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XV LEGISLATURA
Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 198 di martedì 31 luglio 2007
Pag. 1PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO LEONI
La seduta comincia alle 9,35.
RENZO LUSETTI, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Bonelli, Brugger, Buontempo, Catone, D'Elia, De Castro, Fabris, Fallica, Forgione, Galati, La Malfa, Letta, Mazzocchi, Meloni, Meta, Migliore, Mura, Oliva, Ranieri, Scajola, Stucchi, Villetti e Violante sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantaquattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Seguito della discussione del documento: Documento di programmazione economico-finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2008-2011 (Doc. LVII, n. 2) (ore 9,37).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del Documento di programmazione economico-finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2008-2011.
Ricordo che nella seduta di ieri si è conclusa la discussione ed hanno avuto luogo le repliche del relatore e del Governo.
(Parere sulle risoluzioni - Doc. LVII, n. 2)
PRESIDENTE. Ricordo che sono state presentate le risoluzioni Peretti ed altri n. 6-00018, Elio Vito ed altri n. 6-00019 e Ventura ed altri n. 6-00020
(vedi l'allegato A al resoconto stenografico della seduta di ieri - Doc. LVII, n. 2, sezione 1).
Chiedo, dunque, al rappresentante del Governo - che, già in sede di replica, ha preannunciato la propria posizione - di confermare quale risoluzione intenda accettare.
NICOLA SARTOR, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, confermo che il Governo accetta la risoluzione Ventura ed altri n. 6-00020.
PRESIDENTE. Ricordo che la risoluzione accettata dal Governo sarà votata prioritariamente e che, in caso di approvazione, risulteranno precluse le altre risoluzioni, ai sensi dell'articolo 118-bis, comma 2, del Regolamento.
(Dichiarazioni di voto - Doc. LVII, n. 2)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato D'Elpidio. Ne ha facoltà.
DANTE D'ELPIDIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, stiamo discutendo di un atto molto importante, non solo perché si fissano i saldi di finanza pubblica a cui poi la manovra di bilancio dovrà attenersi, ma anche perché questo DPEF, riprendendo ed ampliando quello dello scorso anno, traccia il programma della legislatura ed è l'indicatore della volontà riformatrice del Governo.
Noi, la maggioranza, abbiamo individuato e scriviamo in questo atto gli obiettivi che ci diamo, quello che intendiamo fare di qui al 2011. Nel programma della coalizione con cui ci siamo presentati agli elettori abbiamo posto la politica economica come elemento centrale della nostra proposta al Paese.
Oggi, anche attraverso questo Documento di programmazione, traduciamo il programma politico nell'azione di Governo da qui al 2011. Si stima, infatti, che nel 2007 il PIL crescerà del 2 per cento, mentre si prevede per il 2008 una crescita dell'1,9, che tenderà a rallentare per scendere all'1,7 nel 2009, con una lieve risalita all'1,8 sia nel 2010 sia nel 2011.
Le tre direttrici che avevamo caratterizzato nel Documento dello scorso anno - crescita, risanamento dei conti ed equità sociale - vengono riconfermate ed anzi, in qualche modo, rafforzate.
La politica dei due tempi, che ha caratterizzato questo primo anno di Governo, prima i sacrifici e poi le riforme, può dirsi ormai superata.
Risanamento ed equità devono camminare insieme, non solo per creare il necessario consenso, ma anche per la stessa efficacia del programma economico del Governo. Questa è l'occasione che consente, se non di imprimere una svolta, almeno di ricondurre su binari saldi l'azione riformista del nostro Esecutivo, fornendo un quadro della politica economica di medio termine che si intende portare avanti con gli impegni politici da concretizzare con la legge finanziaria per il 2008. È una scelta coraggiosa, che va verso il risanamento di quella frattura sociale fra chi ha molto e chi, invece, ha molto poco; si tratta di un intervento sulla strada di quell'equità sociale che noi Popolari-Udeur da tempo invochiamo.
Con questo DPEF si conferma il disegno del Governo di accompagnare la crescita del Paese con misure di equità che mettono al centro dello sviluppo - finalmente - le famiglie, le donne, i giovani, gli anziani e i disabili. Si mira, in pratica, a creare un welfare più moderno, giusto ed efficiente. I segnali in questo senso sono: l'accoglimento delle nostre richieste relative all'ICI, per cui si conferma l'impegno a ridurla a partire dal 2008 e si prevedono agevolazioni per i giovani che acquistano la prima casa; la centralità della famiglia, con l'introduzione anche di un istituto per il sostegno al reddito di chi ha figli minori; la giustizia, quale fattore di sviluppo.
Se con l'azione di Governo si continuerà in questa direzione, ritengo si potrà prosciugare quel rancore che indubbiamente è cresciuto a seguito delle misure pur necessarie contenute nella scorsa legge finanziaria. Queste misure, se adeguatamente attuate, potranno rappresentare un esempio di politica concreta, vicina alle esigenze dei cittadini. Per questo motivo riteniamo importante il DPEF: è importante, infatti, agire prioritariamente sul fronte dello sviluppo economico, senza tuttavia mettere a repentaglio gli equilibri di bilancio. Ma ciò che realmente interessa è che nel 2008 la manovra correttiva sarà pari a zero.
L'approccio di questo DPEF è chiaro: centrati gli obiettivi, si ridistribuisce. La manovra finanziaria per il 2007 è stata così dura in quanto è stato necessario rimettere sulla giusta via i conti pubblici dopo il disastro lasciato dal Governo di centrodestra. Quando si è insediato il Governo di Romano Prodi, l'Italia aveva già un impegno formale con l'Unione europea firmato dal Governo precedente: realizzare una manovra di almeno 15 miliardi di euro, per riportare il deficit pubblico per il 2007 al di sotto del 3 per cento rispetto al prodotto interno lordo, cioè alla ricchezza prodotta in un intero anno dal Paese. Il disavanzo era infatti più elevato di quanto permettano gli accordiPag. 3di Maastricht ed il debito pubblico era tornato a crescere fino a sfiorare il 108 per cento del PIL.
Questo però non significa essere arrivati e aver risolto i problemi economico-finanziari del Paese. Oggi tuttavia possiamo chiaramente affermare che l'emergenza dei conti è cessata. Ed è per questo che il Governo, rispondendo responsabilmente alle esigenze avvertite e chiaramente manifestate dai cittadini sfiduciati, ha inteso inserire nel DPEF misure dirette a far sì che i cittadini percepiscano concretamente i risultati della politica economica di questo Governo. Voglio ricordare l'avvio della politica delle liberalizzazioni a favore dei consumatori e degli utenti, i risultati della lotta all'evasione fiscale dopo anni di permissivismo, se non peggio, i provvedimenti sugli assegni familiari, sulle pensioni basse e per agevolare i giovani sul terreno previdenziale. Si è iniziato a stabilizzare i precari, ad iniziare da quelli delle pubbliche amministrazioni: decine di migliaia in particolare nella scuola. Tra i risultati fin qui conseguiti nel settore privato voglio citare i 94 mila lavoratori regolarizzati che sono usciti dal lavoro sommerso nel settore dell'edilizia e i 22 mila lavoratori dei call center che sono passati da collaboratori a progetto a lavoratori con contratto di lavoro subordinato. Certo sarebbe stato meglio - ma certamente lo sarà per il futuro - prevedere anche soluzioni riguardo a quei vincitori di concorso ed idonei ingiustamente penalizzati dal blocco delle assunzioni previste dal Governo di centrodestra. Ovviamente si può e si deve fare meglio, e di più, già a partire dalla prossima finanziaria; ma mi è sembrato giusto ricordare alcuni dei risultati sin qui conseguiti.
Guardando oltre, salutiamo con favore la previsione all'interno DPEF, nella parte relativa alle politiche per l'equità sociale, di un intero capitolo dedicato al Piano nazionale per la famiglia, che comprende proprio il sostegno dei redditi dei nuclei meno abbienti, l'agevolazione all'accesso dei servizi per le famiglie più numerose anche attraverso la revisione dell'ISE, la conciliazione delle responsabilità familiari con il lavoro tramite il nuovi asili nido, un istituto per il sostegno del reddito alle famiglie con figli minori.
Per tutti questi motivi e per tanti altri che nel Documento di programmazione economico-finanziaria sono stati recepiti e che sono in esso contenuti, preannuncio il voto favorevole del gruppo Popolari-Udeur sulla risoluzione presentata dalla maggioranza sul DPEF, ringraziando per il lavoro svolto il relatore e la Commissione, che ha inteso recepire molte delle istanze, dei suggerimenti e dei miglioramenti che noi abbiamo voluto fornire, anche per rafforzare un Documento già di per sé soddisfacente, che il Senato aveva approvato e che intendiamo in questa occasione migliorare.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Borghesi, al quale ricordo che ha a disposizione quattro minuti. Ne ha facoltà.
ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, colleghi, rappresentante del Governo, preannuncio intanto il voto favorevole del gruppo Italia dei Valori sulla risoluzione presentata dalla maggioranza sul Documento di programmazione economico-finanziaria.
Se si guardasse in modo asettico ai dati riportati nel documento, ci si potrebbe ritenere soddisfatti: la crescita del PIL è confermata al 2 per cento per il 2007, con una previsione non molto distante, pari cioè all'1,9 per cento, per il 2008; l'inflazione si attesta all'1,7 per cento per il 2007 e sulla stessa percentuale si colloca anche quella programmata per il 2008; l'indebitamento riporta un dato migliorato rispetto a quello previsto nel precedente Documento (là si prefigurava per il 2007 il 2,8 per cento, mentre si giungerà al 2,5). Si potrebbe insomma affermare che l'economia italiana sta conoscendo una fase di grande miglioramento.
Debbo però confessare - sia personalmente, sia a nome del gruppo che rappresento - che è sembrato che la cosiddetta manovra espansiva, prevista nel decreto-legge n. 81 del 2007, costituisse unPag. 4intervento potenzialmente problematico rispetto alla visione ottimistica emergente dal DPEF. Personalmente preferisco definire quell'intervento per quel che esso è; e se è vero che lo si può definire una manovra «espansiva» per quanto riguarda gli investimenti, più difficilmente si riesce ad adoperare tale etichetta, che abbellisce, in tema di pensioni: in questo caso parlerei dunque più propriamente di manovra «erogativa». E dal momento che giudichiamo le manovre erogative espressione di una vetero politica economica - certamente non quella relativa agli investimenti - essa ha destato in noi inizialmente una qualche perplessità. Noi avremmo preferito un'indicazione di politica economica che prevedesse una più rapida riduzione del debito pubblico, anche perché, in una fase di tassi di interesse attivi crescenti, ne sarebbe risultata una minore penalizzazione per il futuro della nostra economia.
Ciononostante, se si valuta quella manovra non di per sé e non nel quadro iniziale del Documento, ma in quello di un accordo - se di accordo si può parlare - fra Governo e parti sociali relativamente all'intera materia del welfare, e dunque alla luce dell'aspettativa di una soluzione del grave problema dello «scalone» pensionistico, credo si possa affermare che il Presidente del Consiglio è riuscito a trovare una soluzione ad una situazione che si presentava assai complessa, proprio a causa dei costi che l'abolizione di quello «scalone» avrebbe comportato.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
ANTONIO BORGHESI. Complessivamente, dunque, credo che possiamo esprimere un giudizio sostanzialmente positivo, soprattutto per la prospettiva legata alla riduzione dell'ICI. Il Governo ha infatti dichiarato di poter valutare una soluzione che preveda non già un intervento diretto sull'ICI, ma un credito di imposta di ammontare corrispondente, dando corpo così ad un'ipotesi che troverebbe fra l'altro il favore dell'ANCI, che giustamente chiede che non si intervenga proprio sull'unica imposta che costituisce l'applicazione del federalismo fiscale.
Preannuncio, come detto, anche alla luce degli interventi in materia di riduzione dell'evasione fiscale, il voto favorevole del gruppo dell'Italia dei Valori sulla risoluzione presentata dalla maggioranza sul DPEF (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Zanella. Ne ha facoltà.
LUANA ZANELLA. Signor Presidente, la risoluzione della maggioranza che ci apprestiamo a votare - nell'assumere integralmente quella approvata dal Senato il 26 luglio scorso - riassume in premessa, in quattro punti, le linee strategiche centrali e le priorità contenute nel Documento di programmazione economico-finanziaria.
Si comincia con politiche per l'equità e l'inclusione sociale che siano in grado di contrastare efficacemente - e il più velocemente possibile - povertà e situazioni di disagio ed emarginazione sociale, per giungere alla promozione dell'occupazione stabile e a tempo indeterminato, alla definizione di politiche economiche capaci di garantire la sostenibilità della crescita economica e l'attuazione degli impegni del Protocollo di Kyoto, alla selezione delle opere infrastrutturali di carattere strategico, privilegiando la mobilità urbana, il trasporto ferroviario, le vie del mare e la portualità.
Non possiamo che condividere pienamente tale impostazione, che finalmente pone il tema centrale dell'ambiente all'interno delle linee guida del Governo; Governo che si misura in modo responsabile con gli esiti, purtroppo devastanti, di uno sfruttamento furioso e dissennato del territorio e delle sue risorse, che, tuttavia, continua a sostenere un modello di sviluppo economico che rischia di dover lasciare il passo a crisi epocali e squilibri irreversibili.
Voglio soffermarmi sul tema dell'ambiente. Non intendo eccedere con i toni da catastrofe, ma misurarmi e confrontarmi razionalmente con la realtà e invito iPag. 5colleghi e i rappresentanti del Governo a fare di questo un metodo.
I segnali dei mutamenti climatici in corso sono evidenti, inequivocabili: uragani sempre più frequenti e distruttivi, desertificazione, scioglimento dei ghiacciai, dissesto idrogeologico, riduzione sempre più accelerata delle biodiversità, un vero e proprio attacco alla vita stessa del pianeta. Eppure, in Italia negli ultimi 15 anni assistiamo ad un incremento del 13 per cento complessivo delle emissioni dei gas serra. Nel 2006, come già ho avuto modo di evidenziare, vi è stato finalmente un calo dell'1,5 per cento, tutto attribuibile alla diminuzione dei consumi nel settore privato, mentre la produzione di energia, che ricorre ancora al carbone, contribuisce ad aumentare le emissioni del 5 per cento e il settore dei trasporti - udite, udite - non manifesta alcuna tendenza a ridurre la produzione di gas clima-alteranti.
È bene, quindi, che il DPEF e le risoluzioni, di Senato e Camera, impegnino il Governo ad una vera e propria svolta in materia ambientale, anche perché con il decreto-legge n. 81 del 2007 non abbiamo previsto di destinare parte delle risorse dell'extragettito a tale scopo. Noi lo denunciammo e lo denunciamo e voglio sperare, ma non ho elementi per dubitare, che con la legge finanziaria di autunno si mettano a regime gli interventi indispensabili per il raggiungimento degli obiettivi di Kyoto e venga impostata una vera e propria politica di crescita ecocompatibile, che non sia solo uno slogan perché di slogan ne abbiamo avuti già abbastanza.
Per tali motivi è indispensabile introdurre un sistema di contabilità ambientale nello Stato e negli enti locali. È necessario disporre di indicatori in grado di misurare l'impatto delle politiche e una specifica sezione del DPEF, un allegato al Documento, dovrebbe fornire i dati conoscitivi relativi alle misure intraprese, gli effetti prodotti e gli ulteriori passi da compiere.
Come anticipato nell'intervento svolto nel corso della discussione, vi è, signor rappresentante del Governo, un problema che va assolutamente ed urgentemente approfondito. Il programma delle infrastrutture 2008-2011, contenuto nell'allegato al DPEF, si inserisce, nonostante gli sforzi fatti, senza una vera soluzione di continuità nell'alveo della tradizione Lunardi-berlusconiana, che prevede di definire strategiche un numero sempre crescente di opere a prescindere dalla loro effettiva utilità e qualità e senza tenere, soprattutto, in considerazione la stessa loro finanziabilità.
L'allegato Infrastrutture propone una lista di opere per una cifra complessiva di 118 miliardi nei prossimi cinque anni: 44 miliardi sono risorse da reperire pari a 8,9 miliardi l'anno. Pensate voi, quindi, come possiamo procedere con questa modalità. Nonostante la selezione effettuata dal Ministro Di Pietro, in dialogo continuo con il Parlamento, siamo di fronte ad impegni difficilmente onorabili. Inoltre, oltre il 50 per cento della spesa sarebbe indirizzata al finanziamento, ancora una volta, di strade e autostrade, quando è assolutamente indispensabile spingere l'acceleratore su una infrastrutturazione del territorio più moderna e più all'avanguardia. È un bene, quindi, che nella nostra risoluzione venga chiesto di selezionare ulteriormente le opere strategiche, che si vada a privilegiare la mobilità urbana, il trasporto ferroviario, le vie del mare e la portualità, e di destinare risorse per la costituzione di un fondo per finanziare la ristrutturazione e l'ammodernamento della rete idrica, altra grande emergenza del nostro Paese.
Per tutti gli altri punti, signor Presidente, rimando alla risoluzione e agli interventi da me già svolti in Commissione e nel corso del dibattito in aula. Confermo il voto favorevole sulla risoluzione Ventura ed altri n. 6-00020 e, pertanto, il parere positivo sul Documento di programmazione economico-finanziaria.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Pagliarini. Ne ha facoltà.
GIANNI PAGLIARINI. Signor Presidente, il gruppo dei Comunisti Italiani voterà a favore della risoluzione di maggioranzaPag. 6con cui si approva il DPEF, ma vorrei, innanzitutto, contestualizzare le nostre scelte, a partire dal quadro economico e dal contesto sociale. Ci siamo lasciati alle spalle un anno, il 2006, caratterizzato dalla forte spinta al risanamento e da un auspicio per il futuro di avviare una netta inversione di tendenza sul versante della politica economica e sociale del Governo.
Possiamo ben dire che, nel corso del primo anno della legislatura, sono state costruite le condizioni che hanno portato, da un lato, a poter disporre di un consistente extragettito propedeutico ad una azione che sia davvero redistributiva e, dall'altro, a restituire credibilità al Paese al cospetto dell'Europa, che negli ultimi anni ci aveva dedicato ben poca attenzione. Il risanamento è sotto gli occhi di tutti. Pensiamo al rinnovato vigore nella lotta contro l'evasione e l'elusione fiscale. Gli indicatori economici testimoniano che il 2007 sarà l'anno del consolidamento su questo versante, dal momento che i conti pubblici sono in deciso, ulteriore miglioramento. Sono proprio i numeri della finanza pubblica in crescita a consentire di escludere il ricorso a manovre correttive, smentendo i peggiori auspici dell'opposizione.
Vorrei aggiungere che, se ci fermiamo a riflettere su un'inversione di tendenza rispetto al passato, lo dobbiamo all'azione di tutta la maggioranza e al suo impegno rivolto al cambiamento. Innanzitutto, il Documento di programmazione economico-finanziaria assume la sostenibilità ambientale come elemento fondante delle scelte di politica economica. Ciò significa che la tutela dell'ambiente, nella sua accezione più complessiva, non è soltanto un valore in se stesso, ma diventa funzionale alla competitività del Paese. L'innovazione introdotta riguarda diversi aspetti sui quali vorrei brevemente soffermarmi. Si tratta, infatti, di integrare l'ambiente con l'economia in tutti i settori, per denunciare la tendenza del pianeta a soffocare se stesso, ma anche per pretendere che in una fabbrica o in un cantiere la compatibilità ambientale sia funzionale a tutelare a fondo il lavoratore e i suoi diritti. Aver trovato il giusto nesso tra ambiente, economia e lavoro è un grande segnale innovativo e sta a tutti noi valorizzarlo appieno. Ma il Documento di programmazione economico-finanziaria assume anche la sostenibilità sociale come caratteristica saliente dell'azione di Governo. Su tale aspetto è giusto mettere l'accento anche su tutte le voci che non si sono astenute da valutazioni critiche, pur mantenendo un profilo unitario.
Mi riferisco al mio partito, i Comunisti Italiani, e a tutti coloro che hanno preteso di coniugare risanamento ed equità, nel pieno rispetto del programma condiviso da tutta l'Unione. Ora, sulla scia del risanamento, è arrivato il tempo di dare corso all'aspetto che lo rende tangibile sul terreno sociale, nel segno dell'equità. Lo abbiamo scritto tutti assieme e ora noi Comunisti Italiani lo ripetiamo con forza: risanamento ed equità non è uno slogan, bensì il patto fondativo che tiene insieme coerentemente la maggioranza di Governo. Per tale ragione, è necessario mettere in campo subito politiche adeguate che facciano seguito alla prima e importante misura redistributiva prevista dal decreto-legge n. 81 del 2007, in favore dei pensionati e dei giovani.
Invocare la svolta significa dare sostanza ad un nuovo modello sociale che rimetta al centro le condizioni di vita delle persone. Stiamo parlando di quello sviluppo di qualità, spesso enunciato, ma troppo poco praticato, uno sviluppo sociale sostenibile che metta giocoforza al centro il grande tema del lavoro, delle sue tutele e dei suoi diritti. Non va sottovalutato quanto recita la risoluzione che ci apprestiamo a votare. Investire sulla qualità dell'occupazione, sulla buona occupazione, dando segnali della volontà di affrontare con decisione il dramma del precariato significa fornire segnali che vanno nella direzione giusta. Tuttavia, noi crediamo - lo voglio dire con la dovuta forza - che non basti e aggiungo che il Governo deve compiere uno sforzo ulteriore. Proviamo ad assumere il punto di vista di chi chiede a gran voce la svolta. ScopriremoPag. 7che non è possibile dare un giudizio positivo in merito all'accordo sul welfare. Quel protocollo sul mercato del lavoro porta con sé un messaggio che va nella direzione sbagliata - bisogna avere il coraggio di dirlo -, perché sposa una logica che, nei fatti, contraddice i molti proclami sulla difesa dei giovani e del loro avvenire, destinando ogni energia sulla riduzione delle uscite, senza ragionare concretamente sull'incremento delle entrate. È proprio questo l'errore di fondo che ha portato tanta parte del mondo politico a proporre in modo quasi maniacale gli slogan sull'innalzamento dell'età pensionabile come panacea di tutti i mali, senza considerare che quegli slogan non indicano affatto la strada buona per affrontare le anomalie del sistema previdenziale italiano.
La strada per ricostruire il patto generazionale è tutt'altra e passa dall'idea di uno Stato sociale fondato su giovani lavoratori fruitori di diritti certi. Soltanto dall'allargamento della platea occupazionale stabile si ottiene lavoro sicuro e di qualità, funzionale a garantire i pensionati di oggi e di domani. Al contrario, chi pensa di tagliare diritti a chi li ha sudati in decenni di duro lavoro per riconoscere tutele ai precari di oggi, sbaglia di grosso e noi non ci asteniamo dal dirlo. Contrapponendo vecchi e giovani si rompe il patto generazionale e si illudono quelle migliaia e migliaia di ragazzi costretti a «rimpallarsi» lavori di scarsa qualità e di nessun futuro.
La nostra ossessione - vorrei utilizzare un termine volutamente forte - è rispondere alle speranze di milioni di persone, di chi è precario ed ambisce ad un lavoro stabile, di chi lavora su un ponteggio ed esige di farlo in sicurezza, di chi è donna e invoca le pari opportunità, di chi è anziano ed ha il diritto di trascorrere con dignità e serenità gli ultimi anni di vita. Noi crediamo che il Governo debba rimettere in discussione il ricordato protocollo, ma soprattutto pensiamo che il tratto distintivo dell'azione di Governo debba essere la lotta alla precarietà: così si preferisce la strenua volontà di costruire il domani del Paese (Commenti)...
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Pagliarini. Colleghi, chi interviene fa fatica a parlare e, chi vuole ascoltare, altrettanto. Quindi, vi prego di parlare a bassa voce, se è proprio indispensabile.
GIANNI PAGLIARINI. Grazie, Presidente. Non possiamo esimerci dall'offrire una concreta occasione di riscatto alle milioni di donne ed ai milioni di uomini indeboliti socialmente - anche a causa di leggi inaccettabili volute dal precedente Governo - sul terreno delle tutele e della più complessiva qualità della vita.
Pensiamo alla drammatica questione salariale, ai molti che faticano ad arrivare alla fatidica quarta settimana, all'iniqua redistribuzione del reddito e anche all'imbarazzante confronto con le medie degli stipendi europei. Crediamo, in altre parole, che il Governo debba mostrare tutto il suo coraggio sul tema cruciale del cambiamento, in sintonia con le aspettative dei giovani, anche di quelli che sono scappati all'estero perché non si sentivano garantiti e non riuscivano a intravedere un futuro nel nostro Paese. Sono moltissimi gli elettori, di tutte le età, che ci chiedono di indicare la strada del cambiamento. Siamo chiamati a non deluderli, e per questo motivo voteremo a favore della risoluzione Ventura ed altri n. 6-00020
(Applausi dei deputati del gruppo Comunisti Italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Di Gioia. Ne ha facoltà.
LELLO DI GIOIA. Signor Presidente, poche settimane fa abbiamo convertito in legge il decreto-legge n. 81 del 2007, che metteva a disposizione risorse per intervenire su alcuni settori importanti della nostra vita economica e sociale, utilizzando circa 4 miliardi di euro. Sono stati previsti interventi importanti da realizzare nel settore sociale. Mi riferisco all'aumento delle pensioni minime che, sebbenePag. 8non sia stato significativo, ha comunque fornito un indirizzo preciso delle scelte e delle volontà dell'attuale Governo. Vi sono stati, inoltre, interventi diretti, ad esempio, allo sblocco della legge n. 488 del 1992, che ha messo in cantiere interventi importanti per le aziende e, soprattutto, per lo sviluppo del Mezzogiorno. In buona sostanza, si è trattato di interventi che, seppur hanno fatto aumentare dello 0,4 per cento l'indebitamento, portandolo dal 2,1 al 2,5, sono stati comunque interessanti ed importanti e non hanno superato l'impegno dell'abbattimento dell'indebitamento al 2,8 per cento, assunto dal precedente Governo con l'Unione europea.
Riteniamo che la politica dell'attuale Governo sia condivisibile perché interviene sulle direttrici che abbiamo concordato; vale a dire la competitività del sistema industriale, la riduzione del debito e, quindi, l'equità all'interno del Paese. Stiamo intervenendo in tali settori e anche il DPEF al nostro esame è in linea con gli interventi e con le linee prefissate. Di fatto, come dicevo, si registra un abbattimento dell'indebitamento, una riduzione del debito e, in buona sostanza, una ripresa economica e produttiva, tanto è vero che il nostro prodotto interno lordo è del 2 per cento e dobbiamo consolidarlo su questi livelli.
Abbiamo, però, la necessità di intervenire soprattutto sulle spese correnti primarie perché, anche se abbiamo già verificato che vi sono alcune indicazioni positive, in questo modo si possono liberare risorse importanti, che vanno utilizzate per intervenire sull'indebitamento e sul debito, nonché per concretizzare quelle iniziative di ripresa, di competitività delle aziende e, quindi, di sviluppo economico più generale, previste nel DPEF. Tali iniziative sono richiamate opportunamente, con integrazioni importanti, nella relazione svolta dall'onorevole Ventura, che condividiamo. Pertanto, voteremo a favore della risoluzione Ventura ed altri n. 6-00020.
Vi sono interessanti spunti che riguardano il sistema ambientale e quello delle infrastrutture, che dobbiamo concretizzare in modo più pregnante e indicazioni importanti sulla questione dell'energia alternativa. Inoltre, noi socialisti della Rosa nel Pugno riteniamo di dover incentivare in modo forte le indicazioni in materia di ricerca, università, scuola e Mezzogiorno.
Si tratta di quattro punti collegati tra loro perché il Mezzogiorno d'Italia può crescere nella misura in cui crescono la ricerca e la cultura, e nella misura in cui il sistema diventa integrato. Noi, come nazione, investiamo poco nella ricerca e, quindi, registriamo la necessità di investire di più e di portare la percentuale del 1,2 per cento a livello dei Paesi dell'Unione europea a ventisette e oltre quei livelli. È necessario, pertanto, investire nella ricerca affinché il Paese esca definitivamente da una condizione di ripresa della possibilità economica e produttiva. Sono questi i fattori che incidono - come dicevo precedentemente - sullo sviluppo del Mezzogiorno, in quanto vi è un abbattimento profondo in ordine alla ricerca e una disuguaglianza - oserei dire - tra il centro, il nord e il sud d'Italia per ciò che riguarda la scuola. Ritengo, infatti, che la scuola debba essere capace di fornire risposte importanti da un punto di vista culturale, per far uscire il Mezzogiorno dalle sacche in cui oggi si trova. Inoltre, la scuola deve essere, soprattutto, pubblica, e deve fornire le indicazioni affinché si ci si possa inserire in un contesto di riforma complessiva che riguardi lo sviluppo del Mezzogiorno.
Il Mezzogiorno, oggi, registra una ripresa che, tuttavia, è ancora relativa nei riguardi del nord e del centro, in quanto questi ultimi crescono di più del Mezzogiorno. Quindi, se non si accelerano i processi di ricerca, della scuola e degli investimenti, che devono essere indirizzati alla portualità, alle reti ferroviarie e infrastrutturali, probabilmente, anzi sicuramente, non avremo la possibilità di recuperare il gap che, oggi, ancora divide il centro, il nord e il sud del Paese. Quindi, riteniamo che, nella prossima finanziaria, bisognerà intervenire in modo forte sui filoni dello sviluppo, della ripresa economica e sui filoni che potranno comprendere,Pag. 9in virtù delle questioni che dicevo precedentemente, ovvero l'abbattimento del debito e della spesa corrente primaria, le iniziative volte alla ripresa definitiva e al mantenimento del prodotto interno lordo.
Signor Presidente, sono queste le considerazioni che volevamo svolgere, conoscendo e condividendo la relazione del relatore per la maggioranza, onorevole Ventura, relazione cui noi diamo il convinto e sostenuto «sì», in modo che si possa determinare la ripresa e la condizione affinché i bisogni della gente possano essere esauditi. Concludo, affermando che nella prossima legge finanziaria il gruppo della Rosa nel Pugno, i socialisti della Rosa nel Pugno saranno impegnati fortemente affinché queste direttrici siano rispettate e possano, quindi, contribuire allo sviluppo del nostro Paese.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Ossorio, al quale ricordo che ha sei minuti a disposizione. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE OSSORIO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, anch'io voglio ricordare ciò che è stato più volte detto, ovvero che il DPEF si muove lungo due direttrici: la legge finanziaria dello scorso anno e il decreto-legge sull'extragettito. Accanto ai dati incoraggianti sull'andamento della finanza pubblica, la cui bontà e attendibilità sono state confermate anche dai principali osservatori istituzionali, il Governo ha presentato un programma completo di interventi specificati per settori. Come si conviene ad ogni sistema di pluralismo democratico, il DPEF ha ricevuto anche alcune critiche da cui desidero iniziare.
Sarebbe assurdo pensare di svolgere un ragionamento sul DPEF senza tenere conto delle critiche che ci sono state. Ne voglio citare una per tutte, quella formulata dal professor Boeri e dal professor Garibaldi. Entrambi hanno detto che si rappresenta un andamento del quadro di finanza pubblica programmatico peggiore del tendenziale. Questa contestazione - che è da tenere in conto - appare tuttavia a nostro avviso, ad avviso di una componente della maggioranza, irragionevole. Infatti, lungi dall'essere volontà di questa maggioranza abbandonare l'impegno assunto a governare e a rilanciare il Paese, le motivazioni dello scostamento tra il tendenziale e il programmatico sono facilmente rintracciabili nello stesso DPEF. Sarebbe mai stato possibile - mi chiedo, e mi rivolgo agli illustri professori che hanno svolto questa critica -, giusto o equo chiedere ai cittadini italiani un ulteriore sacrificio per il solo raggiungimento anticipato di un obiettivo che comunque si otterrà entro la fine della legislatura? Dobbiamo pensare che quell'obiettivo si deve ottenere, e sarà compito di questa maggioranza sorvegliare affinché le politiche del Governo vadano nel giusto verso. Nel momento in cui si richiamano con toni allarmistici le cifre contenute nel decreto-legge del 2 luglio 2007, n. 81, bisognerebbe tener presente che grazie all'adozione di tale provvedimento, appena licenziato dalla Camera, coloro che sopravvivono con la pensione minima hanno ottenuto uno stanziamento di circa 900 milioni di euro: vogliamo dimenticarlo? Sono stati reperiti fondi per 700 milioni di euro in favore del sistema degli ammortizzatori sociali: vogliamo scordarci anche di quest'altro punto? Sono stati stanziati inoltre 600 milioni di euro per iniziative a favore dei giovani. Mi sembra che sia nel complesso un quadro che smentisce le affermazioni dagli illustri commentatori.
Certamente non si intende sottovalutare l'importanza del rispetto degli impegni assunti a livello comunitario, come del resto la manovra di giugno non ha compromesso l'andamento dei saldi in funzione dei parametri del Patto di stabilità (lo ha ben detto l'onorevole Ventura nella sua relazione, che condividiamo). Bisogna piuttosto riconoscere al Governo di aver realizzato una programmazione economica che supera il mero criterio della legislazione vigente e che in un'ottica di contenimento della spesa tiene conto di tre punti: gli impegni sottoscritti, ovvero le iniziative sulle quali è stato già raggiuntoPag. 10l'accordo; le prassi consolidate, come oneri di cui manca ancora la quantificazione; le spese eventuali di iniziativa governativa.
Il DPEF e in parte anche la legge finanziaria dello scorso anno sono stati inoltre accusati di essersi rivelati come interventi pro-ciclici, a favore di una ripresa economica già avviata da sé. Premessa la difficoltà, riconosciuta universalmente dalla teoria economica, circa la possibilità dei responsabili politici di cogliere con esattezza e con certezza il momento opportuno per l'attuazione di una manovra anticiclica, questa analisi risulta piuttosto semplicistica - a nostro avviso - per almeno due motivi. In primo luogo, la ripresa economica non è ancora ben consolidata e stabile. Dai dati contenuti nel bollettino economico pubblicato dalla Banca d'Italia, nel primo trimestre del 2007 il prodotto dell'area euro ha registrato una decelerazione. Il rallentamento, in parte atteso a causa dell'inasprimento dell'IVA in Germania, dell'indebolimento dell'attività industriale e del calo di fiducia, ha riguardato tutte le economie europee, ad eccezione della Francia, ed è stato ulteriormente aggravato dal calo delle esportazioni, punto dolente della nostra economia.
In secondo luogo, lo stesso Governatore Draghi - va ricordato - ha evidenziato come quella in corso non sia una semplice ripresa economica, ma si configuri come una vera e propria trasformazione produttiva, e ha posto in evidenza il ruolo delle esportazioni nell'economia: se non ci avviamo verso un processo di tal genere, sarà un'economia autarchica.
Quindi, annunciando il voto favorevole sul Documento in esame da parte del gruppo dell'Italia dei Valori, vogliamo tuttavia manifestare anche l'auspicio che per gli anni prossimi il Governo valorizzi il DPEF, che potrebbe essere utilizzato per organizzare gli interventi di finanza pubblica su un arco temporale superiore a quello della sessione di bilancio, così da programmare la produzione normativa in corso d'anno e consentire un esame più approfondito ed informato dei provvedimenti, tanto da parte delle Commissioni quanto da parte dell'Assemblea (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Pettinari. Ne ha facoltà.
LUCIANO PETTINARI. Signor Presidente, il gruppo di Sinistra Democratica Per il Socialismo europeo voterà il Documento di programmazione economico-finanziaria, prima di tutto perché si tratta di un Documento chiaro e in grado di tratteggiare i contorni della futura legge finanziaria. Lo fa in modo tale da rendere esplicito che le misure che prevarranno nella futura legge finanziaria saranno dirette alla crescita e all'equità sociale. Sulla base di questo Documento si capisce che non vi sarà la correzione del deficit tendenziale a legislazione vigente per il 2008, così come non sembra delinearsi la necessità di una manovra correttiva nel corso del 2007.
Questa impostazione, obiettivamente positiva, del DPEF risulta possibile perché, una volta varata l'ultima legge finanziaria, non si è attuata la logica dei due tempi, ritenuta opportuna anche da qualcuno all'interno del Governo. In altre parole, si diceva: puntiamo tutto sul risanamento e, fatto questo, vedremo poi il da farsi. Al contrario, insieme al risanamento dei conti pubblici si è riusciti ad avviare provvedimenti per la crescita e la competitività del nostro sistema e si è operato nel senso di una maggiore equità sociale. Basti pensare che il risparmio annuo ottenuto con l'avvio - solo l'avvio - della politica delle liberalizzazioni a favore dei consumatori oscilla tra i 2,4 e i 3 miliardi di euro. Pensiamo ancora ai risultati ottenuti dalla lotta all'evasione fiscale, pur in presenza di inviti da parte di autorevoli esponenti dell'opposizione, ahimè, allo sciopero fiscale.
Si è iniziato a stabilizzare i precari nella pubblica amministrazione, in particolare nel settore scolastico, così come sono andate nella giusta direzione le misure previste dal decreto-legge n. 81 del 2007, recentemente votato da questo Parlamento,Pag. 11che finalizzano 6,5 miliardi di euro di extragettito a misure di crescita sociale, in particolare con l'innalzamento delle pensioni più basse.
In Italia, dopo alcuni anni di crescita irrilevante, nel 2006 è iniziata una significativa ripresa economica. Occorre che questa ripresa congiunturale diventi duratura e sostenibile ed è perciò necessario che il Governo sappia coniugare crescita economica con equità sociale, risanamento finanziario e sostenibilità ambientale. È un obiettivo possibile, ed è credibile puntare ad una crescita del 3 per cento, come delinea lo stesso DPEF: si può fare, perché il 2006 sembra rappresentare un punto di svolta. Si è interrotto il processo di caduta della produttività nel complesso dei suoi aspetti, e nei prossimi anni potrebbe determinarsi un processo virtuoso, basato sulle politiche della buona occupazione e su quelle tendenti a favorire un maggior tasso di partecipazione, in particolare delle donne.
Occorre quindi fare la scelta verso la qualità dello sviluppo, la qualità dell'innovazione, della ricerca, della riqualificazione del nostro terziario e del nostro sistema di welfare, che deve essere considerato come occasione per creare nuovi posti di lavoro. Occorre altresì fare la scelta dello sviluppo della domanda interna pubblica e privata ed occorre infine fare la scelta - oserei dire continuare nella scelta - di puntare ad una buona occupazione, sapendo che parlare di occupazione dei giovani non vuol dire, come ha cercato di fare in queste settimane Confindustria, contrapporre figlie e figli a madri e padri, e che - per quanto riguarda le pensioni - chi vuole garantire le pensioni ai giovani, anziché organizzare ridicole fiaccolate antisindacali, dovrebbe battersi per eliminare la precarizzazione del lavoro, cui sono costretti oggi quasi tutti i giovani.
Con un posto di lavoro sicuro, essi avrebbero più certezze per la loro vita di oggi e pensioni più alte per la loro vita di domani. Per tale motivo non riteniamo utile il protocollo presentato dal Governo sulla competitività e il mercato del lavoro, sul quale occorrerà continuare a confrontarsi. In quel protocollo si continua a pensare che una maggiore competitività si ottiene con l'abbattimento del costo del lavoro: è un'idea sbagliata. Come non capire che nel momento in cui si defiscalizza lo straordinario, facendo costare un'ora di straordinario esattamente come un'ora di lavoro normale, non si affronta affatto la precarietà, anzi la si istituzionalizza, e si fa cadere del tutto il discorso sulla qualità del lavoro e dello sviluppo? Come si può pensare, favorendo lo straordinario, di aiutare il lavoro delle ragazze e dei ragazzi?
Sinistra Democratica non intende accettare questo protocollo così com'è, e intende battersi con quella grande parte del sindacato che ha assunto verso il protocollo una posizione critica. Credo sia giusto impegnarsi per attuare il programma dell'Ulivo che, a tale proposito, diceva testualmente: «Noi siamo contrari ai contenuti della legge n. 30 del 2003 e dei decreti legislativi n. 276 e n. 368, che moltiplicano le tipologie precarizzanti. Per noi la forma normale di occupazione è il lavoro a tempo indeterminato (...). In tal senso, crediamo che il lavoro flessibile non possa costare meno di quello stabile e che tutte le tipologie contrattuali a termine debbano essere motivate sulla base di un oggettivo carattere temporaneo delle prestazioni richieste». La citazione è molto chiara: questo è quanto prevede il programma elettorale e di Governo del centrosinistra; chi vi fa riferimento non opera né ricatti né pressioni; difende, al contrario, l'intesa unitaria.
Ancora alcuni punti che crediamo importanti, il Mezzogiorno primo fra tutti. È necessario capire che anche per il sud si deve puntare ad alcuni aspetti di qualità della crescita. Si tratta di orientare la struttura produttiva verso processi di rinnovamento tecnologico dell'offerta e di sviluppo del capitale fisico e umano presente in quell'area. La possibilità di un recupero di competitività del Mezzogiorno è strettamente connessa al sostegno aPag. 12questi processi in termini di risorse finanziarie ma anche di adeguate infrastrutture per lo sviluppo.
Più in generale, sull'insieme dell'allegato per le infrastrutture bisognerà ancora lavorare: basti pensare che alle strade e autostrade viene destinato il 50 per cento delle risorse e sono invece assai ridotte le risorse destinate alle infrastrutture portuali, solo l'1,7 per cento; sono inoltre insufficienti le risorse per le ferrovie, il 32 per cento, e per i sistemi metropolitani, il 9,6 per cento.
C'è quindi molto di buono nel DPEF e ci sono comparti sui quali è opportuno, invece, continuare il confronto verso la definizione della nuova legge finanziaria. Con soddisfazione voglio infine, prima di concludere, sottolineare che su iniziativa di Sinistra Democratica al Senato si è riusciti ad inserire una riduzione delle spese per gli armamenti: è un'inversione di tendenza che salutiamo con soddisfazione.
Quindi, è in questo contesto, con il giudizio positivo e con la volontà di continuare il confronto per contribuire a migliorare la proposta economica e finanziaria del Governo, che Sinistra Democratica Per il Socialismo europeo voterà a favore del DPEF e della risoluzione presentata dalla maggioranza (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo e Comunisti Italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Garavaglia. Ne ha facoltà.
MASSIMO GARAVAGLIA. Signor Presidente, il Documento di programmazione economico-finanziaria è stato già bocciato da tutti e, quindi, anche noi lo bocceremo. Lo ha bocciato la Corte dei conti, che ha come compito quello di verificare come si spendono i soldi; lo hanno bocciato il Fondo monetario internazionale, le agenzie di rating e, in maniera assolutamente drastica, la Banca d'Italia, tramite il Governatore Draghi. Qual è il motivo sostanziale alla radice di questa bocciatura? Soprattutto l'uso del cosiddetto «tesoretto», vale a dire quei 7 miliardi di euro che il Governo ha deciso di spendere tutti in una volta sola e quasi tutti in spesa corrente, quindi alzando il livello di spesa corrente e obbligando poi a rincorrere questo livello con le entrate: è molto semplice!
Oltretutto, la copertura delle spese del «tesoretto» è stata trovata, decidendo di chiudere con un «buco» più alto: si poteva chiudere con un «buco» del 2,1 per cento, ma si è deciso di sforare del 2,5 per cento. È naturale, quindi, che chi esamina con attenzione i conti pubblici non può condividere questa operazione.
Di fatto poi, nel DPEF, vi è qualcosa che prelude alla legge finanziaria. Vi è, cioè, una manovra anticiclica, nel senso che si fa l'opposto di ciò che andava fatto in un ciclo favorevole, come quello in cui ci troviamo. Vi era la possibilità di fare di più, ma si è deciso di spendere di più. Questo chiaramente non è accettabile! Consideriamo il caso del mercato del lavoro: ci troviamo in una situazione particolarmente favorevole, con la curva di Phillips che si sposta verso il basso (bassa inflazione e basso tasso di disoccupazione). Che cosa si vuole fare? Si vuole intaccare la cosiddetta legge Biagi, statalizzando migliaia e migliaia di persone. L'esatto opposto di quello che si sarebbe dovuto fare! Se in futuro dovesse crescere la disoccupazione, oggi basterebbe mettere qualche freno alle frontiere e limitare l'immigrazione; in tale maniera, la disoccupazione rientrerebbe. Tuttavia, facciamo tutto l'opposto di quello che andrebbe fatto.
Passiamo a considerare i numeri, anche perché, la si fa molto complicata, ma, alla fine, la questione è semplice: la manovra finanziaria dello Stato considera le entrate e le uscite: il totale delle entrate previsto è di 743 miliardi di euro, a fronte di un totale di uscite di 777 miliardi di euro. Abbiamo già deciso, cioè, anche l'anno prossimo, di chiudere ancora con un buco di 34 miliardi di euro. Siamo abituati a ragionare come un'azienda sempre in perdita.
Pag. 13Consideriamo ora le entrate e le uscite. Sulle entrate, continuiamo ad ascoltare dichiarazioni, francamente imbarazzanti, riguardo a ipotesi di riduzioni delle tasse. Come fate a sostenere che ridurrete le tasse, quando nel DPEF prevedete che la pressione fiscale rimarrà sostanzialmente invariata? È incredibile! Ridurre una sola tassa - per esempio, l'ICI - non significa ridurre le tasse in genere, anche perché sappiamo già che l'ipotesi di ridurre l'ICI è praticabile, perché si prevede di alzare le tasse sui BOT; si tratta, cioè, di una partita di giro, perché l'ICI e i BOT interessano il ceto medio e medio basso. Si toglie, quindi, da una parte, per dare all'altra, ma ciò non significa ridurre le tasse!
Si parla tanto di lotta all'evasione fiscale e di lavoro nero. Ebbene, cosa diavolo fa il Governo contro il lavoro nero? Di quei cento miliardi di euro di evasione fiscale non introitati dallo Stato, cinquanta derivano dal lavoro nero, cinquecento euro pro capite in Lombardia, mille euro pro capite nel Lazio (il doppio), millecinquecento euro pro capite in Calabria (il triplo). Cosa fa il Governo contro questa piaga enorme, che incide molto pesantemente sulle pensioni e sui contributi futuri? Niente di niente!
Passiamo alle uscite. Qui vi è la novità della trasparenza, e il Ministro Padoa Schioppa già afferma che esistono circa 21 miliardi di spese non coperte. Bene: ci dite in che modo intendete coprire tali spese? Non crediamo che sia possibile coprirle con la riduzione della spesa; finché governerete voi è matematicamente impossibile! Basti leggere Italia Oggi di questa mattina, per sapere che, nella scuola, vi è un taglio di quattromila cattedre, contro una previsione di 19 mila: si tratta, quindi, di un altro «buco» che emerge. Ogni giorno salta fuori un «buco»! È chiaramente impossibile prevedere la copertura di questi circa 25 miliardi di euro di «buco» e non è possibile affermare di coprirlo tagliando la spesa, perché non ne siete capaci. Tutto ciò significa che avremo un'altra manovra finanziaria da, almeno, 25 miliardi di euro e il nord non può più sopportarlo!
Per quanto riguarda, poi, la qualità delle uscite, si tratta veramente di un disastro su tutta la linea. Consideriamo le voci più consistenti della spesa pubblica: pensioni, pubblica amministrazione e sanità.
Delle pensioni abbiamo già parlato: siete riusciti nell'operazione, assolutamente geniale, di alzare l'età pensionabile e, al tempo stesso, generare un costo di 2 miliardi di euro l'anno. Ma lasciare la cosiddetta legge Maroni era così complicato?
Per quanto riguarda la pubblica amministrazione, si sono continuamente aumentati sia il personale sia i salari e gli stipendi, in maniera molto più alta (circa tre volte), rispetto al settore privato. Anche questo non era quello che andava fatto.
Infine, per quanto riguarda la sanità - la voce più consistente - diamo l'esempio peggiore. La regione Lazio crea un «buco» di dieci miliardi di euro e il Governo, senza batter ciglio, copre il «buco», trasmettendo il messaggio che ogni «buco» futuro verrà coperto tranquillamente e, come al solito, pagherà Pantalone!
Per quanto riguarda, poi, la spesa per investimenti, c'è ben poco da dire; il Governo Prodi applica il blocco sistematico di ogni opera pubblica. La TAV è l'esempio più eclatante: infatti, se non si realizza il collegamento con la Francia, ci dite perché diavolo abbiamo speso tutti questi soldi per fare la TAV?
Parlate di sviluppo del Mezzogiorno, ma se i treni non arrivano dalla Francia, mi spiegate per quale motivo abbiamo fatto la TAV fino a Napoli e si prevede di arrivare fino in Sicilia? Per non parlare della Brebemi: anche in questo caso, si tratta di un'opera sostanzialmente autofinanziata dal nord, che il Senato boccia e la Camera non boccia, perché la Lega Nord Padania in Commissione trasporti tiene banco e permette di approvare l'opera.
Alla fine, cosa vi è di buono in questo Documento di programmazione? Vi è l'accenno al federalismo fiscale, ma solo l'accenno, perché il federalismo fiscale è la soluzione per ridurre e, quindi, per attaccarePag. 14l'entità della spesa pubblica e, soprattutto, per migliorarne la qualità. Lo ha spiegato molto bene il Governatore Draghi nella sua relazione al DPEF, portando l'esempio di due Stati federali: il Belgio - Stato che, come l'Italia, messo insieme, in qualche modo, si è rimesso a posto diventando uno Stato federale - e la Germania.
Al contrario, cosa prevedete in ordine al federalismo fiscale (al di là di qualche chiacchiera che ci sta anche bene)? Prevedete, per ora, solo la possibilità di aumentare ancora le addizionali. Non si arriva a dire, fino in fondo e bene, cosa si vuole fare con la compartecipazione.
Inoltre, vi è l'accenno - aspetto positivo che va approfondito - sui costi standard. Facciamo qualche esempio, perché questo è il punto chiave: gli stipendi della pubblica amministrazione non vanno valutati in base al costo (possiamo, infatti, essere tutti d'accordo sul fatto che gli stipendi devono essere sostanzialmente equivalenti, che ognuno ha diritto di prendere lo stipendio che prende un altro); il problema non riguarda il costo, bensì il valore aggiunto di quello stipendio, cioè cosa si fa con gli stipendi della pubblica amministrazione!
