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XV LEGISLATURA
Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 144 di lunedì 16 aprile 2007
Pag. 1PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FAUSTO BERTINOTTI
La seduta comincia alle 15,05.
ANTONIO MAZZOCCHI, Segretario, legge il processo verbale della seduta dell'11 aprile 2007.
(È approvato).
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, i deputati Albonetti, Amato, Azzolini, Bersani, Bindi, Boco, Bonino, Capodicasa, Catone, Cento, Chiti, Colucci, Damiano, De Castro, De Piccoli, Di Pietro, Donadi, Duilio, Fioroni, Folena, Franceschini, Galante, Galeazzi, Gentiloni Silveri, Landolfi, Lanzillotta, Levi, Marcenaro, Maroni, Melandri, Meloni, Meta, Minniti, Morrone, Leoluca Orlando, Parisi, Pecoraro Scanio, Pisicchio, Pollastrini, Prodi, Rigoni, Rivolta, Rutelli, Santagata, Sgobio, Stucchi, Tremonti, Visco, Elio Vito e Zacchera sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente cinquantatré, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Annunzio di petizioni.
PRESIDENTE. Invito il deputato segretario a dare lettura del sunto delle petizioni pervenute alla Presidenza, che saranno trasmesse alle sottoindicate Commissioni.
ANTONIO MAZZOCCHI, Segretario, legge:
FRANCESCO DI PASQUALE, da Cancello ed Arnone (Caserta), chiede:
iniziative atte a promuovere la moralizzazione della vita pubblica, il senso dello Stato e della legalità (280) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
l'emanazione di un nuovo codice militare di pace (281) - alla II Commissione (Giustizia) e IV Commissione (Difesa);
la concessione di un'amnistia per i militari detenuti (282) - alla II Commissione (Giustizia);
misure atte ad assicurare una rapida sostituzione di tutti gli autoveicoli circolanti, pubblici e privati, con mezzi ecologici a basso impatto ambientale (283) - alla VIII Commissione (Ambiente);
l'istituzione del Ministero per la trasparenza dell'azione pubblica (284) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
provvedimenti per la tutela della tradizione religiosa cattolica e dei suoi simboli (285) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
la valorizzazione dei consorzi per lo smaltimento dei rifiuti (286) - alla VIII Commissione (Ambiente);
la soppressione degli enti pubblici inutili (287) - alla I Commissione (Affari costituzionali);Pag. 2
nuove norme in materia di attività edilizia (288) - alla VIII Commissione (Ambiente);
iniziative atte a promuovere la conoscenza della storia e della cultura degli enti locali (289) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
il completamento e l'adeguamento delle infrastrutture, con particolare riguardo alle reti fognarie e agli impianti di depurazione (290) - alla VIII Commissione (Ambiente);
un provvedimento legislativo per garantire ai cittadini il diritto alla casa (291) - alla VIII Commissione (Ambiente);
misure atte ad affrontare il problema dell'eccessiva lentezza dei processi (292) - alla II Commissione (Giustizia);
nuove norme in materia di difensori civici (293) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
l'istituzione di una giornata dei diritti e dei doveri dei cittadini e delle istituzioni (294) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
l'istituzione di un Tribunale dei diritti del cittadino presso ciascuna provincia (295) - alla II Commissione (Giustizia);
interventi per migliorare le infrastrutture nelle regioni meridionali (296) - alla VIII Commissione (Ambiente);
provvedimenti in materia di confezionamento di farmaci ad uso umano (297) - alla XII Commissione (Affari sociali);
misure per favorire l'insegnamento dell'informatica nella scuola primaria (298) - alla VII Commissione (Cultura);
la reintroduzione dell'insegnamento dell'educazione civica nelle scuole elementari (299) - alla VII Commissione (Cultura);
misure per favorire la realizzazione di centri per cure naturali (300) - alla XII Commissione (Affari sociali);
misure in favore dell'adeguamento delle abitazioni delle persone anziane o non autosufficienti (301) - alla XII Commissione (Affari sociali);
misure per sostenere i cittadini meno abbienti (302) - alla XII Commissione (Affari sociali).
Discussione della proposta di legge: Capezzone ed altri: Modifiche alla normativa sullo sportello unico per le imprese e in materia di dichiarazione di inizio attività (A.C. 1428-A); e dell'abbinata proposta di legge Allasia ed altri (A.C. 1543) (ore 15,09).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge d'iniziativa dei deputati Capezzone ed altri: Modifiche alla normativa sullo sportello unico per le imprese e in materia di dichiarazione di inizio attività; e dell'abbinata proposta di legge d'iniziativa dei deputati Allasia ed altri.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).
(Discussione sulle linee generali - A.C. 1428-A ed abbinata)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari di Forza Italia e L'Ulivo ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del regolamento.
Avverto, altresì, che la X Commissione (Attività produttive) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il presidente della X Commissione, deputato Capezzone, ha facoltà di svolgere la relazione. Invito il relatore a prendere posto al banco del Comitato dei nove.
DANIELE CAPEZZONE, Relatore. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, colleghi, sono davvero lieto di poter introdurre la discussione sulle linee generali di un provvedimento cui attribuisco una importanza particolare, sia per ragioni di metodo, sia per ragioni di merito. Dal punto di vista del metodo, tra molte occasioni di divisione e di litigiosità che la politica italiana non manca mai di riservare, ci troviamo, invece, dinanzi ad un provvedimento che è stato vissuto sin dalla sua presentazione in modo bipartisan: ne sono primo firmatario, ma esso è stato successivamente sottoscritto da decine di colleghe e di colleghi, sia di centrosinistra sia di centrodestra. Sino alla sua presentazione, la proposta è stata seguita con attenzione ed incoraggiamento dalle forze sociali ed imprenditoriali, di fatto senza eccezioni.
La Commissione che ho l'onore di presiedere - e desidero ringraziare tutti i suoi membri per il lavoro spedito ed efficace che abbiamo potuto svolgere - ha licenziato il provvedimento in sede referente con un'approvazione unanime e progressivamente è giunta la «luce verde», sempre con un voto trasversale, delle Commissioni affari costituzionali, giustizia, bilancio, cultura, ambiente, affari sociali, della Commissione parlamentare per le questioni regionali e del Comitato per la legislazione, ma - lo sottolineo ancora - in ogni passaggio si è riscontrata una collaborazione leale ed aperta tra maggioranza ed opposizione, anche in considerazione del fatto che il tema riguarda la vita concreta delle nostre imprese e del sistema Italia.
Dal punto di vista del merito, poi, la rilevanza è nei fatti: oggi, per avviare o esercitare una attività di impresa vige il generale principio di priorità dell'intervento amministrativo. Ciò ha determinato, e contribuisce tuttora a determinare, il sostanziale imbrigliamento delle iniziative imprenditoriali, la loro innaturale burocratizzazione, la lentezza dei processi autorizzatori, la mortificazione, in definitiva, di buona parte delle potenzialità di sviluppo della nostra economia. Riteniamo che siano ormai maturi i tempi per un salto di qualità, anche culturale, che consenta alle nostre imprese di liberarsi dai vincoli amministrativi, spesso ingiustificati e costosi, che altro non fanno che inibire lo slancio creativo e propositivo di molti imprenditori, senza alcuna reale utilità per la collettività.
Il commissario europeo Günter Verheugen, che ha, a sua volta, speso parole generose di sollecitazione e di incoraggiamento per questa proposta, ha denunciato il fatto che gli imprenditori italiani sono nella situazione peggiore, sia per quanto attiene alla partenza delle imprese, sia per quanto attiene alla gestione successiva delle stesse, sia sotto profilo dei tempi, sia sotto il profilo dei costi. I dati della Banca mondiale parlano chiaro: nella classifica della facilità con cui si può operare sul mercato il nostro paese è al settantaseiesimo posto nel mondo; per quanto riguarda l'apertura di una attività è al quarantesimo posto; per ottenere licenze è al novantatreesimo; per l'assunzione di dipendenti è al centotrentottesimo, su centocinquantaquattro paesi.
Oggi, nel nostro paese, per ottenere una autorizzazione dalla pubblica amministrazione, un imprenditore è costretto, assai spesso, ad attendere tempi molto, troppo lunghi, oltretutto in una situazione di incertezza e di precarietà, a causa del carattere ondivago ed imprevedibile delle decisioni amministrative, con conseguenze economiche facilmente immaginabili: basti pensare, ad esempio, che le autorizzazioni che un imprenditore deve richiedere ed ottenere per far partire concretamente la propria attività oscillano tra le cinquantotto e le ottanta, molte delle quali del tutto inutili.
Si tratta di una situazione non più sostenibile. Il nostro deve essere un paese che «fa il tifo» per le imprese e non un paese che le guarda con sospetto; il nostro deve essere un paese che ha fiducia nell'impegno, spesso rischioso, della nuova imprenditorialità; il nostro deve essere un paese in cui la pubblica amministrazione possa finalmente essere percepita dalle imprese come un consulente, un alleato e Pag. 4non più come un nemico o un ostacolo. La «parola d'ordine» deve essere pertanto, ed ancora di più, una sola: semplificare.
Facendo tesoro delle migliori esperienze maturate in diversi contesti negli ultimi anni e che occorre ulteriormente sviluppare, perfezionare ed estendere, si può dire che risulta ormai evidente che la strada più efficace per conseguire reali effetti di semplificazione e di sburocratizzazione passa attraverso la drastica riduzione dell'attività di controllo preventivo e di istruttoria ex ante della pubblica amministrazione. È necessario pertanto che l'autocertificazione e la denuncia di inizio attività divengano il metodo ordinario attraverso cui l'imprenditore si rapporta con la pubblica amministrazione, al fine di annullare i tempi morti e dare alle imprese la possibilità di una partenza agile, non appesantita da vincoli e da attese inutili, nel quadro di una nuova e più pregnante responsabilizzazione verso l'intera collettività di quanti scelgono la strada del rischio e dell'investimento.
Per converso, al fine di garantire un'adeguata tutela anche agli interessi individuali e collettivi eventualmente messi a rischio dalle nuove intraprese, a fronte della contrazione dei controlli ex ante, occorre valorizzare il ruolo di controllore ex post dell'amministrazione, assicurando i tempi e gli strumenti necessari affinché tale controllo possa essere svolto in modo accurato e rigoroso.
È questo un punto politico e giuridico di speciale importanza, che segna l'adozione di un nuovo paradigma. E sono lieto che analogo spirito animi anche i provvedimenti del ministro Nicolais sulla riforma complessiva del procedimento amministrativo, cioè uno spostamento dalla logica delle autorizzazioni preventive a quella dei controlli, naturalmente rigorosi - come è sacrosanto - ma successivi.
In concreto, desidero comunicare che stiamo compiendo un ulteriore passo in avanti. L'articolo 1 della proposta di legge di fatto conferisce al Governo una delega. La novità è che il Governo, nel disegno di legge presentato dal ministro Bersani, che oggi è all'esame della Commissione attività produttive e il cui relatore è il collega Lulli, ha cercato di dare attuazione a quella delega, prevedendo norme che hanno proprio il carattere di integrazione e realizzazione concreta dei principi contenuti nella nostra proposta di legge. Abbiamo convenuto - c'è stata un'intesa e un apprezzamento generale in Commissione e una positiva convergenza del Governo - di ragionare su una soppressione, nel disegno di legge governativo, delle norme, per così dire, sovrapposte a quelle della proposta di legge, anche per valorizzare il ruolo di un'iniziativa legislativa proveniente dalle forze parlamentari.
Per altro verso, con un emendamento, io stesso mi farò carico di proporre la sostituzione dell'articolo 1 nella sua vecchia stesura, per integrarlo e fonderlo con buona parte delle norme che ho appena definito «attuative» e che sono contenute nel disegno di legge governativo. In buona sostanza, abbiamo l'occasione di «attuare, qui ed ora, la delega» e di realizzare, in un unico atto normativo, con una ulteriore semplificazione che veniva richiesta a gran voce dal mondo produttivo, quanto di buono è contenuto sia in questa proposta di legge sia nel disegno di legge governativo.
Naturalmente, proprio in considerazione del cammino bipartisan del provvedimento e della grande lealtà e correttezza delle forze di opposizione, che, a propria volta, non hanno mai fatto mancare il loro apporto, sarà utile ed opportuno anche in questa fase far tesoro di ulteriori integrazioni, suggerimenti modifiche. L'obiettivo, che ritengo a portata di mano, è quello dell'approvazione, qui alla Camera, di un buon provvedimento, che è atteso dal paese e che può essere licenziato con un voto «trasversalissimo».
Il punto fermo, che ci ha visto tutti concordi (i firmatari della proposta di legge, la maggioranza, l'opposizione e il Governo, qui rappresentato dal sottosegretario Bubbico, che ha giocato un ruolo così positivo) è che le attività di verifica non debbano comportare l'interruzione dell'attività avviata dall'imprenditore. L'imprenditore inizia la sua attività e sta tranquillo Pag. 5e i giusti e sacrosanti controlli, con tutto lo scrupolo e il rigore del caso, avvengono ex post.
Vorrei fare un'ultima osservazione, che è anche un auspicio e un obiettivo di lavoro: la partenza facile di un'impresa è solo un primo traguardo. Sappiamo quanto sia difficile il seguito e quante imprese, appena sorte, vengano meno nel primo quinquennio di vita. A maggior ragione, quindi, se approveremo questo provvedimento, avremo la forza e l'abbrivio per accompagnare l'impresa appena nata e proseguire nel percorso di semplificazione e di sburocratizzazione.
I padri del partito d'azione, in tutt'altro contesto, sognavano una soluzione di continuità che facesse venire meno tutte le norme la cui vigenza non fosse stata esplicitamente confermata. Ecco, si parva licet, il nostro Parlamento, nel tempo di questa legislatura, potrebbe porsi un obiettivo di questo tipo, ossia una sorta di radiografia delle norme che riguardano il rapporto tra imprese e pubblica amministrazione ed una corrispondente opera di potatura e di disboscamento.
Con questa proposta di legge cominciamo dall'inizio, dalla nascita, dallo start-up, ma è un buon modo per preparare il cammino verso gli interventi successivi.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
FILIPPO BUBBICO, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, troviamo molto utile e positiva l'iniziativa legislativa illustrata dal presidente Capezzone e siamo convinti, come egli ha già annunciato, che il proficuo lavoro avviato dal Parlamento consentirà di accelerare il processo di riforma che il Governo ha già delineato in un suo disegno di legge, favorendo, per la parte attinente alle materie oggetto del provvedimento in esame, un'articolazione più analitica della disciplina.
Sarà così già possibile dar seguito fin da ora al mandato che quel disegno di legge avrebbe conferito al Governo affinché venissero successivamente emanate norme di attuazione, al fine di rendere le procedure amministrative atte a tutelare gli interessi pubblici in campo, ma mai vessatorie o di ostacolo per i cittadini, per gli operatori economici, che devono poter realizzare i loro progetti - nel rispetto delle norme nazionali e comunitarie vigenti - in tempi estremamente veloci, evitando di accentuare quegli svantaggi competitivi ai quali il nostro sistema produttivo deve continuamente fare fronte nel rapporto con altri sistemi economici.
