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Allegato B
Seduta n. 90 del 21/12/2006
ATTI DI INDIRIZZO
Mozione:
La Camera,
premesso che:
su tutto il territorio nazionale si avverte una recrudescenza degli episodi delittuosi legati alla criminalità organizzata e comune;
in particolare, la Città di Napoli e la sua Provincia sono afflitte da una diffusa illegalità e mancanza di rispetto delle regole di civile convivenza, in cui si avverte una profonda insicurezza, aggravata dalla acclarata presenza di forti e radicate associazioni criminali di stampo camorristico;
tali situazioni generano assuefazione all'illegalità specie nelle generazioni più giovani e fanno nascere un clima di sfiducia nei confronti delle istituzioni;
l'insicurezza dei cittadini dipende anche dallo stato comatoso dell'amministrazione della Giustizia determinato principalmente dall'insufficienza degli organici della magistratura e dell'apparato amministrativo;
la cronica insufficienza di fondi destinati all'amministrazione della Giustizia non consente una più efficace lotta alla criminalità;
si rende necessario in via prioritaria l'attacco ai patrimoni della camorra e delle organizzazioni della ricettazione;
lo Stato ha difficoltà a recuperare il denaro congelato nelle procure e depositato sui conti della Bnl e delle Poste;
allo stato non vi è un report analitico dell'ammontare di tale giacenza perché le procure non sono collegate ad un sistema centralizzato di elaborazione,
impegna il Governo
ad adottare iniziative volte a:
a) istituire un sistema di elaborazione centralizzato ove confluiscano tutti i dati relativi alle confische effettuate, con possibilità di monitoraggio della effettiva destinazione dei citati fondi;
b) istituire un'Agenzia o un fondo che gestisca le ricchezze non immobiliari e le utilizzi sia per far funzionare meglio la macchina della giustizia sia per recuperare risorse per lo Stato da reinvestire in azioni di contrasto alla criminalità comune ed organizzata;
c) riaffidare il monitoraggio capillare di tutti i beni immobili confiscati ad un commissario straordinario, compito attualmente affidato all'agenzia del demanio.
(1-00072)
«Scotto, Suppa, Boffa, Cesario, Incostante, Tuccillo, De Cristofaro, Bianco, Iacomino, Pellegrino».
Risoluzioni in Commissione:
Le Commissioni XII e XIII,
premesso che:
la sicurezza alimentare rappresenta non soltanto un'esigenza imprescindibile a tutela della salute dei consumatori, ma anche un elemento essenziale per valorizzare la qualità dei prodotti, la quale si configura come l'obiettivo prioritario di qualunque azione politica volta a sostenere la competitività delle produzioni agroalimentari italiane sia nel mercato nazionale sia nei mercati esteri;
nonostante che il numero dei sistemi di garanzia della qualità nel settore agroalimentare sia in costante aumento, il volume complessivo della produzione agricola che rientra nei sistemi regolamentati è ancora esiguo. In questa situazione spesso non risulta possibile assicurare effettivamente la rintracciabilità dei prodotti
agroalimentari e dei mangimi e ciò lascia ampi margini di libertà alla circolazione di derrate non sempre corrispondenti ai livelli di qualità e di sicurezza previsti, con evidente danno, oltre che per i consumatori, anche per quei produttori che adottano processi certificati;
studi condotti a livello comunitario sulla dinamica delle filiere alimentari e sulla certificazione della qualità, contenenti anche un'analisi di vari approcci possibili per creare un quadro per lo sviluppo di sistemi di garanzia e certificazione della qualità gestiti nell'ambito di una filiera alimentare integrata, evidenziano la necessità di mantenere una stretta connessione tra gli aspetti agronomici e quelli sanitari inerenti alla sicurezza dei prodotti agroalimentari;
in particolare, un sistema autorevole ed indipendente che abbia il compito di esprimere giudizi e valutazioni rigorose, anche in tempi ristretti, su questioni cruciali, come la sicurezza degli alimenti ed i possibili effetti per l'ambiente e per la salute umana del trasferimento, nel campo della produzione, dei risultati della ricerca scientifica e delle innovazioni tecnologiche, può esercitare una efficace azione di tutela delle produzioni nazionali contro fenomeni tali da determinare, insieme a rischi per la salute dei consumatori, anche gravi turbative del mercato, come può accadere nel caso di importazioni di derrate non conformi agli standard di qualità previsti dalla legislazione comunitaria e interna ovvero di commercializzazione non autorizzata di materiale contenente organismi geneticamente modificati;
