza con il presupposto che indusse lo Stato a sostenere la ripresa dell'attività produttiva delle aree colpite dall'evento alluvionale con contributi economici
ritenuti indispensabili, che sia sancita l'esenzione di tali contributi anche dall'IRAP, e comunque escludendo l'applicazione di interessi di mora e sanzioni nei confronti di quei contribuenti che hanno assolto in buona fede i propri obblighi tributari in base al quadro normativo vigente in quel momento.
(5-00490)
REINA, ZELLER, BRUGGER, WIDMANN, BEZZI e NICCO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
una società austriaca vende parte della propria produzione anche in Italia, sulla base di contratti di vendita, conclusi direttamente dalla stessa con i cessionari/clienti italiani, che sono soprattutto grandi catene di distribuzione ed ipermercati; il rapporto contrattuale si svolge direttamente tra la società ed i cessionari, infatti, la merce viene inviata tramite vettore direttamente dagli stabilimenti di produzione e di stoccaggio, siti in Austria, al cessionario italiano; la società emette fattura al cessionario italiano (identificato ai fini Iva), senza Iva austriaca, in quanto cessione intracomunitaria non imponibile; il pagamento della fattura viene effettuato, tramite banca, direttamente dal cessionario italiano alla società; le cessioni vengono regolarmente dichiarate dalla società nelle comunicazioni riepilogative delle cessioni intracomunitarie, come previsto dalle norme comunitarie vigenti;
per l'acquisizione degli ordini in Italia, la società austriaca si avvale dell'intermediazione di una societa residente in Italia, partecipata al 50 per cento da essa stessa ed al 50 per cento da un soggetto terzo residente; il rapporto tra la società austriaca (preponente) e la società italiana (agente) è regolato da un contratto di agenzia, che conferisce alla società agente l'esclusiva per l'Italia per i prodotti del preponente; la società agente ha peraltro la facoltà di svolgere la propria attività anche per altre imprese, non in concorrenza con la preponente; la società agente percepisce una provviggione sulle vendite procurate;
è stata posta la questione circa l'esistenza o meno di una stabile organizzazione in Italia, nell'eventualità che la società agente fosse considerata dipendente; tale eventualità, che rileva solo a margine della questione principale in seguito esposta e che in questa sede non vuole essere approfondita, potrebbe però, secondo alcuni, avere riflessi anche sugli aspetti Iva, che regolano le operazioni intracomunitarie; c'è infatti chi sostiene, che le vendite effettuate dalla società austriaca siano da imputare alla eventuale stabile organizzazione in Italia, riqualificando le stesse in operazioni denominate di «triangolazione diretta», così schematizzabili: primo passaggio, da casa madre austriaca a stabile organizzazione italiana, che configurerebbe un «acquisto intracomunitario assimilato» da parte della stabile organizzazione italiana (articolo 38, comma 3 lettera b), del decreto-legge n. 331 del 1993); secondo passaggio, da stabile organizzazione italiana ai clienti della casa madre austriaca, che configurerebbe una cessione interna da parte della stabile organizzazione italiana, da assoggettare ad Iva italiana; la suddetta riqualificazione poggia sulla tesi secondo la quale il primo passaggio costituirebbe un'operazione assimilata ad un acquisto intracomunitario, anche se i beni vengono consegnati direttamente al cliente finale italiano;
la società ritiene che il predetto orientamento sia in palese contrasto non solo con gli aspetti sostanziali delle vicende sopra evidenziate ma, soprattutto, in relazione alle disposizioni comunitarie e nazionali che disciplinano gli scambi intracomunitari; al riguardo la società, confortata dal parere dell'ufficio competente dell'amministrazione finanziaria austriaca, espone la seguente interpretazione:
la cessione intracomunitaria si intende realizzata laddove i beni vengano ceduti tra due soggetti identificati in due Stati membri diversi e alla ulteriore condizione che i beni siano trasferiti da un territorio all'altro dell'Unione europea; tali due condizioni, previste dall'articolo 28-bis della Direttiva n. 77/388/CEE e dall'articolo 38,
comma 2, del decreto-legge n. 331 del 1993, sono compiutamente realizzate nel caso in esame, considerando che sussiste l'identificazione del cedente nel territorio austriaco e del cessionario nel territorio nazionale, e che i beni vengono inviati direttamente dall'Austria al cessionario nel territorio nazionale; è certa, inoltre, la qualificazione giuridica dell'operazione come «cessione», ai sensi dell'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, in quanto per ogni compravendita si manifesta il trasferimento del diritto di proprietà a titolo oneroso;