Per questo motivo, siamo grati alla Commissione e al suo presidente, l'onorevole Capezzone, e siamo pronti a sostenere questo sforzo, perché in tempi veloci si possa mettere a disposizione del Paese un quadro normativo efficace, efficiente ed immediatamente fruibile da parte di tutti i soggetti in campo.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Fedele. Ne ha facoltà
LUIGI FEDELE. Signor Presidente, colleghi, intervengo a nome del mio gruppo sul progetto di legge in discussione che riguarda le modifiche alla normativa sullo sportello unico per le imprese e in materia di dichiarazione d'inizio attività, presentato dal presidente Capezzone, come primo firmatario, e da altri deputati
È un progetto di legge certamente importante, perché tutti noi parliamo sempre di sostegno alle imprese e affermiamo che le imprese vanno sostenute, ma poi non sempre questo avviene nei fatti. Credo che invece questo provvedimento sia molto utile.
Uno dei problemi principali per chi intende avviare una nuova attività oggi, specialmente in Italia, è rappresentato da una serie di procedimenti e di lungaggini burocratiche che scoraggiano specialmente i piccoli e i medi imprenditori. Nonostante siamo convinti anche noi che il problema non sarà risolto del tutto, con questo progetto di legge si darà sicuramente un impulso forte e un grande slancio.
Come ho annunciato all'inizio del mio intervento, intervengo anche a nome del mio gruppo, considerato che molti di noi - Pag. 6molti componenti della Commissione attività produttive - hanno apposto la propria firma sul progetto di legge. Questa è una proposta normativa volta a consentire alle imprese di liberarsi dei tanti vincoli e delle procedure amministrative spesso ingiustificate e onerose che ostacolano lo slancio innovativo e propositivo di tanti imprenditori, senza reale utilità per la collettività.
Sappiamo tutti che la gran parte di questi legami, di questi vincoli e di queste autorizzazioni sono inutili e fanno perdere soltanto del tempo. È sempre più forte l'esigenza di semplificazione amministrativa e di unificazione dei procedimenti amministrativi, a causa della scarsa efficienza e della lentezza delle amministrazioni pubbliche, oltre che dell'incapacità di provvedere nei termini - a fronte delle pur legittime richieste di parte -, che la stessa legge n. 241 del 1990 impone.
Tale farraginosità e lentezza nel compiere atti dovuti non sempre sono imputabili alla responsabilità della pubblica amministrazione, perché a volte agli atti in questione sono molto numerosi. Tuttavia, esse ostacolano i cittadini che intendono crescere ed inserirsi nel mondo produttivo. Infatti, le iniziative restano spesso avviluppate nelle maglie della burocrazia, prima che l'attività di impresa, anche modesta, possa prendere il via. Tutto ciò comporta una grave perdita di potenzialità per lo sviluppo della nostra economia, in quanto si traduce in pesanti costi aggiuntivi, senza consentire ai nostri imprenditori di seguire con prontezza ed elasticità gli andamenti del mercato, in particolare quelli della domanda interna ed estera.
Come ricordava anche il presidente Capezzone nel corso della sua relazione, possono passare diversi mesi - ed alcune volte in verità anche anni - prima di ottenere un'autorizzazione. Inoltre, occorre ricordare che all'estero non sono abituati ad agire in questo modo. Pertanto, qualsiasi imprenditore intenzionato ad operare in Italia, piccolo o grande che sia, potrebbe scoraggiarsi di fronte a questi problemi.
Da questo punto di vista, quindi, questo provvedimento va nella giusta direzione, perché il suo obiettivo è quello di responsabilizzare al massimo i cittadini ed anche la pubblica amministrazione, al fine di rendere più agile il procedimento per iniziare un'attività economica. Esso vuole fare in modo che l'autocertificazione e la denunzia di inizio attività divengano il metodo ordinario, attraverso cui l'imprenditore si rapporta con la pubblica amministrazione. Inoltre, si intendono annullare le lungaggini burocratiche per dare all'impresa la possibilità di una partenza più agile e leggera, ma al tempo stesso più responsabile, in modo da consentire una tutela più adeguata degli interessi individuali e collettivi, eventualmente messi a rischio dalle nuove attività intraprese, tramite un rafforzamento del controllo ex post a fronte di una contrazione di quello ex ante da parte dell'amministrazione stessa.
Dal momento che la presente proposta di legge si propone di apportare una forte semplificazione, con conseguente riduzione dei tempi, è necessario provvedere ad una drastica riduzione dell'attività di controllo preventivo ed istruttorio ex ante a carico della pubblica amministrazione, trasformando l'autocertificazione e la denunzia di nuove attività in strumenti ordinari attraverso cui creare un rapporto tra amministrazione pubblica ed imprese, proprio per eliminare le lunghe attese e far partire di slancio tali attività con maggiore responsabilità nella loro. Ovviamente per tutelare gli interessi collettivi coinvolti o semplicemente messi a rischio dalle nuove attività intraprese viene rafforzato e reso più rigoroso il ruolo di controllore ex post svolto dalla pubblica amministrazione, come ben chiarito nel testo della proposta di legge. Si cerca così di creare un rapporto tra imprenditori e pubblica amministrazione. Come ricordava infatti il presidente Capezzone, molte volte tra imprese e pubblica amministrazione scoppia quasi una guerra o uno scontro, mentre invece la pubblica amministrazione dovrebbe adoperarsi affinché i soggetti, che con grande serietà vogliono Pag. 7portare avanti iniziative importanti, piccole o grandi che siano, siano tutelati ed aiutati e non visti come controparte o, peggio ancora, come «il nemico». Pertanto, la presente proposta di legge si prefigge di realizzare questi due obiettivi tramite la modifica della disciplina concernente il procedimento amministrativo e lo sportello unico per le imprese.
È vero che nell'ultimo periodo il Governo ha tentato di fornire qualche risposta. Tuttavia, anche nel caso delle liberalizzazioni, abbiamo assistito più che altro a «lenzuolate» di proposte piuttosto che ad atti concreti. Infatti, a nostro avviso si è trattato di iniziative assunte più che altro per abbagliare i cittadini. In proposito, basta ricordare quanto accaduto in materia di taxi, visto che a distanza di quasi un anno, anche a detta di importanti quotidiani, non mi pare che siano aumentati i mezzi in circolazione.
Recentemente abbiamo discusso del successivo capitolo. In particolare si è parlato molto della ricarica relativa ai telefoni cellulari. Ebbene, tra qualche mese potremo verificare se le tariffe saranno aumentate, come noi prevediamo. Al contrario, si è approfittato di questo provvedimento per inserire nel testo tali e tanti argomenti che nulla avevano a che fare con un decreto-legge di natura economica. Basti ricordare in proposito la riforma della scuola o il blocco dei lavori per l'alta velocità e così via.
La proposta di legge in oggetto va invece nella giusta direzione, perché invia precisi segnali. Con grande franchezza vorrei sottolineare come non sia vero che in Parlamento vi sia sempre un clima di scontro. Ciò accade quando le proposte esaminate non sono serie né credibili. Al contrario, proposte di legge come quella presentata dal presidente Capezzone sono state sostenute dall'intera Commissione, compresa in particolare l'opposizione di centrodestra, in quanto vanno nella giusta direzione. Non c'è quindi nulla di strano nel fatto che il Parlamento lavori all'unanimità su provvedimenti importanti che interessano i cittadini.
Si tratta di una proposta di legge non molto lunga, ma sostanziosa: infatti, essa prevede solamente tre articoli che esamineremo meglio nei prossimi giorni.
Come avvenuto in Commissione, il nostro gruppo sosterrà anche in Assemblea questa proposta di legge, con grande forza e determinazione. Assieme agli altri colleghi ci stiamo preparando ad apportare delle piccole modifiche, dei miglioramenti attraverso la presentazione di alcune proposte emendative, che spero possano essere accettate dalla Commissione e dal Governo. Esse serviranno - lo ripeto - a migliorare, non certo a snaturare qualche aspetto della proposta di legge; tra l'altro, lo stesso presidente Capezzone ha annunciato la presentazione di propri emendamenti.
Credo che questo sia uno di quei casi in cui si sta andando nella giusta direzione: infatti, il provvedimento in esame serve ai cittadini, allo sviluppo delle imprese e, più in generale, allo sviluppo del nostro Paese.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Burchiellaro. Ne ha facoltà.
GIANFRANCO BURCHIELLARO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, il gruppo de L'Ulivo sostiene con forte convinzione il testo all'esame dell'Assemblea. Infatti, il Governo - come, tra l'altro, promesso in quest'aula dal ministro Bersani - ha mantenuto l'impegno di presentare, successivamente alle misure di liberalizzazione per il cittadino consumatore, le proposte all'esame dell'Assemblea, sulla semplificazione e la sburocratizzazione della pubblica amministrazione.
Queste proposte sono frutto di un ampio lavoro del Governo - in particolare, dei ministri Bersani e Nicolais e del sottosegretario Bubbico -, delle Commissioni parlamentari - in particolare, la X Commissione, presieduta dal presidente Capezzone -, delle organizzazioni sociali di categoria e delle stesse forze politiche che in questi mesi hanno apportato importanti contributi al confronto e all'elaborazione della proposta all'esame dell'Assemblea.Pag. 8
Si è trattato di un lavoro che ha permesso un'ampia convergenza, frutto anche dell'esperienza concreta di questi anni nei comuni, nelle province e nelle regioni, riguardante la semplificazione amministrativa; uno spirito costruttivo che deve caratterizzare anche il confronto in Assemblea.
Nel merito, dopo le liberalizzazioni, che hanno dato nuova linfa alle garanzie del cittadino consumatore, va affrontato il nodo del rapporto tra imprese e pubblica amministrazione. È questo un tema decisivo - dopo i positivi risultati ottenuti dal Governo sul controllo dei conti pubblici e i segnali di ripresa della nostra economia - se vogliamo trasformare, consolidare e tradurre questa situazione in una ripresa di lungo periodo.
Lo ripeto, il tema è decisivo soprattutto per un paese come il nostro, nel quale la piccola e media impresa ricopre un importante ruolo, che più di qualsiasi altro settore soffre del rapporto con la pubblica amministrazione; quest'ultima, ancora oggi e troppo spesso, è incapace di dare risposte precise in tempi certi. Tali condizioni spingono tante piccole e medie imprese, soprattutto del Nord, a cercare nuove localizzazioni in altri paesi.
Il provvedimento all'esame non conclude il quadro delle necessarie riforme; infatti altro decisivo passaggio è rappresentato dal disegno di legge sull'efficienza della pubblica amministrazione e la riduzione degli oneri burocratici, in via di definizione da parte del ministro Nicolais; attraverso di esso si tenderà a definire i tempi certi per le procedure, il risarcimento del danno e la responsabilità dei dirigenti. In questo modo, verrà completato un quadro di riforme necessarie alla modernizzazione del paese; anzi, credo che proprio il provvedimento in discussione oggi possa dare un decisivo impulso anche a quei provvedimenti in via di definizione.
Credo che per quanto riguarda la proposta di legge al nostro esame siano da sottolineare alcuni innovativi elementi. Il primo riguarda l'individuazione delle materie sottoposte a dichiarazione d'inizio attività; mi riferisco all'ulteriore riduzione - così come richiesto dal presidente Capezzone - a sette giorni lavorativi dalla data di presentazione delle domande e alla previsione di un meccanismo automatico per le attività che non richiedono ulteriori autorizzazioni urbanistiche o ambientali.
In questa proposta si registra un definitivo rovesciamento del rapporto tra cittadino, impresa e pubblica amministrazione; dalla cultura del controllo preventivo - fidarsi è bene, non fidarsi è meglio - si passa ad una pubblica amministrazione come struttura di servizio al cittadino e alle imprese, nella quale i controlli avvengono successivamente alla dichiarazione d'inizio attività: quindi ci si fida del cittadino fino a prova contraria.
Credo che solo così sia possibile liberare energie, creatività ed intraprendere iniziative, soprattutto giovanili, che purtroppo subiscono ancora l'impatto con una pubblica amministrazione lontana e vista troppo spesso come nemica, rinunciando così ad una sfida con la cultura dell'impresa.
Il secondo elemento è rappresentato dalla riorganizzazione dello sportello unico per le imprese di cui devono dotarsi, autonomamente o in forma associata, tutti i comuni; da qui, per questi ultimi l'assunzione di un impegno ad individuare le risorse necessarie da investire su questo fronte (i comuni rimangono così il front-office di tutta la pubblica amministrazione). Si esce così da una fase di sperimentazione, avviata con il bando di e-Government nel lontano 2002, facendo tesoro delle esperienze più positive avviate nel nostro paese. Quelle esperienze - oltre trecento progetti presentati e centinaia di comuni coinvolti, di cui si è fatto tesoro - hanno permesso di dimostrare concretamente che la pubblica amministrazione in questo paese è riformabile. In particolare, le esperienze più avanzate hanno consentito di ridurre di oltre l'80 per cento le procedure interne, di dare un unico interlocutore all'impresa, di ridurre del 50 per cento i tempi autorizzativi.
Le proposte di legge al nostro esame rilanciano la sfida della sburocratizzazione Pag. 9e della semplificazione anche per quelle realtà che hanno ridotto gli sportelli unici a semplici uffici di rapporto con il pubblico, rinunciando a riorganizzare le procedure interne. Se con lo sportello unico le imprese potranno contare su uno unico interlocutore della pubblica amministrazione, altri due aspetti rappresentano un salto decisivo nel rapporto tra cittadini, imprese e pubblica amministrazione.
Il primo di tali aspetti riguarda l'individuazione del responsabile del procedimento, che diventa l'interlocutore diretto del cittadino e dell'impresa.
Il secondo aspetto riguarda l'introduzione della conferenza dei servizi informatici; novità importante perché permette non solo la verifica in tempo reale dello stato del procedimento, ma soprattutto di intervenire sulle distorsioni che quello strumento ha conosciuto in questi anni.
La conferenza dei servizi era stata introdotta al fine di disporre di un'unica sede di confronto e di decisione tra diverse competenze istituzionali; in questi anni, però, si è registrato un uso distorto del silenzio-assenso, soprattutto da parte di uffici decentrati dello Stato, in particolare delle sovrintendenze storico-artistico-ambientali, che ha condotto per molte pratiche alla mancata espressione del parere in fase di conferenza, salvo trasformarsi spesso in parere contrario una volta conclusa la procedura, lasciando così istituzioni locali ed imprese nella più assoluta incertezza.
Anche per tale motivo, la proposta di legge in esame ha una valenza decisiva se vogliamo porci il raggiungimento di tre obiettivi fondamentali.
Il primo obiettivo è quello di trasformare la pubblica amministrazione da fattore di freno a fattore di sviluppo e di crescita dei territori e del paese.