a tal fine occorre distinguere con chiarezza le strutture alle quali spettano funzioni di indirizzo politico da quelle alle quali sono affidate funzioni di carattere tecnico-scientifico e stabilire adeguati strumenti e procedure di raccordo tra le strutture dell'amministrazione pubblica operanti nel settore sanitario e quelle operanti nel settore agricolo;
in particolare, è esigenza prioritaria individuare e organizzare adeguatamente la struttura che, a livello nazionale, costituisca l'interlocutore di riferimento per l'Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA);
attualmente sono attribuite al Comitato nazionale per la sicurezza alimentare, istituito in base all'intesa tra Stato, Regioni e Province autonome del 17 giugno 2004, i compiti di garantire i rapporti con l'Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), di promuovere e coordinare la definizione di metodi uniformi di valutazione del rischio alimentare, nonché di proporre metodi per la pianificazione dei programmi di monitoraggio e sorveglianza per il controllo della sicurezza dei prodotti agroalimentari e per la verifica della corretta applicazione della normativa relativa alla sicurezza alimentare e alle biotecnologie e di effettuare il monitoraggio sulle attività di sorveglianza nel settore della sicurezza alimentare;
il Comitato, costituito da rappresentanti istituzionali del Ministero della salute, del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e delle regioni, si avvale di una Consulta scientifica composta da esperti;
ai sensi del comma 3 dell'articolo 1 del decreto-legge 1o ottobre 2005, n. 202, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 novembre 2005, n. 244, il Comitato nazionale per la sicurezza alimentare è confluito all'interno del Dipartimento per la sanità pubblica veterinaria, la nutrizione e la sicurezza degli alimenti, istituito presso il Ministero della salute; successivamente, con il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 marzo 2006, n. 189 è stato istituito nell'ambito del suddetto dipartimento il Segretariato nazionale della valutazione del rischio della catena alimentare, che svolge le funzioni di riferimento nazionale dell'Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) e di segreteria del Comitato nazionale per la sicurezza alimentare;
contestualmente, nell'ambito del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali opera la Direzione generale
per la qualità dei prodotti agroalimentare, costituita all'interno del Dipartimento delle politiche di sviluppo, la quale è competente su tutte le azioni volte alla tutela ed alla valorizzazione del patrimonio enogastronomico italiano di qualità e l'Ispettorato centrale repressione frodi, che, anche attraverso gli uffici periferici e i laboratori dislocati su tutto il territorio nazionale, svolge, in concorso con altri organi di controllo, tra cui il Comando Carabinieri per la Sanità (NAS) e il Comando Carabinieri Politiche Agricole, una intensa e proficua opera di analisi e verifica dei prodotti agroalimentare e di contrasto alle alterazioni, alle contraffazioni e all'immissione nel mercato di prodotti non conformi ai requisiti prescritti dalla normativa;
il Comitato nazionale per la sicurezza alimentare è in grado di svolgere una efficace azione volta a promuovere lo sviluppo dei sistemi esistenti di tutela della sicurezza alimentare e a proporre interventi finalizzati ad accrescere la quota della produzione agricola interessata da tali sistemi, in modo da garantire tra l'altro idonei vantaggi a favore degli agricoltori che producono secondo standard di qualità più elevati; più in generale tale struttura appare idonea ad acquisire e valutare tutte le informazioni tecnico-scientifiche in materia di sicurezza alimentare, nonché ad assicurare l'assolvimento degli obblighi derivanti dalla normativa comunitaria in materia di sicurezza alimentare, di cui, in particolare, al Regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002;
