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Allegato B
Seduta n. 93 del 17/1/2007
INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTARISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA
ALESSANDRI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
è attualmente in fase di completamento il corso di formazione di oltre 540 nuovi agenti del Corpo Forestale dello Stato, risultati vincitori del concorso espletato lo scorso anno;
nel periodo compreso tra il prossimo mese di dicembre ed il febbraio del 2007 i nuovi agenti saranno assegnati a destinazione;
attualmente la distribuzione del personale del corpo Forestale dello Stato a livello di singole regioni non è assolutamente uniforme e, in taluni casi, si registrano evidenti carenze di organico che appaiono tanto più gravi se raffrontate alla forte concentrazione di personale che, per contro, si registra presso gli uffici della sede centrale di Roma;
tra le regioni ove le carenze di organico sono più gravi vi è, senza dubbio, l'Emilia Romagna, dove è oramai, da tempo, compromesso anche il livello minimo di operatività;
la Regione Emilia Romagna è, tra le regioni italiane, quella che presenta il più basso rapporto tra personale e superficie forestale, a fronte di impegni, annualmente, crescenti nel campo della lotta alle illegalità ambientali ed agli incendi boschivi, nonché della vigilanza agli obiettivi sensibili ed alla tutela del patrimonio naturalistico;
allo stato attuale, le nove province della Regione Emilia Romagna presentano, nel loro complesso, una carenza di organico di 126 unità di personale, tra le quali 96 nei profili operativi e 30 in quelli amministrativi;
le difficoltà rilevabili per l'intera regione trovano pieno ed inevitabile riscontro a livello delle singole province e, in specie, per quella di Parma dove operano appena 29 unità di personale a fronte di una pianta organica di 47 e dove, pertanto, si registra una carenza di personale che si attesta attorno al 40 per cento (18 unità);
la situazione di cui sopra è stata ripetutamente denunciata, anche in tempi molto recenti, dalle più rappresentative sigle sindacali e, tra queste, dal Sindacato autonomo di polizia ambientale e forestale -:
quali criteri si intendano seguire per procedere all'assegnazione, nelle diverse regioni, dei nuovi agenti forestali al termine del corso di formazione in cui sono attualmente impegnati e, in particolare, se si intenda considerare quale criterio prioritario, quello di giungere ad un omogeneo rapporto tra personale e superficie forestale nelle diverse regioni e se, in ogni caso, si intendano, prioritariamente, considerare
le esigenze delle regioni come l'Emilia Romagna e, in questo ambito territoriale, della provincia di Parma che, da tempo, presentano i più gravi problemi di organico.
(4-01721)
Risposta. - Con riferimento alla situazione rappresentata nell'interrogazione in esame, concernente la carenza di personale in servizio presso i Comandi stazione del Corpo forestale dello Stato ubicati nella regione Emilia-Romagna, è innegabile che quanto descritto corrisponda alla realtà dei fatti e sia comune ad altri uffici e Comandi Stazione del Corpo forestale dello Stato, ubicati nel resto d'Italia.
Basti considerare che gli effettivi in servizio nei ruoli degli ispettori, sovrintendenti, agenti e assistenti del Corpo forestale dello Stato a dicembre 2006 corrispondono a 6832 unità, con una riduzione di oltre 1000 unità rispetto alla dotazione organica, prevista in 7841 unità.
Tale esiguità della forza effettiva su scala nazionale determina una diffusa carenza di personale nei presidi territoriali, con conseguenti difficoltà nello svolgimento del servizio.
Pur tuttavia, allo stato, non è possibile quantificare la carenza di unità a livello di singole aree geografiche, in quanto non sono state ancora definite le piante organiche per singoli uffici.
Naturalmente, al fine di rafforzare le strutture carenti di personale, le assegnazioni di nuovi agenti, previste a breve, saranno improntate a garantire l'efficace operatività dei presidi periferici del Corpo presenti sul territorio, non tralasciando di considerare, altresì, l'importanza dal punto di vista forestale delle diverse regioni.
In tale contesto, si assicura l'attenzione dell'Amministrazione alle problematiche della regione Emilia-Romagna e della provincia di Parma.
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Paolo De Castro.
GIOACCHINO ALFANO. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
la legge 11 gennaio 1979, n. 12 disciplina l'Ordinamento della professione di Consulente del Lavoro;
l'articolo 25 della citata legge attribuisce al Ministro del lavoro e della previdenza sociale, d'intesa con il Ministro della giustizia, la vigilanza sul Consiglio Nazionale dell'Ordine;
per l'iscrizione all'Albo dei Consulenti del lavoro è previsto un biennio di praticantato ed il superamento di un esame di abilitazione all'esercizio della professione, su base regionale, con due prove scritte (diritto del lavoro e legislazione sociale nonché diritto tributario) ed una orale su di un vasto gruppo di materie;
in base all'articolo 3, comma 1 sub lettera d) della citata legge, la Commissione d'esame è composta, fra gli altri, da tre consulenti del lavoro designati dal Consiglio Nazionale dell'Ordine fra i membri dei Consigli Provinciali competenti per territorio, sulla base delle designazioni degli stessi Consigli Provinciali;
il Consiglio Nazionale dell'Ordine, per l'attuazione della norma che precede, avrebbe dovuto dotarsi di un Regolamento allo scopo di emanare criteri precisi, uniformi su tutto il territorio nazionale, trasparenti, razionali, pubblici ed imparziali, riguardanti le modalità di scelta dei designati dai Consigli Provinciali ed il possesso di determinati requisiti (esempio anzianità, titolo di studio, specializzazione eccetera);
in assenza di tale regolamentazione dovrebbero essere adottati dal Consiglio Nazionale dell'Ordine criteri di scelta dei componenti le Commissioni esaminatrici egualmente improntati a razionalità, imparzialità, uguaglianza, buon andamento, pubblicità, rappresentatività ed uniformità su tutto il territorio nazionale;
il criterio, da sempre seguito dal Consiglio Nazionale dell'Ordine, è stato quello di considerare il designato dal Consiglio Provinciale capoluogo di Regione come membro di diritto nel mentre gli altri due componenti venivano scelti a rotazione fra i designati dagli altri Consigli Provinciali appartenenti alla stessa Regione anche per il rispetto di un principio di «rappresentatività» e per esigenze logistiche in quanto gli esami si svolgono nel capoluogo di Regione;
appare, pertanto, chiaro che ci si trova di fronte ad una «consuetudine» caratterizzata dalla diuturnitas e dall'opinio juris seu necessitatis;
il Consiglio Provinciale di Napoli cura la tenuta dell'Albo in cui sono iscritti oltre 1.250 consulenti del lavoro ed è, nella Categoria, il secondo d'Italia. Ha sempre avuto in Commissione d'esame, dal 1982, il proprio designato. Le altre 4 province della Campania, ex adverso, non raggiungono, nel complesso 800 iscritti. Nell'ultima sessione d'esami - 2005-2006 - i candidati di Napoli erano 600 su 729 partecipanti;
per la sessione 2006-2007 (le prove scritte si terranno nei giorni 15 e 16 novembre 2006) il Consiglio Nazionale dell'Ordine ha deliberato, nella seduta del 27 aprile 2006, i componenti consulenti del lavoro nelle Commissioni esaminatrici «sulla base delle designazioni effettuate dai Consigli Provinciali», escludendo il designato dal Consiglio Provinciale di Napoli;
dal verbale del Consiglio Nazionale dell'Ordine della seduta del 27 aprile 2006 le designazioni dei Commissari d'esame risultano, invece, così giustificate:
a) alcune Regioni hanno inviato i nominativi decisi dalle Consulte Regionali;
b) per le province autonome non si è seguito alcun criterio;
c) il Friuli-Venezia Giulia ne ha indicato solo tre;
d) per le altre Regioni si è seguito il criterio della rotazione;
relativamente alla rotazione non viene nemmeno specificato se essa sia da intendersi completa (id: riguardante anche il capoluogo di Regione) ovvero da riferirsi solo alle altre province della stessa Regione;
l'esclusione del designato dal Consiglio Provinciale di Napoli deriverebbe, alla luce dei novelli criteri, dalla mancata designazione dei tre consulenti del lavoro ad opera di una non meglio individuata Consulta Regionale ragion per cui per la Campania, per la prima volta dopo 25 anni, si sarebbe adottato un criterio di rotazione «completa»;
le Consulte Regionali non sono previste dalla legge 11 gennaio 1979, n. 12 né una loro «decisione» può assurgere ad autonomo e/o concorrente criterio di scelta dei Commissari d'esame in presenza di una consuetudine, in vigore da oltre 25 anni, formatasi a cagione dell'assenza di un Regolamento idoneo a definire i criteri per la scelta dei Commissari d'esame fra i designati dai singoli Consigli Provinciali di ciascuna Regione;
una volta designato dal proprio Consiglio Provinciale, un Commissario d'esame in pectore ha il diritto, inoltre, di essere scelto dal Consiglio Nazionale dell'Ordine e non dalla Consulta;
i Consigli Provinciali di ogni singola Regione, così come operato dalla Regione Friuli-Venezia Giulia, ben potrebbero autodeterminarsi nella scelta dei Commissari d'esame designandone, in complesso, solo tre senza devolverne la decisione alle Consulte Regionali pena la spoliazione di una prerogativa istituzionale che la legge assegna esclusivamente ai Consigli Provinciali ed al Consiglio Nazionale dell'Ordine;
il Consiglio Nazionale dell'Ordine, dal canto suo, non può devolvere un proprio compito d'istituto a soggetti esterni non individuati nemmeno nella legge n. 12 del 1979;
le singole designazioni da parte dei Consigli provinciali per la sessione d'esame 2006-2007 sono state sollecitate dal Consiglio Nazionale dell'Ordine con circolare n. 898 del 13 febbraio 2006 che contiene, peraltro, solo l'invito alla deliberazione consiliare, con conseguenziale notifica allo stesso Organo entro il termine del 20 aprile 2006, e nessun riferimento ad un eventuale atto decisionale delle cosiddette Consulte Regionali quale unico criterio idoneo ad evitare l'applicazione della «rotazione completa»;
se anche si volesse dar credito alle Consulte, come organizzazioni di fatto, non si potrebbe giammai, vigente una consuetudine ed un consolidato principio di rappresentatività, procedere per i Consigli Provinciali non aderenti alle stesse all'applicazione di criteri di rotazione completa non validi erga omnes e, per di più, senza motivazione;
nella seduta del 27 aprile 2006 sono stati, perciò, adottati nuovi criteri, irrazionali, discriminatori e, quanto meno, dubbi sul piano della legittimità e dell'eccesso di potere con violazione dei principi fondamentali cui dovrebbe uniformarsi l'attività della Pubblica Amministrazione;
l'irrazionalità consiste nell'aver abbandonato, senza alcuna giustificazione o motivazione, «la consuetudine» con il correlato criterio di rappresentatività particolarmente rilevante per il Consiglio Provinciale di Napoli alla luce dei dati forniti in precedenza;
in tema di discriminazione, si rappresenta, poi, che le Regioni Lazio e Puglia, fra le altre, non hanno fatto pervenire alcuna «decisione» delle rispettive Consulte ma, ad onta di ciò, i designati dai Consigli Provinciali di Roma e Bari risultano regolarmente nelle Commissioni d'esame con ciò rispettandosi, solo per loro, il criterio consuetudinario da sempre seguito dal Consiglio Nazionale dell'Ordine e non quello della rotazione completa così come attuato per la Campania;
risulta, perciò, incomprensibile sul piano della trasparenza, pubblicità, rappresentatività, imparzialità ed uniformità l'esclusione dalla Commissione d'esame del designato dal Consiglio Provinciale di Napoli;
qualsivoglia, pur auspicabile, principio di «pari dignità» dei singoli Consigli Provinciali deve essere valido erga omnes e la «rotazione completa» applicata nei confronti di tutti e ciò a prescindere dalla devoluzione della potestà designativa ad Organismi non previsti dall'Ordinamento professionale;
in assenza di un Regolamento non può che sopravvivere il criterio «consuetudinario» adottato fino alle designazioni per gli esami 2005-2006 -:
se non ritenga opportuno e doveroso l'intervento del Suo dicastero nell'ambito dell'attività di vigilanza sul Consiglio Nazionale dell'Ordine dei Consulenti del Lavoro attesa quella che, secondo l'interrogante, è una palese violazione di principi di equità, imparzialità, rappresentatività ed uniformità ad opera della delibera di nomina dei Commissari d'esame testé riportata.
(4-00316)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, si comunica quanto segue.
L'articolo 3, comma 1, lettera d) della legge 11 gennaio 1979, n. 12 prevede che la commissione regionale deve essere composta, tra l'altro, da tre consulenti del lavoro designati dal Consiglio nazionale tra i membri dei consigli provinciali competenti per territorio, sulla base delle designazioni degli stessi Consigli provinciali.
Il Consiglio nazionale, nel procedere alla designazione dei componenti delle commissioni di esami non incontra alcun vincolo normativo che imponga di adottare criteri di scelta predeterminati.
Si rappresenta che non sembra possibile ritenere che, nella fattispecie, ricorra una consuetudine, essendo carenti gli elementi costitutivi di tale figura.
Al contrario, si dovrebbe ravvisare una prassi, cioè un comportamento ripetuto.
Si fa presente, infine, che il discostamento dalla prassi, qualora fosse provato, potrebbe essere valutato in sede giudiziale quale sintomo di eccesso di potere.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per la previdenza sociale: Rosa Rinaldi.
GIOACCHINO ALFANO. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
in data 4 ottobre 2006, sul quotidiano Il Mattino, in pagina nazionale si poteva leggere del problema relativo alla assoluta impossibilità nella penisola sorrentina, di reperire francobolli;
a mancare da una settimana sarebbero soprattutto i tagli da 65 centesimi la cui carenza avrebbe provocato un forte risentimento da parte degli esercenti della zona e dei turisti visitatori;
tale problematica riguarderebbe tutti gli uffici postali dell'area sorrentina ed anche le tabaccherie e gli esercenti abilitati alla distribuzione presenti nella zona -:
quali iniziative voglia intraprendere presso Poste Italiane al fine di:
verificare quale sia la reale situazione della carenza dei francobolli;
evitare il ripetersi di episodi del genere che, soprattutto in una zona a grandissima vocazione turistica quale quella della penisola sorrentina, generano pesanti disagi agli esercenti con perdite economiche non irrilevanti anche per lo Stato;
organizzare, in zona, delle iniziative legate alla filatelia, come annulli filatelici, francobolli dedicati, distribuzione di opuscoli e cartoline dedicate al territorio per rilanciare l'immagine delle Poste Italiane dopo questo increscioso episodio.
(4-01188)
Risposta. - Al riguardo si fa presente che la società Poste - interessata in merito a quanto rappresentato dall'interrogante - ha comunicato che negli ultimi giorni del mese di settembre l'ufficio postale di Sorrento Centro è stato oggetto di una rilevante richiesta di francobolli che ha determinato - fra il 27 settembre ed il 2 ottobre 2006 - l'esaurimento dei tagli da euro 0,60 e da euro 0,65, nonché dei tagli intermedi utilizzabili per comporre la tariffa desiderata.
Nel precisare che comunque gli altri 14 uffici della penisola sorrentina erano regolarmente provvisti, nel periodo di tempo sopra indicato, di ogni tipologia di valori bollati e che la richiesta di francobolli presso l'ufficio di Sorrento Centro poteva comunque essere soddisfatta attraverso l'affrancatura meccanica, la medesima società ha assicurato di aver provveduto a rifornire l'ufficio citato dei tagli di francobolli mancanti riportando alla normalità la situazione già dal 3 ottobre.
Quanto alla richiesta di prevedere emissioni filateliche dedicate di cui all'ultimo punto dell'atto parlamentare in esame, si ritiene opportuno rammentare che il programma delle emissioni di carte valori di carattere commemorativo e celebrativo viene definito sulla base delle proposte pervenute e sottoposte alla Consulta per la filatelia, organo collegiale che coadiuva il Ministro delle comunicazioni nella definizione del programma filatelico annuale, tenendo conto dell'entità numerica delle richieste stesse e dei criteri adottati ai fini della predisposizione del programma, fra i quali vi è quello di una ponderata distribuzione geografica delle emissioni attraverso un equilibrio tra le regioni.
Il Ministro delle comunicazioni: Paolo Gentiloni Silveri.
BARANI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
una cittadina italiana di 27 anni, M.F., laureata in giurisprudenza e residente a Santo Stefano al Mare (La Spezia) è stata vittima di un grave atto di prevaricazione da parte di agenti della dogana francese a Nizza;
in effetti il 14 luglio scorso è stata prelevata dagli agenti della dogana francese di Nizza, non appena sbarcata da un volo proveniente da Boston alle ore 14,15, accompagnata in ufficio e trattenuta senza alcuna spiegazione per diverse ore;
come pubblicato dal quotidiano Il Secolo XIX di mercoledì 19 luglio «era per lei vietato fare e ricevere telefonate, trattata come una terrorista o trafficante di droga, perquisita, derisa, insultata»;
ad attenderla all'aeroporto c'era la madre ma anche per la signora c'è stato analogo atteggiamento riservato alla figlia: si è rivolta più volte alla polizia e le è stato risposto che non c'era alcun problema, ma che non avrebbe potuto vedere o parlare con la figlia;
alla fine, per giustificare l'accaduto i doganieri francesi non hanno trovato di meglio che pretendere 169 euro di multa per la mancata dichiarazione di quattro magliette di cotone che la giovane aveva acquistato negli Stati Uniti per fare un regalo alle amiche;
dalla testimonianza della madre: «mi sono rivolta diverse volte alla polizia, ma mi è stato ordinato di stare zitta. Allora ho tentato di farmi ricevere dagli agenti della dogana: stesso trattamento. Ero preoccupata, non sapevo più cosa fare. Verso le cinque ho finalmente visto arrivare mia figlia. Era stravolta, in lacrime, faceva fatica a spiegarsi e a spiegare quello che le era capitato»;
poi è finalmente riuscita a raccontare l'accaduto. L'hanno costretta a restare in piedi e in silenzio. Le hanno sequestrato il cellulare senza dare spiegazioni, poi hanno cominciato a curiosare tra la biancheria intima, facendo commenti da caserma;
la ragazza e la madre hanno sporto denuncia alla prima caserma dei Carabinieri che hanno trovato e il rapporto è stato inviato alla Prefettura di Imperia;
si sottolinea che non è la prima volta che all'Aeroporto di Nizza viaggiatori italiani subiscono simili umiliazioni -:
quali iniziative formali intenda attivare il Ministro presso il Governo francese affinché simili abusi nei confronti di cittadini italiani possano cessare.
(4-00729)
Risposta. - Il Consolato generale a Nizza, ha svolto ogni possibile intervento presso le competenti Autorità della Dogana di Nizza per ottenere chiarimenti in merito alla vicenda che ha visto coinvolta la non meglio precisata signora M.F.. Le predette Autorità hanno comunicato che, in assenza delle generalità complete della connazionale, non possono dare riscontro a quanto richiesto dalla Rappresentanza.
Qualora l'interrogante ritenga opportuno fornire le succitate generalità, sarà cura far giungere adeguata risposta in merito.
Il Viceministro degli affari esteri: Franco Danieli.
BARANI. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
il 6 ottobre del 1306 Dante Alighieri è ospite dei Malaspina in Lunigiana, presso Corradino Marchese di Villafranca in Lunigiana;
è procuratore politico, per conto del famoso casato, con il compito di concludere la pace di Castelnuovo con il Vescovo Conte di Luni e mettere fine a lotte intestine che per anni avevano insanguinato la Val di Magra Storica;
come è scritto nell'atto di Procura del tempo:
In nomine Domini. Amen. Anno a Nativitate eius Millesimo CCCVI. Inditione IV. Die VI. Octobris ante Missam.
Magnificus vir Dominus Francischinus Marchio Malaspina fecit, constituit et ordinavit suum legitimum Procuratorem, Actorem, Factorem et Nuncium specialem, Dantem Alegieri de Florentia ad pacem, sedationem, quietantionem, remissionem et finem perpetuum recipiendum a Venerabili
in Christo Patre et Domino, Domino Antonio Dei gratia Lunensi Episcopo et Comite...
l'Esule politico fiorentino riconoscerà il sacro valore dell'ospitalità lunigianese quando scriverà l'VIII Canto del Purgatorio, descrivendo ed elogiando (rarissimo per Dante) l'incontro con Corrado Malaspina:
«la fama che la vostra casa onora,
grida i signori e grida la contrada,
sì che ne sa chi non vi fu ancora.