Il secondo è diretto a rompere la contrapposizione tra crescita e tutela del territorio e dell'ambiente, che solo una programmazione concertata può dare.
Il terzo, infine, è quello di far crescere una classe dirigente nella cultura delle scelte e delle responsabilità.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Franzoso. Ne ha facoltà.
PIETRO FRANZOSO. Signor Presidente, la proposta di legge di modifica della normativa sullo sportello unico per le imprese e in materia di dichiarazione di inizio attività approda oggi, non senza difficoltà, all'esame di questa Assemblea. Difficoltà dovute, come affermato dallo stesso presidente della Commissione attività produttive, onorevole Capezzone, al tentativo di risucchio ovvero a quello di appropriarsi di un provvedimento che era inserito parzialmente nella proposta del Governo relativa alla terza «lenzuolata» di false liberalizzazioni, a firma Bersani, per la quale si è chiesta la procedura d'urgenza in questa sede.
Va ricordato che le cosiddette liberalizzazioni finora licenziate da questa maggioranza non soltanto non hanno prodotto alcunché di concreto in termini di risultati o di risparmio per i cittadini, ma addirittura hanno avuto, in molteplici casi, effetti inversi, come da questi banchi abbiamo più volte tentato, inutilmente, di far capire. Un esempio? Più tassisti, come ricordava il collega Fedele, avrebbero dovuto determinare minori costi per gli utenti. Ebbene, la tariffa per il tragitto da Fiumicino a Roma è aumentata da 30 a 40 euro! Quanto all'apertura indiscriminata di alcune attività commerciali, essa non farà altro che mortificare l'esistente senza apportare alcun beneficio ai cittadini. Un risultato, certo, è stato ottenuto: quello di avere consolidato i forti legami già esistenti tra questo Governo ed i poteri forti delle banche e delle cooperative!
Il provvedimento in esame non si occupa di liberalizzazioni né ne ha la pretesa: pretesa mistificatrice che, invece, hanno avuto i due cosiddetti decreti Bersani e che, presumibilmente, avrà anche la terza «ondata», nelle prossime settimane.
Il provvedimento, che ha carattere bipartisan, come ha ricordato il presidente Capezzone, è sostenuto anche dall'opposizione, e con convinzione da Forza Italia, da sempre sensibile ed attenta al mondo delle imprese ed al suo effettivo rilancio, Pag. 10con particolare attenzione alle fasi di insediamento di attività con riferimento alle quali le aziende sono vittime, spesso, di prese di posizione capziose degli enti preposti, con l'unico effetto dell'allungamento dei tempi e dell'aggravio dell'avvio della produzione.
Quello in esame è un provvedimento di semplificazione, di sburocratizzazione e di snellimento delle procedure necessarie per l'avvio di una nuova impresa, un provvedimento che sarà utile nella misura in cui si metteranno le imprese in condizione di liberarsi di quei molteplici vincoli burocratici che costituiscono un freno allo slancio dell'economia del nostro paese. Basti pensare che per avviare semplici attività si rendono necessari almeno una cinquantina di adempimenti amministrativi autorizzativi: un vero record negativo a livello mondiale! Parliamo di piccole imprese e di imprese artigiane che da sempre costituiscono il motore delle collettività locali, la fonte più promettente per creare nuova occupazione, innovazione e dinamismo economico.
Lo scopo del provvedimento è, quindi, quello di offrire al mondo imprenditoriale la possibilità di effettuare, in maniera semplice e veloce, tutte le procedure amministrative necessarie all'attività aziendale, con particolare riferimento alla fase di avvio, attraverso la predisposizione di un quadro giuridico favorevole allo sviluppo dell'imprenditorialità. Nel contempo, la proposta di legge in esame prevede tempi certi entro i quali l'amministrazione deve effettuare accurati e rigorosi controlli in relazione all'attività oggetto della richiesta e sulla documentazione prodotta. È necessario, però, monitorare e valutare attentamente l'impatto che il provvedimento in esame è destinato ad avere nei confronti delle strutture amministrative degli enti locali, chiamati a ridurre sensibilmente i tempi dei procedimenti amministrativi di cui trattasi.
Oltre ad abbreviare i tempi per la costituzione di nuove imprese, il provvedimento in esame tenta di capovolgere il meccanismo delle autorizzazioni: attraverso l'autocertificazione e la denuncia di inizio attività, chi decide di fare impresa potrà partire immediatamente; i controlli, accurati e rigorosi, arriveranno soltanto dopo, per verificare che tutto sia in regola. Forse, sotto questo profilo, andrebbero previste eventuali sanzioni penali ed amministrative anche per le amministrazioni che non rispondono nei termini previsti (come oggi avviene), dettando tempistiche diverse da quelle previste dal decreto del Presidente della Repubblica n. 447 del 1998. Ciò comporta minori spese per le imprese, nei cui conti economici sono oggi presenti costi indiretti non più sostenibili, considerato che per la burocrazia le imprese spendono qualcosa come un punto di PIL all'anno.
Molti sono i pilastri sui quali si regge l'impianto della proposta di legge.
Il primo è quello della drastica riduzione delle funzioni di controllo preventivo della pubblica amministrazione, sulla scorta del principio secondo il quale libertà è responsabilità. Si tende a ridurre i controlli ex ante a favore di quelli ex post, valorizzando, attraverso il sistema dell'autocertificazione, sicuramente più snello, agile ed efficace di ipotetiche verifiche preventive, il principio di responsabilità personale del singolo.
Altro pilastro è quello legato alla drastica riduzione dei termini per aprire un'impresa: il soggetto interessato, infatti, trascorsi sette giorni dalla presentazione della domanda, è comunque autorizzato ad avviare la nuova attività produttiva. Tutto questo, ovviamente, è permesso grazie all'utilizzo del meccanismo dell'autocertificazione.
Un sistema di questo tipo, che conferisce al singolo individuo un grande ruolo di responsabilità, è comunque bilanciato da una più intelligente elaborazione dei compiti dell'amministrazione, che comunque ha la possibilità di esercitare controlli molto rigorosi, restando il termine di sette giorni sospeso qualora l'amministrazione abbia necessità di integrare i documenti presentati dal soggetto richiedente, oppure nel caso che convochi quest'ultimo per una audizione in contraddittorio. In questa seconda ipotesi, il termine per lo Pag. 11svolgimento dell'audizione è di oltre novanta giorni - che, onestamente, mi sembrano anche un po' eccessivi - per permettere così accertamenti rigorosi e approfonditi.
Risulta evidente che questa parte della legge abbia una funzione ben precisa, quella di cardine logico, di chiave di volta di una intera disciplina.
La proposta di legge modifica anche precedenti testi normativi: interviene sulla legge n. 241 del 1990, la legge sul procedimento amministrativo e sulla normativa sullo sportello unico e in questo senso opera come una sorta di raccordo fra diverse disposizioni.
Ad una indagine approfondita la norma in questione si dimostra assolutamente insoddisfacente sotto il profilo giuridico, formale e sostanziale. In essa infatti sono previsti strumenti estremamente efficaci: un intelligente meccanismo di bilanciamento, per esempio, consente all'amministrazione di mantenere un ruolo di garanzie, che non può essere mai eccessivo in modo da non indebolire o fiaccare troppo la libera iniziativa del singolo; un gioco di equilibri che sollecita le capacità della persona, lasciando comunque alle autorità competenti la facoltà di attuare controlli rigorosissimi proprio per impedire dei danni alla collettività.
Insomma, la sinteticità della proposta di legge «sette giorni per un'impresa» si dimostra preziosa anche sotto il profilo politico, poiché tenta di fornire una risposta alle lungaggini che troppo spesso imbrigliano la creatività dei singoli, frenando lo sviluppo delle piccole imprese che invece vanno sollecitate e aiutate, rappresentando esse la spina dorsale produttiva del nostro paese.
Detto ciò, in conclusione, ritengo che questo provvedimento sia una prima fase, caro signor rappresentante del Governo, presidente Capezzone, ritenendo che il Parlamento si dovrà occupare dei tempi e dei costi che le aziende dei servizi utilizzano per collegare un manufatto alle reti (idriche, telematiche, informatiche), tempi che spesso quelle aziende allungano a dismisura con costi eccessivi per fornire quanto è loro demandato.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Narducci. Ne ha facoltà.
FRANCO NARDUCCI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho chiesto di intervenire nel dibattito generale sulla proposta di legge in esame perché sono profondamente convinto della urgenza che essa riveste per l'economia del nostro paese, urgenza affrontata con forti propositi, come testimoniano le disposizioni di legge approvate dal Parlamento in questi ultimi anni; ma - a dire la verità - il salto di qualità con il superamento delle tante difficoltà procedurali non si è verificato. Se ne ha consapevolezza, osservando quanto hanno fatto numerosi paesi dell'Unione europea, usciti da tempo dallo stato del dibattito e più avanti dell'Italia sul piano della creazione d'impresa.
L'iniziativa imprenditoriale è il motore dell'economia - quante volte lo abbiamo sentito ripetere con enfasi - ma se essa non è sostenuta ed accompagnata da altri provvedimenti difficilmente si realizza, sopravvive e contribuisce a quello sviluppo sostenibile che deve avere forti radici territoriali.
Le buone intenzioni non bastano per promuovere l'imprenditorialità: la sburocratizzazione degli adempimenti amministrativi, a partire da quelli di competenza dello sportello unico per le attività produttive, costituisce quindi un aspetto prioritario in una visione di sviluppo dell'imprenditorialità stessa.
La proposta di legge in esame si prefigge di superare le difficoltà esistenti e di agevolare l'iniziativa nella sua fase primaria più delicata, quella dell'avvio.
In questa ottica auspichiamo fermamente che il Governo proceda ad una semplificazione a livello di regolamento consistente nelle disposizioni che vincolano l'attività dello sportello unico per le attività produttive e, di riflesso, dei cittadini che scelgono di avviare a proprio rischio un'attività economica.Pag. 12
Sicuramente, non sfugge a nessuno la necessità di sensibilizzare le istituzioni verso un processo risultante da intendimenti di ordine mondiale che in molti comuni non hanno trovato applicazione concreta.
Con la strategia di Lisbona del 2000 l'Unione europea guardava al proprio futuro pensando ad un sentiero di crescita basato sulla conoscenza, sulla competitività e sulla crescita dell'occupazione, inquadrando questi fattori di progresso nella logica della coesione sociale e della sostenibilità.
Con l'approvazione dell'agenda sociale adottata dal Consiglio europeo a Nizza nel dicembre 2000, pochi mesi dopo Lisbona, si è affermata la necessità di garantire a tutti l'accesso alle risorse, ai diritti, ai beni e ai servizi.
Ora noi vogliamo cogliere l'occasione offertaci da questa proposta di legge che intende snellire le procedure sullo sportello unico per le imprese in materia di dichiarazione di inizio attività per lanciare un welfare per l'impresa.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'esperienza che ho maturato in Svizzera, dove risiedo da molti anni, mi insegna quanto importante sia il ruolo dei comuni nell'ottica dello sviluppo territoriale e dell'economia a rete.
I servizi offerti dallo sportello unico devono dare un adeguato sostegno a chi ha un'idea valida per realizzare il progetto rapidamente e senza le attuali pastoie burocratiche. I servizi dovrebbero essere offerti in un one stop shop system in cui il comune o i comuni consorziati rappresentano il punto centrale per la creazione di nuove imprese, per il loro insediamento, per l'interlocuzione con le aziende già operanti sul territorio e con le autorità.
Tramite lo sportello unico per l'impresa si potrebbero rendere fruibili altri servizi alle imprese, creando una sorta di filo diretto con una serie di servizi necessari alla vita e allo sviluppo dell'impresa ovvero una rete informativa integrata e sinergica.
Pertanto, alle operazioni di inizio dell'attività imprenditoriale si potrebbero affiancare altri servizi importanti: stato di avanzamento dei procedimenti amministrativi (da gestire tramite interfaccia Internet), indicazioni sulla localizzazione dell'impresa in un sistema integrato locale e globale, informazioni per l'accesso al credito e lotta all'usura, informazioni sulle possibilità già offerte dalle disposizioni vigenti, informazioni sui finanziamenti allo sviluppo, raccordo con il mercato del lavoro locale, raccordo con le competenti autorità per l'insediamento di imprese comunitarie ed extracomunitarie sul territorio italiano.
In questa ottica, lo sportello unico potrebbe giocare il significativo ruolo di acceleratore di impresa per quanti hanno un'idea o un progetto con forti potenzialità di sviluppo economico, agendo con rapidità e cognizione di causa. «Sette giorni per una nuova impresa» come titolo alla proposta di legge è veramente una idea vincente, da realizzare con le giuste soluzioni ai conflitti in materia di legislazione concorrente e diritto amministrativo, come hanno osservato le Commissioni competenti.
Si deve prendere atto, in ogni caso, dell'ottimo lavoro svolto dalla Commissione e dal presidente Capezzone. Credo sia corretta ed equilibrata la soluzione indicata per dirimere la spinosa questione dei comuni che, alla data di entrata in vigore della legge, non abbiano provveduto all'istituzione dello sportello unico.
Le giuste incompatibilità sollevate sull'affidamento al sindaco in caso di mancata istituzione dello sportello sono superate efficacemente, a mio avviso, con l'affidamento a un soggetto qualificato delegato dal sindaco stesso, fermi restando i criteri di obiettività che il Governo vorrà indicare credo attraverso un atto regolamentare.
In conclusione, signor Presidente, mi preme rimarcare che molti italiani residenti all'estero, soprattutto nei paesi limitrofi, desiderosi di investire in attività produttive nel nostro paese, hanno desistito a causa degli ostacoli burocratici e delle ricadute negative sulla competitività.Pag. 13
Con questa proposta di legge e con queste modifiche credo si compia un passo avanti significativo anche nei loro confronti.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Cosenza. Ne ha facoltà.
GIULIA COSENZA. Signor Presidente, intervengo nella discussione per esprimere apprezzamento sul provvedimento e condivisione per lo stimolo culturale che pone in essere. In un paese come il nostro, dove non esistono azioni specifiche volte a favorire la nascita e la crescita delle imprese, esso reca disposizioni per abolire vincoli amministrativi che costituiscono un forte limite alla capacità di intraprendere; soprattutto, poi, concorre alla diffusione di un clima culturale - del quale auspico un maggiore radicamento - favorevole ad una maggiore consapevolezza dell'azione sociale svolta dalle imprese nel nostro paese. Nel contempo, il provvedimento rappresenta anche una «spinta» per la pubblica amministrazione a sviluppare comportamenti responsabili nell'azione e nei servizi resi al cittadino ed alle imprese stesse in maniera che essa sia finalmente «vissuta» come una struttura a supporto degli operatori anziché come un nemico (quale, fino ad oggi, è stata percepita).
Come sappiamo, nel nostro paese, un imprenditore è costretto ad attendere tempi lunghi per ottenere le necessarie autorizzazioni, con molto dispendio economico e nell'incertezza circa l'esito dei procedimenti amministrativi. Infatti, come a noi è noto, occorrono sessantotto autorizzazioni, bisogna contattare diciannove uffici, sono necessari sessantadue giorni per il disbrigo delle pratiche rispetto ai quattro degli Stati Uniti.