al tempo stesso occorre assicurare gli opportuni raccordi tra l'attività del Comitato e le strutture operanti nell'ambito del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali operanti in materia di qualità dei prodotti agroalimentari e di contrasto alle frodi;
impegna il Governo:
1) ad attuare, attraverso l'intervento coordinato del Ministero della salute e del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, un'efficace azione di potenziamento delle strutture e degli strumenti operativi volti a garantire la sicurezza alimentare e a valorizzare la qualità delle produzioni agroalimentari;
2) nell'ambito dell'azione di cui al punto 1), a provvedere al riordino della composizione e delle competenze del Comitato Nazionale per la Sicurezza Alimentare, attraverso la netta separazione tra le funzioni di indirizzo politico-strategico da quelle di carattere scientifico della valutazione del rischio; in particolare, a trasformare la Consulta scientifica del Comitato in un apposito Consiglio scientifico nazionale per la sicurezza alimentare, dotato di un adeguato numero di componenti, comunque non inferiore a 30, da individuarsi, tra i più qualificati esperti nazionali, ai quali assicurare idonee garanzie di indipendenza di giudizio e di decisione; a prevedere che tale Consiglio rappresenti, a livello nazionale, l'organismo di riferimento scientifico per l'Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), nonché per le competenti istituzioni nazionali; a prevedere la costituzione di un Comitato di indirizzo politico-strategico, di cui fanno parte il Ministro della Salute, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e gli altri soggetti, nazionali e regionali, istituzionalmente competenti nelle materie relative alla produzione agroalimentare, con il compito di coordinare le attività di tutela della sicurezza alimentare e di promozione della qualità degli alimenti;
3) a garantire efficaci strumenti di raccordo e cooperazione tra il Comitato nazionale per la sicurezza alimentare, riorganizzato sulla base degli indirizzi di cui al punto 2), e le strutture che, nell'ambito del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali operano in materia di qualità dei prodotti agroalimentari e di contrasto alle frodi;
4) a sostenere, anche attraverso l'attribuzione di adeguate risorse finanziarie, le attività del Comitato nazionale per la
sicurezza alimentare e del Consiglio scientifico nazionale di cui al punto 2), dell'Ispettorato centrale repressione frodi e di tutti gli enti e organismi che, attraverso attività di ricerca ovvero di controllo, operano per garantire livelli crescenti di sicurezza alimentare e per promuovere la qualità dei prodotti agroalimentari.
(7-00097)
«Lion, Pellegrino, Fundarò, Camillo Piazza».
La III Commissione,
premesso che:
il 18 dicembre 1990 l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato la Convenzione Internazionale sulla Protezione dei Diritti dei Lavoratori Migranti e dei Membri delle loro Famiglie, allo scopo di integrare la normativa esistente promossa dalle Convenzioni OIL n. 97 del 1949 e n. 143 del 1975;
la Convenzione, entrata in vigore a livello internazionale il 1o luglio 2003, non è ancora stata firmata e ratificata dall'Italia;
in Italia la lentezza del processo relativo alla Convenzione riflette l'inadeguatezza della legislazione vigente in materia di immigrazione, con particolare riguardo al rapporto tra fenomeni migratori e lavoro;
la Convenzione, considerando il problema delle migrazioni internazionali in tutta la loro complessità, rappresenta un importante strumento giuridico teso a prevenire lo sfruttamento dei lavoratori migranti, stabilendo degli standard minimi, universalmente accettati e riconosciuti per la protezione dei loro diritti;
importanti campagne a sostegno della ratifica della Convenzione sono state promosse negli ultimi anni in Italia da associazioni laiche e cattoliche, da sindacati e da forze politiche,
impegna il Governo
ad aderire immediatamente alla Convenzione Internazionale sulla Protezione dei Diritti dei Lavoratori Migranti e dei Membri delle loro Famiglie.
(7-00098)
«Mantovani, Frias, Khalil, Mascia, Franco Russo, Siniscalchi».