E io vi giuro, s'io di sopra vada,
che vostra gente onorata non si sfregia
del pregio de la borsa e de la spada.»;
la Lunigiana si sta preparando a celebrare questo avvenimento con grandi appuntamenti anche di carattere internazionale e, in modo particolare, lo farà Villafranca in Lunigiana;
l'interrogante crede pertanto sia doveroso e opportuno che la Divisione Filatelia delle Poste Italiane, Servizio di produzione, realizzi un francobollo per ricordare l'avvenimento;
si ricorda che, nella passata legislatura, abbiamo assistito alle seguenti, secondo l'interrogante «incredibili», emissioni di francobolli, solo per citarne alcuni: francobollo celebrativo del 50 anniversario della rivista Quattroruote; francobollo celebrativo del 70 anniversario della scuola sci del Cervino; francobollo celebrativo del 25 anniversario dell'Associazione Italiana Cantanti; francobollo celebrativo del 60 anniversario della Provincia di Caserta; francobollo celebrativo della Panini SpA;
alla Divisione Filatelia è stata consegnata bozza del progetto presentato dal Comune di Villafranca in Lunigiana per conto di tutta la Val di Magra -:
se il Ministro ritenga importante celebrare i 700 anni dell'esilio dantesco in Lunigiana e se intenda pertanto far programmare, con la doverosa sollecitudine, alla Divisione Filatelia delle Poste Italiane il francobollo commemorativo su questo tema.
(4-01007)
Risposta. - In merito a quanto rappresentato dall'interrogante, nell'atto di sindacato ispettivo parlamentare in esame, si rende noto che le emissioni filateliche seguono un iter regolamentato che prevede che la Consulta - organo collegiale tecnico-consultivo di questo Ministero -, per l'emissione delle carte valori postali e la filatelia, esprima con due anni di anticipo, il proprio parere sui programmi annuali filatelici.
Alla luce di quanto sopra, pertanto, la richiesta intesa a sollecitare, nel corrente anno (6 ottobre 2006), l'emissione di un francobollo celebrativo del settecentenario della venuta di Dante in Lunigiana, è stata esaminata dalla citata Consulta nelle riunioni del 21 settembre e del 15 dicembre 2006, ottenendo parere non favorevole.
Si rende, infine, noto che, al momento, non è possibile procedere all'integrazione del programma 2006.
Il Ministro delle comunicazioni: Paolo Gentiloni Silveri.
BARATELLA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 25 aprile 1945, i militari nazisti in ritirata, a Badia Polesine, fecero strage della famiglia Rossi; furono uccisi Teobaldo Rossi, suo figlio Giovanni ed il figlio di quest'ultimo Teobaldo. Il 30 ottobre morirà, a causa delle ferite riportate, Ugo Rossi, fratello di Giovanni e figlio di Teobaldo;
il 25 aprile 2006, doveva essere inaugurato a Badia Polesine, all'ingresso della strada che porta alla casa dove aveva vissuto la famiglia Rossi, un cippo a ricordo della strage ma anche a ricordo di tutte le vittime della seconda guerra mondiale di Badia Polesine;
l'iniziativa era stata promossa dal signor Teobaldo Rossi, figlio di Teobaldo
Rossi, che volendo ricordare i congiunti barbaramente assassinati, aveva chiesto ottenuto dal Comune di poter sistemare, a proprie spese, il luogo di posa del cippo; aveva fatto realizzare da uno scultore di Badia una Opera in marmo caratterizzata da un «libro della Memoria»; aveva chiesto e ottenuto dal Comune i permessi necessari per la posa del cippo; aveva chiesto e ottenuto dal Consorzio di Bonifica Polesine Adige Canalbianco, proprietario dell'area interessata dalla posa del cippo, il relativo permesso;
nessuna spiegazione da parte della amministrazione Comunale di Badia Polesine è sin qui intervenuta in relazione ai motivi per i quali ha sospeso la inaugurazione già programmata: per il 25 aprile 2006, né in relazione ai tempi della sua eventuale riprogrammazione;
nei mesi scorsi è stato commesso un atto vandalico contro una lapide posta all'interno del cimitero dello stesso paese, la quale ricorda i caduti partigiani, e i cui autori sono tuttora ignoti -:
se non intenda attivare iniziativa di prevenzione a tutela di simboli importanti come quelli citati.
(4-01191)
Risposta. - L'Amministrazione comunale di Badia Polesine, con delibera del 13 aprile 2006, disponeva l'immediata sospensione di una propria precedente delibera del 22 marzo 2006, con la quale aveva concesso l'autorizzazione per la posa in opera di un cippo alla memoria della famiglia Rossi, martire di una rappresaglia nazista durante la seconda guerra mondiale.
La sospensione dell'iter derivava da una richiesta di un familiare dei Rossi, che segnalava alla predetta amministrazione comunale la propria contrarietà in merito al luogo prescelto, rivendicandone la proprietà.
L'ulteriore approfondimento effettuato dai tecnici del comune di Badia Polesine confermava che il proprietario dell'area in questione era il «Consorzio di Bonifica Adige - Canalbianco», che aveva già dato il permesso per la posa del cippo.
I tempi per una eventuale riprogrammazione dell'opera dipendono dal parere della Sovrintendenza dei Beni ambientali di Verona in quanto l'area è sottoposta a vincoli ambientali.
La citata Sovrintendenza interessata al riguardo, non si è ancora espressa.
Quanto all'atto vandalico, segnalato dall'interrogante, si fa presente che il 28 maggio 2006, presso la stazione carabinieri di Badia Polesine, il già citato familiare dei Rossi sporgeva denuncia contro ignoti, per danneggiamento al Monumento ai caduti della seconda guerra mondiale, posto all'interno del locale cimitero.
Le indagini svolte dall'Arma dei carabinieri e gli accertamenti eseguiti, congiuntamente al responsabile del Comune, hanno permesso di stabilire che il distacco e le conseguenti rotture del rivestimento marmoreo del Monumento ai caduti, erano stati causati da un cedimento strutturale attribuibile alla mancanza di interventi di manutenzione.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alessandro Pajno.
BELLANOVA. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la legge della Regione Puglia 3 ottobre 1986, n. 31, «Consorzi per lo sviluppo industriale e di servizi reali alle imprese», disciplina i Consorzi di sviluppo industriale stabilendo che possono entrare a farne parte: Comuni, Province, Comunità montane, Camere di Commercio, Industria, Artigianato, Agricoltura, Finpuglia, enti pubblici economici finanziari e di ricerca operanti nel territorio;
i Consorzi di Sviluppo Industriale sono enti pubblici economici, così come stabilito dall'articolo 36 della legge 5 ottobre 1991, n. 317, «Interventi per l'innovazione e lo sviluppo delle piccole imprese»;
sono attribuite ai Comuni le funzioni di sviluppo e promozione industriale ai
sensi della legge della Regione Puglia 31 gennaio 2003, n. 2, «Disciplina degli interventi di sviluppo economico, attività produttive, aree industriali e aree ecologicamente attrezzate. Ecologia»;
è stato istituito il Fondo per lo Sviluppo nel quadro della legge statale 19 luglio, n. 236, «Conversione in legge con modificazioni del decreto legge 20 maggio 1993, n. 148 recante interventi urgenti a sostegno dell'occupazione», finalizzato tra l'altro alla realizzazione di programmi di sviluppo locale per la promozione dell'efficienza complessiva delle aree industriali e la creazione di infrastrutture tecnologiche;
con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali del 31 maggio 1999, è stato approvato il Programma di Sviluppo Locale dell'area di Lecce e stabilito un contributo a carico del Fondo per lo Sviluppo pari a 10.716.997,11 euro;
la Società Consorzio Sisri di Lecce è stata indicata quale soggetto convenzionato per l'attuazione del Programma di Sviluppo Locale, ai sensi della Legge n. 236 del 1991, articolo 1-ter, a cui hanno partecipato trentacinque comuni della provincia di Lecce: Arnesano, Campi Salentina, Salice, Trepuzzi, Veglie, Secli, Sogliano Cavour, Corigliano d'Otranto, Aradeo, Botrugno, Cursi, Diso, Martignano, Muro, Nociglia, Poggiardo, San Cassiano, Zollino, Calimera, Copertino, Galatone, Leverano, Ugento, Alezio, Alliste, Collepasso, Melissano, Taurisano, Taviano, Alessano, Gagliano del Capo, Morciano di Leuca, Presicce, Specchia, Tiggiano, nonché l'agglomerato industriale Lecce-Surbo per opere di competenza del Consorzio Sisri;
il Programma di Sviluppo Locale prevedeva i seguenti interventi prioritari: lavori stradali per razionalizzare l'accesso alle aree P.i.p. (Piani di insediamenti produttivi); sistemi di collegamento tra arterie viarie esistenti ed attività produttive; razionalizzazione e adeguamento della rete idrica e fognante; realizzazione di centri servizi per supporto operativo alle aziende; operazioni di elettrificazione delle aree P.i.p. per la fornitura energetica alle attività produttive insediate e da insediarsi;
sebbene il Programma di sviluppo per l'area di Lecce è stato chiuso il 30 marzo 2004, e la fase di verifica sia stata eseguita e conclusa dal Comando dei Carabinieri - Ispettorato del Lavoro di Roma il 3 maggio 2005, a tutt'oggi non è ancora stata erogata la rata di saldo, pari a 3.009.193,11 euro;
il Ministero del lavoro e delle politiche sociali da diversi mesi ha richiesto la reiscrizione in bilancio dei fondi andati perenti, mentre i trentacinque Comuni, aderenti al Programma di Sviluppo, si ritrovano a rischio dissesto finanziario dovendo rispondere agli impegni di spesa assunti per centinaia di migliaia di euro -:
se il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ed il Ministero dell'economia e delle finanze intendano fornire informazioni sulla tempistica della liquidazione della rata di saldo spettante al Consorzio Sisri di Lecce;
che cosa intendano fare il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ed il Ministero dell'economia e delle finanze per accelerare l'iter di erogazione dell'ultima rata del finanziamento e sollevare cosi i Comuni dalle pesanti difficoltà economiche cui si trovano a fare fronte.
(4-00856)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione parlamentare in esame si comunica che fondi sui quali è stata impegnata la somma assegnata al programma SISRI, risultano di competenza dell'esercizio finanziario 1998 e pertanto, dal primo gennaio 2006, risultano andati in perenzione.
Di conseguenza, una volta accertato il credito, la direzione generale degli ammortizzatori sociali di questo ministero ha richiesto, con nota cumulativa n. 14/000408 dell'otto giugno 2006, la reiscrizione delle somme per il corrente esercizio finanziario al ministero dell'economia e delle finanze.
Ad ogni buon conto si precisa che la procedura istruttoria necessaria alla definizione del saldo è stata completata solo nel dicembre 2005, con la trasmissione, da parte dell'Ente gestore, della necessaria documentazione integrativa richiesta.
Si fa presente, infine, che una volta eseguita la reiscrizione dei fondi da parte del ministero dell'economia e delle finanze, sarà immediatamente dato inizio alla procedura di pagamento.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per la previdenza sociale: Rosa Rinaldi.
BERTOLINI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
gli esercizi commerciali hanno avviato l'attività di vendita di farmaci, in conformità a quanto stabilito dalla legge 4 agosto 2006, n. 248;
notizie di stampa riportano che gli ipermercati della Carrefour Italia si sono impegnati a praticare uno sconto sul prezzo indicato sulla confezione, tra il 20 per cento ed il 30 per cento ed un ulteriore sconto del 5 per cento per i clienti possessori di fidelity card;
l'applicazione di uno sconto ulteriore, esclusivamente ai clienti che aderiscono ad un programma di fidelizzazione, mediante l'utilizzo di apposite fidelity card, si pone in contrasto con la legge n. 248 del 2006, la quale obbliga gli esercenti a praticare il medesimo sconto a tutti gli acquirenti;
la legge 26 luglio 2005, n. 149 prevede una sanzione amministrativa nei confronti di chi pratica sconti in maniera discriminatoria nei confronti dei clienti;
la fidelity card prevede anche l'applicazione di operazioni a premio, espressamente vietate dalla legge citata per i farmaci da banco;
l'utente, che aderisce ad un sistema di fidelity card, consente la registrazione, oltre che dei dati personali, anche dell'acquisto dei farmaci e, conseguentemente, la registrazione dei dati idonei a rivelare lo stato di salute degli acquirenti, considerati dalla legge dati sensibili -:
se il Governo intenda avviare un monitoraggio per verificare eventuali ricadute negative della nuova normativa.
(4-01146)
Risposta. - Il ministero della salute, non appena informato, tramite alcune segnalazioni pervenute, sulla possibile intenzione di «Carrefour Italia» di praticare sconti sui farmaci con modalità contrastanti con le norme vigenti, e, più in particolare, con l'articolo 5, comma 3, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, ha provveduto a segnalare alla Società che eventuali sconti sui farmaci debbono essere praticati a tutti gli acquirenti e che non sono ammessi vantaggi ulteriori per i possessori di fidelity card.
Con nota del 7 novembre 2006, la società «Carrefour» ha comunicato di non effettuare alcun tipo di operazione a premio connessa con la vendita dei farmaci, nel rispetto della disciplina normativa citata.
Relativamente all'aspetto del monitoraggio richiesto dall'interrogante, non si ritiene che la vendita di alcune tipologie di farmaci in ambito diverso dalle farmacie e la pratica dello sconto possano tradursi automaticamente in forme di abuso.
Le disposizioni dell'articolo 5 e, più in particolare, la previsione che tale tipologia di vendita avvenga alla presenza e con l'assistenza personale e diretta di uno o più farmacisti abilitati e che i farmaci siano raggruppati in un unico reparto, distinto dagli altri e, infine, il divieto di concorsi, operazioni a premio e vendite sotto costo aventi ad oggetto farmaci, perseguono indubbiamente l'evidente finalità di tutela della salute pubblica, impedendo che le innovazioni introdotte possano comportare un approccio più incauto da parte dei cittadini nei confronti dei farmaci.
Il ministero della salute ha convocato in data 19 ottobre 2006 i rappresentanti delle Associazioni Confcommercio e Confesercenti;
nel corso della riunione sono state affrontate le principali problematiche connesse alla vendita dei medicinali effettuata ai sensi del suddetto articolo e questa amministrazione ha ribadito il divieto dell'attribuzione di vantaggi particolari per i possessori di fidelity card. Peraltro, gli strumenti di vigilanza e controllo in materia di dispensazione e conservazione di farmaci, previsti dalla normativa vigente, consentono di reprimere eventuali comportamenti contrari alla disciplina del settore.
Il ministero della salute conferma il proprio impegno per la continuità di un attento controllo delle modalità attuative della recente normativa, allo scopo di evitare qualsiasi distorsione o abuso che possa recare danno a legittimi interessi individuali e collettivi.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Antonio Gaglione.
BONELLI. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
il gruppo industriale Fiorucci è uno dei leader nel settore della produzione e commercializzazione di salumi e di altre specialità alimentari, e svolge la sua attività in 9 stabilimenti produttivi;
nell'aprile del 2006, presso lo stabilimento di Santa Palomba a Pomezia (Roma), la direzione aziendale proponeva un accordo sindacale che includesse una fuoriuscita di 30 o 40 dipendenti tra volontari e pensionabili, attraverso gli ammortizzatori sociali quali la mobilità (legge n. 223 del 1991);
le organizzazioni sindacali, hanno chiesto informazioni sul conto economico e l'andamento aziendale, e la società Fiorucci ha consegnato un bilancio 2005 più che positivo, evidenziando una azienda «sana», tanto che le maestranze della società hanno preso, per l'anno 2005, un premio pari al 55 per cento del concordato;
la spiegazione, da parte dell'azienda, della sua richiesta di accordo con le organizzazioni sindacali per l'accesso agli ammortizzatori, è stata che l'operazione rientrava in uno «svecchiamento», ossia in una sostituzione di alcuni «vecchi» dipendenti con giovani impiegati a tempo determinato e/o stagisti;
il 26 aprile 2006, iniziava il distacco - ai sensi della legge n. 276 del 2003 - di un impiegato di primo livello dal suo stabilimento di Santa Palomba a Pomezia a quello di S. Daniele in Friuli;
risulta all'interrogante che detto impiegato, a seguito del trasferimento impostogli, cadeva in forte depressione, mettendosi in cura al centro di igiene mentale. Il suo, posto a Santa Palomba, veniva preso da una persona a tempo determinato;
il 24 luglio la stessa sorte toccava ad un altro impiegato di livello 3A, operante sempre, presso Santa Palomba, e sempre distaccato presso lo stabilimento di S. Daniele (Udine). Anche in questo caso è stata assunta una stagista;
il suddetto distacco ha comportato il trasferimento dei lavoratori a molte ore di treno dalla propria residenza e lo svolgimento di mansioni diverse da quelle fino a quel momento svolte -:
se il Ministro sia a conoscenza di quanto suesposto, e se non intenda intervenire al fine di verificare il corretto comportamento dell'azienda e il pieno rispetto dei diritti dei lavoratori.
(4-00808)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, dagli accertamenti effettuati dalla direzione provinciale del lavoro di Roma, presso lo stabilimento della società Fiorucci, è emerso quanto segue.
L'attuazione del regime del distacco presso lo stabilimento «Ugolotti» di San Daniele del Friuli (di proprietà della Fiorucci S.p.A.) si è resa necessaria per l'espletamento di mansioni di particolare qualificazione rimaste inevase per la cessazione
del rapporto di lavoro del dipendente addetto in precedenza.
Il lavoratore destinatario del provvedimento, signor P.G., impiegato informatico, era stato comandato a prestare servizio nel suddetto stabilimento in regime di distacco a far data dall'8 maggio 2006 e fino al 31 dicembre 2006, salva la facoltà di proroga in funzione del perdurare dell'interesse della società. Il predetto lavoratore, tuttavia, non ha mai iniziato il lavoro, in quanto si è assentato per malattia dal 5 maggio 2006.
La società, per il perdurare della situazione di malattia del signor P.G., optava per il distacco di un altro impiegato informatico, signor R.L., occupato con rapporto di lavoro a tempo indeterminato nella sede di Santa Palomba. Il provvedimento ha avuto inizio il 22 maggio 2006 ed è terminato il 25 settembre 2006, data del rientro in servizio presso la sua sede abituale di Santa Palomba.
Non risulta, secondo quanto riferito dal capo del personale e dalla RSU, che in sostituzione del signor P. o del signor R., sia stato assunto personale a tempo determinato; mentre nell'ambito del reparto informatico ha operato una «stagista» in ragione di rapporti che la società intrattiene con un istituto universitario.
S'informa, infine, che la Fiorucci S.p.A. ha avviato la procedura per il riconoscimento dello stato di ristrutturazione-riorganizzazione aziendali e la conseguente messa in mobilità ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge n. 223 del 1991 di 251 unità della sede di Santa Palomba.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per la previdenza sociale: Rosa Rinaldi.
BUCCHINO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
con il Decreto interministeriale n. 033/5949 del 31 dicembre 2002 è stato stabilito che a decorrere dal 1 gennaio 2003 la retribuzione degli impiegati a contratto in Canada viene fissata e corrisposta in Euro;
si è manifestato negli ultimi due anni un forte deprezzamento dell'Euro rispetto alla valuta locale che ha causato una diminuzione del valore delle retribuzioni di oltre il 20 per cento;
l'attuale congiuntura economica internazionale non induce a ritenere che si verifichi un riequilibrio delle valute a breve termine;
tale pesante situazione si sovrappone al mancato adeguamento delle retribuzioni degli impiegati a contratto delle rappresentanze diplomatiche in Canada;
gli impiegati a contratto e le loro rappresentanze hanno a più riprese manifestato la loro forte preoccupazione per il continuo e rapido deteriorarsi del tasso di cambio Euro/Dollaro canadese senza ottenere adeguate risposte;
la normativa in vigore non prevede né il ritorno all'adozione della valuta locale né un meccanismo automatico di adeguamento in ragione delle oscillazioni dei rapporto di cambio valuta locale-Euro -:
quali misure urgenti si intendano adottare per tutelare il potere d'acquisto del personale all'estero che ha optato per la retribuzione in Euro e per compensare o annullare le inevitabili fluttuazioni del cambio valutare.