Facciamo due esempi. Gli impiegati postali ogni centomila lettere: nel nord sono 180 e nel sud sono 1780. Un altro esempio: i lavoratori delle Ferrovie dello Stato ogni 100 mila tonnellate di beni spediti: al nord sono 71 contro i 327 del sud. Ebbene, la questione non è nord e sud, ma come Roma ripartisce le risorse...
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole, sono costretto di nuovo a chiedere di far cessare il brusio. È difficile parlare e ascoltare in queste condizioni, vi prego. Scusi ancora.
MASSIMO GARAVAGLIA. La questione è come si ripartiscono le risorse, come Roma ripartisce le risorse: questo è il federalismo fiscale! Infatti, se si va oltre i costi standard in maniera così eclatante, è evidente che quella non è più spesa pubblica produttiva, né valore aggiunto, ma è spesa sociale...
PRESIDENTE. La prego di concludere.
MASSIMO GARAVAGLIA. ...e, come tale, va giustamente riclassificata e fa parte della compartecipazione e della perequazione.
La Lega Nord Padania, sul federalismo fiscale, si sta dando da fare e vuole arrivare fino in fondo, con il principio dei costi standard - affinché siano chiari per tutti e si vada verso i costi standard delle regioni virtuose e non di quelle che, invece, sprecano - e con il principio della compartecipazione seria, vale a dire intaccando le tasse che si pagano già, non quelle che si pagheranno ancora!
E, comunque, alla fine - e concludo, signor Presidente - il problema è che non possiamo permetterci un'altra finanziaria da 25 miliardi di euro; quindi, se volete fare una cosa seria, intaccate davvero la spesa e smettetela di buttare via i soldi della Padania (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania, Forza Italia e Alleanza Nazionale)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Peretti. Ne ha facoltà.
ETTORE PERETTI. Signor Presidente, l'Italia è un Paese fragile e malato, ha una capacità competitiva che si colloca agli ultimi posti in Europa, sulla quale pesano come una zavorra il livello del debito, l'inefficienza della spesa pubblica, l'onere della burocrazia e la bassa qualità delle istituzioni pubbliche.
Inoltre, è un Paese scarsamente innovativo, perché ha una bassa qualificazione delle risorse umane e una bassa percentuale della popolazione in possesso di un titolo di studio elevato, nonostante la percentuale della spesa pubblica in tale settore sia allineata a quella degli altri Paesi. Si trova agli ultimi posti per la spesa in materia di ricerca, per la capacità di trasferimento della conoscenza dall'università all'impresa, nonché per la dotazione di infrastrutture, l'energia, i trasporti e l'informazione.Pag. 15
È un Paese con sacche di disoccupazione molto elevate - ad esempio, la disoccupazione giovanile al sud è superiore al 21 per cento e quella femminile è ancora più alta - e in cui la ricchezza è molto mal distribuita: vi è un reddito pro capite di circa 30 mila dollari e 2 milioni e 600 mila famiglie povere - oltre l'11 per cento delle famiglie residenti - numero che cresce giorno dopo giorno.
L'Italia è il Paese più vecchio d'Europa: ogni 100 giovani sotto i 15 anni, vi sono 141 anziani oltre i 65 anni. Infine, l'Italia ha il debito pubblico più alto in rapporto alla ricchezza prodotta, debito che convive allegramente con circa 250 miliardi di evasione fiscale e circa 3 milioni di lavoratori in nero.
Signor Presidente, un Paese così non ha futuro perché tali dati segnalano una profonda crisi morale e culturale, prima ancora che economica, sociale e politica. Si tratta di una crisi profonda del sistema che sta producendo, nel Paese, tre profonde linee di rottura. In primo luogo, vi è una frattura di carattere sociale: non solo si allarga sempre di più la forbice tra le persone ricche e quelle povere ma, soprattutto, si riducono le opportunità per salire la scala sociale. Oggi, chi è povero ha molte più probabilità di rimanere tale rispetto ad un tempo.
Inoltre, vi è una frattura di carattere territoriale tra un nord che chiede più libertà e meno Stato e un sud che, invece, continua ad aggrapparsi disperatamente allo Stato, anche se quest'ultimo spesso è assente e, quando è presente, è inefficiente. Vi è un sud che perde continuamente popolazione attiva, sempre più a rischio legalità, con i cittadini che sono a rischio di assuefazione - come sta avvenendo in Campania per la vicenda dei rifiuti, - e che hanno perso la capacità di reazione e di sanzione politica anche verso le amministrazioni più inefficienti.
Infine, vi è una frattura di carattere istituzionale tra i cittadini e il ceto politico, a causa della quali questi ultimi contestano alla classe dirigente non tanto e non solo i privilegi, ma soprattutto la loro incapacità di governare e una politica che «chiacchiera» su tutto e non decide su nulla.
Signor Presidente, questo è lo stato del nostro Paese, come appare ai cittadini e a coloro che lo guardano dall'esterno. Solo il Governo finge di non vederlo e, con questo Documento di programmazione economico-finanziaria, disegna uno scenario diverso e sorprendentemente rassicurante. Il Governo vede un Paese che cresce e d'incanto trova le risorse per superare la crisi, una finanza pubblica che migliora ed esce dall'emergenza - così da spostare in avanti gli impegni assunti con l'Unione europea in relazione al pareggio del bilancio - e una dinamica sociale in miglioramento.
È bastato qualche euro del «tesoretto» per dire che stiamo uscendo anche dall'emergenza povertà. Si tratta di una situazione che evolve al meglio naturalmente, visto che il Governo in questo Documento non indica alcuna misura concreta di politica economica e finanziaria. Abbiamo un Documento di politica economica e finanziaria senza politica economica finanziaria! Noi sappiamo che le cose stanno diversamente.
L'Italia è un Paese anziano e malato che sta perdendo la fiducia in se stesso e che non ha più fiducia nella sua classe dirigente. L'Italia non può permettersi un Governo diviso al suo interno, bloccato dalle sue contraddizioni politiche e diventato ormai minoranza nel Paese, incapace di alcuna iniziativa che non sia il tirare a campare giorno per giorno.
Ma l'Italia - lo dobbiamo dire con onestà - non può permettersi nemmeno che al suo capezzale si alternino medici inadeguati e medici compiacenti. Medici inadeguati e medici compiacenti: questa è la costante di questa lunga fase di transizione.
L'Italia, invece, ha bisogno di riscrivere daccapo il patto di cittadinanza, un nuovo patto che porti a ripensare dalle fondamenta il rapporto dei cittadini tra di loro e tra i cittadini e le istituzioni nell'aspetto fiscale, con la semplicità degli adempimenti, la lotta all'evasione, la riduzione deiPag. 16livelli di tassazione, nell'aspetto redistributivo, con una profonda azione di verifica e di qualificazione della spesa pubblica, e nell'aspetto ordinamentale e di tutela dei diritti, recuperando qualità e semplicità delle leggi e fiducia nella giustizia.
Serve ritrovarsi attorno ad un'idea condivisa di interesse generale che non è l'esatta sommatoria degli interessi particolari e che ci obbliga a muovere e ad abbandonare la visione corporativa dell'impegno associativo e politico.
Servono riforme, servono cambiamenti di comportamento individuali e collettivi, cambiamenti la cui velocità e profondità non dipendono dal grado di accettazione dei cittadini e, quindi, dalla sostenibilità politica (perché, altrimenti, la velocità sarebbe pressappoco pari a zero), ma dipendono dalla velocità e profondità delle trasformazioni del mondo che ci circonda.
Serve una cultura nuova legata al merito, legata ai risultati, legata soprattutto alla responsabilità; una cultura di cui non c'è traccia nel Governo e nei suoi provvedimenti e nemmeno in questo Documento di programmazione economico-finanziaria che non avrà il nostro voto [Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)].
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Andrea Ricci. Ne ha facoltà.
ANDREA RICCI. Signor Presidente, dopo la novità costituita da una «manovrina» estiva avente carattere espansivo con aumenti anziché tagli di spesa, con questo DPEF siamo di fronte ad un'altra positiva novità: per il prossimo anno non saranno necessari ulteriori interventi di correzione dei conti pubblici, così che l'entità netta della manovra finanziaria per il 2008 sarà pari a zero.
L'obiettivo concordato in sede europea di un deficit pubblico pari al 2,2 per cento del PIL nel prossimo anno risulta già tendenzialmente conseguito grazie all'aggiustamento delle finanze pubbliche realizzato nel corso dell'ultimo anno. A questo risultato hanno contribuito in maniera determinante due fattori: da un lato, una maggiore crescita economica e, dall'altro, un significativo ampliamento della base imponibile in conseguenza delle misure di lotta all'evasione e all'elusione fiscale.
In questo scenario la richiesta avanzata dalla Commissione europea di una ulteriore e forte accelerazione del percorso di risanamento finanziario appare del tutto pretestuosa ed animata da una fissità ideologica dietro cui si nascondono ben precisi interessi economici e politici.
In tal senso, bene ha fatto il Governo a non seguire tali interessati consigli. A nostro avviso, anzi, occorrerebbe fare di più aprendo finalmente un contenzioso politico con le istituzioni comunitarie, a cominciare dalla BCE, rispetto all'indirizzo di politica economica e monetaria prevalente in Europa, un indirizzo che continua ad ispirarsi ad un approccio di ortodossia monetarista e neoliberista.
Se ciò è stato fatto da un esponente genuino della destra francese come Sarkozy, crediamo che altrettanto possa e debba essere fatto dal Governo italiano dell'Unione. In questo senso, ci aspettiamo che il Governo dia seguito al punto della risoluzione che propone l'utilizzo delle riserve auree in eccesso della Banca d'Italia per la riduzione del debito pubblico.
Rispetto agli anni successivi al 2008, il DPEF prevede invece manovre correttive nette, via via crescenti. Questo è un aspetto che ci convince meno, e riteniamo che le previsioni del Governo siano viziate da un'eccessiva dose di prudenza e di pessimismo rispetto alle potenzialità di sviluppo dell'economia italiana e di ulteriore recupero dell'evasione fiscale: una dose di prudenza nelle stime e nelle previsioni è sempre necessaria, tuttavia, quando essa è eccessiva, rischia alla lunga di distorcere le aspettative degli operatori e di generare un falso allarmismo, mettendo in moto un classico effetto di profezia che si autoavvera.
La ripresa economica, che tanta parte ha nel risanamento finanziario in atto, è trainata, in Italia come in Europa, dallaPag. 17domanda interna e, in particolare, dai consumi delle famiglie. Ciò deve far riflettere sullo stretto legame che esiste tra interventi di carattere redistributivo e politiche di sviluppo economico. Nell'era della globalizzazione dei mercati, per un Paese industrialmente maturo come l'Italia è impensabile riproporre un modello di sviluppo fondato sulle esportazioni e sulla competitività di prezzo, derivante dal basso costo del lavoro. Occorre sì riqualificare l'offerta produttiva, indirizzandola verso l'innovazione, ma occorre anche assecondare tale processo dando ossigeno alla domanda, consentendo l'accesso a consumi di qualità superiore - dal punto di vista materiale e immateriale, sociale e ambientale - a larghe fasce della popolazione, che oggi ne sono escluse a causa di una distribuzione arcaica e ingiusta del reddito e della ricchezza.
E qui giungiamo al cuore, al nocciolo del confronto aspro in atto all'interno della maggioranza sul terreno della politica economica e sociale: la redistribuzione del reddito e della ricchezza - che noi proponiamo attraverso l'aumento dei salari e delle pensioni, attraverso la lotta alla precarietà e per l'estensione dei diritti sociali - non è, come si vuol fare apparire, indifferente o addirittura contraria alle esigenze di sviluppo e di modernizzazione del Paese. Al contrario, essa è il presupposto necessario per innescare un nuovo modello di sviluppo, autonomo e autocentrato, fondato sulla riconversione ecologica dell'economia, sulla diffusione del consumo e della produzione di beni ad alto contenuto di sapere e di conoscenza, sul soddisfacimento universale dei principali bisogni sociali, fra cui quello di relazioni, individuali e collettive, più solidali.
La riduzione drastica della precarietà e dell'insicurezza del lavoro, così come le difese del diritto alla pensione e ad un ampio sistema di protezione sociale, non sono costi per il sistema, ma opportunità di sviluppo della società e anche dell'economia. Il vero costo sociale che pesa sul nostro Paese è invece rappresentato dalla pervicace difesa, in nome di presunte compatibilità oggettive, dei privilegi derivanti da una distribuzione del reddito, della ricchezza e delle opportunità di vita così ingiusta come quella che esiste oggi in Italia. È in nome di tale visione, nuova, moderna e proiettata al futuro, che abbiamo espresso la nostra insoddisfazione sul protocollo proposto dal Governo su pensioni, mercato del lavoro e welfare: non è questa la sede per discuterne, ma a scanso di equivoci ribadiamo che noi quella proposta - alla cui elaborazione non siamo stati chiamati a partecipare - non la condividiamo e intendiamo modificarla profondamente, attraverso l'azione parlamentare e l'iniziativa di massa nel Paese.
Il gruppo di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea voterà senza remore la risoluzione parlamentare di maggioranza, perché riteniamo che essa migliori in maniera significativa il DPEF su alcune questioni fondamentali.
In primo luogo, nella risoluzione si conferma la centralità della lotta alla precarietà e all'insicurezza del lavoro, impegnando il Governo ad assumere le iniziative necessarie per fare del contratto di lavoro a tempo indeterminato la regola e non l'eccezione.
In tale contesto è importante il paragrafo sullo sviluppo del Mezzogiorno, laddove si impegna il Governo a definire un piano per l'occupazione all'interno di una più complessiva azione di politica industriale volta al superamento del dualismo territoriale.
In secondo luogo, la risoluzione invita il Governo a proseguire nell'opera di contrasto all'evasione e all'elusione fiscale, anche attraverso l'istituzione di un'aliquota unica del 20 per cento sulle rendite finanziarie e si stabilisce che la riduzione della pressione fiscale sarà prioritariamente indirizzata alle famiglie a basso reddito.
In terzo luogo, più che sulla riduzione quantitativa della spesa primaria corrente, si pone l'accento sulla sua riqualificazione, eliminando sprechi e inefficienze, a cominciare dalla sensibile riduzione dei costi della politica.Pag. 18
Infine - ma è forse l'aspetto più significativo - nella risoluzione si corregge profondamente la politica infrastrutturale delineata nell'allegato al DPEF, confermando quanto previsto nel programma dell'Unione circa la necessità di superare radicalmente la logica e la strumentazione della legge obiettivo varata dal Governo Berlusconi, in nome di un'alternativa visione strategica che assuma come vincoli invalicabili il pieno rispetto dei cicli ecologici, della tutela ambientale e paesaggistica del territorio e del consenso delle popolazioni locali interessate alla realizzazione delle opere.
In questo quadro, ci appare importante l'impegno, previsto nella risoluzione, a istituire uno specifico fondo per l'ammodernamento della rete idrica, opera molto più necessaria di tanti nuovi assi viari ad alta velocità.
In conclusione, con l'approvazione della risoluzione sul DPEF si avvia una fase decisiva sul terreno politico e sociale del Paese, che si annuncia calda e piena di insidie per la stessa prosecuzione dell'attuale esperienza di Governo. I nostri alleati sanno qual è per noi il punto irrinunciabile: il rispetto del programma dell'Unione e delle speranze di cambiamento da esso suscitate. Senza tale elemento, questo Governo non è legittimato a proseguire, non per nostra volontà, ma perché esso sarebbe travolto dalla delusione di chi in quelle idee ha creduto.
A costoro, che sono la fonte ultima della nostra legittimazione, dovremmo sempre rivolgerci in caso di difficoltà e di contrasti.
Insieme al lavoro parlamentare, è questo ciò che noi ci impegniamo a fare nei prossimi mesi, convinti come siamo che l'unico antidoto alla crisi della politica e della democrazia sia la partecipazione popolare e diretta alle decisioni fondamentali della vita di un Paese (Applausi dei deputati dei gruppi Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e Comunisti Italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Alberto Giorgetti. Ne ha facoltà.
ALBERTO GIORGETTI. Signor Presidente, il Documento di programmazione economico-finanziaria dovrebbe rappresentare quelle che sono le linee programmatiche del Governo in materia economica e finanziaria e dovrebbe essere poi sostenuto ed esplicitato, nella sua puntuale applicazione, dalle successive leggi finanziarie.
Mi pare di poter dire, alla luce delle considerazioni appena svolte dall'onorevole Andrea Ricci, esponente di Rifondazione Comunista, che tutto quanto contenuto in questo DPEF può essere considerato del tutto aleatorio, con una maggioranza che dimostra di non avere elementi di sintesi significativi. Ciò lo si comprende proprio da quanto detto dal collega di Rifondazione Comunista il quale ha posto in rilievo che si punta ad un sostegno maggiore per il lavoro a tempo indeterminato, che significa un aumento significativo dei costi del lavoro e della pressione fiscale; il messaggio molto chiaro lanciato in tema di evasione, che introduce un percorso che va ulteriormente a colpire le rendite finanziarie; così come anche il netto e chiaro «no» alla riduzione della spesa pubblica.
Si tratta di elementi che si pongono in evidente contraddizione con gli obiettivi che pone questo Documento di programmazione economico-finanziaria, il quale avrà bisogno a settembre - lo dico al relatore Ventura - di un'inesorabile nota di aggiornamento, che dovrà tenere conto anche della prossima legge finanziaria, sulla quale, al momento, non si sa nulla da parte di questa maggioranza e di questo Governo.
Il gruppo di Alleanza Nazionale denuncia questa grave situazione politica: a fronte di un DPEF, redatto in forma discorsiva, generalista, non si fa alcun riferimento puntuale agli strumenti che si attiveranno con i prossimi interventi che saranno adottati in materia economica e fiscale.
Insomma, questo Documento enuncia tante belle intenzioni che non sono però confortate dai risicati dati tecnici in esso contenuti e che in qualche modo vengonoPag. 19proposte nella risoluzione del collega Ventura, peraltro diversa dalla risoluzione presentata al Senato e che dimostra come la coesione all'interno della maggioranza sia un tema quotidiano, a fronte di una grave contraddizione presente con gli obiettivi strutturali del Paese. Tale incertezza politica è ormai percepita dal Paese e dalla stessa maggioranza di centrosinistra, in cui abbiamo un Prodi ormai chiuso all'interno del proprio percorso, che viene sistematicamente massacrato dagli operatori esterni e dalle stesse forze politiche di maggioranza.
Purtroppo in questo Documento, carente di prospettiva politica, si intravede già, senza enunciarlo, un aumento significativo della pressione fiscale a carico degli italiani, con particolare riferimento - perché sono quelli che alla fine pagheranno - alle fasce più deboli e alle imprese. È un Documento che è stato bocciato dalla Commissione europea, dal Fondo monetario internazionale, dall'OCSE, dai principali istituti di politica finanziaria e di conti pubblici e che rappresenta un ulteriore passo falso di un Governo le cui condotte in materia economica cadono costantemente sotto i colpi delle censure europee ed internazionali.
L'unico dato certo sembra essere la prospettiva di un aggravio fiscale. Lo dico senza voler fare polemica, sottosegretario Sartor, ma, alla luce delle dichiarazioni rilasciate dal Viceministro Visco nell'audizione svolta in Commissione bilancio la settimana scorsa, risulta palese come sia di fatto inaffrontabile da parte di questo Governo il tema della riduzione della spesa pubblica e quanto invece sia fondamentale, in prospettiva, la leva legata alle entrate: ciò lo ha affermato lo stesso Viceministro.
Purtroppo, l'aumento della pressione fiscale era già iniziato lo scorso luglio con il cosiddetto decreto Visco-Bersani, che introdusse circa 6 miliardi di euro di maggiori tasse, per proseguire con la legge finanziaria per il 2007 pari ad oltre 35 miliardi di euro, che ha prodotto di fatto un extragettito definito impropriamente «tesoretto» dallo stesso centrosinistra e che rappresenta a tutti gli effetti un aumento della spesa pubblica. Dal DPEF si intravedono quelle che sono le risorse necessarie per poter adempiere agli ultimatum che vengono dati dalla sinistra estrema, massimalista, e a proposito delle quali già all'interno del DPEF si intravede quella che è la cifra che si avvicina a ciò che dovremo affrontare nella legge finanziaria: impegni assunti per oltre 11 miliardi di euro, altri 10 miliardi di euro che il Governo chiede addirittura al Parlamento di reperire dopo un confronto complessivamente aperto tra maggioranza e opposizione. Oltre 21 miliardi di euro a cui si devono aggiungere le recenti riforme, contestate in quest'aula anche oggi, relativamente alla previdenza: oltre due miliardi di euro per anno, nell'ipotesi decennale, più l'intervento complessivo sul welfare. Complessivamente, una legge finanziaria di oltre 30 miliardi di euro.
E allora non si capisce come si potrà ridurre in misura significativa la spesa pubblica al fine di approvare una legge finanziaria che non vada ad aumentare la pressione fiscale. Un tema estremamente delicato, caro collega Ventura, significativamente in riferimento a quello che è l'aspetto della cosiddetta spending review, riferimento anglosassone che viene adottato dal nostro Governo incapace però poi di praticarlo concretamente. Lo stesso Viceministro Visco ha affermato proprio in audizione come addirittura quello di cui al comma 507 della legge finanziaria per il 2007 sia un esperimento sostanzialmente già morto, a fronte delle enormi pressioni portate avanti dai vari ministeri di riferimento per ottenere una spesa aggiuntiva.
E quindi ci avviamo verso un percorso, quello verso la legge finanziaria per il 2008, in cui vedremo il Governo impegnato in una sorta di caccia al tesoro - altro che «tesoretto»! - che dovranno pagare tutti gli italiani, i contribuenti, le imprese e purtroppo anche le famiglie più deboli. È evidente come la pressione fiscale, registrata oltre il 42 per cento, la più alta nella storia d'Italia, rappresenti un colpo gravissimoPag. 20nei confronti del sistema imprenditoriale e del tessuto economico e sociale italiano.
Non avete tenuto conto neppure delle indicazioni del Governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, che aveva suggerito correttamente di utilizzare il cosiddetto «tesoretto» per il risanamento dei conti pubblici, prevedendo di inserire tali risorse proprio nel Documento di programmazione economico-finanziaria. In realtà, riteniamo che la vostra scelta rappresenti, di fatto, un bypassare quelle che sono le indicazioni della Banca d'Italia.
Il Governatore della Banca d'Italia aveva ben suggerito, lo ripeto, di utilizzare le fasi favorevoli del ciclo economico per attuare una decisa riduzione del disavanzo pubblico. Invece, con questo DPEF si genera il rischio che si dovranno poi correggere, con estrema difficoltà, le scelte di questo Governo.
Particolarmente significativa è l'ammissione contenuta a pagina 45 del Documento, nel capitolo riguardante la finanza pubblica: «Sulla base degli obiettivi programmatici sopra indicati e tenendo conto del nuovo andamento tendenziale dei conti a legislazione vigente, (...) non risulta necessario compiere una manovra correttiva netta per il 2008». Dunque, se aveste adottato una politica di risanamento dei conti pubblici, gli andamenti tendenziali avrebbero aiutato il nostro Paese ad uscire da una congiuntura complessa; con le vostre scelte, invece, si sposta più in là l'obiettivo di rientro del debito pubblico - lo ha già sottolineato in modo assai puntuale il collega Armani - e quello di ottenere un avanzo primario della pubblica amministrazione. Si costruisce così una rete, nel controllo della spesa pubblica, attraverso la logica dei programmi e degli obiettivi, che vanifica la capacità di manovra degli stessi ministeri che infatti, non a caso, in questa fase stanno protestando in maniera significativa nei confronti del Ministero dell'economia e delle finanze, allo scopo di ottenere risorse aggiuntive.
Collega Ventura, nella sua risoluzione lei pone talune questioni che sono state finora completamente dimenticate da questa maggioranza. Penso in particolare al tema della sicurezza: tale tema viene infatti posto nella risoluzione (lo poniamo anche noi nella nostra, e in maniera più articolata), nel momento in cui si prevede perfino il percorso legato ai contratti in questo settore; eppure, tale questione è stata completamente dimenticata nel corso dell'esame del decreto-legge recentemente approvato da quest'Assemblea. Così è anche per altre questioni significative che sono legate al tema della ripresa e dello sviluppo: lo dimostrano le lamentele che sono giunte da parte delle associazioni di categoria, che hanno indicato con puntualità alla Commissione e al Governo quale potrebbe essere il percorso per il rilancio dello sviluppo e dunque per l'ottenimento delle risorse necessarie al mantenimento delle logiche di attenzione ai soggetti deboli, logiche che saranno in realtà penalizzate anche nei prossimi mesi.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
ALBERTO GIORGETTI. Si tratta di ricette semplici: occorre avere il coraggio di ridurre la pressione fiscale, di intervenire con misure significative sulla spesa (obiettivo che viene ancora una volta vanificato, come emerge alla luce delle dichiarazioni di esponenti di Rifondazione Comunista) e di avviare una politica di riforme degne di questo nome.
In questo DPEF, invece, si intravede un messaggio evanescente: non si affrontano i nodi strutturali del Paese e vi sono posizioni contraddittorie all'interno della stessa maggioranza. Concludo con una battuta: l'onorevole Ventura rispondeva ieri ad alcuni parlamentari affermando che lui stesso si sarebbe occupato, con l'attuale maggioranza, dei DPEF fino al 2011. Noi ci auguriamo invece che, già in settembre, questo Governo cada, per risollevare così in tempi brevi il governo della Nazione e lo sviluppo dell'Italia (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale, Forza Italia e Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Barani. Ne ha facoltà.
LUCIO BARANI. Signor Presidente, a nome del gruppo DCA-Democrazia Cristiana per le Autonomie-Partito Socialista-Nuovo PSI intendo esprimere un «no» alto e forte al DPEF relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2008-2011.
Per ricollegarmi al collega che ha appena concluso il suo intervento, che si rivolgeva al relatore, devo dire che noi crediamo che, quando l'onorevole Ventura ha letto tale documento, egli debba aver avuto un sobbalzo e debba avere affermato anche lui che tale testo è impresentabile. Ma, da buon chierichetto, egli ha dovuto, obtorto collo, fare il suo compitino, ed ha dovuto così dichiarare, prima alla Commissione e poi all'Assemblea, che si tratta di un buon testo. Ovviamente, però, non lo crede nemmeno lui: e lo si capisce dall'intervento svolto dallo stesso collega ieri.
Si parlava della piccola ripresa che l'Italia ha vissuto nell'ultimo anno.
Abbiamo trovato una ripresa ma abbiamo trovato l'Italia impreparata a causa della sudditanza della maggioranza alla sinistra radicale e massimalista e al sindacato, soprattutto alla CGIL. Come lo scorso anno il sindacato ha stabilito il contenuto della legge finanziaria, anche quest'anno il sindacato ha ricoperto un ruolo importante e poi, con il gioco delle parti, fanno finta di non essere d'accordo. Vi è una situazione simile a quanto avvenuto per la modifica dell'ordinamento giudiziario, approvata venerdì scorso. Allo stesso modo, i magistrati hanno fatto il teatrino di annunciare lo sciopero, per dare l'opportunità al Ministro Mastella di poter dire: avete visto, non sta bene neanche ai magistrati, però erano d'accordo. Si può dire che sono come i cosiddetti ladri di Pisa: bisticciano di giorno e vanno rubare assieme di notte.
È ovvio che è necessaria una nuova politica dello sviluppo al di fuori dell'emergenza. Bisogna, ovviamente, mettere mano all'alto livello di evasione ed elusione fiscale ed all'enorme incidenza del debito pubblico rispetto al PIL, quali punti di debolezza strutturale del nostro bilancio, che il provvedimento in esame non prevede assolutamente. Il Documento è bocciato dal nostro gruppo, ma credo anche da tutti gli italiani perché la Corte dei Conti ha già affermato che non è approvabile, la Banca d'Italia, con il suo massimo esponente, Draghi, ha ampiamente detto di cosa si tratta, le principali - e numerose - agenzie internazionali di rating stanno deridendo il nostro Paese, il Fondo monetario internazionale ci ha bocciati senza appello. Di cosa abbiamo bisogno di più rispetto a tali esempi? È errato continuare a sperperare denaro pubblico. Si parla di una manovra da 25 miliardi di euro, si continua con lo Stato assistenziale, voluto dalla sinistra massimalista, e non si ha cura, né si fa alcunché al riguardo, dello Stato sociale. Altro che inversione di tendenza! Con voi, con il DPEF in esame, aumentano gli indigenti e le famiglie povere in Italia, le famiglie che non riescono ad arrivare a fine mese, le famiglie che non si possono più permettere di far andare i figli a scuola, i ricercatori che emigrano all'estero, perché non si fa niente e nulla si prevede per la ricerca e, comunque, quel poco che si fa è solo riservato ai figli dei figli di papà, che però hanno la tessera giusta. Aumentano gli sperperi nella sanità e il deficit è in aumento in quasi tutte le regioni, ma solo in alcune di esse arriva la mamma-Stato, gli amici degli amici e Prodi, che pianifica il debito. È una vergogna ciò che è stato fatto per la Campania e per Napoli in particolare! Aumentano gli sperperi degli enti inutili, lasciati ancora in vita per fornire un reddito a nullatenenti con tessera giusta, aumentano i privilegi delle cooperative rosse, delle banche, delle assicurazioni e dei sindacati che eludono ed evadono continuamente le tasse. Diminuisce - paradosso dei paradossi - l'età pensionabile, in controtendenza con la situazione europea. Vi era una buona legge, anzi ottima, ossia la legge n. 243 del 2004, la cosiddetta legge Maroni, ma la circostanza che sia stata adottata dal precedentePag. 22Governo e dal Ministro Maroni vi ha fatto andare su tutte le furie e l'avete abrogata. Si tratta della tendenza del Governo e della maggioranza di cancellare tutto ciò che di buono è stato fatto dal precedente Governo, ossia le leggi Biagi, Moratti e Castelli. Lo abbiamo constatato riguardo a tutte.
Quindi, state andando avanti facendovi del male e facendoci del male. L'esigenza è mantenere in vita l'attuale Esecutivo. Come ho già detto, i maggiori oneri per il bilancio pubblico sono conseguenti alle prospettate modifiche del sistema previdenziale. Ipotizzate di utilizzare parte delle riserve della Banca d'Italia per l'abbattimento del debito pubblico. Ciò sarebbe praticabile solo in presenza di una credibile e strutturale riduzione della spesa della quale non si intravede, ovviamente, alcun tipo di segnale.
Ciò detto, non ci rimane che concludere con un'ultima considerazione, che mi sembra abbastanza ovvia. Su questa politica economica e sul DPEF è lapalissiana la totale impotenza della maggioranza. Lo dicono, con onestà, alcuni gruppi massimalisti che non la condividono. La crescita tendenziale è uguale alla crescita programmatica e, solo nell'ultimo anno, nel ben lontano 2011, ci dite che l'Italia avrà lo 0,1 per cento di crescita. Ovviamente, non è possibile andare in una simile direzione. Ci regalerete, per Natale, un'altra finanziaria da 25 o 30 miliardi di euro, con una vera e propria schizofrenia interna alla maggioranza e tra quest'ultima e il Governo. Siete uno contro l'altro tutti i giorni, con il ricatto ignobile e ignominioso, che il Paese non merita, di una sinistra massimalista che in Italia praticamente non esiste più e che, invece, continua a dettare le regole del gioco.
Concludendo il mio intervento, la componente Repubblicani, Liberali, Riformatori del gruppo Misto dirà un «no» alto e forte al Documento di programmazione economico-finanziaria in esame, che riteniamo una iattura per la traballante economia del Paese che, dopo l'approvazione di tale Documento, sarà ancora più traballante. Ne avranno giovamento soltanto le imprese vicine e amiche di questa maggioranza, le quali hanno un nome e un cognome: le cooperative rosse.
Preavviso di votazioni elettroniche (ore 11,20).
PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno avere luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.
Si riprende la discussione.
(Ripresa dichiarazioni di voto - Doc. LVII, n. 2)
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Crosetto. Ne ha facoltà.
GUIDO CROSETTO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, forse la cosa più giusta per il gruppo di Forza Italia sarebbe non tanto intervenire per dare un giudizio sul DPEF in esame, ma limitarsi alla lettura dell'intervento del collega Andrea Ricci, di Rifondazione Comunista. Ricordo a tutti che l'anno scorso, per la presentazione del DPEF, il gruppo di Rifondazione Comunista, tramite il ministro Ferrero, si astenne dal voto e criticò fortemente la manovra allora voluta dal Ministro Padoa Schioppa. Un anno dopo, il collega Andrea Ricci, del quale non condivido nemmeno un'idea, ma che rispetto totalmente per l'integrità morale e per la coerenza con cui si batte per le sue idee -, ha svolto oggi un intervento in cui ha affermato, con convinzione, che Rifondazione Comunista ha appoggiato la manovrina e voterà la risoluzione della maggioranza sul DPEF.
Avrei voluto che alcuni colleghi dell'attuale maggioranza, penso allo stesso relatore Ventura, a Gerardo Bianco, a Villetti, a Di Gioia (li nomino vedendoli), avesseroPag. 23ascoltato le parole del collega Andrea Ricci, e vorrei che lo avesse fatto anche il sottosegretario Sartor, in assenza di un Ministro che non considera l'approvazione del DPEF un atto importante per il Governo.
Nelle parole di Andrea Ricci è contenuta la linea del vostro Governo per i prossimi anni.
Il collega Andrea Ricci si è dichiarato contento per il blocco delle opere pubbliche, per la rottamazione della cosiddetta legge obiettivo, che consentiva la realizzazione delle opere pubbliche, per l'aumento della spesa pubblica e della pressione fiscale, con nuove tasse. Ciò è quanto il collega Andrea Ricci, l'unico coerente di coloro che sono intervenuti per la maggioranza, ha detto, motivando il voto di Rifondazione Comunista sulla risoluzione che accompagna il DPEF in esame.
Vorrei chiedere ai colleghi della maggioranza come ciò sia compatibile con quanto leggiamo sui giornali in relazione alla pressione fiscale, alla volontà di andare avanti con le grandi opere, in relazione alla necessità di dare al Paese le risposte di cui ha bisogno. Quando interveniamo in quest'aula, purtroppo sappiamo tutti che il nostro intervento è assolutamente inutile e irrilevante. So che la posizione e il giudizio di Forza Italia e della Casa delle libertà sul Documento in esame sono totalmente irrilevanti. Alla fine, approverete una risoluzione di maggioranza, noi approveremo una risoluzione di minoranza e daremo ancora una volta luogo a questa - permettetemi il termine - recita, in cui gli atti del Governo arrivano alla Camera e sono approvati senza essere modificati. Tutto ciò avviene nonostante la maggioranza del Parlamento non condivida l'attuale linea del Governo e l'impostazione del DPEF, e sappia perfettamente che il DPEF in esame non condurrà, per il prossimo anno, ad un contenimento dei conti pubblici.
Chiunque di voi capisca qualcosa di bilancio sa che basta sommare il «buco» della spesa sanitaria, che nel 2006 è quantificato in 7 miliardi di euro e che nell'anno in corso è quantificato in 13 miliardi, per avere 20 miliardi di euro in più di «buco». Chiunque di voi capisca un minimo di bilancio dello Stato sa benissimo che la somma del decreto-legge approvato la scorsa settimana, del DPEF e di quanto la maggioranza sarà obbligata ad inserire nella legge finanziaria per il prossimo anno, perché il collega di Rifondazione Comunista ha ricordato benissimo gli impegni che tengono insieme la maggioranza, porteranno il prossimo anno ad un disavanzo di 35-40 miliardi di euro. Non mi conforta il fatto che se non fossi un parlamentare, ma il piccolo azionista di un'azienda, potrei avanzare nei confronti degli amministratori una azione di responsabilità.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FAUSTO BERTINOTTI (ore 11,25)
GUIDO CROSETTO. Sono solo un parlamentare, posso lamentarmi sapendo benissimo dove condurrà la politica economica del Governo, posso dirlo in quest'aula assolutamente indifferente alle mie parole, perché ognuno di noi è totalmente pronto a difendere i propri interessi, ma diventa assente quando si dovrebbe interessare a quelli collettivi, del popolo. Quindi, con il voto della maggioranza passerà tranquillamente un «buco» per il prossimo anno, che costringerà qualunque Governo futuro ad un intervento fortissimo. Poiché so benissimo che i 700 miliardi di euro di spesa pubblica sono per l'80 per cento spesa vincolata ed intoccabile, penso che i 40 miliardi di euro non saranno mai trovati con tagli alla spesa pubblica o con razionalizzazioni della stessa spesa pubblica. L'avete dimostrato voi, nella legge finanziaria per il 2007: la razionalizzazione della spesa pubblica consisteva in 4 miliardi di euro; 2 miliardi li avete dovuti rimettere nel decreto-legge approvato la settimana scorsa, non essendo riusciti a tagliarli. Pensate, il prossimo anno, di costruire una legge finanziaria in cui dovete tagliare 40 miliardi di euro? È impossibile. D'altra parte, sarà impossibile aumentare il deficit per nonPag. 24essere cacciati dall'Europa e rimarrà una sola soluzione (quella che il collega Andrea Ricci - l'unico coerente, lo ripeto, di coloro che sono intervenuti - ha, in qualche modo, prefigurato): un aumento della pressione fiscale che vada - il collega Andrea Ricci l'ha detto chiaramente - a colpire quanto considerano malato all'interno della nostra società, cioè la ricchezza, le imprese e il libero mercato. Il collega Andrea Ricci ha teorizzato che il futuro economico del Paese è dato dalla spesa pubblica e dall'aumento del potere di acquisto che si dà con l'aumento dei salari, delle pensioni e della spesa pubblica. Non esiste una maggioranza al mondo, nemmeno più a Cuba, che teorizzi che tale impostazione economica possa portare benefici alla popolazione!
In quest'aula il giudizio sul DPEF espresso da un importante gruppo come quello di Rifondazione Comunista è stato positivo perché, a detta dell'onorevole Andrea Ricci, non mia, esso blocca le opere pubbliche - il collega Andrea Ricci l'ha affermato chiaramente -, aumenta le tasse sulle imprese e sulla ricchezza e aumenta la spesa pubblica. Questi sono i motivi per cui il gruppo di Rifondazione Comunista quest'anno, come ha dichiarato dieci minuti fa, appoggia e vota la risoluzione sul DPEF mentre l'anno scorso non l'ha votata. Mi rivolgo ai moltissimi deputati di maggioranza che provengono da esperienze nel Partito comunista, nella Democrazia cristiana, nei partiti liberale, repubblicano e socialista, e chiedo loro di esprimere un giudizio, perché sono loro che con il voto confermeranno ora questa linea economica. Non è una linea economica che, tornati nei nostri collegi, in vacanza, sotto l'ombrellone, qualcuno di voi potrà misconoscere, dicendo che non è vero e che in realtà state facendo delle cose giuste per il Paese. E ciò che state approvando? Tra l'altro, per la prima volta nella storia del DPEF, approviamo due risoluzioni e, per la prima volta, l'attuale Governo considera a tal punto le aule parlamentari da accettare la risoluzione del Senato, che è totalmente diversa da quella della Camera. Questo può sembrare un atto assolutamente irrilevante - il sottosegretario Sartor ride e il Ministro Chiti, che rappresenta il Ministro dell'economia e delle finanze che, come ho affermato in precedenza, non ha avuto il coraggio di presentarsi, probabilmente non vi darà peso - ma, per la prima volta nella storia della Repubblica, il Senato approva una risoluzione e la Camera ne approva una diversa.
Non so quale delle due risoluzioni il Governo riterrà valida, né quale risoluzione vorrà seguire, ma so solo che è la dimostrazione, fornita non da Gian Antonio Stella, ma dal Governo, dell'inutilità del nostro lavoro e dell'opinione che il Governo nutre su Camera e Senato. È inutile ogni atto, è inutile ogni nostra posizione, perché un Governo serio non avrebbe dovuto accettare che alla Camera e al Senato venissero presentate due diverse risoluzioni, in alcuni punti totalmente contraddittorie tra di loro. La certificazione dell'inutilità del nostro lavoro e della verità di alcuni attacchi che stiamo tutti subendo e ai quali non siamo in grado di rispondere è data oggi dal Governo. Noi approviamo un documento, il Senato ne ha approvato uno che, in certe affermazioni, è totalmente divergente, ma ciò non produce alcun effetto.
Voi non soltanto avete certificato, dal punto di vista economico, un disavanzo per il prossimo anno che - mi dispiace colleghi - non comporterà nel 2008, come è scritto nella vostra risoluzione, un impatto pari a zero...
PRESIDENTE. La invito a concludere.
GUIDO CROSETTO. Non mi pare di avere esaurito il tempo, Presidente.
PRESIDENTE. Le mancano 10 secondi, infatti.
GUIDO CROSETTO. Esatto, avevamo ragione entrambi.
PRESIDENTE. Le segnalavo semplicemente che si stava avvicinando alla fine.
Pag. 25GUIDO CROSETTO. ...ma contribuite anche, dal punto di vista politico, con il DPEF in esame alla delegittimazione complessiva di questa Assemblea. Noi come gruppo di Forza Italia, convintamente, voteremo contro la vostra risoluzione e convintamente voteremo la nostra. Ci saremmo augurati, in un impeto singolo, non dei partiti ...
PRESIDENTE. Deputato Crosetto, dovrebbe concludere.
GUIDO CROSETTO. Concludo, Presidente. Stavo dicendo che ci saremmo augurati che vi fosse da parte della maggioranza una presa d'atto della vera situazione del Paese. Non vi è stata. Voglio dire al sottosegretario Sartor e al Governo intero che purtroppo ciò che ho affermato si avvererà a partire da gennaio-febbraio del prossimo anno. Vorremmo che rimanesse agli atti il nostro intervento perché vorremmo lasciare singolarmente, sulle spalle di ognuno di voi, una tale responsabilità (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Musi. Ne ha facoltà.
ADRIANO MUSI. Signor Presidente, componenti del Governo, onorevoli deputate e deputati, si concluderà oggi, con il voto di questa Assemblea, l'itinerario parlamentare del Documento di programmazione economico-finanziaria che, vera novità sottovalutata dai molti interventi che ho ascoltato in queste ore, si pone in corretta continuità con gli indirizzi programmatici e con gli obiettivi macroeconomici indicati lo scorso anno. In ciò rappresenta una vera discontinuità rispetto ai precedenti Documenti di programmazione, distintisi tutti per l'assoluta variabilità annuale delle previsioni, e, per la prima volta, non rende necessaria una manovra correttiva in corso d'anno.
Si tratta di novità positive, insieme alla trasparenza e alla chiarezza delle cifre in esame, frutto del nuovo sistema di classificazione del bilancio, realizzatesi per l'impegno di lavoro del Ministero dell'economia congiunto con la fattiva collaborazione delle Commissioni competenti di Camera e Senato. È un documento di programmazione economica che indica la strada che si vuole percorrere nei prossimi anni, offrendo punti di riferimento fondamentali per l'impegno dei soggetti istituzionali, per le attività dei soggetti economici e finanziari e per le certezze, di cui hanno bisogno i cittadini al fine di rafforzare la fiducia nel loro futuro. Ieri, il più noto dei quotidiani economici ha puntualmente riferito il cambiamento avvenuto a questo riguardo, rispetto al dicembre scorso, con una positività inaspettata di umori, da ricercare nelle minori ansie che le famiglie avvertono sulle prospettive economiche e fiscali del Paese.
Quindi, è un clima positivo quello in cui si colloca la nostra discussione, che non può essere governata solo con un rigore economico cieco, che non distingue la dignità del vivere dal conto in banca. Ed è proprio a loro che mi rivolgo, ai censori di oggi - a parte i menagrami - evidentemente dimentichi del loro modo di interpretare il rigore nella passata legislatura.
Questo è un anno di semina, di impegni contenuti nel programma dell'Unione, che credo utile ricordare a me stesso e a voi, per meglio collocare le scelte del Documento di programmazione economico-finanziaria: sono state avviate le liberalizzazioni a favore dei consumatori e degli utenti; è stata realizzata una prima riduzione del costo del lavoro, ridistribuendolo tra lavoratori e imprese; sono stati ottenuti i primi ed importanti risultati sul piano della lotta all'evasione e all'elusione fiscale, recuperando un rapporto anche con le rappresentanze sociali che si erano sentite ignorate per tale fondamentale obiettivo; è stata perseguita una graduale stabilizzazione dei precari; è stata raggiunta una regolarizzazione dei lavoratori in nero, significativa anche per la tutela della loro sicurezza nel lavoro; è stata concordata la trasformazione del lavoro subordinato nei contratti di collaborazionePag. 26dei call-center; è stata restituita una nuova speranza di dignità di reddito ai tanti pensionati minimi, dimenticati nella precedente legislatura dall'aumento del famoso milione, avendo, come sola colpa, l'aver pagato i contributi previdenziali; è stata ridefinita la politica sociale, ampliando le tutele e i diritti per i figli senza iniquità per i padri.
Spendere meglio per risparmiare di più è la scelta che caratterizza tutto il Documento di programmazione economico-finanziaria, per consolidare gli obiettivi di finanza pubblica senza compromettere le esigenze di equità e di sviluppo prioritarie del Paese. Spendere meglio è la scelta per non vanificare una politica fiscale fondata su una ancor più necessaria lotta all'evasione e all'elusione, che consenta di ridurre la pressione fiscale a chi le tasse le paga, a partire dalle famiglie monoreddito o, comunque, con redditi medio-bassi. Inoltre, si sono redistribuiti per la prima volta anche ai cosiddetti incapienti, attraverso assegni sociali, vantaggi fiscali da cui erano esclusi per la loro condizione di povertà e si è avuto un alleggerimento della pressione fiscale, che coinvolge anche la prima casa, sia di proprietà, sia in affitto.
Spendere meglio è concordare con le autonomie locali e le regioni procedure idonee per coniugare responsabilità, uso efficiente delle risorse e risanamento, evitando che autonomia fiscale significhi solo aumento dell'imposizione, sovrapposta ad imposte già esistenti a livello nazionale, dovendo rappresentare, invece, lo strumento di verifica dei cittadini tra imposte pagate e finalizzazioni verificate. Spendere meglio è raggiungere l'efficienza della pubblica amministrazione che, oltre alla realizzazione del memorandum sottoscritto tra il Governo e le organizzazioni sindacali in occasione del rinnovo contrattuale dei pubblici dipendenti - che lega sempre di più il salario alle prestazioni - consiste nel superare le procedure autorizzative sovrabbondanti, che rendono il cittadino suddito rispetto alla burocrazia e che rappresentano il vero costo della politica da abbattere.
Spendere meglio è sconfiggere un divario territoriale ancora drammaticamente evidente nel nostro Mezzogiorno, non solo rivendicando percentuali vincolanti di spesa da destinare in tali aree ma, soprattutto, con la volontà di rispettare gli impegni assunti, evitando che le uniche speranze per i giovani, oggi, siano la mobilità o, peggio, il pendolarismo verso il Nord, anziché la realizzazione di un'emancipazione del territorio attraverso la sua infrastrutturazione, che lo renda competitivo per le imprese. Inoltre, sono necessari un sistema creditizio più efficiente e meno oneroso e una rete di trasporti che, attraverso l'intermodalità, trovi le risposte alle peculiarità di quei territori, a partire dalla Sicilia e dalla Calabria.
Spendere meglio è investire in istruzione, formazione e ricerca, per realizzare una reale società delle opportunità, che consenta di affrontare, in un'ottica nuova, i temi dell'età lavorativa e della flessibilità: un'ottica che valorizzi il merito, la competenza, le capacità e che faccia vivere la flessibilità non come sfruttamento della persona, ma come opportunità di crescita professionale (una scelta di vita), oltre che di incremento di reddito e di dignità del proprio vivere il lavoro.
Spendere meglio è investire in sicurezza, dotando di uomini, mezzi e risorse le forze dell'ordine, oltre che i Vigili del fuoco, consapevoli che alla criminalità ambientale, riemersa drammaticamente in questi giorni sull'intero territorio nazionale, si sovrappone la sicurezza quotidiana dei cittadini, con le sue specificità: al Nord, garantendo ai cittadini di poter esercitare le proprie attività imprenditoriali e commerciali e di vivere serenamente la propria vita familiare nelle proprie case; al Sud, garantendo ai cittadini di poter esercitare le proprie attività senza essere taglieggiati e di potersi liberamente muovere sul territorio, senza essere a rischio ogni volta che si esce di casa.
Spendere meglio è porre la sostenibilità ambientale al centro delle scelte e delle politiche di sviluppo, consapevoli che investire nella tutela dell'ambiente e delle risorse naturali significa scommettere sullaPag. 27vivibilità delle nostre città e sul futuro del nostro Paese, rendendo necessario utilizzare tutti gli strumenti, a partire dalla leva fiscale, per disincentivare e penalizzare qualsiasi comportamento incoerente e scorretto. Si tratta, quindi, di un percorso di rigore nella riduzione della spesa corrente, fondato sulla qualità e sul rispetto degli impegni interni ed internazionali, oltre che su una gradualità che sa coniugare risanamento con rispetto dei cittadini, vincoli finanziari con sostenibilità sociale, equilibrio di bilancio con competitività del sistema economico.
Si tratta di una politica per uno sviluppo duraturo e sostenibile, che sappia scegliere le priorità, imposti le soluzioni e decida nell'interesse generale del Paese; che anche quando si avanzano idee innovative per la riduzione del debito - come l'utilizzo delle riserve delle banche centrali - non vuole assolutamente ledere l'autonomia di tali banche, ma solo ricercare le soluzioni, da approfondire comunque, nell'interesse del Paese.