La IX Commissione,
premesso che:
il documento di «Priorità Infrastrutturali» presentato dal Ministro Di Pietro, pur registrando, apprezzabilmente, le indicazioni fornite dalle Regioni in ordine ai principali interventi da realizzare nel prossimo ciclo di programmazione, non interviene nel merito della indispensabile revisione della Legge Obiettivo, che resta fortemente squilibrata a danno delle Regioni meridionali;
il piano degli interventi, che espone una stima di fabbisogno pari a 225,40 miliardi di euro a fronte di una disponibilità di 68,220 miliardi, individua un complesso di infrastrutture prioritarie che, quando finanziate, impegnerebbero il 71 per cento delle risorse (pari a 160,058 miliardi di euro) per opere da realizzarsi nelle Regioni del Centro-Nord ed appena il 29 per cento (pari a 65,482 miliardi di euro) per interventi allocati nel Mezzogiorno. Il quadro delle risorse disponibili consolida ulteriormente questo divario: 48.879 miliardi di euro (pari al 72 per cento del totale) sono destinati alle infrastrutture prioritarie nelle Regioni del Centro-Nord, a fronte di 19.340 miliardi di euro (pari al 21 per cento del totale) riservati alle infrastrutture prioritarie nelle Regioni del Sud;
l'Allegato Infrastrutture al DPEF 2007-2011 contiene, di contro, l'impegno ad una rimodulazione della Legge Obiettivo fondata su una complessiva rivisitazione del programma secondo una logica di più mirata efficienza allocativa, ed imperniata
su una attenta valutazione dei presupposti tecnici ed economici che motivano ciascun intervento;
il DPEF, approvato dalla Camera il 26 luglio 2007, enuncia l'obiettivo di raggiungere il 42,3 per cento del totale della spesa pubblica in conto capitale per il Mezzogiorno;
in sede di approvazione dell'Allegato Infrastrutture è stata segnalata, da parte delle competenti Commissioni di Camera e Senato, l'opportunità di dar luogo ad adeguate forme di concertazione, anche con gli altri Ministeri competenti, per giungere alla ridefinizione delle priorità di intervento e pervenire successivamente al CIPE con una nuova formulazione del programma;
il Documento di Priorità Infrastrutturali risultante dalla ricognizione regionale è pertanto inadeguato a rappresentare le opzioni politiche e programmatiche espresse dal Parlamento nel merito della Legge Obiettivo, pur rappresentando un utile punto di riferimento e di selezione del complesso delle opere e degli interventi strategici prioritari per il Paese;
impegna il Ministro delle infrastrutture:
a redigere con la massima sollecitudine, in coerenza con i contenuti e i criteri esposti nella premessa dell'Allegato Infrastrutture del DPEF 2007-2011, un documento di revisione e aggiornamento del primo programma di infrastrutture strategiche approvato dal CIPE con delibera n. 121 del 20 dicembre 2001, definendo un quadro certo delle effettive priorità, sentite le Regioni e il Ministero dei trasporti, ed evidenziando, per le Regioni meridionali, le modalità di coinvolgimento delle risorse finanziarie attribuite dal Quadro Strategico 2007-2013 e dal Fondo per le Aree Sottoutilizzate;
ad inviare il predetto documento alle competenti Commissioni della Camera dei Deputati.
(7-00099)«Boffa, Attili, Rotondo».