(4-01528)
Risposta. - Ai sensi del decreto interministeriale n. 033/5949 del 31 dicembre 2002, a decorrere dal 1o gennaio 2003, la retribuzione degli impiegati a contratto viene fissata e corrisposta in euro per le nuove assunzioni o i rinnovi dei contratti già in essere.
Sulla base del predetto decreto interministeriale a decorrere dal 1o luglio 2003, anche le retribuzioni degli impiegati a contratto in servizio presso il Consolato generale d'Italia in Montreal e Vancouver, e presso l'Istituto Italiano di cultura in Montreal sono corrisposte in euro, a seguito di opzione in tal senso da parte degli interessati. Il restante personale a contratto, invece, percepisce la retribuzione in valuta locale.
La normativa vigente non prevede per il personale a contratto meccanismi automatici di adeguamento retributivo a seguito delle oscillazioni del rapporto di cambio valuta locale-euro, ma fa riferimento ad altri parametri indicati nell'articolo 157 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967 (mercato locale del lavoro, retribuzioni corrisposte ad analoghi impiegati dalle rappresentanze di altri Paesi, nonché dagli organismi internazionali colà operanti). In base a tali parametri, a decorrere dal 1o luglio 2005, la retribuzione annua del personale a contratto in servizio presso le Rappresentanze diplomatico-consolari in Canada è stata rivalutata nella misura del 3 per cento.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Vittorio Craxi.
CAPEZZONE, MELLANO, BELTRANDI, TURCO, BUGLIO, PORETTI, BUEMI e D'ELIA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 73, comma 1-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 (Testo Unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e delle sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), come modificato dalla Legge 21 febbraio 2006, n. 49, prevede che, con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro della giustizia, siano indicati i limiti quantitativi massimi riferibili ad un uso esclusivamente personale delle sostanze elencate nella Tabella I dello stesso Testo Unico;
il giorno 24 aprile 2006 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il decreto di cui all'articolo 73, comma 1-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, a firma Berlusconi (Ministro della salute ad interim) e Castelli (Ministro della giustizia); la tabella allegata fissa in 500 mg il «quantitativo massimo (soglia)» per la cannabis;
lo scorso 26 giugno, in occasione dell'annuale «Giornata Contro la Droga» promossa dall'ONU, il nuovo Ministro della salute, on. Livia Turco, aveva annunciato l'intenzione di modificare la tabella suddetta, innalzando la soglia massima relativa alla cannabis;
il giornale L'Unità del 24 luglio 2006 ospita un'intervista del ministro Turco, di cui si riporta il seguente stralcio:
«...Ha preparato anche un decreto per innalzare il consumo personale di cannabis...
Io ho un decreto fatto, spero che il ministro Mastella lo firmi, perché è di concerto con il ministro della Giustizia. Da tempo è alla sua attenzione. Lo dico perché so che non lo firma, così esce allo scoperto...» -:
se effettivamente sia a conoscenza «da tempo» del decreto formulato dal Ministro della salute di cui in premessa;
se intenda o meno firmare tale decreto;
in caso affermativo, se intenda farlo al più presto;
in caso negativo, se intenda comunicare al Parlamento, oltre che al Ministro della salute, le motivazioni del rifiuto.
(4-00770)
Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame, si rappresenta che con decreto del 4 agosto 2006, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 17 novembre 2006, il Ministro della salute, di concerto con il Ministro della giustizia e sentito il Ministro della solidarietà sociale, modificando l'articolo 1 del decreto ministeriale del 1o aprile 2006, ha elevato i valori dei quantitativi massimi, previsti per uso personale, delle sostanze elencate nella tabella I del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e delle sostanze psicotrope.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
CARDANO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
dal 1 giungo del 2000 è stata chiusa, senza particolari spiegazioni, l'Ambasciata italiana a Madagascar con sede ad Antananarivo;
tecnicamente il Madagascar divenne un accreditamento secondario dell'Ambasciatore italiano a Pretoria ed i nostri connazionali sono stati costretti, e lo sono tutt'oggi, a fare lunghi e pericolosi percorsi per arrivare da Antananarivo, capitale del Madagascar, a Pretoria per una qualsiasi necessità di ordine amministrativo; inoltre questi due paesi non hanno alcun punto di contatto culturale, linguistico e/o commerciale;
in Madagascar vivono e lavorano più di mille italiani, tra cui centinaia di missionari che vengono privati ogni giorno di assistenza e protezione in un contesto già di per sé molto complesso e difficile da affrontare;
dal 2000, anno della sua chiusura, la sede dell'unica Ambasciata presente nell'Oceano Indiano (di proprietà del Governo italiano) è stata abbandonata totalmente al degrado e all'incuria (www.farnesino.it - autunno 2006); chiudendo questa Ambasciata il Governo italiano ha provocato notevoli danni e disagi ai cittadini italiani residenti in Madagascar e non è stato, inoltre, in grado di salvaguardare il proprio patrimonio-:
se sia a conoscenza della situazione sopradescritta;
se non ritenga necessario attivarsi affinché venga riaperta la sede dell'Ambasciata italiana a Madagascar.
(4-01684)
Risposta. - L'Ambasciata d'Italia ad Antananarivo è stata chiusa nel giugno 2000 per ragioni di bilancio e nell'ambito di un programma di ristrutturazione della rete diplomatico-consolare italiana.
Il Madagascar è così divenuto sede di accreditamento secondario della nostra Ambasciata a Pretoria in quanto essa è meglio collegata ad Antananarivo delle altre sedi italiane nell'area ed è dotata di efficienti sistemi di telecomunicazione.
Inoltre la sede di Pretoria è meglio strutturata, rispetto alle altre dell'area, in termini di risorse umane e strumentali, per far fronte all'attività aggiuntiva che comporta l'accreditamento in Madagascar (la rete diplomatica italiana in Africa sub sahariana consta di 21 Ambasciate a fronte di 48 Paesi e pertanto quasi tutte le sedi hanno accreditamenti secondari).
Per poter meglio adempiere alle esigenze di tutela e di servizi consolari a favore dei nostri connazionali si è istituito nel 2000 un Consolato generale onorario nella Capitale rivelatosi molto attivo ed efficace sotto la direzione dell'Ambasciata a Pretoria.
Attualmente sono in fase di completamento le procedure previste per la nomina del nuovo Console generale onorario, in quanto il precedente ha cessato dalle funzioni nel 2005, cosa che ha indubbiamente reso più difficile prestare piena assistenza ai connazionali nel Paese. Si attende in particolare di ottenere dalle autorità malgasce l'assenso formale alla nomina, ai sensi della Convenzione di Vienna sulle relazioni consolari.
Il ritardo di questo passaggio procedurale è stato accentuato dal fatto che il Governo malgascio negli ultimi mesi è stato impegnato nella preparazione delle elezioni presidenziali, finalmente svoltesi lo scorso 3 dicembre.
Non appena si sarà insediato il nuovo titolare, il Consolato generale onorario potrà riprendere ad operare, sotto la direzione dell'Ambasciata a Pretoria, al fine di assicurare la massima assistenza ai nostri connazionali nel Paese.
Nel frattempo le Ambasciate di Francia e Germania, le uniche di stati membri dell'UE in Madagascar, assicurano nei casi di necessità, come previsto dall'articolo 20 del Trattato che istituisce la Comunità europea, la tutela dei cittadini italiani. I colleghi europei (in particolare i francesi) si sono dimostrati disponibili e collaborativi.
L'attenzione di questo Ministero verso la tutela dei nostri connazionali in Madagascar resta alta proprio in considerazione
delle obiettive difficoltà createsi con la chiusura dell'Ambasciata e la vacanza del titolare del Consolato generale onorario.
Occorre peraltro rilevare che l'eventuale riapertura di una nostra Rappresentanza diplomatica in Madagascar appare, per lo meno nel breve-medio periodo, poco praticabile dati gli stringenti vincoli di bilancio e le pressanti esigenze di contenimento della spesa pubblica.
La sede dell'ex-Ambasciata d'Italia in Madagascar è stata identificata tra gli immobili patrimoniali non più utilizzati a fini istituzionali, oggetto di presumibile alienazione.
Il Ministero degli affari esteri ha già avviato, infatti, un programma di razionalizzazione del patrimonio immobiliare all'estero, il cui piano di attuazione sarà definito in linea con quanto previsto dall'articolo 1, commi 1311 e 1312, della legge finanziaria per il 2007.
Il Viceministro degli affari esteri: Patrizia Sentinelli.
CASSOLA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la mobilità di cittadini italiani all'estero, in particolare in Europa, va sempre più aumentando;
nello stesso tempo sono sempre di più gli italiani residenti o domiciliati all'estero che si trovano ad affrontare problemi amministrativi di varia natura nelle amministrazioni locali -:
se non ritenga utile istituire un apposito sportello presso le rappresentanze diplomatiche italiane, almeno nelle città estere con più presenza di italiani, per favorire una più efficace e capillare assistenza amministrativa al fine di migliorare e ottimizzare i rapporti istituzionali con il paese ospitante.
(4-01445)
Risposta. - Il decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967 che contiene l'ordinamento del Ministero degli affari esteri prevede, al suo articolo 45, che tra le funzioni degli Uffici consolari vi siano anche, tra le altre, quelle di «proteggere gli interessi nazionali e tutelare i cittadini e i loro interessi», nonché di «provvedere alla tutela dei lavoratori italiani particolarmente per quanto concerne le condizioni di vita, di lavoro e di sicurezza sociale».
Tradizionalmente, tale norma è stata interpretata nel senso di fornire assistenza nei rapporti con le autorità amministrative locali nei casi di connazionali particolarmente bisognosi (anziani, analfabeti, disoccupati, ecc.), e soprattutto relativamente ai settori specificamente menzionati (lavoro e sicurezza sociale).
Non appare peraltro possibile, anche alla luce delle attuali risorse umane e finanziarie disponibili presso la rete all'estero, provvedere all'istituzione di uno sportello quale quello ipotizzato dall'interrogante.
Del resto, laddove possibile, i Consolati provvedono generalmente a fornire assistenza al di là dei compiti specificatamente loro assegnati.
Il Viceministro degli affari esteri: Franco Danieli.
D'AGRÒ. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
nonostante il ricorso al Tar e il parere favorevole espresso dal Consiglio di Stato, il Patronato Epasa Cna è stato nuovamente escluso dal Consiglio Generale per gli Italiani all'Estero (Cgie);
l'inserimento del suddetto Patronato del lavoro autonomo prima organizzazione di assistenza sociale degli artigiani all'estero, presente nei cinque continenti, costituiva un passaggio fondamentale per stabilire un più corretto equilibrio tra gli enti di patronato inclusi nel Cgie -:
quali iniziative intenda adottare al fine di consentire l'ingresso nel Cgie anche al Patronato Epasa Cna.
(4-01009)
Risposta. - In esito a quanto richiesto dall'interrogante si forniscono i seguenti elementi.
Il patronato EPASA, unitamente al sindacato di riferimento CNA, ha presentato lo scorso anno ricorso al TAR del Lazio contro il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che designava i 29 membri di nomina governativa del Consiglio Generale degli Italiani all'Estero. Tale designazione è disciplinata dall'articolo 4, comma 5 della legge n. 368 del 1989 così come modificato dalla legge n. 198 del 1998.
Il ricorso è stato accolto dal TAR nell'ottobre 2005 per quanto riguarda in particolare i 9 membri in rappresentanza dei patronati e delle organizzazioni sindacali per un difetto di istruttoria e, più precisamente, per carenza nella procedura di designazione, non essendo stati predeterminati criteri sui quali si sarebbe svolta la selezione.
La sentenza pertanto non riconosceva all'EPASA alcun titolo privilegiato ai fini dell'inserimento nel decreto che indicava i membri di nomina governativa.
La decisione aveva di fatto costretto ad una completa sospensione l'attività del CGIE sino alla pronuncia di carattere incidentale emessa dal consiglio di Stato il 5 maggio 2006.
Pertanto il Ministero degli affari esteri, pur nell'attesa del gravame di merito innanzi al Consiglio di Stato interposto alla sentenza del TAR del Lazio, ha avviato con sollecitudine la selezione dei 9 candidati di nomina governativa facenti parte delle categorie sindacali e dei patronati. Nell'adempiere alle indicazioni del TAR si è quindi provveduto a predeterminare i criteri ai quali attenersi per operare la scelta ed a renderli noti, ai sindacati che siedono nel CNEL e a tutti i patronati, ottemperando così anche all'altro obiettivo indicato dal TAR di assicurare una rappresentatività più ampia possibile di interessi diversificati.
I criteri indicati sono stati di carattere oggettivo, basati sulle indicazioni ufficiali numeriche e quantitative fornite dal Ministero del lavoro. Per quanto riguarda i sindacati essi si riferivano alla consistenza numerica degli iscritti, alla ampiezza e diffusione delle strutture organizzative ed alla partecipazione alla formazione e stipulazione di contratti collettivi nazionali di lavoro. Per quanto riguarda i patronati, invece, si è preso in considerazione il dato relativo alle attività prestate in Italia e che sono riflesse nel grado di partecipazione all'erogazione dei contributi percepiti dall'apposito «Fondo Patronati» per il 2003, l'ultimo anno per il quale tali dati erano stati verificati dal Ministero.
Quindi sulla base delle risposte pervenute entro il termine di legge di 30 giorni dalla ricezione della comunicazione e sulla base dei criteri oggettivi sopra enunciati si è proceduto a emanare in data 7 settembre da parte del Presidente del Consiglio dei ministri un nuovo decreto di designazione dei 29 membri di nomina governativa che prevedeva, in particolare, la scelta di rappresentanti di CGIL, CISL, UIL e UGL per le Confederazioni sindacali e di INCA, INAS, ACLI, EPACA e ITAL per i patronati.
Il Viceministro degli affari esteri: Franco Danieli.
D'AGRÒ. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nonostante negli ultimi anni, in virtù degli sforzi congiunti di avvocati, magistrati e politici locali, sia stata modificata in aumento la dotazione organica del Tribunale di Vicenza, da 25 a 27 per i giudicanti e da 8 a 9 per i requirenti, i magistrati realmente presenti (tenuto conto della vacanza di organico e delle assenze) non possono gestire, in tempi ragionevoli, controversie pendenti e quelle in sopravvivenza;
in particolare, secondo quanto risulta all'interrogante su un organico di 27 giudicanti togati si contano, per diversi motivi, solo 18 presenze effettive con una situazione di difficoltà al penale ed il rischio di un vero e proprio collasso al civile, dove i magistrati si trovano a gestire un numero esorbitante di fascicoli;
i giudici onorari di tribunale in servizio sono 12 su 13 in organico e i giudici onorari aggregati sono 3 su 5;
le carenze di organico, le problematiche organizzative interne e la rigidità di sistema contribuiscono a creare notevoli difficoltà a molti degli uffici di cancelleria, anch'essi sottodimensionati rispetto alle previste piante organiche;
nonostante sia ridotto l'orario di apertura al pubblico (previsto dalla normativa di settore in cinque ore al giorno), causando lunghe file di utenti negli uffici critici, sono costanti i ritardi nella pubblicazione delle sentenze e le difficoltà a gestire anche aspetti ordinari come gli avvisi alle parti in causa;
la provincia di Vicenza ha peculiarità economiche ben conosciute ed i ritardi evidenziati inducono le aziende a rifugiarsi in arbitrati all'estero, per le controversie di natura economico-commerciale, molto onerosi e quindi limitativi della competitività di sistema;
gli stessi investitori stranieri tendono difficilmente ad incrementare la loro presenza sul territorio, preoccupati anche del fatto che la durata media di una causa civile é di circa 8-9 anni;
le dotazioni di organico del tribunale di Vicenza sono dimensionate in maniera oltremodo sfavorevole rispetto a quelle di altri tribunali, paragonabili per territorio, popolazione e dati sociologici ed economici a quello vicentino -:
data la grave situazione esistente presso il Tribunale di Vicenza, quali iniziative intenda adottare per far fronte alla carenza di organico in tali uffici giudiziari, prevedendo magari un riequilibrio su base nazionale.
(4-01011)
Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame, si comunica che l'organico magistratuale togato del Tribunale di Vicenza (composto, oltre che dal capo dell'Ufficio, da due Presidenti di sezione e da 24 giudici, due dei quali con funzioni di giudice del lavoro) presenta la vacanza del posto di Presidente del Tribunale (pubblicata dal Consiglio Superiore della Magistratura con telex in data 25.11.2005), nonché di un posto di giudice ordinario (vacanza pubblicata con telex del 27.12.2005).
Dall'esame della segnalazione organizzativa tabellare redatta dal Tribunale in parola per il biennio 2006/2007, peraltro, emerge come il Capo dell'Ufficio vicentino giudichi l'organico magistratuale come sopra individuato «(...) del tutto inadeguato alla quantità e qualità degli affari di competenza del Tribunale, in particolare di natura civile, ove si consideri che da una indagine effettuata dal Ministero della giustizia verso la fine del 1999, sul rapporto magistrati/abitanti sia in sede nazionale che per distretto di Corte di Appello, è emerso che il distretto di Venezia registrava la più bassa concentrazione di magistrati di Italia».
Deve precisarsi, in proposito, che le necessità di organico nascenti da cause diverse dalla vacanza possono essere soddisfatte mediante ricorso agli istituti dell'applicazione (endodistrettuale ovvero extradistrettuale), nonché della supplenza infradistrettuale (secondo quanto previsto dalle omonime tabelle biennalmente predisposte a cura dei capi delle Corti di Appello e dai Procuratori Generali della Repubblica).
Quanto alla magistratura onoraria in servizio presso l'Ufficio in parola, si precisa che risultano ivi presenti 12 giudici onorari di tribunale, laddove delle 8 unità di giudice onorario aggregato previste dall'organico ne risultano, allo stato, in servizio tre.
Dall'analisi dell'organico del personale amministrativo del Tribunale di Vicenza si rileva che, a fronte di 87 unità di personale previste, attualmente le risorse umane presenti sono 76, tenuto conto di una unità di personale a tempo determinato (ex LSU), 9 dipendenti comandati da altra amministrazione e un operatore giudiziario B1 in soprannumero.
Si deve tener presente che la vacanza dei posti è in parte dovuta all'istituzione e all'aumento degli stessi comportata dal decreto ministeriale 6 aprile 2001 di revisione delle dotazioni organiche dell'Amministrazione giudiziaria, in funzione delle procedure di riqualificazione (nel caso specifico,
1 posto di cancelliere C1 e 3 posti di operatore giudiziario B3).
Peraltro, proprio in relazione alle problematiche connesse alle procedure di riqualificazione occorre rilevare che le numerose decisioni emanate sia dai giudici del lavoro che da quelli amministrativi hanno determinato un blocco nelle procedure di copertura di tutti i posti vacanti. Tale situazione ha reso impossibile, tra l'altro, provvedere alla copertura dei posti relativi alle figure professionali e posizioni economiche introdotte ex novo (nel caso in esame dei posti di operatore giudiziario B3) in quanto, allo stato, non esiste personale in servizio.
Non è possibile neppure procedere alla copertura delle vacanze esistenti con il ricorso a nuove consistenti assunzioni, poiché continuano a persistere le limitazioni al reclutamento di personale previste dalle normative vigenti.
Per l'anno in corso, in particolare, è stata autorizzata l'assunzione di 99 unità (a fronte di oltre 5000 vacanze) per coprire i posti di cancelliere C1, conformemente a quanto previsto dall'articolo 1 comma 96, lettera c), della legge n. 311/04. Proprio in previsione di tali assunzioni il 1o settembre scorso è stato pubblicato un interpello straordinario, ai sensi dell'articolo 19 dell'accordo sulla mobilità interna del personale sottoscritto il 28 luglio 1998, per la copertura tramite trasferimento, tra gli altri, delle 4 vacanze di cancelliere C1 nel Tribunale.
A fronte degli impedimenti posti all'assunzione di personale, assume particolare rilievo l'acquisizione di personale di altre amministrazioni mediante procedure di mobilità volontaria ai sensi dell'articolo 30 del decreto legislativo 165/01.
