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XV LEGISLATURA
Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 206 di martedì 18 settembre 2007
Pag. 1PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI CASTAGNETTI
La seduta comincia alle 10,05.
GIUSEPPE FALLICA, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 13 settembre 2007.
(È approvato).
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Bonelli, Brugger, Cordoni, Duilio, Fabris, Galati, Giovanardi, Gozi, La Malfa, Lucà, Marcenaro, Mattarella, Mazzocchi, Meta, Migliore, Mosella, Oliva, Pecoraro Scanio, Pinotti, Piscitello, Scajola, Stucchi, Villetti e Violante sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantanove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Seguito della discussione congiunta dei documenti: Conto consuntivo della Camera dei deputati per l'anno finanziario 2006 (Doc. VIII, n. 3); Progetto di bilancio della Camera dei deputati per l'anno finanziario 2007 (Doc VIII, n. 4) (ore 10,07).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione congiunta dei documenti: Conto consuntivo della Camera dei deputati per l'anno finanziario 2006 e Progetto di bilancio della Camera dei deputati per l'anno finanziario 2007.
Ricordo che nella seduta del 16 luglio 2007 si è svolta la relazione del questore Albonetti e che, a nome del Collegio, il questore Colucci ha integrato la predetta relazione dando conto del seguito fornito agli ordini del giorno presentati in occasione dell'esame del precedente bilancio interno.
(Ripresa discussione congiunta - Doc. VIII, nn. 3 e 4)
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Gianfranco Conte. Ne ha facoltà
GIANFRANCO CONTE. Signor Presidente, onorevoli questori, oggi si affronta una questione che sta suscitando un forte dibattito all'interno dei gruppi parlamentari, ma che soprattutto riveste un certo interesse per i cittadini, i quali ci sono vicini in questo momento perché affrontiamo un tema ormai all'ordine del giorno in tutti i dibattiti politici, tanto che, proprio ieri, il Presidente del Consiglio, partecipando ad una trasmissione televisiva, ha ribadito la volontà di ridurre le spese della pubblica amministrazione. Alla luce di ciò, ritengo sia arrivato il momento di riflettere anche sul bilancio della Camera dei deputati.
Personalmente, ho apprezzato alcuni passaggi della relazione del questore Albonetti; debbo però osservare come non si renda un buon servizio al Paese dichiarando, nel documento del Conto consuntivo della Camera dei deputati per l'anno finanziario 2006, che la dinamica di crescitaPag. 2rispetto all'esercizio precedente, complessivamente pari al 2,94 per cento, è allineata con la crescita del PIL. Ritengo sia giunto il momento di cominciare a riflettere sul taglio dei costi della pubblica amministrazione e non più sul semplice obiettivo di raggiungere in qualche modo il contenimento della spesa; va affrontato seriamente il complesso della spesa pubblica. Ebbene, come si affronta l'aggregato della spesa pubblica? Bisogna esaminare analiticamente, voce per voce, il complesso della spesa.
Veda, questore Albonetti, non entrerò nel merito delle singole voci che compongono il consuntivo della Camera anche se obiettivamente, se le si analizzassero - mi riferisco, in particolare, nel Titolo I sulle spese correnti, al capitolo 55 che riguarda, tra l'altro, la locazione dei depositi, al capitolo 85 sulle spese per l'acquisto di beni e materiali di consumo, al capitolo 105 sulle spese per i servizi di personale non dipendente, al capitolo 125 sulle spese per iniziative di comunicazione e informazione e al capitolo 130 su beni, servizi e spese diverse -, credo che troveremmo le risorse per dare un serio contributo all'abbattimento delle spese stesse.
Un ulteriore capitolo che ritengo vada affrontato si riferisce al costo del personale. Noi abbiamo presentato emendamenti a mio avviso significativi, che danno una rappresentazione chiara della situazione in essere. Immagino non sia solo la mia posizione quella secondo la quale i parlamentari - e per tale motivo ho fatto riferimento anche alle spese di comunicazione - sarebbero stanchi di vedersi sulla graticola, di sentire, anche in relazioni presentate in questa Assemblea, che gli interventi realizzati hanno riguardato solamente i benefit ed il trattamento economico dei parlamentari.