pertanto, al momento di effettuazione dell'operazione si manifestano tutti i presupposti, soggettivi ed oggettivi, per la cessione intracomunitaria in capo alla società (cedente) ed in capo al cessionario italiano (cliente), in esecuzione della vendita effettuata; di conseguenza, non può esservi spazio per un altro presupposto impositivo, come quello del cosiddetto «invio soggetto» o «trasferimento di beni», di cui all'articolo 38, comma 3, lettera b), del decreto-legge n. 331 del 1993, anche nel caso in cui fosse ravvisabile una stabile organizzazione del soggetto estero in Italia;
d'altronde, non v'è dubbio che la stabile organizzazione, anche nel caso in cui effettivamente esistesse, non farebbe svanire la capacità giuridica della «casa madre» (cioè, del soggetto estero che abbia istituito la stabile organizzazione nel territorio italiano): pertanto anche in tal caso la società austriaca manterrebbe la facoltà di eseguire operazioni direttamente nei confronti di soggetti giuridici identificabili ai fini IVA in Italia, senza l'attrazione di tali operazioni nella sfera di attività della stabile organizzazione;
occorre sottolineare che la disposizione richiamata della «cessione intracomunitaria assimilata» (articolo 38, comma 3, lettera b) del citato decreto-legge n. 331 del 1993) prevede l'assimilazione alla categoria degli acquisti intracomunitari di beni, che siano trasferiti «fisicamente a sé stessi», da un territorio ad un altro dell'Unione europea, da parte di un medesimo soggetto giuridico; la condizione essenziale per l'applicazione di questa norma è rappresentata dal trasferimento fisico del bene, da un territorio ad un altro, e da casa madre a stabile organizzazione, situazione che non si manifesta nel caso in esame;
la portata applicativa della norma in esame è esplicata e confermata anche dalle istruzioni dell'Amministrazione finanziaria (circolare n. 13 del 23 febbraio 1994 del Ministero delle finanze, parte B, par. 1.2) ove si chiarisce che, tra i casi diversi dall'invio di merci in esecuzione di una vendita, va considerata l'introduzione in Italia di beni per deposito o stoccaggio; in tal senso è anche l'interpretazione comunemente accettata: così l'Assomine con circolare n. 29/2002 precisa che «anche tra casa madre e stabile organizzazione (possono essere) effettuate operazioni rilevanti ai fini IVA, ma solo al verificarsi di specifici presupposti, per i quali ai fini impositivi non assume rilievo la intrasoggettività: così, ad esempio, in caso di spostamento di beni nel territorio di altro Stato membro intercorso tra unità operative»:
tale interpretazione è conforme al pensiero della Commissione europea, come espresso nella «guida al nuovo regime dell'IVA senza frontiere» e, in particolare, nella scheda 2 intitolata «I trasferimenti di beni», dove dopo la motivazione della norma ed alcune esemplificazioni, infine al punto 4.3 si precisa - e la precisazione è di particolare rilievo per la positiva soluzione della fattispecie in esame - «... che i trasferimenti dei beni ... non sono considerati imponibili quando si tratta: dei vari tipi di cessione che già danno luogo a tassazione nel paese di destinazione (come nel caso di cessione-acquisizione, eccetera) ...», facendo riferimento come caso tipico proprio alla fattispecie di cessione-acquisto intracomunitario;
in sostanza, la fattispecie del «trasferimento a sé stessi» è da ritenersi una fattispecie residuale che rileva sempreché in concreto l'operazione non sia già da
quantificare come cessione-acquisto intracomunitario;
da quanto sopra esposto si evince, in modo chiaro ed univoco, che la fattispecie del «trasferimento di beni» di cui al citato articolo 38, comma 3, lettera b), del decreto-legge n. 331 del 1993 non riguarda il caso della società in oggetto; infatti, non esiste alcun magazzinaggio o stoccaggio in Italia ed, inoltre, al momento di effettuazione dell'operazione si configura una cessione intracomunitaria tra la società cedente ed il cliente cessionario in Italia, e ciò in esecuzione diretta del contratto di vendita: pertanto, non può esserci spazio, per la stessa operazione, dell'ulteriore presupposto di una cessione intracomunitaria assimilata quale il «trasferimento di beni»; in altri termini: considerato in fattispecie il rapporto contrattuale diretto tra la società ed i clienti italiani, e la corrispondente e coerente esecuzione della vendita - passaggio diretto della merce dal fornitore austriaco al cliente/destinatario italiano in esecuzione del contratto di vendita - prescindendo da ogni considerazione ai fini delle imposte dirette, non può immaginarsi ai fini dell'Iva un «trasferimento» ad un eventuale stabile organizzazione in Italia e un'altra vendita di quest'ultima ai suddetti clienti italiani -:
se il Ministro interrogato confermi l'interpretazione delle norme tributarie sopra prospettate, nel senso che le cessioni effettuate direttamente da una società non residente a cessionari italiani devono in ogni caso essere considerati cessioni/acquisti intracomunitari, anche se fosse ravvisabile una propria stabile organizzazione nel territorio nazionale, in assenza di passaggio materiale dei beni dalla società/casa madre non residente alla propria stabile organizzazione nel territorio nazionale.