Sono queste, molto sinteticamente, le ragioni per le quali, come gruppo L'Ulivo condividiamo il Documento di programmazione economico-finanziaria elaborato dal Governo: annunziamo, pertanto, il nostro voto positivo alla risoluzione espressa dall'Unione nella sua unitarietà, che va ascritta al merito del relatore Ventura e di tutta la Commissione bilancio, che ringraziamo (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Cannavò. Ne ha facoltà.
SALVATORE CANNAVÒ. Signor Presidente, non voterò alcuna risoluzione sul Documento di programmazione economico-finanziaria e, in particolare, non voterò quella di maggioranza, perché è evidente che il suo contenuto non è più tanto quello scritto nella risoluzione stessa, quanto il programma economico e sociale che il Governo ha in serbo per l'autunno. Quel programma è efficacemente descritto dall'accordo sullo stato sociale siglato il 23 luglio scorso (data da incorniciare per il Presidente del Consiglio, non certo per i lavoratori italiani!), che prevede una sonora continuità con le politiche liberiste dei passati governi.
Sbalordendo anche i suoi più accesi sostenitori, questo Esecutivo è riuscito a far passare, con l'avallo dei sindacati, la sostanza di due leggi della destra, confermando sia lo scalone previsto dalla legge Maroni sulle pensioni, sia la legge n. 30 del 2003, che la sinistra di Governo ha inutilmente cercato di far cancellare. Questo mi basta per esprimere una netta contrarietà, o semplicemente per poter portare qui dentro una voce di dissenso. Perciò, non voterò la risoluzione della maggioranza sapendo, però, che il semplice voto non è assolutamente sufficiente: serve una mobilitazione reale nel Paese e nei luoghi di lavoro, che non sia subordinata ai movimenti del quadro politico e alle esigenze di quest'ultimo, ma parta dalle esigenze proprie.
L'opposizione alle politiche sociali di un Governo sempre più amico del grande capitale deve cominciare ora. Per questo ci impegneremo, con chi sarà disponibile, ad organizzare il «no» dei lavoratori - qualora fosse organizzata una reale consultazione democratica, il prossimo autunno, sull'accordo del 23 luglio bis - e, comunque, ci mobiliteremo in piazza, a partire dal prossimo ottobre, perché queste misure non passino.
Oggi voterò contro, così come farò quando questo pacchetto sarà portato in discussione in aula: voglio sperare che allora non sarò tra i pochi a sinistra, come finora è accaduto sulla guerra.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato D'Ulizia.
LUCIANO D'ULIZIA. Signor Presidente, ritengo che i risultati previsti dal DPEF siano credibili e perseguibili, per tale motivo voterò la risoluzione di maggioranza Ventura ed altri n. 6-00020. Vorrei però sottolineare alcuni aspetti a mio avviso importanti. Nel Documento di programmazionePag. 28economico-finanziaria ravviso una visione unifocale, cioé sbilanciata sul neocapitalismo, mentre avrei gradito una visione bifocale, vale a dire che tenesse conto anche delle funzioni e delle prerogative dell'economia sociale.
Ricordo che nel nostro Paese l'economia sociale produce l'8 per cento del prodotto interno lordo. Non tener conto di una componente così importante della nostra economia, se si vuole della nostra macroeconomia, è un elemento che non inquadra in modo opportuno e definito il progetto che vogliamo perseguire con il Documento di programmazione economico finanziaria e con la successiva legge finanziaria.
Concludendo, come affrontiamo le nuove povertà, amici della sinistra e amici della destra? Le affrontiamo con metodo statalista, cercando di introdurre degli istituti che pervengano a un rimedio...
PRESIDENTE. Deve concludere, per favore.
LUCIANO D'ULIZIA. Dovremmo introdurre invece dei sistemi mutualistici.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
LUCIANO D'ULIZIA. Questo è quanto volevo dire. La ringrazio, Presidente, e chiedo scusa se ho travalicato il tempo a mia disposizione.
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.
(Votazione - Doc. LVII, n.2)
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Ventura ed altri n.6-00020, accettata dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 496
Maggioranza 249
Hanno votato sì 291
Hanno votato no 205).
Prendo atto che i deputati Brandolini e Pedica hanno segnalato che avrebbero voluto esprimere voto favorevole e che i deputati Maran e La Forgia hanno segnalato di aver erroneamente espresso voto contrario mentre avrebbero voluto esprimerne uno favorevole.
Sono così precluse le restanti risoluzioni presentate.
Trasferimento a Commissione in sede legislativa della proposta di legge n. 445-B.
PRESIDENTE. Comunico che la I Commissione permanente (Affari costituzionali) ha chiesto, con le prescritte condizioni, il trasferimento in sede legislativa della seguente proposta di legge, già assegnata alla stessa Commissione in sede referente, a norma del comma 6 dell'articolo 92 del Regolamento:
S. 1335. - ASCIERTO; ZANOTTI ed altri; NACCARATO; MATTARELLA ed altri; ASCIERTO; GALANTE ed altri; DEIANA; FIANO; GASPARRI ed altri; MASCIA; BOATO; BOATO; BOATO; SCAJOLA ed altri; D'ALIA; MARONI ed altri; COSSIGA; COSSIGA: «Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e nuova disciplina del segreto» (Approvata, in un testo unificato, dalla Camera e modificata dal Senato) (445-982-1401-1566-1822-1974-1976-1991-1996-2016-2038-2039-2040-2070-2087-2105-2124-2125-B)
La Presidenza, data l'urgenza del provvedimento e acquisito l'assenso di tutti i gruppi, derogando al termine di cui al comma 1 dell'articolo 92 del Regolamento, ne propone l'assegnazione in sede legislativaPag. 29alla I Commissione (Affari costituzionali) con il parere delle Commissioni II (Giustizia), III (Affari esteri), IV (Difesa) ai sensi dell'articolo 73, comma 1-bis del Regolamento, V (Bilancio) e XI (Lavoro).
Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).
Discussione della relazione della Giunta delle elezioni sulla elezione contestata del deputato Cesare Previti per la XV Circoscrizione Lazio 1 (Doc. III, n. 3) (ore 11,47).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'esame della relazione della Giunta delle elezioni sull'elezione contestata del deputato Cesare Previti per la XV Circoscrizione Lazio 1 (Doc. III, n. 3).
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 27 luglio 2007.
La Giunta delle elezioni propone l'annullamento per motivi di ineleggibilità sopravvenuta dell'elezione del deputato Cesare Previti e, conseguentemente, la proclamazione in suo luogo del candidato Angelo Santori.
(Discussione - Doc. III, n. 3)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione.
Ha facoltà di parlare il relatore, vicepresidente della Giunta delle elezioni, deputato Burchiellaro.
GIANFRANCO BURCHIELLARO, Relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la Giunta delle elezioni...
PRESIDENTE. Mi scusi, deputato Burchiellaro, invito i deputati all'attenzione necessaria e ad un silenzio che consenta di svolgere ordinatamente questi lavori.
GIANFRANCO BURCHIELLARO, Relatore. La Giunta delle elezioni ha deliberato, nella seduta del 9 luglio 2007, di proporre all'Assemblea l'annullamento per motivi di ineleggibilità sopravvenuta dell'elezione del deputato Cesare Previti, proclamato nella XV Circoscrizione Lazio 1, e la proclamazione in suo luogo del candidato Angelo Santori.
Il deputato Previti, candidato per la lista Forza Italia nella XV Circoscrizione Lazio 1, era stato proclamato deputato il 21 aprile 2006 dall'Ufficio centrale circoscrizionale presso la corte di appello di Roma. Successivamente alla proclamazione in data 24 maggio 2006 il Presidente della Camera trasmetteva alla Giunta una nota della procura generale della Repubblica di Milano, pervenuta il 10 maggio 2006, in relazione alla sentenza di condanna per corruzione in atti giudiziari, relativa alla vicenda IMI/SIR, n. 327/2004 emessa a carico del deputato Previti il 23 maggio 2005 dalla corte di appello di Milano, sezione seconda, e resa definitiva il 4 maggio 2006 con sentenza della corte di Cassazione n. 33435 del 2006, depositata il 5 ottobre 2006. In quella nota si comunicava al Presidente della Camera, per l'ulteriore corso di esecuzione e per quant'altro di competenza, che al deputato Previti era stata inflitta la pena accessoria dell'interdizione perpetua dai pubblici uffici.
Ritengo anzitutto utile riepilogare i passaggi più significativi dell'iter in Giunta, rimandando alla relazione scritta la descrizione puntuale del procedimento. Il Comitato permanente per le incompatibilità, le ineleggibilità e le decadenze, istituito in seno alla Giunta, iniziava l'istruttoria nella riunione del 28 giugno 2006, stabilendo che prima di avviare il formale contraddittorio con il deputato Previti la Giunta dovesse richiedere, come poi deliberato nella seduta del 5 luglio 2006, per il tramite del Presidente della Camera copia della sentenza della Corte di cassazione. La sentenza veniva acquisita dalla Giunta l'11 ottobre 2006 a seguito della trasmissione in pari data da parte del primo presidente della Corte di cassazione,Pag. 30dottor Nicola Marvulli. Il Comitato, nella riunione del 17 ottobre 2006, poteva così avviare ai sensi dell'articolo 16, comma 2, lettera c) del regolamento della Giunta, la formale istruttoria in contraddittorio con il deputato Previti. Su richiesta del deputato Previti il termine per la presentazione delle controdeduzioni veniva prorogato dal Comitato al 7 novembre 2006. Il 6 novembre 2006 il deputato Previti faceva quindi pervenire le sue controdeduzioni al Comitato.
Il 6 dicembre 2006 il Comitato procedeva all'audizione del deputato Previti (inizialmente prevista per il 23 novembre, ma poi rinviata su richiesta dello stesso).
Il 13 dicembre 2006 la Giunta deliberava di richiedere al comune di Roma informazioni in merito alla cancellazione dalle liste elettorali del deputato Previti. A tale richiesta rispondeva il sindaco di Roma con lettera pervenuta il 19 dicembre 2006, con la quale trasmetteva copia di una nota del segretario generale del comune di Roma in cui si attestava che, con deliberazione della commissione elettorale comunale del 10 luglio 2006, era stata disposta la cancellazione dalle liste elettorali del comune di Roma, ove risiede, del deputato Cesare Previti.
L'istruttoria da parte del Comitato si era nel frattempo conclusa nella riunione del 14 dicembre 2006, con la proposta alla Giunta di accertamento dell'ineleggibilità sopravvenuta e della conseguente contestazione dell'elezione del deputato Previti.
La Giunta plenaria avviava, quindi, la discussione sulla posizione del deputato Previti nella seduta del 25 gennaio 2007, nella quale si riferiva sugli esiti dell'istruttoria. Il dibattito si svolgeva nel corso di undici sedute, fino a quella del 4 maggio 2007.
Nel corso del dibattito venivano anche acquisiti due pareri pro veritate (uno del professor Nicolò Zanon, trasmesso alla Giunta dal deputato Previti, e uno del professor Federico Sorrentino, acquisito dal gruppo L'Ulivo e illustrato in Giunta nella seduta del 13 marzo 2007 dalla collega Lenzi).
Sempre nel corso del dibattito in Giunta, il presidente Bruno, nella seduta del 21 marzo 2007, dava notizia di uno scambio di corrispondenza intercorso tra lui e il collega Consolo, che gli aveva richiesto di sottoporre al Presidente della Camera la questione dell'eventuale «reintegro» nel mandato parlamentare del deputato Previti qualora lo stesso, successivamente alla dichiarazione di decadenza, dovesse riacquistare la capacità elettorale prima della fine della corrente legislatura. Nella sua lettera di risposta il Presidente Bruno escludeva che la Giunta potesse, in quella fase, richiedere sulla questione un parere al Presidente della Camera, sottolineando che allo stesso non possono esser sottoposte questioni formulate in modo ipotetico o eventuale.
Nella seduta del 29 maggio 2007, la Giunta, dopo le dichiarazioni di voto, approvava la proposta di contestazione dell'elezione del deputato Previti. La seduta pubblica veniva fissata per il 9 luglio 2007 e ne veniva data comunicazione alle parti.
Intanto, nelle more dello svolgimento della seduta pubblica, a seguito di una richiesta del deputato Previti, il Presidente della Camera convocava la Giunta per il Regolamento, che si riuniva nelle sedute del 26 giugno e del 4 luglio 2007. Nelle sue comunicazioni il Presidente della Camera sottolineava che le ipotesi della sospensione dalle funzioni parlamentari e dell'eventuale reintegro - in merito alle quali il deputato Previti aveva appunto richiesto un approfondimento da parte della Giunta per il Regolamento - sono prive di fondamento nelle vigenti norme costituzionali, regolamentari e legislative, in forza delle quali la Giunta delle elezioni può solo proporre all'Assemblea l'annullamento o la convalida di una elezione contestata.
Il 9 luglio 2007 si svolgeva, infine, la seduta pubblica per la contestazione dell'elezione del deputato Previti, in merito alla quale dirò più avanti.
Passo ora ad illustrare gli aspetti di merito dell'istruttoria svolta dalla Giunta, rinviando alla relazione scritta per i profiliPag. 31sui quali, per brevità di sintesi, non mi soffermerò. Nel corso della istruttoria in Comitato le principali controdeduzioni formulate dal deputato Previti sono state le seguenti: a) la sentenza di condanna emessa a suo carico non avrebbe ancora avuto (al momento in cui il Comitato svolgeva l'istruttoria) il carattere della irrevocabilità e non sarebbe stata, quindi, definitiva in quanto ancora suscettibile di impugnazione per errore di fatto ex articolo 625-bis del codice di procedura penale; tale ricorso è stato poi effettivamente presentato dal deputato Previti; b) l'esercizio del mandato parlamentare, nascendo da un'investitura di tipo elettivo e riconducibile ai meccanismi propri della rappresentanza politica nazionale, non sarebbe assimilabile alla nozione di ufficio pubblico; c) la necessità del rinvio della trattazione del suo caso sarebbe derivata anche da ulteriori eventi suscettibili di incidere sulla permanenza e/o sulla durata della pena accessoria; in particolare, secondo il deputato Previti, l'esito positivo dell'affidamento in prova ai servizi sociali (poi effettivamente concesso con provvedimento del tribunale di sorveglianza di Roma emesso in data 14 febbraio 2007) avrebbe dovuto comportare, ai sensi dell'articolo 47, comma 12, della legge n. 354 del 1975, recante norme sull'ordinamento penitenziario, l'estinzione non solo della pena detentiva, ma anche della pena accessoria dell'interdizione perpetua dai pubblici uffici; a sostegno della tesi che l'interdizione perpetua dai pubblici uffici si estinguerebbe con l'esito positivo dell'affidamento in prova ai servizi sociali, il deputato Previti ha invocato la sentenza del Consiglio di Stato, V sezione, 23 aprile 1998, n. 468; d) secondo il deputato Previti, si poteva nutrire la legittima aspettativa di una revoca della sentenza di condanna, anche in virtù della sentenza della Corte di Cassazione n. 40249 del 30 novembre 2006, con la quale è stato annullato per incompetenza territoriale della procura di Milano il procedimento penale a suo carico relativo alla «vicenda SME», in quanto tale ultimo procedimento era inizialmente unificato con il procedimento «IMI-SIR», dunque il vizio di incompetenza territoriale per la vicenda SME poteva interessare anche il procedimento IMI-SIR.
A fronte dei rilievi formulati dal deputato Previti, la Giunta è, infine, pervenuta a deliberare la contestazione della sua elezione in base ai seguenti motivi: a) la pretesa non definitività della sentenza della Cassazione (definitività in seguito, peraltro, perfezionatasi con la dichiarazione di inammissibilità del ricorso per errore di fatto) non poteva considerarsi di impedimento all'ulteriore corso del procedimento, dovendo la Giunta accertare la situazione generata da una sentenza di condanna comunque esecutiva, a fronte della quale le ragioni per una sospensione del procedimento erano da ritenersi fondate su presupposti solo eventuali; b) la perdita dei requisiti di eleggibilità che si determini a carico di un deputato nel corso del mandato parlamentare dà luogo ad una causa di ineleggibilità sopravvenuta, ossia ad una causa che impedisce la permanenza nella titolarità della carica (pur legittimamente acquisita); l'articolo 28 del codice penale stabilisce, infatti, che l'interdizione perpetua dai pubblici uffici priva il condannato del diritto di elettorato o di eleggibilità in qualsiasi comizio elettorale; anche la qualità di pubblico ufficiale del deputato è pacifica, ai sensi dell'articolo 357, primo comma, del codice penale, il quale stabilisce che «agli effetti della legge penale sono pubblici ufficiali coloro i quali esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa»; c) fornisce prova del fatto che il deputato Previti ha perso la condizione di eleggibilità, l'avvenuta sua cancellazione delle liste elettorali del comune di Roma; a tale proposito, la Giunta ha ritenuto contrario ai principi costituzionali in materia di diritto di elettorato (in particolare l'articolo 56 della Costituzione), che un cittadino, impossibilitato ad esercitare il diritto di voto, possa continuare a ricoprire l'ufficio di deputato, la cui titolarità è riservata dalla Costituzione e dalla legge soltanto agli elettori; d) quanto al preteso effetto estintivo della pena accessoria dell'interdizionePag. 32perpetua dai pubblici uffici, che, secondo la tesi sostenuta dal deputato Previti, deriverebbe da un esito positivo del periodo di affidamento in prova ai servizi sociali, sono stati evidenziati contrastanti indirizzi della giurisprudenza in materia: da un lato, secondo il Consiglio di Stato, sezione V, sentenza n. 468 del 1998, le pene accessorie rientrano tra gli effetti penali di una condanna; dall'altro, invece, la Cassazione, sezione I, 91/187897, ha precisato che sono effetti penali della condanna quelle conseguenze giuridiche di carattere afflittivo diverse dalle pene accessorie, le quali derivano direttamente dalla condanna stessa e si estinguono solo in caso di riabilitazione, ex articolo 178 del codice penale; in tal senso, anche secondo la Cassazione, Sezioni Unite penali, sentenza 27 settembre 1995, n. 27, le pene accessorie restano fuori dell'effetto estintivo di cui all'articolo 47 dell'ordinamento penitenziario; in ogni caso, la Giunta ha ritenuto, a maggioranza, che l'esame della posizione del deputato Previti dovesse essere condotto con riferimento agli elementi attuali, che ne configurano la condizione di ineleggibilità sopravvenuta.
Per completezza, occorre peraltro ricordare che in data 14 luglio 2007, quindi successivamente all'udienza pubblica del 9 luglio scorso, l'affidamento in prova ai servizi sociali del deputato Previti, a quanto risulta da notizie di stampa, è stato revocato a seguito della condanna definitiva per la vicenda «Lodo Mondadori»; e) la mancata rilevazione da parte della Cassazione della incompetenza territoriale della procura di Milano fin da subito non è sembrata qualificabile come «errore di fatto» ai sensi dell'articolo 625-bis del codice di procedura penale; ciò nonostante, la Giunta, prima di deliberare la contestazione dell'elezione del deputato Previti e ad ulteriore dimostrazione del pieno rispetto delle garanzie difensive che ha caratterizzato l'intero procedimento, ha accolto la richiesta di attendere che si svolgesse, in data 23 maggio 2007, l'udienza in Cassazione, nella quale il ricorso per errore di fatto è stato dichiarato inammissibile dalla II sezione penale con sentenza 23 maggio - 14 giugno 2007, n. 23417.
I temi affrontati durante la fase istruttoria in Comitato sono stati ulteriormente approfonditi durante l'esame in Giunta plenaria.
L'esame si è sviluppato nel corso di undici sedute (dal 31 gennaio al 4 maggio 2007) e si è concluso nella seduta del 29 maggio 2007 con l'approvazione della proposta di contestazione dell'elezione.
Nel corso della discussione in Giunta sono intervenuti numerosi colleghi, dando vita ad un ampio dibattito nel quale tutte le posizioni hanno avuto modo di esprimersi.
Tra i tanti contributi significativi merita una segnalazione quello del collega Pecorella, che si è, in particolare, intrattenuto sulla questione del presunto fumus persecutionis. Su tale aspetto, la Giunta - in ciò suffragata anche dall'avvocato Pellegrino nel suo intervento in seduta pubblica - ha tuttavia ritenuto che invocare un fumus persecutionis nei confronti di una sentenza passata in giudicato equivarrebbe a pretendere che la Camera eserciti un improprio sindacato sul merito di una sentenza ormai definitiva, quando invece ad essa spetta esclusivamente il compito di verificare la sussistenza dei presupposti di diritto, sulla cui base fondare un giudizio di ineleggibilità sopravvenuta e di conseguente decadenza dal mandato parlamentare. Questa conclusione è tanto più necessaria al fine di evitare che si configuri una sorta di immunità parlamentare totale - non prevista dalla Costituzione - almeno laddove si è in presenza di sentenze definitive dell'autorità giudiziaria a carico di parlamentari.
Il collega Pecorella ha, inoltre, sostenuto la tesi secondo cui l'interdizione dai pubblici uffici non potrebbe essere automaticamente la premessa di una dichiarazione di decadenza. Tale tipo di argomento - certamente meritevole di attenzione per il plusvalore costituzionale che conferisce al mandato elettivo parlamentare - è stato ripreso durante l'udienza pubblica del 9 luglio 2007 dal rappresentantePag. 33del deputato Previti, che ha insistito sulla differenza che intercorrerebbe tra il concetto di ineleggibilità sopravvenuta e quello di decadenza dal mandato parlamentare, giungendo ad affermare che la seconda non sarebbe una necessaria ed automatica conseguenza della prima.
La Giunta, a maggioranza, non ha tuttavia giudicato fondati tali argomenti.
La decadenza non costituisce, infatti, una fattispecie astratta di impedimento all'assunzione o al mantenimento dell'ufficio di deputato, che, al pari della ineleggibilità, richieda una specifica base legislativa che ne definisca i contorni.
La decadenza è solo l'effetto procedurale di un'accertata situazione di ineleggibilità, che altrimenti, se non conducesse ad una decadenza dal mandato parlamentare, resterebbe paradossalmente priva di concreta sanzione e, di fatto, ineffettiva.
In altri termini, le nozioni di ineleggibilità sopravvenuta e di decadenza non sono tra loro confrontabili dal momento che agiscono su piani diversi, l'uno sostanziale, l'altro procedurale: l'ineleggibilità sopravvenuta è la violazione, mentre la decadenza è la sanzione che l'ordinamento parlamentare vi riconnette nel momento in cui, mediante una deliberazione della Camera, tale violazione sia definitivamente accertata.
Nel corso del dibattito in Giunta sono stati, inoltre, acquisiti agli atti ed illustrati due pareri pro veritate, rispettivamente del professor Nicolò Zanon e del professor Federico Sorrentino.
La Giunta delle elezioni, a maggioranza, non ha condiviso la tesi del professor Zanon, secondo cui il mandato parlamentare del singolo sarebbe insensibile alle vicende che non interessino la rappresentanza parlamentare nel suo complesso. Tale tesi, infatti, finisce per negare l'esistenza stessa della figura dell'ineleggibilità sopravvenuta, riconosciuta invece espressamente dall'articolo 66 della Costituzione (che parla di cause sopraggiunte di ineleggibilità) ed affermata già in occasione del precedente relativo al deputato romano Mario Ottieri (il quale, nella IV legislatura, essendo stato dichiarato fallito e cancellato dalle liste elettorali del comune di ultima residenza, venne dichiarato decaduto dalla Camera nella seduta del 13 aprile 1967).
Vorrei adesso soffermarmi sulle questioni procedurali - affrontate durante i lavori della Giunta delle elezioni e che hanno costituito oggetto anche di esame da parte della Giunta per il Regolamento - relative alle ipotesi della sospensione dalle funzioni parlamentari, di un eventuale reintegro nel mandato e della sospensione del procedimento.
Nel corso dell'esame nella Giunta delle elezioni, si è sempre tenuto conto dell'esigenza che, in quanto mirante ad una pronuncia costitutiva e non meramente dichiarativa, la proposta della Giunta all'Assemblea fosse formulata in esito ad un procedimento parlamentare le cui conclusioni avrebbero dovuto rappresentare il frutto di un'attenta operazione di bilanciamento tra diversi interessi costituzionalmente protetti.
In tale contesto, la Giunta ha anche valutato i precedenti relativi ai casi del deputato Marcello Dell'Utri (XIII legislatura) e del deputato Gianstefano Frigerio (XIV legislatura), entrambi tuttavia riferiti a situazioni di deputati ai quali era stata irrogata la pena accessoria della interdizione temporanea (e non perpetua, come nel caso del deputato Previti) dai pubblici uffici.
PRESIDENTE. La invito a concludere
GIANFRANCO BURCHIELLARO, Relatore. In entrambi tali precedenti la Giunta delle elezioni non pervenne mai a proporre all'Assemblea la decadenza dal mandato parlamentare, sebbene anche l'interdizione temporanea possa giustificare una dichiarazione di decadenza del deputato che ne risulti colpito.
Nel bilanciamento di interessi e valori costituzionali effettuato dalla Giunta delle elezioni una posizione privilegiata non poteva non assumere la salvaguardia dell'interesse dell'autorità giudiziaria al rispetto delle proprie decisioni definitive, trattandosi di un principio costitutivo dello stato di diritto.
PRESIDENTE. Le faccio notare che ha concluso il suo tempo.
GIANFRANCO BURCHIELLARO, Relatore. Concludo, Presidente.
PRESIDENTE. Comunque, la prego di abbreviare la sua relazione.
GIANFRANCO BURCHIELLARO, Relatore. D'accordo, Presidente. La Giunta delle elezioni non ha tuttavia disconosciuto il fatto che, accanto all'esigenza di ottemperare ad una decisione definitiva dell'autorità giudiziaria, occorresse prestare altrettanta attenzione alla tutela del valore costituzionale dell'investitura popolare elettiva del deputato Previti, nonché alla garanzia del diritto di elettorato passivo del candidato primo dei non eletti.
Permettetemi, quindi, di arrivare alla conclusione. Come ho già ricordato, la Giunta delle elezioni ha deliberato la contestazione dell'elezione del deputato Previti nella seduta del 29 maggio 2007, attraverso un confronto estremamente ampio.
La Giunta delle elezioni, quindi, ha deciso, in udienza pubblica, udita l'esposizione del relatore e gli interventi delle parti, riunitasi in camera di consiglio: «Vista la sentenza n. 327 del 2004, emessa in data 23 maggio 2005 dalla corte di appello di Milano, sezione II, resa definitiva il 4 maggio 2006 con sentenza della Corte di cassazione n. 33435 del 2006, con la quale è stata inflitta al deputato Cesare Previti la pena accessoria della interdizione perpetua dai pubblici uffici; visto l'articolo 28, secondo comma, numeri 1) e 2), del codice penale; visto il combinato disposto all'articolo 2, comma 1, lettera d), del decreto del Presidente ella Repubblica 20 marzo 1967, n. 223, recante il testo unico per la disciplina dell'elettorato attivo e dell'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, recante il testo unico delle leggi per l'elezione della Camera dei deputati; accerta che si è in presenza di una causa sopraggiunta di ineleggibilità e, respinto ogni contrario avviso in procedendo e nel merito, delibera di proporre all'Assemblea l'annullamento, per motivi di ineleggibilità sopravvenuta dell'elezione per la XV Circoscrizione Lazio 1 del deputato Cesare Previti e la proclamazione, in suo luogo, del candidato Angelo Sartori, per la lista Forza Italia».
La Giunta delle elezioni con la presente relazione propone, quindi, l'accoglimento della parte propositiva del dispositivo adottato nella seduta pubblica del 9 luglio 2007.
A conclusione di questa mia relazione desidero ringraziare, pur nella diversità di valutazioni, il presidente Bruno e tutti i colleghi per il contributo fornito ad un'istruttoria che è stata svolta nel pieno rispetto di tutte le garanzie regolamentari - e in specie di quella del contraddittorio - senza mai cedere alle opposte e facili lusinghe sia di un giustizialismo preconcetto sia di un garantismo oltranzista, giungendo infine, con coerenza ed equilibrio, all'unica conclusione che la Costituzione e la legge imponevano.
Un'istruttoria che - mi auguro - possa restare ad esempio del rigore istituzionale che il Parlamento è capace di dimostrare anche nell'agone della contesa politica.
Desidero anche ringraziare, in modo non formale, gli uffici della Giunta e della Camera, in particolare il consigliere segretario della Giunta, il consigliere capo del servizio prerogative e immunità...
PRESIDENTE. La prego di concludere.
GIANFRANCO BURCHIELLARO, Relatore. ... che hanno lavorato in modo puntuale e prezioso (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo e La Rosa nel Pugno).
PRESIDENTE. Ringrazio il relatore, cui faccio osservare che ha usufruito di un tempo superiore a quello a cui avrebbe avuto diritto. Lo invito fin da ora a pensare alla sua replica in modo conciso così da rientrare, complessivamente, nei tempi a sua disposizione.
È iscritto a parlare il deputato Pecorella. Ne ha facoltà.
GAETANO PECORELLA. Signor Presidente, colleghi deputati, oggi questa non è o non dovrebbe essere un'Assemblea politica. Oggi noi siamo un collegio di giudici che devono giudicare su un diritto individuale, quello di un deputato di rimanere a far parte di questo Parlamento, e di un diritto collettivo, quello di coloro che hanno designato questo deputato a farne parte.
È per questo che credo si debba riprendere una distinzione fondamentale tra il non potere essere eletto per la mancanza di requisiti e la decadenza. La decadenza colpisce non soltanto la persona che viene estromessa dall'attività parlamentare, ma anche e direttamente gli elettori che lo hanno delegato.
Forse qualcuno penserà che questa discussione sia superflua: vi è una pronuncia giudiziaria sull'interdizione perpetua e di questo dovremmo prendere atto. Credo però che nel momento in cui la legge affida a quest'Assemblea la decisione sul destino di un parlamentare lo fa perché ritiene che vi possa essere uno spazio tra la decisione giudiziaria e quella parlamentare. In caso contrario non vi sarebbe una procedura, non vi sarebbe una Giunta e non vi sarebbe questo voto.
Allora il nostro problema è quello di stabilire qual è lo spazio entro il quale abbiamo un'autonomia di giudizio rispetto al giudizio della magistratura. Questo spazio deve esistere perché altrimenti affideremmo alla magistratura, con tutto il rispetto che ad essa è dovuto, il compito di stabilire quale deve essere la composizione del Parlamento. Peraltro, la storia dimostra che è accaduto e accadrà purtroppo anche in futuro che i processi politici hanno colpito anche persone innocenti.
Questo spazio è prima di tutto nella valutazione di un possibile fumus persecutionis, di cui parlava anche il relatore. Non lo dico a caso, ma perché alcuni anni fa questo Parlamento, con questa maggioranza, decise di respingere la richiesta di arresto del deputato Previti perché affetta da fumus persecutionis.
Non credo che la raccolta di prove, l'inizio di un procedimento, la formulazione di un'accusa che fosse viziata all'origine dal fumus persecutionis, come ha ritenuto questo Parlamento, sia stata emendata, sia stata purificata dal fatto che successivamente queste accuse hanno trovato conferma in altri provvedimenti di giudici. Peraltro, il fumus persecutionis si basava su un dato tecnico importante ed era la volontà a tutti costi della procura di Milano e dei giudici di Milano di trattenere presso di sé una causa per la quale non erano competenti.
La Corte di cassazione, intervenendo sul punto, ha dato conferma alle valutazioni che aveva operato la Camera dei deputati, ritenendo che la competenza non fosse del foro di Milano. Dunque, non soltanto un fumus persecutionis è stato ritenuto in sede politica, ma il fondamento di quel fumus persecutionis ha trovato riscontro in una pronuncia della Corte di cassazione.
La normativa in tema di decadenza del parlamentare è assai fumosa e imprecisa e devo dare atto al relatore che ha concesso largo spazio per discutere, proprio perché non vi sono elementi di assoluta tassatività. Basterebbe ricordare ciò che prima dicevo e che una proposta di legge, all'esame della I Commissione, prevederebbe, e cioè come vi sia una possibile differenza fra le cause di ineleggibilità e le cause di decadenza.
Allora il riferimento non può che essere alla normativa, più precisa e più ampia, della Corte europea dei diritti dell'uomo, che ci indica soprattutto un dato: deve esistere una proporzione tra i mezzi impiegati - e cioè la sanzione che stiamo per infliggere o che dovremmo infliggere o che vorremmo infliggere - e le cause che determinano tali effetti. Intendo dire che è necessario che si stabilisca una correlazione chiara fra determinate cause ostative e determinate conseguenze.
Quali sono le cause ostative e quali sono le conseguenze? Come sappiamo e come ricordava il relatore, l'onorevole Previti è stato affidato in prova ai servizi sociali. Si tratta di stabilire se tale procedura abbia effetti o non abbia effetti sul venir meno dell'interdizione perpetua daiPag. 36pubblici uffici; se così fosse - cioè se fosse vero che al termine del periodo di affidamento in prova ai servizi sociali verrebbe meno l'interdizione perpetua dai pubblici uffici - noi oggi prenderemmo un provvedimento definitivo nei confronti di una situazione che ha il carattere della provvisorietà. Ciò mi pare assolutamente evidente. Se vi è certezza che al termine di tale periodo si recuperano tutti i diritti da parte del parlamentare, noi oggi estrometteremmo dal Parlamento colui che - fra un anno, due anni o tre anni, e cioè nell'arco di questa legislatura - potrebbe tornare a ricoprire il suo ruolo.
Credo che su questo punto - al di là della sentenza del 1991, che evidentemente è assai lontana nel tempo - vi sia oggi una convergenza di tutta la dottrina e della giurisprudenza amministrativa, che è quella fondamentale, trattandosi di un incarico pubblico.
Lo spiego, credo e spero, in termini molto semplici e molto chiari: l'articolo 47 dell'ordinamento penitenziario prevede che l'esito positivo del periodo di affidamento in prova estingue la pena e ogni altro effetto penale. Si tratta di stabilire se nel concetto di «ogni altro effetto penale» rientrino o meno le pene cosiddette accessorie. È sufficiente fare riferimento ad un'altra norma, l'articolo 20 del codice penale, il quale recita che le pene principali sono inflitte dal giudice con sentenza di condanna e prosegue dicendo che le pene accessorie conseguono di diritto alla condanna, come effetti penali della medesima. Dunque, se gli effetti penali della condanna sono le pene accessorie e se l'articolo 47 dell'ordinamento penitenziario prevede che le pene accessorie si estingueranno al termine del periodo di messa alla prova, vi pongo il seguente problema: potete voi oggi decidere la decadenza perpetua, cioè la fine di un incarico, di fronte ad una situazione che, invece, è aleatoria, transitoria e comunque provvisoria?
Dicevo prima che tutta la giurisprudenza amministrativa e tutta la dottrina sono orientate in tale direzione. Ne cito un esponente per tutti, Margara, che ha la stima, credo, di tutti noi ed è stato il padre dell'ordinamento penitenziario: egli scriveva, ancora poco tempo fa, che non vi è dubbio che, quali effetti penali, siano soggette ad estinzione anche le pene accessorie.
Credo che un parere più autentico dell'autore di questa legge, Margara, che fu il padre del rinnovamento del sistema carcerario, sarebbe difficile trovarlo. Ma voglio anche ricordare, ad esempio, il Consiglio di Stato, che nel 1996 ha stabilito che è illegittima la decadenza del pubblico dipendente che, avendo estinto la pena principale per il termine dell'affidamento in prova, ha estinto anche le pene accessorie.
Questa è la situazione di fronte alla quale vi trovate a decidere! Vi trovate a decidere se davvero è venuto meno il fumus persecutionis perché vi è una sentenza definitiva. Forse non è possibile che una sentenza definitiva sia il prodotto di una scelta politica e di un iter, che è nato come situazione sospetta e che questo Parlamento ha ritenuto essere una situazione sospetta? Ebbene, mi dovreste dire cosa nel tempo ha fatto sì che questo Parlamento abbia mal valutato o che comunque le situazioni che esistevano allora siano venute meno. Forse che non vi sono state condanne nella storia di persone che sono state valutate più in chiave politica che in chiave giudiziaria? Allora dovrete riconoscere che non c'è alcun elemento successivo che ci possa dire con certezza che il fumus persecutionis è venuto meno, perché una sentenza di condanna è un atto del giudice come lo era l'ordinanza di custodia cautelare che questo Parlamento non ha voluto avesse esecuzione.
Il secondo aspetto che richiamo - e concludo - è quello secondo cui questa è certamente una situazione provvisoria per il deputato Previti. Al termine dell'affidamento in prova, che egli sta compiendo - credo - rispettando le regole, egli recupererà pienamente tutti i suoi diritti, ma in quel momento questo Parlamento avrà tolto definitivamente a lui e agli elettori il diritto di vederlo presente ed esercitare laPag. 37sua funzione. Questo affido alla coscienza di tutti, al di là - mi auguro - degli schieramenti politici.
Ciascuno di noi, nel proprio intimo, che faccia parte della maggioranza o dell'opposizione, è chiamato a decidere del destino di una persona e di fronte a questo destino non ci devono essere colori politici, non ci devono essere parti. Ci deve essere proprio il confronto con se stessi, con la propria intelligenza e con la propria coscienza (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Tranfaglia. Ne ha facoltà.
NICOLA TRANFAGLIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, credo che questo sia un momento delicato per la Repubblica, perché, al di là del caso personale, ci troviamo a giudicare un deputato che per molti anni ha rappresentato davanti all'opinione pubblica un aspetto della crisi repubblicana che ha avuto una sua crescita, soprattutto dopo gli anni Sessanta, e che è stato rappresentato dall'intreccio costante tra la politica e gli affari.
Purtroppo, a mio avviso, la crisi della Repubblica per molti aspetti è cominciata quando i rapporti tra politica e imprenditoria sono diventati sempre più stretti e molti parlamentari non sono riusciti più a rappresentare gli interessi generali della Repubblica per cui siamo eletti, ma piuttosto interessi di gruppi o, addirittura, interessi privati.
Questo è stato il momento in cui è cominciato anche il distacco, che ormai è cresciuto molto e di cui dovremmo forse preoccuparci di più, tra la società politica e la società civile.
Per questo motivo il giudizio che dobbiamo formulare anzi, la scelta che dobbiamo compiere non può basarsi soltanto su aspetti tecnici. Questi ultimi, per quello che sappiamo, e lo abbiamo visto nella relazione della Giunta delle elezioni, sono stati - e di questo siamo contenti - osservati dal punto di vista del dibattito, della difesa e degli accertamenti necessari. Il fatto che all'interno della Giunta delle elezioni si sia registrata una buona collaborazione tra le diverse forze politiche, di maggioranza e di opposizione, ci rende più tranquilli rispetto alle scelte che dobbiamo compiere.
Tuttavia dobbiamo tener conto che la sentenza definitiva della Cassazione del 2006 parla di una vicenda di corruzione giudiziaria, che è sicuramente uno dei reati più gravi che esiste nel nostro ordinamento. E dobbiamo tener conto che ci sono anche altri procedimenti in corso, e che non sappiamo che cosa succederà dal punto di vista giudiziario. Naturalmente, di questo non parliamo. Noi facciamo riferimento alla sentenza della corte d'appello di Milano, confermata dalla Corte di Cassazione, che è di tale chiarezza, rispetto alle vicende che sono state prese in considerazione, da non permettere all'Assemblea di avere una reazione corporativa di difesa di uno dei suoi componenti.
A nostro avviso, la Camera, di fronte alla società italiana, essendosi verificate tutte le condizioni per dichiarare la decadenza, essendo questa la proposta che è stata avanzata dalla Giunta delle elezioni, e ricorrendo tutti i requisiti necessari, deve emettere con chiarezza il suo verdetto e non avere, lo ripeto, reazioni corporative o reazioni non chiare, ma dire palesemente che un parlamentare che è stato condannato per corruzione giudiziaria, la cui condanna è stata confermata, deve decadere come prevedono le leggi dello Stato (Applausi dei deputati dei gruppi Comunisti Italiani e Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Belisario. Ne ha facoltà.
FELICE BELISARIO. Signor Presidente, colleghi, l'argomento che oggi è alla nostra attenzione merita di essere affrontato con serenità, con adeguata fermezza ma senza alcuna drammatizzazione.
Vi sono delle regole che il Parlamento si è dato e che lo stesso deve rispettare, sia oggi, sia domani. Il percorso che ci avviamo a concludere non deve certamente essere personalizzato, ma deve guardare ai fatti.
PRESIDENTE. Mi scusi un attimo, per favore. Invito l'Assemblea ad abbassare cortesemente i toni, anche dietro all'oratore che sta parlando: immagino che l'oratore, come lo sono io, sia disturbato dalle loro conversazioni. Grazie. Prego, deputato Belisario, prosegua.
FELICE BELISARIO. Abbiamo una sentenza passata in giudicato in base alla quale l'imputato, al netto di quanto previsto dalla legge sull'indulto, è stato condannato a sei anni di reclusione e all'interdizione perpetua dai pubblici uffici, per un reato che non è una bagattella, per quanto un parlamentare dovrebbe essere esente per definizione da sentenze di condanna per reati gravi, ma per corruzione in atti giudiziari.
Vi è stata un'attenta istruttoria, prima in sede di Comitato per le incompatibilità, le ineleggibilità e le decadenze, poi in sede di Giunta delle elezioni. Ci troviamo di fronte ad un reato, quello consacrato. La valutazione di quest'Assemblea - come diceva chi mi ha preceduto - non può prescindere dalle considerazioni che vengono svolte dagli elettori. È vero infatti che si devono considerare coloro che hanno portato in quest'aula, con il loro voto, il deputato Previti; ma è anche vero che si deve considerare anche la maggioranza, cioè tutti gli altri, che guardano a noi per sapere se il Parlamento intende rispettare le leggi.
Sopra i magistrati solo la legge; sopra il Parlamento solo la legge. Lo abbiamo ribadito e ne siamo tutti serenamente convinti: il Parlamento non può collocarsi sopra ed oltre le regole che esso si è dato. Non vi è fumus persecutionis: quando, all'epoca, il Parlamento si pronunciò sul caso, non vi era ancora una sentenza penale passata in giudicato, irreversibile e assolutamente immutabile, per un reato che offende la coscienza degli italiani. Non si tratta quindi di fare giustizialismo di bassa lega: solo, non possiamo essere esasperati nella difesa di privilegi che sarebbero altrimenti un vulnus per la democrazia, per il Paese e per il senso dei cittadini. Costituirebbe infatti una violenza alle regole se il Parlamento si pronunciasse in maniera difforme dalle indicazioni fornite dalle Giunta delle elezioni.
Non posso a questo punto non ringraziare il relatore per la puntualità, l'equilibrio, la giustezza e la determinazione con cui ha condotto i lavori. Certo, sono stati probabilmente concessi tempi assai lunghi prima di giungere a questo punto - ricordo che la sentenza data al maggio 2006, che essa è arrivata alla Camera nell'ottobre successivo e che il percorso, dall'inizio dell'esame, è durato all'incirca dieci mesi - ma possiamo oggi dire con chiarezza che tutti hanno avuto la possibilità di intervenire, di parlare, di chiedere rinvii: insomma, di manifestare per intero le loro difese. L'Italia dei Valori è stata determinata, in questo senso, perché si arrivasse in Assemblea. Ciò perché - non lo dico per fissazione di parte - le regole fossero applicate; e le regole affermano che ci troviamo di fronte ad un parlamentare che deve essere dichiarato decaduto per ineleggibilità sopravvenuta: tutto il resto sono disquisizioni di ordine tecnico-giuridico. Tali disquisizioni sono state affrontate, ma questa non è una corte superiore: questo è il Parlamento della Repubblica italiana, e il Parlamento deve rispettare le leggi, anche quando si tratta di decidere di ciascuno di noi. Se infatti vi è distacco fra Paese reale e Paese legale, ciò è anche perché si ha la sensazione che vi sia qualcuno che vola al di sopra della legge e cammina al di sopra delle istituzioni.
Preannuncio dunque il voto favorevole del gruppo dell'Italia dei Valori sulla proposta della decadenza del deputato Previti: ma non perché si tratta del deputato Previti; piuttosto, in applicazione di un principio di elementare rispetto delle nostre leggi e della nostra Carta fondamentale.
Laddove vi è la separazione dei poteri, che i nostri costituenti hanno voluto, essa è stata dettata proprio perché se vi è un organo che decide in un senso non ve ne può essere un altro che si sovrappone, senza violare i pesi e contrappesi che il costituente si è dato.Pag. 39
Concludo ringraziando tutti i colleghi della Commissione ed esprimendo, a nome dell'Italia dei Valori - ma in seguito vi sarà la dichiarazione di voto - voto favorevole sulla proposta di decadenza per ineleggibilità sopravvenuta.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Turco. Ne ha facoltà.
MAURIZIO TURCO. Signor Presidente, sono ammirato dalla certezza e dalla convinzione con la quale, ad esempio, il collega Belisario si è espresso. Ho alcune difficoltà, nel senso che in un Paese che è sanzionato a livello internazionale, la certezza del diritto è un'aspirazione e non una garanzia. Riuscire ad avere, invece, tali salde convinzioni deve essere davvero uno sforzo difficile da esercitare. Non siamo chiamati a discutere di una sentenza, né di una pena principale e delle ragioni che hanno determinato tale pena, ma siamo in questa sede a discutere di una pena accessoria, che per le regole che ci siamo dati prevede la decadenza di un nostro collega. È vero. Non siamo un quarto grado di giudizio, però a nostro avviso, non possiamo non tenere conto, né essere moralisti al punto da non vedere che gli interna corporis, quel principio virtuoso che i nostri padri costituenti avevano voluto a tutela dell'autonomia del Parlamento e dei parlamentari, nel tempo, attraverso prassi consolidate e condivise, è diventato una copertura per commettere abusi. Potrei, ad esempio, richiamare il fatto che in nome degli interna corporis oggi, al Senato della Repubblica, vi sono otto persone, che pur non essendo state elette, esercitano la funzione parlamentare, mentre otto persone elette sono fuori dal Senato. Potremmo anche parlare di quanto accade in quest'aula in nome degli interna corporis, direi quasi quotidianamente. In occasione delle votazioni vengono ripetuti alcuni reati, dal peculato al falso da cui sono segnate tutte le nostre votazioni. Un tempo venivano sancite moralmente, mentre ora assistiamo, ogni giorno e ripetutamente, al completo silenzio di coloro che dovrebbero, invece, denunciare e sanzionare tali comportamenti.
Pertanto, è accettabile doversi esprimere nei confronti di una sentenza definitiva. Non metto in discussione che potrebbe anche essere una sentenza di tipo politico, come diceva il collega Pecorella, o che non vi siano dubbi seri da parte nostra.
Infatti, non abbiamo mai inteso il garantismo come un'arma politica, ma come l'essenza della giustizia, che dovrebbe essere rafforzata, lo ripeto, in un Paese in cui la certezza del diritto è continuamente violata. Pertanto, con i dubbi che abbiamo manifestato anche in occasione dei lavori della Giunta delle elezioni, ci apprestiamo a votare favorevolmente la proposta del relatore Burchiellaro, non senza voler sottolineare cosa la norma virtuosa degli interna corporis oggi rappresenti per il Parlamento. Vi sono alcune prassi che hanno portato ad una degenerazione tale che credo dovremmo, innanzitutto, guardare ai nostri comportamenti quotidiani prima di esprimerci con tanta certezza su un caso che, a nostro avviso, resta delicato e non completamente chiarito, al di là delle ragioni della pena e delle motivazioni della sentenza, restando chiaro che è la pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici che oggi dobbiamo riconoscere (Applausi dei deputati del gruppo La Rosa nel Pugno).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Boato. Ne ha facoltà.
MARCO BOATO. Signor Presidente, colleghe e colleghi, da parte dei Verdi - da ciascuno, uti singulus - vi è la piena condivisione della proposta della Giunta delle elezioni, della relazione scritta e della relazione orale del collega Burchiellaro.
Il caso Previti è stato all'esame della Giunta fin dal 24 maggio 2006, cioè da oltre un anno e due mesi. Il Comitato per le ineleggibilità, all'interno della Giunta, ha acquisito la sentenza di condanna e le sue motivazioni ed ha iniziato l'esame del caso il 17 ottobre 2006. Pertanto, dal 24 maggio al 17 ottobre sono passati molti mesi, in attesa dell'acquisizione della sentenzaPag. 40e delle sue motivazioni. Comunque, sono passati oltre dieci mesi. Il lavoro, sia del Comitato, sia della Giunta, è stato svolto, crediamo, nel pieno rispetto dei diritti del deputato Previti e del principio del contraddittorio in ogni fase del procedimento parlamentare di fronte alla Giunta e al Comitato.
Più volte sono state anche accolte le richieste di proroga dei termini per l'acquisizione delle controdeduzioni del deputato Previti e del suo difensore, avvocato Pellegrino, e di proroga o di dilazione dei termini anche per la stessa audizione del deputato Previti di fronte al Comitato.
La Giunta, dopo che si sono conclusi i lavori del Comitato, il 14 dicembre 2006, ha dedicato ben undici sedute alla discussione: dal 25 gennaio 2007 al 4 maggio 2007. Nell'arco di questo lavoro, come è stato giustamente ricordato, sono stati anche acquisiti due pareri pro veritate redatti da parte del professor Nicolò Zanon e del professor Federico Sorrentino. Il 29 maggio, dopo ulteriore ampia discussione sulla base delle dichiarazioni di voto, la Giunta ha deciso di approvare la proposta di contestazione dell'elezione del deputato Previti. D'altra parte, il 26 giugno e il 4 luglio il Presidente della Camera, richiesto esplicitamente a ciò da parte dello stesso deputato Previti, ha convocato la Giunta per il Regolamento che ha escluso - in realtà, lo ha escluso il Presidente, sia nell'introduzione, sia nelle conclusioni della Giunta per il Regolamento - qualunque ipotesi di sospensione delle funzioni parlamentari o di un eventuale successivo reintegro.