Noi abbiamo la responsabilità, come classe dirigente, nei confronti del Paese, di dare l'esempio, e lo abbiamo fatto: un intervento dell'ultima legge finanziaria della scorsa legislatura ha previsto la diminuzione del 10 per cento degli emolumenti; vi è ormai un non automatico agganciamento agli stipendi dei magistrati (si tratta, in questo caso, di una norma introdotta dall'ultima legge finanziaria).
A mio avviso, stiamo dando un esempio, e lo abbiamo fatto - ho molto apprezzato l'intervento dei questori in merito - anche con riferimento alla riforma dei vitalizi che ha riguardato tutti noi.
Sono passi in avanti importanti; eliminiamo anche il rimborso delle spese di viaggio per motivi di studio: mi paiono tutti segnali importanti, ma è tutto qui? È tutto quello che siamo in grado di fare?
Ritengo che dobbiamo porci assolutamente l'obiettivo di fare di più!
Chi legga questi bilanci si pone delle domande in ordine a talune situazioni; ad esempio, se ben ricordo la Camera percepisce interessi attivi per circa 9 milioni di euro all'anno per una cassa sovrabbondante rispetto alle necessità, e già prevede per gli anni prossimi futuri delle riserve straordinarie da utilizzare. Ma, allora, non si poteva fare un ristorno allo Stato di una parte delle risorse che abbiamo sui conti correnti? Non si poteva riflettere meglio sul complesso delle spese?
Guardate, io sono molto impressionato. Ho verificato la ripartizione del personale per livelli e ho accertato una situazione assolutamente inaccettabile. Se si calcola il rapporto tra il costo complessivo del personale della Camera ed il numero dei dipendenti si ottiene che il costo unitario medio è pari a 120 mila euro l'anno.
Naturalmente questo è il segnale percepito all'esterno, però bisogna anche riconoscere - lo abbiamo sempre fatto - la grandissima professionalità dei lavoratori, dei dipendenti della Camera dei deputati. Si tratta di un dato incontestabile, e noi vorremmo addirittura che fosse in qualche modo maggiormente preso in considerazione e quindi anche retribuito.
Vi è però un problema di organizzazione complessiva. Quando si riscontra che al terzo livello operano 1037 dipendenti e 249 sono «coordinatori di reparto», ebbene ci dobbiamo porre la seguente domanda. Se abbiano seguito la strada dell'esternalizzazione, a cosa servono 249Pag. 3coordinatori di settore, che sono poi gli ex operai, elettricisti, idraulici e quant'altro? A cosa servono?
Allora dobbiamo anche capire che non si può andare avanti seguendo questa logica, per la quale vi sono dipendenti che coordinano sé stessi e nient'altro, e per la quale il perimetro di lavoro di tutti i servizi della Camera si sovrappone continuamente, in un puzzle senza fine.
Dobbiamo dunque riflettere sull'ipotesi di intervenire sul complesso dell'organizzazione, pensando anche ad un apporto, che non sia solo dei parlamentari e che non consista solo nella riduzione dei servizi, ma che intervenga anche complessivamente sull'organizzazione.
Non possiamo trasmettere al Paese l'immagine di un bilancio che costa un miliardo e mezzo di euro, comprese le partite di giro, e dire: siamo stati bravi, abbiamo incrementato, per l'anno prossimo, solo del 2,9 per cento! È questo il segnale che vogliamo dare?
Inoltre - guardate -, sono particolarmente perplesso, soprattutto per una vicenda che ci ha colpito e nei confronti della quale noi abbiamo votato contro, anche nell'Ufficio di Presidenza: quella dell'aumento dei gruppi parlamentari, in deroga alla norma, che la Camera si era sempre data, della costituzione di un gruppo solo in presenza di un numero di deputati almeno pari a venti.
Abbiamo fatto questa operazione che ha comportato un aumento dei costi in misura pari a circa 20-25 milioni di euro e nessuno ne parla? Vogliamo farla scorrere via così, come se nulla fosse successo? Quanto è costato l'ampliamento della costituzione dei gruppi in termini di personale, di spazi, di risorse messe a disposizione? È questa la politica seria, rigorosa, che risponde alla richiesta che viene dal Paese?