La IX Commissione,
premesso che:
la situazione dei trasporti del nostro paese è fin troppo nota ed in via di peggioramento. I dati della congestione, dell'inquinamento, dei danni alla salute ed incidentalità rappresentano un'emergenza permanente, un costo sociale complessivo enorme che danneggia la salute, l'ambiente, l'economia. I costi esterni di questo sistema dei trasporti sono una zavorra sempre più insopportabile. Lo chiamiamo sistema ben sapendo che si tratta di un ossimoro. I vari vettori, le varie modalità, infatti, non si intrecciano, non si «parlano», non c'è intermodalità, connessioni, sinergie (a volte nemmeno all'interno della stessa modalità). E non c'è differenza fra trasporto merci e persone. È un sistema non sistema;
le ferrovie, che pur dovrebbero essere il fulcro del cambiamento si trovano in una situazione pesante sul piano organizzativo, finanziario e della stessa «missione» con riflessi sulla sicurezza, l'efficienza ed il rapporto con l'utenza. Le risorse finanziarie devono essere coerenti con questa nuova missione sociale;
gli incidenti gravissimi di Crevalcore e Roccasecca sono stati segnali pesanti dello stato delle ferrovie. Gli incidenti non sono quasi mai un caso a parte. Sono spesso il prodotto dell'accumularsi di fattori di crisi;
ormai la contestazione dei pendolari e la costituzione di comitati di pendolari stabili si sta espandendo a nord come a sud. La regolarità, la pulizia sono in declino. La mancanza del materiale rotabile è sempre più lontana dalle esigenze;
la situazione dei ferrovieri non è migliore. C'è un disagio crescente per il presente ed il futuro della propria professione. Per un verso si chiede di fare di tutto, perfino gli spot sul treno, dall'altra i percorsi di condivisione e di partecipazione si sono sempre più diradati. La repressione ed il ricatto hanno sostituito le relazioni sindacali. Secondo gli interroganti
il contratto viene gestito sempre più unilateralmente dalla dirigenza. Le strategie sempre diverse e nuove risultano spesso incomprensibili. L'importazione acritica di modelli esterni serve più all'immagine dei dirigenti che alla qualità del servizio medesimo. L'occupazione cala, cresce il ricorso allo straordinario, alla precarietà. Si era pensato di aumentare il trasportato del 5 per cento eppure per la dirigenza vi erano sempre 10.000 esuberi. Il diritto di sciopero è di fatto sempre più compromesso: con i tanti lacci e laccioli diventa secondo gli interroganti sempre più inefficace. E questo avviene in un settore che trasporta non più dell'11/12 per cento delle persone e l'8/9 per cento delle merci quindi marginale. Ciò ha favorito anche la unilateralità aziendale. La mancanza di regole compiute inerenti la rappresentanza e la mancata valutazione degli accordi tramite il referendum legale complica ulteriormente questa situazione;
il bilancio è tornato in rosso. Gli interventi in infrastrutture sono in larga parte concentrati sull'alta velocità, peraltro in ritardo riguardo all'aspetto centrale: i nodi. È evidente l'investimento nel settore degli Eurostars, ma non riguarda il settore principale che rimane la mobilità nella città metropolitana e diffusa (a volte oltre le stesse regioni). Il settore merci è ormai al lumicino. Cause dei disservizi sono anche le manutenzioni in crisi e scarsa qualità dei lavori esternalizzati;
le direttive europee hanno ormai completato le indicazioni per la liberalizzazione completa del trasporto merci ed ora si sta proseguendo - secondo i firmatari ciecamente - per il trasporto passeggeri. È già possibile tirare un primo bilancio della liberalizzazione e delle conseguenze e di quale deriva stanno avendo le nuove aziende ferroviarie. Le ferrovie sono in calo quasi ovunque e, di fatto la gomma continua la sua ascesa con tutti gli effetti negativi sulla salute, la sicurezza, l'ambiente, la socialità della vita nelle città. I risultati dei referendum francesi e olandesi ci dicono, tuttavia, che le indicazioni sul piano sociale della Commissione Europea non sono condivise e quindi non devono essere insindacabili e inarrestabili. La questione di un'Europa della finanza e liberista ed una solidale e del lavoro si è riaperta. Questo riguarda anche il settore dei trasporti e delle ferrovie. È già fallita la logica del mercato che alloca le risorse in funzione di un trasporto socialmente e ambientalmente sostenibile. Così come, a partire dall'esempio inglese, la privatizzazione e la liberalizzazione non portano allo sviluppo delle ferrovie. E la concorrenza interferroviaria rischia di portare al collasso un vettore che ha senso solo se ha una funzione sociale altrimenti i costi pubblici per le infrastrutture non hanno ritorno né economico né sociale. In questo settore la decisione della gestione dei servizi comporta inefficienze. Né è condivisibile che i costi siano pubblici ed i profitti privati. Né è accettabile che le infrastrutture ferroviarie siano decise dai costruttori delle medesime;