Il Presidente della Camera, a mio avviso giustamente, ha dichiarato tali ipotesi prive di qualunque fondamento costituzionale, regolamentare e legislativo. Il 9 luglio 2007 si è, dunque, tenuta la discussione in seduta pubblica della Giunta, quindi anche in tal caso in contraddittorio. Successivamente, la Giunta stessa si è riunita in camera di consiglio e ha deliberato di proporre all'Assemblea, come oggi ha dichiarato conclusivamente il relatore Burchiellaro, l'annullamento dell'elezione del deputato Previti, per motivi di ineleggibilità sopraggiunta.
Noi crediamo - io credo, ma ciascuno di noi lo crede, uti singulus - che la decisione e, quindi, la proposta della Giunta vadano pienamente accolte. La Camera ha il diritto-dovere di deliberare ai sensi dell'articolo 66 della Costituzione, che afferma, tra l'altro, che «Ciascuna Camera giudica delle cause sopraggiunte di ineleggibilità». È, quindi, la stessa Costituzione a prevedere esplicitamente il giudizio della Camera sulle cause sopraggiunte di ineleggibilità. A mio e nostro parere non esiste alcuna possibilità giuridica e costituzionale di ipotesi diverse dalla dichiarazione di decadenza dal mandato a seguito dell'ineleggibilità sopravvenuta, cui del resto, nel frattempo, si è recentemente aggiunta una ulteriore condanna definitiva, ma non di ciò stiamo oggi trattando.
Vorrei ricordare - in questo caso solo personalmente - che nella XIII legislatura votai contro la richiesta di custodia cautelare nei confronti del deputato Previti, ritenendo che si dovesse comunque aspettare l'allora eventuale condanna definitiva. Dunque, al di là delle posizioni politiche su schieramenti contrapposti, ho sempre espresso posizioni improntate al massimo di garanzie nei confronti dell'allora imputato Previti. Oggi la situazione è completamente diversa. Collega Pecorella, con il massimo rispetto nei suoi confronti, non credo che oggi ci si possa appellare al fumus persecutionis. Del resto, ha escluso tale tipo di motivazione anche l'avvocato Pellegrino, difensore del deputato Previti nella discussione di fronte alla Giunta. Oggi, ripeto, la situazione è completamente diversa. C'è una condanna definitiva, con l'interdizione perpetua dai pubblici uffici, a cui del resto, dopo la conclusione dei lavori della Giunta - l'ho ricordato poco fa - si è aggiunta una nuova condanna definitiva, che ha prodotto la revoca del provvedimento di affidamento in prova ai servizi sociali e il ripristino della custodia domiciliare.Pag. 41
Se la Camera dei deputati non decidesse oggi per la decadenza dal mandato parlamentare, a seguito della ineleggibilità sopraggiunta ci troveremmo di fronte, a mio e nostro parere, ad una violazione della sentenza definitiva pronunciata dalla Corte di cassazione, per quanto riguarda l'interdizione perpetua dai pubblici uffici.
Signor Presidente e colleghi, si è vociferato più volte, negli ultimi giorni e nelle ultime ore, di una ipotizzata lettera di dimissioni del deputato Previti. Per la verità, costui aveva pubblicamente preannunciato le proprie dimissioni fin da un anno e due mesi fa, di fronte alla sentenza definitiva di condanna con interdizione perpetua dai pubblici uffici confermata della Corte di cassazione. Tale lettera di dimissioni, preannunciata un anno e due mesi fa, in realtà non è mai stata presentata. Se fosse presentata, anche in limine, prima della decisione di decadenza da parte di quest'Assemblea, non avremmo alcuna difficoltà ad accogliere le dimissioni con il nostro voto. In caso contrario - ed auspicando comunque che non si giochi con l'istituzione parlamentare, con le norme costituzionali e con le procedure regolamentari -, laddove non ci fosse tale lettera di dimissioni di cui si è vociferato, noi Verdi (ciascuno di noi, uti singulus, perché la Camera giudica) voteremo a favore della proposta di decadenza formulata dalla Giunta.
Lo faremo con pacatezza, senza alcun giustizialismo pregiudiziale e senza alcun garantismo oltranzista, ma con equilibrio e rigore, come ha testualmente e giustamente affermato il relatore Burchiellaro, che vogliamo ringraziare - e con lui, ringraziamo anche tutti i componenti della Giunta - per il suo coerente e prezioso impegno istituzionale (Applausi dei deputati dei gruppi Verdi e L'Ulivo).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Gamba. Ne ha facoltà.
PIERFRANCESCO EMILIO ROMANO GAMBA. Deputato Presidente, onorevoli colleghi, la decisione che oggi la Camera dei deputati deve assumere risente ovviamente di una situazione legata esplicitamente alla persona oggetto della decisione e della particolarità degli aspetti emotivi. Vi è una decisa prevalenza delle considerazioni di partigianeria politica, che invece dovrebbero rimanere assolutamente al di fuori di tale decisione, come peraltro, sfortunatamente, non è accaduto neanche nell'ambito della Giunta delle elezioni. Pertanto, a nome del gruppo di Alleanza Nazionale, dichiaro di dissentire in modo assoluto dalla relazione del collega, onorevole Burchiellaro.
La prova di questa situazione fuorviante è data, ad esempio, se ancora ve ne fosse bisogno, da molti dei messaggi di insulto pervenuti, attraverso la casella di posta elettronica della Camera, a chi parla, così come a molti altri colleghi membri della Giunta delle elezioni, riguardo alle loro decisioni preliminari rispetto a quelle odierne dell'Assemblea. A fronte di altri messaggi contenenti legittime critiche, gli insulti costituiscono la riprova del fatto che aspetti emotivi, assolutamente estranei rispetto a quelli che dovrebbero essere tenuti in considerazione oggi, sono e restano ampiamente diffusi, non solo in una parte dell'opinione pubblica, quella più asseritamente schierata sul fronte del centrosinistra, ed essi hanno continuato ad albergare e ad essere presenti anche nell'ambito delle pur feconde discussioni svolte nella Giunta delle elezioni.
Con assoluta tranquillità e coscienza di ciò che abbiamo sostenuto come deputati di Alleanza Nazionale nella Giunta delle elezioni, e che quindi ripetiamo in questa sede, sentiamo il dovere di affermare che non ci troviamo nella situazione, che ancora una volta sarebbe fuorviante, di giudice dell'esecuzione penale. Non è questo il compito della Camera e non era questo il compito della Giunta delle elezioni. Ci troviamo, viceversa, investiti di una funzione molto simile a quella giurisdizionale, che deve valutare le conseguenze in ordine alla permanenza del mandato parlamentare nei confronti di un deputato, che sia stato raggiunto da una pena, e, in particolare,Pag. 42da una condanna ad una pena accessoria di interdizione perpetua dai pubblici uffici.
Ebbene, è di tutta evidenza che comunque, al di là delle considerazioni politiche, anche in questa funzione, i singoli deputati, così come i membri della Giunta delle elezioni, non possono andare contro la legge, né possono inventare nuove leggi che non abbiano votato con le procedure che il sistema parlamentare prevede e che, pertanto, non esistono. Allora, se è vero, come è vero, che l'articolo 47 dell'ordinamento penitenziario (la cosiddetta legge Gozzini), come ha già ricordato molto bene il collega onorevole Pecorella, prevede come conseguenza dell'esperimento positivo del periodo di affidamento in prova ai servizi sociali di un condannato, l'estinzione della pena principale, delle pene accessorie e di tutti gli effetti penali, fra di esse non può non essere compresa anche la pena accessoria. Diversamente interpretando, si arriverebbe all'assurdo che rimarrebbe in piedi soltanto la pena accessoria, non gli altri effetti penali, né la pena principale, e non v'è chi non veda che questa sarebbe un'assurdità giuridica degna di miglior nota.
Poiché il deputato Previti, come condannato con pena accessoria all'interdizione dai pubblici uffici, ha avuto l'affidamento in prova ai servizi sociali - e lo riavrà tra qualche giorno, quando verrà superato il problema indicato dall'onorevole Boato - se supererà il periodo in prova ad agosto dell'anno prossimo si applicherà l'articolo 47 dell'ordinamento penitenziario, che prevede l'estinzione della pena principale e anche di quella accessoria, ovvero dell'interdizione perpetua dai pubblici uffici.
Quindi, per qualunque altro imputato e per qualunque altro funzionario pubblico che non sia un deputato, è pacifico che, in questo momento, si avrebbe il reintegro nelle funzioni pubbliche da lui svolte. Se, invece, ciò non dovesse valere per un deputato - e non esiste un solo precedente di questo tipo specifico che la Camera, in tutte le sue precedenti legislature, abbia affrontato quindi i deputati devono essere particolarmente attenti riguardo la decisione che oggi prenderanno - si avrebbe una disparità di trattamento assolutamente anticostituzionale. Il deputato o il senatore, infatti, sarebbe l'unico pubblico funzionario che, con l'estinzione della pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici, non potrebbe essere reintegrato perché, nel frattempo, è stato dichiarato decaduto dall'Assemblea.
Dunque, non può esservi dubbio che questo sia il motivo per il quale, allo stato attuale, non è possibile votare la proposta presentata dal relatore Burchiellaro e approvata dalla maggioranza della Giunta delle elezioni. Abbiamo chiesto il parere e il conforto della Giunta per il regolamento e del Presidente della Camera, prevedendo e ipotizzando che potesse esistere una soluzione intermedia, ovvero una sospensione temporanea dalla funzione parlamentare. Certamente, se ciò fosse stato possibile, i deputati del gruppo di Alleanza Nazionale avrebbero aderito a tale ipotesi, perché sarebbe stata rispettosa della sentenza della magistratura, della pena accessoria inflitta, ma anche innanzitutto della legge e della funzione del mandato parlamentare, che deriva dalla volontà popolare e che non può essere sottoposta a qualunque altro giudizio, neanche di altri autorevoli organi dello Stato.
Tuttavia, il Presidente della Camera e la Giunta per il regolamento ci hanno detto che questa possibilità, al momento, non è supportata da alcun appiglio normativo, regolamentare e costituzionale. Probabilmente è vero, comunque è vero e a ciò ci dobbiamo attenere. Tuttavia, poiché esiste tale vuoto legislativo - che andrà evidentemente colmato e speriamo che a ciò si provveda al più presto possibile - non è possibile prevedere qualcosa di diverso. Infatti, nell'ambito dei diritti costituzionalmente garantiti, nell'ambito delle ineleggibilità e delle incompatibilità, regolate dalla Costituzione con riserva espressa di legge e anche a voler applicare l'ambito penale - dove, come è noto, non può essere utilizzata l'interpretazione analogica - non esiste una forma diversa. Quindi, ad oggi, non è possibile prevederePag. 43la decadenza di un deputato che sia stato, a seguito della condanna, affidato ai servizi sociali.
Qualcuno ha sostenuto - forse anche il relatore - che, se ciò fosse vero, non si avrebbe più di fatto l'interdizione perpetua dai pubblici uffici. Non è vero, perché l'affidamento in prova ai servizi sociali è una possibilità attribuita, anzi, è una disposizione di legge prevista per coloro i quali siano stati colpiti da una pena principale entro i tre anni. Quindi, tale pena non si applica a qualunque condannato. Di conseguenza, anche questa tesi a contrario è assolutamente priva di fondamento.
Vi è un altro motivo che deve indurre a respingere la proposta della maggioranza della Giunta delle elezioni, ovvero che - e i deputati devono considerare ancora che, con una decisione in tal senso, verrebbe introdotto un incredibile precedente - non esiste nessuna norma nell'ordinamento italiano (abbiamo sfidato i colleghi della maggioranza della Giunta a trovarla, ma non ne sono stati capaci per il semplice fatto che non esiste) che preveda in forma esplicita, in alcun luogo (né nella Costituzione, né nelle norme primarie e secondarie, né in quelle regolamentari della Camera) che la condanna alla pena accessoria dell'interdizione perpetua dai pubblici uffici, sopravvenuta all'elezione, costituisca una causa di decadenza.
Questa norma non c'è. Il collega Pecorella ha ben ricordato qual è l'appiglio cui si faceva riferimento, l'articolo 20 del codice penale, che, come lo stesso ha ben letto, e come può leggere chiunque, prevede come causa di non elezione il mancato godimento dei diritti politici e non come causa di un effetto diverso.
Il relatore afferma che le cause di ineleggibilità sopravvenuta si tramutano automaticamente, di fatto, in cause di decadenza. Invece non è così: come ha ben rilevato il difensore dell'onorevole Previti nell'udienza pubblica della Giunta delle elezioni, esistono cause di ineleggibilità sopravvenuta decise da questa Camera, che non si tramutano in cause di decadenza. Ricordo una decisione per tutte: la Giunta delle elezioni della Camera ha deciso, nella scorsa legislatura, in merito alla norma secondo la quale - come tutti sappiamo - un sindaco di un comune superiore a 20 mila abitanti, che si candidi alle elezioni per la Camera, se eletto sindaco, non possa più essere eletto deputato perché la sua situazione rientra nelle cause di ineleggibilità. Questa causa, però, qualora sopravvenga - se, cioè, il deputato divenga sindaco dopo l'elezione, venendosi a trovare in una causa di presunta ineleggibilità sopravvenuta - non si trasforma in una causa di decadenza. Questa Camera ha deciso che ciò non sia: cade, quindi, il principio - che peraltro, ripeto, non è previsto da alcuna norma - in base al quale le cause di ineleggibilità sopravvenuta costituiscano automaticamente cause di decadenza. Ancora una volta, poiché siamo nell'ambito di diritti costituzionali garantiti al massimo livello - quelli relativi alla funzione pubblica, all'elettorato attivo e passivo, alla funzione parlamentare - ed anche, indirettamente, nell'ambito penale, non può valere il principio analogico.
Non vi è una sola norma che preveda la condanna all'interdizione perpetua dai pubblici uffici, successiva all'elezione, come causa di decadenza dal mandato. Onorevoli colleghi, poiché il mandato parlamentare - è sin troppo facile ribadirlo, ma è importante - deriva direttamente dalla volontà popolare, prima di rimuovere ciò che hanno voluto gli elettori - tra l'altro, ricordo che, nel nostro caso, già tutta la vicenda dell'onorevole Previti era ben nota, comprese le sentenze, non in via definitiva, che prevedevano l'interdizione perpetua dai pubblici uffici - deve esserci una norma espressa: deve esistere una legge; questo Parlamento non ha mai votato una legge di questo tipo. Potrà farlo, potrà decidere in questo senso, ma, ad oggi, siamo chiamati ad applicare la legge: una decisione della Camera diversa sarebbe contra legem, costituirebbe un vulnus gravissimo e introdurrebbe un unico, pericolosissimo precedente, che domani potrebbe riguardare chiunque in quest'aula, qualunque deputato, che si chiamiPag. 44Cesare Previti, Pier Francesco Gamba o con il nome del Presidente della Camera.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Pettinari. Ne ha facoltà.
LUCIANO PETTINARI. Signor Presidente, mi rivolgo al collega Turco per dirgli che, francamente, non ho ravvisato nella relazione del collega Burchiellaro tutte le certezze da lui denunciate. Seguendo la relazione, invece, mi è sembrato di ripercorrere una strada molto travagliata, che ha portato ad una decisione: si tratta dello stesso travaglio, che credo stiano vivendo tutti i parlamentari nell'assumere una decisione difficile e che riguarda il mio gruppo, la Sinistra democratica per il socialismo europeo, che voterà - lo annuncio sin d'ora - in conformità alla decisione assunta dalla Giunta delle elezioni. Voteremo, perciò, a favore dell'annullamento dell'elezione del deputato Previti per motivi di ineleggibilità sopravvenuta: lo faremo perché ce lo chiede, innanzitutto, il rispetto della legge.
Siamo di fronte a una sentenza definitiva ed esecutiva, che ha portato alla non sussistenza dei presupposti di diritto: è questa la situazione di oggi e penso che tutta la Camera debba prendere atto della realtà. Non era così forse ieri e ha fatto bene la Giunta delle elezioni ad accettare la proroga dei termini per le controdeduzioni, perché era giusto seguire tutti i percorsi di garanzia, ma oggi sono venuti meno proprio i contenuti di quelle controdeduzioni, in cui si affermava che non c'era la definitività; oggi c'è ed è esecutiva.
Si diceva ancora che l'affidamento ai servizi sociali in caso di un corso positivo può portare all'annullamento della pena. La relazione di Burchiellaro ha chiarito però che ciò non sarebbe valso per le pene accessorie e che comunque la decisione della Giunta delle elezioni voleva basarsi sugli elementi attuali. La stessa relazione, inoltre, sottolinea che il 14 luglio l'affidamento sarebbe stato revocato e anche su tale aspetto bisognerebbe pronunciarsi. La decisione deve comunque essere presa in riferimento agli elementi attuali, e se ci riferiamo a questi resta la decadenza dei presupposti di diritto. Sapete tutti, lo sa tutta l'Assemblea, che la presenza in Parlamento non può essere compatibile con l'assenza dei presupposti di diritto, dunque non può essere in carica un deputato al quale sia stato revocato il diritto di voto: sarebbe una contraddizione palese enorme. Non vi è stata una logica persecutoria, perché si sono attesi tutti i passaggi giudiziari - tutti - fino alla condanna definitiva ed esecutiva, che oggi esiste, e dobbiamo prenderne atto.
Il tempo e il modo per difendersi è stato dato ed è stato giusto fare così. È stato giusto seguire tutto l'iter di garanzia che il deputato Previti chiedeva. Mi pare che il tempo sia trascorso, sono state espletate tutte le formalità di difesa, vi è stata poi la definitiva condanna, che va rispettata. Non c'è stata persecuzione, altrimenti si sarebbero potuti stringere i tempi, si sarebbe potuti arrivare molto prima a cercare di assumere una decisione, ma giustamente non si è voluto fare così. Siamo giunti alla fine di quell'itinerario: seguiti tutti gli iter di garanzia, tutte le discussioni, i confronti nella Giunta delle elezioni, bisogna prendere una decisione. Il tempo è scaduto per quell'iter.
Il gruppo Sinistra Democratica voterà per la decadenza del deputato Previti in conformità alle decisioni della Giunta delle elezioni, ma soprattutto - ciò deve valere per tutta l'Assemblea - in conformità a quella che è la legge dello Stato italiano, che va rispettata anche dai deputati (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo)!
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Leone. Ne ha facoltà.
ANTONIO LEONE. Signor Presidente, se vi fosse ancora qualche dubbio in ordine al fatto che da una certa parte politica tale vicenda ha assunto sin dall'inizio - tanto che ancora oggi ne dibattiamo - il sapore di una vicenda politica, basterebbe pensare al fatto che non siamo noi che lo diciamo.
Mi sono purtroppo dovuto assentare dopo l'intervento del collega Tranfaglia,Pag. 45ma proprio le parole del collega hanno evidenziato come stiamo parlando di una vicenda politica: è una sorta di excusatio non petita, venuta fuori da tutto il suo intervento, così come da altri che solo brevemente ho potuto seguire.
Se ciò è vero, e se è vero l'iter tecnico che il collega Pecorella ha sottoposto all'attenzione dell'Assemblea, allora vi è veramente da pensare che, in questo momento e su questa vicenda, stiamo andando verso la disgregazione delle prerogative del Parlamento, di chi è stato mandato in questo Parlamento attraverso il consenso popolare e di chi è interessato da una causa sopravvenuta, che la Camera dovrebbe valutare ai sensi dell'articolo 66 della Costituzione.
Infatti non dimentichiamo che - anche se ci si riempie la bocca di numeri, di leggi o di norme a supporto della richiesta di decadenza del collega Previti - non vi è alcuna norma che prescriva che nella fattispecie in esame il collega Previti debba essere dichiarato decaduto.
Vi è una sola norma, non ordinaria ma costituzionale, che deve essere naturalmente «riempita», ovverosia l'articolo 66 della Costituzione in cui si afferma che alla Camera - e sottolineo: alla Camera! - deve essere valutata ogni sopravvenuta forma di ineleggibilità di un parlamentare in un momento successivo. Infatti, nel momento in cui il collega Previti è stato eletto, era nelle sue piene facoltà di diritto per sedere in questa Camera. La sopravvenienza deve essere valutata dalla Camera.
Che non vi sia una norma che prescriva la decadenza - amici miei - lo si desume dal fatto che proprio presso questo ramo del Parlamento pende un testo unificato delle proposte di legge a firma dei colleghi Formisano, Martusciello, Antonio Russo, Franco Russo, Mazzoni, Costantini, ed il cui relatore è il collega Marone, intitolato «Disposizioni in materia di ineleggibilità e incandidabilità». L'articolo 6-ter, di cui l'articolo 1 del citato provvedimento propone l'introduzione nel testo unico delle leggi recanti norme per l'elezione della Camera dei deputati, stabilisce che: «La perdita delle condizioni di eleggibilità comporta la decadenza dalla carica di deputato. Essa è dichiarata dalla Camera dei deputati».
Se è stata proposta tale norma, evidentemente, stiamo parlando di una fattispecie rispetto alla quale non esiste una norma. Dobbiamo renderci conto di tutto ciò, ed è inutile che facciamo filosofia, giri di parole, su un fatto che è solo e soltanto politico.
Da un punto di vista tecnico dichiareremmo una decadenza in assenza di una norma che lo preveda, tant'è vero che il citato testo unificato introduce la possibilità di dichiarare decaduto un parlamentare, potere che spetta alla Camera, non alla magistratura - lo sottolineo: alla Camera e non alla magistratura -, perché è la Camera a doverla dichiarare!
Allora, di cosa stiamo parlando? Stiamo parlando evidentemente di una vicenda che è legata a ben altro - così come sosteneva qualche collega del centrosinistra. È legata alla figura di Previti, è legata alla politica, è legata a Forza Italia, è legata al centrodestra, insomma è legata ad un oppositore!
Diciamoci la verità! Intendo riferirmi a tutto ciò che è accaduto da quindici-venti giorni a questa parte, proprio in questo ramo del Parlamento, e lo voglio ricordare proprio per la compiutezza degli argomenti che si portano a sfavore della declaratoria di decadenza in esame.
Il tutto è cominciato - dal nostro punto di vista interno - qualche giorno addietro, nel momento in cui il processo di Previti, in realtà intestato ad Acampora, è arrivato presso la Cassazione. E si è assistito ad una accelerazione all'interno della Cassazione tale da far fissare nel giro di ore quel processo, in barba a qualsiasi procedura regolare, a qualsiasi atteggiamento di cautela ed alla necessità di prescrizione di quel processo. Ciò in barba al fatto che un presidente di una sezione di Cassazione non può chiamare il presidente della corte d'appello di Milano e chiedere quando gli verrà inviato il processo Previti - lo sottolineo: non Acampora, bensì Previti - neiPag. 46seguenti termini: «Quando mi mandate questo processo, perché debbo fissare la data»?
Non si può apporre la fascetta su un fascicolo quando ancora non vi è il fascicolo e si calcola che la prescrizione è di là da venire, tra sette, otto, dieci, dodici, venti mesi.
In tal modo viene fissato il processo; sono inefficaci due notifiche a due difensori di due imputati diversi e viene chiesta da parte del procuratore generale la riduzione dei tempi, come previsto in caso d'urgenza, per fare in modo che la notifica non avvenuta nei termini fosse ritenuta valida per mantenere fissata l'udienza per l'11 luglio e per far sì che al collega Previti fossero revocati gli arresti domiciliari, vale a dire per far sì che il collega Previti non potesse venire in quest'Assemblea a difendersi!
Così è accaduto con quel comportamento, oggetto di una nostra interpellanza, alla quale non ha risposto il Guardasigilli, ma ha risposto il Procuratore generale presso la Cassazione, D'Ambrosio, il quale sulle agenzie di stampa, prima che il Ministro Mastella venisse a rispondere in quest'Assemblea, ha dichiarato: Non cominciate con questi piagnistei, noi facciamo i giudici e voi fate gli imputati. Peccato che quel D'Ambrosio è stato presidente della regione Marche per il centrosinistra per un bel po' di tempo e adesso risponde ai deputati dell'opposizione e viene a giudicare un deputato della sua opposta fazione politica.
Dunque, siamo in presenza di argomenti di natura giudiziaria o siamo in presenza di argomenti di natura politica, solo e soltanto politica? Debbo dire che, forse, c'è anche una regia. Signor Presidente, mi fa piacere che ora sia proprio lei a presiedere l'Assemblea, perché sa benissimo con quanta attenzione le abbiamo sottoposto tutta una serie di problemi che sono stati sollevati perfino nella Giunta delle elezioni e che abbiamo sottoposto alla Giunta per il Regolamento. Lei non ha ritenuto di sollecitare la Giunta delle elezioni ritenendo quelle argomentazioni fondate e facendone oggetto di una riflessione da parte della Giunta. Quando il sottoscritto ha tirato in ballo la possibilità di sospensione dalla carica di deputato del collega Previti, mi è stato risposto che l'istituto non esiste. Ma non è così, perché l'istituto esiste, come è esistito per i colleghi della Lega Nord Padania ai quali è stato applicato per quindici giorni. Il plenum è stato rispettato? Abbiamo approvato leggi senza la presenza di un gruppo parlamentare: il plenum dove l'abbiamo messo, sotto i piedi?
Cosa è accaduto al Senato parecchi anni fa - lei non era ancora deputato perché non penso che abbia cinquant'anni di Camera - per il senatore De Nicola? Nel momento in cui egli era senatore a vita il Senato approvò un provvedimento di sospensione dalla carica di senatore perché doveva ricoprire la carica di giudice della Corte costituzionale. Che istituto è quello, Signor Presidente? È sospensione o è un'altra invenzione? Alla sospensione si poteva fare ricorso nel momento in cui le sono state rappresentate delle necessità legate al fatto che forse, di lì a qualche mese, il collega Previti sarebbe stato reintegrato nei suoi poteri, nel pieno diritto, dopo la chiusura dell'affidamento in prova. Il collega Pecorella vi ha dimostrato e sbattuto in faccia che esiste la legge, perché gli effetti penali non sono legati alla temporaneità: sono effetti penali e basta! Nel momento in cui c'è la riabilitazione, il deputato ritorna nei suoi pieni poteri e diritti per continuare a ricoprire la carica.
Dunque, signor Presidente, non mi voglio dilungare, ma purtroppo, con amarezza, debbo dire che siamo in presenza di una vicenda che si è protratta sotto la spinta di un'onda, quella dell'antipolitica, che lei, Presidente, e anche altri della maggioranza state cavalcando. Lei non può accelerare le procedure solo e soltanto perché glielo chiede il blog di un comico. Non le può accelerare perché magari Le Iene trasmettono un servizio contro le istituzioni. Stiamo andando verso il ridicolo, signor Presidente, nel momento inPag. 47cui non ci tuteliamo, e lei dovrebbe essere il primo a tutelare questa istituzione e i singoli componenti della stessa.
Davanti a tutto quello che è accaduto proprio riguardo a questa vicenda, allora devo pensare che c'è un disegno politico - stavo dicendo, abituato ad altro, un disegno di natura diversa - che vede forse andare la vostra maggioranza verso un tentativo di disgregazione delle istituzioni, se non stiamo attenti a tutelarle non attraverso le chiacchiere e le parole, ma attraverso fatti concreti che rispecchiano le prerogative di chi è giunto in quest'Assemblea e in questo Parlamento in virtù del consenso popolare. Allora, evidentemente, dobbiamo cambiare politica, dobbiamo cambiare atteggiamento nei confronti della politica e non renderci ridicoli.
Nel momento in cui voi approverete la decadenza del collega Previti, non causerete un danno a lui, ma a questo Parlamento e, ritengo, a tutti gli italiani (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia - Congratulazioni).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Perugia. Ne ha facoltà.
MARIA CRISTINA PERUGIA. Signor Presidente, colleghi deputati, la relazione del collega Burchiellaro ricostruisce con precisione e chiarezza l'iter seguito dalla Giunta delle elezioni per arrivare alla formulazione della proposta di annullamento per motivi di ineleggibilità sopravvenuta, oggi all'attenzione dell'Assemblea, dell'elezione del deputato Cesare Previti.
È stato un iter lungo e articolato, sia per motivi procedurali, tesi a fornire tutte le garanzie costituzionali e regolamentari al deputato di cui si contesta l'elezione, sia - lasciatemelo dire - per l'accortezza dei componenti, in particolare di maggioranza, della Giunta delle elezioni, che hanno accolto tutte le richieste di proroga presentate nel corso della valutazione, anche quando la legge avrebbe consentito di procedere. È il caso, ad esempio, dell'articolo 625-bis del codice di procedura penale, che seppure concede centottanta giorni - quasi tutti utilizzati dal deputato Previti - per presentare ricorso straordinario per l'errore materiale o di fatto contro la sentenza della Corte di Cassazione, è altresì vero che chiarisce, nel medesimo comma, come tale presentazione non sospenda gli effetti del provvedimento.
In questa fase, la tesi difensiva ha voluto incanalare il dibattito attorno alla distinzione tra definitività ed irrevocabilità della sentenza, invocando l'attesa di una sorta di definitività in senso assoluto, che non poteva (e non può) mai arrivare. Da un lato, infatti, la Suprema Corte non ha alcun limite temporale per correggere di propria iniziativa un eventuale errore materiale, dall'altro il condannato, pur in presenza di una sentenza passata in giudicato, può in qualsiasi momento chiederne la revisione. Cosicché si sarebbe configurata l'ipotesi che sia possibile rinviare l'esecutività di una sentenza sine die. Ciononostante, abbiamo atteso anche l'esito del ricorso, che, peraltro, è stato negativo.
Ritengo che si possano considerare definitivamente superate - ma evidentemente non è così, dato il dibattito di oggi - anche altre obiezioni della prima fase dell'istruttoria. La riconducibilità del mandato parlamentare al pubblico ufficio è definitivamente chiarita dall'articolo 357 del codice penale. La presunta alterazione della composizione politica di questa Camera e la minaccia alla sua autonomia, a causa dell'attività di un altro potere dello Stato, non sussiste in considerazione dell'attuale legge elettorale.
Il fumus persecutionis, ancora invocato dal deputato Previti - e in quest'Assemblea da quanti sono intervenuti prima di me - non rientra nei criteri del nostro giudizio, che riguardano i titoli di ammissione, quindi la presenza di una sentenza definitiva, come ammesso anche dall'avvocato Pellegrino.
Né ritengo che si possa accogliere la tesi - anche questa circolata negli interventi mi hanno preceduto - del vulnus alla volontà popolare, giacché questa, al momento dell'espressione del voto, non poteva essere informata dei fatti, essendoPag. 48la sentenza della Corte di Cassazione intervenuta solo nel maggio del 2006 ad elezioni e proclamazioni già avvenute.
Oggi siamo, quindi, chiamati a valutare se una condanna definitiva per corruzione in atti giudiziari ovvero per un reato grave contro la pubblica amministrazione, che ha importato come pena accessoria l'interdizione perpetua dai pubblici uffici, sia sufficiente o meno ad annullare l'elezione di un deputato. A tale proposito, l'avvocato Pellegrino, durante l'udienza pubblica del 9 luglio scorso, ha ravvisato un vuoto normativo nella consultazione comparata della Costituzione, della legge ordinaria e dei regolamenti, sostenendo che un'ineleggibilità sopravvenuta non è necessariamente causa di decadenza. Sottolinea a sostegno di tale tesi come la causa di ineleggibilità attribuita ai sindaci di comuni con popolazione superiore a ventimila abitanti, ove sia sopravvenuta - cioè nel caso in cui un parlamentare sia eletto sindaco - non determini una causa di decadenza o annullamento dell'elezione.
Ciò è sicuramente vero e credo che la norma vada modificata nel senso di prevedere una incompatibilità al pari di quanto già avviene per le cariche elettive regionali. Tuttavia, dobbiamo considerare la profonda e sostanziale differenza che intercorre tra una causa di ineleggibilità, prevista dalla legge, per un soggetto politicamente capace - cioè fornito dei requisiti richiesti dagli articoli 48 e 56 della Costituzione - cui venga, solo temporaneamente, precluso l'esercizio dell'esclusivo diritto elettorale passivo, ed una causa, invece, di ineleggibilità conseguente ad effetti giuridici intervenuti nel corso del mandato, in base ai quali il soggetto venga privato, in modo permanente, della capacità elettorale, sia attiva che passiva, cioè dei requisiti soggettivi richiesti dalla Costituzione.
Quelli appena illustrati, a parere della dottrina più autorevole, possono già costituire motivi sufficienti per l'automatica decadenza dalla carica, ma, ancora una volta, si porta avanti una presunta dicotomia tra ineleggibilità sopravvenuta e decadenza. L'articolo 17 del regolamento della Giunta - si sostiene - si riferisce all'accertamento di cause di decadenza, che sarebbero irrintracciabili nell'articolo 65 della Costituzione e nella legge cui questo rimanda per la determinazione dei casi di ineleggibilità e di incompatibilità con l'ufficio di deputato o senatore.
Il disposto del secondo comma dell'articolo 28 del codice penale è però inequivocabile: «L'interdizione perpetua dai pubblici uffici, salvo che dalla legge sia altrimenti disposto, priva il condannato» al punto 1) «del diritto di elettorato o di eleggibilità in qualsiasi comizio elettorale, e di ogni altro diritto politico». Degli effetti di tale incapacità abbiamo già parlato.
Mi preme, invece, mettere in rilievo il punto 2) dello stesso comma che prevede come il condannato sia privato «di ogni pubblico ufficio, di ogni incarico non obbligatorio di pubblico servizio, e della qualità ad essi inerente di pubblico ufficiale o d'incaricato di pubblico servizio». Qui torna l'articolo 357 del codice penale, in base al quale «...sono pubblici ufficiali coloro i quali esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa...». Se ciò è vero, allora è vero che, con questo articolo, si priva il condannato dell'ufficio, cioè del munus, ma anche della qualità di pubblico ufficiale, ovvero dello status di parlamentare, cioè lo si fa decadere.
Vorrei aggiungere che tale punto può essere rafforzato dalla lettura del punto 5) del medesimo comma, dove si fa riferimento alla privazione «...degli stipendi, delle pensioni e degli assegni che siano a carico dello Stato o di un altro ente pubblico». E l'articolo 69 della Costituzione stabilisce che «i membri del Parlamento ricevono una indennità...».
Infine, il punto 7) sottolinea la categoricità della pena che priva il condannato «della capacità di assumere o di acquistare qualsiasi diritto, ufficio, servizio, qualità, grado, titolo (...) indicati nei numeri precedenti».
Desidero ancora sottolineare un argomento a lungo dibattuto in questi mesi e, stamattina, anche in questa sede, che riguardaPag. 49gli effetti di un eventuale esito positivo dell'affidamento in prova ai servizi sociali; si tratta di un affidamento, peraltro, in questo momento revocato per gli effetti di un'altra condanna, tuttavia non voglio eludere tale argomento.
La giurisprudenza di legittimità, più volte, ci ha dato indicazioni sulla corretta interpretazione dell'ultimo comma dell'articolo 47 della legge 26 luglio 1975, n. 354, secondo la quale, come abbiamo sentito: «L'esito positivo del periodo di prova estingue la pena e ogni altro effetto penale», ma le sezioni unite della Cassazione, nelle motivazioni, ad esempio, dalla sentenza n. 27 del 27 settembre 1995, argomentano ampiamente su come il suddetto articolo stabilisca che l'affidamento in prova ai servizi costituisca unicamente una misura alternativa alla detenzione, non ricomprendendo in quel «ogni altro effetto penale», le pene accessorie, come invece fa l'articolo 178 del codice penale, a proposito della riabilitazione, istituto - questo sì - che estingue anche le pene accessorie.
D'altra parte - affermano ancora le sezioni unite - non può essere condivisa l'opinione di chi, attribuendo alle misure alternative alla detenzione natura premiale, ne fa discendere la conseguenza che il termine «pena», di cui al menzionato articolo 47, debba essere inteso nel suo significato più ampio possibile.
In conclusione, desidero fare presente che sebbene la giurisprudenza - con cui anche noi ci siamo cimentati - non sia una scienza esatta, bensì soggetta ad interpretazione, mi sembra un'enormità sostenere che il caso in esame non abbia contorni chiari e non sia adeguatamente normato. In tale caso non vi è conflitto di poteri, giacché il costituente ha inteso garantire i membri del Parlamento nell'esercizio delle loro funzioni, fatta salva l'esecuzione di una sentenza irrevocabile di condanna. Occorre a questo punto ricordare che tale sentenza concerne reati di corruzione in atti giudiziari; reati contro i principi fondamentali che regolano la nostra convivenza e contro quella parte dell'amministrazione pubblica chiamata a farli rispettare!
Desidero, altresì, fare presente ai colleghi dell'opposizione che sono sinceramente colpita di come quanti hanno votato ad esempio contro la legge sull'indulto o continuamente ci richiamano alla necessità della certezza della pena e delle politiche sicuritarie, oggi, invece, abbiano cambiato volto e abbiano fatto di tale episodio, loro sì, un caso di schieramento politico e di mantenimento di un interesse particolare.
In conclusione, preannuncio, a nome del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, il voto favorevole alla proposta della Giunta delle elezioni di annullamento, per motivi di ineleggibilità sopravvenuta, dell'elezione del deputato Cesare Previti (Applausi dei deputati del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 15 con il seguito dell'esame del documento in questione.
La seduta, sospesa alle 13,35, è ripresa alle 15,05.
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Bonelli, Capodicasa, Cento, Chiti, Cordoni, D'Alema, Di Salvo, Donadi, Fallica, Folena, Forgione, Franceschini, Galante, Giovanardi, Maroni, Mazzocchi, Meta, Migliore, Morrone, Pinotti, Pisicchio, Ranieri, Sgobio, Stucchi, Villetti, Violante ed Elio Vito sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantatré, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Sull'ordine dei lavori.
SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, vorrei chiedere alla Presidenza, vista l'importanza del nostro dibattito di oggi e lanciato un rapido sguardo all'Assemblea, se sia possibile verificare quali Commissioni siano attualmente riunite e permettere ai colleghi che ne fanno parte di partecipare ai nostri lavori, chiedendo alle Commissioni stesse di sospendere i loro lavori per consentire ai colleghi di partecipare al dibattito interessante, importante e delicato che stiamo affrontando in questo momento e per permettere loro anche di formarsi un'opinione sull'oggetto della votazione.
PRESIDENTE. Condivido la sua istanza e me ne farò portavoce presso i presidenti delle Commissioni affinché ci si comporti in questa direzione.
Si riprende la discussione del Doc. III, n. 3.
PRESIDENTE. Riprendiamo la discussione della relazione della Giunta delle elezioni sull'elezione contestata del deputato Cesare Previti per la XV circoscrizione Lazio 1.
Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta è iniziata la discussione.
(Ripresa discussione - Doc. III, n. 3)
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Barbieri. Ne ha facoltà.
EMERENZIO BARBIERI. Signor Presidente, credo non sfugga a nessuno la delicatezza della decisione che ci accingiamo a prendere: non sfugge a nessuno, perché devo dare atto del fatto che nella Giunta delle elezioni si è tentato, da parte di entrambi gli schieramenti, di non dare valenza politica alla questione, a volte riuscendoci e a volte non riuscendoci, nel senso che il dibattito, che è puntualmente pubblicato nei resoconti, ha fatto registrare talvolta posizioni fideistiche, frutto più di un pregiudizio che non di una valutazione serena della questione che stavamo esaminando.
La delicatezza del problema aumenta in considerazione del fatto che in cinquantanove anni di storia repubblicana questa Camera dei deputati ha dichiarato decaduti due soli deputati, l'onorevole Ottieri e l'onorevole Tanassi. Lei, signor Presidente, sa più di altri, per la sua formazione culturale e la sua esperienza, che ci sono stati altri casi che avrebbero meritato un'attenzione da parte della Camera dei deputati, anche di colleghi che si sono macchiati, nei decenni scorsi, di delitti forse più importanti e più pregnanti di quello che oggi viene imputato all'onorevole Previti.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, preliminarmente desidero sottolineare che noi, eredi, come presumiamo di essere (e mi pare che non ci venga più contestato da nessuno), della migliore tradizione democratico cristiana, su tali questioni abbiamo deciso di lasciare ad ogni deputato l'assoluta libertà di coscienza di votare come ritiene opportuno, come fecero i deputati della Democrazia cristiana nella I legislatura su questioni che avevano una valenza simile a questa. Non condividiamo - ma si tratta di una valutazione che affidiamo a ciascuno dei colleghi - la decisione di prendere posizione su questa materia come gruppi parlamentari o come partiti.
Avrà notato che ci siamo comportati nello stesso modo anche quando, venti giorni fa, abbiamo esaminato la dichiarazione di decadenza dei due colleghi Neri e Bodega: parecchi di noi hanno votato in un modo, altri colleghi dell'Unione dei democratici cristiani hanno votato in un altro modo. Facciamo, quindi, della libertà di coscienza un elemento imprescindibile, a nostro giudizio, rispetto a tali questioni, così come ci muoveremo in questa direzionePag. 51nel caso in cui, nei prossimi giorni o a settembre, arrivassero all'attenzione dell'Assemblea altre situazioni simili.
Cosa è emerso dalla discussione? Ho visto, signor Presidente, che ha ascoltato con attenzione tutti gli interventi, e quindi non le è sfuggito: è emerso con chiarezza che, al di là di chi afferma che bisogna andare nella direzione della decadenza di Previti, ci troviamo in un vuoto legislativo enorme, da questo punto di vista. L'onorevole Pecorella lo ha riassunto, ma credo che a nessuno sfugga che vi è una carenza legislativa terribile.
Signor Presidente, non in una regione del nord Europa o del Maghreb, ma in una regione italiana, che è la Sicilia, hanno risolto casi di questo genere in un modo che a mio giudizio configura un'altissima preparazione giuridica e politica: può accadere che il deputato regionale venga arrestato, e quindi subisca la trafila che devono subire prima del processo coloro che vengono arrestati; la regione Sicilia ha stabilito che in quel momento il deputato viene dichiarato decaduto, cioè decade dalla carica di deputato all'assemblea regionale siciliana, e subentra il primo dei non eletti; quando, completato l'iter giudiziario, l'incarcerato non viene condannato, ma viene assolto, il medesimo torna a esercitare le funzioni di deputato e colui che lo ha sostituito torna a fare il soldato semplice. Ciò testimonia, a mio giudizio, un grande livello di civiltà giuridica e manca, da questo punto di vista, una legislazione nazionale.
È inutile che riprenda le ultime argomentazioni svolte dalla collega Perugia o quelle illustrate all'inizio della discussione dal collega Pecorella, ma a nessuno può sfuggire che esiste un problema, su tale vicenda, che è pesante: mi riferisco a cosa accadrebbe o accadrà il giorno in cui, nell'agosto dell'anno prossimo, l'onorevole Previti terminasse la vicenda che lo ha riguardato e ottenesse un giudizio positivo per quanto riguarda la sua assegnazione ai servizi sociali.
Vi deve essere una differenza, signor Presidente. Nel caso in cui votassimo oggi, facciamo un'ipotesi che non è solo di scuola, è anche di reale possibilità (come lei sa, anzi qualche volta lei stesso la richiama anche nelle sue interviste): proviamo a immaginare che il Governo Prodi, che pure è sorretto da una maggioranza che va d'amore e d'accordo, alla fine di settembre cada e si decida, per la prima volta nella storia di questo Paese, di andare alle elezioni politiche a novembre: il candidato Previti non potrebbe candidarsi a rivestire la carica di deputato o di senatore della Repubblica, perché fino ad agosto dell'anno prossimo grava su di lui l'interdizione dai pubblici uffici. Per altro verso, supponiamo che invece ciò si verifichi nel 2009, a bocce ferme: tale preclusione nei confronti dell'onorevole Previti verrebbe a cadere. Quindi occorre porre rimedio a tale situazione, che costituisce davvero un aspetto negativo nella legislazione italiana.
D'altra parte, lei se ne è occupato perché è stato investito della questione da parte della Giunta delle elezioni, e lei a sua volta ha investito la Giunta per il Regolamento; la risposta la conosciamo ma il dato resta, il problema c'è: oggi si verifica per Previti, domani si può verificare per qualcun altro.
Lo dico, Presidente, perché noi veniamo in parte, non so se maggioritaria o minoritaria, da esperienze nella prima Repubblica in cui abbiamo visto che era facile additare al pubblico ludibrio deputati o senatori, salvo poi scoprire, dopo un iter giudiziario molto complesso e molto difficile, che erano innocenti; ce n'è anche qualcuno in quest'aula, di amici che hanno avuto un iter complesso e difficile, additati al disprezzo della pubblica opinione e poi assolti: ma ovviamente di questi si fa fatica anche a parlare. Nel nostro gruppo c'è certamente un collega, anzi più di un collega, che ha subìto trattamenti di tal genere.
Inoltre, non può essere automatico il fatto che le sentenze della magistratura debbano essere passivamente accettate dalla Camera dei deputati. Ho voluto tirar fuori, perché credo che possa essere utile per il prosieguo dei nostri lavori, una serie di sentenze emanate dalla Corte europeaPag. 52dei diritti dell'uomo, che sono da questo punto di vista estremamente significative. Non le leggo interamente, perché rischierei di utilizzare tutto il tempo a mia disposizione; esse riguardano la Turchia, la Grecia, la Bulgaria e la Slovacchia. Ne leggo alcune righe: per quanto riguarda più specificatamente la tutela del diritto di elettorato passivo, essa deve intendersi operante non soltanto con riferimento all'eventuale previsione di determinate cause di ineleggibilità che precludano ex ante la possibilità per l'individuo di candidarsi alle elezioni, ma anche, ed a fortiori, con riferimento all'eventuale destituzione o revoca dall'incarico del titolare di una carica elettiva regolarmente acquisita mediante la libera espressione del popolo. Cosa vuol dire questa sentenza in altre parole, per tradurla dalla poesia alla prosa, dall'italiano al dialetto? Vuol dire che il diritto di elettorato passivo è stato interpretato come comprensivo del diritto della persona eletta di continuare ad esercitare il mandato conferitogli per investitura popolare: questo afferma la Corte europea dei diritti dell'uomo.
Devo dire che il dibattito all'interno della Giunta si è svolto in modo serio, anche confrontando opinioni molto diverse. Non può sfuggire che così come ogni cittadino ha diritto ad un giudice imparziale, noi oggi, al momento del voto, dovremmo essere nei confronti dell'onorevole Previti, o tentare di essere, il più possibile imparziali lo dico a tutti, maggioranza, opposizione, diversi gruppi parlamentari.
Osservo inoltre che durante le audizioni sono state poste questioni che ci hanno colpito, nel corso del lavoro della Giunta delle elezioni, e che mi dispiace siano sfuggite alla collega Perugia. Quando abbiamo udito per la seconda volta l'onorevole Previti, egli ci ha portato a conoscenza del fatto che mentre era nel carcere di Rebibbia gli capitò di leggere un fondo di Liberazione - giornale, Presidente, che non è sconosciuto neanche a lei; dico non è sconosciuto, non aggiungo altre cose! - in cui il direttore Sansonetti (che non mi pare possa essere annoverato nella categoria dei giustizialisti, ma mi pare che sia garantista sempre) metteva molto in dubbio la possibilità di considerare equa la condanna espressa nei confronti dell'onorevole Previti; e Previti è venuto a raccontarcelo.
Abbiamo acquisito pareri pro veritate, che però, come sempre accade con i pareri pro veritate, non hanno convinto gli uni e gli altri della bontà delle posizioni. Quello che respingo - lo dico in termini molto chiari, pur essendo egli un collega che apprezzo e stimo, perché è con me in Commissione cultura - è l'approccio con cui ha parlato della questione l'onorevole Tranfaglia.
L'onorevole Tranfaglia ha posto un problema che può essere serio. Egli ha chiesto infatti se siamo sicuri che l'onorevole Previti, nell'assolvimento del suo mandato, abbia sempre fatto gli interessi della Repubblica. Non so dare una risposta a questa domanda; dico però all'onorevole Tranfaglia che è una domanda che egli può benissimo rivolgere anche a tanti altri colleghi che non sono l'onorevole Previti. Si tratta infatti di una domanda un poco apodittica; potrei rivolgermi a lui chiedendogli: scusi, onorevole Tranfaglia, lei che brilla in Commissione per le sue assenze, è sicuro di servire gli interessi della Repubblica, o ritiene invece di servire un altro tipo di interesse?
PRESIDENTE. Scusate, alle spalle dell'oratore, vorrei che si evitasse... Grazie.
EMERENZIO BARBIERI. Un punto rispetto al quale non mi sono assolutamente convinto è il passaggio, contenuto anche nella relazione del vicepresidente Burchiellaro, sull'analogia con il precedente costituito dal caso dell'onorevole Frigerio. Cosa decise la Giunta nella scorsa legislatura? Faccio questo riferimento perché la giurisprudenza della Giunta non può cambiare a seconda delle maggioranze che la reggono in un determinato momento, non può cambiare a seconda del fatto che i diciassette membri della maggioranza siano oggi espressi dal centrosinistra mentre nella precedente legislatura eranoPag. 53espressi dal centrodestra. L'onorevole Frigerio era stato condannato all'interdizione temporanea dai pubblici uffici, con l'affidamento ai servizi sociali; al termine del periodo di affidamento, la Camera ritenne di dover dichiarare estinta la pena accessoria. Si obietta: ma l'interdizione era temporanea. Ciò non cambia la sostanza della questione: se infatti si ritiene che la pena accessoria possa essere dichiarata cessata, questo vale - in termini di principi e di dottrina - tanto se si tratti di interdizione temporanea, quanto se si tratti di interdizione perpetua.
In proposito, ho molto apprezzato l'intervento dell'onorevole Turco, il quale - al di là di alcune battute dei colleghi che hanno parlato dopo di lui - ha fatto talune affermazioni significative (significativo è, in particolare, che tali affermazioni vengano dall'onorevole Turco, che appartiene alla maggioranza, ha una formazione che è agli antipodi della mia, ma è fortemente garantista). Nella sostanza, l'onorevole Turco ha detto che, su questa vicenda, i dubbi sono molti e le certezze poche. Devo dire che invidio chi nella discussione ha mostrato invece di avere moltissime certezze e pochissimi dubbi, poiché, nella Giunta delle elezioni, io e il collega Delfino siamo stati attraversati da molti dubbi e incertezze. Evitiamo dunque di fare, da questo punto di vista, un caso politico.