In merito ai costi, solo le piccole e medie imprese - che sono le più colpite - pagano complessivamente 15 miliardi di euro, l'equivalente di un punto del PIL. Un imprenditore italiano deve sostenere una spesa di 3 mila 800 euro contro i 125 di uno statunitense.
Quindi, ben venga questo provvedimento, utile sicuramente alla semplificazione e alla sburocratizzazione; è importante, ma è un po' come una goccia nel mare. Infatti, non possiamo dimenticare che l'Italia, oltre a non semplificare la vita alle proprie imprese, non riesce neanche a creare le condizioni utili ad attrarre gli investimenti stranieri. Ciò, per una serie di motivi ben noti, che non riguardano solo la pesante macchina amministrativa, ma attengono anche a questioni come le liberalizzazioni, la fiscalità poco attraente, le infrastrutture ed i problemi del mercato del lavoro; questioni che caratterizzano l'Italia per avere un ambiente tra quelli più ostili in Europa alla nascita ed alla crescita delle imprese. Pertanto, non possiamo nasconderci che solo la realizzazione di un progetto unitario, in grado di comprendere in maniera organica una serie di azioni - dalle liberalizzazioni all'ammodernamento della pubblica amministrazione - può affrontare questi problemi.
La frammentarietà, la mancanza di un collegamento potrebbero rendere questi interventi, anche se pienamente condivisibili e importantissimi nel contesto che viviamo, comunque non sufficienti.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Mellano. Ne ha facoltà.
BRUNO MELLANO. Signor Presidente, colleghi, la legge 23 dicembre 2000 n. 388, legge finanziaria per il 2001, ha previsto, all'articolo 107, l'istituzione di un progetto di informatizzazione della normativa vigente. Tale richiamo è pertinente perché nella Commissione bicamerale per la semplificazione della legislazione - collegio di cui mi onoro di essere vicepresidente, collaborando con il presidente Fuda - abbiamo analizzato i dati che cominciano ad emergere da quel progetto di informatizzazione. Progetto di informatizzazione che ha difficoltà di implementazione e di piena operatività perché il sistema giuridico italiano non è neanche in grado di definire quale sia il numero delle leggi vigenti.
È altissimo il numero di atti normativi emanati dal momento della nascita dello Pag. 14Stato unitario, e dunque dal 1861; si calcolano, con dati approssimativi, tra i 70 e gli 80 mila i provvedimenti normativi che, a volte a cavallo tra gli atti amministrativi e le leggi vere e proprie, fanno parte del bagaglio legislativo italiano. Di queste, pare - e sottolineo l'espressione «pare» - siano attualmente vigenti 22 mila atti normativi. Anche in questo contesto dobbiamo leggere il provvedimento in esame.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO LEONI (ore 16,03)
BRUNO MELLANO. Tra l'altro, come ricordavano alcuni colleghi in precedenza, ci troviamo all'interno di una strategia europea che punta sulla semplificazione legislativa, sulla sburocratizzazione, individuando in ciò uno degli elementi cardine di azione europea per aiutare l'imprenditoria, il cittadino, l'Europa e i singoli paesi ad essere all'altezza delle sfide interne ed esterne, delle sfide del mercato interno europeo e di quello globalizzato mondiale.
La strategia di Lisbona, in questi anni, è stata arricchita proprio di obiettivi puntuali e mirati alla semplificazione legislativa e amministrativa. Un recente documento, del 14 novembre 2006, intitolato «Misurazione dei costi amministrativi e riduzione degli oneri amministrativi nell'Unione europea» indica che, con riferimento all'Italia, i costi amministrativi sono altissimi, i più alti in assoluto. Si tratta, sostanzialmente, di una percentuale pari al 4,6 per cento del PIL e, poiché l'obiettivo che l'Unione europea si è posto è quello di una riduzione del 25 per cento di questi costi, sappiamo che per l'Italia ci potrebbe essere una crescita del PIL pari all'1,7 per cento se fossimo in grado di rispettare, nei tempi e nei modi, gli obiettivi che ci siamo posti.
In questa legislatura già molte volte ci siamo trovati a discutere di liberalizzazioni, confrontandoci, e anche litigando, in ordine al contenuto riformatore e di liberalizzazione vera o meno dei provvedimenti in discussione.
Il testo oggi al nostro esame - lo abbiamo sentito dai colleghi intervenuti, sia di destra sia di sinistra - è un provvedimento che, nel merito e nel metodo, ha una sua specificità. Siamo di fronte ad una riforma, piccola ma concreta, che costituisce una svolta metodologia ed intellettuale che parte da un campo specifico per giungere ad una inversione di ruoli tra la pubblica amministrazione e il cittadino, in particolare quel cittadino-imprenditore, quel cittadino attivo socialmente, che cerca di creare quella ricchezza che tutti vorremmo riuscire a ridistribuire meglio nell'ambito della società, ma che certamente, prima di essere distribuita, deve essere costruita.
Dunque, siamo di fronte ad un provvedimento che nasce nel Parlamento e che è stato sottoscritto da moltissimi colleghi - ovviamente, anch'io ringrazio il presidente della Commissione, l'onorevole Capezzone - e da più della metà dei componenti La Rosa nel Pugno.
Da parte nostra vi è un'attenzione specifica rispetto al testo in esame, in quanto siamo convinti che possa costituire una piccola pietra di svolta rispetto ad un percorso parlamentare che molte volte ci ha visti affrontare, senza grande spazio di manovra, provvedimenti governativi sui quali il Parlamento, in particolare questa Camera, è riuscito ad intervenire con qualche difficoltà.
Nel caso in esame, invece, siamo di fronte ad un provvedimento tipicamente parlamentare. Si tratta di un provvedimento specifico, settoriale, ma che si inserisce, in un discorso più completo e più complessivo, all'interno dei cosiddetti decreti Bersani che abbiamo già approvato, nonché - come ricordava il presidente Capezzone - dei provvedimenti annunciati o già depositati da altri ministri di questo Governo e di altri progetti di legge già depositati da diversi colleghi. Voglio ricordare che, sempre come gruppo della Rosa nel Pugno, sosteniamo anche il provvedimento elaborato da Pietro Ichino, presentato alla Camera dal collega Turci, sulla semplificazione nell'amministrazione pubblica, che è uno dei pesi che incidono sulla Pag. 15nostra difficile competitività internazionale e nazionale, a fronte di un'amministrazione pubblica numerosa ed inefficiente, che è una delle «palle al piede» della nostra imprenditoria.
Quindi, il provvedimento si inserisce all'interno di un complesso davvero ampio e vario, in cui le difficoltà di essere e fare impresa nel nostro paese sono tantissime e riguardano appunto un sistema inefficiente e - occorre pur dirlo - una giustizia civile ampiamente deficitaria; ecco perchè l'Europa ci vede essere davvero il fanalino di coda in ordine ai tempi lunghissimi di amministrazione della giustizia civile.
Si tratta quindi di un provvedimento quanto mai necessario per creare e garantire sicurezza, certezza, sfogo di attività di impresa nel nostro paese: un intervento sulla giustizia civile che davvero questo Parlamento dovrebbe riuscire a calendalizzare per essere efficace. Noi qui discutiamo - apprezzo il tono e il merito dei contributi che sono finora giunti da tutti i colleghi che sono intervenuti - su come far partire un'impresa, sullo start up necessario a dare libero sfogo alla genialità e all'intrapresa che è o era tipicamente italiana. Tuttavia, in questi anni si è dovuto fare i conti con i lacci e i lacciuoli di una situazione politico-amministrativa che certo non ha facilitato il nostro mondo delle piccole e medie imprese, che sono la caratteristica saliente dell'imprenditoria che per oltre l'80 per cento è costituita appunto da piccole e medie aziende.
Tutto ciò, in qualche modo, ci porta un supplemento di genialità e di innovazione, ma occorre confrontarsi con un'amministrazione amica, non compiacente, che possa aiutare e agevolare la nascita, la costruzione e l'avvio dell'impresa, in particolare modo dell'imprenditoria giovanile o femminile, su cui in questi anni abbiamo sedimentato delle ottime leggi, sia nazionali che regionali, anche di contributo e di agevolazione fiscale, ma che difficilmente i singoli imprenditori riescono ad attivare appieno.
Ricordo di aver visto il modulo per la richiesta del contributo sull'imprenditoria femminile per la cui compilazione occorreva fare un corso di formazione. Al di là di questi dati specifici, credo che quello che è diventato uno slogan, un titolo abusivo, ma in realtà un titolo di una proposta di legge, tipo «sette giorni per un'impresa» - su cui abbiamo sentito ed annoverato in questi mesi e in queste settimane anche il rilancio: «un giorno per un'impresa» -, è il dato di una riforma che rappresenta una svolta.
Occorre invertire, in qualche modo, l'onere della prova; occorre avere fiducia nel sistema amministrativo italiano, nel sistema molto capillare degli oltre 8 mila comuni italiani, per dare una possibilità in più alle nostre imprese, ai nostri cittadini imprenditori, per partire e ripartire, con uno slogan che diventi riforma concreta di una situazione innovativa. Occorre realizzare una liberalizzazione vera, volta davvero a creare sin da subito un volano di nuove partenze e ripartenze, di nuova impresa e di nuova imprenditorialità. Sette giorni per un'impresa non deve essere uno slogan, ma un progetto politico, un obiettivo che ci prefiggiamo.
Si tratta di far partire le imprese per permettere di vivere in un sistema di giustizia e di amministrazione più efficace, in cui, avendo invertito l'onere della prova, si sappia essere molto rigorosi e attenti alla tutela ambientale e a quella del paesaggio e del territorio. In questi anni con il sistema dei lacci e dei lacciuoli, delle autorizzazioni preventive, della documentazione ripetitiva, e in molti casi inutile e duplicata, non siamo riusciti a garantire il territorio né il paesaggio, né a difendere una delle nostre maggiori ricchezze.
Allora, sfidiamoci: lanciamo questa sfida al paese, riuscendo a garantire veramente più libertà e, quindi, più responsabilità. Servono controlli severi, puntuali, precisi, efficaci ed efficienti, proprio perché riempire moduli, formulare richieste e controrichieste non è stata una risposta positiva. Ciò non ha garantito né l'avvio delle imprese né la tutela degli interessi primari delle risorse essenziali del nostro paese.Pag. 16
Si tratta di un provvedimento - ripeto - specifico, puntuale, che nasce con un metodo nuovo per questa legislatura, con un merito condiviso e che può rappresentare uno strumento per il Parlamento, per realizzare una politica condivisa ed efficace nel nostro lavoro politico; questo affinchè nella discussione in Assemblea si sappiano compiere i passi necessari per evitare di realizzare duplicati di progetti di legge che il Governo ha già presentato e per giungere ad un testo che abbia forti e chiari i propri contenuti e la propria natura e, che sappia cogliere le proposte provenienti dall'opposizione, raccogliendo il contributo - come abbiamo sentito dire da molti colleghi della Commissione X - positivo, proficuo delle tante voci che sono giunte dal territorio, dalle associazioni, dalle categorie, dalla società civile nel suo insieme.
Come deputati radicali e socialisti del gruppo della Rosa nel Pugno, riversiamo su questo progetto di legge una particolare attenzione, che è stata manifestata anche da parte del ministro Bonino e - intendo ricordarlo - di Marco Pannella nelle riunioni del vertice della maggioranza. È un provvedimento che intende caratterizzare un'azione politica e che vuole essere un piccolo tassello di una politica più ampia di liberalizzazioni vere, di cambiamento nel metodo e nel merito (Applausi dei deputati dei gruppi La Rosa nel Pugno, Italia dei Valori e Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Allasia. Ne ha facoltà.
STEFANO ALLASIA. Deputato Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento in questione, recante «Modifiche alla normativa sullo sportello unico per le imprese e in materia di dichiarazione di inizio attività», più semplicemente denominato «sette giorni per un'impresa», ha la finalità di rimuovere tutti gli ostacoli burocratici che rendono difficile e cavilloso iniziare un'attività. Oltre agli aspetti di carattere burocratico, tra gli alti scogli che si frappongono allo start up di un'impresa è da inserire anche la lentezza istituzionalizzata della pubblica amministrazione, che protrae nel tempo l'incertezza nella quale si trovano gli imprenditori che vogliono fare impresa.
Il gruppo della Lega Nord Padania, come apporto per rimuovere tali ostacoli, ha voluto presentare un proprio provvedimento, confluito nel testo all'attenzione dell'Assemblea.
In Italia l'economia è caratterizzata in maniera particolarmente prevalente da microimprese. La competitività del sistema Italia può consolidarsi a prescindere da esse? La risposta è semplicemente «no». Senza un confronto con la realtà si rischia di non consolidare la forza della diffusione della flessibilità e del radicamento territoriale delle imprese italiane, basilare per la coesione sociale del paese, rinunciando ad ogni realistica ipotesi di sviluppo: piccole imprese né protette dalla concorrenza sleale né sostenute da una realistica politica industriale.
L'Italia rischia di diventare un paese più debole economicamente e meno equilibrato socialmente, in cui le poche grandi imprese, ancora esposte in settori ad alta competitività ed ad alta attrazione di valore, non riusciranno da sole a compensare la deriva di un tessuto imprenditoriale lasciato solo ad affogare nell'acqua alta di una burocrazia paradossale, di una fiscalità troppo elevata, sia sul lavoro sia sull'impresa, e della mancanza di politiche industriali.
Le imprese denunciano tre emergenze. In primo luogo, la burocrazia. Siamo il paese recordman mondiale per gli adempimenti ed il paradosso burocratico. Per iniziare un'attività d'impresa servono mediamente 65 adempimenti burocratici per 18-20 diverse amministrazioni: una follia. Ciò costa 15 miliardi di euro l'anno. In secondo luogo, le carenze di mercato, che coinvolgono sia il settore energetico sia quello assicurativo-finanziario e che pesano sulle imprese italiane in modo abnorme rispetto ai concorrenti. Si pensi che una piccola o media industria italiana paga l'energia dal 30 al 40 per cento in più dei francesi. Infine, l'assenza di incisive politiche industriali: gli incentivi alle imPag. 17prese sono calati in cinque anni di oltre il 50 per cento, e le più colpite sono proprio le piccole e medie imprese.
La Lega Nord ha sempre sottoposto all'attenzione degli Esecutivi che si sono succeduti nel tempo le problematiche che le imprese nascenti dovevano sopportare al fine di poter entrare nel mercato. Ancora oggi si usa punire la voglia di fare, viene frustrata la voglia di impresa della gente del nord.
La proposta in esame si prefigge di modificare la legge n. 241 del 1990 sul procedimento amministrativo e la normativa sullo sportello unico per le imprese di cui al regolamento approvato con il decreto del Presidente della Repubblica n. 447 del 1998. Il provvedimento ha dunque questo duplice obiettivo.