Proprio con il ricorso alla mobilità volontaria sono stati coperti due posti di cancelliere C1 nella Procura di Vicenza. Inoltre, si sta valutando la possibilità di attivare procedure di mobilità a favore del Tribunale.
Altri interventi, di natura temporanea, volti ad acquisire personale, sono individuabili nel rinnovo del contratto di lavoro con le 3 unità a tempo determinato (ex LSU) per l'anno in corso e nella proroga del comando del personale delle Poste Italiane S.p.A. (13 unità ripartite tra il Tribunale e la Procura), secondo le disposizioni della legge finanziaria per il 2006.
Per assicurare la funzionalità dei servizi negli uffici in esame, poi, con particolare riferimento a quelle figure professionali la cui carenza determina maggiori criticità, assume particolare rilievo lo strumento dell'applicazione di personale in ambito distrettuale, ai sensi dell'articolo 18 dell'accordo sulla mobilità interna del personale sottoscritto con le organizzazioni sindacali il 28 luglio 1998.
Tale istituto, infatti, consentendo al capo dell'ufficio di vertice del distretto, nell'ambito del potere di vigilanza che gli compete, di disporre applicazioni di personale sulla base della comparazione delle diverse esigenze rappresentate dagli uffici sottoordinati, costituisce, di fatto, l'unico strumento di redistribuzione delle risorse umane esistenti.
Peraltro, proprio in considerazione della rilevanza di tale istituto, è stata emanata la circolare n. 2/3-S-448 del 7 aprile 2000 dall'allora Direzione generale dell'organizzazione giudiziaria e degli affari generali, in cui si chiarisce che il ricorso all'applicazione, in quanto connesso alle esigenze di copertura delle vacanze degli organici, è ammesso anche per periodi di tempo particolarmente lunghi.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
D'ULIZIA. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 83 del decreto legislativo n. 276 del 2003, recante «Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30», comunemente nota come «Legge Biagi», prevede l'estensione della procedura di certificazione dei contratti di lavoro di cui al Titolo VIII, Capo I, del decreto medesimo, all'atto di deposito del regolamento interno delle cooperative, concernente la tipologia dei rapporti
di lavoro attuati, o che si intendono attuare, in forma alternativa, con i soci lavoratori, ai sensi dell'articolo 6 delle legge n. 142 del 2001, e successive modificazioni;
nell'ipotesi di cui al citato articolo 83, la procedura di certificazione - che attiene al contenuto del regolamento depositato - deve essere posta in essere da Commissioni paritetiche appositamente istituite presso le Direzioni provinciali del lavoro e le province, secondo quanto stabilito da apposito decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali entro sessanta giorni dalla entrata in vigore del decreto legislativo;
l'articolo 8 del decreto 21 luglio 2004 del Ministro del lavoro e della previdenza sociale ha stabilito che la commissione di certificazione del regolamento interno delle cooperative debba essere istituita presso la provincia e composta da un presidente e, in maniera paritetica, dai rappresentanti delle associazioni di rappresentanza, assistenza e tutela del movimento cooperativo e delle organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente più rappresentative;
con circolare n. 48 del 2004 del 15 dicembre 2004, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha successivamente fornito precisazioni e chiarimenti operativi in relazione alla pubblicazione del menzionato decreto ministeriale, con riferimento specifico alle problematiche inerenti alla costituzione e al funzionamento delle commissioni di certificazione;
ciononostante pare che tali Commissioni non siano state ancora create e, pertanto, i regolamenti interni delle cooperative vengono depositati ma non approvati -:
se corrisponda al vero che, ad oggi, le Commissioni paritetiche di cui all'articolo 83, comma 2, del decreto legislativo n. 276 del 2003, non siano state ancora istituite;
se ciò risponde al vero, come spiega, il Governo, i motivi di tanto ritardo e soprattutto quali provvedimenti intenda adottare per la concreta applicazione della normativa.
(4-00767)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, relativa alla mancata costituzione delle commissioni di certificazione presso le province, di cui al combinato disposto degli articoli 83, comma 2, e 76, comma 1 lettera b) del decreto legislativo 276/2003, si fa presente quanto segue.
L'obbligo di costituzione delle commissioni di certificazione presso le province è un obbligo ex lege che nasce in capo agli enti locali direttamente dalla previsione normativa ora richiamata.
L'articolo 76, comma 1, lettera b), infatti, subordina l'obbligo di costituzione delle commissioni in questione esclusivamente all'emanazione di un apposito decreto di questo Ministero che è stato adottato, come indicato nell'interrogazione, in data 21 luglio 2004.
Si fa presente, infine, che questa amministrazione non ha alcun potere né gerarchico né di coordinamento rispetto agli enti locali coinvolti.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per la previdenza sociale: Rosa Rinaldi.
DEIANA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la Commissione parlamentare antimafia, nella precedente legislatura, nella sua relazione conclusiva scrive a pag. 747: «ad Anzio e Nettuno si può segnalare la sfera d'influenza dell'organizzazione criminale facente capo alla famiglia Fallace originaria di Guardavalle (Catanzaro), insediatasi nel comune di Nettuno (Roma) e dedita prevalentemente al traffico internazionale di sostanze stupefacenti ed al riciclaggio, riconducibile a cosche mafiose di area criminale calabrese [...];
le indagini hanno portato, in data 14 settembre 2004, alla emissione di ordinanza di misura cautelare nei confronti di n. 33 appartenenti alla organizzazione ed
hanno accertato che il gruppo si era consolidato fino a gestire i suoi interessi in maniera indipendente dall'organizzazione madre, di cui peraltro aveva gli stessi schemi organizzativi e le stesse regole interne, ma con propri dirigenti e regole autonome di affiliazione;
il contesto investigativo ha evidenziato nella sfera della pubblica amministrazione della zona interessata l'inquinamento tipico delle organizzazioni mafiose [...];
gli accertamenti svolti [...] hanno confermato che le tentacolari radici che la criminalità organizzata ha da tempo costituito nella zona di Nettuno influenzavano pesantemente l'attività del Comune, finalizzandola al favoreggiamento di soggetti collegati direttamente o indirettamente con ambienti malavitosi;
sono infatti emersi rapporti di contiguità, parentele, frequentazioni e cointeressenze di natura economica di taluni pubblici amministratori e dipendenti del Comune con soggetti gravitanti nell'ambito della criminalità organizzata;
la gravità e la diffusione di tali ingerenze hanno indotto il Consiglio dei Ministri, su richiesta del Ministero dell'Interno, a deliberare lo scioglimento del Consiglio comunale di Nettuno e l'affidamento della gestione del Comune a una commissione straordinaria, decretati con provvedimento del Presidente della Repubblica in data 28 novembre 2005;
la relazione del Ministro dell'Interno al Presidente della Repubblica, che accompagna tale decreto, mette in risalto la permeabilità dell'amministrazione a pressioni e condizionamenti esterni da parte della criminalità organizzata in molteplici settori dell'azione del Comune. Risultano in particolare colpite le aree tipiche dell'inquinamento e del controllo mafioso con documentate interferenze negli appalti [...];
l'11 ottobre 2005 «La Repubblica» ha pubblicato un articolo, a firma Marino Bisso, dal titolo: «Nettuno ora indaga l'antimafia»;
l'articolo riferiva di un fascicolo aperto dalla procura distrettuale antimafia nella persona del suo coordinatore Italo Ormanni e dal sostituto procuratore dott. Adriano Iasillo sugli intrecci tra amministratori e criminalità organizzata a Nettuno -:
se il Ministro sia al corrente di questi fatti, se conosca quali iniziative siano state intraprese in ordine ai fatti sopra citati per colpire i legami tra malavita organizzata e politica nella realtà di Nettuno e del Litorale a sud di Roma.
(4-00250)
Risposta. - In risposta all'interrogazione in oggetto, relativa all'infiltrazione delle cosche criminali facenti capo alla famiglia Fallace nell'amministrazione comunale di Nettuno, attualmente commissariata, si rappresenta che presso la Direzione distrettuale antimafia di Roma sono in corso indagini, il cui contenuto è coperto dal segreto investigativo.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
DILIBERTO e PAGLIARINI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e della previdenza sociale, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione. - Per sapere - premesso che:
in data 27 aprile 2006 è stato emanato un decreto ministeriale da parte dei succitati Ministeri riguardante la deroga agli articoli 2 e 17 del decreto legislativo n. 66 dell'8 aprile 2003, concernente alcuni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro che, in particolare, classifica e considera alcuni servizi del comparto della vigilanza privata, quali servizi di sicurezza sussidiaria per i quali è ammissibile l'applicazione dell'articolo 2, comma 2 del decreto legislativo n. 66 stesso;
visto che lo spirito del decreto legislativo n. 66 è nel senso di prevedere deroghe solo in caso di eventi eccezionali
ed imprevedibile così come recita il punto f) dell'articolo 17 con riferimento «a fatti dovuti a circostanze estranee al datore di lavoro, eccezionali e imprevedibili o eventi eccezionali, le conseguenze dei quali sarebbero state comunque inevitabili malgrado la diligenza osservata» e il punto g) «in caso di incidente o di rischio di incidente imminente»;
considerato che lo stesso decreto ministeriale prevede per i lavoratori della vigilanza privata lo svolgimento di compiti di sicurezza sussidiaria, appare evidente il tentativo di aumentare in modo consistente l'orario di lavoro ordinario ritenendo normali anche turni di 12 ore continuate. Ciò determina non solo un attentato all'incolumità psico-fisica del lavoratore, ma conseguentemente anche una minore recettività che metterebbe a repentaglio la sicurezza di tutti -:
se non ritenga opportuno il superamento di detto decreto in quanto lo stesso si pone in stridente contrasto con la volontà del legislatore di garantire e tutelare la qualità della vita dei lavoratori.
(4-00189)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame si fa presente quanto segue.
Il decreto interministeriale del 27 aprile 2006, è stato emanato a seguito di una delega contenuta nell'articolo 2, comma 2, del decreto legislativo n. 66 del 2003 che testualmente recita «Nei riguardi dei servizi di protezione civile... nonché nell'ambito delle strutture giudiziarie penitenziarie e di quelle destinate per finalità istituzionali all'attività degli organi con compiti in materia di ordine e sicurezza pubblica... le disposizioni contenute nel presente decreto non trovano applicazione in presenza di particolari esigenze inerenti al servizio espletato e di ragioni connesse ai servizi di protezione civile..., così come individuate con decreto del Ministro competente, di concerto con i Ministri del lavoro e delle politiche sociali, della salute, dell'economia e delle finanze e per la funzione pubblica».
Tale decreto interministeriale non contiene una deroga tout court all'orario normale di lavoro che, per la sua indeterminatezza potrebbe favorire degenerazioni e abusi, ma elenca espressamente quali siano i servizi di sicurezza che giustificano una più flessibile organizzazione e gestione dell'orario di lavoro, sottolineando, peraltro, che i limiti massimi della prestazione lavorativa giornaliera, notturna e straordinaria sono determinati dalla contrattazione collettiva nazionale, nel rispetto della tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori.
Ciò per consentire al settore, per la sua caratteristica di strumento di sicurezza sussidiaria, quella flessibilità che lo metta in grado di dare risposta alle richieste di servizi e di farlo in modo rispettoso dei diritti dei lavoratori.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per la previdenza sociale: Rosa Rinaldi.
FEDI, NARDUCCI, BUCCHINO, GIANNI FARINA e BAFILE. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 73 del 28 marzo la legge 8 marzo 2006 n. 124, «Modifiche alla legge 5 febbraio 1992 n. 91, concernenti il riconoscimento della cittadinanza italiana ai connazionali dell'Istria, di Fiume e della Dalmazia e ai loro discendenti»;
la legge prevede, all'articolo 1, l'inserimento dell'articolo 17-bis, dopo l'articolo 17 della legge 5 febbraio 1992 n. 91: «il riconoscimento della cittadinanza italiana ai soggetti che siano stati cittadini italiani, già residenti nei territori facenti parte dello Stato italiano successivamente ceduti alla Repubblica jugoslava in forza del trattato di pace firmato a Parigi il 10 febbraio 1947 ovvero in forza del Trattato di Osimo del 10 novembre 1075, alle condizioni previste e in possesso dei requisiti per il diritto di opzione»;
la circolare K. 60.1 del 22 maggio 2006 - del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'Interno
- interpreta la legge in maniera restrittiva limitando la possibilità del riconoscimento unicamente a coloro i quali, in possesso dei requisiti previsti dai trattati di Parigi e Osimo, non si avvalsero delle facoltà di opzione perdendo la cittadinanza italiana, la circolare limita il riconoscimento della cittadinanza italiana ai soli connazionali residenti nei territori della ex-Jugoslavia escludendo gli optanti emigrati che, pur esercitando il diritto di opzione, persero la cittadinanza italiana perché costretti dall'IRO international refugee organization che li ha documentati come Jugoslavi e/o apolidi;
la legge non fa differenza alcuna fra gli ex cittadini italiani già destinatari del diritto di opzione che non si sono avvalsi di dette facoltà e fra quelli che hanno optato, come gli esuli: tutti sono «in possesso dei requisiti per il diritto di opzione di cui all'articolo 19 del Trattato di pace di Parigi e all'articolo 3 del Trattato di Osimo»;
la legge e la circolare dispongono che le richieste di riconoscimento della Cittadinanza Italiana possono essere presentate anche alla competente autorità consolare italiana, nel caso di residenza all'estero, cioè anche dagli esuli/emigrati e non solo dai connazionali residenti in Croazia o Slovenia -:
se intenda procedere ad un riesame della circolare K.60.1 del 22 maggio 2006 consentendo l'istruzione della pratica per il riconoscimento della cittadinanza italiana, indipendentemente dall'esercizio del diritto di opzione, anche agli esuli residenti all'estero e confermando in tal modo la volontà del legislatore risultante dalla lettura della legge 8 marzo 2006 n. 124.
(4-00857)
Risposta. - Occorre premettere che con il Trattato di pace di Parigi del 10 febbraio 1947, l'Italia cedeva alla Repubblica jugoslava i comuni compresi nella provincia di Zara in Dalmazia, di Fiume e Pola in Istria e parte della provincia di Gorizia.
Con tale Trattato veniva, altresì, prevista la costituzione del Territorio libero di Trieste, suddiviso in due zone: la zona A occupata e controllata dal Governo alleato e la zona B controllata dalla Repubblica jugoslava.
Successivamente, con il trattato di Osimo del 10 novembre 1975, la zona A fu assegnata all'Italia, mentre la zona B alla Jugoslavia. Entrambi i Trattati, al fine di consentire il mantenimento della cittadinanza italiana da parte dei soggetti residenti nei territori ceduti, prevedevano, rispettivamente, per i cittadini italiani di lingua italiana, la facoltà di optare per la cittadinanza italiana (articolo 19 - Trattato di Parigi), e per i cittadini di etnia italiana la facoltà di mantenerla, trasferendo la propria residenza nella zona A assegnata all'Italia (articolo 3 - Trattato di Osimo).
Ai sensi dell'articolo 19, comma 3 del Trattato di Parigi, l'optante per la cittadinanza italiana poteva continuare a risiedere con lo «status» di cittadino italiano nei territori ceduti, salvo esplicita richiesta del Governo jugoslavo di trasferire in territorio italiano la propria residenza.
L'interpretazione della legge 124/96 che segue questo Ministero è che essa non opera alcuna distinzione tra soggetti che si sono avvalsi del diritto di opzione e quelli che non se sono avvalsi; la ratio della legge è quella di consentire il riacquisto della cittadinanza italiana ai soggetti che la persero in conseguenza dei Trattati di Parigi e di Osimo.
A tal fine si rivela decisivo l'articolo 17-ter, introdotto dalla legge n. 124/2006, laddove prescrive per il soggetto mancato optante, già destinatario dei Trattati suindicati, la presentazione di idonea documentazione «comprovante il possesso, all'epoca, della cittadinanza italiana e della residenza nei territori facenti parte dello Stato italiano e successivamente ceduti alla Repubblica jugoslava».
Il Trattato di Parigi regolava i rapporti giuridici delle popolazioni presenti nei territori ceduti all'Italia e quindi coinvolte dal trasferimento della sovranità sui territori medesimi ad altro Stato.
I soggetti che non hanno a suo tempo esercitato il diritto di opzione previsto dall'articolo 19 del Trattato di Parigi o non si sono trasferiti nel territorio italiano dalla zona B dell'ex Territorio libero di Trieste (Trattato di Osimo) sono incorsi nella perdita della nostra nazionalità, atteso che la mancata opzione determinava una implicita accettazione della cittadinanza jugoslava.
La perdita della nostra cittadinanza derivava, quindi, dal mancato esercizio di quel diritto che comportava automaticamente l'acquisto della cittadinanza dello Stato subentrante all'Italia.
La legge n. 124/2006 individua, pertanto, i destinatari delle disposizioni in essa contenute nei cittadini italiani di lingua italiana, già destinatari dell'articolo 19 del Trattato di Parigi, residenti nel 1940 e 1947 nei territori interessati dal medesimo, nonché nei cittadini italiani appartenenti al gruppo etnico italiano che, alla data di entrata in vigore del Trattato di Osimo, non si sono trasferiti nel territorio italiano.
Anche i figli o i discendenti in linea retta dei destinatari degli anzidetti Trattati, mancati optanti, possono oggi presentare istanza di riconoscimento ai sensi della predetta legge, purché di lingua e cultura italiana.
Per quanto suesposto, la legge in esame non si applica a coloro che si avvalsero della facoltà di mantenere la cittadinanza italiana e successivamente, con lo status di cittadini italiani, sono emigrati all'estero, ed abbiano perso la cittadinanza italiana a seguito dell'acquisto volontario di quella di un altro Stato.
In tale ipotesi la perdita della cittadinanza italiana non è avvenuta per effetto dei Trattati, bensì ai sensi dell'articolo 8 della legge 13 giugno 1912, n. 555 ed il riacquisto della cittadinanza italiana potrà avvenire secondo il principio generale contenuto nell'articolo 13 della legge n. 91/92.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Marcella Lucidi.
FORGIONE. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la fornitura idrica concessa dal dissalatore al Comune di Trapani, nella quantità fissata con ordinanza commissariale, viene effettuata in compensazione all'acqua fornita dal comune di Trapani ai comuni di Castel Vetrano e Favignana;
nell'estate del 2005, in seguito all'interruzione della fornitura del dissalatore ed alla conseguente crisi idrica, il sindaco di Trapani affermò che, in caso di mancato ripristino dell'erogazione idrica al comune di Trapani, si sarebbe trovato costretto ad interrompere la fornitura idrica ai comuni di Castel Vetrano e Favignana;
a quanto risulta all'interrogante, la vicenda si ripete;
il sindaco del Comune di Trapani, responsabile della fornitura idrica al Comune di Favignana, in quanto gestore delle fonti di approvvigionamento trovantesi in località Bresciana affidategli dal Presidente della Regione, avrebbe minacciato ripetutamente nei giorni scorsi di voler interrompere la fornitura idrica provocando turbamento e allarme nella popolazione e negli operatori turistici di Favignana -:
se il Ministro dell'Interno non intenda intervenire presso il Prefetto della Provincia di Trapani, al fine di accertare la veridicità di tale circostanza, e, qualora risultasse corrispondente alla verità l'intenzione di sospendere la fornitura idrica a Favignana, di intervenire per impedire che la fornitura dell'acqua cessi;
se non si intenda attivare il commissario delegato per l'emergenza idrica in Sicilia affinché si adottino misure atte a garantire una chiara e trasparente gestione delle risorse idriche disponibili nel rispetto dei principi della legge Galli e della normativa regionale in materia.
(4-00704)
Risposta. - Le vicende relative alla fornitura idrica da parte del comune di Trapani all'isola di Favignana e alla frazione di Triscina del comune di Castelvetrano, più volte segnalate dagli amministratori comunali alla prefettura di Trapani,
sono state poste all'attenzione dell'unità di crisi, appositamente costituita, d'intesa con il Commissario delegato per l'emergenza idrica, composta dai rappresentanti della predetta Struttura Commissariale, dell'Ufficio del Genio civile, dell'Ente acquedotti siciliani - E.A.S., della Siciliacque, della questura, del Comando provinciale dei carabinieri e dei comuni interessati.