Credo che voi, il Collegio dei questori e l'Ufficio di Presidenza, abbiate la responsabilità, ma ce l'abbiamo anche noi tutti parlamentari; non sopporto più l'idea di essere messo sulla graticola e credo che tutti noi dobbiamo avvertire la responsabilità di dare risposte positive agli elettori e ai cittadini. Dovete, quindi, intervenire, dovete fare di più. Dovete cominciare a riflettere su come ridurre i costi laddove evidentemente vi siano sacche di spreco.
Abbiamo presentato altri ordini del giorno che riguardano complessivamente questioni che verranno poi rappresentate dai colleghi e che normalmente si pongono nella discussione di ogni bilancio.
Capisco chi dice che nel passato non si è fatto niente; io sono alla quarta legislatura - Grillo non me ne voglia! - e per tanti anni ho evitato di intervenire sul bilancio della Camera. Ho evitato di intervenire quando eravamo al Governo e quando siamo stati all'opposizione, perché c'è sempre stato tra noi, con il consenso di tutti, una sorta di «vogliamoci bene», l'idea di non parlare di cose così volgari come il bilancio della Camera. Vorrei dire che il bilancio della Camera non è volgare ma è l'esplicitazione del funzionamento di un'istituzione dello Stato.
Vorrei capire, quando il buon Ministro Santagata ci presenterà il complesso degli interventi sugli organi costituzionali, come si interverrà per ridurre complessivamente le spese. Ma abbiamo l'obbligo, come classe dirigente, di dare un segnale al Paese, senza che si riceva prima una spinta in tal senso.
Ma, si potrebbe obiettare, perché ne parliamo ora? Perché oggi è diventata una necessità assoluta dare una risposta alle istanze che vengono dal Paese. La politica è tale perché la si fa giorno per giorno. La politica è anche la presa di coscienza, che in questo Paese oggi manca, dei doveri. Dobbiamo tornare a dare al nostro Paese un messaggio politico con cui ognuno si prende le proprie responsabilità. Bisogna mettere fine al revanscismo del Sessantotto, affermando che c'è una politica dei diritti ma c'è soprattutto una politica dei doveri...
PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Gianfranco Conte.
GIANFRANCO CONTE. Concludendo, i doveri sono civici e sociali e noi dobbiamo dare l'esempio (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
Pag. 4PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Franco Russo. Ne ha facoltà.
FRANCO RUSSO. Signor Presidente, parlare di bilancio della Camera non solo non è volgare ma rappresenta una discussione assolutamente importante e altamente significativa in un momento in cui, come tutti ben sappiamo, nel Paese la critica nei confronti della politica e della classe dirigente giunge fino allo sberleffo.
Devo aggiungere che tale critica, la cosiddetta antipolitica, ha una componente che non deve essere sommata all'altra che attacca anche le istituzioni rappresentative. Voglio cioè dire con molta chiarezza che in questo fenomeno di critica ai partiti e al modo di agire dei cosiddetti politici, vedo due componenti fondamentali. Una mira a colpire i privilegi, lo status dei politici, la loro caccia alle rendite - su cui tornerò tra un momento - e chiede partecipazione e democrazia.
Non vedo in questi attacchi ai privilegi e al modo d'essere e di agire del corpo politico - come anche in taluni libri recentemente pubblicati (penso, ovviamente, a La casta e al volume di Cesare Salvi e Massimo Villone, nonché, naturalmente, alle critiche avanzate, in questi ultimi giorni, da Beppe Grillo) - un attacco anche alle istituzioni democratiche. Avverto, piuttosto, l'espressione di un forte disagio, i sintomi della crisi del rapporto fra classi dirigenti politiche - e non solo politiche - e Paese.