In particolare, l'articolo 1 autorizza il Governo ad adottare, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, un regolamento modificativo del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 ottobre 1998, n. 447, con il quale, in attuazione della legge 15 marzo 1997, n. 59 (la cosiddetta «legge Bassanini»), sono stati semplificati i procedimenti relativi all'avvio di nuovi impianti produttivi.
La disposizione è volta, in primo luogo, ad estendere il ricorso all'autocertificazione, consentendone l'utilizzo nella generalità dei casi e prevedendo che, trascorsi sette giorni, rispetto ai sessanta attualmente previsti, dalla presentazione della domanda, il soggetto sia comunque autorizzato ad avviare la nuova attività produttiva. Tale termine resta sospeso nel caso in cui l'amministrazione richieda l'integrazione della documentazione presentata o convochi il soggetto per un'audizione in contraddittorio. Nell'ipotesi in cui l'amministrazione scelga la via dell'audizione, in particolare, si prevede l'introduzione di un congruo termine per il suo svolgimento (oltre novanta giorni), a tutela delle legittime aspettative del richiedente, ma anche della stessa amministrazione, la quale può disporre così di tempi certi per effettuare, in modo rigoroso e puntuale, tutte le verifiche che riterrà necessarie sull'attività oggetto della richiesta e sulla documentazione prodotta.
Per quanto concerne, invece, lo sportello unico per le imprese, un apposito criterio direttivo è volto a superare le difficoltà che si riscontrano nei contesti ove tale struttura non è stata ancora attivata, prevedendo che il responsabile dei procedimenti in questi casi sia il sindaco.
L'articolo 2 modifica l'articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, recante la disciplina della dichiarazione di inizio attività, configurando una sorta di corsia preferenziale per le attività produttive. La disposizione è volta ad abbreviare il termine trascorso il quale il soggetto richiedente può avviare l'attività e, contestualmente, a prolungare il termine entro il quale l'amministrazione può intervenire in via successiva per vietarne la prosecuzione. Più specificatamente, si prevede che, nel caso in cui la domanda, corredata da autocertificazione, abbia ad oggetto l'esercizio di un'attività imprenditoriale, commerciale o artigianale, ovvero l'iscrizione in albi o ruoli per l'esercizio di tali attività, il termine ordinario di trenta giorni sia ridotto a sette.
Una volta avviata l'attività, il termine entro il quale l'amministrazione può intervenire, in caso di accertata carenza dei requisiti richiesti, viene invece aumentato da trenta a novanta giorni, anche in questo caso al fine di consentire lo svolgimento di controlli accurati e rigorosi.
Nella Commissione attività produttive vi è stata una sostanziale convergenza sugli obiettivi da raggiungere con la presente proposta, pur nelle difficoltà incontrate nell'attività di raccordo con i vari decreti predisposti dal ministro Bersani.
Il lavoro della Commissione ha prodotto un testo completo per quanto concerne le linee guida per l'adozione del regolamento da parte del Governo, indicando ed ampliando le facoltà e le possibilità delle amministrazioni locali di attivarsi, al fine di rendere effettivamente operative le previsioni del progetto di legge, e specificando con precisione le Pag. 18procedure e i termini entro i quali esse devono essere esperite. Tra le novità: la previsione che i comuni possano esercitare le proprie funzioni, relativamente all'attivazione dello sportello unico, in forma associata e che la struttura cui è affidato il procedimento coordini le istruttorie relative a tutti gli enti della pubblica amministrazione competenti coinvolti, con possibilità di comunicazione con l'utenza diversa da quella diretta, di un controllo da parte dell'amministrazione sull'operato dello sportello e, infine, di richieste di contraddittorio da parte dell'azienda interessata a maggior tutela dei soggetti coinvolti; inoltre, con riferimento alla norma riguardante la realizzazione di impianti a struttura semplice previamente individuati dalla regione, ferma restando per le regioni la possibilità di individuare ulteriori attività produttive che, a causa delle specifiche implicazioni di carattere ambientale, necessitino l'applicazione dei termini più ampi previsti dalla normativa vigente, si dovrà prevedere un termine di sette giorni lavorativi entro il quale la realizzazione del progetto si intende autorizzata in assenza di una comunicazione di motivato dissenso, e, altresì, che il suddetto termine sia sospeso nel caso di richiesta di integrazione dei documenti o di convocazione di audizioni e, infine, che i termini riprendano a decorrere dalla data di acquisizione dei dati istruttori sopra indicati, ovvero dal momento della presentazione del progetto modificato.
Per concludere, questo provvedimento è volto a fare da cassa di risonanza e a dare una risposta completa a tutte le piccole e medie imprese italiane che gridano a gran voce: fateci lavorare!
Ancora una battuta, deputato Presidente: il provvedimento in esame sicuramente arrecherà un notevole beneficio ai cittadini e alle piccole e medie imprese, ma faccio notare come l'interesse ad un tale beneficio sia inversamente proporzionale alla presenza in aula dei deputati durante la discussione generale. Constatando, infine, la pacatezza degli interventi finora svolti, preciso che la Lega Nord ha voluto avere voce autonoma sul tema in discussione, non per fare ostruzionismo, ma per rivendicare una richiesta che la Lega porta avanti da sempre (Applausi).
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 1428-A ed abbinata)
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, deputato Capezzone.
DANIELE CAPEZZONE, Relatore. Ringraziando davvero tutti i colleghi intervenuti, così come il rappresentante del Governo, confermo le linee generali dell'esposizione iniziale, che sono state confortate dagli interventi di colleghi di numerosi gruppi. Ribadisco che, nelle prossime ore, conto di poter predisporre un emendamento, che io stesso presenterò, che tenga conto del testo iniziale, approvato all'unanimità, ma anche di elementi importanti contenuti nel disegno di legge governativo presentato in materia.
Come ho già detto prima e tengo a sottolineare ancora, il testo del provvedimento al nostro esame sarà naturalmente ancora aperto ad ulteriori contributi anche da parte dei rappresentanti dell'opposizione che, come quelli di maggioranza, lo hanno lealmente sostenuto da subito.
Confido che, in tempi rapidissimi, si possa giungere non solo all'approvazione del provvedimento, ma anche - ci terrei davvero e mi pare, anche alla luce del dibattito che si è appena svolto, che ciò sia assolutamente possibile - ad un voto molto trasversale. Sarebbe un grande segnale se una classe politica che, come è naturale, su mille questioni si divide su questa potesse invece unirsi e consegnare presto al Senato della Repubblica, per il dibattito che vi sarà in quel ramo del Parlamento, un provvedimento che non è né di destra, né di sinistra, ma è nell'interesse del paese.
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.
Pag. 19FILIPPO BUBBICO, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, rinunzio alla replica.
PRESIDENTE. Sta bene, sottosegretario Bubbico.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
Discussione del testo unificato delle proposte di legge: Zeller ed altri; Brugger ed altri; Benvenuto e Vannucci: Modifiche alla legge 8 luglio 1998, n. 230, in materia di obiezione di coscienza (A.C. 197-206-931-A) (ore 16,25).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del testo unificato delle proposte di legge d'iniziativa dei deputati Zeller ed altri; Brugger ed altri; Benvenuto e Vannucci: Modifiche alla legge 8 luglio 1998, n. 230, in materia di obiezione di coscienza.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).
(Discussione sulle linee generali - A.C. 197 ed abbinate-A)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare Forza Italia ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del regolamento.
Avverto, altresì, che la IV Commissione (Difesa) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il presidente della IV Commissione, deputata Pinotti, ha facoltà di svolgere la relazione.
ROBERTA PINOTTI, Relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori membri del Governo, la sospensione della leva obbligatoria ha determinato, nel nostro paese, un cambiamento epocale, la cui effettiva portata sul piano normativo sta gradualmente emergendo, anche in sede giurisdizionale, in tutte le sue molteplici sfaccettature. Al fine di eliminare possibili incongruenze dell'ordinamento vigente, il legislatore è, quindi, chiamato a svolgere un delicato lavoro di adeguamento normativo, che assume un particolare rilievo con riferimento all'obiezione di coscienza al servizio militare obbligatorio.
In proposito, ricordo che, ai sensi dell'articolo 15, commi 6 e 7, della legge 8 luglio 1998, n. 230, agli obiettori è preclusa qualsiasi autorizzazione per la detenzione, l'uso ed il commercio di armi e materiali esplodenti, nonché l'assunzione di ruoli imprenditoriali o direttivi nella fabbricazione e commercializzazione degli stessi. Inoltre, agli obiettori è vietata la partecipazione a concorsi per l'arruolamento nelle Forze armate, nell'Arma dei carabinieri, nei Corpi di polizia o in altri impieghi che richiedano l'uso delle armi.
Si tratta di vincoli che, nella loro concreta applicazione, hanno condotto, in alcuni casi, all'imposizione di divieti paradossali, che non risultano in alcun modo giustificati dalle motivazioni etiche alla base dell'obiezione di coscienza, come, ad esempio, il divieto per i veterinari di utilizzare fucili lanciasiringhe o il divieto di assumere la direzione di fabbriche di airbag o, ancora, il divieto di praticare sport olimpici come il biatlhon o il tiro al piattello. Addirittura si è resa necessaria la sentenza della Corte costituzionale n. 141, del 7 aprile 2006, per stabilire che un obiettore di coscienza può dirigere un'attività di cava e tenere un registro di detenzione esplosivi per uso civile.
In tale contesto, la sospensione a tempo indeterminato della leva obbligatoria ha accentuato ancora di più il carattere discriminatorio di tali vincoli. Infatti, mentre per coloro che hanno svolto il servizio civile come obiettori di coscienza rimangono pienamente vigenti i vincoli di legge, non essendo per essi ammissibile alcun ripensamento rispetto alla scelta a suo tempo compiuta, per coloro che, invece, grazie alla sospensione della leva obbligatoria, per mere ragioni anagrafiche, non Pag. 20hanno svolto né il servizio militare né il servizio civile non si applica alcun vincolo. Ma vi è di più: si è giunti al paradosso che i renitenti alla leva finiscono per avere maggiori diritti ed opportunità professionali rispetto agli obiettori di coscienza, giacché, ai sensi dell'articolo 11-quinquies del decreto legislativo 8 maggio 2001, n. 215, come da ultimo modificato dall'articolo 3 del decreto legislativo 6 ottobre 2006, n. 275, i renitenti stessi possono ottenere la cancellazione della nota di renitenza, purché forniscano un giustificato motivo del proprio comportamento omissivo, senza la successiva applicazione di alcun vincolo.
Per eliminare tutte queste gravi discrasie appare, quindi, necessario ed urgente un intervento legislativo, da un lato per tenere conto del fatto che i convincimenti personali sottesi all'originaria scelta dell'obiezione di coscienza possono subire mutamenti nel corso degli anni, e, dall'altro lato, per modificare il regime dei vincoli applicabili agli obiettori, al fine di escludere l'imposizione di divieti del tutto ingiustificati. Proprio in questa prospettiva, la Commissione difesa, partendo dalle proposte di legge Zeller (A.C. 197), Brugger (A.C. 206) e Benvenuto (A.C. 931), a conclusione di un approfondito dibattito e di un'intensa attività conoscitiva, che ha riscontrato la partecipazione sia di associazioni di obiettori, sia di associazioni di ex obiettori, è giunta all'elaborazione di un testo unificato sul quale hanno concordato gran parte dei gruppi parlamentari.
Tale testo non si pone nell'ottica di una semplicistica quanto ingiustificata eliminazione dei vincoli di legge, ma si muove lungo le seguenti tre linee guida: l'eliminazione di quei divieti previsti dalla legislazione vigente che non sono giustificati dalle motivazioni etiche che sono la base della scelta compiuta dagli obiettori; la possibilità per ciascun obiettore di rinunciare al proprio status mediante una dichiarazione irrevocabile; infine, la disapplicazione dei vincoli di legge nei confronti degli obiettori che abbiano rinunciato al proprio status e il conseguente richiamo di questi ultimi in caso di mobilitazione.
In particolare, la lettera a) del comma 1 dell'articolo 1 del testo unificato prevede che non costituisca impedimento all'esercizio dell'obiezione di coscienza essere titolari di licenze o autorizzazioni relative ad armi e materiali esplodenti privi di attitudine a recare offesa alle persone ovvero non dotati di significativa capacità offensiva, conformemente all'interpretazione della legislazione vigente risultante dalla citata sentenza della Corte costituzionale n. 141.
La concreta individuazione di tali armi e materiali esplodenti, ai sensi del successivo comma 2, è affidata ad un decreto del ministro dell'interno, da adottare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del testo unificato, sentita la commissione consultiva centrale per il controllo delle armi, di cui all'articolo 6 della legge 18 aprile 1975, n. 110, e successive modificazioni, recante «Norme integrative della disciplina vigente per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi».
Ricordo che tale commissione è composta, tra gli altri, da due rappresentanti del Ministero dell'interno, di cui uno della Polizia di Stato, e da due rappresentanti del Ministero della difesa, di cui uno dell'Arma dei carabinieri. Con questa disposizione, in sostanza, si affida ad un atto amministrativo il compito di provvedere ad una ricognizione completa delle predette armi e materiali esplodenti, eliminando eventuali certezze.
La lettera b) del comma 1 dell'articolo 1, al punto 2) prevede, invece, che l'obiettore, ammesso al servizio civile, decorsi almeno due anni dalla data in cui è stato collocato in congedo secondo le norme previste per il servizio di leva, possa rinunciare al proprio status, presentando apposita dichiarazione irrevocabile. Si tratta di una rinuncia già riconosciuta da recenti sentenze di diversi tribunali amministrativi regionali.
Il termine di due anni è stato determinato tenendo conto di quanto previsto dall'articolo 2, comma 1, lettera b), della Pag. 21stessa legge 8 luglio 1998, n. 230, che, escludendo dal diritto all'obiezione di coscienza coloro che abbiano presentato domanda da meno di due anni per la prestazione del servizio militare nelle Forze armate, nell'Arma carabinieri, nel Corpo di polizia penitenziaria e nel Corpo forestale dello Stato, sostanzialmente non ammette la possibilità di un ripensamento prima di due anni dal momento della scelta compiuta. L'irrevocabilità della domanda ha invece lo scopo di inibire eventuali successivi ripensamenti rispetto alla rinuncia allo status di obiettore.
La norma prevede altresì che la citata dichiarazione sia presentata presso l'ufficio nazionale per il servizio civile, giacché, sulla base della legislazione vigente, tale ufficio ha il compito di provvedere alla tenuta della lista degli obiettori soggetti a richiamo in caso di necessità.
La medesima lettera b), al punto 1) prevede, invece, che gli obiettori che abbiano rinunciato al proprio status siano soggetti a richiamo in caso di mobilitazione, al pari degli obiettori decaduti per violazione dei divieti previsti dalla legge. A tal fine, il citato punto 1) della lettera b) dispone che l'ufficio nazionale per il servizio civile sia tenuto a trasmettere tempestivamente le dichiarazioni di rinuncia alla direzione generale del Ministero della difesa di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 6 ottobre 2005, n. 216, che, ai sensi dell'articolo 2 del decreto legislativo 6 ottobre 2006, n. 275, collabora con il ministro della difesa in caso di riattivazione del servizio militare obbligatorio.