Dal canto suo l'Ufficio Ente acquedotti siciliani di Trapani, oltre ad evidenziare che la causa più rilevante della crisi idrica è dovuta alla fatiscenza delle condotte idriche della maggior parte dei comuni della provincia, sottolineava che la situazione era aggravata dalle continue interruzioni dell'attività del dissalatore dovute sia a lavori di manutenzione e riparazione dell'impianto che alle microinterruzioni di energia elettrica.
Al riguardo si evidenzia che la prefettura di Trapani ha più volte interessato la Siciliacque Spa, ente gestore del dissalatore, a vigilare sui tempi di riparazione di detto impianto nonché a raccordarsi con l'ENEL al fine di superare l'inconveniente sopra cennato.
A sua volta la Siciliacque si impegnava, fatti salvi eventuali fermi tecnici del dissalatore, a fornire quanto previsto dall'Ordinanza del Commissario delegato per l'Emergenza idrica nella misura di 40 l/s mentre, per quanto riguardava la maggiore assegnazione idrica, sottolineava la necessità della predisposizione di un nuovo «piano di distribuzione» da parte del competente organo regionale.
A tal proposito, il citato commissario preannunciava che presso l'Agenzia regionale per i rifiuti e le acque, subentrata nelle competenze del Commissario delegato per l'emergenza idrica, sarebbe stata indetta una riunione alla quale, pur essendo, nel frattempo, cessate le specifiche competenze prefettizie in ordine allo stato di emergenza idrica, sarebbero stati invitati a partecipare i Prefetti delle province siciliane, al fine di esaminare la possibilità di apportare eventuali modifiche al suddetto «piano di distribuzione idrica».
La riunione, al momento, non risulta essere stata convocata.
Per quanto riguarda, poi, le presunte dichiarazioni del sindaco di Trapani in merito a possibili interruzioni della fornitura idrica al comune di Favignana, cui è fatto cenno nell'interrogazione in esame, nulla risulta agli atti della competente prefettura.
Sotto il profilo turistico, peraltro, nel comune di Favignana non risulta che la trascorsa stagione estiva sia stata compromessa da interruzioni di fornitura idrica provenienti dal Capoluogo.
Fin qui gli elementi acquisiti dal Ministero dell'interno.
La risposta comunque verrà inviata alla Presidenza del Consiglio dei ministri per le eventuali determinazioni di competenza.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alessandro Pajno.
FRANZOSO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il decreto ministeriale 27 marzo 2006, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 30 marzo 2006 prevede che il termine ultimo, e quindi perentorio, entro cui i comuni sono tenuti ad approvare il bilancio di previsione per l'anno 2006 è fissato al 31 maggio 2006;
il prefetto di Taranto, in data 1 giugno 2006, ha regolarmente diffidato sindaco, presidente del consiglio e consiglieri comunali del comune di Grottaglie (Taranto) a provvedere in merito entro e non oltre 20 giorni dalla data di ricezione delle diffida medesima;
per un'anomala circostanza la nota spedita dalla prefettura di Taranto è stata protocollata in data 6 giugno 2006;
il Consiglio di Stato, sezione VI, con sentenza n. 4657 del 4 settembre 2001, ha sancito che «la data di ricezione di un atto inviato a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento, è quello risultante dalla cartolina di ritorno e non quella successiva di assunzione a protocollo della posta in arrivo, da parte della pubblica amministrazione destinataria, stante la natura
interna del protocollo e l'inidoneità a costituire da solo mezzo di prova in favore della stessa pubblica amministrazione che lo gestisce, in contrasto con la certificazione proveniente dall'ufficio postale»;
nella diffida inviata dal prefetto di Taranto al sindaco, al presidente del consiglio e a tutti i consiglieri comunali è prescritto tassativamente che il consiglio comunale avrebbe dovuto approvare il bilancio di previsione 2006 entro e non oltre i 20 giorni dalla data di ricevimento della stessa, adempimento che quindi, tenendo conto della data di protocollo, sarebbe dovuto essere approvato entro il 26 giugno ultimo scorso;
la prefettura di Taranto pare non abbia mai fornito, in quanto non avrebbe potuto fornire, alcuna proroga in merito all'approvazione del bilancio di previsione;
avvenuta la proclamazione degli eletti al nuovo consiglio comunale di Grottaglie, il sindaco convocava lo stesso in data 28 giugno 2006, ignorando il termine abbondantemente scaduto per l'approvazione del bilancio di previsione 2006;
il Consiglio di Stato, con decisione n. 666 del 2000, ha chiarito che il consiglio comunale trascorso resta in carica fino alla proclamazione degli eletti e ben può deliberare il bilancio di previsione anche se composto da membri non più eletti nella tornata elettorale successiva;
né è peraltro plausibile una diversa determinazione della decorrenza del termine a far tempo dalla proclamazione degli eletti, tanto che i nuovi consiglieri non hanno ricevuto diffida alcuna da parte del prefetto di Taranto;
il signor prefetto di Taranto, informato - a mezzo telegramma inviatogli in data 27 giugno 2006 - di quanto in premessa, non si è ancora espresso sul merito -:
se e quali interventi intenda adottare il Ministro in indirizzo e se intenda invitare il signor prefetto di Taranto ad esprimersi in merito a quanto in premessa e, qualora il caso lo richieda, a valutare lo scioglimento del consiglio comunale del Comune di Grottaglie (Taranto), ai sensi e per gli effetti dell'articolo 141 del Testo unico, n. 267 del 2000.
(4-00520)
Risposta. - La procedura di approvazione del bilancio preventivo del comune di Grottaglie (Taranto), avvenuta comunque il 28 giugno scorso, è una complessa vicenda che si innesta nel procedimento elettorale del 28 e 29 maggio, che ha visto l'elezione del sindaco di quel comune ed il rinnovo dell'organo consiliare.
A seguito della mancata approvazione dello strumento di bilancio entro il termine previsto del 31 maggio 2006, il prefetto di Taranto il 1o giugno 2006 con raccomandata a.r., che perveniva al Comune in data 5 giugno e veniva protocollata il giorno successivo, provvedeva a diffidare il sindaco ed i consiglieri uscenti perché adottassero il documento economico-contabile.
Nello stesso giorno il sindaco neo-eletto comunicava che, con atto n. 232 del 27 aprile 2006, la giunta comunale uscente aveva provveduto ad adottare lo schema di bilancio 2006 aggiungendo, contestualmente, che la chiusura della sessione di bilancio coincideva con lo svolgimento delle elezioni amministrative del 28 e 29 maggio u.s., per cui l'amministrazione uscente - nella riunione dei Presidenti dei Gruppi consiliari - riteneva di dover temporaneamente soprassedere rimandando l'adempimento di un atto, doveroso per legge, al nuovo consiglio che si sarebbe insediato nei giorni successivi.
Solo il successivo 15 giugno 2006 veniva notificata ai 30 consiglieri uscenti la diffida contenuta nella prefettizia del 1o giugno 2006, mentre il giorno successivo l'Ufficio centrale di quel comune provvedeva a proclamare i nuovi consiglieri ed il Consiglio comunale veniva convocato per la convalida degli eletti e per l'approvazione bilancio 2006 per il 28 giugno.
A seguito dell'adozione del provvedimento consiliare n. 10 del 28 giugno 2006 di approvazione del bilancio preventivo per l'esercizio 2006, sono automaticamente caducati gli effetti conseguenti al provvedimento
di diffida che, peraltro, non risulta mai notificato ai nuovi consiglieri, atteso che gli stessi - come precisato - sono stati proclamati eletti il giorno successivo alla data di notifica del medesimo provvedimento ai consiglieri uscenti.
In considerazione della peculiare situazione venutasi a determinare, il Ministero dell'interno, a seguito di specifico quesito del prefetto di Taranto, ha ritenuto necessario attendere l'insediamento dei nuovi organi ai fini dell'attivazione delle procedure previste dall'articolo 141, comma 1, lettera c) del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Ciò in quanto la natura interlocutoria dell'atto di diffida ed il carattere sanzionatorio della successiva, eventuale fase di scioglimento del consiglio comunale andavano rivolti nei confronti di un unico destinatario, pienamente legittimato in virtù del rinnovo elettorale.
Alla luce di tale orientamento la Prefettura ha ritenuto che, nel caso di Grottaglie, non si è determinato un inadempimento in capo all'organo neoeletto ed il bilancio approvato esplica i suoi effetti giuridici ove non sia eventualmente deciso diversamente dall'autorità giurisdizionale.
Al riguardo, per completezza s'informa che la delibera di approvazione del bilancio di previsione 2006, del bilancio pluriennale 2006/2008 e degli atti connessi è stata impugnata davanti al TAR di Lecce con due distinti ricorsi presentati da altrettanti consiglieri comunali.
I ricorsi sono stati trattati alle udienze del 6 settembre e 8 novembre scorso ma, secondo quanto riferito dalla Prefettura di Taranto, a tutt'oggi non si conoscono le determinazioni dell'autorità giurisdizionale adita.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alessandro Pajno.
MELLANO, MARINO, PORETTI, BELTRANDI, MARCENARO, TREPICCIONE, COSTA, BUEMI, D'ELIA e PROVERA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in applicazione della cosidetta «legge Meduri» (legge 154/2005), per risolvere il problema della direzione degli istituti penitenziari, ormai quasi tutti sedi di dirigenza non generale, tutti i direttori penitenziari di livello C3 (ex 9) sono transitati nella dirigenza pubblica non contrattualizzata. I funzionari di livello C2, secondo la lettera della medesima legge, avrebbero dovuto transitare al livello C3 a far data dall'entrata in vigore della legge stessa, ma tale transito non è mai stato formalizzato;
sulla base del decreto legislativo n. 63 del 15 febbraio 2006, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 3 marzo 2006, gli stessi funzionari sono inquadrati «previa ricognizione delle effettive vacanze nella dotazione organica definita nella tabella A, nella qualifica di dirigente penitenziario del rispettivo ruolo professionale» (articolo 26, comma 6). Nonostante la dotazione organica prevista dalla stessa tabella A consenta l'inquadramento nella dirigenza di tutti i funzionari in argomento, tale inquadramento non è mai stato formalizzato;
la realtà è che sempre più istituti penitenziari sono diretti già oggi, e da anni, da funzionari che non sono dirigenti, con i conseguenti immaginabili paradossi amministrativi. Emblematico è il caso del Piemonte dove, a quanto risulta agli interroganti, 8 istituti su 13 sono retti da funzionari C2 (ex 8 livello) che aspettano di essere inquadrati nella dirigenza, secondo quanto stabilito dal decreto legislativo citato;
vi è un forte interesse dell'Amministrazione Penitenziaria alla celere emanazione dei provvedimenti di inquadramento onde superare le situazioni di incongruenza nei provvedimenti di preposizione di funzionari C2 alla direzione di istituti di livello dirigenziale;
fino all'approvazione della «legge Meduri», il legislatore, consapevole della situazione e della sua insostenibilità, aveva riconosciuto una indennità di funzione (articolo 33 della legge finanziaria 2003) ai direttori C2 già preposti alle direzioni degli istituti penitenziari;
le somme prima utilizzate per l'indennità di funzione sono state utilizzate per la copertura finanziaria della «legge Meduri» con l'ulteriore risultato che tali funzionari stanno continuando a svolgere funzioni dirigenziali senza più percepire la retribuzione già loro riconosciuta dal legislatore -:
perché i funzionari C2 non siano ancora transitati nella qualifica C3 secondo quanto previsto dalla lettera della «legge Meduri», nonostante siano passati 12 mesi dalla sua approvazione, e quali tempi si prevedono per tale transito;
perché i medesimi funzionari non siano ancora stati inquadrati nella qualifica dirigenziale, stante la disponibilità di posti in organico, a distanza di tre mesi dalla pubblicazione del decreto legislativo che lo impone e quali tempi si prevedano per tale inquadramento;
perché, dal momento che tali passaggi debbono avvenire secondo il rispettivo ruolo, tale ruolo non sia stato ancora pubblicato, quando se ne preveda la pubblicazione e quali sono i criteri adottati per la formazione dei ruolo medesimo;
perché non sia stata corrisposta ai medesimi funzionari l'indennità prevista dall'articolo 33 della legge finanziaria 2003 dal 1 gennaio al 31 luglio 2005, posto che la medesima indennità può essere utilizzata per finanziare la «legge Meduri» esclusivamente dalla data della sua entrata in vigore e non per l'intero anno 2005.
(4-00699)
Risposta. - In risposta all'interrogazione indicata in oggetto, si rappresenta che con provvedimento datato 30 settembre 2005, emanato in attuazione delle disposizioni transitorie di cui all'articolo 4, comma 1, della legge 27 luglio 2005 n. 154 e registrato alla Corte dei conti in data 31 ottobre 2005, sono stati nominati dirigenti 233 funzionari, già appartenenti ai profili professionali di direttore coordinatore di istituto penitenziario, direttore medico coordinatore e direttore coordinatore di servizio sociale.
Con P.D.G. del 14 settembre 2006, vistato dall'Ufficio Centrale del Bilancio in data 22 settembre 2006, ai sensi dell'articolo 4, comma 2, della predetta legge n. 154/2005, si è quindi provveduto:
a) all'inquadramento provvisorio nella posizione economica C3, con decorrenza 16 agosto 2005, del personale appartenente ai profili professionali di direttore di istituto penitenziario e direttore di servizio sociale - già in posizione economica C2 - secondo la posizione da ciascuno occupata nei rispettivi ruoli relativi all'anno 2005, nel numero massimo delle vacanze determinatesi a seguito degli inquadramenti avvenuti con il citato decreto ministeriale 30 settembre 2005;
b) all'inquadramento provvisorio nella posizione economica C2, con decorrenza 16 agosto 2005, del personale appartenente al profilo professionale di direttore penitenziario, già in posizione economica C1, secondo la posizione da ciascuno occupata nel rispettivo ruolo.
Si rappresenta, infine, che sono state attivate le procedure finalizzate alla nomina a dirigente degli aventi diritto, ai sensi del decreto legislativo 15 febbraio 2006, n. 63, con decorrenza 18 marzo 2006.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
MELLANO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
giovedì 24 agosto è previsto l'inizio dell'abbattimento selettivo dei 600 caprioli della provincia di Alessandria, all'interno di un complessivo intervento che prevede l'uccisione di oltre 50.000 capi in tutto il paese;
la polemica estiva nata sul piano regionale piemontese ha avuto, almeno, il pregio di sollevare una questione di fondo nella gestione della caccia nel nostro paese ed in particolare nell'utilizzo dello strumento
dell'abbattimento selettivo al posto dei metodi selettivi ecologici;
gli scontri, per ora solo verbali ed attraverso le colonne dei giornali, fra animalisti, rappresentanti istituzionali e cacciatori, hanno fornito l'occasione di approfondimenti scientifici e di un dibattito nell'opinione pubblica;
la legge di riferimento, scritta anche sull'onda dei referendum radicali contro la caccia degli anni ottanta e condizionata dalla nascita in Italia dei movimenti ambientalisti, deve essere ancora puntualmente applicata, soprattutto nelle sue parti più innovative ed ambientaliste;
il comma 2 dell'articolo 19 (Controllo della fauna selvatica) della legge 11 febbraio 1992, n. 157 «Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio» regolamenta in modo chiaro ed univoco: «2. Le regioni, per la migliore gestione del patrimonio zootecnico, per la tutela del suolo, per motivi sanitari, per la selezione biologica, per la tutela del patrimonio storico-artistico, per la tutela delle produzioni zoo-agro-forestali ed ittiche, provvedono al controllo delle specie di fauna selvatica anche nelle zone vietate alla caccia. Tale controllo, esercitato selettivamente, viene praticato di norma mediante l'utilizzo di metodi ecologici su parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica. Qualora l'Istituto verifichi l'inefficacia dei predetti metodi, le regioni possono autorizzare piani di abbattimento. Tali piani devono essere attuati dalle guardie venatorie dipendenti dalle amministrazioni provinciali. Queste ultime potranno altresì avvalersi dei proprietari o conduttori dei fondi sui quali si attuano i piani medesimi, purché muniti di licenza per l'esercizio venatorio, nonché delle guardie forestali e delle guardie comunali munite di licenza per l'esercizio venatorio.» -:
se non ritenga opportuno promuovere un'attività di monitoraggio volte ad accertare:
1) quali siano le procedure generalmente attuate dalle Regioni e dalle Province per la conoscenza, il controllo e la gestione del patrimonio faunistico nazionale;
2) se l'abbattimento selettivo attuato ogni anno dalle Regioni e previsto per i prossimi giorni in Piemonte sia compatibile con la testualità della norma della legge 157/92;
3) se siano stati messi in campo tutti i «metodi ecologici» previsti per l'attuazione degli eventuali prelievi selettivi;
4) quali siano le motivazioni e le giustificazioni che rendono «normale» il ricorso «straordinario» del prelievo selettivo;
5) quali siano le ragioni dell'inefficacia dei metodi ecologici attuati, laddove siano eventualmente stati attuati.
(4-00940)
Risposta. - In merito a quanto rappresentato nell'interrogazione in esame, l'Amministrazione ha interessato l'Istituto nazionale per la fauna selvatica, organismo di ricerca e consulenza per lo Stato e gli enti locali in tema di conservazione e gestione del patrimonio faunistico nazionale.
L'Istituto ha fornito gli elementi di seguito riportati.
Il prelievo selettivo degli ungulati, ai sensi dell'articolo 18 della legge n. 157/92, e regolamentato dalle regioni con il solo limite di assicurare la conservazione delle popolazioni oggetto di prelievo; ipotesi diversa dai piani di controllo numerico di singole popolazioni che arrechino danni all'ambiente o ad attività economiche, previsti dall'articolo 19 della legge n. 157/92.
Quanto all'uso di «metodi ecologici», quale ad esempio la cattura ed il trasferimento di animali, nel caso di specie, la tecnica ritenuta più appropriata per la cattura di soggetti in ambiente appenninico è quella dell'utilizzo di reti a caduta.
Tecnica questa ultima non priva di possibili effetti collaterali come eventi traumatici successivi all'impatto degli animali con le reti, fenomeni di stress acuto derivante dalla immobilizzazione degli animali stessi e costrizione nelle casse di trasporto,
mortalità successiva alla cattura (anche alcuni giorni dopo il rilascio) a causa dell'accumulo di acido lattico nei muscoli.
Quanto alla possibilità di introdurre i caprioli provenienti dall'Italia settentrionale nelle regioni del Sud, si evidenzia che ciò potrebbe determinare una grave minaccia per la conservazione delle popolazioni relitte come quelle del Capriolo italico, che si trovano nel Parco Nazionale del Pollino e nelle foreste dell'Orsomarso e sono altrettanto meritevoli di attenzione e tutela.
I caprioli presenti sulle Alpi e sull'Appennino settentrionale, infatti, hanno una origine centro-europea (Capreolus capreolus) e presentano un'identità genetica ben riconoscibile e distinta rispetto ai caprioli presenti nell'Italia meridionale, che appartengono, invece, alla sottospecie autoctona (c.c.italicus).
Diversamente, il trasferimento in aree protette dell'Italia centrosettentrionale, idonee dal punto di vista ambientale e ove la specie non è presente o si trova in bassa densità, non presenta controindicazioni dal punto di vista biologico e gestionale.
Infine, si fa presente che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha incaricato l'Istituto nazionale per la fauna selvatica di predisporre uno studio di fattibilità in merito alla possibilità di catturare e trasferire i caprioli provenienti dalla provincia di Alessandria in altre aree idonee nell'Italia centro-settentrionale.
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Paolo De Castro.