Mi avvio alla conclusione, signor Presidente, poiché ritengo di non dover aggiungere molte altre considerazioni, se non per sottolineare il fatto che credo che a nessuno sfugga l'importanza della votazione cui ci accingiamo. Ho tentato di non discutere di politica. Dice l'onorevole Boato che vi sono sentenze politiche, ma che non sempre le sentenze sono politiche, non ho capito bene. Vorrei fare all'onorevole Boato una domanda semplicissima: la sentenza riguardante Adriano Sofri è una sentenza politica o una sentenza giusta? È una sentenza ingiusta o una sentenza giusta? Se ci mettiamo su questo piano, né voglio né ho l'autorità per discutere se le condanne dell'onorevole Previti siano giuste o ingiuste. Quel che so, però, è qualcosa che sappiamo tutti, Presidente Bertinotti: Barabba era colpevole e Gesù Cristo innocente. Eppure, le cose andarono in modo esattamente opposto: Barabba fu assolto e Gesù Cristo fu condannato sulla croce. Le sentenze furono eseguite, anche se tutti sappiamo, con il senno di poi, che Gesù Cristo non era colpevole.
Non possiamo metterci nella condizione di giudicare le sentenze giuste o sbagliate a seconda della parte politica dalla quale provengono (Applausi dei deputati dei gruppi UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e Forza Italia).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato La Russa. Ne ha facoltà.
IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, credo che vi sia un errore, in termini di comunicazione, che non mi illudo di potere certamente sanare o rettificare con un intervento, ma per il quale ritengo che valga comunque la pena spendere due parole e provarci.
I lavori della Camera riguardo al caso Previti - in questi giorni, oggi - possono essere letti, da chi è poco informato e superficialmente guarda a questa notizia, come se noi stessimo mettendo in discussione la sentenza, come se dipendesse da quest'aula del Parlamento cambiare o confermare la sentenza di condanna che, dopo gradi di giudizio, la Cassazione ha reso definitiva.
La condanna a sei anni di carcere per Previti, a torto o a ragione, è definitiva e noi non abbiamo né la volontà né siamo nella condizione di modificarla minimamente; non siamo, nemmeno, i giudici della esecuzione, non siamo, cioè, nella condizione nemmeno di determinare come, in che misura e in quali condizioni questa sentenza debba essere eseguita. Non è di questo che si sta occupando questo ramo del Parlamento! Previti è stato condannato a sei anni. Si può criticare - ed io critico - quella sentenza di condanna, ma non solo non la voglio mettere in discussione, ma non la posso mettere in discussione.Pag. 54
Semmai, gli unici che l'hanno messa in discussione - indirettamente, per carità - sono coloro che, concedendo con una legge di questo Parlamento l'indulto, hanno ridotto da sei a tre anni, cari colleghi della sinistra, le pene anche per Previti (Applausi di deputati del gruppo Alleanza Nazionale)! Sono coloro che, attraverso l'indulto, hanno reso possibile - ne sono contento per Previti, ma sapete che noi abbiamo votato contro quella legge - il ricorso alla legge Gozzini, l'affidamento in prova al servizio sociale e, conseguentemente, la possibilità, al termine dell'affidamento in prova al servizio sociale, della perenzione e della cessazione dell'interdizione dai pubblici uffici.
Se noi non discutessimo oggi di questa vicenda, se aspettassimo - e potremmo farlo - un anno, all'agosto del 2008, grazie alle leggi dello Stato, probabilmente, direi certamente, Previti non sarebbe più interdetto dai pubblici uffici, perché le leggi dello Stato consentono la cessazione di questa pena accessoria al venir meno, o meglio, al superamento della prova dell'affidamento sociale.
Quindi, il nostro compito non è teso a modificare la sentenza, né, tanto meno, a cambiare i modi in cui questa sentenza debba essere eseguita.
Allora, onorevole Boato, che cosa stiamo a fare, oggi, in quest'aula? Siamo qui a decidere se quella interdizione dai pubblici uffici debba o no comportare la decadenza dal ruolo di parlamentare, di questo stiamo parlando.
Abbiamo sentito - e non voglio ripeterlo - che non vi sono precedenti e che, anzi, l'unico precedente va nella direzione opposta; abbiamo sentito - e sappiamo - che dovremmo, anzi, colmare un vuoto legislativo, per consentire una parità di diritti tra i deputati e altri cittadini che si trovassero nelle condizioni di interdizione e potrebbero, attraverso i meccanismi legislativi, essere reintegrati nel loro ruolo, cosa che, per sua natura, un parlamentare non può ottenere (se non si è più deputati, infatti, non è possibile, dopo un anno, essere reintegrati, facendo uscire colui che, nel frattempo, è subentrato). Di questo parliamo, e allora - ed è il secondo punto che vorrei affrontare - parlando di ciò, onorevole Boato, onorevoli colleghi della sinistra, abbiamo il diritto di valutare come ci atteggiamo e il diritto di scegliere tra il «sì» e il «no».
Chi pensa che vi sia un automatismo fra la sentenza di condanna e il diniego alla prosecuzione del ruolo di parlamentare per l'onorevole Previti commette un errore giuridico, oltre che politico. Se così non fosse, non vi sarebbe bisogno di questa discussione e avremmo dovuto dire che alla sentenza di condanna consegue, automaticamente, la decadenza dal ruolo di parlamentare, con una comunicazione del Presidente della Camera e così la vicenda sarebbe conclusa.
Se vi è un dibattito è perché il Parlamento, come sancisce l'articolo 66 della Costituzione, ha la facoltà di esprimersi liberamente. Pertanto io, che non metto in discussione la sentenza e la rispetto, né posso modificarla né intendo farlo, voglio dire alto e forte che se Previti non deciderà - come io penso - con un atto di grande dignità, di dimettersi prima, se si arriverà davvero ad un voto, soluzione che non ritengo plausibile (intendo dirlo e non mi nascondo dietro il dito di una probabile lettera di dimissioni), Alleanza Nazionale si esprimerà contro la proposta della Commissione, non solo perché tecnicamente e giuridicamente il vuoto legislativo va colmato e il precedente - l'unico in materia - non va ribaltato perché si tratta di Previti, ma anche perché considero ingiusta quella sentenza che non voglio né modificare, né cambiare.
Onorevole Boato, non si scandalizzi, l'ha detto prima di me un altro collega se Sofri fosse stato eletto deputato e avessimo oggi discusso, lei, a torto forse, ma legittimamente, avrebbe sostenuto che la sentenza di condanna nei confronti di Sofri non le avrebbe impedito di esprimere un voto in direzione opposta rispetto a quella che intende esprimere oggi.
Le porto un altro esempio, che vale sia per i deputati di destra (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale e Forza Italia) sia per quelli di sinistra: sePag. 55fosse eletto deputato al Parlamento - non lo è e non lo sarà - Giusva Fioravanti, condannato per la strage di Bologna, avendo tanti deputati della sinistra affermato che è un terrorista, ma ritenendo quella sentenza ingiusta, oggi ci troveremmo a criticare quella sentenza. Vedete che non mi nascondo solo dietro a Sofri o a Giusva. Voteremmo diversamente, alcuni di noi e alcuni di voi.
Allora, a maggior ragione, ciò vale per una sentenza che ha origine da una vicenda giudiziaria che ho avuto modo di conoscere sulla mia pelle. Ho il piacere di affermare in Assemblea che volutamente non mi sono difeso davanti alla Giunta per le autorizzazioni, che pure presiedevo. Ritengo un titolo di merito l'aver affermato e ripetuto che tale sentenza ha come fondamento una falsa testimonianza. La teste Ariosto mentiva sapendo di mentire: l'ho provato sulla mia pelle e sulla mia carne. È stata una costruzione artificiosa e artificiale che servì per avviare un processo, che ebbe, in seguito, altre acquisizioni ed altre prove. Non ho più seguito la vicenda successivamente, ma mi bastò quella prima fase per capire che vi era una volontà persecutoria nei confronti di Previti e della sua parte politica. Lo afferma una persona non adusa ad alzare l'indice accusatorio nei confronti delle procure e, soprattutto, nei confronti di quella di Milano, cui più volte ho riconosciuto altri meriti, ma non in tale caso.
Pertanto, sia per un motivo giuridico, sia per i precedenti, sia per un motivo di scelta, sia per la convinzione sulla ingiustizia della sentenza, se si giungesse al voto, senza il minimo dubbio e senza imbarazzo il gruppo di Alleanza Nazionale si esprimerebbe affinché Previti possa attendere l'anno mancante e, se l'affidamento sociale terminasse - come io penso - positivamente, possa rientrare avendo pagato le colpe che comunque una sentenza valida gli riconosce, tornando a ricoprire il suo ruolo. Tale comportamento sarebbe serio da parte del Parlamento: attendere un anno, come si è fatto in altri casi, e all'esito dell'affidamento in prova vedere cosa succede; ma abbiamo avuto fretta, quella stessa fretta che oggi, in un'altra Commissione del Parlamento, sembra non si abbia, se si rinvia a settembre un'altra decisione (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale)!
Concludo, Signor Presidente, affermando che tutta la vicenda Previti non è una bella pagina, come non lo è la conclusione di questa vicenda che oggi voi state determinando (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale, Forza Italia e di deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Lenzi. Ne ha facoltà.
DONATA LENZI. Signor Presidente, la relazione che abbiamo ascoltato oggi ha dato conto del percorso corretto e garantista tenuto in Giunta delle elezioni, come peraltro è stato riconosciuto dallo stesso deputato Previti e dal suo avvocato nella seduta pubblica del 9 luglio.
Di questo fa prova, inoltre, lo spazio e l'ampiezza della discussione durata dieci mesi. È il tempo riconosciuto alle esigenze processuali che man mano erano state rappresentate, stante il fatto che la Giunta delle elezioni avrebbe ben potuto decidere sulla base degli elementi già noti ad ottobre del 2006, al ricevimento delle motivazioni della decisione della Corte di Cassazione di conferma della condanna per corruzione nel processo IMI-SIR - non in altri processi evocati nell'intervento precedente - a sei anni di detenzione e all'interdizione perpetua dai pubblici uffici.
Tale sentenza ha comportato la cancellazione dell'onorevole Previti dalle liste elettorali del comune di Roma e la perdita dell'elettorato attivo.
Dopo che il ricorso per incidente di esecuzione presentato alla corte d'appello di Milano veniva rigettato a novembre 2006, decisione confermata in Cassazione; dopo che il ricorso in Cassazione per errore di fatto ex articolo 625-bis del codice di procedura penale - ricorso che come ricordato in interventi precedentiPag. 56faceva nuovamente riferimento alla questione della competenza territoriale - è stato dichiarato, a maggio, inammissibile dalla stessa Cassazione; dopo che l'affidamento ai servizi sociali, ottenuto a febbraio grazie all'applicazione dell'indulto, è stato 15 giorni fa - come si apprende da notizie di stampa - revocato in conseguenza di nuova diversa condanna a 18 mesi per il lodo Mondadori, ecco che quegli stessi eventi che al loro realizzarsi avrebbero dovuto modificare l'assunto di partenza (l'ineleggibilità sopravvenuta), quegli stessi eventi che hanno dato luogo ad un lungo e approfondito dibattito, adesso confermano la correttezza di quell'assunto.
Né è possibile attendere oltre per dare attuazione ad una sentenza, che ha già superato i quattro gradi di giudizio e nessuno può considerare non esecutiva.
Mettiamo pure il caso, come mi auguro, che venga di nuovo riconosciuta la possibilità dell'affidamento ai servizi sociali e che tra un anno, un anno e mezzo o due, con lo scorrere del tempo, sia compiuto il tempo di esecuzione della pena, potremmo fermarci e lasciare che il decorrere del tempo risolva la questione o prevedere una forma di sospensione?
Su questo secondo punto la Giunta per il Regolamento ha già escluso la possibilità di ricorrere ad un istituto, la sospensione, che non è previsto dalle nostre regole.
Aggiungo che, sostenendo e accettando che per un parlamentare le sentenze - anzi, in questo caso, le pene accessorie - non si applicano, lasciando invece decorrere il tempo dell'esecuzione in una sorta di limbo, per cui si è parlamentari, ma non si può esercitare la propria funzione, non si può venire in aula a votare, non si possono proporre leggi, né presentare interrogazioni, né si può solo ricevere un vitalizio, non faremmo altro che reintrodurre, in una forma tacita e surrettizia, l'immunità parlamentare.
Quanto alla questione del reintegro, siamo noi come dipendenti pubblici che hanno davanti a sé 35, o forse più, anni di lavoro? Il nostro reintegro sono le elezioni: è lì che ci si ripresenta, tanto più in un ordinamento come il nostro, che non preclude l'accesso ad un condannato che abbia eseguito la sua condanna e la candidabilità alle elezioni. Questo è il reintegro per i parlamentari: dopo cinque anni, ritornare a presentarsi davanti al corpo elettorale. Comprendo la delicatezza della decisione che ci accingiamo ad assumere, sul piano sia umano, sia del precedente parlamentare.
Anche se le agenzie riportano - mi auguro correttamente - l'annuncio delle dimissioni dell'onorevole Previti, è per tale motivo che io vorrei portare a termine il mio ragionamento. Noi, infatti, non siamo qui oggi per svolgere un nuovo processo, non siamo i magistrati. Tuttavia, non siamo nemmeno meri esecutori di sentenze, poiché per tale compito sarebbero sufficienti gli uffici.
Noi dobbiamo verificare l'esistenza dei presupposti di fatto e di diritto che giustificano una decisione così delicata e se ricorrano o meno le ipotesi previste dall'articolo 66 della Costituzione - che forse è il caso di rileggere: «Ciascuna Camera giudica dei titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità» - insieme all'articolo 56, terzo comma, secondo cui: «Sono eleggibili a deputati tutti gli elettori, che nel giorno delle elezioni hanno compiuto i venticinque anni». Rientra o meno tale fattispecie all'interno della normativa richiamata? Possiamo noi, che abbiamo la responsabilità di approvare le leggi, sottrarci alla loro applicazione?
La nostra autonomia si esercita costruendo un muro invalicabile, che ci rende nella sostanza intoccabili o, piuttosto, valutando e decidendo attraverso un percorso garantista, lungo e corretto, come quello che abbiamo svolto di volta in volta nel merito delle singole questioni? Sta in questo la nostra capacità di autogoverno e credo che ciò sia comprensibile anche per la gran parte dei nostri concittadini.
È sulla base di tale percorso, sugli elementi che oggi vi sono stati rappresentati che dichiaro, a nome del gruppo de L'Ulivo, di votare a favore della decadenzaPag. 57(Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo, Italia dei Valori e Comunisti Italiani).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Elio Vito. Ne ha facoltà.
ELIO VITO. Signor Presidente, preannuncio subito, perché non si tratta di creare colpi di teatro, che al termine del mio intervento darò lettura di due lettere che l'onorevole Previti mi ha fatto pervenire, una intestata a lei e una a me, ma direi - tramite me - ai colleghi del nostro gruppo.
Dico subito, signor Presidente, che il fatto che l'onorevole Cesare Previti abbia fatto pervenire queste lettere non vuole testimoniare una mancanza di rispetto nel non essere presente in aula, dandone personalmente lettura, tutt'altro. Piuttosto, signor Presidente, ciò ricade in una sua precisa volontà e responsabilità.
Per quanto riguarda l'assenza di Cesare Previti, la volontà della Presidenza di calendarizzare il dibattito proprio in questi giorni, in questa settimana, ha creato una limitazione soggettiva ed oggettiva alla possibilità di Cesare Previti di essere presente. Tale decisione ha, inoltre, fatto sì che il dibattito si svolgesse probabilmente nell'unica settimana di lavoro parlamentare caratterizzata, oltre che da tale limitazione soggettiva, anche da una particolare condizione oggettiva, quella della revoca dell'affidamento ai servizi sociali. Come emerso dal dibattito, ciò ha non poca influenza sulla decisione che la Camera deve assumere. Tale sua volontà, signor Presidente, rappresenta una compressione inaccettabile dei diritti di Cesare Previti e di tutto il nostro gruppo.
Vi è un ulteriore elemento sul quale vorrei richiamare l'attenzione dei colleghi. Oggi non ci troviamo nelle condizioni di serenità per discutere di un caso giuridico, come ci ha chiesto, nel suo bellissimo intervento, il collega Pecorella; non stiamo discutendo i casi dei colleghi Neri e Bodega, né quelli affrontati nel passato, riguardanti altri colleghi. Stiamo discutendo di Cesare Previti, che è stato, è, e resta per voi un obiettivo politico. È questa la nostra preoccupazione, che non vi possa essere la libertà e la serenità della Camera di deliberare e di scegliere su alcune grandi questioni, che pure sarebbe interesse dell'intera Assemblea poter finalmente sciogliere.
Espongo la prima questione. Il presidente Violante, nei giorni scorsi, ha affermato che il voto odierno era scontato, era un atto dovuto: era, letteralmente, un adempimento notarile rispetto ad una sentenza della magistratura. Presidente Violante, su questo punto c'è un abisso tra noi e lei. Noi non crediamo che il Parlamento debba, o possa, compiere atti notarili rispetto alle sentenze della magistratura (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia, Lega Nord Padania e DCA-Democrazia Cristiana per le Autonomie-Partito Socialista-Nuovo PSI), che vanno sì rispettate, ma proprio per quel criterio, che appartiene alla nostra cultura politica liberale, di separazione dei poteri, è sempre consentito alla Camera di potersi pienamente esprimere. Se noi oggi siamo chiamati dalla Costituzione e dai regolamenti a dare un voto, esso è pienamente legittimato a potersi esprimere in qualunque direzione.
La seconda questione sulla quale oggi non abbiamo le condizioni di serenità per poter intervenire come nei giorni scorsi è una considerazione gravissima - che, nel caso in cui si procedesse al voto, esporrebbe la Camera a delle conseguenze - cioè che oggi non esiste una norma specifica di legge che consenta alla Camera di dichiarare la decadenza, non solo dell'onorevole Previti, ma di qualunque altro deputato, come è emerso con chiarezza dal dibattito. La stessa relazione del collega Burchiellaro fa riferimento ad applicazioni interpretative di altre norme. Ebbene, voi sapete perfettamente che la Corte costituzionale e le regole democratiche di qualunque Paese occidentale stabiliscono che in materia di diritto elettorale non si possa procedere in via interpretativa; occorrono norme stringenti. AnchePag. 58per questo, dichiarare la decadenza, nelle siffatte condizioni, di Cesare Previti come di un qualunque altro deputato, sarebbe non solo un'ingiustizia, ma un vero e proprio arbitrio! Noi vogliamo impedire che la Camera possa compiere un atto così grave, solo in nome di un obiettivo politico da perseguitare.
Signor Presidente, vi è un'ulteriore considerazione da svolgere circa la pressione, che soprattutto dai banchi della maggioranza si è esercitata, si esercita e si avverte ogni volta che si parla dell'onorevole Cesare Previti. Ebbene, onorevole Lenzi, lei poco fa ha fatto riferimento all'impossibilità per la Camera di poter procedere attraverso pause, sospensive. Lei ricorderà, forse, che nella scorsa legislatura la Giunta delle elezioni, autorevolmente presieduta dall'onorevole Antonello Soro, per un altro caso di interdizione dai pubblici uffici, non perpetua, ma temporanea, ha di fatto deciso di non procedere a esaminare il caso affinché decorresse il tempo di condanna al quale quel collega era stato assoggettato, così che il collega non ha potuto patire alcuna sanzione, che sarebbe stata definitiva e ben più onerosa della sentenza della magistratura. Fu una decisione saggia e non contrastata. Perché fu possibile assumerla? Perché non si trattava di Cesare Previti! Questa condizione oggi non c'è, e tuttavia Cesare Previti si sarebbe trovato, si trovava fino a qualche settimana fa e, probabilmente e auspicabilmente, si troverà nella condizione nella quale si trovano migliaia di persone che, con l'affidamento ai servizi sociali in prova, vedono di fatto tramutarsi un'interdizione perpetua in un'interdizione provvisoria dai pubblici uffici. E non è vero che il «reintegro» potrà provenire dal prossimo corpo elettorale, perché il problema è di evitare che possa essere compiuto un danno non solo verso l'onorevole Previti, ma verso «questo» corpo elettorale, che vede la sua rappresentanza privata della persona che ha scelto di mandare in Parlamento, un bene superiore che evidentemente non appartiene a noi: ma tutto ciò non è possibile salvaguardare, perché si tratta di Cesare Previti.
Quando abbiamo chiesto in Giunta per il Regolamento, Presidente, di prevedere la sospensione dai pubblici uffici, perché non è possibile che la Camera dichiari una decadenza per tutta la durata della legislatura, in presenza di una sanzione minore della sentenza della magistratura, non è stato possibile esaminare il caso perché, appunto, si trattava di Cesare Previti. Allora si provveda e si colmi il «buco» normativo. Che almeno si colga l'occasione di questo caso e di questo dibattito per evitare che altri deputati, che non si chiamano Cesare Previti, debbano subire un'ingiustizia che, di fatto, in passato, non è mai stata fatta subire ad alcun deputato.
Vorrei svolgere un'ulteriore considerazione, Presidente. Noi abbiamo votato contro, in Giunta delle elezioni, sulle proposte all'Assemblea di deliberare l'annullamento dell'elezione per ineleggibilità dei colleghi Neri e Bodega, e l'Assemblea ha ribaltato il verdetto della Giunta, per una volontà della maggioranza che ha avuto una sapiente e intelligente gestione delle assenze e delle presenze e anche per un ribaltamento esplicito della volontà del gruppo di Rifondazione Comunista che, in Assemblea, ha votato differentemente da come ha votato in Giunta. Si trattava non di ineleggibilità sopravvenute - come nel caso di Cesare Previti - ma di ineleggibilità presenti all'atto dell'accettazione della candidatura. Ebbene, in quel caso, nessuno ha parlato di baratto, di scambio o di ricatto; quel voto della Camera - che pure ha ribaltato le decisioni della Giunta e che è stato un voto libero - non è stato oggetto di contestazioni.
Voi siete, colleghi, nelle condizioni di serenità e vi sentite di poter liberamente votare sul caso di Cesare Previti contro l'opinione e la proposta della Giunta? Siete messi dal vostro gruppo nelle condizioni, le stesse verificatesi nei casi degli onorevoli Neri e Bodega, di poter uscire dall'aula? Non credo, non credo che ve lo possiate permettere. E questa è una limitazione alla libertà del Parlamento che il Parlamento deve patire, perché Cesare Previti, ancora una volta, è unPag. 59obiettivo politico! Ma a questo, Presidente, credo che intenda porre termine e fine lo stesso Cesare Previti, con una nobiltà d'animo e di gesto che gli fa... (Commenti di deputati dei gruppi L'Ulivo e Rifondazione Comunista-Sinistra Europea)... onore e che credo sia migliaia e migliaia di chilometri lontana da questi commenti (Reiterati commenti di deputati del gruppo L'Ulivo - Proteste di deputati del gruppo Forza Italia)...
IGNAZIO LA RUSSA. Un po' di rispetto!
PRESIDENTE. Da tutte le parti prego di consentire lo svolgimento di questa fase difficile e conclusiva. La prego, deputato, di proseguire; a nessun parlamentare è concesso di interrompere questa fase, a nessuno. Prego, prosegua.
ANTONELLO IANNARILLI. Da quella parte, Presidente!
ELIO VITO. Signor Presidente, le lettere che ora leggerò rappresentano non, come pure qualcuno ha detto o adombrato, un escamotage, un tentativo di evitare il voto o un rifugio nel voto segreto, ma un gesto alto e nobile compiuto proprio in nome del rispetto del diritto e della stessa Camera dei deputati, e per impedire che la Camera, per raggiungere un obiettivo politico, possa costituire un precedente che sarebbe insanabile per tutti noi.
Al Presidente della Camera Fausto Bertinotti: «Signor Presidente, il breve termine intercorso tra la fissazione dell'ordine del giorno e la seduta odierna, l'operatività del weekend estivo anche per le strutture giudiziarie e lo stato attuale di detenzione domiciliare nel quale mi trovo rendono praticamente impossibile la mia presenza in aula e mi privano, sostanzialmente, della possibilità di partecipare al dibattito sulla mia decadenza da deputato. Forte è il mio rammarico, pur nella consapevolezza che il mio coartato silenzio nulla toglierà alla gravità della decisione che si intende assumere, né tanto meno all'evidenza degli squilibri tra poteri dello Stato che da troppi anni affaticano la vita del nostro Paese.
Sono innocente, e da innocente sconto una condanna ingiusta, e lo faccio nel pieno rispetto della legge, ottemperando a tutte le regole del mio stato con discrezione e convinta operosità. Tuttavia, continuo la mia battaglia sempre in nome del diritto, perché mi sia resa giustizia e si affermi la verità delle mie vicende giudiziarie. Ed è nel nome del diritto che ho invocato, dinanzi alla Giunta elettorale, particolare attenzione nel procedere per una decadenza da parlamentare in presenza di una sentenza sulla quale molto è da discutere, sia in sede nazionale, sia in sede europea, dove la violazione delle garanzie minime dell'equo processo è all'esame della Corte di Strasburgo.
Nel 1998, oltre nove anni fa, la Camera, quando, come ora, la mia parte politica era minoranza, ha sancito, a larghissima maggioranza ed a voto palese, l'esistenza del fumus persecutionis. Qualche mese fa, la Corte di cassazione ha confermato il verdetto della Camera. Ciò, tuttavia, è avvenuto troppo tardi rispetto alla condanna che, nel frattempo, era intervenuta e che sto scontando.
La Camera, quindi, non è un esecutore acritico di un ordine dell'autorità giudiziaria, né è chiamata ad applicare una norma tassativa delle leggi vigenti, norma che attualmente non esiste nell'ordinamento italiano, come è stato ampiamente dimostrato nel corso dei lavori della Giunta, con l'ausilio del parere di autorevoli costituzionalisti. In materia di diritti politici, sia la normativa interna che quella europea relativa ai diritti fondamentali richiedono assoluta tassatività, non raggiungibile attraverso processi interpretativi di norme previste per altre fattispecie.
Se dichiaraste la decadenza, compireste un atto di pura sottomissione del Parlamento al potere, non sovrano ma sovrastante, dell'autorità giudiziaria, riconoscendole un primato rispetto al Parlamento del tutto estraneo alla nostra Costituzione, come a quella di qualsiasi Paese democratico. Compireste un atto irrimediabilmentePag. 60lesivo della rappresentanza politica nazionale, di cui è espressione il mandato parlamentare, che non trova fondamento nell'attuale quadro normativo e che non realizza affatto quel bilanciamento tra interessi costituzionalmente protetti, di cui la Giunta ha riconosciuto l'esigenza. La creazione di un simile precedente costituirebbe un vulnus, per il Parlamento e per i singoli parlamentari, gravissimo e irrecuperabile.
Il grande rispetto che ho per il Parlamento, al quale mi onoro di appartenere da tanto tempo, mi impone, quindi, di fare tutto il possibile per evitare che questo avvenga, senza per questo, sia chiaro, rinunciare alle ragioni di principio che sono convinto dimostrino l'arbitrarietà della proposta di decadenza oggi in discussione e l'insanabile contrasto di tale misura con i cardini della democrazia rappresentativa.
Rassegno, quindi, le mie irrevocabili dimissioni da deputato, chiedendo di voler procedere immediatamente alla relativa votazione. Firmato: Cesare Previti» (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale, Lega Nord Padania e DCA-Democrazia Cristiana per le Autonomie-Partito Socialista-Nuovo PSI).
A Elio Vito, presidente del gruppo di Forza Italia: «Caro Elio, ti prego, sulle mie dimissioni, di richiedere il voto palese, affinché nessuno pensi che queste abbiano uno scopo diverso da quello indicato nella lettera che hai letto in aula e ti prego di invitare, a mio nome, i colleghi di partito a votare a favore delle mie dimissioni.
Ti ringrazio. Firmato: Cesare Previti» (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale, UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), Lega Nord Padania e DCA-Democrazia Cristiana per le Autonomie-Partito Socialista-Nuovo PSI).
PRESIDENTE. Chiedo al deputato Elio Vito di far pervenire la lettera indirizzata al Presidente, in modo da poter procedere.
Vorrei fare solo una precisazione: la Presidenza non ha privato il deputato Previti della possibilità di essere presente oggi in Aula. Le procedure ordinarie lo avrebbero reso possibile. Abbiamo ascoltato, da parte del presidente del gruppo di Forza Italia, la lettura della lettera con la quale il deputato Previti rassegna le dimissioni. La lettera è stata testé consegnata alla Presidenza.
Considerata l'autorevolezza del latore della missiva - si tratta del presidente del gruppo di Forza Italia, cui appartiene il deputato interessato - e alla luce delle particolari circostanze, le dimissioni risultano validamente presentate.
La Presidenza ritiene di poter dare seguito, prioritariamente, alla decisione dell'Assemblea sull'accettazione delle dimissioni rispetto al seguito della discussione, in corso di svolgimento, sulla proposta di annullamento dell'elezione formulata dalla Giunta delle elezioni. Pertanto, sospendiamo tale discussione prima di procedere alla relativa votazione, per passare immediatamente alla trattazione della questione dell'accettazione delle dimissioni.
In questo senso è lo specifico precedente del 18 dicembre 1993, quando, con riferimento alle dimissioni del deputato Crippa, intervenute il giorno stesso dell'inizio della discussione della proposta della Giunta delle elezioni di annullarne l'elezione, il Presidente della Camera ebbe a precisare che «per un principio di economia procedimentale oltre che di cortesia nei confronti di un collega che prende correttamente atto delle conclusioni cui la Giunta è pervenuta, debbano essere poste in votazione le dimissioni dal mandato parlamentare».
La presentazione delle dimissioni costituisce, infatti, un atto - ancorché di natura diversa rispetto alla proposta della Giunta delle elezioni, in quanto a carattere volontario - idoneo a determinare una deliberazione dell'Assemblea che, se positiva, renderebbe - attraverso una sostanziale cessazione della materia del contendere - inutile l'ulteriore discussione della proposta della Giunta, facendone venir meno il presupposto, ossia l'appartenenza all'organo interessato.Pag. 61
Ovviamente, in conformità al precedente del 18 dicembre 1993, sopra ricordato, nel caso in cui le dimissioni fossero accolte si darà luogo alla proclamazione del subentrante.
Qualora, invece, le dimissioni fossero respinte, si procederà al seguito dell'esame della proposta della Giunta di contestazione dell'elezione.
Stante la diversa natura e il diverso fondamento della proposta di annullamento delle elezioni della Giunta, l'eventuale successiva decisione dell'Assemblea su di essa - in caso di reiezione delle dimissioni - non costituisce in nessun caso bis in idem.
Sulle dimissioni del deputato Previti darò la parola, ove ne venga fatta richiesta, ad un rappresentante per ciascun gruppo e per ciascuna componente politica del gruppo Misto.
Avverto che, ai sensi dell'articolo 49 del Regolamento, la votazione sull'accettazione delle dimissioni del deputato Previti dovrebbe aver luogo a scrutinio segreto mediante procedimento elettronico.
È stato, tuttavia, chiesto dal deputato Previti, per il tramite del presidente del suo gruppo, che l'Assemblea si pronunci sull'accettazione delle sue dimissioni con votazione palese.
Come ho appena ricordato, a norma dell'articolo 49, comma 1, del Regolamento, le votazioni riguardanti persone sono sempre effettuate a scrutinio segreto, ossia senza necessità che ne venga avanzata apposita richiesta. In questo senso è la costante prassi applicativa, che è stata confermata anche dalla pronuncia interpretativa resa dalla Presidenza nella Giunta per il Regolamento del 7 marzo 2002.
Tuttavia, alla luce della espressa richiesta formulata, in conformità ad un principio generale dell'ordinamento parlamentare, ritengo si possa eccezionalmente procedere, in questa circostanza, con il voto palese ove nessuno eccepisca sul punto e, cioè, se vi sia un accordo unanime, senza eccezioni, su questa modalità di votazione da parte dei componenti dell'Assemblea.
MARCO BOATO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MARCO BOATO. Signor Presidente, ci sarà occasione fra poco, eventualmente nel corso delle dichiarazioni di voto che lei ha preannunciato, di pronunciarsi nel merito di quanto è stato poco fa dichiarato, che non voglio affrontare in questo momento, perché il mio è un intervento per un richiamo al Regolamento.
Non credo che possiamo in alcun modo derogare al Regolamento. L'articolo 49 del Capo X del Regolamento - intitolato «Delle votazioni» - afferma, al comma 1: «Le votazioni hanno luogo a scrutinio palese. Sono effettuate a scrutinio segreto le votazioni riguardanti le persone (...)».
La stessa norma è riprodotta nello stesso articolo 49, al comma 1-ter, per quanto riguarda le Commissioni. Lo ricordo solo per far capire che è un principio così rigido da essere applicato anche alle Commissioni. Il comma 1-ter prevede che: «Nelle Commissioni hanno luogo a scrutinio segreto soltanto le votazioni riguardanti persone». Inoltre, il successivo articolo 51, al comma 1, ribadisce nuovamente: «Salve le votazioni riguardanti persone, che si effettuano a scrutinio segreto (...)».
Pertanto ritengo, signor Presidente, che neppure ad unanimità si possa derogare, sia pure in via eccezionale, alle norme regolamentari poste a tutela ed a presidio delle persone, nonché dell'ordinato svolgimento dei nostri lavori nel giudizio riguardante le persone. Alla luce di tutto ciò, dichiaro di non consentire all'ipotesi dell'unanimità dei consensi in ordine a tale aspetto che, in ogni caso, non potrebbe violare il Regolamento.
Chiedo, pertanto, il rispetto dell'articolo 49, comma 1 e dell'articolo 51, comma 1, del Regolamento.
PRESIDENTE. Come precisato più volte dalla Presidenza, costituisce principio generale dell'attività parlamentare quello in base al quale l'unanimità dei consensi può consentire deroghe a disposizioni regolamentari,Pag. 62laddove le norme siano prive di connessione con norme di legge costituzionale o ordinarie, ma operino nell'interesse esclusivo dei medesimi titolari della potestà normativa interna. Ad essi, pertanto, ove unanimi, non può essere disconosciuta la facoltà di comportamenti creativi di consuetudini e di desuetudine, come pure di eventuali eccezioni alle norme scritte. In questo senso: la lettera del Presidente Pertini del 24 ottobre del 1974, nonché la analoga lettera della Presidenza della Camera del 18 luglio del 2002.
Tuttavia, lei ha svolto una eccezione critica e, dunque, procederemo a scrutinio segreto, secondo le norme del Regolamento.
(Dimissioni del deputato Cesare Previti)
PRESIDENTE. Chiedo se vi siano richieste di intervento per dichiarazione di voto.
SERGIO MATTARELLA. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SERGIO MATTARELLA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, adempimenti come questo non sono occasioni di compiacimento, non sono esaltanti. Per quanto possa essere grande e profonda le distanza e la contrapposizione politica, per quanto possa essere dura e accesa la polemica, non è esaltante disporre la decadenza di un parlamentare dal suo mandato o accogliere le dimissioni che la anticipano. Le dimissioni annunziate poc'anzi con un piccolo mutamento di scenario dal capogruppo di Forza Italia non cambiano l'oggetto della seduta, cambiano la forma della decisione da assumere ma non la sostanza. Si tratta comunque di decidere se l'onorevole Previti non può mantenere il mandato parlamentare, se non può continuare a svolgere l'ufficio di deputato.
Sappiamo, signor Presidente, che secondo la logica e i precedenti della Camera, che lei ha bene ricordato, il voto sulle dimissioni precede e, se positivo, preclude il voto sulla decadenza e la procedura da lei indicata è sicuramente la più corretta. Voteremo pertanto sulle dimissioni ma non cambiano i motivi in base ai quali ci esprimeremo, voteremo in favore dell'accoglimento delle dimissioni per gli stessi motivi che hanno sorretto la proposta della Giunta delle elezioni. Si tratta di un adempimento che rientra nei nostri doveri e a cui dobbiamo provvedere per il rispetto che si deve alle regole della Costituzione e della legge, rispetto fondamentale per la vita democratica e per la convivenza civile. Tale è il punto che ha motivato e che deve motivare le nostre determinazioni, le nostre motivazioni: il rispetto delle regole, questo e soltanto questo è ciò cui facciamo riferimento.
Non vi è nessun intento persecutorio: la posizione giuridica dell'onorevole Previti è stata esaminata ed approfondita dalla Giunta delle elezioni attraverso un iter lungo e minuzioso come ricordato dal relatore e che secondo alcuni sarebbe stato anche troppo lungo. È vero: avrebbe potuto essere più breve e da alcune parti, nella Giunta delle elezioni, si è accuratamente ricercata ogni possibilità di informazione ulteriore, ogni riferimento ulteriore. Il Regolamento lo consente. Ciò non deve stupire, disporre la decadenza di un parlamentare eletto dal popolo è un adempimento circondato da molte garanzie contro possibili soprusi di una maggioranza che volesse disfarsi di un avversario prestigioso e quindi inviso.
Ebbene, tali procedure di garanzia sono state tutte sperimentate, e il tempo impiegato dimostra l'assenza di ogni intento persecutorio e respinge, esso stesso, le accuse di questo genere.
Non vi è alcun vantaggio di maggioranza. A differenza di altri casi - ad esempio quello in cui si deve decidere sulla richiesta di arresto di un parlamentare - non rimane un seggio vacante, infatti nel caso odierno al posto dell'onorevole Previti, se accolte le sue dimissioni,Pag. 63o se dovesse essere dichiarato decaduto, vi sarebbe un altro, nuovo deputato di Forza Italia.
Quello che oggi in questa aula celebriamo non è un giudizio nel merito delle accuse formulate nei processi all'onorevole Previti. Non ci compete. Siamo chiamati a prendere atto di una decisione formulata dalla magistratura in tre gradi di giudizio, e passata in giudicato con la pronunzia della Corte di cassazione. Ne dobbiamo prendere atto e assumerci la responsabilità delle conseguenti decisioni che competono soltanto a questa Camera.
Non ha fondamento il richiamo poc'anzi fatto dal collega Vito al precedente dell'onorevole Frigerio: la Giunta delle elezioni di allora, nella scorsa legislatura a maggioranza di centodestra, non ha mai deliberato nel senso che il collega citato ha evocato, e si trattava comunque di interdizione temporanea dai pubblici uffici.
Il punto - colleghi - è sempre lo stesso: il rispetto delle regole.
All'onorevole Previti è stata interdetta la possibilità di ricoprire uffici pubblici e tale interdizione, perpetua, è stata disposta da una sentenza definitiva di condanna. La funzione di deputato è appunto indiscutibilmente un pubblico ufficio, e non gli è più consentito di ricoprirlo. Soltanto la Camera, attraverso il voto dei suoi componenti, può disporne la decadenza o accertarne le dimissioni, e noi siamo chiamati a farlo, salvo violare le regole della Costituzione e della legge, norme che esistono - colleghi - diversamente da quanto si è detto, norme che esistono, chiare e stringenti.
L'articolo 66 della Costituzione, sopra la quale non vi è null'altro - sottolineo nulla - attribuisce alla Camera il compito di decidere sulle cause sopraggiunte di ineleggibilità dei deputati, e l'onorevole Previti è divenuto, dopo le elezioni, ineleggibile. L'interdizione perpetua dai pubblici uffici comporta - come è noto - la perdita della titolarità dei diritti elettorali. Chi ne è colpito non può essere più né eletto né elettore, e difatti l'onorevole Previti è stato cancellato dalle liste elettorali.
È sempre la Costituzione - come ha ricordato il relatore - all'articolo 56, che dispone che può essere deputato soltanto chi può votare, e ciò non è più consentito all'onorevole Previti per effetto di quella interdizione.
Vi sono stati nel dibattito odierno - colleghi - alcuni abili, talvolta acrobatici tentativi di formulare argomentazioni volte a contestare la decadenza e le conclusioni della Giunta, o addirittura volte (Commenti del deputato Elio Vito)... a sostenere l'impossibilità di decadenza di un parlamentare, senza riflettere che ciò significherebbe che un parlamentare, qualunque colpa abbia commesso, qualunque fosse il reato da lui commesso, qualunque responsabilità abbia di qualunque natura, sarebbe comunque inamovibile, conclusione infondata ma anche aberrante.
A questi argomenti ha risposto con grande efficacia poc'anzi l'onorevole Lenzi: si tratta di tentativi che si infrangono contro la chiarezza di quelle due norme della Costituzione.
Non è possibile in alcun modo, con nessun argomento, complicare la realtà dei fatti che è, al contrario, estremamente semplice: un cittadino interdetto in perpetuo dai pubblici uffici non è più titolare dei diritti elettorali, non può più votare e di conseguenza non può più essere eletto, e se è già stato eletto ed è parlamentare decade dal suo mandato ai sensi dell'articolo 66 della Costituzione, ovvero si dimette.
Non si tratta, colleghi, della vittoria di una parte sull'altra, si tratta semplicemente della verità dei fatti e di adempiere al dovere - al nostro dovere in questa circostanza - di rispettare le regole poste dalla Costituzione e dalla legge.
Questa è la ragione per la quale voteremo, come gruppo e come singoli appartenenti al gruppo dell'Ulivo, per l'accoglimento delle dimissioni dell'onorevole Previti dalla carica di deputato (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo, RifondazionePag. 64Comunista-Sinistra Europea, Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo, Italia dei Valori e Comunisti Italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato La Malfa. Ne ha facoltà.
GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, prima di indicare il nostro orientamento di voto sulle dimissioni dell'onorevole Previti, desidero affrontare la questione sulla quale eravamo chiamati a discutere prima del suddetto intervento incidentale: mi riferisco, in particolare, al nostro orientamento sulle proposte della Giunta delle elezioni. È una decisione molto difficile quella proposta dalla Giunta, perché in essa si scontrano - credo che molti parlamentari di tutte le parti politiche lo comprendano bene - due esigenze ugualmente importanti per il Parlamento. Da un lato, vi è il rispetto dovuto alle decisioni della magistratura: rispetto al quale non può sottrarsi né il Parlamento né un singolo parlamentare; anzi, si tratta di decisioni alle quali, proprio in quanto parlamentari, siamo tenuti a prestare il massimo rispetto. Dall'altro, però, vi è la necessità, che ci compete come singoli parlamentari e come corpo politico, di difendere l'autonomia della nostra istituzione nei confronti degli altri poteri dello Stato e, quindi, di difendere le prerogative dei parlamentari nel momento in cui essi sono nelle condizioni in cui si trova l'onorevole Previti. Noi non facciamo parte della Giunta delle elezioni; pertanto, abbiamo dovuto tener conto delle parole, del resto meditate, dei colleghi Burchiellaro e altri che hanno affrontato ed esposto alla Camera questi temi. Pensiamo che il Parlamento debba essere molto attento nel valutare il tema del fumus persecutionis, perché, certamente, si tratta di un tema molto delicato nel rapporto tra il Parlamento e la magistratura. Tuttavia, in questo caso - mi dispiace dissentire dall'eminente collega Pecorella -, per quello che possiamo comprendere dalle parole della Giunta delle elezioni, pur con tutte le cautele, a noi sembra che la conclusione cui hanno condotto i vari gradi di giudizio che si sono intrecciati nella vicenda, consenta al Parlamento, o perlomeno a noi, di escludere l'esistenza del fumus persecutionis, anche se il Parlamento, nel 1998-1999, dovette valutare in altro modo un primo grado di questo passaggio. Tuttavia, onorevoli colleghi, tale conclusione non esaurisce la questione di cosa fare: l'onorevole Violante non può dire che, se è escluso il fumus persecutionis, ne segue che la decisione del Parlamento automaticamente non può che essere conforme alle conclusioni della magistratura, perché vi sono altri due aspetti su cui si sono soffermati autorevolmente alcuni colleghi giuristi. Le due questioni sono se possa e debba essere pronunciata...
PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole La Malfa.
GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, è previsto un tempo per il mio intervento?
PRESIDENTE. Sì, le spettano quattro minuti per il suo intervento.
GIORGIO LA MALFA. Cercherò, allora, di essere molto breve: lei non lo aveva preannunziato e io non mi ero preparato a svolgere un discorso breve.
PRESIDENTE. Mi scuso. Tenga solo conto di quello che ho segnalato.
GIORGIO LA MALFA. Come lei sa, si dice che ci vuole tempo per preparare un discorso breve, ma l'avrei fatto... Le due questioni sono quelle che sono state rilevate. La prima è la seguente: se la sanzione dell'interdizione perpetua dai pubblici uffici può essere eliminata all'esaurirsi dell'affidamento ai servizi sociali, possiamo dichiarare la decadenza di un parlamentare che, forse, domani potrà avere di nuovo riconosciuto il suo diritto di elettorato passivo? La seconda è la seguente: possiamo dichiarare l'ineleggibilità successiva all'elezione, se questo non èPag. 65previsto da una esplicita legge? Sono due questioni sollevate da alcuni colleghi (Pecorella, Gamba, ed altri).
Temo che l'incertezza su tali due questioni, che del resto la Giunta delle elezioni ha esaminato, ci conduca ad affermare che avremmo votato - e voteremo - contro le conclusioni della Giunta; non ci sembra, cioè, che vi sia la ragione di creare un precedente di questa natura.
L'onorevole Previti - e concludo, signor Presidente - con una lettera nobile - non vi è ragione di ironia, onorevoli colleghi! - ha motivato le sue dimissioni, senza utilizzare, onorevole Mattarella, l'argomentazione del tipo: tanto, poiché mi mandate via, preferisco uscire con «i miei piedi» (e lei, quindi, afferma di volerlo aiutare, votando a favore delle sue dimissioni). Egli ha motivato le sue dimissioni in un altro modo, affermando cioè che avrebbe preferito dimettersi, poiché sarebbe grave per il Parlamento assumere sulle questioni dell'ineleggibilità e dell'interdizione perpetua dai pubblici uffici decisione, che sarebbe sbagliata e che costituirebbe un precedente. Onorevole Mattarella, lei non può sostenere che, poiché il risultato è lo stesso, voterete a favore delle dimissioni!
Ritengo che la motivazione addotta conduca ad esprimere un voto contrario sulla richiesta di dimissioni dell'onorevole Previti...
PRESIDENTE. La invito a concludere.
GIORGIO LA MALFA. ...che è ciò che ci accingiamo a fare. Esprimeremo un voto contrario in merito alla richiesta di dimissioni e, in seguito, il Parlamento voterà, come riterrà, sulla questione posta dalla Giunta delle elezioni (Applausi dei deputati dei gruppi Misto - (Repubblicani, Liberali, Riformatori) e DCA-Democrazia Cristiana per le Autonomie-Partito Socialista-Nuovo PSI). La ringrazio e mi scusi ancora, signor Presidente.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Migliore. Ne ha facoltà.
GENNARO MIGLIORE. Signor Presidente, colleghe e colleghi, questa sera non siamo chiamati a pronunciare una sentenza, ma ad esprimere liberamente la nostra opinione ed il nostro voto sulle ragioni di merito, che hanno informato la decisione fin qui assunta dalla Giunta delle elezioni e che porterà, come conseguenza, la cessazione dall'attività e dal mandato del deputato Cesare Previti in questa legislatura.
Vorrei ribadire che, per quanto ci riguarda, sia singolarmente che come gruppo, l'espressione del voto a favore dell'accettazione delle dimissioni presentate dal deputato Previti, attraverso l'irrituale forma del suo annuncio attraverso il rappresentante del gruppo di Forza Italia, rappresentano per noi un'equivalente misura ed un'equivalente espressione del voto, rispetto a quanto avremmo fatto sul procedimento di decadenza.
Non ci sfugge, ovviamente, il risvolto politico ed anche il tentativo generato da una condizione necessitata di presentare proprio oggi tali dimissioni, ma ciò che noi intendiamo realizzare, attraverso l'adesione alla proposta avanzata dalla Giunta delle elezioni, è il rispetto sostanziale e formale del nostro mandato e delle regole. Pertanto, condivido quanto sosteneva prima di me il collega Mattarella e il merito delle motivazioni, che sono state espresse dalla collega Perugia, dai colleghi e dalle colleghe che sono intervenuti in tal senso.
PRESIDENTE. Mi scusi, deputato Migliore. Per favore, invito ad assumere un comportamento, che ci consenta di svolgere questa fase conclusiva con la stessa attenzione.
GENNARO MIGLIORE. Dal nostro punto di vista, quindi, potrebbe terminare anche ora questo mio intervento. Mi rivolgo in particolare a lei, presidente Vito, poiché siamo chiamati anche ad interloquire in un'Assemblea così prestigiosa ed autorevole.
Lei ha chiesto ai colleghi della maggioranza se si sentissero liberi, di fronte aiPag. 66rispettivi gruppi, nell'espressione del loro voto. Credo di parlare non solo per me, quando affermo che questa domanda, per quanto ci riguarda, sia superflua e oziosa. Sono io, invece, a chiedere a ogni singolo deputato dell'opposizione che siede in quest'Aula (si è riscontrato anche dal differente gradimento del suo intervento, con l'espressione del consenso in questi banchi) se si senta libero di dichiarare che un condannato in via definitiva per un reato, che ha portato un nocumento alla nostra comunità e allo Stato, si senta libero di esprimere fino in fondo la sua convinzione, come credo sia per molti di voi.
Oppure, al contrario di ciò che lei diceva, proprio perché di Cesare Previti si tratta, siete voi che ne avete fatto un simbolo politico: il simbolo della presunzione di innocenza, al di là delle sentenze definitive; la presunzione di un'autorità sovraordinata - quella, eventualmente, del Parlamento, non già dell'autorità giudiziaria, della quale si deve rispettare, in un contesto di reciprocità, l'autonomia ed evitare conflitti di poteri - a fronte della sostanziale applicazione del principio dell'eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. Ciascun altro condannato in via definitiva, con una pena accessoria dell'interdizione perpetua dai pubblici uffici, sarebbe stato immediatamente nell'impossibilità di esercitare il proprio mandato; in questo caso, invece, si è voluto teorizzare che vi era un danno al corpo elettorale. Penso che faremmo un danno al corpo elettorale se non assumessimo - date la rilevanza e la gravità della pena comminata - questa decisione, cioè che oggi cessi la sua attività parlamentare il deputato Previti.