(5-00491)
FUGATTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, recante disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale, contiene, all'articolo 35, comma 7, nuove disposizioni in materia di reati tributari, estendendo le disposizioni dell'articolo 10-bis del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, in materia di omesso versamento di ritenute certificate ai dipendenti alle fattispecie dell'omesso versamento dell'imposta sul valore aggiunto risultante dalla dichiarazione annuale se di importo superiore a euro 50.000 e al caso di mancato versamento di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, se superiore all'importo citato, utilizzando in compensazione crediti erariali non spettanti o inesistenti;
l'articolo 10-bis del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, dispone la reclusione da sei mesi a due anni per «chiunque non versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a cinquantamila euro per ciascun periodo d'imposta»;
sempre il decreto-legge n. 223 del 2006, come convertito dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, contiene, all'articolo 37, comma 10, lettera d), nuove disposizioni relative all'anticipo del termine di presentazione della dichiarazione dei sostituti d'imposta «semplificata» e «ordinaria» al 31 marzo di ogni anno;
il nuovo termine di presentazione del modello dichiarativo dei sostituti d'imposta rende decisamente meno evitabile il realizzarsi della fattispecie penale tributaria disposta dal citato articolo 10-bis, riducendo drasticamente il periodo nel quale è possibile una eventuale regolarizzazione;
l'interpretazione dell'articolo 10-quater del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, appare estendere il reato tributario previsto dall'articolo 10-bis dello stesso provvedimento, al mancato versamento di somme a debito dovuto all'errata compensazione
di crediti erariali, o all'utilizzo di crediti inesistenti, se commesso e non regolarizzato entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta, ossia il 31 marzo di ogni anno;
la ratio dell'articolo 10-quater appare eccessivamente penalizzante nei confronti del contribuente, ed inoltre risulta poco chiaro se l'errata compensazione o l'utilizzo di crediti inesistenti relativi ad una specifica imposta (ad esempio IRAP), al fine dell'applicazione delle disposizioni di cui al comma 10-bis del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, debba prendere come riferimento il termine della presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta, oppure quella della dichiarazione IRAP o di altri tributi utilizzati erroneamente per la compensazione -:
quale sia l'esatta interpretazione del comma 7 dell'articolo 35 del decreto-legge n. 223 del 2006.