MELLANO, GIACHETTI, TURCO, BELTRANDI, MANCINI, D'ELIA, DELLA VEDOVA, COTA, COSTA, MARCENARO, BONIVER e PAOLETTI TANGHERONI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri, al Ministro del commercio internazionale. - Per sapere - premesso che:
il 30 aprile di quest'anno si sono svolte le elezioni legislative anticipate nella Repubblica Democratica Popolare Lao (RDPL) che sono state definite «una farsa» dagli osservatori internazionali con 114 seggi su 115 assegnati ai membri del Partito unico (mentre la candidatura dell'unico deputato «indipendente» è stata presentata dal comitato centrale della Gioventù Rivoluzionaria), con sole 147 schede nulle registrate in tutto il Paese e con un'affluenza addirittura superiore al 100 per cento poiché, come annunciato da Samane Vignaketh, presidente della commissione elettorale nazionale, numero due del regime e presidente uscente dell'Assemblea nazionale, «sono state scrutinate 2.819.904 schede su 2.819.580 elettori iscritti»;
il 26 ottobre 1999 vi fu un tentativo di marcia pacifica da parte di studenti, insegnanti e altri cittadini lao, a Vientiane, capitale della RDPL, tentativo brutalmente represso dalla polizia politica;
il 26 ottobre 2006 ricorrerà il 7 anniversario dell'arresto e della conseguente scomparsa, insieme a decine di altre persone, dei signori Thongpaseuth Keuakoun, Seng-aloun Phengphanh, Bouavanh Chanmanivong, Khamphouvieng Sisa-At, e Keochay, i cinque leader del «Movimento del 26 ottobre 1999», autori di numerosi articoli sulla situazione del Laos e sulla necessità di riforme democratiche;
il 26 ottobre 2006 ricorrerà anche il 5 anniversario dell'arresto di cinque militanti del Partito Radicale Transnazionale (On. Olivier Dupuis, Nikolaj Khramov, Massimo Lensi, Silvja Manzi e Bruno Mellano), arresto avvenuto in seguito a una manifestazione nonviolenta svoltasi a Vientiane per conoscere la sorte dei cinque leader studenteschi laotiani desaparecidos dal 1999 e per richiedere, altresì, «Libertà, Democrazia e Riconciliazione» per il Laos;
è stato confermato il decesso in prigione del signor Khamphouvieng Sisa-At, conseguenza delle privazioni e delle condizioni inumane della sua detenzione;
Reporters Sans Frontières ha reso noto che il signor Thongpaseuth Keuakoun
è stato condannato a venti anni di prigione per «attività antigovernativa»;
la sorte degli altri desaparecidos rimane tuttora sconosciuta e ci sono forti timori che non tutti siano ancora in vita;
si susseguono e si prevede che si intensifichino, come ogni anno nel periodo di Natale, le campagne di persecuzione contro i cristiani laotiani, minoranza religiosa nel Paese, ai quali viene imposta con la forza la rinuncia alla propria fede religiosa;
proseguono le violente repressioni contro le popolazioni Lao-Hmong nella giungla di Xaysomboun e di Bolikhamsay nonché i trasferimenti di massa di popolazioni indigene;
si sono intensificati i traffici illegali di legno pregiato tra il Laos e la Thailandia, con gravi ed irreparabili danni ambientali e forestali;
l'Accordo di cooperazione Laos-Unione europea dell'aprile 1997 prevede esplicitamente, all'articolo 1 della sua «clausola diritti umani», il pieno «rispetto dei principi democratici e dei diritti umani fondamentali» da parte delle due controparti firmatarie; la cogenza di questo requisito fondamentale è stata peraltro ribadita a più riprese dal Parlamento europeo (si ricordano le quattro Risoluzioni sul Laos adottate all'unanimità il 15 febbraio e il 15 novembre 2001, il 3 luglio 2003 nonché il 1 dicembre 2005) e che, oltretutto, il programma con cui la coalizione di centro-sinistra ha vinto le elezioni prevede esplicitamente una «clausola etica» per il commercio con i paesi esteri;
in particolare la Risoluzione del Parlamento europeo del 1 dicembre 2005 chiede alle autorità laotiane di «elaborare e attuare al più presto tutte le riforme necessarie per la democratizzazione del Paese, per garantire la pacifica espressione dell'opposizione politica e per assicurare la celere organizzazione di elezioni multipartitiche sotto il monitoraggio internazionale al fine della riconciliazione nazionale»;
la condotta delle autorità di Vientiane contraddice l'adesione del Laos, formalizzata il 7 dicembre 2000, a due convenzioni delle Nazioni Unite sui diritti umani (l'una riguardante i diritti civili e politici, l'altra i diritti economici, sociali e culturali);
il Laos, a fronte di ingenti aiuti umanitari da parte della comunità internazionale, in particolare dell'Unione europea e quindi dei suoi Stati membri, rimane uno dei Paesi più poveri del pianeta;
solo un processo di riforme ambizioso e rapido, volto all'instaurazione della democrazia e dello Stato di Diritto e fondato su un reale processo di riconciliazione nazionale, permetterà al Laos, all'insieme dei suoi cittadini (quelli abitanti nel Paese e quelli in esilio, un quinto del totale), di incardinare una reale dinamica di crescita civile ed economica;
sia la liberazione degli studenti, delle personalità politiche e degli altri prigionieri di opinione sia la ricerca di una soluzione giusta e soddisfacente per la situazione drammatica dei cristiani e delle popolazioni Lao-Hmong costituirebbero atti di forza e di saggezza da parte delle autorità laotiane, iniziative che sarebbero interpretate dalle autorità dell'Unione europea e dei suoi Stati membri come impulso a rafforzare le relazioni tra il Laos e l'Unione europea -:
se il Governo sia a conoscenza della situazione dei diritti umani in Laos e del mancato rispetto degli impegni internazionali in materia;
se non ritenga di doversi attivare nelle sedi internazionali al fine non solamente di conoscere la sorte dei desaparecidos laotiani di cui in premessa ma altresì di salvaguardare i diritti fondamentali di tutti i prigionieri politici e di coscienza, detenuti nelle carceri laotiane senza processo e in contrasto con le regole del diritto internazionale;
se non ritenga di doversi adoperare in sede europea per indurre il Governo della Repubblica Democratica Popolare
Lao (RDPL) a conformarsi alla Risoluzione del Parlamento europeo del 1 dicembre 2005;
come il Governo intenda operare in sede europea e internazionale affinché la Croce Rossa Internazionale possa recarsi in Laos per verificare le effettive condizioni di detenzione dei prigionieri politici e di coscienza;
quali azioni il Governo intenda intraprendere in sede europea e internazionale affinché le relazioni economiche, politiche e diplomatiche con la RDPL siano condizionate all'effettivo rispetto dei diritti umani, civili e politici e delle libertà religiose.
(4-01291)
Risposta. - L'Italia, in accordo con l'Unione europea, segue con attenzione ed interesse l'evolversi della situazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali in Laos.
Va peraltro posto in evidenza che la nostra attività in questo settore, in assenza di una ambasciata italiana in loco, si esplica necessariamente attraverso il braccio operativo dell'Unione europea e dei relativi Capi Missione accreditati nel Paese.
Da alcuni anni i Paesi occidentali ed in particolare l'Unione europea, hanno avviato un dialogo critico con le autorità di Vientiane che prevede, da un lato, un sostegno allo sviluppo economico e sociale del Paese, e dall'altro, l'assunzione di impegni delle autorità locali su temi sensibili, quale quello del rispetto dei diritti umani.
Benché le autorità laotiane dimostrino una certa apertura al dialogo sui diritti umani con gli osservatori stranieri, notevoli reticenze permangono quando si affrontino temi legati alle minoranze etniche, ai prigionieri di coscienza o dell'accesso alle strutture carcerarie, interdetto anche alla Croce Rossa Internazionale.
La tornata di passi ufficiali che l'Unione europea ha svolto quest'anno in vari Paesi sul tema della tortura e dei trattamenti degradanti ha toccato anche il Laos.
In particolare, la questione del trattamento riservato alla minoranza Hmong il 10 febbraio 2006 ha formato l'oggetto di uno specifico passo.
Secondo informazioni raccolte nel Paese, si registra un nuovo flusso di profughi Hmong verso la Tailandia, ciò che accresce le tensioni nelle cosiddette «Special Zones» (aree di confine dove essi si concentrano). Non è invece al momento confermata l'uccisione di alcuni Hmong nelle «Special Zones» lo scorso mese di aprile da parte delle forze speciali laotiane.
Alcune agenzie delle Nazioni unite si sono comunque attivate sulla questione ed è stata avviata una discussione in sede per definire la posizione comune da assumere in merito, non solo nei confronti di Vientiane, ma anche di Bangkok.
Nell'estate del 2005, le autorità tailandesi hanno deciso che i Hmong di origine laotiana che vivevano in villaggi tailandesi vicino alla frontiera con il Laos dovevano essere rimpatriati visto che erano entrati in Tailandia illegalmente, i Hmong sono pertanto stati radunati in un campo nella Provincia tailandese di Petchabun in attesa del rimpatrio dove, secondo il recente rapporto dei capi missione dell'Unione europea, vi sarebbero oggi tra 6000 e 7500 persone (di cui una percentuale considerevole sarebbe costituita da Hmong di origine tailandese che vorrebbero espatriare negli Stati Uniti). La cifra delle persone nel campo è in continuo aumento.
Il Governo di Bangkok continua a sostenere che i Hmong di origine laotiana entrano illegalmente in territorio tailandese, attratti dalle migliori prospettive economiche e non per il mancato rispetto dei diritti umani nel loro Paese d'origine, ed in base a ciò applica la sua politica dei rimpatri.
Va registrato che, nel corso di un recente incontro tra i primi ministri tailandese e laotiano, è stata riconosciuta per la prima volta da parte di Vientiane l'esistenza di un problema di gruppi Hmong in fuga dal Laos verso la Tailandia ed è stato concordato dai due primi ministri di discutere nel prossimo futuro della questione a livello operativo.
L'auspicio di una stretta collaborazione tra il Laos e la Tailandia - che peraltro
non hanno ancora firmato la Carta Onu per i rifugiati - per trovare una soluzione alla questione, è anche contenuto nelle raccomandazioni dell'ultimo rapporto dei Capi Missione dell'Unione europea.
Secondo tale rapporto, i problemi maggiori sono legati ad un monopartitismo esasperato che non lascia spazio all'opposizione politica, un sistema giudiziario largamente insufficiente, e totalmente subordinato alla volontà governativa, una corruzione diffusissima a vari livelli e le segnalazioni di sparizioni forzate e maltrattamenti a cui sono sottoposti i detenuti nelle carceri.
I capi missione riferiscono anche che il Laos sta lasciando lentamente la precedente politica di chiusura aprendosi gradualmente al mondo. Tale risultato è peraltro attribuibile all'esistenza di numerosi progetti di cooperazione finanziati dalla Commissione europea e da altri organismi internazionali che hanno una spiccata componente riservata ai diritti umani.
Il Governo italiano continuerà a svolgere, d'intesa con i partners comunitari, un'attiva opera di sensibilizzazione delle autorità laotiane affinché diano segnali concreti e precisi del loro impegno a favore dei diritti umani.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Gianni Vernetti.
MENIA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
l'UE ha adottato il regolamento 2252/2004 che prevede l'introduzione del passaporto elettronico (PE) nel corso del 2006 e gli Stati Uniti hanno posto ai paesi beneficiari del Visa Waiver Program l'adozione del PE entro il 26 ottobre come condizione per il mantenimento della possibilità di entrare nel paese o transitare per le sue aerostazioni senza necessità di visto;
per la limitatezza dei tempi disponibili non è stato approntato un adeguato programma di formazione teorico-pratica del personale del MAE (Ministero degli affari esteri) per l'uso delle attrezzature per il rilascio di PE, che nella maggioranza assoluta dei casi non ha potuto frequentare corsi di preparazione;
il «programma passaporti» informatico precedentemente in dotazione alla rappresentanza diplomatico-consolari e quello nuovo relativo al PE non possono essere tra di loro connessi, ingenerando il grave problema della necessità di svolgere due volte lo stesso lavoro, con gli inevitabili aggravi in termini di carico di lavoro;
il problema della imprescindibile presenza fisica nell'ufficio preposto al rilascio del documento della persona che richiede il passaporto per la rilevazione delle impronte digitali comporta inevitabili problemi di protezione di dati delicati, ai quali non è ancora stata data risposta;
sin dall'inizio del rilascio dei primi passaporti si è riscontrato il problema del necessario doppio inserimento dati per difformità della numerazione dei libretti biometrici con quelli ICAO (international civil aviation organization), determinando un ulteriore carico di lavoro inutile e provocato da un applicativo inadeguato;
i servizi di help desk on line e manualistica relativi al PE sono stati inseriti nell'intranet proprio nei giorni durante i quali lo stesso intranet non era disponibile, lasciando la rete diplomatico-consolare priva di indicazioni;
numerose sedi hanno denunciato una insostenibile lentezza nella rete di collegamento (SSCE), che ha costretto a modificare le linee già in uso e i collegamenti telematici MAE-MinInterno si sono rivelati alla prova dei fatti assolutamente inadeguati e tali da richiedere l'installazione di nuove linee ottiche;
dai primi trionfali dati diramati dalla Farnesina in relazione al rilascio dei primi passaporti, si è passati ad una costante richiesta di rettifica da parte delle sedi interessate, che mai avevano rilasciato i passaporti sbandierati dal MAE oppure avevano stampato solo alcuni libretti di prova;
l'invio degli specimen dei nuovi documenti da distribuire alle autorità dei paesi di accreditamento e stato effettuato in maniera tale da non consentire la distribuzione di detto materiale ai destinatari, ingenerando un ingiustificato ritardo nelle comunicazioni ai partners;
in numerosi casi il servizio di assistenza tecnica alle sedi non ha funzionato, facendo sì che ad oltre un mese dall'avvio del rilascio (teorico) dei nuovi passaporti alcune sedi non possano rispondere in maniera adeguata alle richieste dei connazionali -:
quali provvedimenti intenda adottare, in quali tempi, con quali risorse umane e finanziarie, secondo quali modalità; se siano stati sentiti i partners comunitari o vi sia stata comunque collaborazione e scambio di dati in ordine a tali programmi al fine di risolvere le problematiche sopra ricordate.
(4-01780)
Risposta. - In ottemperanza all'impegno assunto dall'Italia in ambito comunitario di adottare nel 2006 il passaporto elettronico ed alle intese nello stesso senso intervenute con gli Stati Uniti per il mantenimento del Visa Waiver Program, per l'ingresso od il transito nel Paese senza necessità di visto, il Ministero degli affari esteri, congiuntamente con il Ministero dell'interno, ha avviato, entro la data prevista del 26 ottobre scorso, l'emissione del nuovo documento di viaggio.
Per la realizzazione del programma, il Ministero degli esteri ha adottato la soluzione, più complessa sotto il profilo tecnico-organizzativo ma di gran lunga più efficace in quanto l'unica in grado di rispondere veramente alle esigenze dei nostri connazionali all'estero, di creare una o più postazioni di lavoro presso ogni ufficio ed ogni cancelleria consolare in grado di «personalizzare», cioè emettere con tutti i dati richiesti, i passaporti elettronici. L'alternativa, adottata dalla maggior parte degli altri paesi, era quella di emettere a Roma tutti i passaporti richiesti all'estero per poi inoltrarli per posta celere, con una enorme lievitazione dei costi e dei tempi di consegna. Ad esempio la Germania, che ha scelto il sistema centralizzato, è costretta a far pagare, oltre al prezzo del passaporto, 200 euro aggiuntivi per la sua consegna entro quattro giorni lavorativi, mentre gli uffici consolari italiani sono in grado di rilasciare i passaporti elettronici anche a vista, senza alcun sovrapprezzo.
Nonostante l'estrema complessità tecnica dell'operazione volta a dotare tutti gli uffici consolari nei cinque continenti delle sofisticate e delicate apparecchiature necessarie per l'emissione dei passaporti elettronici, di attivarle in ambienti estremamente diversi sotto numerosi profili e di stabilire i necessari collegamenti telematici con il Ministero degli affari esteri e, per suo tramite, con il sistema di sicurezza e certificazione istituito presso il Ministero dell'interno (non c'è stato il ricorso alle fibre ottiche menzionato nell'interrogazione), merita rilevare che l'intera operazione è stata effettuata nel tempo record di meno di sei mesi, essendo stata adottata nel maggio scorso la decisione in favore del decentramento delle postazioni.
Ovviamente, dal momento dell'attivazione è stato necessario procedere alla messa a punto del sistema, ciò è stato fatto assicurando nelle prime settimane un servizio di assistenza e formazione degli addetti al rilascio dei passaporti operativo 24 ore su 24 e sette giorni alla settimana.
La formazione degli addetti è stata curata sia in tal modo, sia attraverso manualistica e materiale mediatico on line continuamente aggiornato (e pertanto non inserito proprio al momento della temporanea interruzione di intranet per la normale manutenzione, come asserito nell'interrogazione), sia infine a mezzo di appositi corsi aperti a tutti gli operatori che si trovavano in Italia nei mesi estivi per un periodo di congedo. Tali corsi erano comunque soltanto di supplemento ai corsi veri e propri tenuti con le altre metodologie prima accennate, sia perché l'intero sistema non era ancora operativo, sia perché forzatamente ristretti ad un numero limitato di allievi.
La necessità di rispettare gli impegni comunitari e quelli con gli Stati Uniti ha
avuto come corollario uno sfasamento temporale fra l'avvio dell'emissione dei passaporti elettronici, nell'ottobre scorso, e la realizzazione della nuova anagrafe consolare, prevista per la seconda metà dell'anno prossimo. Da ciò è sorta la necessità di soluzioni provvisorie, come il doppio inserimento dei dati. La vecchia anagrafe consolare, impostata su hardware e software ormai vetusti, non consentiva infatti una connessione col nuovo sistema di emissione. È stato comunque già programmato il sistema di passaporto elettronico integrato nella nuova anagrafe consolare, che dovrebbe essere realizzato in concomitanza con quest'ultima, nella seconda parte del 2007.
Quanto alla menzionata necessità della presenza fisica di colui che richiede il passaporto per la rilevazione delle sue impronte digitali, si rileva che in ambito comunitario è stato deciso di rinviare di un anno e mezzo la decisione in merito all'acquisizione di tali impronte e che pertanto, finché non interviene una decisione in tal senso, non viene effettuata alcuna rilevazione delle impronte.
Quanto ai primi «trionfali dati della Farnesina» è doveroso rilevare che essi vengono giornalmente confermati dal pieno successo dell'operazione e non sono in alcun modo invalidati da poche unità di passaporti stampati per prova nei primi giorni e conteggiati dal sistema di rilevazione elettronica come passaporti emessi: al 14 dicembre sono stati rilasciati quasi 30.000 passaporti elettronici da ben duecentonove sedi consolari italiane, permanendo minori problemi di aggiustamenti per meno di una dozzina di uffici consolari che operano in Paesi che presentano particolari difficoltà per i collegamenti telematici, talvolta anche in relazione ad «interferenze» che si verificano. Pertanto, alla stessa data, la rete consolare risulta pienamente operativa per il rilascio del 99,7 per cento dei passaporti elettronici richiesti.
Per le considerazioni sopra esposte - ed in particolare per la capacità, grazie al sistema decentrato di emissione dei passaporti, di rilasciare i nuovi documenti di viaggio anche a vista e senza alcun onere aggiuntivo - l'Italia si trova oggi all'avanguardia nel settore dell'emissione dei passaporti elettronici all'estero, ciò costituisce un traguardo di notevole rilievo anche in relazione alla numerosissima collettività italiana all'estero ed alla vasta e capillare rete consolare che il nostro Paese ha nei cinque continenti.
Il Viceministro degli affari esteri: Franco Danieli.
MIGLIORI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la recente pericolosa misura dell'indulto oltre a provocare evidenti danni alla sicurezza dei cittadini e colpire i criteri base della certezza della pena, a giudizio dell'interrogante, ha determinato anche effetti paradossali quali lo svuotamento praticamente totale del Carcere di Empoli (Firenze) denominato «Del Pozzale»;
tale struttura non può rimanere inutilizzata in una fase difficile per le potenzialità carcerarie italiane e per il sotto utilizzo conseguente degli agenti di polizia penitenziaria ivi operanti;
è opportuno definire il futuro di tale struttura carceraria fuori da ogni pregiudiziale demagogia che vorrebbe inutilizzato tale stabilimento per l'assenza di popolazione carceraria da «recuperare» secondo la metodologia fino ad oggi ivi assicurata soprattutto sul versante del recupero da tossicodipendenza -:
quali urgenti iniziative operative in merito il Ministero intenda assicurare al Carcere di Empoli, tenendo in conto soprattutto le esigenze di sicurezza dei cittadini di Empoli e della Valdelsa.