Esiste, però, un'altra politica dell'antipolitica. Al riguardo, non userò l'espressione «poteri forti», ma pronuncerò nomi e cognomi: la Confindustria, per esempio, che per bocca del suo presidente Montezemolo, nel discorso annuale al suo popolo - cioè all'assemblea - ha sferrato un attacco frontale al Parlamento, affermando che il Parlamento italiano spende moltissimo, sperpera e non si capisce a che cosa serva. Non confonderei questa doppia tendenza dell'opinione pubblica: una pilotata dall'alto (ad esempio, da Montezemolo) e l'altra che, invece, trova espressione in un disagio diffuso nel nostro Paese; una, a mio parere, esprime il disagio diffuso che chiede più partecipazione, democrazia e trasparenza, l'altra, invece, mira a marginalizzare la politica e la decisione pubblica.
Per tale motivo, signor Presidente, ritengo che la discussione che stiamo svolgendo sul bilancio della Camera sia particolarmente importante e, nonostante il numero dei parlamentari presenti, penso che sarà seguita dall'opinione pubblica del nostro Paese. Le decisioni che domani assumeremo avranno un forte effetto su come il Parlamento intenderà affrontare la crisi della politica.
Signor Presidente, ho fatto riferimento all'antipolitica del presidente di Confindustria: non si tratta di una polemica personale, anche perché non credo che il presidente Montezemolo stia ascoltando il mio intervento. Su un punto, tuttavia, vorrei richiamare l'attenzione dell'Assemblea: non è vero che la crisi della politica - se la consideriamo a livello di Paesi dell'OCSE, ad esempio - sia dovuta semplicemente al modo di funzionamento dei partiti, che pure io critico. Essa è, piuttosto, dovuta a un fenomeno molto più profondo e radicale, che a mio avviso (ma non so se sia un riverbero del Sessantotto) si chiama egemonia del mercato ed egemonia dell'impresa.
In questo periodo, casualmente, ho letto un volume di Richard Robinson, dedicato alla rivoluzione neoliberale nel forgiare - così riporta il titolo in inglese - lo stato del mercato. In questo volume ho trovato delle considerazioni particolarmente illuminanti che vorrei riportare. La tesi di fondo di tale pubblicazione (che, peraltro, è collettanea) è questa: noi, oggi, viviamo una situazione di democrazia a bassa intensità. Con l'espressione «democrazia a bassa intensità» gli autori intendono sottolineare l'evoluzione del nostro sistema istituzionale verso una società di mercato. Nella società di mercato, cioè in una società in cui predominano forze economiche guidate da interessi economici sia industriali sia finanziari, non c'è più bisogno di una forte istituzione che si accolli la decisione pubblica in maniera trasparente e rappresentativaPag. 5degli interessi generali del Paese (intendendo per interessi generali del Paese non semplicemente la sommatoria o il valore mistico del bene comune, ma la conflittualità e la pluralità degli interessi stessi che trovano nelle istituzioni, soprattutto parlamentari, la loro sede di rappresentanza e composizione). Oggi le forze economiche e le forze di mercato non hanno più bisogno di confrontarsi con la decisione pubblica, perché vogliono sottrarsi ad essa. Ecco, quindi, la democrazia a bassa intensità.
Pertanto, la rivoluzione conservatrice liberista non richiede istituzioni più forti, ma più deboli, non richiede la capacità di Governo, ma metodi di governance, vale a dire quei metodi che consentano ai poteri forti di intrattenere rapporti privilegiati con il potere esecutivo nella predisposizione, appunto, delle misure pubbliche.
In tale volume (che chi ha voglia potrebbe leggere in quanto è in dotazione nella nostra biblioteca) si dice, appunto, che oggi si sta attuando la profezia della cosiddetta scuola della public choice, ossia che il politico - colui che esercita la rappresentanza o che è attivo sulla scena politica - viene individuato come un ricercatore di rendite. La scuola della public choice ha sempre detto che dobbiamo considerare la sfera politica al pari della sfera imprenditoriale: l'imprenditore ricerca il profitto, il politico cerca la sua sopravvivenza, la sua autoperpetuazione e, in più, le rendite.