negli ultimi 15 anni vi sono stati rilevanti cambiamenti di impostazioni nell'intendere il ruolo delle ferrovie e la loro gestione. Questi cambiamenti sono avvenuti, tuttavia, senza una riflessione realmente approfondita e senza tener conto della reale originalità e diversità del vettore ferroviario. Altri cambiamenti sono in vista ma ugualmente non si fanno bilanci. A parte l'esempio inglese, altri paesi hanno teso comunque a tutelare le proprie aziende. Ciò è particolarmente necessario in Italia visto quanto accade in tema di deindustrializzazione del paese e nei trasporti;
è necessario chiedersi quali siano le prospettive delle ferrovie, a quali obiettivi e interessi dovrebbe rispondere la liberalizzazione dei servizi. Le privatizzazioni di pezzi di ferrovie (scali) non sembrano coerenti con gli obiettivi inerenti le merci e la logistica. Le gare estese anche ai servizi regionali non possono essere un'estensione automatica, peraltro discutibile, di quelle del TPL (trasporto pubblico locale). Queste gare in realtà sono spesso fasulle e producono spezzatini aziendali poco consoni alla soluzione dei
problemi e spesso cavalli di troia per l'entrata di aziende multinazionali o pubbliche di altri paesi. Ciò non è condannabile in sé ma le aziende di servizio dovrebbero essere fortemente radicate nel territorio anche in modo molto più forte delle attuali o ex aziende pubbliche. Gli unici fattori messi in concorrenza, infatti, sono il lavoro e la sicurezza;
nelle ferrovie secondo i firmatari la divisionalizzazione ha aumentato costi e disservizi fra Trenitalia ed Rfi;
la concorrenza avverrebbe sulle tratte appetibili e tutto il resto diventerebbe quel ramo secco di necciana memoria (10.000 km). Risulta ai firmatari che le coincidenze sono saltate pur essendo nella stessa holding. Le stesse tariffe sarebbero diverse a seconda degli standards: logica non accettabile in questo servizio a rete. L'ossessione della riduzione del costo del lavoro appare deleteria in un servizio alle persone. Utilizzando il tema sensibile della sicurezza, poi, si immette tecnologia allo scopo di ridurre il personale; vedi «uomo morto». Questo non significa che il futuro debba essere uguale al passato ma i processi devono essere reali e la sicurezza essere intrinseca al trasporto ferroviario. Non può sfuggire il fatto che, al di là di come le si vorrebbe, liberalizzazione e privatizzazioni portano a massimizzare i guadagni e alla finanziarizzazione delle imprese che sono altro dagli obiettivi sociali di cui ha bisogno il sistema dei trasporti del paese. I servizi, certi servizi, non dovrebbero essere un business. La logica del profitto risponde ad un'altra logica ed ha altri effetti. A tutto il paese serve un trasporto efficiente e che copra necessità, domande e territori al fine di uno sviluppo equilibrato;
ed inoltre appare necessario:
a) rivedere, nel rispetto dei ruoli, le relazioni sindacali oggi praticamente assenti ed inefficaci dal punto di vista dei lavoratori. In questo senso il Governo dovrebbe farsi promotore di un accordo transitorio in attesa di una nuova legislazione in materia di rappresentanza che normi la stessa nel settore, renda i diritti esigibili per tutti, e contenga l'istituto referendario per l'approvazione degli accordi. Ciò anche al fine di ridurre quella parte di conflittualità intersindacale derivante dall'assenza di regole condivise da tutti;
b) ripristinare l'esigibilità sostanziale del diritto di sciopero con un intervento legislativo a partire dalla revisione dei comportamenti, compiti e ruolo della Commissione di garanzia,
impegna il Governo
ad emanare una direttiva secondo i seguenti indirizzi:
1) rivedere il PGTL (piano generale dei trasporti e della logistica) nella direzione di un forte, radicale, coerente, concreto cambiamento della politica dei trasporti per un diverso modello rispetto a quello individuale e su gomma con obiettivi chiari e quantificati di trasferimento al trasporto su ferro e collettivo; ciò con l'obiettivo di ridurre in maniera significativa le esternalità del trasporto: inquinamento, congestione, incidentalità e riqualificare la socialità del vivere soprattutto nelle aree urbane; incidendo a partire dalle questioni della pianificazione e delle scelte urbanistiche risolvendo a monte e nel senso del cambiamento le questioni trasportiste;
2) riposizionare coerentemente le risorse nelle loro quantità e qualità secondo gli obiettivi così prefissati;
3) ripensare la missione delle ferrovie che devono diventare il baricentro del cambiamento del sistema dei trasporti trasferendo il baricentro delle ferrovie stesse verso il trasporto metropolitano in senso lato;
4) riconsiderare, in questo senso, le scelte inerenti le infrastrutture ferroviarie (nodi e trasporto pendolari); mentre per le merci serve ragionare per linee tendenzialmente separate (anche attraverso il
riutilizzo delle tratte secondarie: le merci hanno bisogno non di velocità ma di tempi certi);
5) riselezionare secondo i criteri previsti dal programma dell'Unione: costi-benefici, Vas (valutazione ambientale strategica), cambiamento del sistema dei trasporti;
6) ripensare il modello organizzativo in quanto appare evidente che l'efficacia di una azienda di trasporto ferroviario sul piano nazionale sta anche nell'integrazione della parte servizi e della gestione dell'infrastruttura; questa separazione non ha dato effetti e risultati positivi. Si tratta dunque di ragionare su come sia possibile perseguire l'obiettivo dell'efficienza e dell'efficacia riconsiderando i modelli organizzativi fin qui sperimentati. In questo quadro va rivista la struttura di holding e di divisionalizzazione. Il nuovo quadro societario deve essere coerente con gli obiettivi sociali: trasporto di persone, in particolare nelle aree metropolitane vaste, trasporto merci e logistica (anche nelle città);
7) riavviare il processo di reinternalizzazione dalla manutenzione alle pulizie; la politica delle esternalizzazioni, infatti, è stata fonte di sprechi e di abbassamento della qualità;
8) riprogettare profondamente il trasporto merci;
9) considerare la sicurezza come un fattore intrinseco al trasporto ferroviario. Le regole della circolazione e della sicurezza non possono essere gestite in maniera domestica e secondo le convenienze delle imprese: di qualsiasi impresa. Le norme inerenti la circolazione ferroviaria, pertanto, devono essere previste da un codice approvato dal parlamento come per la strada;
10) ricollocare il ruolo dei lavoratori poiché è importante la qualità delle ferrovie. Il personale è in questo senso una risorsa e quindi appaiono sconcertanti i licenziamenti e le sospensioni ai ferrovieri che hanno denunciato i problemi di sicurezza e i disservizi. Vi deve essere rispetto dell'orario di lavoro, delle normative, in particolare in materia di sicurezza. Il contratto delle attività ferroviarie deve essere obbligatorio e vincolante per tutte le aziende che operano sui binari. Appare, inoltre, necessario interrompere la mania di portare frotte di dirigenti a tutti i livelli dall'esterno. L'immissione di dirigenti dall'esterno deve avvenire in modo oculato e con corsi di riqualificazione, mentre vanno valorizzate le competenze che si formano nell'esperienza ed il lavoro interno al settore ferroviario;
11) cancellare qualsiasi forma di precarietà in particolare per gli addetti alla circolazione o a lavorazioni comunque afferenti alla sicurezza;
12) cambiare il rapporto fra utenti e servizio anche attraverso una concezione nuova del contratto di servizio stesso. Vi deve essere, infatti, una diversa partecipazione dei cittadini alle scelte a partire dalla stessa formazione degli orari e quindi dei contratti di servizio e, dunque, dalla missione stessa delle ferrovie e del più generale assetto del trasporto;
13) gli emolumenti di presidenti ed amministratori delegati devono essere decisi dal Governo con l'approvazione delle commissioni parlamentari competenti.
(7-00100)
«Mario Ricci, Locatelli, Olivieri».