(4-01031)
Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame, si rappresenta che l'istituto di Empoli si articola in due sezioni e dal 1997 ospita detenute con problemi di tossicodipendenza.
La struttura si inserisce nel circuito a custodia attenuata destinato al trattamento di riabilitazione avanzato per tossicodipendenti.
Dalle rilevazioni statistiche acquisite dal sistema informativo del SIDET, alla data del 4 novembre 2006 le detenute ristrette ad Empoli risultavano 13, a fronte di una capienza regolamentare di 20 posti, dunque un numero che non consente di parlare di «svuotamento» della struttura.
Mediamente, la presenza di detenuti si attesta, nell'arco dell'anno, intorno alle 11 unità e tale numero è sufficiente a garantire il mantenimento ed il pieno utilizzo di detta struttura.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
NESPOLI e CASTIELLO. - Al Ministro della salute, al Ministro degli affari regionali e le autonomie locali. - Per sapere - premesso che:
nel corso del «question time» di lunedì 7 novembre 2006, il Vice Presidente del Consiglio, l'onorevole Francesco Rutelli, in risposta ad un'interrogazione del gruppo di Alleanza Nazionale, ha affermato che il Governo ha revocato alla regione Campania 700 milioni di finanziamenti assegnati in base all'articolo 20 della finanziaria del 1988;
il programma di spesa adottato, per l'utilizzo dei fondi previsti dal richiamato articolo 20, fu diviso in due triennalità. La prima avviata nel 1998 da parte della Giunta Regionale della Campania presieduta dall'onorevole Antonio Rastrelli che risulta tutta conclusa. La seconda fase, attivata solo nel 2002 con un accordo di programma specifico, ha visto la regione Campania scontare un sensibile ritardo nella presentazione dei progetti esecutivi e nell'utilizzo dei fondi;
come riferisce la stampa quotidiana, a fine 2005 i progetti ancora fermi nei meandri della burocrazia e dei colpevoli ritardi delle 13 ASL e delle otto aziende ospedaliere della regione Campania erano 176. In quella data risultavano finanziati solo 27 progetti per un totale di 404 milioni di euro, il 36 per cento dei 1168 milioni disponibili;
da detto quadro emerge che la regione Campania risulta essere di gran lunga al di sotto della media di utilizzo dei fondi disponibili per l'edilizia sanitaria, vanificando legittime aspettative che negli anni hanno animato notevoli mobilitazioni popolari a difesa di interventi strutturali, come la costruzione di nuovi ospedali, ritenuti necessari per recuperare efficienza e standars sanitari civili in zone della regione Campania degradate anche dalla carenza di strutture sanitarie;
la stampa quotidiana e locale, riferisce che la revoca di detti finanziamenti adottata dal Governo ai danni della regione Campania, determinerebbe lo stop definitivo, tra gli altri progetti che non avrebbero più copertura finanziaria, della costruzione dei nuovi ospedali di Afragola, Pomigliano, Capua e Teano -:
in base a quale norma legislativa ed in seguito a quali inadempienze sostenute dalla regione Campania sia stato assunto tale provvedimento di revoca dei finanziamenti;
quanti e quali siano i progetti proposti dalla regione Campania che in seguito al provvedimento di revoca dei finanziamenti non saranno più, finanziariamente, sostenibili. Se, tra questi, siano collocati anche quelli che riguardavano la nuova costruzione degli ospedali indicati in premessa.
(4-01597)
Risposta. - Va preliminarmente ricordato che l'articolo 1, comma 310, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006) prevede, tra l'altro, che «al fine di razionalizzare l'utilizzazione delle risorse per l'attuazione del programma di edilizia sanitaria di cui all'articolo 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67, e successive modificazioni, gli accordi di programma sottoscritti dalle regioni e dalle province autonome di Trento e Bolzano, ai sensi dell'articolo 5-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992,
n. 502 e successive modificazioni, e dell'articolo 2 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, decorsi diciotto mesi dalla sottoscrizione, si intendono risolti, limitatamente alla parte relativa agli interventi per i quali la relativa richiesta di ammissione al finanziamento non risulti presentata al Ministero della salute entro tale periodo temporale, con la conseguente revoca dei corrispondenti impegni di spesa».
In applicazione di tale disposizione, questo ministero ha proceduto alla opportuna ricognizione di tutti gli accordi di programma già sottoscritti e soggetti a risoluzione. A seguito di tale ricognizione e della idonea verifica effettuata con le Regioni, il Decreto del Ministro della salute ad interim, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze ad interim, del 12 maggio 2006, che si allega in copia, ha individuato per ciascuna regione gli interventi da revocare.
Per quanto riguarda la regione Campania, sono stati revocati sull'Accordo di programma, sottoscritto tra il ministero della salute e la Regione il 20 dicembre 2000, n. 176 interventi, per un importo pari a 705.801.142,09. Tra gli altri interventi compaiono anche quelli relativi alla costruzione dei nuovi ospedali di Afragola, Pomigliano, Capua e Teano, citati nell'atto parlamentare. Occorre, comunque, precisare che la revoca non comporta la perdita dei fondi da parte della regione, ma, agli effetti pratici, soltanto una indisponibilità di cassa, in quanto resta immediatamente disponibile, come cassa, il 35 per cento delle risorse revocate, pari a euro 247.030.399,73 (articolo 1, comma 312 della legge finanziaria 2006).
Per quanto riguarda il restante 65 per cento, pari a euro 458.770.742,36, tali somme restano sempre assegnate alla regione Campania che potrà utilizzarle, in fasi successive, per la sottoscrizione di un nuovo accordo.
In tale sede, in conformità alle strategie e alle esigenze individuate dalla programmazione regionale, potrà essere riproposta, tra gli altri interventi, anche la costruzione dei nuovi ospedali secondo gli standard previsti all'articolo 1, comma 285 della citata legge finanziaria, relativi a presidi comprensivi di degenze per acuti con un numero di posti letto non inferiore a 250, ovvero a presidi per lungodegenza e riabilitazione con un numero di posti letto non inferiore a 120.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Antonio Gaglione.
OLIVIERI. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
il 3 dicembre 2001 diventava operativo l'ufficio postale di Savona, succursale n. 2, situato presso la galleria del centro commerciale Ipercoop;
nonostante alcune limitazioni derivanti dal contratto con la direzione della galleria (per esempio l'ufficio non poteva collocare prodotti finanziari d'investimento ad eccezione di aperture conti Bancoposta e sottoscrizioni di Buoni postali) e nonostante alcuni limiti riscontrati nell'organizzazione dell'ufficio (come più volte segnalato anche dalle organizzazioni sindacali), l'ufficio ha rapidamente visto aumentare il volume d'attività essendo, anche in virtù della favorevole collocazione, sempre più frequentato dagli utenti;
Poste italiane hanno recentemente informato le organizzazioni sindacali territoriali di categoria circa l'intenzione dell'azienda di chiudere l'ufficio a far data dal 1 agosto 2006;
tale scelta, oltre ad apparire autolesionista in relazione all'interesse stesso dell'azienda, è destinata a sollevare sconcerto e dissenso nei cittadini utenti -:
pur nella salvaguardia dell'autonomia di Poste italiane se il Governo intenda attivarsi per favorire il ripensamento di Poste italiane circa la chiusura dell'ufficio, così come auspicato dalla comunità locale e dalle organizzazioni sindacali.
(4-00640)
Risposta. - Al riguardo si ritiene opportuno ricordare che a seguito della trasformazione dell'ente Poste italiane in società
per azioni (delibera CPE 18 dicembre 1997), il Governo non ha il potere di sindacare gli aspetti organizzativi riguardanti la gestione aziendale, anche sotto il profilo della gestione del personale, materie che rientrano nell'ambito dell'autonomia della società, la quale, tuttavia, è tenuta ad impostare i propri programmi strategici alla luce della vigente normativa che impegna la stessa società al conseguimento ed al mantenimento dell'equilibrio gestionale, nonché al raggiungimento di livelli di efficienza ed affidabilità del servizio paragonabili a quelli degli altri Paesi europei.
Al Ministero delle comunicazioni - quale Autorità di regolamentazione del settore postale - spetta il compito di vigilare sul corretto adempimento degli obblighi derivanti dallo svolgimento del servizio universale.
Ciò premesso in linea generale per quanto concerne la specifica situazione dell'ufficio postale di Sarzana 2 (e non Savona 2 come erroneamente riferito dalla interrogante nell'atto parlamentare cui si risponde), la società Poste - appositamente interessata al riguardo - ha comunicato quanto segue.
L'ufficio di Sarzana, che attualmente non deve più sottostare alle limitazioni alla vendita di prodotti e servizi aziendali come inizialmente previsto dagli accordi intercorsi con i responsabili del centro commerciale in cui lo stesso ufficio è ubicato, presenta notevoli carenze strutturali che ne compromettono le possibilità operative ed i conseguenti ritorni economici.
La società Poste, pertanto, allo scopo di risolvere le criticità dell'ufficio ha avviato trattative con i responsabili del centro commerciale al fine di ottenere la fruizione di locali di metratura adeguata, idonei allo svolgimenti dei servizi resi dall'azienda al duplice scopo di assecondare le richieste dell'utenza e di incrementare i ricavi.
Il Ministro delle comunicazioni: Paolo Gentiloni Silveri.
PEDRIZZI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
al fine di dare seguito alle convergenti indicazioni emerse dalla riunione congiunta delle Commissioni Esteri e Difesa di Senato e Camera nella XIV legislatura, il Consiglio dei Ministri n. 46 del 23 febbraio 2006 ha deciso di adottare tutte le iniziative opportune a dare respiro strategico e forte valenza operativa alla partnership Italia-Libia;
è stata assegnata priorità a chiudere definitivamente il capitolo storico del passato coloniale, anche con misure significative, oltre a quelle già eseguite ed in corso di esecuzione, da concordare con la parte libica, che diano segno di amicizia tra i due popoli, in particolare quella della concessione senza discriminazione dei visti ai profughi italiani;
si continua a ricercare con la parte libica una soluzione accettabile del contenzioso economico sui crediti che vantano le aziende italiane espulse dal territorio libico;
i componenti dell'AIRL (Associazione Italiana Rimpatriati dalla Libia) erano proprietari in Libia di beni mobili ed immobili ed hanno ivi esercitato le proprie attività, contribuendo allo sviluppo delle relazioni industriali e commerciali del paese stesso;
nell'anno 1970, a seguito del mutamento del regime di governo, i nostri connazionali residenti in Libia ed i loro danti causa, subivano, in quanto cittadini italiani, l'espulsione dal territorio libico e la confisca di tutti i loro beni da parte del Governo della Libia, in violazione del Trattato Italo-Libico del 1956, nonché delle Risoluzioni dell'ONU relative alla proclamazione di indipendenza della Libia, che garantivano diritti ed interessi della comunità italiana;
in quella occasione, probabilmente per ragioni di opportunità politica ed economica, il Governo italiano ritenne di dover accettare il fatto compiuto, senza denunciare la violazione del Trattato del 1956 e senza avvalersi della clausola arbitrale
espressamente prevista dall'articolo 17 del Trattato medesimo;
il Parlamento italiano ha approvato, dapprima, la legge del 6 dicembre 1971, n. 1066, con la quale si riconosceva un acconto sugli indennizzi spettanti ai cittadini italiani per i beni perduti, e successivamente la legge del 28 novembre 1980 n. 16, legge del 5 aprile 1985 n. 135 e legge del 29 gennaio 1994 n. 98 che sono ancora in via di applicazione;
la misura degli indennizzi normativamente riconosciuti non può considerarsi certamente congrua, sia per ciò che concerne la valutazione dei beni confiscati, sia per la difficoltà o, addirittura l'impossibilità di reperire la documentazione richiesta a supporto delle domande di indennizzo;
nel luglio 1998, interveniva tra Italia e Libia un accordo, che pur affrontando e risolvendo diverse «questioni aperte» tra i due Paesi, non faceva alcun cenno alla questione del risarcimento per i beni confiscati dalla Libia ai cittadini italiani;
il Governo italiano è stato più volte interpellato e sollecitato ad operarsi in ambito internazionale per conseguire una risoluzione della questione, ma nessuna reale ed efficace azione è stata intrapresa in tal senso, nei trentasei anni che sono trascorsi dalla rivoluzione libica;
alcuni componenti dell'AIRL, hanno avviato un azione legale innanzi alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (CEDU) per censurare la presenza di una prassi amministrativa di tolleranza da parte dell'Italia di un comportamento lesivo dei diritti riconosciuti dalla stessa CEDU -:
se non ritengano di fornire chiarimenti in merito a quanto esposto, in particolare per quel che concerne la concessione dei visti di ingresso in Libia ai profughi italiani;
quali concrete ed urgenti iniziative intendano assumere per fronteggiare e chiudere questo capitolo storico risalente al secolo scorso;
quali provvedimenti intendano prendere per l'integrale soddisfazione dei danni patiti dai nostri connazionali espulsi dalla Libia a seguito delle confische operate dal Governo Libico a partire dal 1970 ed allo stato rimasti ancora sostanzialmente privi di adeguati indennizzi.
(4-00411)
Risposta. - In relazione a quanto rappresentato dall'interrogante nel presente atto parlamentare, si sottolinea che la questione dei visti agli esuli italiani di Libia rappresenta già da tempo una priorità per il Governo italiano, nell'ambito del rilancio dei rapporti bilaterali con la Libia.
Infatti, fin dal 1998, nel Comunicato congiunto italo-libico, la parte libica aveva assunto un formale impegno a consentire l'ingresso in Libia dei cittadini italiani nati in loco, impegno poi confermato anche in successivi incontri al più alto livello (da ultimo in quello dell'allora Presidente del Consiglio Berlusconi con il Colonnello Gheddafi il 7 ottobre 2004).
Nonostante questo, però, Tripoli ha reso nota, nell'aprile 2005, una disposizione per la quale possono ottenere un visto d'ingresso in Libia solo quei cittadini italiani nati nel Paese, che abbiano compiuto sessantacinque anni di età.
Il Governo italiano ha immediatamente richiesto alle Autorità libiche, in svariate occasioni, di annullare tale disposizione - ritenuta un'ulteriore discriminazione - e di sostituirla con una di carattere generale, che consenta senza limitazioni a tutti i profughi di Libia di poter ottenere un visto di ingresso.
Da ultimo, nel corso degli incontri avuti a Rama con il Vice Ministro libico per i Paesi dell'Europa, Al Obeidi, il 4 luglio e il 3 agosto 2006, il Ministro degli Affari Esteri ha ribadito la nostra viva aspettativa che la questione dei visti a favore dei cittadini italiani nati in Libia possa trovare al più presto una positiva e definitiva soluzione.
Con riferimento, infine, al quesito riguardante gli indennizzi a favore dei cittadini italiani espulsi dalla Libia nel 1970, si segnala che la normativa vigente prevede «indennizzi» che sono stati concessi nei limiti e con l'osservanza delle condizioni e modalità previste dalle leggi stesse.
Tale normativa è stata ormai integralmente applicata, non senza difficoltà, considerata la mancanza di collaborazione da parte del Governo libico, che non ha mai consentito accertamenti o più semplicemente l'accesso alla documentazione.
Da ultimo, la legge 98/94 ha addirittura previsto la massima possibile garanzia consentendo, da un lato il ricorso all'atto notorio per provare la proprietà dei beni perduti e dall'altro il ricorso al giudice ordinario avverso le determinazioni dell'Amministrazione ove ciò si rendesse necessario.
Il Governo condivide pienamente il sentimento di solidarietà e di riconoscenza per i connazionali all'estero vittime di danni ed affronti ingiusti e continuerà ad adoperarsi, nei limiti consentiti dalle risorse disponibili, affinché ad essi venga riconosciuta adeguata soddisfazione.
Il Viceministro degli affari esteri: Ugo Intini.
PISCITELLO, LATTERI e PIRO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la richiesta giunta al C.S.M. di una possibile chiusura della sezione distaccata del tribunale di Lipari, con relativo trasferimento degli uffici giudiziari al tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, rappresenta un duro colpo all'immagine e al prestigio delle Isole Eolie;
il tribunale di Lipari svolge un importante carico di lavoro, ripartito su ben sette isole e il suo spostamento può comportare per le comunità pesanti disagi, a causa delle inevitabili trasferte e ulteriori costi aggiuntivi, solo per vedere soddisfatti legittimi diritti dei cittadini;
l'ottenimento della sezione distaccata di tale tribunale è stata una grande conquista per tutta la cittadinanza e della sua amministrazione comunale che si è fatta carico di oneri economici e finanziari rilevanti per rendere possibile la sua acquisizione;
la chiusura del tribunale di Lipari, se dovesse corrispondere al vero, si aggiungerebbe alla lunga lista di disagi che le Isole Eolie negli ultimi anni hanno dovuto sopportare, come conseguenza sia dei tagli prodotti dalle manovre economico-finanziarie che delle scelte operate dalla regione Sicilia che hanno, tra l'altro, acuito il disinteresse nei confronti delle isole minori siciliane di cui segni evidenti sono il rallentato approvvigionamento dell'acqua e il taglio ai collegamenti marittimi -:
se corrisponda al vero la notizia trapelata circa la chiusura della sede distaccata del tribunale di Lipari e se non ritenga che debbano essere tutelate le esigenze delle comunità interessate;
se non ritenga necessario procedere al fine di provvedere al completamento della pianta organica degli uffici del tribunale, con particolare riguardo all'Ufficio dell'Ufficiale giudiziario, che risulta sottodimensionato rispetto alla mole del lavoro da svolgere ripartito su sette isole.
(4-00474)
Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame, si rassicura il Deputato interrogante che, allo stato, non è in corso alcuna specifica iniziativa diretta alla soppressione della Sezione distaccata di Lipari e, più in generale, non sussiste l'intenzione di proporre norme di revisione della «geografia giudiziaria».
Con riferimento al personale amministrativo ed alle richieste di incremento degli organici degli uffici giudiziari segnalati, si fa presente che ogni valutazione, in ordine alle specifiche necessità, non può essere formulata senza tener conto dell'attuale assetto delle dotazioni organiche complessive, sulla cui evoluzione appare opportuno fornire un breve cenno.
Dall'anno 2000, per effetto di successivi decreti della Presidenza del Consiglio dei ministri, la dotazione organica del personale amministrativo è stata ridotta di complessive 701 unità, al fine di realizzare, nel rispetto dei vincoli di bilancio, un assetto organico corrispondente al nuovo ordinamento professionale, delineato dal contratto collettivo integrativo sottoscritto il 5 aprile
2000, nonché per consentire l'istituzione del ruolo autonomo del Consiglio superiore della magistratura.
I nuovi contingenti sono stati, quindi, ripartiti con decreti ministeriali tra gli uffici, determinando, nella generalità dei casi, una riduzione delle relative piante organiche, in linea con il predetto ordinamento professionale.
Inoltre, si segnala che in ottemperanza all'articolo 1, comma 93, della legge n. 311 del 2005 (legge finanziaria), con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 27 ottobre 2005 le dotazioni organiche nazionali dell'Amministrazione giudiziaria sono state ulteriormente rideterminate, apportando una riduzione ai contingenti complessivi del personale dirigenziale di seconda fascia, del personale amministrativo ed UNEP, pari a 2.495 unità.
Con il medesimo provvedimento è stato, altresì, previsto l'ampliamento dell'organico di 12 posti dirigenziali di prima fascia, istituiti con decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 2001, n. 55 (Regolamento di organizzazione del Ministero della Giustizia).
In attuazione del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri si dovrà, quindi, necessariamente effettuare una rimodulazione delle piante organiche dei singoli uffici dell'Amministrazione giudiziaria conforme alla predetta riduzione delle risorse.