No, presidente Vito, la sovranità dell'Assemblea non è data dal contrasto e dal respingimento di una richiesta, in questo caso, dall'accoglimento di un invito alle dimissioni del deputato Previti. Vorrei capire, infatti, poiché tali dimissioni sono state giudicate così alte, se anche voi voterete a favore del loro accoglimento.
La nostra sovranità è data dal fondamento, dalla convinzione e dal giudizio che ciò che stiamo facendo è equo e giusto: equo, nei confronti di una sentenza passata in giudicato in nome del popolo sovrano; equo e giusto, per il rispetto della libertà del nostro mandato, fino in fondo e senza nessun condizionamento dato dall'importanza del deputato in questione; equo, infine, nei confronti delle cittadine e dei cittadini del nostro Paese.
Per tale motivo, annunzio, come gruppo e come singoli, il voto a favore dell'accoglimento delle dimissioni del deputato Cesare Previti (Applausi dei deputati dei gruppi Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, L'Ulivo e Italia dei Valori).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Del Bue. Ne ha facoltà.
MAURO DEL BUE. Signor Presidente, egregi colleghi, dobbiamo svolgere dichiarazioni di voto riguardo alla lettera di dimissioni dell'onorevole Previti e non già riguardo alle conclusioni della Giunta, che sono state - come lei ha puntualmente precisato - in qualche misura superate da questo atto, testé letto dal deputato Vito e consegnato alla Presidenza della Camera.
Alla luce di tale lettera, dobbiamo decidere un voto, a prescindere dal giudizio che diamo relativamente alle conclusioni della Giunta. Forse ciò è sfuggito a coloro che mi hanno preceduto, alle dichiarazioni che hanno fatto e con cui hanno ripreso, invece, i temi alla base della loro posizione assunta nel merito della defenestrazione dalla Camera dell'onorevole Previti.
Alla luce di questa lettera, mi sarei aspettato uno stile diverso. Devo dirlo con la massima franchezza e sincerità: non ho udito, da parte degli interlocutori autorevoli della maggioranza, una sola parola di apprezzamento per tale gesto. Una volta, Nenni, dopo la sconfitta di De Gasperi alle elezioni del 1953 (si parlava, allora, della «legge truffa»), rivolgendosi ai suoi, disse che l'avversario politico va sconfitto, non va mai umiliato. Non credo che questo stile sia stato presente oggi in alcune dichiarazioni. Voglio solo sperare che l'onorevole Mattarella abbia preparato il suo intervento prima della lettura dellaPag. 67lettera di dimissioni, perché, francamente, vi ho ritrovato tutti i toni esacerbati del conflitto precedente a tale lettera e che aveva animato il confronto all'interno della Camera dei deputati sull'ammissibilità o meno delle conclusioni della Giunta.
Non vorrei che tornassimo indietro nel tempo per ciò che riguarda i rapporti fra maggioranza e minoranza in quest'aula e lei, onorevole Mattarella, è seduto in quest'aula da molto più tempo di quanto non lo sia io, quindi abbiamo vissuto diverse fasi.
Apprezzo molto che oggi la parola «garantismo» sia diventata, al pari della parola «riformismo», un elemento che accomuna tutta l'Assemblea: non c'è nessuno che non sia garantista e non esiste nessuno che non sia riformista.
Vorrei che almeno fossimo d'accordo su un punto, al di là delle opinioni, sempre legittime, su una questione così delicata: a prescindere da quelle che possono essere le responsabilità dei singoli e dalla collocazione di ciascun parlamentare, dobbiamo sempre mantenere il massimo rispetto per le persone. Questo principio, secondo me, non è stato sempre presente nel corso di questo dibattito e di ciò mi sento di rammaricarmi di fronte alla Camera dei deputati (Applausi dei deputati dei gruppi DCA-Democrazia Cristiana per le Autonomie-Partito Socialista-Nuovo PSI e Misto-Movimento per l'Autonomia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Bonelli. Ne ha facoltà.
ANGELO BONELLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi e colleghe, innanzitutto in questa dichiarazione di voto sull'accoglimento delle dimissioni dell'ancora deputato Previti mi richiamo all'intervento svolto stamane dal nostro collega di gruppo, l'onorevole Marco Boato.
Inoltre, troviamo singolare che in quest'aula ci sia stato un confronto, ma anche uno scontro, su come non applicare le leggi dello Stato in questo Paese. Il principio costituzionale per cui la legge è uguale per tutti secondo alcuni in quest'aula non deve essere applicato. Ciò non fa sicuramente bene al Paese, non fa mai bene, ma in questo contesto e in questa fase sicuramente meno che mai.
Il mio intervento sarà molto breve e molto sintetico. Pochi minuti fa ho ascoltato l'onorevole Elio Vito lanciare un appello al Parlamento affinché non sia sottomesso ad un potere. Ebbene, vorrei ricordare all'onorevole Vito che il Parlamento italiano è sovrano e certamente non è sottomesso: lei e il suo gruppo, onorevole Vito, non potete sottomettere le leggi della Repubblica italiana alla vostra volontà e ai vostri interessi.
Ecco perché, signor Presidente, onorevoli colleghi, in questo brevissimo intervento, affinché rimanga agli atti, annuncio il voto favorevole del gruppo dei Verdi all'accoglimento delle dimissioni dell'onorevole Previti, che sono state un po' tardive e strumentali, presentate all'ultimo momento. Ritengo, però, che sia importante, per coloro i quali si appellano alla giustizia, che in questo momento l'applicazione del principio costituzionale secondo cui la legge è uguale per tutti venga sancita con rigore e formalmente oggi in quest'aula (Applausi dei deputati del gruppo Verdi).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Contento. Ne ha facoltà.
MANLIO CONTENTO. Signor Presidente, il gruppo di Alleanza Nazionale si accinge ad esprimere un voto favorevole sulle dimissioni presentate dall'onorevole Previti. Com'è noto, in relazione alla decadenza la posizione espressa dal gruppo di Alleanza Nazionale è stata chiara in senso contrario, perché aleggiano su quest'aula due problemi di fondo: il primo è relativo alle modalità con cui si è svolto il confronto su una questione estremamente delicata come quella al nostro esame, non soltanto in queste ore, ma anche nei giorni scorsi. Tale questione - non credo, dichiarandolo, di commettere lesa maestà - è stata sicuramente condizionata, anche nel confronto, da elementi politici, che possonoPag. 68aver avuto il loro ruolo nelle decisioni che i singoli o i gruppi hanno adottato.
Il secondo problema che abbiamo voluto sottolineare riguarda la fattispecie, cui possiamo togliere il nome Previti, cioè se, sotto il profilo del diritto regolamentare e legislativo, nel caso di un deputato oggetto di una sentenza della magistratura, anche passata in giudicato, si debba rimettere alle Camere il giudizio definitivo su un comportamento, eventualmente anche successivo a quella sentenza.
Non è cosa da poco, perché oggi siamo abituati ad un confronto tra magistratura e Parlamento, che avviene in un sistema istituzionale di un certo tipo e in un rapporto dialettico, collegato ai principi costituzionali e che - lo potremmo affermare - funziona, per certi versi.
La vicenda Previti, tuttavia, per noi prescinde, sotto il profilo della decadenza, da tale aspetto, perché pone la questione se quella vicenda meriti un'attenzione particolare, quindi, anche un intervento di carattere legislativo o regolamentare, per colmare un vuoto, che deve essere adottato con l'attenzione e nel rispetto dell'autorevolezza del Parlamento.
Affronto l'ultima questione, signor Presidente, relativa al voto che esprimerà il gruppo di Alleanza Nazionale: è stata negata in quest'Assemblea, anche la possibilità, che lei aveva indicato, di un accordo comune che consentisse - come richiesto dal deputato Previti - di procedere mediante una votazione palese.
Credo che questa sia un'occasione perduta, perché era sicuramente un aspetto che - al di là delle questioni di principio e di come ogni gruppo parlamentare potesse valutare la vicenda - avrebbe meritato, a nostro giudizio, una considerazione di stile, che la Camera avrebbe potuto tranquillamente tributare a chi aveva chiesto che le sue dimissioni venissero comunque accettate.
Quindi, per il rispetto dell'uomo, indipendentemente dalle sentenze della magistratura, e per il rispetto dovuto a quest'Assemblea il gruppo di Alleanza Nazionale voterà a favore dell'accoglimento delle dimissioni presentate dal collega onorevole Cesare Previti (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Di Salvo. Ne ha facoltà.
TITTI DI SALVO. Signor Presidente, onorevoli colleghi e onorevoli colleghe, voglio annunciare il voto del gruppo Sinistra Democratica a favore dell'accoglimento delle dimissioni dell'onorevole Previti.
La motivazione è stata argomentata nell'intervento che ha preceduto l'attuale dibattito: il nostro voto favorevole è conforme all'opinione che la Giunta delle elezioni aveva formulato.
Voglio sottolineare tre punti, a conferma di un'opinione già ampiamente motivata. In primo luogo, la relazione della Giunta delle elezioni è stata precisa e dettagliata, al punto da essere sanzionata, per il dettaglio con cui veniva proposta all'Assemblea dal Presidente, per il tempo che occupava: si tratta di una relazione argomentata e dettagliata che dà il senso di una grande accortezza nell'inanellare i fatti ed esprimere definitivamente un parere.
Credo sia utile e opportuno sottolineare il valore del lavoro svolto fin qui, perché ha il senso di un'attenzione e di una garanzia profonde prestate nei confronti dell'onorevole Previti e, soprattutto, di quest'Assemblea.
Vi è una seconda argomentazione che vorrei portare alla vostra attenzione: tutte le colleghe e i colleghi e la Presidenza sanno perfettamente che esiste una grande attenzione e una grande aspettativa, fuori da quest'aula, per il voto odierno. È un'aspettativa che le cittadine e i cittadini italiani hanno voluto farci pervenire, come le colleghe e i colleghi sanno, anche attraverso le tante e-mail che sono arrivate. Penso che tale aspettativa non sia alimentata da una furia vendicativa: ci si aspetta, invece, di verificare come il Parlamento - in questo caso, la Camera dei deputati - risponde e come dimostra e se afferma l'esistenza dell'uguaglianza delle personePag. 69di fronte alla legge e alla Costituzione. È il rispetto delle regole che guida tale aspettativa, non il fumus persecutorio.
In un intervento precedente l'onorevole Leone ha affermato che vi è un'antipolitica cui bisogna opporsi. Penso che, in questo caso, ciò che bisogna invece consentire è la richiesta di assunzione di responsabilità che ci viene proposta.
Vi è una terza valutazione che vorrei fare. È stato detto precedentemente dall'onorevole Elio Vito che non è possibile assegnare all'Assemblea semplicemente un ruolo di notaio, votando semplicemente sulla base di una sentenza della magistratura oppure come un atto dovuto rispetto a una sentenza, senza esprimere una libertà di voto. Penso che sia un errore esprimere tale valutazione. A che cosa daremmo luogo, infatti, se non prendessimo atto, con un atto dovuto, di una sentenza della magistratura passata in giudicato? Non dobbiamo essere notai: ma cosa saremmo, se non ci inchinassimo doverosamente a una sentenza, dopo un lavoro che si è protratto per tanti mesi? Lo trovo difficile, ma vorrei invitare i colleghi e le colleghe a trovare un aggettivo o una frase che potesse designare, giudicare o fare una sintesi del nostro comportamento se, di fronte al lavoro della Giunta e, soprattutto, alla sentenza passata in giudicato, l'Assemblea si esprimesse diversamente.
Per tali ragioni, che si aggiungono a quelle che l'onorevole Pettinari ha già espresso a nome del mio gruppo, annuncio il voto favorevole di Sinistra Democratica sulle dimissioni dell'onorevole Previti (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e Comunisti Italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Tranfaglia. Ne ha facoltà.
NICOLA TRANFAGLIA. Signor Presidente, prima delle tardive dimissioni del deputato Previti, abbiamo ascoltato lunghi discorsi che criticavano la relazione della Giunta delle elezioni sulla base di interpretazioni, a volte molto dubbie, della Costituzione e delle leggi.
A me pare che l'intervento del deputato Matarella abbia chiarito nei tratti essenziali le ragioni per cui dobbiamo accogliere - e accoglieremo da parte nostra - le dimissioni del deputato Previti. Noi riteniamo che sarebbe molto grave se la Camera dei deputati ritenesse di svolgere un ruolo notarile e non, invece, di comunicare all'opinione pubblica e ai nostri elettori che siamo in grado, di fronte a una situazione come quella che si è determinata, di chiedere all'Assemblea sovrana di osservare le leggi dello Stato, lo spirito e la lettera della Costituzione. Sulla base di questo principio, non possiamo salvare ancora volta la permanenza nel Parlamento dell'onorevole Previti.
Aggiungo soltanto, prima di esprimere quale sarà il nostro atteggiamento, che il reato per cui è stato condannato l'onorevole Previti è particolarmente odioso, perché corrisponde a uno dei più gravi dell'ordinamento italiano: la corruzione dei giudici.
Per queste ragioni, noi voteremo «sì» alle dimissioni dell'onorevole Previti (Applausi dei deputati dei gruppi Comunisti Italiani e Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Palomba. Ne ha facoltà.
FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, colleghi e colleghe, pronuncerò pochissime parole per motivare il voto favorevole del gruppo Italia dei Valori all'accoglimento delle dimissioni dell'onorevole Previti.
Le dimissioni costituiscono forse uno strumento meno ruvido, ma devono portare al medesimo obiettivo della pronuncia della decadenza. In questo senso, noi riteniamo che l'obiettivo debba essere perseguito, perché a ciò portano molteplici ragioni e molteplici motivi.
Ci soccorre, in questa decisione, la serena coscienza del fatto che la GiuntaPag. 70delle elezioni ha svolto un lavoro prezioso e puntuale di accertamento delle situazioni giuridiche sulla base delle quali occorreva giungere ad una pronuncia che escludesse la possibilità e la legittimità della permanenza del deputato Previti in Parlamento. Ci soccorre, inoltre, la serena coscienza dei principi costituzionali: non possiamo, infatti, respingendo le dimissioni (salva la possibilità di decidere successivamente), creare una ferita nell'ordinamento costituzionale, il quale prevede che sentenze e decisioni debbano essere prese dalla magistratura e che, per il principio del rispetto dei poteri dello Stato, il Parlamento non possa discostarsene o metterle nel nulla.
Non ci troviamo di fronte ad una discrezionalità del Parlamento, come è stato detto: il Parlamento non può violare le norme che esso si è dato né può violare i principi costituzionali. Si tratta di una decisione automatica, al di fuori della discrezionalità: vi è una sentenza da osservare - una sentenza passata in giudicato ed emanata a seguito di un giusto processo - che ha escluso il deputato Previti dal godimento dei diritti civili e politici, ivi compresa la possibilità di rappresentare la Nazione in Parlamento. Non stiamo, dunque, compiendo alcun atto di prevaricazione personale: stiamo compiendo soltanto un atto di osservanza delle leggi del nostro Paese.
In proposito, vorrei dire ai colleghi che il Paese ci guarda: esso vuole vedere qual è il livello della nostra sensibilità rispetto ad un'etica che è diffusa, il grado di sensibilità, cioè, rispetto a reati e violazioni quali sono quelli di corruzione e, in modo particolare, di corruzione in atti giudiziari. Credo che il Paese desideri sapere che il Parlamento è sensibile e che esso presidia i valori comuni ai nostri cittadini, e che lo fa tanto più di fronte alla corruzione in atti giudiziari, poiché il popolo si aspetta che i giudici siano incorruttibili. Ci troviamo, Presidente e colleghi, in una soluzione molto delicata, in cui si rischia di aggravare il solco fra il Paese e la politica, fra i cittadini e il Parlamento.
Non dobbiamo permetterci di consentire un simile risultato: siamo contrari alle decisioni a furor di popolo, ma siamo anche estremamente preoccupati per l'ipotesi che una nostra decisione negativa faccia verificare ai cittadini che noi vogliamo difendere una casta e trasformare la prerogativa in privilegio e l'immunità in impunità.
Ecco perché, signor Presidente, preannuncio il voto favorevole del gruppo Italia dei Valori sull'accoglimento di questo strumento, meno duro, ma che ci consente di arrivare al medesimo risultato: abbiamo infatti fiducia, votando a favore delle dimissioni, che tutto il Parlamento saprà cogliere questo momento per affermare di fronte ai cittadini e al Paese che nel Parlamento si fa legalità e non si strumentalizzano le situazioni politiche.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Turco. Ne ha facoltà.
MAURIZIO TURCO. Signor Presidente, a nome del gruppo La Rosa nel Pugno, ribadisco le considerazioni e le perplessità già manifestate nell'intervento precedente. Proprio in continuità con tali perplessità, prendiamo atto delle dimissioni e della richiesta formulata dall'onorevole Previti e preannunciamo su di essa il nostro voto favorevole.
Ascoltavo prima il collega Palomba affermare che il Parlamento non può violare le norme che esso si è dato.
Il Parlamento viola quotidianamente le regole che si è dato e noi le chiediamo, signor Presidente, di ripristinare la legalità nella vita quotidiana di questo Parlamento.
Vi sono state, in questo dibattito, parole di grande moralità: il richiamo alla Costituzione, alla legge ed alla legalità.
Voglio ricordare che, ancora oggi, ad un anno dalle elezioni, proprio coloro che in questa Assemblea chiedono il rispetto della legge e della legalità ed hanno grandi parole per il rispetto della Costituzione e delle leggi contribuiscono nello stesso momento, al Senato della Repubblica, con laPag. 71loro azione attiva, alla violazione di quella Costituzione e di quelle leggi, impedendo che la Giunta delle elezioni faccia il proprio dovere, come lo abbiamo fatto in questa Camera.
La Giunta, ancora oggi, si ostina a non voler rispettare la letteralità della legge elettorale per quanto riguarda l'elezione dei senatori, e continua a consentire che vi sia quotidianamente un numero di otto senatori che votano illegittimamente tutto ciò che concerne la vita del nostro Paese, così falsando i risultati delle votazioni in quel ramo del Parlamento.
Signor Presidente, avevo avanzato tale richiesta già questa mattina, ma mi è parso, forse, di non essere riuscito a spiegarmi bene. Le chiedo di intervenire, dal momento che in questa Assemblea viene violata quotidianamente la legge e vengono commessi fatti che, se non vi fosse questo nostro modo di agire e di operare, ci porrebbero di fronte ad un reato che ha un nome ben chiaro: peculato!
Ogni votazione di questa Camera è falsata, per il fatto che non vi è il controllo da parte di coloro che tale controllo dovrebbero effettuare.
Signor Presidente - ho avanzato a lei tale richiesta questa mattina e la formulo nuovamente ora -, spero che vi sia un'azione efficace che abbia la stessa efficacia che in quest'aula è stata manifestata. Chiedo, quindi, anche l'intervento dei capigruppo, affinché quella moralità che si vuol dimostrare nei confronti di ciò che è esterno a quanto accade in quest'aula sia una moralità che ciascuno di noi dimostri nei propri confronti e nei confronti di tutto il Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo La Rosa nel Pugno).
PRESIDENTE. Deputato Turco, su quest'ultimo punto vorrei solo farle osservare che la regolarità del voto non può certo essere messa in discussione da qualche operazione scorretta (che, tuttavia, deve essere censurata) e che, ogni volta che è stata avanzata una richiesta di controllare le condizioni di legalità, i deputati segretari d'aula sono intervenuti.
In ogni caso, il suo gruppo è rappresentato nell'Ufficio di Presidenza e qualora volesse avanzare proposte per intervenire più efficacemente esse saranno prese in considerazione.
Sono così esaurite...
ELIO VITO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. A che titolo?
ELIO VITO. Per una breve dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ELIO VITO. Signor Presidente, intervengo per confermare che il gruppo di Forza Italia, accogliendo anche l'invito di Cesare Previti, voterà a favore dell'accoglimento delle sue dimissioni, e per ribadire, anche se non ve ne sarebbe dovuto essere bisogno, che la forma e la sostanza dell'atto di dimissioni, onorevole Mattarella, sono cosa ben diversa dalla votazione sulla proposta di decadenza.
Affermare che l'importante è il risultato e non come esso si raggiunga (cioè che Previti vada a casa) ci conferma, purtroppo, che tale circostanza costituiva, per voi, l'obiettivo politico da raggiungere (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.
Passiamo ai voti.
Avverto che la votazione avrà luogo a scrutinio segreto.
Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sull'accettazione delle dimissioni del deputato Cesare Previti.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.Pag. 72
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 532
Votanti 528
Astenuti 4
Maggioranza 265
Voti favorevoli 462
Voti contrari 66
(La Camera approva - Vedi votazioni).
Prendo atto che il deputato Rocco Pignataro ha segnalato che non è riuscito a votare e che il deputato Angelo Piazza ha segnalato che non è riuscito a votare e che avrebbe voluto astenersi.
Prendo atto infine che il deputato Affronti ha segnalato che si è erroneamente astenuto.
A seguito dell'accettazione da parte dell'Assemblea delle dimissioni del deputato Previti, proclamo eletto per la XV circoscrizione Lazio 1 il candidato Angelo Santori, come già accertato dalla Giunta delle elezioni nella seduta del 5 novembre 2006 e altresì individuato come primo dei non eletti dal documento III, n. 3. Si intende che da oggi decorre il termine di venti giorni per la presentazione di eventuali ricorsi.
Avverto anche che, a seguito dell'accettazione delle dimissioni, non si darà luogo all'ulteriore seguito dell'esame del documento III, n. 3, relativo all'elezione contestata del deputato Cesare Previti per la XV circoscrizione Lazio 1, che sarà pertanto cancellato dall'ordine del giorno.
Sull'ordine dei lavori e per la risposta ad uno strumento del sindacato ispettivo (ore 16,58).
GAETANO FASOLINO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GAETANO FASOLINO. Signor Presidente, desidero rappresentare all'Assemblea una storia che offende la dignità di una cittadina nobile e prosperosa, lede i diritti civili di categorie deboli e mette in crisi l'economia del territorio, oltre a configurare varie implicazioni di ordine igienico-sanitario.
Parlo della chiusura degli edifici che ospitano la stazione ferroviaria di Capaccio Scalo, in provincia di Salerno. Desidero solo ricordare che già da qualche anno la vicina stazione ferroviaria di Paestum è pressoché chiusa, per cui lo scalo di Capaccio accoglie tutti i viaggiatori che si riferiscono all'importante centro archeologico della provincia di Salerno, che è uno dei siti più famosi e senz'altro un giacimento culturale di interesse mondiale.
A seguito di tale inaspettata decisione della società Trenitalia, viaggiatori di ogni Paese, nazionali ed internazionali, pendolari e locali, saranno costretti a sostare sulle banchine all'aria aperta, a sopportare il sole cocente, il freddo, la pioggia, la grandine, il vento. A causa delle modifiche funzionali conseguenti alla chiusura degli edifici, i disabili e gli anziani non potranno più prendere il treno, saranno interdetti i parcheggi e verranno inoltre chiusi i servizi igienici.
Rivolgo una richiesta al Ministro Bianchi, il quale, tra l'altro, è venuto in quei luoghi pochi mesi fa, durante la campagna amministrativa a Capaccio-Paestum, promettendo ristrutturazioni e miglioramento delle relazioni su ferro centrate sulle stazioni di Paestum e di Capaccio Scalo a guisa (mi permetto di dire, signor Presidente Bertinotti) dei Ministri della prima Repubblica.
Sono promesse preelettorali, alle quali sono seguiti provvedimenti gravissimi di segno contrario che tolgono ulteriore competitività al trasporto nel territorio.
Vorrei ancora rappresentare, avviandomi alle conclusioni, che in tale area è deficitario anche il trasporto su gomma, per cui questo ulteriore colpo alle infrastrutture pone veramente in ginocchio l'economia della cittadina, incentrata com'è sul turismo e in attività produttive diversificate.
Mi rivolgo, pertanto, al Ministro Bianchi affinché voglia intervenire rapidamente su Trenitalia e far rientrare unaPag. 73decisione, che mi sembra cervellotica e, soprattutto, contraria agli interessi di quelle popolazioni.
Vorrei anche pregare il Presidente della Camera di intervenire presso il Governo perché la decisione di chiudere gli edifici venga ritirata, anche per prevenire eventuali disordini che potrebbero manifestarsi a causa della collera popolare.
PRESIDENTE. Il rappresentante del Governo è presente ed ha ascoltato le sue parole.
DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Signor Presidente, potrei limitarmi ad un burocratico sollecito di risposta ad una mia interrogazione. Infatti, ho rivolto al Ministro dell'ambiente un'interrogazione attinente ad una situazione che riguarda la terra umbra, peraltro anche da lei, signor Presidente, frequentata e conosciuta. Si tratta, precisamente, della sorte di un corso d'acqua denominato Rio Fergia in una località compresa tra i comuni di Nocera Umbra e Gualdo Tadino.
Ho rivolto, ormai da qualche mese, un'apposita interrogazione al Ministro Pecoraro Scanio, il quale tarda a fornire la risposta, mentre la situazione sta letteralmente precipitando.
Non più tardi di ieri mattina mi sono recato sul monte che sovrasta i territori di Gualdo Tadino e Nocera Umbra per essere a fianco alla popolazione dei due comuni, che senza alcuna distinzione di partito e di opinione politica, si sta battendo per difendere l'acqua del prezioso Rio Fergia, contro una delibera della giunta regionale dell'Umbria che, caparbiamente, intende autorizzare una multinazionale alla trivellazione e al prelievo d'acqua dallo stesso.
Si rischia seriamente - si ha grande preoccupazione a tal proposito - che ciò possa portare all'impoverimento di un corso d'acqua intorno al quale si sono sviluppati una cultura, una tradizione, un'economia e un insediamento civile da lunghissimi anni.
Ho già levato, come parlamentare della Repubblica, al di là di ogni speculazione di parte, un monito affinché non si intenda risolvere in termini di ordine pubblico una situazione che vede una popolazione composta di anziani, giovanissimi e cittadini per bene, difendere un bene pubblico, come l'acqua, che dovrebbero essere le autorità amministrative ed i governi locali a tutelare e che rischiano, invece, di minacciare.
Alla luce di questa situazione ho ritenuto, insieme ad altri rappresentanti elettivi del popolo, di essere a fianco alla popolazione di Nocera Umbra e di Gualdo Tadino nella difesa di quel pregiatissimo bene pubblico che è l'acqua e insisto affinché il Ministro dell'ambiente, a nome del Governo, risponda alla mia interrogazione e si intervenga sulle autorità regionali, perché non ritengano di fare intervenire la forza pubblica contro una popolazione locale assolutamente onesta e inerme per difendere un provvedimento che risulta censurabile e non accettato dalla stessa. La ringrazio dell'attenzione.
PRESIDENTE. Segnalerò al Governo il suo rilievo.
ANTONIO SATTA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANTONIO SATTA. Signor Presidente, voglio portare all'attenzione del Parlamento quanto successo in Kenya, nei confronti del produttore cinematografico Francesco Papa e del suo collaboratore, nonché volto famoso nel mondo del cinema per gli effetti speciali, Silvano Scasseddu.
Come i deputati sanno, i due si trovano agli arresti a Malindi. Infatti, mentre giravano delle azioni di un film, armati di pistole giocattolo, sono stati arrestati, come se fossero stati detentori di armi vere. Quindi, rischiano una pena detentivaPag. 74da 7 a 15 anni. Credo che sia opportuno, signor Presidente, chiedere che il Governo riferisca all'Assemblea su tale vicenda, per conoscere quali azioni stia mettendo in atto, affinché questi due protagonisti dell'arte del cinema possano presto tornare liberi per rientrare in Italia e per poter così svolgere il loro ruolo e la loro professione. Credo che una solidarietà nei loro confronti vada espressa dal Parlamento; chiedo soprattutto che vengano posti in essere tutti gli atti necessari per la loro liberazione.
PRESIDENTE. Segnaleremo al Governo questa sua sollecitazione.
Discussione del disegno di legge: S. 1649 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 18 giugno 2007, n. 73, recante misure urgenti per l'attuazione di disposizioni comunitarie in materia di liberalizzazione dei mercati dell'energia (Approvato dal Senato) (A.C. 2910 ) (ore 17,05).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 18 giugno 2007, n. 73, recante misure urgenti per l'attuazione di disposizioni comunitarie in materia di liberalizzazione dei mercati dell'energia.
(Discussione sulle linee generali - A.C. 2910 )
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare Forza Italia ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la X Commissione (Attività produttive) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, deputato Ruggeri, ha facoltà di svolgere la relazione.
RUGGERO RUGGERI, Relatore. Il tema di cui trattiamo oggi è un tassello importante della politica energetica del nostro Paese e rappresenta uno di quei temi esemplari, per quanto riguarda la riforma strutturale di un Paese, che coinvolge più legislature e più governi. Non è un caso che proprio su tale tema ci siano state molte convergenze bipartisan e che ci sia stata anche una sorta di continuità nel disegno della politica energetica del nostro Paese.
La politica energetica ha trovato uno sbocco con le liberalizzazioni, quindi un'apertura al mercato, in funzione di un avvicinamento non solo alle esigenze, pur necessarie, delle imprese, ma anche alle esigenze effettive delle nostre piccole e medie imprese e delle nostre famiglie, che ormai già da moltissimi anni stanno pagando un costo dell'energia molto superiore rispetto a quello pagato dalle imprese e dalle famiglie in altri Paesi europei.
Il primo disegno di politica energetica del nostro Paese in materia di energia elettrica e gas è stato realizzato dal centrosinistra, con il primo Governo Prodi, in particolare dal Ministro Bersani per quanto concerne l'energia elettrica, e con il secondo Governo Amato, dal Ministro Letta, per ciò che riguarda la liberalizzazione del gas. Successivamente, il Governo Berlusconi, con il Ministro Marzano, per molti aspetti, anche se non per tutti, si è posto in una sostanziale linea di continuità e ciò è andato a favore di un lavoro svolto dal Parlamento con grande responsabilità, di fronte a riforme di carattere strutturale che riguardano il Paese.
Il Ministro Marzano ha proseguito nella liberalizzazione e nel 2003, anche in ottemperanza alle direttive comunitarie sul tema del gas, vi è stata una prima liberalizzazione del mercato del gas. Dal 2003, infatti, le nostre imprese e le nostre famiglie possono liberamente acquistare il gas da chi è intenzionato a offrirlo. È rimasto fuori il tema dell'energia elettrica, del quale ci occupiamo con il provvedimento in esame. La politica energetica proseguita dall'attuale Governo non soloPag. 75riprende il concetto fondamentale della prima liberalizzazione realizzata da Bersani, che ha riguardato, almeno nella prima fase, la costruzione di un mercato libero, ma pone anche una particolare attenzione a quelle fasce deboli della società - famiglie, imprese e territori - che non potevano mettersi sul mercato perché nelle zone povere le imprese non investono né offrono i loro prodotti in quanto gli utili, e soprattutto i profitti, sono estremamente bassi o addirittura non vi sono.
Dunque, questi sono stati i concetti di fondo: una vera liberalizzazione, l'apertura dei mercati e finalmente più concorrenza, che teoricamente dovrebbe abbassare costi e prezzi. Si è però tenuto conto anche dell'esigenza di tutelare i ceti sociali, che per noi sono l'elemento cardine e il pilastro della riforma del sistema energetico.
In particolare, l'attuale Governo, nel DPEF del 2007, ha disegnato la politica energetica individuando: le esigenze dei prossimi anni in termini di aumento della domanda; le risorse energetiche attuali, che per l'80 per cento sono ancora combustibili fossili (petrolio, carbone e gas); la presenza sempre più massiccia dell'utilizzo del gas, anche per quanto riguarda l'energia elettrica; l'esigenza propria di un Governo che tenta di aprire il mercato interno in un modo corretto e tale da consentire di ottenere quegli obiettivi di cui parlavo dianzi nonché, infine, anche l'esigenza di dire agli amici dell'Europa che una politica energetica non può che essere comunitaria ma che, per essere tale, ha anche bisogno di superare asimmetrie e differenze nelle liberalizzazioni dei mercati dell'energia - sia dell'energia elettrica, sia del gas, sia di altre fonti energetiche - in modo simmetrico. Vi sono ancora Paesi che, di fatto, non hanno ottemperato all'obbligo di instaurare e promuovere la concorrenza nei mercati interni. Mi riferisco, ad esempio, alla Francia, che incontra ancora dei problemi nel liberalizzare la propria economia e il proprio mercato energetico.
Quindi, un'attenzione va rivolta anche ai Paesi europei affinché si ponga in essere una politica energetica necessariamente comunitaria, ma anche avvertita della necessità di superare asimmetrie; occorre, pertanto, concretizzare in modo progressivo e corretto anche la concorrenza nei nostri mercati. Nel DPEF sono affrontati i temi e i progetti relativi all'approvvigionamento, alla necessità di sviluppare le infrastrutture energetiche, ai terminali di rigassificazione che ci permettano una maggiore concorrenza, ai gasdotti delle importazioni, ai nuovi stoccaggi in ordine al sotterraneo e alle riserve indispensabili per la nostra economia, alla diversificazione delle rotte delle importazioni dei fornitori. Non a caso, qualche giorno fa, proprio il Ministro Bersani ha firmato un accordo intergovernativo per un sistema di gasdotti di importazione del gas dal Mar Caspio e dal Medio Oriente, attraverso la Turchia e la Grecia.
Pertanto, l'Italia si sta muovendo per cercare più fornitori, per diversificare le fonti energetiche e i Paesi da cui importa in modo particolare il gas. Nel DPEF, inoltre, sono contenuti uno specifico piano di azione e di efficienza energetica, il tema delle prevenzioni, il risparmio energetico negli edifici e nelle nostre apparecchiature, infine un tema particolare relativo alle fonti rinnovabili che rappresentano la frontiera del futuro. Quest'ultima, infatti, sarà costituita non dalle attuali fonti energetiche, ma da quelle rinnovabili, ovvero l'idrogeno e quelle in cui, oggi, stiamo investendo in ricerca.
Il quadro che abbiamo di fronte, quindi, è abbastanza organico. Il Governo Prodi, inoltre, dopo qualche mese dalla sua elezione - mi riferisco al 2006 - ha preparato un disegno di legge che ha presentato al Senato, relativo a un piano organico di completamento delle liberalizzazioni del mercato dell'energia. Tale disegno di legge pende ancora dinanzi all'esame del Senato, a causa dei tempi lunghi di approfondimento e di analisi, nonché per via di qualche contrasto vero di carattere interpretativo o di posizioni anche politiche, spesso trasversali, che impediscono un'effettiva liberalizzazione e un'attenzione per quanto riguarda il futuroPag. 76delle nostre imprese ex municipalizzate. Quindi, di fatto, l'esame di questo progetto organico, rappresentato dal disegno di legge atto S. 691 del 2006, è fermo al Senato.
Due interventi molto importanti, sulle infrastrutture energetiche e sulla fiscalità energetica, sono stati già affrontati e introdotti nella legge finanziaria per il 2007. Tuttavia, la direttiva europea 2003/54/CE che ci imponeva, a partire dal 1o luglio 2007, di liberalizzare il mercato dei clienti domestici per l'energia elettrica, deve ancora essere applicata. Questa è, pertanto, la ragione del decreto-legge adottato dal Governo e della sua urgenza per ottemperare a queste direttive, quindi scongiurare le penalità e le infrazioni nelle quali saremmo incorsi.
Il Governo ha dunque adottato un decreto di apertura del mercato elettrico domestico, in modo tale che quasi tutte le famiglie italiane - questo è un aspetto non indifferente ma importante - possono acquistare dal 1o luglio energia elettrica da chi loro pensano sia il fornitore migliore per qualità e prezzo. Oggi ci troviamo a dover convertire in legge il provvedimento in esame. Sappiamo, ovviamente, che i tempi sono strettissimi, che il lavoro svolto al Senato è stato puntuale ma sempre con un'attenzione al nostro iter legislativo, spesso un po' burocratico. Comunque, alla fine ci troviamo a dover convertire questo decreto-legge.
Il disegno di legge in esame dispone la conversione in legge del decreto-legge 18 giugno 2007, n. 73, recante misure urgenti per l'attuazione di disposizioni comunitarie in materia di liberalizzazione dei mercati dell'energia. È importante notare che, nel 2003, si sarebbe potuta collegare la liberalizzazione del mercato del gas con quella dell'energia elettrica; oggi ci troviamo a superare, a contenere o a rimediare a questo ritardo del Governo precedente. Non si tratta di una critica, ma di rispondere ad una necessità riuscendo finalmente oggi a dare un'opportunità anche alle nostre imprese.
Il disegno di legge all'esame della Camera contiene il testo del decreto-legge come modificato dal passaggio al Senato. Il decreto si compone sostanzialmente dell'articolo 1, che consta di alcuni commi.
Il comma 1 afferma che, dal 1o luglio 2007, l'attività di distribuzione di energia elettrica per le imprese che abbiano un numero superiore a 100 mila clienti finali è svolta in regime di separazione societaria riguardo all'attività di vendita. Ciò per dare maggiore trasparenza e, soprattutto, neutralità al sistema delle reti. Tali imprese integrate di distribuzione e di vendita dell'energia elettrica hanno alcuni tempi da rispettare: quelle che, al 30 giugno 2007, offrano energia al mercato, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, devono ottemperare all'obbligo di separazione societaria, costituendo una società per azioni apposita, alla quale dovranno trasferire beni, attività e passività del proprio patrimonio, in modo tale che l'attività di vendita sia totalmente scorporata dalla distribuzione.
Il comma 2, che vorrei affrontare in modo specifico successivamente, prevede la liberalizzazione dell'energia elettrica dal 1o luglio 2007. Le famiglie possono finalmente scegliere il fornitore di proprio gradimento: continuare con quello attuale oppure sceglierne un altro. La legge prevede una garanzia per tutti quelli che, in questo momento, non sceglieranno un altro fornitore, in modo tale che essi abbiano comunque un approvvigionamento continuo di energia elettrica nelle proprie case. In questo caso, l'energia sarebbe acquistata dall'acquirente unico e l'impresa titolare del contratto di distribuzione dovrebbe continuare a garantire il flusso di energia.
La stessa garanzia è prevista per le piccole imprese, che hanno meno di cinquanta dipendenti e un fatturato annuo inferiore a 10 milioni di euro. Tale garanzia permette alle imprese stesse di continuare il rapporto con l'attuale fornitore ed evita loro un problema di discontinuità con riferimento all'approvvigionamento di energia.
Il comma 3 ricorda che quello dell'energia elettrica è un servizio universale;Pag. 77spetta all'Autorità per l'energia elettrica e il gas definire alcuni standard relativi all'erogazione - trattandosi di un servizio universale - e definire transitoriamente i prezzi di riferimento, che sono funzionali ai costi del servizio, per i clienti domestici e le piccole imprese di cui al comma 2.
Il comma 4 stabilisce che il Ministero dello sviluppo economico, su proposta dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, dovrebbe emanare le misure per tutelare i clienti finali dei quali abbiamo parlato prima: i clienti domestici, le famiglie e le piccole imprese, che non sono potute rientrare nel regime previsto al comma 3 con riferimento alle piccole imprese, con quel fatturato e con quel numero di dipendenti.
Il comma 5 prevede, inoltre, che le imprese di vendita dell'energia elettrica forniscano, nelle fatture e nel materiale promozionale inviato ai propri clienti finali, le informazioni sulla composizione del mix energetico utilizzato per la produzione dell'energia elettrica fornita almeno nel periodo dei due anni precedenti, indicando le fonti informative disponibili sull'impatto ambientale della produzione, anche ai fini del risparmio energetico. Le modalità utilizzate per l'indicazione di tali informazioni saranno definite con decreto del Ministro dello sviluppo economico, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto in esame.
Sulla base delle disposizioni contenute nel comma 6, il Ministro dello sviluppo economico dovrebbe adottare iniziative per la sicurezza del sistema elettrico e la confrontabilità dei prezzi ai clienti finali. Sempre nel rispetto degli standard minimi di informazione, di cui al comma precedente, le famiglie dovrebbero trovare nelle bollette e sul sito web dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas le tavole di confronto tra i prezzi rilevabili sul mercato libero, diversificati per tipologie di clienti, e i prezzi di riferimento per i clienti domestici, di cui abbiamo parlato in precedenza, in base all'obbligo del servizio pubblico universale.
Infine, il comma 6-bis, introdotto nel corso dell'esame presso il Senato, prevede l'adozione da parte del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di regolamenti volti alla semplificazione delle procedure per l'accesso da parte delle pubbliche amministrazioni a finanziamento tramite terzi e a favorirne il ricorso a servizi energetici per aumentare l'efficienza energetica.
A questo punto, vorrei sollevare un problema concernente il decreto-legge in esame; mi riferisco, in particolare, ai commi 2 e 3 dell'articolo 1. Si tratta di una questione rilevante su cui si basa quanto ho affermato in precedenza: la tariffa sociale.
Abbiamo visto che il progetto iniziale delle liberalizzazioni prevedeva addirittura un mercato libero e un mercato vincolato, proprio perché nel nostro Paese sono presenti troppe asimmetrie e differenze. Vi sono territori poveri in cui l'energia elettrica, gestita in modo privatistico, non potrebbe arrivare e dove è il mercato che impedisce l'approvvigionamento di energia, perché non vi sono né utili né profitti per nessuno.
Per quanto riguarda il comma 2, il decreto-legge prevede che, dal 1o luglio 2007, i clienti finali domestici possano recedere dall'attuale fornitore per sceglierne un altro. Nel caso in cui tale scelta non venisse effettuata, è prevista una garanzia e la funzione di approvvigionamento di energia continua ad essere svolta dall'Acquirente unico Spa. In merito, sono stati forniti due suggerimenti importantissimi: uno da parte dell'Autorità garante per la concorrenza ed il mercato, secondo cui, in realtà, per liberalizzare il mercato...
PRESIDENTE. La invito a concludere.
RUGGERO RUGGERI. Relatore. ..l'Acquirente unico dovrebbe cessare la propria attività; l'altro da parte dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas, secondo la quale questo tipo di liberalizzazione comporta il rischio di non tutelare la fascia più debole (vi è il rischio dei furbetti dell'energia, che potrebbero aumentare i prezzi).Pag. 78
Per quanto riguarda i prezzi di riferimento per le forniture di energia elettrica, l'Autorità garante per la concorrenza ed il mercato non vorrebbe che fossero considerati secondo le modalità indicate dalle disposizioni del comma 3, perché ritiene che i suddetti possano modificare il gioco della domanda e dell'offerta del mercato, mentre conviene sulla necessità di un riferimento alle fasce più deboli. Per tali due ragioni e non potendo presentare emendamenti, ho formulato un ordine del giorno in modo tale che la fascia sociale più debole sia comunque tutelata e preservata in base al disegno originario delle nostre liberalizzazioni e che il Ministero dello sviluppo economico, quando elaborerà i regolamenti, preservi i tempi e le necessità di tutela delle fasce più deboli (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.
PRESIDENTE. Onorevole Ruggeri, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
ALFONSO GIANNI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, il Governo concorda con quanto esposto dal relatore e si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito. Vorrei però sottolineare un aspetto - al riguardo il Governo ha la medesima preoccupazione del relatore - relativo ai ceti deboli e alle tariffe sociali. Stiamo lavorando attivamente per addivenire ad una soluzione tecnica che vada incontro all'obiettivo sociale e politico di permettere a chi si trova in una situazione di incapienza di reddito la fruizione dell'energia elettrica per la soddisfazione dei bisogni essenziali e, quindi, per fare in modo che la luce non si spenga mai nel nostro Paese anche per chi certamente non conduce una vita di sprechi, ma di minima sussistenza.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Fava. Ne ha facoltà.
GIOVANNI FAVA. Signor Presidente, vorrei iniziare il mio intervento svolgendo una considerazione di natura personale che ritengo necessaria. Sono imbarazzato nell'affrontare il tema in discussione per diversi ordini di motivi. Il primo è di natura personale: per la vecchia amicizia che mi lega al relatore mi sono commosso nel vederlo così in difficoltà quando ha concluso il suo intervento con un'ammissione di impotenza vera e propria; egli infatti ha affermato che, non potendo presentare proposte emendative, si è limitato a formulare un ordine del giorno.
Alla luce di ciò, mi vorrei appellare alla sensibilità che riconosco al Presidente della Camera per ricordargli che, ancora una volta, stiamo assistendo all'ennesima farsa all'interno di quest'aula. Sentir dire ad un relatore, ad un parlamentare di maggioranza che un provvedimento non è emendabile per ragioni politiche tutte interne alla maggioranza stessa dà il senso di quale sia il livello di scadimento del dibattito politico che si è registrato all'interno della Camera dei deputati negli ultimi mesi e, in particolare, negli ultimi giorni. Noi, al contrario del collega Ruggeri, abbiamo presentato alcune proposte emendative in Commissione: in tale sede ci è stato bellamente risposto che erano tutte molto interessanti, ma che, in ogni caso, non potevano essere votate. Siamo di fronte ad una situazione in cui risulta imbalsamata l'attività della Camera e quel poco che riusciamo ad analizzare, a valutare, a discutere in termini legislativi è ciò che residua dalla discussione ferma e bloccata al Senato.
Ritengo necessaria tale premessa, perché è in forza di tale considerazione che va analizzato il provvedimento in esame. Quando si parla, anche con riferimento alla relazione tecnico-finanziaria che accompagna la normativa, addirittura di provvedimento necessitato, mi spavento e, al riguardo, non avrei più nulla da aggiungere. Se è necessario, dobbiamo adeguarci alla normativa comunitaria;Pag. 79avevamo la necessità di farlo molto tempo prima, ma siamo arrivati in ritardo e già questo elemento potrebbe essere un motivo per mantenere le nostre critiche e le nostre perplessità. Il ritardo, a detta del relatore, è in gran parte ascrivibile al Governo precedente, ma non ne sono assolutamente convinto: il ritardo potrebbe essere ascrivibile al Governo precedente se ci si riferisse al 1o luglio del 2006, ma noi stiamo discutendo del 1o luglio 2007.
Se si sapesse che, entro il 1o luglio 2007, si sarebbe dovuto realizzare il detto adeguamento, sarebbe vero che si è verificato un ritardo del Governo precedente, ma vi è stato anche un ritardo da parte dell'attuale Esecutivo. Affermo ciò perché credo si tratti della sostanza del problema. In altre parole, siamo di fronte all'ennesimo tentativo di portare avanti un provvedimento «a spizzichi e bocconi», in un contesto di grande confusione che si è determinato nel momento in cui si è inteso spostare la discussione di parti di questa grande riforma concernente il sistema energetico del nostro Paese (ad essa avevamo guardato con un certo interesse) nell'ambito del provvedimento sulle liberalizzazioni.
Abbiamo assistito ad un anno di dibattito sulla stampa, più che nelle aule parlamentari, fra parti della stessa maggioranza, che si sono energicamente contestate e contrastate fra di loro, creando una situazione per cui, da più di un anno, gli esponenti della maggioranza ricordano sistematicamente in questa aula che al Senato giacciono due provvedimenti, uno sui servizi pubblici locali (meglio noto come decreto Lanzillotta), l'altro sull'energia (meglio noto come decreto Bersani). È trascorso più di un anno dal momento in cui questi provvedimenti sono stati annunciati e, a distanza di un anno, qual è la situazione che oggi ci troviamo ad affrontare? È una situazione per la quale rincorriamo periodicamente solo ed esclusivamente le scadenze imposte dall'Unione europea. Per il resto, siamo riusciti a produrre molto poco, e quel poco che è stato prodotto è tutto da vedere in termini di innovazione legislativa; ancora oggi il relatore ci ricorda che non esistono vere e proprie garanzie per le fasce deboli, a prescindere dal fatto che, anche in questo provvedimento, si siano inseriti elementi che rafforzano il ruolo di controllo e di vigilanza dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas, di fatto dando luogo ad una contraddizione in termini.
Inoltre, non si scioglie alla base il nodo del problema costituito dalla programmazione energetica.
Tutti i provvedimenti citati mancano di un cuore, di un'anima, di un'idea, generale e globale, che dia ampio respiro alle politiche energetiche del nostro Paese.
Credo sia fondamentale partire da tali premesse, in quanto, nel momento in cui, ad un certo punto, si continua a rivendicare la necessità che il Governo, i nostri rappresentanti parlamentari, o i nostri rappresentanti in commissione a Bruxelles si adoperino e si diano da fare affinché si giunga in tempi rapidi alla nascita di un progetto di politica condivisa e di politica comunitaria in materia energetica, ci si dimentica che l'auspicio è condiviso, ma mancano le basi.
Non possiamo pensare di continuare a lamentarci del fatto che non esista una politica energetica comunitaria solo a causa delle cosiddette asimmetrie - così le ha definite il collega Ruggeri - dovute ai comportamenti e agli atteggiamenti che i singoli Paesi hanno nell'ambito delle applicazioni normative stesse, ma anche nell'ambito dell'applicazione delle proprie strategie, perché è di questo che stiamo parlando. Quando - onorevole Ruggeri - ci chiediamo il motivo per cui la Francia continui ad insistere in una certa strategia, ci dobbiamo anche chiedere per quale motivo in tale paese esista comunque una strategia, giusta o sbagliata che sia, più o meno allineata con le normative comunitarie, mentre in Italia non ve n'è alcuna. Infatti, diventa estremamente difficile, in assenza di una strategia generale, individuare l'obiettivo da raggiungere.
In tale contesto, se l'attività del Parlamento si deve ridurre ad una mera applicazione, con modalità e meccanismiPag. 80pseudonotarili, per di più in ritardo, delle imposizioni che provengono dalla normativa comunitaria e noi accettiamo tale ruolo, nonché tale soluzione, significa che abbiamo, di fatto, ammesso la nostra sconfitta; è vero che abbiamo un ruolo legislativo, ma è anche vero che al Governo spetta un ruolo di programmazione e di visibilità di medio e lungo periodo.