Secondo il punto 2) della citata lettera b), agli obiettori che abbiano rinunciato al proprio status, invece, non si applicano i divieti previsti a carico degli obiettori.
Infine, il comma 3 dell'articolo 1 del testo unificato, al fine di evitare lacune normative, prevede che, nelle more dell'entrata in vigore del decreto del ministro dell'interno, continui ad applicarsi la disciplina vigente in materia prima dell'entrata in vigore del testo unificato in esame.
Onorevoli colleghi, in conclusione, ritengo che il testo unificato elaborato dalla Commissione difesa elimini numerose incertezze derivanti dall'interpretazione della legislazione vigente in materia di obiezione di coscienza al servizio militare obbligatorio, salvaguardando al tempo stesso la libertà di autodeterminazione di ciascun individuo. Per tutte queste ragioni, quindi, ne raccomando vivamente l'approvazione.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
PAOLO NACCARATO, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, il Governo si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Betta. Ne ha facoltà.
MAURO BETTA. Signor Presidente, con queste proposte di legge i proponenti - che, come ricordava la relatrice, presidente Pinotti, sono i colleghi Benvenuto, Brugger e Zeller -, hanno voluto affrontare la necessità di cancellare una ingiustizia o almeno di superare una forte incongruenza, che si era venuta a creare nel trattamento riservato agli obiettori di coscienza al servizio militare, così come disciplinato dalla legge n. 772 del 1972, poi abrogata e ricompresa nella legge n. 230 del 1998, che ha organicamente riformato la disciplina dell'obiezione di coscienza.
Sono stati circa 800 mila i cittadini che in Italia dal 1972 ad oggi hanno prestato il servizio civile, o meglio, come recita l'attuale disposizione, hanno scelto di prestare il servizio civile in sostituzione del servizio militare, che, come il primo, è del tutto rispondente al dovere costituzionale di difesa della patria e ancora del tutto rispondente ai principi enunciati dalla Costituzione.
La legge citata, che risale al 1998, pone precisi vincoli per chi compie questa scelta; in particolare la legge specifica le cause ostative all'esercizio dell'obiezione di coscienza, prevedendo tre grandi categorie: coloro che sono titolari di licenze di Pag. 22produzione o autorizzazioni all'uso delle armi, comprese le armi da caccia o quelle usate per le attività sportive; coloro che nei due anni antecedenti alla domanda di esercizio del diritto all'obiezione di coscienza abbiano fatto richiesta di essere arruolati nelle forze armate; infine, coloro che sono stati condannati, anche con sentenze in primo grado, per l'utilizzo di armi o per aver commesso reati con mezzi violenti.
Come conseguenza di questa impostazione e in modo quasi simmetrico, la legge dispone i divieti a carico delle persone che hanno scelto di fare gli obiettori. Questi divieti sono stabiliti nell'articolo 15, ai commi 6 e 7: è esclusa la possibilità di essere imprenditori in fabbriche di armi o commercianti di armi; è esclusa la possibilità di avere autorizzazioni per detenere o per usare le armi; viene vietata (all'articolo 7) agli obiettori la partecipazione ai concorsi per l'arruolamento nelle forze armate, nei Carabinieri, nella Guardia di finanza, nella Polizia penitenziaria, nel Corpo forestale dello Stato o in qualunque altra attività professionale che preveda l'uso delle armi.
Molte sono state le normative e le modifiche di leggi che hanno inciso, dopo il 1998, sull'organizzazione delle Forze armate e, quindi, sul servizio militare e sul servizio civile; in particolare, ai fini di questo nostro ragionamento, dobbiamo ricordare la legge n. 331 del 2000, che stabilisce la graduale trasformazione dell'esercito e delle Forze armate, sulla base della leva obbligatoria, in una organizzazione professionale su base volontaria (legge che - ricordiamolo - si intitolava «Norme per l'istituzione del servizio militare professionale»); la legge n. 64 del 2001, istitutiva del servizio civile, che stabilisce il concetto che il servizio civile concorre alla difesa della patria con mezzi ed attività non militari, per favorire la realizzazione di principi costituzionali di solidarietà sociale; infine, le leggi del 2004, ovvero i decreti-legge che hanno definitivamente previsto la trasformazione delle Forze armate italiane in una organizzazione su base volontaria e retribuita e che hanno profondamente mutato la natura del servizio di leva, che è diventato, come ricordavamo, volontario e professionale. Di conseguenza, è stato modificato anche lo stato giuridico dell'obiettore di coscienza, così com'era stato stabilito nella legge n. 230 del 1998; quindi, i limiti stabiliti agli articoli 15, in particolare ai commi 6 e 7, non sono più giustificabili e si è realizzato uno svuotamento dell'istituto dell'obiezione di coscienza, così com'era stato realizzato nel corso degli anni.
Il 1o gennaio 2005, infatti, è stata sospesa la leva obbligatoria e quindi sono stati emanati due provvedimenti (vedi anche la legge del 17 agosto 2005, n. 168) ove è stata riconosciuta la possibilità per gli obiettori ancora in servizio di richiedere la concessione del congedo anticipato al 1o luglio 2005.
Venendo meno il servizio di leva obbligatorio, la stessa obiezione di coscienza risulta essere superata. Per la verità, i richiami sopra ricordati permettono di sostenere che già prima del 2005 il significato dell'obiezione di coscienza - come testimonianza di valore etico e di personale impegnativa scelta - si era profondamente modificato. Infatti, a partire dal 2001 il servizio militare e quello civile sono considerati per legge pienamente alternativi. Inoltre, il servizio civile si è rivelato nel tempo un modo prezioso di impegno giovanile documentato e positivamente valutato e condiviso a livello sociale e culturale.
Per tutte queste ragioni, pare inaccettabile che chi ha compiuto il servizio civile debba proprio per questo essere soggetto a limitazioni e vincoli per sempre. Questo «per sempre» nella nostra società, quella in cui viviamo, suona anacronistico e francamente punitivo. Infatti, il nostro ordinamento prevede altre possibilità nelle quali l'obiezione di coscienza può essere legittimamente cambiata e modificata secondo la libera decisione di chi compie questa scelta.
La Commissione ha ritenuto opportuno, piuttosto che rimuovere e cancellare tali limitazioni, introdurre una gradualità e compiere valutazioni prudenziali. In particolare, Pag. 23mi sembra qualificante e saggia la possibilità di richiedere la cancellazione dello status di obiettore, trascorsi due anni dal congedo. Tale soluzione - che come detto sopra ritengo assai condivisibile - ha tenuto conto della necessità di moderazione e di procedere in modo molto prudente, emersa durante la discussione su queste proposte di legge. Soprattutto essa ha fatti salvi i timori e le preoccupazioni di chi ritiene l'obiezione di coscienza una scelta importante e personale, legata a convinzioni profonde e non rinunciabili. Queste preoccupazioni, questa testimonianza, questi timori sono stati esposti alla Commissione durante le audizioni, come ricordava anche la relatrice, presidente Pinotti, in particolare dai rappresentanti degli obiettori appartenenti alla Caritas e alla LOC. A mio avviso il meccanismo voluto dal relatore risponde in pieno a tale preoccupazione.
Nel confermare che il gruppo dell'Ulivo sosterrà il testo unificato delle proposte di legge in oggetto, voglio infine far notare che fino a questo momento la discussione sul tema ha evidenziato una larga condivisione tra le forze politiche. Sono assolutamente d'accordo sul fatto che provvedimenti come quello in esame non possano sottostare a logiche di maggioranza e di opposizione o a scelte di schieramento. Pertanto, auspico una rapida approvazione del provvedimento.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Duranti. Ne ha facoltà.
DONATELLA DURANTI. Signor Presidente, la legge oggetto delle modifiche è la legge 8 luglio 1998, n. 230, recante nuove norme in materia di obiezione di coscienza. Essa all'articolo 1 recita: «I cittadini che, per obbedienza alla coscienza, nell'esercizio del diritto alle libertà di pensiero, coscienza e religione riconosciute dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e dalla Convenzione internazionale sui diritti civili e politici, opponendosi all'uso delle armi, non accettano l'arruolamento nelle Forze armate e nei Corpi armati dello Stato, possono adempiere gli obblighi di leva prestando, in sostituzione del servizio militare, un servizio civile, diverso per natura ed autonomo dal servizio militare, ma come questo rispondente al dovere costituzionale di difesa della patria e ordinato ai fini enunciati nei »Principi fondamentali« della Costituzione. Tale servizio si svolge» - così termina l'articolo 1 «secondo le modalità e le norme stabilite nella presente legge».
La legge n. 230 del 1998 ha istituito, nell'ambito della Presidenza del Consiglio dei ministri, l'Ufficio nazionale per il servizio civile, per curare il servizio civile degli obiettori di coscienza. Successivamente, la legge n. 64 del 2001, ampliando le possibilità di prestare servizio civile, ha istituito il servizio civile nazionale, che si svolge su base volontaria ed è rivolto a ragazze e ragazzi dai 18 ai 28 anni.
La legge n. 230 sancisce il pieno riconoscimento giuridico dell'obiezione di coscienza che, da beneficio concesso dallo Stato, diventa un diritto della persona. Il servizio civile rappresenta un modo alternativo di servire la patria, con durata pari al servizio militare; la sua gestione non è più nelle mani del Ministero della difesa, cambiamento reale ed importante rispetto alla precedente normativa.
Tutti sappiamo che il cammino dell'obiezione di coscienza in Italia è stato difficile e lungo, basti pensare alla prima legge del 1972, la quale rese possibile la scarcerazione dei giovani obiettori di coscienza ed introdusse la possibilità di rifiutare il servizio militare con le armi, ma era anche restrittiva e punitiva. Il servizio civile era più lungo di otto mesi rispetto a quello militare, era prevista una commissione giudicante, l'esclusione delle motivazioni politiche per accedere all'obiezione di coscienza, la sottoposizione ai codici ed ai tribunali di guerra.
L'obiezione di coscienza ha rappresentato e rappresenta un valore altissimo nella società italiana. Approfitto di questa occasione ricordando un importantissimo esempio di lotta per l'affermazione del diritto all'obiezione di coscienza. Credo che questo esempio sia stato rappresentato dall'opera di don Milani e di padre Balducci. Pag. 24Don Milani fu autore dell'opuscolo L'obbedienza non è più una virtù, attraverso cui difendeva padre Balducci, attaccato dalla Chiesa ufficiale per aver difeso gli obiettori di coscienza. L'opuscolo sopra citato contiene la risposta ai cappellani militari che, in un ordine del giorno pubblicato su La Nazione di Firenze, scrissero di considerare un insulto alla patria e ai suoi caduti la cosiddetta obiezione di coscienza che, essendo estranea al comandamento cristiano dell'amore, è espressione di viltà. La vita di padre Balducci è stata piena di momenti in cui ha testimoniato il suo amore per l'uomo; una delle più significative battaglie da lui sostenute è, sicuramente, l'intervento sulla questione dell'obiezione di coscienza. Era il 1962 quando il giovane cattolico Gozzini si rifiutava di indossare la divisa militare per motivi di fede; egli fu difeso proprio da padre Balducci che, a causa di questo intervento, subì un processo che si chiuse con una condanna ad otto mesi con la condizionale.
Per padre Balducci l'ideale era essere liberi di servire la patria senza indossare necessariamente una divisa militare.
Le condanne di Balducci e di Gozzini aprirono un forte dibattito nel nostro paese, che renderà possibile, con molti anni di ritardo, la stesura della legge sull'obiezione di coscienza.
Ho voluto ricordare don Milani e padre Balducci anche perché essi vennero processati per questa loro battaglia di civiltà; addirittura, don Milani venne condannato dopo morto.
Dall'entrata in vigore della prima legge sull'obiezione di coscienza sono stati oltre 800 mila gli obiettori nel nostro paese; ciò è segno che la lotta per l'obiezione di coscienza è stata condivisa dal paese.
Con il servizio civile prestato dagli obiettori si concretizzarono gli articoli 2, 4, 11 e 52 della nostra Costituzione. Il diritto all'obiezione di coscienza rispetto all'uso delle armi e la difesa del paese secondo un modello alternativo a quello militare sono diventati valori di riferimento della società italiana, condivisi e praticati da migliaia di giovani.
La legge n. 230 - è questo il motivo per cui abbiamo lavorato in Commissione - prevede, però, vincoli con carattere permanente per tutti coloro che abbiano effettuato il servizio civile sostitutivo, a norma della legge n. 772, e quello alternativo, a norma della legge n. 230, di fatto stabilendo l'irreversibilità di una scelta rendendo l'obiezione di coscienza immodificabile a vita.
L'attuale normativa non consente a chi ha modificato i propri convincimenti nel corso della vita la facoltà di chiedere una revoca del proprio status di obiettore. La normativa vigente discrimina, di fatto - noi crediamo -, chi ha compiuto in un momento della sua vita una scelta di alto valore sociale, perché ne limita la libertà personale riconosciuta dalla Costituzione e finisce per porre in essere per quei soggetti una sorta di ulteriore discriminazione.
Le modifiche di cui si discute si inseriscono proprio nel contesto della possibilità di riconoscere un mutamento di coscienza. La coscienza di una persona può mutare nel corso del tempo; conseguentemente, la normativa deve prevedere la facoltà per i soggetti interessati di chiedere la revoca dello status di obiettore in modo da potere godere degli stessi diritti di cui godono tutti i cittadini.
Proprio gli ex obiettori di coscienza nel corso di audizioni svolte in Commissione difesa hanno ricordato casi di discriminazioni - acquisiti agli atti - perpetrati nei loro confronti che dimostrano la necessità di apportare alla normativa in vigore le modifiche previste dal provvedimento al nostro esame. A tale proposito, desidero citare, a titolo di esempio, alcune discriminazioni di cui sono oggetto gli ex obiettori di coscienza. Un cittadino laureato in medicina, che ha prestato dieci mesi di servizio civile in un centro di assistenza per anziani, che non può partecipare al concorso per psicologo nella Guardia di finanza o a quello di odontoiatra nella Marina militare; un cittadino che ha prestato venti mesi di servizio civile presso associazioni di tutela ambientale, assunto in servizio di polizia provinciale in forma Pag. 25disarmata, impossibilitato ad avere, a tutela della propria incolumità, le stesse dotazioni di servizio dei colleghi nel corso dei pattugliamenti notturni; un cittadino ingegnere, che ha prestato ventisei mesi di servizio civile presso un ente locale, che non può dirigere quelle attività di miniera in cui si fa uso di dinamite o impossibilitato ad essere ammesso, prima di laurearsi, al concorso per agente di polizia municipale in quei comuni che armano il proprio personale; un cittadino che ha prestato dodici mesi di servizio civile guidando autoambulanze e che, divenuto medico veterinario, non può utilizzare il fucile lancia-siringhe, in quanto considerato arma comune da sparo, per narcotizzare grandi animali selvatici a scopi scientifici in un parco naturale.