Alla luce di quanto sopra indicato, malgrado la difficoltà di reperire le risorse necessarie a soddisfare la richiesta formulata con l'interrogazione in oggetto, si cercherà comunque di tenere conto di quanto segnalato in occasione della predisposizione dei provvedimenti attuativi del predetto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
PROIETTI COSIMI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
dalla settimana scorsa prosegue, da parte dei Consiglieri comunali di minoranza del comune di Civitavecchia (Roma), l'occupazione dell'Aula consiliare per protesta contro evidenti violazioni delle regole basilari del principio democratico e di rappresentatività degli eletti;
tali consiglieri rappresentano un vasto fronte sociale e politico, comprendente consiglieri di partiti, nonché movimenti civici di sinistra, di centro e di destra;
in data 20 luglio 2006, i suddetti Consiglieri di minoranza del comune di Civitavecchia sottoscrivevano, ai sensi dell'articolo 38, comma 2, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, la richiesta di convocazione di un consiglio comunale straordinario avente ad oggetto la discussione relativa al rinnovo dei vertici dell'autorità portuale di Civitavecchia Porti di Roma e del Lazio;
la Conferenza dei capigruppo, nelle sedute del 24 e 27 luglio 2006, concordava, all'unanimità, di celebrare lo stesso consiglio comunale in data 11 settembre 2006, alle ore 15;
il consiglio comunale veniva convocato dal suo Presidente per il giorno 11 settembre, alle ore 15, con l'atto protocollato n. 37104 del 2 agosto 2006;
in data 8 settembre, lo stesso Presidente del consiglio comunale, con nota prot. n. 42277, decideva, con atto unilaterale, di rinviare la seduta al 30 ottobre 2006, violando così l'articolo 39, comma 2, del decreto legislativo del 18 agosto 2000, n. 267, senza convocare la Conferenza dei capigruppo, come previsto, invece, dagli artt. 10, comma 3, e 24, comma 2, dello statuto comunale, nonché dall'articolo 45, comma 1, del regolamento del consiglio comunale;
la protesta dei suddetti Consiglieri attiene alla mancata convocazione del consiglio comunale straordinario, la quale, in considerazione dell'importanza dell'ordine del giorno di cui trattasi, risponde all'esigenza di garantire massima trasparenza e massimo rispetto nei confronti della popolazione -:
se non ritenga il Ministro interrogato di sollecitare il Prefetto competente affinché si assumano le iniziative volte a
ripristinare le regole della democrazia, le quali impongono la tutela del diritto delle minoranze ad esercitare le prerogative previste dalla legge, compresa quella di veder discusse, in seno al consiglio comunale, le questioni più urgenti.
(4-00980)
Risposta. - Il problema sollevato dalla interrogante può considerarsi risolto in quanto il Presidente del Consiglio comunale di Civitavecchia, in data 15 settembre 2006, ha ritenuto opportuno procedere alla convocazione del Consiglio per il successivo 26 settembre, dandone immediata notizia alla locale prefettura, che ha provveduto ad informare tempestivamente i consiglieri di minoranza.
Effettivamente in quella data il Consiglio comunale con verbale n. 27 ha approvato l'ordine del giorno concernente. «Linee di indirizzo e di programma del Comune di Civitavecchia sulla portualità, la logistica e il rapporto tra il porto e la città».
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alessandro Pajno.
ROMAGNOLI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la rete diplomatico-consolare italiana è una delle più estese tra quelle dei paesi occidentali ma il grado di efficienza non corrisponde alla complessità delle richieste, né dal punto di vista dei flussi turistici, né guardando alle nuove esigenze delle comunità italiane all'estero in considerazione degli acquisiti e realizzati diritti elettorali;
il programma di ristrutturazione e razionalizzazione della rete diplomatico-consolare era già stato, secondo l'interrogante, catastroficamente delineato nell'ultimo Governo Prodi, del 1996, quando lo steso soppresse quattro ambasciate e diversi consolati;
in Spagna, a causa dell'arrivo costante di giovani italo-argentini, si verifica da anni una grave crisi Consolare, già sfociata, per altro da gravi atti intimidatori nei confronti del nostro personale diplomatico, che ne determinano tuttora la totale mancanza di sicurezza;
i nostri connazionali residenti in Spagna impiegano anche tre mesi per avviare le pratiche per il rinnovo del passaporto e settimane affinché possano espletare le pratiche anche più banali -:
se il Ministero degli Esteri intenda inviare nuove unità di supporto nelle sedi di rappresentanza diplomatica e consolare sopraelencate;
quali siano le misure urgenti da predisporre al fine di ripristinare urgentemente le necessarie condizioni di sicurezza affinché il personale possa eseguire senza condizioni di restrizione il proprio lavoro.
(4-00419)
Risposta. - In Spagna sono operativi due uffici consolari di I categoria, il Consolato generale d'Italia in Madrid ed il Consolato generale d'Italia a Barcellona.
L'organico del Consolato generale in Madrid è attualmente composto da 1 funzionario diplomatico, 9 dipendenti di ruolo e 7 impiegati a contratto, mentre presso il Consolato generale in Barcellona prestano attualmente servizio 2 funzionari diplomatici, 9 dipendenti di ruolo e 8 impiegati a contratto.
Si rileva al riguardo che, nonostante i crescenti vincoli di bilancio abbiano comportato negli ultimi anni una riduzione del personale in servizio all'estero, ciò non ha interessato le sedi consolari in Spagna.
Infatti, il numero dei dipendenti in servizio presso il Consolato generale in Madrid è rimasto immutato, mentre l'organico del Consolato generale in Barcellona è stato addirittura potenziato, con l'assegnazione di un'unità di ruolo e di due impiegati a contratto. Tali scelte sono state dettate proprio dall'esigenza di far fronte all'accresciuto carico di lavoro che si è ultimamente registrato in entrambe le sedi, ma in particolare a Barcellona, per il massiccio arrivo di cittadini italo-argentini in Spagna, nonché per l'aumento dei flussi turistici provenienti dal nostro Paese. È soprattutto l'afflusso di oriundi italiani che si recano in
Spagna per trovarvi lavoro e con l'intenzione di veder riconosciuta la loro cittadinanza italiana a determinare un incremento di lavoro sulla strutture consolari. Pratiche che necessitano di tempi tecnici perché venga accertato lo status di cittadino italiano.
Una rete consolare di II categoria (onoraria) composta da 22 uffici (8 Consolati onorari e 14 vice Consolati onorari) coadiuva l'attività dei due Consolati Generali di I categoria.
Negli ultimi anni, a causa dell'aggravio di lavoro di cui si è detto, anche alla rete consolare onoraria è stata dedicata una prioritaria attenzione da parte dell'Amministrazione, compatibilmente alle limitate e decrescenti risorse finanziarie disponibili. Infatti, sulla base dell'eccezionalità della situazione segnalata dall'Ambasciata a Madrid, malgrado la consistente riduzione della dotazione finanziaria complessiva - sul pertinente capitolo di bilancio dal 2004 al 2006 essa è stata pari al 37 per cento - la diminuzione della quota destinata agli uffici onorari in Spagna è stata contenuta entro il 28 per cento ed un'ulteriore erogazione di fondi nel corrente esercizio finanziario sarà considerata in via prioritaria se le integrazioni richieste saranno accolte.
Per quanto attiene le misure di sicurezza adottate affinché il personale operi senza condizioni di restrizione, questo ispettorato generale ha predisposto missioni di breve durata presso il Consolato generale d'Italia a Barcellona, effettuate dai Carabinieri del Comando CC di questo Ministero. Presso l'Ambasciata d'Italia a Madrid poi sono presenti 2 Carabinieri e 1 è presente presso il Consolato generale, mentre la Direzione generale per gli affari amministrativi, di Bilancio e il patrimonio, d'intesa con l'Ispettorato generale, ha stanziato fondi per la sorveglianza nella misura del 95 per cento di quanto richiesto dalle sedi spagnole (100 per cento per la sede di Madrid). Sono stati altresì garantiti primi interventi di installazione di impianti di sicurezza passiva - quali sistemi di telecamere, sistemi antiintrusione e di protezione finestre, sistemi di controllo accessi -, interventi che si intende completare nel prossimo esercizio finanziario, compatibilmente con le risorse finanziarie in via di assegnazione.
Il Viceministro degli affari esteri: Franco Danieli.
SALERNO e GIULIO CONTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
è in corso una raccolta firme che ad oggi conta circa 60.000 sottoscrizioni per richiedere ufficialmente l'inclusione nella fascia A dei farmaci costituenti la multiterapia anticancro nota come metodo Di Bella;
i riconoscimenti pubblici e scientifici della validità di questo metodo sono ormai resi noti da riviste internazionali nonché dagli atti di convegni e conferenze nazionali e internazionali;
l'inclusione in fascia A non può essere considerata in alcun modo né un riconoscimento del metodo, né un suo accreditamento scientifico, bensì solo un atto di giustizia sociale nei confronti di migliaia di malati gravi che non hanno possibilità economiche di acquistare i farmaci del metodo;
al contrario la negazione di questa inclusione può essere ritenuta un atto ingiusto quanto iniquo nei confronti di malati gravi ai quali viene aggiunto un ulteriore disagio non solo materiale ma anche morale nel percorso di una malattia dolorosissima e sconvolgente -:
per quale motivo continui ad essere negata questa inclusione in fascia A che non comporterebbe né eccessivi né gravosi appesantimenti per le casse dello Stato in special modo nei confronti di una malattia così importante.
(4-01063)
Risposta. - I medicinali a base di somatostatina (codice ATC: H01CB01) sono classificati, ai fini della rimborsabilità, in classe H; nell'ambito di tale classe sono ricompresi sia ì farmaci contrassegnati come OSP1, utilizzabili esclusivamente in ambiente ospedaliero, sia quelli contrassegnati
come RR, disponibili invece nelle farmacie territoriali su presentazione di ricetta medica rilasciata da un centro ospedaliero.
Relativamente alle modalità di fornitura della somatostatina, si precisa che le stesse non tengono conto di motivazioni di ordine economico o di contenimento della spesa, ma soprattutto di esigenze di tutela della salute pubblica, essendo dirette a garantire l'appropriatezza della prescrizione sulla base di una diagnosi adeguata da parte di una struttura ospedaliera, anche per quei farmaci utilizzabili nei trattamenti domiciliarì, in quanto contrassegnati dalla sigla RR.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Antonio Gaglione.
STUCCHI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
l'ENCI, Ente Nazionale della Cinofilia Italiana, è un ente riconosciuto dallo Stato Italiano, sottoposto alla vigilanza del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, che svolge la sua attività senza fini di lucro;
il Disciplinare del Libro genealogico del cane di razza, approvato con decreto ministeriale 21095 del 5 Febbraio 1996, regolamenta l'attività pubblicistica dell'ENCI;
allo svolgimento dell'attività del Libro genealogico provvede l'ENCI con:
a) CTC, Commissione Tecnica Centrale,
b) Ufficio centrale del Libro genealogico
c) Il Corpo degli esperti giudici; l'attività del corpo degli esperti è regolamentata dal Disciplinare del corpo degli esperti approvato con decreto ministeriale 20633 del 20 Febbraio 2004;
Responsabile dell'attività dell'Ufficio Centrale del libro, dell'applicazione del Disciplinare (decreto ministeriale 21095 del 5 febbraio 1996) e delle Norme Tecniche (decreto ministeriale 21203 del 8 marzo 2005) e dell'attuazione delle delibere della Commissione Tecnica Centrale del Libro Genealogico è il Direttore dell'ENCI.
la Società Italiana Pro Segugio è un'associazione specializzata che conta 17.000 soci che ha ottenuto da ENCI il riconoscimento della tutela dei cani di razza elencati nello statuto della stessa Associazione (Art. 2), svolgendo dal 1955 la tutela delle razze alla stessa affidate in modo del tutto conforme ai principi e dalle finalità dell'ENCI, tant'è che mai nessuna contestazione è stata formulata in merito. In data 21 aprile 2006, il Consiglio Direttivo ENCI ha revocato, la tutela di quindici razze di segugi alla Società Italiana Pro Segugio.
il riconoscimento della SIPS, come socio collettivo ENCI, è avvenuto previa positiva valutazione dei requisiti stabiliti dallo statuto (Art. 3 dello Statuto ENCI) in forza dei quali il Consiglio direttivo concedeva il riconoscimento di «Associazione specializzate di razza» per la tutela delle razze allo stesso affidate (Art. 21 dello Statuto ENCI). La revoca del riconoscimento che incide sulla stessa qualifica di socio collettivo ENCI e conseguente modifica lo statuto dell'Associazione specializzata, può avvenire solo se motivato da comportamenti contrari alle finalità della tutela dei cani di razza indicati nello statuto, nel caso di specie comunque del tutto insussistenti.
L'ENCI svolge il compito di tutelare i cani di razza esercitando funzioni pubblicistiche anche attraverso le Associazioni specializzate di razza. Il disconoscimento della tutela delle razze ad un'Associazione specializzata di razza, che ha ottimamente operato per il miglioramento zootecnico delle razze che tutela e per la loro valorizzazione, costituisce atto che ad avviso dell'interrogante può anche essere in palese contrasto con le finalità dello stesso Ente e con le norme pubblicistiche che lo stesso è chiamato ad applicare;
risulta all'interrogante che la SIPS ha adeguato il proprio statuto sulla base del regolamento attuativo dell'ENCI, come da comunicazione dello stesso ente ricevuto in data 22 gennaio 2004;
si rammenta, a tale proposito, l'articolo 20.2 del regolamento ENCI ai sensi del quale «i Soci collettivi già esistenti dalla data di entrata in vigore del presente Regolamento conservano il loro riconoscimento a condizione che adeguino entro un anno il proprio statuto ai principi suesposti....»;
l'eventuale riconoscimento della tutela di razze ad associazioni che non sono in possesso dei requisiti stabiliti dallo statuto, dal regolamento di attuazione e dalle norme tecniche costituirebbe grave violazione degli stessi atti pattizi;
lo Statuto dell'Ente Nazionale della Cinofilia Italiana precisa che lo scopo dell'Ente è quello di tutelare le razze canine riconosciute migliorandone ed incrementandone l'allevamento.
il Disciplinare del libro genealogico del cane di razza (DM 21095 del 5 febbraio 1996, articolo 2) prevede che il libro genealogico rappresenti lo strumento per lo svolgimento dell'azione di miglioramento dei cani di razza con finalità di indirizzare l'attività selettiva promuovendone la conseguente valorizzazione zootecnica;
le Norme Tecniche (DM 21203 dell'8 marzo 2005), prevedono che la Commissione Tecnica Centrale approvi gli obiettivi e i criteri di selezione delle associazioni specializzate;
con la revoca di 15 razze alla SIPS l'operato dell'ENCI sembra, a parere dell'interrogante, superficiale ed inadeguato al ruolo che, un'organizzazione tecnica, a cui lo Stato ha affidato la tutela delle razze, dovrebbe avere -:
se sia a conoscenza di quanto esposto in premessa, in particolare, riguardo la revoca della tutela di 15 razze di segugi e se non si ravvisi la necessità di intervenire nei confronti di ENCI con le modalità che riterrà più opportune,
se non ritenga di dover procedere, anche per la tutela dei soci allevatori e della zootecnia italiana ed in particolare per la tutela del cane di razza, ad un'accurata indagine per verificare la corretta applicazione dei D.M 21095 e D.M 21203, affinché non sia compromesso il rapporto fiduciario tra il MIPAF e l'ENCI, per la tenuta dei Libri genealogici;
se non sia opportuno analizzare la correttezza e completezza della pratica, e la conformità della stessa con lo Statuto ENCI, con il Regolamento di attuazione e con le Norme tecniche, che ha portato alla revoca della tutela delle quindici razze alla SIPS;
se non ravvisi l'opportunità di esaminare i pareripresentati dall'associazione a cui è stata affidata la tutela delle 15 razze in oggetto e che hanno consentito il 21 aprile 2006 di revocarne la tutela alla SIPS.
(4-01572)
Risposta. - L'interrogazione pone l'accento sulla delibera del Consiglio direttivo dell'ENCI, che ha riconosciuto ed approvato la costituzione di una nuova associazione specializzata «Club italiano Bleu de Gascogne» per la tutela di 15 razze canine e contestualmente ha revocato la tutela per le stesse razze alla Società italiana pro segugio (SIPS).
Al riguardo preme, innanzi tutto, evidenziare che l'Ente nazionale della cinofilia italiana è un'associazione con personalità giuridica privata, sottoposta alla vigilanza del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali limitatamente alla gestione del libro genealogico del cane di razza (Regio decreto 13 giugno 1940, n. 1051 e decreto legislativo C.P.S. del 23 dicembre 1947, n. 1665).
Le associazioni specializzate di razza, al pari dei gruppi cinofili, sono soci collettivi dell'ENCI, ai sensi dell'articolo 3 dello statuto sociale.
Lo Statuto, all'articolo 7, comma 2, prevede che la qualità di associazione specializzata si perda quando venga a cessare l'attività della stessa o in presenza di uno statuto non adeguato oppure quando il numero dei soci sia inferiore a 50.
Lo stesso prevede che non possa essere riconosciuta più di una associazione specializzata per razza o gruppo di razze (articolo 21).
Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali è impegnato a garantire la vigilanza tecnica sulla gestione del Libro genealogico del cane di razza sulla base del disciplinare, approvato con decreto ministeriale del 5 febbraio 1996, n. 21095 e del complesso di norme tecniche derivate.
Nel quadro applicativo di detto disciplinare, il ruolo delle associazioni specializzate di razza è quello di collaborare con la Commissione tecnica centrale del Libro genealogico alla definizione degli obiettivi di selezione delle razze di propria pertinenza (articolo 10 norme tecniche Libro ginealogico, approvate con decreto ministeriale del 18 aprile 2000, n. 20894).
Nel caso specifico, la SIPS, associazione specializzata di razze da seguita, ha ottenuto il riconoscimento per la tutela dei cani delle razze da segugio operando fin dal 1955 in conformità ai principi ed alle finalità dello stesso ENCI e, come tale, socio collettivo dello stesso.
In ottemperanza a quanto stabilito all'articolo 32, comma 2, del nuovo statuto ENCI, approvato con decreto ministeriale del 24 febbraio 2000, la SIPS ha conservato il riconoscimento ed ha adeguato, in data 22 gennaio 2004, il proprio Statuto ai principi stabiliti dall'articolo 20, comma 2, del Regolamento di attuazione dello Statuto dell'ENCI.
Successivamente, gli allevatori di alcune razze sono usciti dalla SIPS per costituire una nuova associazione «Club italiano Bleu de Gascogne»; Club già sezione della SIPS e che il 18 gennaio 2006 ha presentato istanza di riconoscimento all'ENCI con un proprio programma di tutela.
Sul dossier, presentato dal Club italiano Bleu de Gascogne e trasmesso dall'ENCI il 6 febbraio 2006, la SIPS, ha espresso parere negativo, in data 20 febbraio 2006, ai sensi dell'articolo 21 dello Statuto ENCI, in quanto, il Regolamento delle verifiche zootecniche della stessa SIPS, approvato il 27 ottobre 2004 e ratificato dall'ENCI il 10 febbraio 2005, comprendeva già tutte le razze di cani da seguita su lepre, volpe, capriolo e cinghiale.
Al fine di evitare vuoti nell'organizzazione delle prove e delle verifiche zootecniche di tutte le razze da seguita, l'Amministrazione ha invitato l'ENCI, con nota del 5 ottobre 2006, ad un riesame, sia dal punto di vista giuridico che tecnico, della decisione di attribuire le competenze per il gruppo di razze canine da seguita a due diverse associazioni, invitando, altresì, l'Ente ad acquisire, se del caso, anche il parere della Commissione tecnica centrale del Libro genealogico.
Stante la mancanza di qualsiasi iniziativa dell'ENCI, la SIPS il 6 novembre 2006 ha presentato ricorso al tribunale di Milano avverso la delibera del Consiglio direttivo dell'ENCI del 21 aprile 2006.
Considerato che da successive comunicazioni dell'ENCI è emersa una contraddizione fra le pretese finalità di tutela delle razze canine vantata dall'Ente medesimo e gli strumenti utilizzati, in quanto gli stessi hanno di fatto condotto dall'aprile scorso ad oggi ad una totale assenza di regolamentazione per le razze canine in questione, ed alla luce della delibera della Commissione tecnica centrale del febbraio 2002, il Mipaaf, per il caso specifico, con nota diretta all'ENCI del 1o dicembre 2006, ha sottolineato che, allo stato attuale, tutte le razze da seguita restano tutelate dalla SIPS in quanto sono comunque applicabili i regolamenti delle verifiche zootecniche predisposti dalla stessa SIPS, già in vigore e peraltro ratificati dall'ENCI il 10 febbraio 2005.
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Paolo De Castro.