(5-00492)
BORGHESI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
esiste l'attività svolta dai pittori-ritrattisti che, in alcune zone della città di Venezia, analogamente a quanto accade in altre città d'arte italiane quali Firenze - Roma, ed europee quali Parigi e Madrid dipingono, espongono e vendono direttamente su suolo pubblico, i loro quadri (si tratta per lo più di paesaggi tipici veneziani o di ritratti caricaturali dei turisti);
si tratta di un lavoro tipicamente stagionale (circa 6-8 mesi l'anno);
l'unica abilitazione richiesta per lo svolgimento dell'attività è un permesso rilasciato dal Comune di Venezia per l'occupazione di 1 metro per 1 metro di spazio pubblico per dipingere e vendere le opere;
dal punto di vista dell'inquadramento fiscale, su indicazione del Ministero delle Finanze Dipartimento delle Entrate Direzione Regionale del Veneto Servizi 1o Divisione 1o Affari Giuridici (prot.n. 57 12/Si/Io, tutti i soggetti sopra descritti hanno adottato il codice attività 9231E (creazioni ed interpretazioni nel campo della pittura), con conseguente inquadramento nella categoria del lavoro autonomo professionale (capo 5o del T.U.I.R. 917/86 articolo 5 decreto del Presidente della Repubblica 633/72), nonché obbligo di tenute delle scritture contabili di cui all'articolo 19 Presidente della Repubblica 600/73 ed obbligo di emissione di fattura per ciascuna operazione;
dato quanto precede, si può facilmente comprendere come l'osservanza delle norme fiscali crei gravissime difficoltà nello svolgimento di un'attività lavorativa, che si svolge in condizioni di disagio materiale (all'aperto, su suolo pubblico), ed è rivolta ad un tipo di clientela del tutto particolare (per la stragrande maggioranza turisti stranieri); inoltre si tratta di creazioni di bassa qualità artistica, ripetitive e vendute ad un prezzo assai contenuto (da un minimo di 10 ad un massimo di 100 euro);
ciò nonostante, l'inquadramento fiscale di cui sopra obbliga all'emissione della fattura per ogni cessione, con la conseguenza che, oltre a compilare un documento particolarmente complesso per le condizioni ambientali in cui deve essere rilasciato, comporta l'obbligo di richiesta dei dati anagrafici completi a ciascun cliente, che nella maggioranza dei casi sono clienti stranieri (giapponesi, cinesi, russi eccetera), il che induce spesso in sospetto il potenziale acquirente con consegue te rinuncia all'acquisto;
quasi mai detti clienti sono in possesso di un dato fondamentale, quale il codice fiscale, né è immaginabile accompagnarli all'ufficio per la relativa acquisizione;
d'altro canto le difficoltà di cui sopra espongono anche i soggetti in questione al rischio di sanzioni per errori nella compilazione delle fatture;
che non si può non convenire che le norme da osservare nonché gli adempimenti richiesti, se appare normale che vengano richiesti ai Maestri della pittura (che pure adottano il medesimo codice attività), i quali espongono e vendono attraverso gallerie d'arte o su commissione e o attraverso altri canali e rivolgendosi ad un tipo di clientela del tutto diversa, appaiono decisamente vessatori se rivolti agli appartenenti alla categoria in questione;
ulteriori gravosi adempimenti vengono richiesti dalle norme recate dal decreto legge 223 del 2006; ci si riferisce in particolare alle norme, già in vigore, sulla tracciabilità dei compensi (che, ancorchè rinviate nel tempo, comporteranno l'obbligo - non realizzabile nella fattispecie - di far versare dal cliente (anche estero) in un conto corrente numerosi compensi unitari di importo minimo, per non parlare dell'obbligo di compilazione dell'elenco dei clienti per operazioni nei riguardi del consumatori finali (in vigore dall'anno d'imposta 2007), adempimento che comporterà, oltre alle evidenti e già segnalate difficoltà di reperimento dei dati richiesti, un costo per il professionista che necessariamente dovrà essere incaricato, assolutamente sproporzionato in confronto alle dimensioni dell'attività -:
se il Ministro non ritenga necessaria l'adozione di misure e iniziative anche normative, che contemperino le giuste esigenze dell'amministrazione finanziaria di vigilanza dell'obbligo di pagamento delle imposte da parte dei suddetti contribuenti, con le altrettanto innegabili esigenze degli stessi di poter svolgere la loro attività osservando obblighi fiscali compatibili con le concrete modalità di svolgimento della stessa;
in particolare o mediante norme di semplificazione applicabili in via amministrativa ed interpretativa oppure con l'istituzione di un codice attività specifico che, classificando l'attività tra quelle di lavoro autonomo d'impresa (artigianato) consenta l'emissione dello scontrino fiscale in luogo della fattura, eliminando in tal modo l'obbligo di richiesta dell'acquirente (ed in particolare del codice fiscale) nonché l'obbligo, ai tenuta dell'elenco clienti.
(5-00493)