È quello che stiamo vivendo nel nostro Paese e non è dovuto, quindi, solo alla cosiddetta crisi dei partiti - di cui parlerò in seguito - ma è dovuto, invece, all'egemonia dell'ideologia e della prassi liberista che vogliono che l'impresa sia forte e libera da «lacci e laccioli» e che riduce il politico ad un cacciatore di rendite. È ciò che, effettivamente, stiamo vivendo e per questo motivo ho trovato illuminante tale volume. Infatti, la «profezia autorealizzantesi» - come avrebbe detto Popper - della scuola della public choice, secondo la quale i motivi di fondo dei politici sono motivi di interesse, ci degrada a coloro che cercano delle rendite.
Dobbiamo spezzare tale meccanismo. Concludendo questo primo punto, vorrei dire a giornalisti valenti come Rizzo e Stella o a Il Sole 24 Ore, che sta dedicando molte pagine ai costi della politica, che si dovrebbero interrogare anche loro se il prevalere delle logiche liberiste di mercato, scientemente o non scientemente, non abbia messo in crisi il ruolo della politica. Certamente, noi dobbiamo cercarne un altro. Per tale motivo, è importante la discussione su noi stessi e sul bilancio della Camera dei deputati.
Concordo in pieno con l'onorevole Albonetti quando, sia nel riferire alla I Commissione affari costituzionali, sia nel presentare il progetto di bilancio a luglio, ha scelto, come punti di riferimento, gli articoli 67 e 69 della nostra Costituzione, facendosi guidare, nelle scelte di bilancio, dalle grandi previsioni contenute nella nostra Carta costituzionale relative all'indennità e al mandato nazionale di cui i deputati sono portatori.
Pertanto, nel compiere queste nostre scelte, dobbiamo dividere il grano dal loglio, ossia distinguere i cosiddetti costi della politica dai costi della democrazia e non lasciarci guidare da facili demagogie - in questo caso lo dico con molta convinzione - come quella del presidente Montezemolo, secondo cui i costi del Parlamento italiano e della Camera dei deputati ammontavano a quelli di quattro parlamenti dell'Europa occidentale. I questori, giustamente, lo hanno smentito e i dati sono leggibili. Tuttavia, dobbiamo compiere scelte che salvino dalla critica della politica le istituzioni repubblicane. Non possiamo far morire le istituzioni della rappresentanza della Repubblica italiana per la crisi dei partiti e delle classi dirigenti. A mio avviso, non sono la stessa cosa e non sono assolutamente accomunabili.
Veniamo alle scelte che dobbiamo compiere: innanzitutto si può criticare - io non sono d'accordo - la scelta relativa al numero dei gruppi parlamentari. Poiché sono un convinto proporzionalista, non ho paura della moltiplicazione dei gruppi parlamentari ove questi rispondano, comePag. 6io credo rispondano, ad esigenze e istanze di rappresentanza di ideali e di interessi politici e sociali, oltre che culturali, del nostro Paese.
Vi siete mai chiesti se si possano abbattere realmente anche i costi relativi al funzionamento delle istituzioni introducendo, per esempio, una sola Camera politica e modificando la seconda Camera, facendola diventare una Camera della rappresentanza delle autonomie territoriali e delle regioni? Non si tratterebbe di una riforma istituzionale di grande rilievo, che va incontro a molte istanze di decentramento dei poteri decisionali e di rapidità delle decisioni, in maniera da evitare la navetta e, contemporaneamente, facendo sviluppare il nostro sistema istituzionale e rappresentativo ponendo al centro del sistema istituzionale nazionale anche le rappresentanze regionali e delle autonomie locali? Non sarebbe questa una riforma?
Certamente, non spetta al bilancio della Camera operare scelte simili e non è questa la sede in cui possiamo deliberarla. Tuttavia, dobbiamo anche saper imprimere una spinta in tale direzione, affermando che le due Camere devono sapersi autoriformare, anziché indicare nei comuni e nelle circoscrizioni le fonti di spreco del nostro sistema istituzionale.
Innanzitutto, oggi una causa di disfunzione del nostro sistema istituzionale è il bicameralismo perfetto. Non sto qui a raccontarne la storia (vi saranno altre sedi per poterne discutere). Come gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea siamo dell'idea di superare il bicameralismo perfetto, per avere una Camera politica - questa o l'altra ha poca importanza - ed una della rappresentanza delle autonomie locali e delle regioni.