Manca tale visibilità di medio e lungo periodo, e contrariamente al relatore, non riesco a capire dove siano i forti investimenti di cui si parla in materia, ad esempio, di politiche energetiche che tendono alla creazione di un sistema basato su fonti alternative.
Non riesco a capire come si possa sostenere che questo Governo ha attuato una serie di meccanismi virtuosi che ci porteranno lontano e che riusciranno nel loro intento di darci una certa stabilità in termini di produzione energetica, quando è di questi giorni la notizia che il Ministro Pecoraro Scanio ha azzerato di fatto la commissione di valutazione di impatto ambientale al Ministero.
Infatti, con questo piccolo meccanismo apparentemente innocuo, ha fatto sì che quasi una trentina di progetti - nella quasi totalità si trattava di progetti per la produzione di energia, anche da fonti rinnovabili, per lo stoccaggio del gas o per altre iniziative in tema di riscaldamento: il caso eclatante è quello del teleriscaldamento di Brescia - vadano a farsi benedire, perché scadono i termini, e addirittura qualcuno di questi progetti torna indietro con il parere contrario.
Non mi risulta che l'azione politica del Governo sia stata finora nei fatti, non nelle dichiarazioni rilasciate alla stampa, tale da poter pensare che qualcuno dei tanti progetti sparsi per il territorio di questo Paese, che andavano nella direzione di dare allo stesso maggiore autonomia energetica, abbia avuto in realtà una conclusione positiva. Mi risulta il contrario, ossia che si siano attuate tutte le possibili iniziative che scongiuravano la realizzazione degli impianti stessi.
Quindi, di fatto, siamo in una situazione per la quale continuiamo a invocare o a evocare la necessità che vengano realizzati i rigassificatori, continuiamo a dirci che servono gli stoccaggi per il gas, continuiamo a raccontarci che servono sistemi di teleriscaldamento che vadano anche nell'ottica del recupero energetico e del miglioramento della produzione energetica e - perché no? - del maggior sfruttamento delle fonti alternative, ma, da un anno a questa parte, non viene approvata la realizzazione di nessuno di tali impianti, vanificando qualsiasi tipo di sforzo in termini di impostazione e di programmazione.
Dunque, credo che a questi quesiti vadano date delle risposte. Oltretutto, non abbiamo gradito - dichiariamo tutto il nostro disappunto - il fatto che, al contrario di quanto è avvenuto al Senato, dove si è potuto procedere alla modifica del testo originario, che constava di un articolo solo e oggi è invece qualcosa di ben più corposo, non ci venga data possibilità di discutere di nulla e, nel frattempo, ci venga comunque fatta digerire una modalità di procedere per la quale a un provvedimento sull'energia elettrica viene aggiunta una piccola estensione in materia di gas, che non è banale e che non è assolutamente irrilevante da nessun punto di vista. Se è vero, infatti, che c'era un termine perentorio, il 1o luglio 2007, per adeguarsi alle disposizioni comunitarie in materia di energia elettrica, non capiamo per quale motivo si è dovuto inserire un meccanismo di perentorietà anche per il gas.
Oltretutto, anche in questo caso, ciò ha scatenato polemiche tutte interne alla maggioranza, che sono sfociate in iniziative sterili. Abbiamo assistito alla farsa dell'onorevole Quartiani, autorevole esponente della maggioranza, che è venuto in Commissione attività produttive presentando un emendamento - è l'ennesima volta che succede da un anno a questa parte - che impegnava il Governo ad operare in modo drastico e in tempi, dal suo punto di vista, stringenti la separazione della proprietà delle reti del gas, ormai famosa vicenda.Pag. 81
Abbiamo visto l'onorevole Quartiani stoicamente impegnato a mantenere l'emendamento, nonostante l'invito caloroso al ritiro effettuato dal Governo, e vedersi rifilare una mazzata in mezzo ai denti, come a tutti gli altri parlamentari. In questo senso, devo dire che c'è stato un atteggiamento assolutamente democratico: si è detto «no» a tutti, maggioranza e opposizione. Ripeto che non stiamo facendo i legislatori, stiamo facendo i notai. Stiamo qua, a fare da guardia e a ratificare quello che faticosamente riesce «a spizzichi e bocconi» a uscire dai lavori del Senato.
Tali valutazioni vanno svolte con grande serenità e ci porteranno ad assumere un atteggiamento critico. Abbiamo presentato alcuni emendamenti, pochissimi, a onor del vero, qualificati, che riguardano le questioni che vi ho anticipato nel corso dell'intervento e ci auguriamo che, una volta tanto, ci sia una spinta d'orgoglio - ma non ci crediamo più molto - da parte dei deputati, affinché prendano seriamente in considerazione gli emendamenti, prescindendo dal fatto che, come ci ha ricordato l'onorevole Ruggeri, di fatto non si possono presentare emendamenti, come se per questo ramo del Parlamento, in realtà, non esistesse nessun ruolo se non quello di ratificare l'operato di altri, che non abbiamo condiviso né nella forma né nella sostanza.
Pertanto, anticipo sin d'ora che cercheremo, in ogni caso, di discutere il più possibile all'interno di quest'Assemblea - ammesso che ce ne venga data la facoltà - il testo in esame, che, evidentemente, non ci appassiona, ma che è l'unico in materia di energia sul quale possiamo discutere.
Non si tratta di un testo risolutivo, perché - lo ripeto, signor Presidente - avremmo preferito discutere in quest'aula, in queste settimane, in questi mesi (forse anche qualche mese prima!) il testo di un provvedimento quadro, che somiglia molto a quel disegno di legge presentato dal Ministro Bersani al Senato (somiglia molto), perché, sostanzialmente, sulla maggior parte delle questioni vi è condivisione); avremmo preferito ragionare su un argomento di ampio respiro, che restituisse anche un po' di dignità alla nostra attività di parlamentari.
Registriamo che il nostro ruolo continua ad essere svilito e ne prendiamo atto. Ci auguriamo che, dopo le vacanze, vi sia un atteggiamento diverso da parte di questa maggioranza e che ci sia data la possibilità di discutere seriamente anche di qualcuno dei veri problemi che attanagliano il Paese.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Pili. Ne ha facoltà.
MAURO PILI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, sarebbe davvero troppo facile liquidare il provvedimento in discussione come un semplice atto di recepimento di norme comunitarie nell'ordinamento del nostro Paese. Se lo facessimo, perderemmo di vista l'essenza stessa di esso, che, invece, riveste un rilievo davvero più importante di quella marginalità che qualcuno di voi gli ha voluto attribuire.
Non stiamo semplicemente discutendo su come ovviare ad una procedura di infrazione avviata dalla Commissione europea - l'ennesima che viene promossa contro il nostro Stato - ma, semmai, stiamo affermando che il tema vitale e fondamentale dell'energia non rientra più nella disponibilità legislativa di questo Parlamento.
Sarebbe poco edificante - mi rivolgo ai rappresentanti della maggioranza - ricercare (e non lo voglio fare) le responsabilità dei ritardi accumulati nel primo anno del vostro Governo. Non voglio nemmeno richiamare la primogenitura della scelta di abdicare al potere di governo sul campo dell'energia, perché dovrei tornare al 1999, quando il Ministro Bersani aveva deciso di adottare - attraverso un decreto anche allora - il principio della liberalizzazione incontrollata, funzionale soltanto come paravento strategico di quella coalizione.
Preferisco, invece, rivolgere e soffermare lo sguardo sull'assenza di una strategia vera del Paese, dello Stato e delPag. 82Governo, in tutte queste accezioni, e su ciò voglio sottolineare la diversità delle posizioni.
Consideriamo, in primo luogo, il concetto di liberalizzazione dei mercati, già sostanzialmente recepita - come affermavo - alla fine degli anni Novanta, con l'ormai noto decreto Bersani sulla denazionalizzazione del sistema energetico italiano. La prima considerazione sorge spontanea: la liberalizzazione del mercato energetico rappresenta davvero l'esigenza economica di un Paese per sviluppare senza vincoli l'offerta di tariffe e di servizi? Noi riteniamo che questo sia un elemento sostanziale e determinante per la crescita del nostro Paese.
Voglio, tuttavia, anche sperare, colleghi della maggioranza - e credo di poter rivolgere questo auspicio anche al rappresentante del Governo -, che nessuno di noi possa illudersi che un decreto che contiene nel titolo il concetto della liberalizzazione possa davvero generarla. Ritengo che, se qualcuno si fosse illuso di ciò, molto presto potrebbe constatare il conflitto del suo auspicio con la realtà.
La liberalizzazione, nel suo concetto, deve generare sviluppo, deve poter aumentare l'offerta e deve mettere in condizione il cittadino, l'utilizzatore e il cliente finale dell'energia di avere la concorrenza davanti a sé, per scegliere l'opzione tariffaria e la qualità dei servizi migliori che il mercato gli possa offrire.
Tuttavia, colleghi - mi rivolgo al relatore - la liberalizzazione non si genera per decreto-legge. Il decreto-legge - questo, in particolar modo - non può generare un processo di liberalizzazione del mercato energetico nel nostro Paese e non deve nemmeno rappresentare ciò che, invece, sta sostanzialmente rappresentando per voi e per il Ministro Bersani (che ne fa vanto e bandiera, di qua e di là), vale a dire il paravento per gestire il mercato attraverso strumenti finanziari, società e, molto spesso, cooperative, le quali si sono già protese e organizzate, già allungano la mano su un settore strategico come quello dell'energia.
Non ci può essere liberalizzazione - mi rivolgo al rappresentante del Governo - se non ci sono le condizioni tecniche e infrastrutturali per realizzarla concretamente. Credo che, prima di tutto, occorra davvero verificare l'impatto della infrastrutturazione del nostro Paese su questo concetto, da voi richiamato, della liberalizzazione. Innanzitutto, con quale rete di distribuzione elettrica ed energetica, in Italia, vogliamo far fronte al principio e al processo della liberalizzazione? Forse, scindendo le società che gestiscono il mercato e le reti? Credo che nessuno di voi possa illudersi del fatto che una società che ha il controllo di entrambi i settori possa, sostanzialmente, soltanto attraverso una passaggio societario, eludere il controllo di ambedue. È un'illusione che credo possiate davvero riscontrare negativamente sulla realtà. Chi gestisce le reti e le infrastrutture continuerà, anche attraverso questo decreto-legge, a gestire il servizio commerciale.
Mi pongo, inoltre, un problema. Relativamente a tale liberalizzazione che volete proporre anche attraverso il decreto-legge in esame, che recepisce una direttiva che va incontro anche ad un'infrazione comunitaria, mi pongo una serie di domande. Perché non autorizzate i rigassificatori? Perché non sposate linee importanti, come il termodinamico solare? Perché non ne fate un cavallo di battaglia del vostro Governo? Perché bloccate tutte le centrali idroelettriche? Perché bloccate tutte le centrali che, anche nel campo del fossile, hanno il fondamento per la produzione di nuova energia per il Paese?
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI CASTAGNETTI (ore 17,50)
MAURO PILI. Che fine hanno fatto i processi di cogenerazione? Che fine ha fatto un processo di realizzazione di reti transeuropee energetiche, sulle quali questo Governo - così come per le grandiPag. 83infrastrutture - è totalmente latitante, assente e colpevolmente e dichiaratamente responsabile?
Mi chiedo perché non ci mettiamo nelle condizioni di dare a questo Paese quelle reti infrastrutturali e quella capacità tecnica di poter acquisire, ad esempio, l'energia interrompibile (quella che arriva dai Paesi, per esempio, dell'Est) la quale, nel mercato e nel libero scambio dell'energia da un Paese all'altro, può essere utilizzata, laddove fosse in surplus in altri Paesi, acquisendola temporaneamente a costi molto bassi e abbattendo, così, la media del costo energetico del nostro Paese. Tutto ciò si è bloccato.
Liberalizzazione significa mettere in condizione diversi soggetti di concorrere. Oggi state consentendo un processo di liberalizzazione monopolista, in altre parole dite che sì, si aprono i mercati, ma consentiamo solo ad uno di essi di gestire quel settore. Questo, colleghi, è il processo che si sta verificando sull'alternatività delle fonti come quelle del carbone, del metano e dello stesso petrolio, ma anche sul piano dell'acquisizione di potenzialità energetiche da diversi fronti del mondo.
È indubbio che il Ministro Bersani stia perseguendo un'azione forte e stringente verso Gazprom, verso il gas che arriva dalla Russia.
Tuttavia, è altrettanto vero che c'è un'azione dilatoria del Governo Prodi, in particolar modo del Ministro Bersani, verso quel progetto che puntava ad acquisire nuove potenzialità energetiche, per esempio dall'Algeria, tramite la stessa potenzialità energetica del metano della Nigeria, attraverso quel metanodotto che dall'Algeria passando per la Sardegna avrebbe convogliato oltre 10 miliardi di metri cubi di metano verso l'Italia e l'Europa.
Anche su quel fronte si punta a stabilire il monopolio dell'ENI, a cui non si vuole fare nessun torto, così come forse non lo si vuole far all'ENEL perché politicamente essi sono funzionali a questa maggioranza, in quanto funzionali ad un processo che non vede la liberalizzazione quale il vero obiettivo, ma semmai il controllo dell'energia nel nostro Paese.
Per non rendere la liberalizzazione un'anarchia strutturale verso il monopolio e per stabilizzare l'offerta, occorre mettersi nelle condizioni di avere pluralità di fonti energetiche e di approvvigionamenti. Tuttavia, oggi in Italia ciò trova un ostacolo, da Pecoraro Scanio fino al Ministro Di Pietro, per arrivare a tutti quei soggetti che hanno l'obbligo di dare risposte in termini anche autorizzativi ai processi amministrativi che vanno dall'autorizzazione per l'impatto ambientale al superamento di tutte le procedure richiamate più volte nelle leggi di questo Paese e rende questa liberalizzazione funzionale al perseguimento di un monopolio di pochi nella gestione dell'energia.
Sostanzialmente pensate di volare, di far volare il mercato dell'energia senza dare ad esso le ali; state tentando di fare una frittata senza avere le uova; volete liberalizzare il mercato dell'energia, ma non fate nulla per acquisire energia. Ciò è davvero un esempio di come la demagogia, la mistificazione e il tentativo demagogico di fornire degli apporti strategici al nostro Paese si scontrino con i fatti concreti, che invece vengono elusi dalle azioni.
Il Paese non è tutto uguale: ci sono realtà che hanno gap infrastrutturali che rendono molto più difficile la possibilità di far scorrere da una parte all'altra, da nord a sud, da est e ovest, l'energia del nostro Paese.
Cito - non perché sono un convinto regionalista - il caso della Sardegna: i sardi pagano il 40 per cento in più del costo energetico nazionale e molto di più di quello europeo, perché le condizioni infrastrutturali non consentono loro non solo di scegliere un'alternativa al produttore e al distributore di energia, ma neanche di far arrivare in Sardegna altra energia se non quella che effettivamente si produce in quell'area.
Occorre parametrare e differenziare le tariffe energetiche, non agevolate, ma riequilibriatrici per determinati settori e aree geografiche del Paese e vorrei richiamarePag. 84il sottosegretario, perché il Ministro Bersani ha responsabilità oggettive su quanto sto per dire.
Il Governo Berlusconi nel 2004 ha scritto e approvato un provvedimento in cui sostanzialmente si afferma che per quei settori (cito le energivore, le grandi industrie metallurgiche del Paese, da nord a sud) bisogna stabilire delle tariffe, che siano capaci di riequilibrare il costo con la media europea.
Il Governo Prodi, con il Ministro Bersani, non solo non si adopera per difendere quel provvedimento in sede comunitaria, ma non propone neanche alternative. L'alternativa che oggi avanzate, così minuta e così marginale, non affronta nemmeno il tema degli oltre trentamila lavoratori che rischiano di rimanere per strada, perché questo Governo non ha saputo dare alcuna risposta sul tema.
Bisogna disciplinare e regolamentare la tutela laddove questa non esista per le condizioni reali di liberazione del mercato e occorre dare a quelle aree del Paese, che pure esistono e che possono essere riscontrate, la capacità di governare, attraverso il mercato, tariffe e servizi, mettendosi nelle condizioni di fornire pluralità di offerta, in un senso e nell'altro.
Mi domando - mi rivolgo al relatore - come ha detto poc'anzi anche il collega della Lega Nord nel suo intervento, se questo sia un Parlamento che legifera o che subisce.
È un Parlamento che dimentica la sua funzione strategica, costituzionalmente riconosciuta, di legiferare su temi rilevanti.
Non cito e non voglio richiamare la confusione costituzionale che avete introdotto nel 2001, per cui una parte dell'energia è di competenza dello Stato, l'altra delle regioni: superiamo pure questo. La realtà è che il Parlamento viene oggi chiamato a subire l'azione pressante dell'Unione europea, che si dimentica di valutare come assolutamente fondanti le diversità tra Paesi e la necessità di recuperare il bisogno di energia, attraverso un processo innanzitutto infrastrutturale e, conseguentemente, di liberalizzazione.
Credo che il vero motivo della procedura di infrazione che l'Unione europea ha avanzato risieda proprio nell'assenza, da parte del Governo e del Parlamento, di una strategia e di una proposta ascendente. Non vi è stata, in questi anni - lo dico forse anche per la parte che compete il nostro Governo - la forza d'urto di contrapporre all'Unione europea una proposta ascendente, che sapesse diversificare i tempi e i modi della liberalizzazione, mettendoci nelle condizioni di dare a tutti una risposta importante su questo fronte.
Credo che le disposizioni del decreto-legge che avete richiamato vadano sostanzialmente sostenute, in alcuni casi, e noi, pure nell'articolazione del voto, le sosterremo, ma è evidente che vi è una stridente esigenza di richiamare il Parlamento e questo Governo alle proprie responsabilità, politiche e amministrative, per alcuni passaggi che sono stati totalmente elusi e che, invece, avrebbero dovuto essere affrontati.
Oggi arriviamo in ritardo perché in questo anno non sono stati adottati i provvedimenti, secondari ma fondamentali, di attuazione delle norme vigenti nel nostro Paese: avete fatto venir meno quei decreti legislativi che potevano, anzi, dovevano attuare tutto il processo di liberalizzazione energetica nel nostro Paese. Credo che stia passando per accertato e per vero quell'assunto della Commissione europea che, per quanto mi riguarda, rasenta la follia utopistica di chi non conosce la realtà dei fatti e l'articolazione dell'Europa. Infatti, se è vero com'è vero che la direttiva 2003/54/CE, di cui ci stiamo occupando, nel considerando numero 21 afferma che l'Unione europea considera che l'apertura progressiva del mercato alla piena concorrenza dovrebbe eliminare il più presto possibile le differenze tra Stati membri. Se questo è l'assunto, se questo è ciò che scrive in una direttiva l'Unione europea, stiamo dichiarando che in Italia, all'interno della stessa articolazione regionale del nostro Paese, non vi siano sostanziali differenze, anche strutturali e permanenti, che debbano essere affrontate con maggiore lungimiranza,Pag. 85non solo con un semplice decreto-legge che affronta una procedura di infrazione.
Lo dicevo poc'anzi con il Ministro Bonino in Commissione: uno dei vanti dell'attuale Governo è quello di riuscire a eliminare le procedure di infrazione comunitaria e una di esse è appunto quella che riguarda il mercato energetico, ma non conta, onorevoli colleghi, onorevoli rappresentanti del Governo, il numero delle infrazioni: conta il risultato programmatico e politico che si assume nel confronto con l'Unione europea.
Serve a poco eliminare un'infrazione se quella viene subita. Abbiamo scambiato il processo comunitario per un ruolo che vede il Parlamento succube delle decisioni comunitarie, non «apripista» ma inseguitore di un processo, nella fattispecie quello energetico, che altri hanno deciso e dove noi e voi, in particolar modo, non avete avanzato alcuna strategia.
L'inserimento nel decreto-legge di alcuni passaggi, che costituzionalmente dovevano richiamare la straordinarietà e l'esigenza di un'urgenza riscontrabile, ci può solo trovare assolutamente contrari: si tratta di un processo che mira, anche in questo caso, a mettere il Parlamento - diciamo così - con la pistola alla tempia, costringendolo ad approvare provvedimenti che hanno altra natura, che dovrebbero avere altri percorsi e iter legislativi.
Come si può condividere il fatto che il percorso del decreto-legge che avete proposto per assumere un processo di governo del regime commerciale ed energetico in Italia non tenga conto dell'elemento sostanziale, cioè quello della infrastrutturazione e della produzione energetica? Credo, colleghi, che il manifesto che avete assunto come parabola del vostro Governo, cioè la liberalizzazione, si scontri davvero con l'assenza di qualsiasi progetto concreto in tal senso.
Non esaminerò punto per punto, pur comprendendo che forse nell'arco dell'esame dei singoli articoli e delle proposte emendative vi sarà occasione per questo; ma è evidente che non possiamo non sottolineare alcuni rilievi, che ci richiamano sostanzialmente alla natura illusoria del provvedimento. Cercheremo di smontare, pezzo per pezzo, durante il dibattito di dettaglio, un provvedimento che non ha la capacità di affrontare il problema, ma ha solo l'obiettivo di eluderlo.
Il Governo Prodi, il Ministro Bersani non si sono messi nelle condizioni di decidere. Ancora una volta, come è stato per il DPEF e per ogni provvedimento strategico e programmatorio di questo Governo, si punta a tergiversare e a posticipare. Il vostro vero leitmotiv, il motivo conduttore del vostro agire è «tergiversare e posticipare». E anzi, a questo si aggiunge il vincolo, il limite della vostra azione politica innato nel vostro stesso raggruppamento politico.
Cito per esempio il caso del carbone. Il Ministro Bersani, con l'aspirante leader del Partito democratico Enrico Letta, ha l'altro giorno sostenuto a Palazzo Chigi che delle opinioni del Ministro dell'ambiente Pecoraro Scanio non gli importa assolutamente niente. Hanno detto, scritto e sostenuto che, nel piano delle locazioni del CO2, il carbone in Italia è strategico. Io condivido tale opinione, ma credo che, dall'altra parte, con l'altro braccio, il Governo comunicasse all'Unione europea che l'Italia stava cancellando tutto il CIP6, cioè il contributo funzionale anche a fonti alternative, per il carbone, quindi bloccando di fatto quello che esiste e anche quello che si dovrà realizzare. In altri termini le contraddizioni ambientali strategiche di questo Governo bloccano la vera liberalizzazione del mercato energetico, quello che noi stiamo cercando di perseguire, che voi avete bloccato, che avete in tutti i modi, dal piano infrastrutturale a quello strategico, messo a repentaglio, perché avete posto alla base del vostro ragionamento una liberalizzazione senza energia, senza progetti e senza futuro (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Baratella. Ne ha facoltà.
FABIO BARATELLA. Signor Presidente, colleghi, ancora una volta dobbiamoPag. 86sopperire ad un ritardo e ad una sottovalutazione colpevole del precedente Governo, che sul tema dell'energia ha brillato per inefficienza ed inefficacia.
Faccio presente ai colleghi che hanno parlato prima di me che non solo esiste in questo Paese un provvedimento, ma che tale provvedimento ad opera del Ministro Marzano risale alla fine del 2004, e reca: «Riordino del sistema energetico nazionale», con il risultato che tutti oggi affermano che non esiste un riordino al sistema energetico in questo Paese e che bisogna realizzarlo. Già questo la dice lunga sulla qualità del prodotto legislativo che avete confezionato nei cinque anni precedenti.
Dopo un solo anno ci troviamo non solo di fronte a una direttiva, ma a una discussione importante che dovrebbe continuare al Senato (mi auguro velocemente), alla ripresa dei lavori, per un riordino vero del sistema energetico.
Questo è un primo provvedimento importante. La direttiva 2003/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2003, prevede che gli Stati membri provvedano affinché, a decorrere dal 1o luglio 2007, siano idonei tutti i clienti finali del settore elettrico, compresi i clienti domestici. Dal 1o luglio 2007, infatti, è cliente idoneo ad accedere al mercato libero ogni cliente finale, nel rispetto della legge n. 239 del 2004, in recepimento della citata direttiva.
In attesa che il disegno di legge A.S. 691 sia approvato, è necessario introdurre misure a tutela del consumatore finale, che impediscano l'aumento ingiustificato delle tariffe e che mantengano inalterati i livelli di tutela previsti dalle norme comunitarie, nonché regole che definiscano il trattamento dei clienti liberi, rimasti, di fatto, all'interno del mercato vincolato. Al contrario, la legge 23 agosto 2004, n. 239, approvata dunque sotto il Governo precedente, ha introdotto al suo interno tale scadenza senza però definire quali regole e quali regimi di tutela si applichino agli utenti finali.
Con il decreto-legge al nostro esame, si anticipano in parte i contenuti del disegno di legge del Governo A.S. 691, ovviamente più organico e più completo, che, come già si è accennato, è in discussione al Senato della Repubblica e che riguarda la concessione di una delega sull'energia e sul gas naturale. Lo stato dell'iter parlamentare di tale disegno di legge per il completamento del processo di liberalizzazione del mercato elettrico, approvato nel giugno del 2006 dal Governo e recentemente licenziato dalla competente Commissione del Senato in prima lettura, non consente di adottare il previsto decreto delegato in tempo utile.
È necessario che l'ingresso del mercato domestico nel mercato libero avvenga con regole certe e mantenendo inalterati i livelli di tutela dei clienti previsti dalle norme comunitarie. È, altresì, necessario ed urgente ridefinire il trattamento riservato ai clienti liberi, che sono rimasti di fatto all'interno del mercato vincolato (piccole industrie, professionisti ed artigiani), per i quali la Commissione europea ha già rilevato elementi di non conformità dell'ordinamento nazionale alle direttive in materia e, tra l'altro, un eccesso di tutela regolatoria con proprio parere motivato del 12 dicembre 2006.
L'intervento tramite decretazione d'urgenza si rende, dunque, indispensabile per evitare sanzioni allo Stato italiano e rischi nella regolarità e nei prezzi delle forniture a tutti i clienti domestici italiani, come messo in luce dalla recente comunicazione del 14 maggio scorso dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas al Parlamento e al Governo.
Le norme d'urgenza che si propongono riguardano la modifica delle disposizioni dell'ordinamento nazionale che oggi si pongono in contrasto o che non sono adeguate rispetto alla completa liberalizzazione del mercato, in un'ottica di transizione graduale ed evolutiva del mercato.
Si prevede in primo luogo l'obbligo di separazione societaria tra l'attività di vendita e l'attività di distribuzione. Anche su questo aspetto, però, occorre maggiore chiarezza. Credo infatti che, già attraverso ordini del giorno, piuttosto che nel provvedimento in esame al Senato, occorraPag. 87chiarire il quadro: chi detiene le attività di produzione non può detenere anche attività di vendita. Su questo punto, peraltro, credo vi sia già una disponibilità che va estrinsecata nel modo migliore.
In secondo luogo, si detta la disciplina della fornitura dell'energia elettrica ai clienti finali - domestici e non - che possono essere inclusi nel regime di tutela. In proposito, occorre distinguere due categorie di clienti, in relazione al grado di tutela accordabile: i clienti domestici, per i quali, in coerenza con quanto previsto dalla direttiva, si propone, in assenza di fornitura sul mercato libero, che sia garantita l'erogazione del servizio in continuità con la situazione attuale; i clienti finali non domestici, per i quali è necessario diversificare le forme di garanzia, riservando il regime previsto per i clienti domestici solo alle piccole imprese connesse in bassa tensione e aventi i requisiti in termini di numero di dipendenti e volume di fatturato annuo di cui all'articolo 3 della direttiva.
In terzo luogo, si dettano le condizioni per il servizio di fornitura automatica di energia elettrica, secondo condizioni standard definite dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas.
In quarto luogo, si dettano le modalità di regolazione del servizio di fornitore di ultima istanza, ossia quello erogato transitoriamente ai clienti non domestici non rientranti nel regime di tutela, che non hanno scelto un fornitore o che transitoriamente abbiano perso il fornitore, allo scopo di garantire la continuità del servizio.
In quinto luogo, si dettano le norme necessarie per rendere effettivo l'obbligo, previsto dall'articolo 3 della citata direttiva, di fornire ai propri clienti le informazioni sul mix di combustibili utilizzati per la produzione dell'energia elettrica fornita.
Infine, si dettano le norme necessarie a garantire, in forme funzionalmente connesse alla completa apertura del mercato elettrico, la continuità delle attività di ricerca e sviluppo nel settore elettrico.
Allo scopo di rendere meno traumatica la transizione da un mercato vincolato ad uno libero si è scelta un'accentuata gradualità rispetto all'attuale sistema di fornitura e vendita per le famiglie. L'impianto generale del provvedimento in discussione, quindi, è teso a sviluppare la concorrenza, a tutelare i consumatori nella transizione al nuovo e a rendere, inoltre, i consumatori consapevoli della questione dell'impatto ambientale nell'uso dell'energia.
Circa la concorrenza, essa è favorita dagli interventi di separazione delle reti e dall'accesso all'informazione da parte delle società di vendita. Con la separazione si garantisce la neutralità delle società di gestione delle infrastrutture e delle attività di vendita, si annulla il vantaggio informativo che viene dalle società di vendita legato a società di distribuzione e si impedisce che le società di distribuzione trasferiscano a quelle di vendita a loro legate i propri clienti (anche se su questo punto occorrono, ripeto, maggiori garanzie).
Circa la garanzia ai consumatori che non hanno scelto il nuovo fornitore, si è deciso di non modificare sostanzialmente le attuali condizioni, in modo da introdurre la novità della liberalizzazione in modo graduato, contenendo i costi del cambiamento ed assicurando la continuità nell'erogazione.
A garanzia del piccolo utente sta anche il fatto che l'Autorità per l'energia elettrica avrà l'organo preposto al controllo su cambiamenti di prezzi a sfavore del consumatore o su modifiche delle condizioni contrattuali.
Circa la consapevolezza dei consumatori, l'obbligo dell'informazione sulla composizione della miscela energetica fornita dovrebbe dare al singolo consumatore strumenti per operare una scelta ragionata e cosciente e dare inoltre visibilità e, dunque, incentivare quelle società di produzione maggiormente impegnate nella ricerca e nella produzione di energie rinnovabili e non inquinanti. L'auspicio finale è che la domanda possa divenire elementoPag. 88propulsore verso energie pulite, premiando i produttori che perseguono tale obiettivo.
Le modifiche apportate al Senato nell'iter del provvedimento sono tese a tutelare ulteriormente i piccoli utenti e, in particolare, le famiglie. Al comma 1 dell'articolo 1 si inserisce il rispetto della privacy da parte delle imprese di distribuzione; al comma 2 si cerca di rafforzare la posizione dei piccoli utenti, anche attraverso l'associazione volontaria della categoria; al comma 3 si prevede che i Ministeri competenti emanino norme volte a tutelare utenti in particolare condizioni di svantaggio economico o in particolari condizioni di salute. Al comma 6, infine, si precisano ulteriormente le iniziative per la sicurezza del sistema elettrico e la confrontabilità dei prezzi, anche attraverso le informazioni che siano accessibili sulla bolletta e sul sito dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas.
Il nostro giudizio è, dunque, positivo: il decreto-legge, della cui conversione stiamo discutendo, coglie aspettative dei consumatori ed elimina le possibilità di sanzioni nei confronti del nostro Paese. Con il provvedimento in discussione al Senato, esso può dare un serio contributo sia sulle questioni ambientali, sia su quelle relative alla maggiore garanzia del risparmio agli utenti finali.
Nei cinque anni precedenti, signor Presidente, nessuna di tali misure è stata assunta, con una inerzia colpevole tesa solo a garantire gli interessi dei produttori. La compensazione è lunga, ma con il provvedimento al nostro esame si può sicuramente dire che essa è iniziata.
Il gruppo Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo sosterrà il Governo in questo percorso di risarcimento che stiamo cercando di dare al Paese (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo e L'Ulivo).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bernardo. Ne ha facoltà.
MAURIZIO BERNARDO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi riferisco con tutto il rispetto necessario ai colleghi «sopravvissuti» alle fatiche degli ultimi giorni di luglio ed al sottosegretario Bubbico che da tempo ci segue anche in Commissione, anche se a volte ci piacerebbe - senza nulla togliere alla preparazione del sottosegretario Bubbico che, di fatto, ha e vanta - anche la presenza del Ministro Bersani.
Come credo si sia capito dagli interventi che mi hanno preceduto, potremmo tranquillamente procedere velocemente in merito ad alcune considerazioni che potrebbero limitarsi alla conversione del decreto-legge al nostro esame, rispetto alle esigenze ed alle reali necessità che come Stato abbiamo nel recepire le direttive comunitarie cui hanno già fatto riferimento i miei colleghi, sia per evitare le infrazioni che riguardano anche il nostro Paese, sia per ciò che riguarda l'apertura a tutti gli effetti, dal 1o luglio, del cosiddetto libero mercato ai clienti domestici.
Però, a più di un anno di distanza, una materia delicata come quella relativa al sistema elettrico e del gas, che ha una ricaduta sulle famiglie e sul mondo delle imprese, in quanto spesso si parla di competitività e di passaggi fondamentali che possono contribuire anche alla nostra economia, mi induce - come chi mi ha preceduto - a svolgere considerazioni che oltrepassano quanto contenuto nel decreto-legge in sé, sebbene mi riferirò, seppur velocemente, ai diversi commi che compongono l'articolo 1, anche perché ho rilevato alcune inesattezze.
Dobbiamo fornire un nuovo impulso a quanto dovrebbe accadere nel nostro Paese a proposito dell'argomento che stiamo affrontando oggi e riguardo alla reale esigenza di porre mano ad un disegno che completi un percorso che ci riporti indietro negli anni; lo ricordava poco fa il relatore. Infatti, nella relazione iniziale erroneamente ci si riferiva ad un provvedimento adottato dal precedente Governo, mentre in realtà si risale di otto anni, si parla di denazionalizzazione e di quanto, all'epoca, il Ministro Bersani fece e successivamente, il Governo guidato da Silvio Berlusconi, attuò attraverso alcune leggi di riferimento.Pag. 89
Svolgo queste considerazioni per sostenere che su tale materia non possiamo fare a meno di svolgere un ragionamento che (al di là delle distanze che possono evidenziarsi, e che si trovano tutte in casa della maggioranza e di chi governa, riguardo al ricorso alle fonti, non solo quelle rinnovabili, e allo slancio che il Paese può avere diversificando le fonti di utilizzo) rappresenti un percorso di riflessione comune, come si è sempre affermato.
Devo ammettere che in Commissione attività produttive ciò è avvenuto spesso, ma occorre aggiungere che abbiamo l'esigenza che sul testo del cosiddetto disegno di legge Bersani in materia di politiche energetiche (che giace ormai da 14 mesi, tempo nel quale sono stati presentati all'Assemblea provvedimenti importanti) si apra davvero un dibattito con un significato alto, che oltrepassi le aule in cui giacciono i disegni di legge, portando ad affrontare argomenti come quello in oggetto, ma ponendo anche delle distanze rispetto ai contenuti di un decreto-legge e della sua conversione.
Credo che sia d'attualità, in questi giorni (e ancora oggi seguendo i mezzi di informazione e in modo particolare la stampa, ma non solo) che il tema dell'energia rientra tra gli argomenti a cui la Comunità europea dedica attenzione. Vi sono reazioni forti da parte dei Governi che la compongono. Risale ad oggi quanto, per esempio, si è letto sul quotidiano Il Sole 24 Ore e altri giornali di pari livello, che sono entrati nel merito di quanto ci si aspetterebbe da un Paese come il nostro su tale argomento. Non mi riferisco solo alla separazione delle reti, tema di grandissima attualità, ma di ciò che significa l'approvvigionamento e quali sono, pertanto, le fonti a cui potremmo riferirci.
In precedenza, il collega Pili parlava di carbone pulito, evidenziando le contraddizioni esistenti all'interno della maggioranza. Occorre iniziare ad avere il coraggio di affrontare il tema del nucleare. Ahimè, non sono presenti i colleghi che hanno svolto considerazioni a proposito di ciò che non ha fatto il Governo nella passata legislatura, ma chi conosce bene la materia e chi tra i presenti ha ricoperto ruoli all'interno delle istituzione di medio livello come le regioni - e lo sa anche il sottosegretario Bubbico che ha avuto ruoli di primo piano in una regione importante del nostro Paese -, sa che nel corso degli anni scorsi, attraverso accordi di programma quadro, il Ministero dell'ambiente siglava accordi di programma con le diverse regioni, impegnando decine di milioni di euro, per fare ricorsi e adottando bandi, per il cosiddetto fotovoltaico, il termico solare, le biomasse, l'idroelettrico, il tele-riscaldamento.
Sono state impegnate, in tal modo, risorse importanti. Le regioni arrivavano poi a dare un segnale rispetto all'utilizzo reale da parte delle amministrazioni pubbliche, del mondo delle imprese, e in particolar modo delle famiglie, tant'è che spesso capitava, credo, nelle diverse regioni d'Italia che le risorse stanziate non fossero sufficienti alla richiesta effettiva.
Pertanto, si sono riportati riferimenti non appropriati rispetto a ciò che è avvenuto negli anni precedenti, per una politica che noi vorremmo fosse di continuità, perché, su questi argomenti, la contraddizione non è tra la maggioranza e l'opposizione, ma è all'interno della stessa maggioranza.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FAUSTO BERTINOTTI (ore 18,25)
MAURIZIO BERNARDO. Sarebbe bene discutere a settembre (al rientro) del disegno di legge di cui avremmo bisogno, del piano energetico nazionale e di come riteniamo di offrire un sostegno ai player nazionali, come l'ENI, e l'ENEL e a ciò che quest'ultima sta facendo oggi soprattutto sulle cosiddette fonti rinnovabili, alle varie fusioni che stanno avvenendo nel nostro Paese, come le diverse utilities, alcune del nord Italia che stanno già operando e trovando soluzioni ai bisogni reali delle nostre comunità, e altre che sono in corso d'opera, che hanno, forse più di noi, la capacità di andare al di là delle colorazioniPag. 90e delle amministrazioni locali e portare a casa un risultato nell'interesse della comunità.
Ancora una volta, tuttavia, ci fermiamo su disegni di legge che dovrebbero essere un punto di riferimento; mi riferisco al disegno di legge Lanzillotta che, come quello che richiamavamo prima, giace al Senato.
Bisogna inoltre considerare ciò che accade quando abbiamo emergenze, ovviamente giustificate e previste dalla Costituzione, e quindi dettate da reali motivazioni, con infrazioni, da una parte e, dall'altra, l'esigenza di applicare le direttive, al di là di chi siano le responsabilità (su ciò potremmo fare un gioco di ping-pong nel ricordarci a chi spettino a seconda dei momenti).
Un'ulteriore riflessione andrebbe svolta in merito dell'ipotesi in cui il Governo e il nostro Paese decidessero di svolgere un'azione forte come oggi stanno facendo la Francia e la Germania. È di queste ore la notizia di ciò che sta avvenendo negli accordi bilaterali tra Paesi, all'aspetto di reciprocità e di concorrenza, tant'è che stanno intervenendo alcuni commissari, e sapete come alcuni Capi di Stato si sono presentati anche su un argomento come quello che affrontiamo oggi.
Ecco perché discutere su argomenti come questo, che rispondono ad un'esigenza effettiva che le nostre famiglie ed il nostro sistema delle imprese e delle pubbliche amministrazioni devono affrontare nel quotidiano, significa fare scelte difficili che coinvolgono le comunità, ma anche soprattutto il modello culturale che vede insieme persone che dovrebbero essere tutte protese verso uno sviluppo sostenibile del Paese, ma poi verifichiamo ciò che accade nei diversi momenti di discussione.
È sufficiente pensare a ciò che è accaduto nei giorni scorsi sul cosiddetto decreto ambientale, a ciò che è accaduto con Pecoraro Scanio in Consiglio dei Ministri, rispetto a un primo blocco di quella che sarebbe dovuta essere l'attuazione della delega, al di là di altri istituti che non hanno avuto seguito, come la VIA, che riguarda anche la tecnologia che porta alle cosiddette centrali e al ricorso e all'utilizzo di combustibili più o meno puliti.
In conclusione, il decreto-legge in esame presenta anche aspetti positivi nella misura in cui recepisce nell'articolato le disposizioni della direttiva europea prevedendo la separazione che deve necessariamente esistere per quelle realtà aziendali che si rivolgono a non meno di 100 mila clienti domestici. Si dovrebbe pensare ad una formula giuridica che affronti le realtà che nel Paese si muovono, la distribuzione e chi si occupa della vendita del prodotto.
Si entra, però, anche nel merito del gas. Si parlava di un decreto-legge riguardante il sistema elettrico e poi si va oltre, come è capitato spesso.
Non c'è poi da stupirsi se la produzione legislativa dell'attuale legislatura è inferiore al passato e si colgono occasioni come questa per «infarcire» le norme di ulteriori provvedimenti, peraltro anche giusti e legittimi. Potrebbero, qualora fossero frutto del dibattito reale, volutamente manifesto in Commissione e in Assemblea, anche essere condivisibili, ma poi ci sono gli atti di forza e l'urgenza che non consente, comunque, di entrare nel merito delle questioni.
Quindi, come dicevo prima e come ricordava anche il collega Pili, non tra le maglie della direttiva, ma negli articoli il cui esame potremo poi approfondire, la fotografia della Comunità europea nulla ha a che vedere con la realtà dei Paesi che compongono la Comunità stessa, per quanto ancora adesso si parli di separazione delle reti, su una soluzione europea su tale argomento e su ciò che significa dipendere da Paesi a rischio. Non voglio entrare nella cosiddetta politica estera, perché andremmo un po' troppo al di là degli argomenti che più ci interessano. Tuttavia, questo è un altro degli aspetti da considerare, se decidiamo di prendere di petto e svolgere un ruolo a pieno titolo all'interno del sistema europeo.
Sul tema dello stoccaggio del gas mi riferisco alla Stogit Spa, ma non bisogna dimenticare che la separazione di fatto giàPag. 91esiste. Questo, per esempio, è uno degli argomenti che noi non riteniamo sia da inserire oggi. Pensiamo al comma 1 dell'articolo 1 che prescrive, anche alle imprese distributrici, l'obbligo della messa a disposizione trasparente e non discriminatoria dei cosiddetti dati relativi alla misura dell'energia fornita ai clienti finali. Tali disposizione sono, ai fini della concorrenza, condivisibili.
Un altro aspetto che ci vede favorevoli è la parte riguardante il comma 2 dell'articolo 1. Siamo, quindi, d'accordo sul regime di tutela dei clienti finali domestici e su ciò che significhi quanto stabilito nei commi successivi, che dovrebbe essere affidato all'Autorità dell'energia e del gas, rispetto però alle cosiddette condizioni standard di erogazione del servizio. Infatti, quando si entra invece nel merito delle tariffe e dei prezzi, ci si deve porre, per quanto si parli di liberalizzazioni (evito di fare battute su tale argomento, perché poi ci dilungheremmo troppo), la preoccupazione di come il mercato possa reagire e dare risposte non mature ai cosiddetti clienti domestici e non. Infatti, ci rivolgiamo all'ossatura, all'intelaiatura del nostro Paese: le piccole e medie imprese con cinquanta dipendenti, con dieci milioni di euro di fatturato.
Ci si preoccupa che l'Autorità per l'energia elettrica e il gas non possa essere in grado di dare delle risposte precise. È apprezzabile e, infatti, stiamo preparando un ordine del giorno con cui si entri nel merito di una scadenza temporale.
Credo che anche il relatore Ruggeri sia entrato nel merito: se vogliamo che di libero mercato si tratti, anche perché è un mercato maturo, con tutte le difese del caso nei confronti delle famiglie e del mondo delle imprese, stabiliamo una scadenza temporale di due anni e non si vada oltre.
Mi permetto di aggiungere, come abbiamo fatto anche in altre occasioni, che l'authority è monca di alcune persone che dovrebbero comporla, rispetto a quello che in più occasioni ci è stato detto, quando la composizione dovrebbe raggiunge il numero di cinque membri. Sappiamo anche quale altro provvedimento si è fermato nelle maglie del Senato, mi riferisco a quello concernente le authority e le sue funzioni. Mi domando se due signori su cinque e la struttura dell'Autorità siano in grado di immaginare ciò che il decreto-legge in esame prevede, andando anche oltre le competenze specifiche. Siamo davvero d'accordo, quindi non mettendo in evidenza contraddizioni, che ci possa essere un termine temporale di due anni e, pertanto, nell'invito che vorremmo rivolgere al Governo e vorremmo che il Governo facesse suo?
Parliamo anche delle realtà, dal momento in cui è possibile ovviamente cambiare il fornitore, volte ad assicurare alle imprese i clienti finali, quelli che siano, come dicevo prima, fornitori di energia elettrica, o che non abbiano ancora scelto un adeguato servizio di salvaguardia.
Questo mi sembra un aspetto importante. Non siamo però d'accordo su quel modello, diciamo pro tempore, che assicurerebbe a tali imprese, clienti finali, la cosiddetta continuità della fornitura, a condizione che le imprese di distribuzione o di vendita alle quali compete la fornitura stessa indichino previamente il prezzo dell'energia elettrica, perché sappiamo quali ripercussioni ciò potrebbe avere per il mercato del sistema elettrico e immaginiamo quale reazione avrebbe la borsa elettrica, vale a dire l'organismo dal quale dipende questo scenario in quanto svolge un ruolo effettivo nel settore. Su tali questioni avremmo voluto riflettere e, invece, ci arriva un decreto-legge «ingessato», del quale comprendiamo le necessità.
Un aspetto importante è quello che, come prescrive la direttiva europea, mette in evidenza l'obbligo d'informazione nei confronti dell'utente sulle cosiddette fonti energetiche utilizzate nella fornitura di energia elettrica relativa all'anno precedente, indicando così anche le fonti informative disponibili rispetto all'impatto ambientale. Anche su tale argomento ho notato una qualche discordanza tra alcuni interventi che si sono svolti. È la stessa direttiva che prevede di informare il consumatore e, a tal proposito, non riesco aPag. 92immaginare chi potrebbe governare un Paese o una realtà locale non tenendo conto dell'impatto ambientale che possa avere la realizzazione di una nuova centrale o, andando in profondità, non tenendo in considerazione quale sia il combustibile migliore anche al fine di un abbattimento delle tariffe, visto che prima si parlava di infrastrutture delle reti e di interconnessioni.
Arriviamo poi a un aspetto positivo sul quale altre volte abbiamo dibattuto. È quello di essere riusciti a superare un argomento delicato, sul quale l'Unione europea ci ha tacciato, anche in passato, di confondere, nel caso specifico, i cosiddetti aiuti di Stato con gli istituti di ricerca, trovando una formula che invece ci consente di sostenere quegli istituti che sono motivi di vanto per il sistema Paese. In particolar modo mi riferisco al Cesi Ricerca che, come voi sapete, dopo alcune operazioni che possiamo definire di alchimie societarie, ha conquistato uno spazio importante, con un numero elevato di persone preparate che lavoravano in questo contesto. È un altro aspetto che giudichiamo positivamente.
Vorrei dedicare un'ultima battuta alle cosiddette fasce deboli, o alle realtà svantaggiate, rappresentate dalle famiglie e dagli utenti, alle quali il decreto-legge in esame dedica un cenno. Mi auguro che in un probabile successivo provvedimento sulle risorse finanziarie, visto che in questo testo non se ne fa cenno, si entri nel merito di che cosa significhi e di quanto questo incida sulla legge finanziaria, specificando quali fasce deboli si andrebbero a toccare e a contemplare, quali sarebbero i costi e, quindi, le tariffe che andrebbero a ricadere sulle realtà disagiate che sono diffuse in maniera eterogenea e «spalmata» tra il nord e il sud del Paese.
Tutto ciò accadrà non con il decreto-legge in discussione, che verrà approvato, e sul quale, nella fase delle dichiarazioni di voto, ci esprimeremo come abbiamo già fatto in Commissione, bensì con un testo che metta mano alla necessità di avere un sistema energetico efficiente, in grado di rispondere ai bisogni reali del Paese. Sarebbe opportuno assumere un atteggiamento meno chino rispetto a quello che l'Unione europea ci prescrive e avere maggiore coraggio. Capisco che già è difficile tenere insieme una maggioranza che ha visioni diverse su un tema così delicato, perché è a cavallo tra il sistema produttivo e quello delle politiche ambientali, però o vi sarà uno scatto d'orgoglio da parte del Governo, che è ciò che noi invitiamo a fare, oppure momenti come questo, riguarderanno le eventuali o possibili infrazioni in cui di fatto andremo a incorrere.
Sappiamo bene quante procedure d'infrazione siano pendenti anche in capo ad altri Paesi; forse, anzi, ci piacerebbe anche sapere, per riceverne un conforto in un'Assemblea come questa, quanto gli altri Paesi, per così dire, hanno dato e risposto in ordine alle richieste della Comunità. Questo è il motivo per cui probabilmente - e concludo - la discussione va oltre i contenuti del decreto-legge in corso di conversione (decreto che ha due articoli, di cui uno costituito da sei commi, parte dei quali condivisibili mentre altri non si sarebbero dovuti inserire nel contesto di questo intervento); infatti, l'esigenza di aprire un necessario dibattito su tale argomento è davvero avvertita, nell'interesse del Paese che ognuno di noi decide di rappresentare nei diversi contesti (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Saglia. Ne ha facoltà.
STEFANO SAGLIA. Signor Presidente, colleghi, credo che il paradosso del decreto-legge in esame si trovi nella data stessa in cui stiamo consumando il nostro dibattito. È sufficiente osservare l'orologio per leggere la data di martedì 31 luglio: il decreto-legge apre il mercato elettrico dal 1o luglio 2007, ne stiamo discutendo il 31 luglio del 2007 e tale data era stata stabilita nel 2003. Il processo di liberalizzazione del mercato elettrico, inoltre, era iniziato con il decreto n. 79 del 1999, quindi da otto anni sappiamo che il 1o luglio del 2007 il mercato domestico si sarebbe dovuto aprire, che sarebbero cadutePag. 93le barriere tra gli operatori mentre si sarebbe aperta la libera scelta del fornitore di energia elettrica. Inoltre, stiamo realizzando ciò attraverso un decreto-legge.