Per tali ragioni, crediamo che la legge 8 luglio 1998, n. 230, vada modificata e che agli obiettori di coscienza debba essere riconosciuta la facoltà di revoca del loro status; ciò consentirebbe a questi soggetti di essere considerati cittadini uguali a tutti gli altri e, conseguentemente, di avere pari opportunità di accesso nel mondo del lavoro.
Le deputate e i deputati del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea ritengono, per gli stessi principi ispiratori che stanno alla base delle modifiche contenute nel provvedimento in esame, che l'obiezione di coscienza rispetto all'uso delle armi sia un diritto - nella normativa italiana è un diritto che appartiene alla persona - e, come tale, debba appartenere anche ai militari professionisti. Con le modifiche di legge intervenute in questi anni, quali, ad esempio, la professionalizzazione delle Forze armate, molti militari compiono la scelta di entrare nelle Forze armate in età molto giovane, quando ancora il loro percorso formativo non è definito e concluso. Riteniamo, pertanto, che anche agli appartenenti alle Forze armate e ai corpi di polizia ad ordinamento militare debba essere riconosciuta la facoltà di dichiararsi in qualsiasi momento obiettori di coscienza nell'esercizio del diritto di libertà di pensiero, di coscienza e di religione. Noi sosteniamo questa linea di pensiero perché ci basiamo sul principio che una scelta compiuta in un certo momento della propria vita possa essere cambiata.
Per tali motivi, il gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea auspica che le modifiche alla legge 8 luglio 1998, n. 230, contenute nel provvedimento al nostro esame, siano approvate.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Mellano. Ne ha facoltà.
BRUNO MELLANO. Signor Presidente, colleghi, desidero far sentire la voce del gruppo La Rosa nel Pugno su questo particolare tema e, inoltre, voglio raccontare l'esperienza politica che ho vissuto all'interno del Partito radicale e del mondo dei radicali italiani.
È al nostro esame un provvedimento sollecitato da varie associazioni - dall'Associazione tutela diritti ex obiettori, dalla Lega obiettori di coscienza e da altre ancora -, le quali ci hanno chiesto di intervenire su quello che potremmo definire un residuato bellico in un panorama politico e culturale che è profondamente cambiato ed in un panorama legislativo che è totalmente modificato a seguito del superamento della leva obbligatoria e dell'approvazione della disciplina concernente il servizio civile.
Ci troviamo a dover regolamentare casi che sono già all'esame dei tribunali amministrativi regionali, i quali sono sempre più chiamati a risolvere contenziosi che nascono dai residui dell'impostazione di cui alle leggi n. 772 del 1972 e n. 230 del 1998. I casi citati dalla collega di Rifondazione Comunista sono assolutamente eclatanti ed illuminanti circa la ratio legis e l'urgenza di un provvedimento che intervenga in qualche modo per dare certezza, per chiudere una situazione non più rispondente ad un panorama politico completamente mutato.
Una cosa è certa: in tale nuovo panorama, dobbiamo essere capaci di riconoscere - e si tratta dell'aspetto più convincente del provvedimento al nostro esame - che il diritto di ciascuno a cambiare Pag. 26opinione è sacrosanto e non può essere limitato. Non credo sia ancora tollerabile avere normative che «inchiodano» per sempre il singolo individuo ad un'opinione, ad un parere, ad una scelta che egli ha espresso una volta nell'arco della sua vita: cambiano le situazioni personali ed anche i contesti internazionali all'interno dei quali il nostro paese si inserisce; quindi, la possibilità di cambiare opinione deve essere prevista e regolamentata.
Del resto, siamo in una situazione nella quale anche il servizio militare è profondamente cambiato: il ruolo del nostro esercito e le nostre missioni militari negli scenari internazionali sono profondamente mutati: le tante missioni di pace nelle quali il nostro esercito è impegnato in giro per il mondo, in situazioni delicate e complicate, rappresentano un'altra espressione, un altro modo di intendere la forza di un esercito, di intendere l'utilizzo di una forza militare. Ciò non implica necessariamente che si debbano fare scelte a senso unico; al contrario, occorre che la legge sappia riconoscere - laicamente - le singole impostazioni culturali, di pensiero e spirituali di ciascuno.
La legge n. 772 del 1972 nasceva, com'è stato ricordato in quest'aula, a seguito del lungo e doloroso calvario di singole persone, le quali scelsero l'obiezione di coscienza per motivi inizialmente attinenti alla sfera religiosa: è stata ricordata l'esperienza di padre Balducci, ma desidero ricordare anche quelle dei tanti, solitari e sconosciuti testimoni di Geova, i quali, per esigenze etiche e religiose personali, scelsero di obiettare in un momento in cui l'obiezione di coscienza era un'opzione pesante, complicata e non priva di conseguenze anche dure. Ricordo, altresì, la battaglia politica alla quale hanno contribuito il mio partito politico, Roberto Cicciomessere, segretario del Partito Radicale, e l'autodenuncia dei radicali, i quali, con la loro disobbedienza civile, ricorrendo all'obiezione di coscienza in modo politico - insieme a tanti altri, ma effettuando una scelta attinente all'agenda politica -, riuscirono a costringere il Parlamento a legiferare ed a regolamentare il servizio civile sostitutivo.
Le cose sono davvero molto cambiate: il residuato bellico che ci viene qui testimoniato dalle audizioni e dalle dichiarazioni rese in Commissione richiede davvero un intervento specifico che deve portarci oltre, a voltare pagina, a scorgere un contesto nuovo e a ragionare, quindi, su come sia profondamente cambiato anche il senso e il valore del servizio civile medesimo.
Non nego che un certo servizio civile, in qualche modo parastatalizzato, un certo servizio civile quasi di «volontariato obbligatorio» non mi piace affatto, ma è un dato nuovo, diverso, da valutare in un senso totalmente differente rispetto al contesto in cui questo provvedimento andrà ad incidere.
Voglio ricordare qui come quel processo di legiferazione che portò tanti paesi europei a riconoscere, pur con difficoltà, il servizio civile, parta dalla pagina gloriosa di una Inghilterra bombardata durante la seconda guerra mondiale, in cui Churchill seppe riconoscere il valore e la fondamentale valenza etica e politica dell'obiezione di coscienza, del non abbracciare le armi, pure in un contesto così difficile e così delicato.
Noi non siamo più in quel contesto, però occorre riconoscere per legge una regolamentazione che tenga conto della possibilità di cambiare opinione e di superare situazioni come quelle «kafkiane» che ci sono state testimoniate e che, sostanzialmente, davvero devono essere superate.
Occorre una norma specifica che sani e che - lo spero - riesca a superare i contenziosi ancora aperti nei tribunali italiani per voltare pagina, per guardare ad una affermazione di coscienza che non sia obbligata dalla legge, non condizionata da una scelta fatta a diciott'anni, magari semplicemente per non fare il militare...
CARLO GIOVANARDI. Bravo!
BRUNO MELLANO. ... in una caserma che non piaceva, ma una affermazione di Pag. 27coscienza che sappia costruire uno scenario nuovo di valori, di impegno, di costruzione di una politica in un contesto internazionale di sicurezza. Nel contempo si deve tener conto dei bisogni di realizzazione della singola persona, dei propri valori e sentimenti, in modo che la scelta sia del tutto consapevole, e non la mera firma di un modulo che ad un certo punto era divenuto una dichiarazione corrente per richiedere il servizio civile alternativo a quello militare.
Si tratta di una pagina che abbiamo superato e voltato: questo provvedimento può portarci a superare i residuati bellici di una normativa che ormai è davvero fuori da un panorama legislativo in cui la leva non è più obbligatoria e il servizio civile è riconosciuto come di altra ed alta natura.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Caruso. Ne ha facoltà.
FRANCESCO SAVERIO CARUSO. Signor Presidente, credo che il provvedimento che ci accingiamo a discutere e a votare metta ordine ad una questione che riguarda decine di migliaia di giovani, i quali hanno in questi anni optato per il servizio civile, e metta fine ad una logica vendicativa, che io credo sia il cuore del problema che noi dobbiamo risolvere in questa sede.
Mi sembra evidente, infatti, come attorno a questa vicenda i casi che prima venivano citati di persone (ingegneri) che non possono partecipare ai lavori di un cantiere perché vi viene utilizzata la dinamite, così come tante altre casistiche, ci dicono che la questione dell'obiezione di coscienza è ancora troppo relegata ad una logica di critica all'utilizzo delle armi, logica che oggi dobbiamo avere anche il coraggio di superare, inquadrando la questione dell'obiezione di coscienza non come un privilegio che viene dato a qualche persona che ha un moto di ribellione verso le armi, ma come la scelta legittima di servire lo Stato attraverso le Forze armate, così come attraverso il servizio civile.
Quindi, rispetto alla questione della centralità delle Forze armate, credo che oggi, nel 2007, si possa servire lo Stato in tantissimi modi, anche se capisco che ciò possa arrecare disturbo a qualcuno.
Ritengo che la questione dell'obiezione di coscienza vada considerata al di là della critica della propria coscienza rispetto all'utilizzo delle armi; credo che essa debba essere inquadrata in un'ottica più ampia. La critica che una persona a diciotto, a trenta, a cinquant'anni può muovere nei confronti della guerra e delle istituzioni militari - che hanno un fine che non può essere condiviso a livello personale - non può precludere l'accesso ad una serie di attività che contemplano l'uso delle armi.
Per essere più chiaro, il fatto che una persona non si senta di servire lo Stato attraverso l'arruolamento nelle Forze armate e, quindi, attraverso l'impegno militare non può pregiudicare il suo eventuale desiderio di lavorare per la difesa e la sicurezza dei cittadini attraverso altri corpi armati.
Penso che non si debba fare un uso strumentale di questo tema, cercando, nell'ambito di una logica vendicativa, di colpire coloro i quali hanno compiuto una scelta del tutto legittima, come quella di svolgere il servizio civile per fare del bene, aiutare i più deboli e risolvere i tantissimi problemi presenti nel nostro paese. Credo che con questo provvedimento si debba porre la parola fine a questa logica vendicativa.
Spero che nel nostro paese, in occasione della discussione di questo provvedimento, si apra un dibattito sulla necessità di estendere la logica dell'obiezione di coscienza non solo alle logiche militari, ma anche a quelle che la propria coscienza ritiene incompatibili di fronte a leggi ingiuste e di fronte ad ordini che la propria coscienza non si sente di seguire.
Rispetto a tale vicenda, in questa sede vorrei portare l'esempio di alcuni soldati nazisti delle SS, che sono le persone più distanti ideologicamente dal mio percorso personale. Vorrei ricordare il loro valore rispetto alla scelta che compirono il 30 Pag. 28settembre del 1944, quando venne loro ordinato di sparare addosso a cittadini inermi rinchiusi nella chiesa di San Martino a Marzabotto: scelsero di passare dall'altra parte e il plotone di esecuzione fucilò, insieme alle donne, ai bambini e ai vecchi, anche questi tre soldati delle SS naziste. Credo che anche in loro memoria dobbiamo cercare di estendere quanto più possibile la logica e la dimensione della «disobbedienza» rispetto alle leggi ingiuste.
Questo provvedimento ripristina anche un minimo di uguaglianza di diritti - e non di privilegi - degli obiettori rispetto ai militari. Ritengo che ciò non possa che essere accolto con favore, anche se personalmente credo che la questione della revoca dello status sia superflua. Ritengo che, forse, anche una persona che si è rifiutata di aderire alle logiche di arruolamento nelle Forze armate possa tranquillamente ottemperare ad un servizio di sicurezza per i cittadini e, forse, anche meglio, visto la sua consapevolezza dell'utilizzo della forza come limite estremo, come estrema ratio: ciò può contribuire ad evitare forme di degenerazione sull'altro versante, di cui oggi non si parla, ossia quello dell'eccessiva violenza.
Oggi, invece, con questo provvedimento, discutiamo di coloro i quali rivolgono una critica radicale alla violenza della guerra e delle armi ovvero a quella logica che ha insanguinato per tanti anni le nostre terre (mi riferisco alle grandi guerre mondiali) e che, purtroppo, ancora oggi insanguina alcune parti del mondo.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Giovanardi. Ne ha facoltà.
CARLO GIOVANARDI. Signor Presidente, intervengo per motivare la mia completa, totale e incondizionata opposizione su questo provvedimento. Dichiaro il mio totale dissenso sia come parlamentare sia in qualità di ex ministro il quale, per quattro anni con delega per il servizio civile nazionale, più volte disse «no» a questi «sindacati» di ex obiettori. Ex obiettori che chiedono si rivedano oggi gli impegni da loro stessi assunti quando, sulla base della legge del 1998, si proclamarono obiettori di coscienza dichiarando, nell'esercizio di un loro diritto, di opporsi, per ragioni di coscienza o religiose, all'uso delle armi: non potevano maneggiare le armi!
Conosco benissimo la storia dell'obiezione di coscienza; conosco benissimo i primi eroici casi di chi doveva scegliere tra adempiere gli obblighi del servizio militare e la reclusione in carcere. Tali casi si contavano sulle dita di una mano ma veramente costituivano momenti di scelta forte, che costavano l'incarcerazione per chi non accettava di fare il servizio militare. Successivamente, è intervenuta un'evoluzione legislativa a seguito degli interventi della Corte costituzionale che, in una prima fase, subordinò l'esercizio dell'obiezione di coscienza anche ad una verifica che effettivamente chi si dichiarava obiettore di coscienza lo fosse davvero. Poi, a seguito di una ulteriore evoluzione, è stata sufficiente una semplice dichiarazione, fondata, però, sul presupposto che liberamente, per le loro convinzioni profonde, religiose, filosofiche e morali, taluni, diversamente da milioni di loro coetanei, dichiarassero dinanzi allo Stato di non poter vestire la divisa e di non poter fare il servizio militare. Da poche decine di casi si è passati a centinaia, a decine di migliaia e, infine, ad 800 mila; si è quindi addivenuti all'abolizione della leva obbligatoria e ad un esercito di volontari. Anche i militari hanno così dovuto prendere atto che l'espandersi dell'obiezione di coscienza era giunto ad un punto tale che il sistema della leva obbligatoria non era più adeguato al nostro paese.
Poi, vi è stata la grande apertura verso il servizio civile nazionale, servizio non obbligatorio (come invece ha detto il collega dianzi intervenuto) ma volontario, sostenuto dal Capo dello Stato quando si cominciò a promuoverlo. Fu un successo straordinario; sono quasi 80 mila, ogni anno, le domande di ragazzi e ragazze che «scelgono». Oggi, infatti, è possibile scegliere: il servizio civile nazionale è infatti Pag. 29inquadrato sempre nel concetto di difesa della patria; ha pari dignità del servizio militare. Oggi, dunque, vi è chi, in ottemperanza al principio costituzionale, difende la patria nelle Forze armate e chi difende la patria attraverso il servizio civile nazionale. Una delle misure più interessanti che mi è capitato di assumere nella scorsa legislatura è avere insediato una commissione mista sulla difesa civile non violenta, composta sia da pacifisti non violenti sia da esponenti delle Forze armate per dare anche una qualche realizzazione pratica al concetto di collaborazione tra Forze armate e chi predica la non violenza nell'ottica della difesa della patria. Costoro hanno lavorato presentando una bella relazione e trovando dunque dei punti di convergenza.