La seconda grande riforma - purtroppo, anch'essa non dipende dalla discussione del bilancio e dalle nostre decisioni - è la riduzione del numero dei parlamentari. Tuttavia, anche oggi diamo questo segnale al Paese dicendo che siamo intenzionati a diminuire assolutamente il numero dei parlamentari, non per un capriccio o per venire incontro alle domande del Paese - anche questo motivo sarebbe importante - ma perché la diffusione della rappresentanza, anche in termini legislativi (perché anche le regioni hanno potere legislativo), non può che imporre la riduzione del numero dei parlamentari a livello nazionale.
D'altra parte, anche il ruolo dell'Unione europea, che ormai legifera mediante strumenti normativi che incidono direttamente sui cittadini (la cosiddetta primazia del diritto comunitario) ci impone di ridurre il numero dei parlamentari, perché esistono sedi legislative da Strasburgo e Bruxelles fino alle regioni.
Dunque, non solo per una giusta critica proveniente dall'opinione pubblica sul funzionamento delle istituzioni, ma perché ormai è necessario razionalizzare, rendendo il processo legislativo trasparente e più democratico, dobbiamo avviarci verso tale soluzione. In tal modo possiamo respingere un altro motivo di crisi della politica e della rappresentanza, cioè il processo di personalizzazione della politica.
Dalla personalizzazione della politica - cioè dal ruolo di leader che ogni deputato è costretto a svolgere per poter essere ricandidato e vincere nuovamente le elezioni, quindi, attraverso l'esposizione mediatica e il rapporto diretto con l'opinione pubblica - deriva anche la sottovalutazione del ruolo delle assemblee rappresentative. Infatti, se un leader rappresenta, condensa e riassume in sé tutti gli interessi del Paese e i rapporti con quest'ultimo, ovviamente la crisi della rappresentanza scaturisce anche dalla personalizzazione della politica.
Parlando con la dovuta modestia e senza nessuno spirito rivendicativo, ritengo che anche i media - sia quelli elettronici sia quelli tradizionali - dovrebbero interrogarsi sul ruolo che la stampa sta assumendo nel processo di costruzione della democrazia nel nostro Paese, molto spesso utilizzata per dibattiti un po' meschini, a volte personali, anziché per affrontare e informare sui grandi temi del Paese. Ciò non avviene sempre. Mi rendoPag. 7conto che c'è anche una sorta di complicità fra stampa e classe dirigente politica, soprattutto con i grandi leader.
Questi sono i grandi pericoli che vi sono nel nostro Paese: la personalizzazione, il plebiscitarismo e il dominio del mercato. La marginalizzazione della politica è il risultato di tutte queste spinte. Possiamo rispondere con alcune proposte di riforma, che io stesso ho avanzato.
Vengo ai punti di fondo relativi al bilancio.
Onorevoli questori, noi condividiamo lo spirito con cui avete proposto il conto consuntivo e il bilancio per il prossimo anno, cioè il contenimento delle spese e l'intervento su alcuni benefit dei parlamentari. Noi, forse attirandoci anche gli strali degli ex parlamentari - come saranno peraltro molti di noi - abbiamo anche proposto di intervenire sullo status degli ex parlamentari, non tanto sui vitalizi (anche se condividiamo in pieno la proposta di rendere più ardua la via per addivenire al vitalizio e, quindi, le proposte di riforma in questo senso), quanto colpendo, per esempio, le spese di viaggio.
Francamente non si capisce perché ad un ex parlamentare debbano essere pagati a vita l'aereo e il treno per le sue esigenze personali, probabilmente anche per le sue esigenze politiche, che però devono ricadere nei costi delle associazioni o dei partiti di cui fa parte; non si capisce il motivo.
Sarebbe molto interessante anche riflettere sulla storia di tale benefit (ma non lo faccio in questa sede), dovuto anche alla povertà dei partiti - nei decenni passati, non ora - per cui si utilizzavano risorse pubbliche per poter continuare a far politica. Con ciò non voglio giustificare tale benefit, ma ne capisco la ragione storica, che però va assolutamente superata.