Il Governo non è stato capace di approvare delle norme in grado di anticipare l'avvenimento dell'apertura del mercato rispetto ad una data, stabilita dalla legge del 2003 - legge prima ricordata come relativa al riordino del sistema energetico nazionale, proposta dal Ministro Marzano - e dalle direttive europee. Quindi, oggi, ci troviamo nel paradosso, a lavori conclusi, prima della pausa estiva, di una discussione relativa alla conversione di un decreto-legge, che - come il Presidente della Camera sa meglio di noi - consiste in una misura d'urgenza. Tuttavia, mi chiedo quale urgenza vi sia. Questa data, infatti, era conosciuta dal Governo da anni, inoltre il processo di liberalizzazione si è avviato nel 1999 e la data è stata fissata con legge italiana nel 2003. Tuttavia, il Governo non è stato capace di programmare un intervento legislativo serio, in quanto ha adottato un decreto-legge; peraltro ha creato anche qualche malumore non solo tra gli operatori, ma anche tra coloro che hanno responsabilità istituzionali più rilevanti delle nostre. Successivamente, di corsa e in gran carriera, il Governo si è accorto che stava giungendo tale data e che, dal 1o luglio di quest'anno, tutti i clienti (compresi quelli domestici) avevano diritto di poter scegliere i loro fornitori liberamente; quindi, viene eliminato il mercato vincolato. Questo decreto-legge, però, di fatto, non elimina il mercato vincolato, in quanto oggi siamo tutti liberi di comprare energia elettrica dallo stesso fornitore di prima semplicemente perché, se non si costruisce un impianto di regole adeguato, gli ostacoli al cambio del fornitore sono nella prassi quotidiana.
Pertanto, sarà divertente verificare quali saranno i bilanci di questi primi mesi di liberalizzazione, quando, ad esempio, il 31 dicembre di quest'anno scopriremo che coloro i quali avranno cambiato il loro fornitore di energia elettrica saranno stati pochissimi. Ciò in quanto vi è stata una grave inadempienza del Governo innanzitutto sul seguente versante; il Governo non ha avuto il coraggio di affrontare la questione della tariffa sociale. Oggi viviamo il paradosso di un Paese che continua a incentivare fasce di popolazione non in virtù del loro reddito, della loro capacità di spesa, del loro potere d'acquisto e del numero di componenti della famiglia, ma in virtù esclusivamente dei consumi. Quindi, la famiglia costituita da dieci persone paga l'energia elettrica di più rispetto all'avvocato single che magari ha un reddito di 100-200 mila euro l'anno. Credo che ciò costituisca una disparità sociale profonda, che il Ministro della solidarietà sociale non ha affrontato e che il Ministero dello sviluppo economico si è guardato bene dall'affrontare, nonostante fossimo in presenza di una norma approvata con la legge finanziaria per il 2006 dal precedente Governo, su proposta del gruppo di Alleanza Nazionale, che dava mandato al Ministero di individuare le nuove fasce sociali.
Evidentemente, questa è una scelta di grande responsabilità, che sostanzialmente, a causa delle differenze ideologiche e culturali che pervadono la maggioranza del Governo, non è possibile effettuare. Oggi il Governo non è in grado - ciò è di una gravità inaudita - di stabilire quali siano le vere fasce sociali e di bisogno che devono essere incentivate, anche attraverso la creazione di tariffe sociali agevolate dell'energia elettrica. Purtroppo, questo dibattito non compare neanche sui grandi media e ciò accade in un Paese governato da un Governo di centrosinistra.
Analizzo più nel dettaglio le norme. Innanzitutto, oggi, 31 luglio 2007, si è aperto il mercato ai clienti domestici. Vi era già stata una prima apertura alle piccole imprese e ai consumatori al di sopra dei 100 mila kilowatt e, precedentemente, ve n'era stata un'altra. È in corso, quindi, un processo a tappe: questa è stata compiuta senza che si sia aperto effettivamente il mercato. Ciò per una ragione molto semplice: la composizione delle regole che dovrebbero essere fornite, da un lato, ai produttori e, dall'altro lato, aiPag. 94distributori, ai venditori e ai consumatori, non esiste: essa è stata rinviata - non sei mesi fa, ma nel luglio del 2007 - a decisioni successive del Ministero dello sviluppo economico e dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas.
Oggi, di fatto, non vi sono le condizioni per poter cambiare fornitore. Chi lo cambia? Lo cambia chi, magari, ha interesse ad entrare in un consorzio o un gruppo di acquisto, non certo la famiglia o chi non ha gli strumenti conoscitivi per poter capire quali siano le sue convenienze. Il fallimento di tale iniziativa è testimoniato dal fatto che, come avete visto, non esistono campagne pubblicitarie sull'argomento. Secondo voi, se si fosse aperto il mercato energetico italiano - come è accaduto quando vi è stata l'apertura del mercato della telefonia mobile - non vi sarebbero state campagne pubblicitarie aggressive da parte delle aziende per conquistare fette di mercato? Invece, non ci sono, perché le aziende private - quindi non gli ex monopoli - hanno sostanzialmente rinunciato a fare offerte, rinviando al 1o gennaio 2008 la loro gamma di offerte per conquistare nuovi clienti, non credendo in una struttura di mercato che continua ad essere assolutamente vincolante.
Siamo di fronte ad un altro paradosso. Anche attraverso alcune proposte emendative, insieme all'onorevole Contento, abbiamo sottoposto, in altri argomenti di discussione, il tema dei prezzi di riferimento. Nel decreto-legge in esame viene introdotto tale tema, perché, a monte, vi è un'inadempienza del Governo: non essendovi una liberalizzazione effettiva, la stessa Autorità per l'energia elettrica e il gas ha segnalato al Parlamento e al Governo che il primo effetto della mancanza di regole è l'incremento di prezzi; è necessario, quindi, individuare un'«asticella» che fornisca un riferimento al mercato, per evitare che, dal 1o luglio di quest'anno, la liberalizzazione corrisponda ad un aumento dei prezzi dell'elettricità per i consumatori. È un altro paradosso!
Dall'altro lato, l'Autorità antitrust segnala alla nostra attenzione il fatto che la questione dei prezzi di riferimento rischia di causare un passo indietro nella liberalizzazione e un ritorno dal prezzo alla tariffa. È evidente, quindi, che i prezzi di riferimento debbano costituire un'«asticella» per creare un mercato più trasparente, non perché si debbano imporre prezzi sul mercato.
Insomma, il decreto-legge in esame è davvero assolutamente insufficiente per l'ambizione che, invece, si evince dal titolo, ossia la liberalizzazione dei mercati dell'energia.
Anche sulla questione della separazione funzionale delle attività di distribuzione e di quelle di vendita, solamente un opportuno emendamento approvato al Senato - che ha previsto la costituzione di apposite società - ha evitato il paradosso che anche tale norma fosse una sorta di buon intento, ma non fosse prescrittiva per le aziende che, invece, giustamente devono separare le attività della distribuzione da quelle di vendita: è necessario, infatti, che si aprano nuove fette di mercato e vi sia, soprattutto, l'accesso non discriminatorio allo stesso e, ovviamente, la riduzione delle posizioni dominanti.
Altra questione che probabilmente appare positiva per gli equilibri di Governo, ma che è assolutamente pretestuosa nella praticabilità quotidiana, è quella delle fonti rinnovabili. In questo decreto-legge affermiamo che inviteremo le imprese a spiegare ai clienti la provenienza dell'energia elettrica, in modo che il cliente possa scegliere, magari, anche di pagare di più l'elettricità, perché è prodotta da fonti rinnovabili. Sono curioso di vedere come sarà praticata questa possibilità, perché bisogna stabilire la tracciabilità dell'energia elettrica. Probabilmente, stiamo prendendo in giro qualcuno, perché credo che nessuno pensi che sia davvero possibile stabilire dalla bolletta se l'energia che consumiamo a casa nostra provenga da un impianto eolico o da uno solare.
È evidente che la distribuzione e la trasmissione dell'energia elettrica avvengono attraverso la rete di trasmissione nazionale. Quindi, anche questo è un altro elemento di propaganda, che probabilmentePag. 95mette a tacere i mugugni della sinistra ambientalista, ma che certamente non può mettere in discussione la buona fede dei consumatori.
Insomma, questo decreto-legge arriva in ritardo ed è deficitario. Siamo convinti che, comunque, non vi sia la necessità di ostacolarlo, ma che esso sia solamente un tampone per evitare che nell'immediato i prezzi possano aumentare.
La liberalizzazione non c'è e, tra l'altro, è rinviata senza una data, sine die. Qualcuno indica il 1o gennaio 2008, mentre qualcun altro fa riferimento ad altre date. Il problema è che, purtroppo, questo Governo si è accorto tardi che si stava avvicinando questa scadenza e soprattutto che, nonostante le dichiarazioni continue e insistenti del Ministro Bersani, quando si toccano le vere questioni, a cominciare appunto dal sistema energetico, il tema delle liberalizzazioni viene messo da parte e si pensa ad altro.
Quindi, il nostro intento non ostruzionistico è evidente, perché, come si sa, il decreto-legge potrebbe evocare un comportamento dei gruppi di opposizione che potrebbe addirittura farlo decadere. Non è nostra intenzione, ma siamo di fronte ad un provvedimento che non apre il mercato e che rinvia semplicemente questa decisione a data da destinarsi.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Tomaselli. Ne ha facoltà.
SALVATORE TOMASELLI. Signor Presidente, credo che l'Assemblea, per come siamo giunti a questo punto, dovrebbe mettere da parte questa discussione, che per certi aspetti è legittima, ma che costituisce un'inopportuna propaganda, che pure ogni tanto viene effettuata da ognuno di noi.
Vorrei ricordare sommessamente che stiamo parlando di un decreto-legge che recepisce una direttiva comunitaria del 2003, cui ha fatto seguito, da parte del vecchio Governo, un decreto-legge del 2004 che si è limitato a recepire semplicemente la data di entrata in vigore del processo di liberalizzazione del mercato domestico, fissandola al 1o luglio 2007, e che il precedente Governo ha avuto ben tre anni per legiferare in questa materia, ma ciò non è avvenuto.
Voglio, altresì, ricordare - perché è cronaca e corrisponde a verità - che stiamo parlando di un decreto-legge che ovviamente ha i crismi dell'urgenza, ma il cui contenuto era totalmente presente all'interno del disegno di legge S. 691, in discussione al Senato da oltre un anno, sui temi dell'energia, che il Ministro Bersani ha presentato immediatamente dopo la costituzione del Governo Prodi.
I contenuti di cui oggi parliamo oggi erano già presenti all'interno di quel disegno di legge, che è stato discusso al Senato per circa un anno dalla Commissione industria, che non per amore di polemica, ma di verità, ricorderò essere presieduta da un esponente del centrodestra e che si è attardata nella discussione e nell'approvazione di quel disegno di legge.
Quindi, si è trattato di uno dei primi atti di questo Governo, in particolare del Ministro Bersani, teso a provvedere immediatamente alla necessità di stabilire le modalità di svolgimento del processo di liberalizzazione del mercato domestico di cui parliamo.
Richiamo ciò perché il tema dell'energia è controverso e importante, è uno di quelli su cui, al di là delle logiche di parte, il Parlamento e il Paese dovrebbero avviare una riflessione e assumere un'iniziativa quanto più ampia possibile, perché ci si gioca una parte importante dell'autonomia del sistema Italia.
Se nei prossimi anni l'Italia sarà in grado di assicurare una capacità e una certezza di approvvigionamento, se sarà in grado di mettere in sicurezza il suo fabbisogno energetico, se porterà a termine un processo di ammodernamento e di completamento delle infrastrutture, se porterà avanti con successo un cambiamento anche culturale nel Paese sui temi dell'efficienza energetica e del risparmio energetico e se, infine, crescerà in maniera consistente la percentuale di utilizzo di energia da fonti rinnovabili, sarà un successoPag. 96del sistema Paese, che metterà la sua autonomia al riparo da ogni fabbisogno e da ogni rischio.
È un tema, quindi, che dovrebbe vedere impegnati tutti, al di là dei singoli punti di vista e degli accenti diversi, che legittimamente possono e debbono esistere.
Parto da tali considerazioni per affermare che, con l'apertura del mercato della vendita di energia elettrica ai consumatori domestici (avvenuta nelle scorse settimane con il decreto-legge di cui discutiamo la conversione in legge), si è consumato un ulteriore passo verso un lungo e faticoso, ma importante, processo di liberalizzazione e di riorganizzazione del mercato elettrico avviato negli anni trascorsi con la nascita dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas nel 1995 e - come più volte ricordato - con il famoso decreto Bersani del 1999.
Probabilmente nella nostra discussione sarà il caso di avviare anche un primo bilancio dei risultati di tale politica, che ha interessato Governi di natura e colore diversi, ma certamente tutto intero il nostro Paese. Ciò sarebbe necessario per comprendere meglio i successi e gli insuccessi dell'azione di riforma di uno dei settori strategici dell'economia italiana e soprattutto di uno dei servizi che maggiormente condiziona la competitività del sistema Paese, con costi che a tutt'oggi si differenziano in modo rilevante da quelli dei principali Paesi occidentali nostri competitori.
Sebbene, infatti, la dinamica dei prezzi, considerata in termini assoluti, negli ultimi anni abbia avuto un trend di crescita in linea o addirittura inferiore a quello della media europea, il costo dell'energia rappresenta ancora oggi un elemento di criticità del nostro Paese rispetto alle nazioni europee. Se consideriamo, infatti, il prezzo a kilowatt ora dell'energia elettrica per un utente industriale tipo, l'Italia è uno dei Paesi più cari di tutta l'Unione europea, subito dopo l'Islanda e Cipro, con valori molto superiori alla media e quasi doppi rispetto alla Francia o alle Nazioni dell'area scandinava.
Eppure, il processo di riforma ha portato in questi anni risultati importanti nella struttura di mercato del settore. Una politica di regolazione nazionale ha consentito agli operatori di erogare un servizio di buona qualità, garantendo risultati economici consistenti. Ancora oggi le aziende elettriche del Paese sono quelle che presentano tra le utilities i migliori risultati economico-finanziari, il settore elettrico è il cuore delle utilities quotate in borsa e i risultati economici dell'Enel - per parlare della principale azienda di settore del Paese - sono stati positivi.
Ad oggi nel nostro Paese il mercato elettrico vede la presenza, per quote di mercato possedute, di una pluralità significativa di operatori; la dinamica tariffaria in questi anni ha presentato aspetti favorevoli derivanti dalla regolazione e aspetti sfavorevoli derivanti dalla caratterizzazione avvenuta negli anni passati, causata dell'ormai noto problema del costo del petrolio.
Eppure la struttura della produzione elettrica è rimasta sostanzialmente la stessa, fortemente dipendente dall'uso dei combustibili fossili, anche se vorrei qui ribadire che non vi è un'adesione ideologica da parte nostra ad un combustibile anziché ad un altro.
È vero, dobbiamo affiancarci dall'utilizzo dei combustibili più inquinanti, fino a qualche tempo fa l'olio combustibile, oggi il carbone, un combustibile ad alto rendimento e a basso costo ma oggettivamente uno di quelli che maggiormente concorrono alla produzione di CO2 nel nostro Paese. Allora un approccio non ideologico ci porta a dire che la risposta è nel mix di approvvigionamento e che in tale mix le fonti rinnovabili devono vedere aumentate la loro percentuale in modo netto.
Nel quadro che ho voluto sommariamente richiamare si colloca l'intervento di cui qui oggi parliamo, che è anche all'interno di una logica e di un approccio confermati anche dal Documento di programmazione economico-finanziaria, di cui stamattina abbiamo licenziato la risoluzione approvata dalla maggioranza.Pag. 97
Si tratta di un approccio che il Governo e la maggioranza del centrosinistra e dell'Unione intendono portare avanti. Si tratta, altresì, di un approccio integrato con l'idea che si possa contemporaneamente produrre energia e realizzare interventi volti a contribuire la salvaguardia del clima del nostro Paese e del mondo intero.
In tale direzione si pongono una serie di interventi che il Governo ha messo in opera negli ultimi mesi appaiono pertanto stridenti, rispetto anche alla mole di iniziative e di provvedimenti e di strumenti che l'Esecutivo ha predisposto per il Paese, le critiche di presunta inattività.
Il DPEF rileva, infatti, come un mercato maggiormente interconnesso, quello nel nostro Paese, che si può realizzare attraverso investimenti sia nelle reti favorite dalla separazione proprietaria delle stesse, sia attraverso il passaggio a sistemi indipendenti di gestione, possa costituire una condizione fondamentale per garantire obiettivi strategici, quali la sicurezza degli approvvigionamenti, la competitività delle imprese comunitarie e la realizzazione di vantaggi consistenti per i consumatori.
Si pone in tale direzione l'importante accelerazione della sottoscrizione di importanti accordi internazionali, che il Governo e il Ministro Bersani in particolare hanno firmato, anche nelle scorse settimane, sul tema della realizzazione di nuove reti transnazionali per il trasporto, ad esempio, del gas.
Vorrei qui ricordare gli interventi numerosi volti a sostenere il processo di liberalizzazione nel settore energetico, a cominciare da quello dello scorso agosto a proposito della partecipazione di capitale nelle imprese operanti nel settore del gas, per finire alla legge finanziaria al cui interno vi sono state numerose iniziative volte contemporaneamente a sostenere una nuova cultura e una serie di modalità di interventi a sostegno del processo di risparmio energetico, accanto all'efficienza energetica, e una nuova rimodulazione del tema importante dell'incentivazione alle fonti rinnovabili.
All'interno di questa strategia, tra i primi atti del Governo, vi è stata la presentazione del disegno di legge A.S. 691 ancora in discussione al Senato, che - mi auguro - dopo l'estate possa arrivare all'approvazione e giungere in questa Camera per la valutazione conseguente.
Guardate, colleghi dell'opposizione, si pone qui un problema generale che non riguarda solamente la maggioranza; si tratta di un tema che ricorre spesso negli ultimi mesi, ovverosia il tema di una Camera sottoposta alle difficoltà conseguenti alla necessità di non cambiare provvedimenti assunti nell'altra.
Credo che - consentitemi questa parentesi - si ponga un problema più generale che il Parlamento italiano dovrà affrontare immediatamente, ovverosia quello del superamento del bicameralismo perfetto, che prima ancora di penalizzare una Camera anziché l'altra, porta a non decidere e a non realizzare il bene del Paese
Nel quadro descritto, il decreto-legge n. 73 del 2007 interviene proprio sul terreno di cui stiamo discutendo, la liberalizzazione del mercato dell'energia.
In particolare è previsto un regime di tutela per i clienti domestici che dal 1o luglio, finalmente, possono recedere dal vecchio contratto di fornitura, secondo modalità stabilite dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas, mantenendo le stesse garanzie. Inoltre, è stato disciplinato un regime di garanzie per i clienti domestici e le piccole e medie imprese che non scelgono un nuovo fornitore, un servizio di salvaguardia per gli altri clienti non domestici - ad esempio, imprese con oltre cinquanta dipendenti - che di fatto non hanno ancora lasciato il mercato vincolato, che non scelgano un nuovo fornitore di energia, ma che transitoriamente dovessero invece rimanere senza fornitore.
Nel decreto-legge sono previste regole di trasparenza per l'avvio del mercato per i clienti domestici: è previsto, infatti, l'obbligo della separazione societaria tra attività di vendita e attività di distribuzione di energia elettrica, la separazione funzionalePag. 98tra la gestione delle infrastrutture del sistema elettrico e del gas naturale e il resto delle attività.
Si apre qui un terreno di discussione ampio, che pure in questa sede è stato accennato durante la discussione, a proposito della separazione, che divenga non solo societaria ma anche proprietaria. Che si tratti di un tema di grande rilevanza, lo dimostrano anche le notizie di queste ore rispetto all'impasse in cui la stessa Unione europea si trova a seguito della contrapposizione che rischia di dividerla in due, con alcuni Paesi che spingono per il superamento della logica dei cosiddetti campioni nazionali e altri, invece, animati, se non da posizioni protezionistiche, dalla necessità di tenere intatta l'attenzione sui propri campioni nazionali e sulle proprie aziende. Si gioca una partita importante nell'Unione europea, a cui l'Italia sta contribuendo, credo, in maniera efficace e che si potrà risolvere solo all'insegna della reciprocità degli interventi.
Infine, ultimo intervento previsto nel decreto-legge, vi è l'obbligo di informazione trasparente sul mix energetico utilizzato per la produzione dell'energia fornita da parte dei fornitori di energia elettrica nei confronti dei loro clienti finali. Non è questo un riferimento, come dire, quasi marginale. Vi è in esso, credo, uno degli aspetti più significativi ed innovativi del decreto-legge in esame, un contributo importante alla crescita nel nostro Paese di quella cultura dell'efficienza, del risparmio energetico, di quella attenzione che deve crescere tra i consumatori, tra le imprese, attorno al tema dell'energia, come grande terreno di crescita culturale per mettere al riparo il nostro Paese dai rischi che potremmo correre nei prossimi anni, se non interverremo in tempo in termini di aumento dell'efficienza, del risparmio, della cultura delle fonti rinnovabili.
Tutto questo è ciò che si è voluto perseguire attraverso lo strumento in esame, in cui non mancano probabilmente elementi migliorabili e che sarà cura di tutti noi inserire appena il disegno di legge sarà licenziato dal Senato, a cominciare dal tema delle authority, che possono e debbono garantire maggiore trasparenza e maggiore coinvolgimento dei consumatori.
Al centro del decreto-legge in esame vi sono il cittadino-consumatore e un'azione politica che si espande nella direzione di mettere al centro gli interessi del cittadino-consumatore, a cui dobbiamo offrire servizi più efficienti a costi più accessibili. Nell'ottica di una politica di tal genere, che si espande grazie anche ai numerosi interventi che in questo anno sono stati approvati, non si può non rinunciare alla necessità di un miglioramento della capacità delle authority del nostro Paese di essere contemporaneamente vigili, attente, osservatrici dei processi di liberalizzazione e custodi degli interessi del cittadino-consumatore. A cominciare dal tema delle authority, in primo luogo quella per l'energia elettrica e il gas, sarà importante nella discussione che verrà offrire come Camera dei deputati un contributo di rilievo.
Vorrei concludere con un ulteriore riferimento: mentre parliamo di temi così significativi, prende corpo un'ulteriore iniziativa del Governo. Nelle scorse settimane, si è chiuso il termine per la presentazione dei progetti che si candidano ad utilizzare i fondi nel cosiddetto programma Industria 2015. Non casualmente il Governo, nello specifico il Ministero dello sviluppo economico ha inteso inserire al primo posto, come terreno di sperimentazione di questo programma ambizioso di incentivazione con nuove modalità e nuove forme del sistema delle imprese nel nostro Paese, attorno al tema in particolare dell'innovazione, il tema appunto dell'efficienza energetica.
Sono molte centinaia le istanze, le domande e i progetti pervenuti dal sistema delle imprese del nostro Paese. Vi è, quindi, una grande attenzione e una grande sensibilità nel corpo del Paese, in particolare nel tessuto della piccola e media impresa, a misurarsi sul tema dell'energia, con particolare riferimento ed attenzione all'aspetto dell'efficienza, oltre che del risparmio. Ritengo, pertanto, che se dalla piccola e media impresa del nostro Paese cresce forte tale attenzione,Pag. 99dal Governo e dal Parlamento debbano venire risposte significative: non solo normative più efficaci, che mettano al centro il tema dell'efficienza e della semplificazione delle procedure ma, contemporaneamente, anche un utilizzo più mirato delle risorse pubbliche che, probabilmente, saranno sempre meno, ma, se mirate, saranno più efficaci.
In riferimento a ciò - e su questo punto concludo - si è posta la logica complessiva che ha mosso il Governo e la maggioranza, in questo anno di lavoro, su un tema così trasversale, ma anche così decisivo - come ho affermato all'inizio - per salvaguardare l'autonomia del «sistema Paese». Sul tema dell'energia si gioca una parte importante del futuro del «sistema Italia», non solo per la tenuta del sistema produttivo, ma anche per la qualità della vita del nostro Paese.
Ritengo che con questo decreto-legge, che porta a compimento un ulteriore tassello verso un programma ben più ambizioso e complessivo, si metta a disposizione del cittadino consumatore del nostro Paese un ulteriore contributo, volto a dare efficienza e risparmio di costi (Applausi dei deputati del gruppo dell'Ulivo).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Provera. Ne ha facoltà.
MARILDE PROVERA. Signor Presidente, colleghi, rappresentante del Governo, svolgerò poche considerazioni, sapendo che ci troviamo di fronte alla conversione di un decreto-legge la cui urgenza è dovuta alla direttiva europea del 2003 che aveva già previsto che, in data 1o luglio 2007, si dovesse arrivare alla liberalizzazione del mercato domestico. Come è stato ricordato, tale scadenza era stata recepita già con legge del 2004 e il Governo precedente colpevolmente non aveva trovato modo di agire per riuscire ad affrontare, con intelligenza e con competenza, nel modo e nelle idee, questa vicenda. Ad affrontarla dunque giungiamo solamente oggi, con tempi estremi e, quindi, con un provvedimento d'urgenza, proprio a ridosso della scadenza prevista.
Ci troviamo di fronte, peraltro, a un provvedimento che segue ad un altro che, sempre in materia energetica, sulla via dei processi in corso, introduceva elementi di liberalizzazione in ordine alle aziende di produzione energetica, esponendole anche ad incursioni da parte di aziende di altre nazioni europee, come ha rivelato la lunga discussione sul tema Enel-Edf (scampato pericolo!); ad ogni modo, continua ancora il dibattito con la Francia.
Si tratta di un ulteriore passo rispetto al cosiddetto «decreto Bersani» sul mercato dell'energia, che ha lasciato le nostre imprese energetiche più esposte nei confronti dei produttori esteri. E noi, non casualmente, abbiamo presentato, a suo tempo, un ordine del giorno per richiedere che siano assunti provvedimenti che tutelino con più attenzione le nostre aziende, di fronte a tali processi.
Il provvedimento in esame completa, su impulso - come ricordavo - della Commissione europea, la liberalizzazione della distribuzione e della vendita dell'energia sul mercato domestico. Non ci convince pienamente, proprio in quanto si tratta di un processo di liberalizzazione che non sana i problemi di competitività relativamente a costi e prezzi. Siamo, tuttavia, consapevoli che si tratta di un provvedimento dovuto, che segue alla direttiva europea e all'omogeneizzazione del mercato dell'energia elettrica con quello energetico più in generale (ad esempio, con il mercato del gas, le cui questioni abbiamo già affrontato e risolto).
Tuttavia, alla luce di quella esperienza, rimaniamo poco entusiasti perché non ha calmierato i costi; rischia di inficiare operazioni di incentivazione sullo stesso risparmio energetico, sul terreno tariffario, in quanto vengono contemplate possibilità di scelta tra piani tariffari e fasce orarie differenziate; sostanzialmente, affronta il problema di incrementare, addirittura, l'utilizzo dell'energia a seconda di fasce orarie o di momenti in cui viene utilizzata, con incentivi come l'abbassamento dei costi e, quindi, contraddice l'idea stessa di risparmio energetico. Inoltre, vi è il rischio, per quanto concerne anche le politichePag. 100tariffarie, di non incidere dovutamente per i ceti più deboli e, in particolare, per gli anziani.
Senza ripetere quanto ha già ricordato il relatore stesso, vi era una contraddizione (che, tuttavia, vorrei sottolineare nuovamente anch'io) con l'Authority che vede, in queste limitazioni tariffarie blandamente ricomprese nel decreto-legge, dei limiti stessi alla competitività sul terreno delle tariffazioni. Ciò nonostante, di questi elementi di regolamentazione sulle tariffe - volti sia verso il risparmio energetico, sia verso la tutela delle fasce più deboli e, in particolare, le fasce anziane - abbiamo bisogno.
Avremmo preferito agire alla luce di un piano energetico nazionale e dentro un quadro europeo più preciso, anche per quanto riguarda i consumi delle aziende energivore, per riuscire a mettere allo stesso livello i consumi e i costi dell'energia elettrica, anche per le nostre aziende che sono assai svantaggiate rispetto a quelle dell'insieme dell'Europa, ma ci dobbiamo accontentare delle dichiarazioni del rappresentante europeo, il quale, quando è venuto in Italia, ci ha garantito che su quel terreno si sta lavorando.
Lo stesso Ministro Bersani, di fronte a nostre sollecitazioni per le nostre aziende - in particolare, della siderurgia e dell'alluminio - fortemente energivore, ci ha garantito che i nostri funzionari stanno operando al meglio per riuscire a recuperare su questo terreno. Tuttavia, pensiamo e continuiamo a pensare che, se l'Italia fosse in grado di produrre un piano energetico nazionale, anche su queste vicende saremmo più forti a livello europeo. Inoltre, continuiamo a pensare che, in ogni caso, un piano energetico nazionale sia indispensabile e continuiamo a sollecitarlo per poter avere una valutazione più corretta del rapporto tra domanda e offerta.
Non è detto che dobbiamo continuare a produrre e importare più energia, che dobbiamo continuare a dibatterci sul tema di un maggiore, maggiore e maggiore consumo! In realtà, infatti, la domanda stessa può essere contenuta, razionalizzando l'utilizzo e le metodologie di consumo stesso degli utenti e, quindi, facendo in modo che l'offerta stessa venga calmierata nei costi di distribuzione.
Pertanto, vanno compiute azioni, anche tariffarie, su questo terreno, ed è per questo che abbiamo presentato un ordine del giorno, così come lo abbiamo presentato anche sull'altro aspetto delle tariffazioni per gli utenti più esposti e per le fasce più deboli della popolazione. Abbiamo preferito agire con un ordine del giorno e non mediante proposte emendative, perché ci siamo resi conto di essere di fronte ad un'urgenza, con questo decreto-legge e la sua conversione in legge; ma ci siamo anche resi conto che - mancando un piano energetico nazionale e, quindi, un quadro più complessivo nel quale agire - proporre variazioni, attraverso proposte emendative, sarebbe stato comunque del tutto insufficiente.
Per tale motivo, ci rivolgiamo al relatore e al Governo affinché, di fronte agli ordini del giorno presentati, vi sia una particolare attenzione. Tali ordini del giorno, infatti, non riguardano questo stesso provvedimento, ma le azioni seguenti che il Governo dovrà adottare e, in particolare, il futuro decreto Bersani, auspicando che, con la formulazione di un piano energetico nazionale, vi sia una politica di quadro più completa.
Sarà comunque necessario - rispondendo anche a quanto precisato nella legge finanziaria sulle tariffazioni sociali - agire con diversificazioni tra fasce popolari, anziani, famiglie numerose, ceti operai e ceti particolarmente disagiati, che non arrivano più, non solo alla quarta, ma neppure alla fine della terza settimana del mese.
E dall'altra parte bisognerà riuscire ad intervenire, sempre all'interno del quadro energetico nazionale, su un piano di tariffazioni che consentano di premiare il risparmio energetico, la diversificazione delle fonti, il contenimento del consumo e la produzione alternativa nel nostro Paese.
Questa è la sollecitazione che rivolgiamo al Governo con i nostri ordini del giorno, trovandoci nelle more dell'approvazione e conversione di un decreto-legge,Pag. 101nel momento stesso in cui l'Europa ce lo richiede sapendo che, a nostro avviso, sarà opportuno un ripensamento complessivo su questa politica delle liberalizzazioni che, come ho già accennato, fino ad ora non ha portato risparmi effettivi.
Lo abbiamo visto per le altre liberalizzazioni, nonché per le privatizzazioni già attuate: laddove siamo di fronte al cittadino utente e non al cittadino consumatore, vale a dire laddove siamo di fronte a un consumo dovuto, necessitato da parte della persona, la politica della concorrenza sui prezzi non funziona. Non è la stessa cosa parlare di un mercato obbligato che soddisfi le necessità della persona come utente e di un mercato che si rivolga al cittadino che può scegliere se acquistare o meno un bene.
Siamo nel campo dei beni necessari per la persona e, in questo caso, rischiamo sempre cartelli o comunque monopoli che impongono, alla fine, i prezzi. Persino sul piano della vendita della benzina abbiamo notato che siamo di fronte a questa situazione eppure si potrebbe fare a meno, teoricamente, della benzina e decidere di abbatterne fortemente i consumi.
Per la società di oggi non è più così neppure in questo settore e la benzina è stata la più grande dimostrazione di come i prezzi non sono stati abbattuti, così come è accaduto per la telefonia e come sta accadendo per il mercato del gas.
Ritengo, quindi, che vada fatta una riflessione a tutto campo, imparando nuovamente a distinguere il mercato del consumo normale dal mercato, che non esiste, dell'acquisizione di beni indispensabili per la vita della persona (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 2910)
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, deputato Ruggeri.
RUGGERO RUGGERI, Relatore. Signor Presidente, visti i tempi mi limiterò a un breve cenno; mi sono dilungato già abbastanza all'inizio della discussione sulle linee generali.
Sono d'accordo con quanto affermato dall'onorevole Provera: siamo favorevoli alle liberalizzazioni, al mercato, con grande attenzione però proprio a quel sistema strutturale che abbiamo, in cui spesso i prezzi, indipendentemente dalle liberalizzazioni, sono in mano a pochi e fanno l'interesse ovviamente di questi pochi.
Cercheremo anche di vigilare, di prestare attenzione affinché il nostro Governo faccia un lavoro e soprattutto approvi un regolamento che definisca le categorie e le fasce deboli e dimostri l'attenzione che è alla base della politica dell'Ulivo e dell'Unione.
PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo rinuncia alla replica.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
Approvazioni in Commissione.
PRESIDENTE. Comunico che nella seduta di oggi, 31 luglio 2007, la I Commissione permanente (Affari costituzionali) ha approvato in sede legislativa i seguenti progetti di legge: Ascierto; Zanotti ed altri; Naccarato; Mattarella ed altri; Ascierto; Galante ed altri; Deiana; Fiano; Gasparri ed altri; Mascia; Boato; Boato; Boato; Scajola ed altri; D'Alia; Maroni e altri; Cossiga; Cossiga: «Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e nuova disciplina del segreto» (Approvata dalla Camera, modificata dal Senato), con modificazioni (445-982-1401-1566-1822-1974-1976-1991-1996-2016-2038-2039-2040-2070-2087-2105-2124-2125-B);
Bianco ed altri: «Istituzione della giornata nazionale del Braille» (approvata dalla I Commissione permanente Affari costituzionali del Senato) (2345), con l'assorbimentoPag. 102della seguente proposta di legge: Piscitello: « Istituzione della Giornata nazionale del Braille » (1633), che pertanto sarà cancellata dall'ordine del giorno.
Ordine del giorno della seduta di domani.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.
Mercoledì 1o agosto 2007, alle 9,30:
(ore 9,30 e al termine dello svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata).
1. - Seguito della discussione del disegno di legge:
S. 1507 - Misure in tema di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e delega al Governo per il riassetto e la riforma della normativa in materia (Approvato dal Senato) (2849);
e dell'abbinata proposta di legge: FABBRI ed altri (2636).
- Relatori: Rocchi, per la XI Commissione e Mosella, per la XII Commissione.
2. - Seguito della discussione del disegno di legge:
S. 1649 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 18 giugno 2007, n. 73, recante misure urgenti per l'attuazione di disposizioni comunitarie in materia di liberalizzazione dei mercati dell'energia (Approvato dal Senato) (2910).
-Relatore: Ruggeri.
(ore 15).
3. - Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.
La seduta termina alle 19,25.
TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO RUGGERO RUGGERI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 2910
RUGGERO RUGGERI, Relatore. Il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, dispone la conversione in legge del decreto-legge 18 giugno 2007, n. 73, recante «Misure urgenti per l'attuazione delle disposizioni comunitarie in materia di liberalizzazione dei mercati dell'energia».
La direttiva di riferimento, 2003/54/CE, prevede che gli Stati membri adottino misure adeguate per rendere, a partire dal lo luglio 2007, i clienti domestici del mercato elettrico liberi di scegliere il proprio fornitore.
Allo Stato italiano, che ha semplicemente introdotto, con la legge n. 239 del 23 agosto 2004, tale scadenza, spetta il compito di definire regole e regimi di tutela per i clienti finali; tuttavia, considerato che l'iter del disegno di legge governativo (approvato il 9 giugno 2006 ed ora all'esame del Senato - A.S. 691) finalizzato anche a disciplinare il nuovo regime, non consentiva di adottare in tempo utile il decreto delegato, il Governo ha ritenuto necessario adottare misure urgenti per tutelare l'utenza nella fase di passaggio, nonché per evitare sanzioni da parte della Commissione Europea che, con parere motivato del 12 dicembre 2006, ha rilevato un eccesso di «tutela regolatoria» accordato dallo Stato italiano alle forniture elettriche per i clienti liberi (piccole industrie, professionisti, artigiani) che, di fatto, sono rimasti nel mercato vincolato. Le disposizioni introdotte dal decreto-legge sono volte pertanto a prevenire una nuova procedura di infrazione che nascerebbe in caso di mancato tempestivo recepimento della suddetta direttiva sulla totale apertura del mercato a partire dal 1o luglio.
Il provvedimento in esame adotta quindi le prime misure di «tutela» in vista del completo recepimento della direttiva 2003/54/CE, volte a fare in modo che chiPag. 103vuole muoversi verso nuove offerte possa farlo subito senza incorrere nel rischio di aumenti ingiustificati dei prezzi e chi, invece, vuole rimanere con il proprio vecchio fornitore possa farlo continuando ad avere le garanzie attuali fino a quando il processo di liberalizzazione non sarà compiutamente realizzato; la compiuta definizione dell'impianto riformatore rimane invece quella contemplata nel citato disegno di legge governativo attualmente all'esame del Senato.
Il decreto-legge è composto di un unico articolo: il comma 1, nei primi due periodi, prevede l'obbligo di separazione societaria tra le imprese di distribuzione di energia elettrica e le imprese che svolgono attività di vendita.
L'obbligo di separazione non si applica tuttavia a tutte le imprese di distribuzione, ma solo a quelle le cui reti alimentano almeno 100 mila clienti finali.
L'obbligo ha efficacia a partire dal 1o luglio 2007; è tuttavia previsto un periodo transitorio di centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto (dunque fino al 15 dicembre 2007) entro il quale le imprese di distribuzione che al 30 giugno 2007 svolgono attività di vendita possono adeguarsi. In particolare, entro tale termine, le imprese suddette dovranno costituire una o più apposite società per azioni alle quali trasferire i beni e i rapporti, le attività e le passività relativi all'attività di vendita. La separazione societaria tra attività di distribuzione e attività di vendita di energia elettrica, come specificato nella relazione illustrativa, garantisce la neutralità nella gestione della rete che è utilizzata da tutti i venditori senza asimmetrie informative e, quindi, favorisce lo sviluppo di una piena concorrenza sul lato dell'offerta e consente inoltre di evitare che le società di distribuzione di energia elettrica trasferiscano alle società di vendita che a loro fanno capo il proprio portafoglio clienti, impedendo così un'offerta plurale in regime di concorrenza.
II terzo periodo del comma 1 demanda all'Autorità per l'energia elettrica ed il gas (AEEG) due funzioni:
l'adozione di disposizioni per la separazione funzionale secondo quanto previsto dalle direttive 2003/54/CE e 2003/55/CE. Tali disposizioni valgono anche per lo stoccaggio di gas;
la definizione delle modalità con cui le imprese di distribuzione di energia elettrica o di gas naturale garantiscono l'accesso tempestivo e non discriminatorio ai dati derivanti dai sistemi e dall'attività di misura, relativi ai consumi dei clienti connessi alla propria rete, strettamente necessari per la formulazione delle offerte commerciali e la gestione dei contratti di fornitura.
Nel corso dell'esame nell'altro ramo del Parlamento, la norma in oggetto è stata modificata al fine di specificare che tale diritto di accesso deve essere garantito «nel rispetto delle esigenze di privacy» e riferito ai dati «dell'ultimo anno» derivanti dai sistemi «informativi» e dall'attività di misura, relativi ai consumi. In questo modo si mira ad evitare che le società di vendita appartenenti a gruppi integrati con la distribuzione siano avvantaggiate rispetto a società non integrate nella formulazione di opzioni commerciali eliminando una distorsione di mercato derivante dall'asimmetria informativa. Al contrario, assicurando un accesso non discriminatorio ai dati di misura si garantiscono a tutti gli operatori le stesse informazioni consentendo a ciascun venditore in egual modo di costruire un'offerta commerciale vantaggiosa per l'utenza.
Il comma 2 dell'articolo 1 prevede il diritto di recesso a decorrere dal 1o luglio 2007 per i clienti finali domestici dal preesistente contratto di fornitura di energia elettrica, secondo modalità stabilite dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas, e di scelta di un fornitore diverso dal proprio distributore. Si segnala, in proposito, che l'AEEG, in data 25 giugno 2007, ha deliberato le nuove norme sul recesso dei contratti di fornitura entrati in vigore a partire dal 1o luglio (Delibera n. 144/07).
Il comma in esame dispone poi che, in mancanza di tale scelta, l'erogazione delPag. 104servizio per i clienti finali domestici non riforniti sul mercato libero è garantita dall'impresa di distribuzione, anche attraverso apposite società di vendita, e la funzione di approvvigionamento continua ad essere svolta dall'Acquirente Unico Spa. Tali disposizioni valgono anche per le imprese connesse in bassa tensione, aventi meno di 50 dipendenti e un fatturato annuo non superiore a 10 milioni di euro. Con un emendamento approvato nel corso dell'esame presso il Senato, è stato specificato che il regime di tutela di cui al comma in esame si applica «automaticamente» alle suddette imprese connesse in bassa tensione. Il comma 2 costituisce applicazione di quanto previsto dall'articolo 3, paragrafo 3 della direttiva 2003/54/CE. Tale disposizione prevede che gli Stati provvedano affinché tutti i clienti civili usufruiscano del servizio universale, cioè del diritto alla fornitura di energia elettrica di una qualità specifica a prezzi ragionevoli, facilmente e chiaramente comparabili e trasparenti.
Il nuovo comma 2-bis, aggiunto nel corso dell'esame presso il Senato, prevede l'adozione, da parte del Ministero dello sviluppo economico, di propri provvedimenti volti a promuovere la piena attuazione del citato articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 2003/54/CE, allo scopo di rafforzare la posizione di mercato sia dei clienti civili che delle piccole e medie utenze attraverso l'associazione - su base volontaria - della rappresentanza dei suddetti utenti.
Il comma 3, al primo periodo, prevede che l'Autorità per l'energia elettrica e il gas indichi condizioni standard di erogazione del servizio e definisca («transitoriamente», come specificato nel corso dell'esame presso il Senato), in base ai costi effettivi del servizio, prezzi di riferimento per le forniture di energia elettrica ai clienti di cui al comma 2 (clienti domestici e piccole imprese) e per le forniture di gas naturale ai clienti domestici.
Le imprese di distribuzione o di vendita sono tenute a comprendere tali prezzi, di riferimento nelle proprie offerte commerciali, ivi «contemplando», come specificato nella riformulazione del comma approvata nel corso dell'esame al Senato, «anche la possibilità di scelta tra piani tariffari e fasce orarie differenziati».
Il secondo periodo, aggiunto nel corso dell'esame al Senato, fa salva l'adozione, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di misure volte a favorire utenti economicamente svantaggiati (o, come specificato dalla norma, in particolari condizioni di salute), già contemplate dall'articolo 1, comma 375, della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006).
Il termine ultimo per l'emanazione del decreto, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e della solidarietà sociale, è fissato in sessanta giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge. Il terzo periodo del comma in esame fa salvi i poteri di vigilanza e di intervento dell'Autorità a tutela dei diritti degli utenti, anche nei casi di verificati e ingiustificati aumenti dei prezzi e alterazioni delle condizioni del servizio per i clienti che non hanno ancora esercitato il diritto di scelta.
II comma 4 stabilisce le modalità di regolazione del servizio di «fornitore di ultima istanza», ossia quello erogato transitoriamente ai clienti non domestici non rientranti nel regime di tutela di cui al comma 2, che non hanno scelto un fornitore o che transitoriamente abbiano perso il fornitore, allo scopo di garantire la continuità del servizio.
Il comma prevede la predisposizione di un servizio di salvaguardia da erogarsi transitoriamente ai clienti finali non rientranti nel regime di tutela di cui al comma 2 che sono senza fornitore di energia elettrica o che non abbiano scelto il proprio forniture; con una modifica introdotta nel corso dell'esame presso il Senato è stata prevista la possibilità che i clienti finali cui deve essere assicurato il servizio di salvaguardia autocertifichino di non rientrare nelle categorie di cui al comma 2 (ossia di non essere né clienti domestici, né piccole imprese connesse in bassa tensionePag. 105e aventi meno di 50 dipendenti e un fatturato annuo non superiore a 10 milioni di euro).
Il suddetto servizio di salvaguardia è predisposto attraverso procedure concorsuali per aree territoriali e a condizioni che incentivino il passaggio al mercato libero, secondo criteri di gradualità.
A tal fine, il Ministro dello sviluppo economico emana indirizzi e su proposta dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas adotta con proprio decreto le occorrenti disposizioni.
In via transitoria, fino all'operatività di tale servizio, la continuità della fornitura per tali clienti è assicurata dalle imprese di distribuzione o dalle società di vendita collegate a tali imprese, a condizioni e prezzi previamente resi pubblici e non discriminatori. Tali imprese, libere di approvvigionarsi sul mercato, sono pertanto tenute a praticare condizioni e prezzi predeterminati, in ragione della funzione pubblica ad esse temporaneamente affidata. La previsione di un servizio di salvaguardia sembrerebbe corrispondere a quanto previsto dall'articolo 3, paragrafo 5 della direttiva 2003/54/CE, che impone agli Stati di adottare le misure adeguate per tutelare i clienti finali ed assicurare in particolare ai clienti vulnerabili un'adeguata protezione, comprese le misure atte a permettere loro di evitare l'interruzione delle forniture.
Il comma 5 prevede l'obbligo, a carico delle imprese di vendita di energia, di fornire, nelle fatture e nel materiale promozionale inviato ai propri clienti finali, le informazioni: sulla composizione del mix energetico utilizzato per la produzione dell'energia elettrica fornita nei due anni precedenti (il testo originario del decreto-legge prevedeva un periodo di un anno, esteso a due con una modifica introdotta dal Senato); sull'impatto ambientale della produzione, informazioni che devono risultare utili, come specificato nel corso dell'esame presso il Senato, ai fini del risparmio energetico.
L'indicazione di tali informazioni deve avvenire secondo modalità definite con decreto del Ministro dello sviluppo economico, sentito il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, su proposta dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto in esame (il testo originario del decreto-legge prevedeva per l'emanazione del decreto un periodo di sessanta giorni, esteso a novanta con una modifica introdotta dal Senato).
Il comma 6, primo periodo, prevede che il Ministero dello sviluppo economico adotti iniziative per: la sicurezza del sistema elettrico; la confrontabilità dei prezzi ai clienti finali, anche - come specificato con una integrazione disposta durante l'esame al Senato - attraverso la definizione di standard minimi di informazione cui si può accedere attraverso la bolletta e la pubblicazione sul sito web dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas di tavole di raffronto tra i prezzi praticati sul mercato libero e i prezzi di riferimento definiti dall'AEEG per le forniture di energia elettrica a clienti domestici e piccole imprese di cui al precedente comma 3.
Per quanto concerne le iniziative in tema di trasparenza e confrontabilità dei prezzi, si ricorda che anche in vista della completa liberalizzazione del mercato elettrico, l'Autorità per l'energia elettrica e il gas ha approvato, ai fini una maggior tutela dei clienti finali: una nuova Direttiva in materia di trasparenza dei documenti di fatturazione dei consumi di elettricità, al fine di migliorare la leggibilità, la comprensibilità, la chiarezza e la completezza delle bollette (Delibera n. 152/06).
Più recentemente, per ridurre la possibilità di comportamenti poco trasparenti e agevolare le scelte, l'Autorità, con la Delibera n. 110/07, ha reso obbligatoria una scheda di confronto prezzi che i venditori devono presentare insieme alle nuove proposte commerciali per le forniture a partire dal 1o luglio.
Il secondo periodo del comma in esame prevede, inoltre, che il Ministero dello sviluppo economico attui le disposizioni in materia di ricerca e sviluppo di sistema previste dal decreto del Ministro delle attività produttive dell'8 marzo 2006, rientrantiPag. 106tra gli oneri generali di sistema gestiti dalla Cassa conguaglio per il settore elettrico, anche mediante gli accordi di programma triennali previsti dal decreto del Ministro delle attività produttive del 23 marzo 2006 per l'attuazione dei quali le attività sono prorogate per gli anni 2007 e 2008 per pari importi.
Da ultimo, il nuovo comma 6-bis, introdotto nel corso dell'esame presso il Senato, prevede, ai fini della liberalizzazione del mercato energetico e dello sviluppo del mercato dei servizi energetici, l'adozione, da parte del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell'ambiente, di regolamenti volti alla semplificazione delle procedure per l'accesso da parte delle Pubbliche Amministrazioni a finanziamenti tramite terzi, favorendone il ricorso a servizi volti all'efficienza energetica, senza nuovi o ulteriori aggravi per la finanza pubblica.
VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO
INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 2 | ||||||||||
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Votazione | O G G E T T O | Risultato | Esito | |||||||
Num | Tipo | Pres | Vot | Ast | Magg | Fav | Contr | Miss | ||
1 | Nom. | Doc. LVII, n. 2 - ris. n. 6/00020 | 496 | 496 | 249 | 291 | 205 | 42 | Appr. | |
2 | Segr | Dimissioni del deputato C. Previti | 532 | 528 | 4 | 265 | 462 | 66 | 37 | Appr. |
F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M= Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
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