Quindi, conosco benissimo la storia di questa vicenda dell'obiezione di coscienza, ma io difendo, onorevoli colleghi, un'alleanza, l'alleanza delle persone serie. Considero persone serie i giovani che, quando gli è stata notificata la cosiddetta cartolina, hanno svolto il servizio militare - alpini, bersaglieri, fanti -, a volte a centinaia di chilometri da casa, interrompendo le loro attività lavorative e di studio e ritenendo in coscienza di dover rispondere a quella chiamata. Considero persone altrettanto serie quelle che, dinanzi al precet, hanno obiettato che, per ragioni personali di convinzioni profonde morali, civili e religiose, non potevano imbracciare le armi e si sono dichiarati obiettori di coscienza svolgendo un servizio sostitutivo.
Io voglio difendere queste persone, chi ha fatto il militare e chi ha fatto l'obiettore di coscienza: non voglio difendere, invece, i cialtroni Non tutti, certo, sono cialtroni, ma, quando sento le obiezioni cui accennava il collega: ma la caserma non mi piaceva; ma dovevo andare via da casa; ma potevo fare l'obiettore di coscienza vicino a casa, ma, ma, ma...!
Non si può fare una dichiarazione vincolante sulla base della legge affermando che, diversamente dagli altri, non si adempie al servizio militare per ragioni di coscienza, di pensiero e di religione e poi venire adesso a raccontare che non si è assolto tale dovere per ragioni di convenienza. Allora, vogliamo dare ragione a tutti quegli ambienti che, per anni, hanno affermato che l'obiezione di coscienza non era una cosa seria, ma solo un metodo per evitare il servizio militare? Vogliamo dipingere così il fenomeno dell'obiezione di coscienza? Vogliamo marchiare così decine di migliaia di giovani che l'obiezione di coscienza l'hanno fatta sul serio?
Tutto questo perché - salvo alcuni casi limite che, a mio avviso, sono facilmente risolvibili - ci sono persone che hanno fatto obiezione di coscienza e che adesso, ad esempio, vogliono andare a caccia, persone che non hanno fatto il servizio militare perché non potevano portare un'arma e che adesso vogliono andare a caccia, vogliono fare il carabiniere o il finanziere.
Quando si conclude un contratto, lo si adempie; quando ci si è dichiarati obiettori di coscienza, gli effetti di tale dichiarazione si sono già consumati, in quanto il servizio militare non è stato svolto. O forse si potrebbe pensare che, prima di poter andare a caccia, occorre svolgere un anno di volontario nelle Forze armate. Anche questa potrebbe essere una soluzione seria! Quello che non è serio, che è offensivo per tutti, è affermare che la storia dell'obiezione di coscienza e del servizio militare finisce in una specie di pulcinellata generale, per cui chi ha dato ha dato, chi ha avuto ha avuto, chi ha scherzato ha scherzato e chi ha svolto il servizio con convinzione viene in qualche modo mascherato da coloro che, invece, con una semplice dichiarazione, possono dichiarare di aver cambiato idea rispetto all'obiezione di coscienza fatta in precedenza.
In realtà, l'unica limitazione che l'obiettore di coscienza si assume è quella di non maneggiare le armi. La cosa inaccettabile è macchiare la storia italiana gloriosa dell'obiezione di coscienza, di coloro che hanno fatto questa scelta seriamente, che ci hanno creduto e che ci credono ancora nonché dei milioni di giovani che hanno svolto il servizio militare e che, qualche volta, guardavano con un po' di sospetto coloro che, invece di Pag. 30partire per destinazioni lontane - magari alla frontiera o in Sicilia -, svolgevano il loro servizio civile nella biblioteca vicino a casa.
La scelta di non voler usare le armi è assolutamente rispettabile; infatti, nel servizio civile nazionale, il concetto di servire la patria attraverso l'assistenza agli anziani, ai poveri, attraverso la protezione dei beni culturali ed ambientali nonché nella protezione civile per intervenire in casi di calamità è davvero importante. Si tratta di in un modo diverso di servire lo Stato e il prossimo.
Allora, esaltiamo gli aspetti positivi: esaltiamo chi ha svolto il servizio militare seriamente e chi ha scelto l'obiezione di coscienza altrettanto seriamente, ma non portiamo avanti questo provvedimento, non diamo vita a questa «sanatoria di coscienza»!
L'obiezione di coscienza comporta esclusivamente il rifiuto di usare le armi, questa è l'unica limitazione. Si tratta di una questione di serietà da parte di chi, facendo questa scelta, non ha svolto il servizio militare, che era obbligatorio per tutti i giovani italiani maschi.
Quindi, prego davvero il Governo, che non si è dichiarato, di pronunciarsi nelle prossime sedute proprio per una questione di principio, e chiedo anche ai colleghi che hanno presentato le proposte di legge di fare una riflessione su quello che propongono. Non so quali associazioni siano state sentite, ma vi assicuro che alcune associazioni di obiezione di coscienza e alcune associazioni d'arma (come l'Associazione nazionale alpini e tantissime altre) prenderanno malissimo queste proposte di legge, proprio perché si rischia di premiare non le persone oneste, ma coloro che in qualche modo hanno sfruttato la legge per obiettivi diversi. Tutte le volte che sento ripetere, come dal collega intervenuto prima, che questi obiettivi sono anche comprensibili perché a quell'età un soggetto può seguire le proprie convenienze, la cosa mi convince ancora meno, perché vuol dire che per legge riconosciamo l'opportunismo, per legge riconosciamo che la dichiarazione firmata di obiezione di coscienza era solo un mezzo per evitare di fare qualcosa che costava, ma che è costato a milioni di persone che lo hanno fatto. Occorre pensare a tutte le conseguenze negative che potremmo produrre se venisse «coltivato» questo progetto di legge: quindi, chiedo ai colleghi, se non altro, di ritirarlo e di rimandarlo in Commissione per un approfondimento della materia.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 197 ed abbinate-A)
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la relatrice, presidente della Commissione difesa, deputata Pinotti.
ROBERTA PINOTTI, Relatore. Gli interventi svolti hanno evidenziato punti di vista molto diversi, mi permetto tuttavia di far rilevare all'onorevole Giovanardi che non si è scelto di abolire la leva obbligatoria e passare all'esercito professionale perché il numero degli obiettori di coscienza la rendeva difficile, ma vi è stata una ragione molto più profonda rispetto al ruolo e ai compiti che devono svolgere oggi le Forze armate. Quindi, la motivazione della scelta è legata ad un modello e alle attuali necessità rispetto allo strumento militare, piuttosto che al problema richiamato.
La discussione svolta in Commissione, alla quale hanno partecipato tutti i gruppi, è stata ampia ed approfondita. Ho ascoltato con estrema attenzione il punto di vista dell'onorevole Giovanardi: credo che non si debba mai pensare di approvare leggi che, in qualche modo, favoriscano i cosiddetti furbi, ma questo è un punto di vista. Tutte le sentenze che pervengono dai TAR, e non soltanto, evidenziano che, rispetto ai vari contenziosi esistenti, la giurisprudenza si sta orientando nel senso delle indicazioni contenute nel testo unificato in esame. Quest'ultimo, di fatto, da Pag. 31un lato stabilisce quali strumenti non possono essere considerati armi perché non sono offensivi - e, quindi, non possono essere preclusi dall'utilizzo di chi ha fatto l'obiezione di coscienza in quanto non hanno motivo di offendere la persona - e, dall'altro, consente, a chi avesse cambiato idea, di dichiararlo ed anche - senza più svolgere l'anno di volontariato nelle Forze armate perché questo non è più possibile, trattandosi ormai di un modello diverso -, di essere richiamato in caso di mobilitazione (ovviamente è un'eventualità che nessuno di noi si augura).
Questo può agevolare i furbi o è il riconoscimento di diritti? Peraltro in tante situazioni si concede la possibilità di modificare un proprio orientamento. Ringrazio comunque l'onorevole Giovanardi - l'unica voce che si è levata anche con toni molto sentiti ed appassionati - perché credo che, quando si approvano leggi, si debbano ascoltare punti di vista diversi: quindi, ritengo che le sue riflessioni siano utili.
Devo aggiungere, però, che nel corso dell'analisi svolta in Commissione la maggior parte dei gruppi non ha rilevato motivi di contrasto rispetto al provvedimento. In Assemblea potrà svolgersi una discussione più ampia e approfondita e, quindi, non soltanto i membri della Commissione ma tutti i colleghi potranno esprimere il proprio punto di vista, frutto anche, come in questo caso, di autorevole esperienza, visto che l'onorevole Giovanardi è stato anche ministro.
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.
PAOLO NACCARATO, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Rinuncio alla replica, signor Presidente.
PRESIDENTE. Sta bene.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
Proposta di trasferimento a Commissione in sede legislativa di proposte di legge.
PRESIDENTE. Comunico che sarà iscritta all'ordine del giorno della seduta di domani l'assegnazione in sede legislativa delle seguenti proposte di legge, delle quali la sottoindicata Commissione permanente, cui erano state assegnate in sede referente, ha chiesto, con le prescritte condizioni, il trasferimento alla sede legislativa, che propongo alla Camera a norma del comma 6 dell'articolo 92 del regolamento:
alla VII Commissione permanente (Cultura):
Boato: «Abrogazione dell'articolo 1-septies del decreto-legge 5 dicembre 2005, n. 250, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 febbraio 2006, n. 27, in materia di equipollenza del diploma di laurea in scienze motorie al diploma di laurea in fisioterapia» (28); De Simone: «Abrogazione dell'articolo 1-septies del decreto-legge 5 dicembre 2005, n. 250, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 febbraio 2006, n. 27, in materia di equipollenza del diploma di laurea in scienze motorie al diploma di laurea in fisioterapia» (522); Evangelisti: «Abrogazione dell'articolo 1-septies del decreto-legge 5 dicembre 2005, n. 250, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 febbraio 2006, n. 27, in materia di equipollenza del diploma di laurea in scienze motorie al diploma di laurea in fisioterapia» (1620). (La Commissione ha elaborato un testo unificato).
Ordine del giorno della seduta di domani.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.
Martedì 17 aprile 2007, alle 10:
1. - Informativa urgente del Governo sulle iniziative assunte a seguito dellePag. 32scritte ingiuriose e delle minacce nei confronti di monsignor Bagnasco, Presidente della Conferenza episcopale italiana, apparse in alcune città d'Italia.
(ore 11,30)
2. - Assegnazione a Commissione in sede legislativa delle proposte di legge nn. 28, 522 e 1620.
3. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Disposizioni in materia di intercettazioni telefoniche ed ambientali e di pubblicità degli atti di indagine (1638-A).
e delle abbinate proposte di legge: JANNONE; MIGLIORE ed altri; FABRIS ed altri; CRAXI ed altri; NAN; MAZZONI e FORMISANO; BRANCHER ed altri; BALDUCCI (366-1164-1165-1170-1257-1344-1587-1594).
- Relatore: Tenaglia.
4. - Deliberazione sulla richiesta di stralcio relativa al disegno di legge n. 2272.
5. - Seguito della discussione delle mozioni Giovanardi ed altri n. 1-00112, Mura ed altri n. 1-00117, Meta ed altri n. 1-00118, Leone ed altri n. 1-00121, Maroni ed altri n. 1-00122, Beltrandi e Villetti n. 1-00124 e Frassinetti ed altri n. 1-00144 sulle iniziative per contrastare il fenomeno delle cosiddette «stragi del sabato sera».
6. - Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:
REALACCI ed altri; CRAPOLICCHIO ed altri; LA LOGGIA ed altri: Misure per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli comuni (15-1752-1964-A).
- Relatori: Vannucci, per la V Commissione e Iannuzzi, per la VIII Commissione.
7. - Seguito della discussione della proposta di legge:
CAPEZZONE ed altri: Modifiche alla normativa sullo sportello unico per le imprese e in materia di dichiarazione di inizio attività (1428-A).
e dell'abbinata proposta di legge: ALLASIA ed altri (1543).
- Relatore: Capezzone.
8. - Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:
DI VIRGILIO ed altri; CASTELLANI ed altri: Nuove norme in materia di utilizzo dei defibrillatori semiautomatici e automatici in ambiente extraospedaliero (780-1891-A).
- Relatore: Di Virgilio.
9. - Seguito della discussione delle mozioni Delfino ed altri n. 1-00061, Leone ed altri n. 1-00140, Zucchi ed altri n. 1-00141 e Realacci ed altri n. 1-00142 sulla realizzazione di opere relative al piano irriguo nazionale.
10. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Differimento del termine per l'esercizio della delega di cui all'articolo 4 della legge 1o febbraio 2006, n. 43, recante istituzione degli Ordini delle professioni sanitarie infermieristiche, ostetriche, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione (1609).
- Relatore: Grassi.
11. - Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:
ZELLER ed altri; BRUGGER ed altri; BENVENUTO e VANNUCCI: Modifiche alla legge 8 luglio 1998, n. 230, in materia di obiezione di coscienza (197-206-931-A).
- Relatore: Pinotti.
PROPOSTE DI LEGGE DI CUI SI PROPONE L'ASSEGNAZIONE A COMMISSIONE IN SEDE LEGISLATIVA
VII Commissione permanente (Cultura):
BOATO: «Abrogazione dell'articolo 1-septies del decreto-legge 5 dicembre 2005, n. 250, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 febbraio 2006, n. 27, in materia di equipollenza del diploma di laurea in scienze motorie al diploma di laurea in fisioterapia» (28); DE SIMONE: «Abrogazione dell'articolo 1-septies del decreto-legge 5 dicembre 2005, n. 250, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 febbraio 2006, n. 27, in materia di equipollenza del diploma di laurea in scienze motorie al diploma di laurea in fisioterapia» (522); EVANGELISTI: «Abrogazione dell'articolo 1-septies del decreto-legge 5 dicembre 2005, n. 250, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 febbraio 2006, n. 27, in materia di equipollenza del diploma di laurea in scienze motorie al diploma di laurea in fisioterapia» (1620).
(La Commissione ha elaborato un testo unificato).
DISEGNO DI LEGGE DI CUI SI RICHIEDE LO STRALCIO
Misure per il cittadino consumatore e per agevolare le attività produttive e commerciali, nonché interventi in settori di rilevanza nazionale (2272).
La seduta termina alle 17,25.
ERRATA CORRIGE
Nel resoconto stenografico della seduta del 12 aprile 2007, a pagina 53, seconda colonna, ventiquattresima riga, la parola «che» si intende sostituita dalla seguente: «se».