Nel predisporre il bilancio della Camera dei deputati, però, dobbiamo stare con i piedi per terra: noi abbiamo avanzato una proposta molto semplice (che non so se i questori apprezzeranno o hanno apprezzato, anche se essa è in linea, tra l'altro, con la legislazione vigente): la grande scelta operata dai questori è di contenere la richiesta di denaro o di finanziamento al Ministero dell'economia e delle finanze, rispettando i tassi di crescita del prodotto interno lordo. A noi, come gruppo di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, leggendo tale indicazione è subito venuto in mente che i contratti si stipulano sulla base del tasso di inflazione, che è molto più basso del PIL, e quindi non si capisce se, in prospettiva, non possiamo assumere come criterio, come Camera dei deputati, non la crescita del PIL, ma il tasso di inflazione, che regolamenta i grandi aggregati della finanza pubblica, a partire dai contratti.
Il punto su cui volevo concludere il mio intervento è il seguente: intervenire sulle pensioni (o, meglio - mi scuso, ho sbagliato - sui vitalizi, perché i questori ci hanno spiegato ripetutamente la differenza tra pensione e vitalizio) e sullo status degli ex parlamentari, sulle spese e su tutti quei benefici dei parlamentari, rispettando ovviamente gli articoli 67 e 69 della Costituzione (ossia, per esempio, salvaguardando le spese relative al collegio e la possibilità di curare i rapporti con gli elettori e le elettrici), è particolarmente importante.
L'ultima parte del mio intervento volevo dedicarla al seguente tema: non credo - dobbiamo avere la forza di dirlo e il coraggio di dialogare con l'opinione pubblica del Paese - che possiamo limare e tagliare le spese per il funzionamento della Camera dei deputati relativamente ai suoi apparati. Non voglio fare l'ennesima esaltazione - come giustamente, però, facciamo tutti - della professionalità e della dedizione dei dipendenti della Camera dei deputati, ma va fatto anche un discorso di natura politico-culturale. Con l'introduzione del sistema maggioritario, infatti, gli apparati della Camera - penso anche quelli del Senato - hanno assunto un ruolo particolarmente importante nella predisposizione dei materiali istruttori per le decisioni della Camera dei deputati, soprattutto per quelle di carattere legislativo. Non è da molto che è stato introdotto il metodo dei dossier e penso che tuttaPag. 8questa parte di documentazione, di informazione e di elaborazione dei dati non vada tagliata, ma potenziata.
Tutte le scelte vanno operate non solo in termini di riduzione di spesa per far risparmiare soldi al contribuente italiano, ma anche per rafforzare l'apparato conoscitivo della Camera. Qui, infatti, dobbiamo essere tutti consapevoli che la capacità di conoscenza dei partiti e dei gruppi parlamentari è ormai estremamente limitata proprio a causa della crisi dei partiti stessi.
I partiti non rappresentano più istanze della società civile o parti della società e, dunque, non hanno più quei legami che gli consentono di selezionare la domanda sociale e l'informazione. I partiti non sono più questo! Fondamentalmente, essi sono macchine elettorali intorno a un leader. Questa è la vera piaga!
Non troverete più in una stanza di un partito la capacità di elaborazione: avranno i loro uffici studi, i loro riferimenti esterni, i loro accademici, ma non esiste più l'elaborazione della conoscenza, intesa come conoscenza sociale, come progettualità, come proposta, all'interno dei partiti.
Questo ruolo di conoscenza, di informazione e di conoscenza, che deve essere neutrale, è oggi affidato all'apparato conoscitivo della Camera. Questo è il punto di fondo! Non a caso, nella relazione sullo stato dell'amministrazione predisposta dalla Segreteria generale, si fa molto giustamente riferimento - condivido appieno questo impianto - al ruolo dell'ufficio studi e all'importanza della fase di preparazione delle leggi. Questo aspetto è fondamentale! Se non lo dicessimo chiaramente al Paese, commetteremmo un grave errore. Questi sono costi della democrazia, non della politica. Sono costi che il Paese deve assolutamente affrontare se vuole deliberare avendo una base di conoscenza, come sempre si dice citando giustamente il Presidente Einaudi.
Ho avanzato, a nome del gruppo, una proposta che spero possa essere accolta da parte dei questori. Ci troviamo di fronte a dei dati, a degli apparati conoscitivi, di cui ho molto rispetto, ma devo dire che sono, però, dati e fonti conoscitive non neutrali.
Con tutto il rispetto che ho per l'ISTAT, per la Banca d'Italia o per i grandi uffici studi dell'OCSE, per il modo di selezionare i dati, per la documentazione, con tutti gli sforzi, soprattutto da parte dei grandi centri di ricerca - penso all'ufficio studi della Banca d'Italia o all'ISTAT - con il loro bagaglio anche di trasparenza e responsabilità scientifica, penso che in questo Paese sia venuta a mancare la grande fonte di conoscenza sociale costituita dai conflitti, dalle mobilitazioni dei cittadini, dai sindacati, ossia da quel tessuto diffuso che c'è sempre stato e continua ad esserci nel nostro Paese senza, tuttavia, trovare la possibilità di venire ascoltato nei luoghi della decisione.
So che il luogo della decisione parlamentare è sempre più ridotto, perché - l'ho detto all'inizio - so che il luogo della decisione è oggi spostato a Bruxelles, nei grandi gruppi multinazionali e nei grandi centri finanziari. Ne sono assolutamente convinto, ma per quel che ci rimane in termini di potere di decisione e per consentire che la decisione pubblica presa in Parlamento abbia nuovamente una grande incidenza, penso che dobbiamo investire risorse nell'acquisire le proposte, le conoscenze e l'elaborazione dei dati di quel diffuso sistema - lo chiamo sistema, ma non è tale, perché è molto spontaneo - di comitati, aggregazioni e gruppi territoriali presente nel nostro Paese.
Tutti parlano della TAV: certo, possiamo fare hearing utilizzando questo strumento per «ascoltare» la TAV, ma vorrei che ogni parlamentare - mi piacerebbe, ma non lo pretendo - venisse informato pressoché quotidianamente del tipo di elaborazione, mobilitazione, ricerca e proposta alternativa che questi comitati producono. Si parla di gassificatori: vorrei che i comitati venissero non solo ascoltati estemporaneamente con un hearing, ma che le loro posizioni potessero essere conosciute dal Parlamento.
Potrei continuare con mille altri esempi. Di questo tessuto democratico, che è presente nel nostro Paese e che nonPag. 9trova udienza attraverso i partiti e i gruppi parlamentari, deve farsi carico, a mio avviso, nella sua neutralità, l'apparato della Camera.
Così come noi conosciamo i dati elaborati da parte dell'ISTAT, della Banca d'Italia o della Ragioneria generale dello Stato, mi piacerebbe che tutta questa messe di informazioni ed elaborazioni venissero poste a disposizione della Camera.
Questi sono costi - me ne rendo assolutamente conto - che vanno affrontati.
Concludo, signor Presidente, ringraziandovi per l'attenzione ed affermando senza toni messianici che senza il Parlamento la democrazia muore. Ce lo ha insegnato la storia e lo affermo anche io, che provengo da una tradizione antiparlamentarista di sinistra. Senza il Parlamento la democrazia rappresentativa non esiste: vi saranno poteri forti e poteri che non rispondono all'opinione pubblica, ai cittadini e alle cittadine.
Con il Parlamento non dico che la democrazia si trovi in buone condizioni, ma può salvarsi soprattutto attraverso scelte di sobrietà, come sosteneva il questore Albonetti, dei rappresentanti della Camera dei Deputati e del Senato, che non dovrebbero condurre una vita glamour, come si dice in inglese, od esposta, come se andare in Parlamento fosse non solo un privilegio, ma anche e soprattutto un luogo per cercar rendite e condurre una vita sotto i riflettori: dobbiamo tornare ad uno stile di sobrietà! Dobbiamo, quindi, compiere delle scelte per ridurre il costo del mantenimento dei deputati (mi riferisco anche all'amministrazione) laddove si può, senza intaccare la professionalità e la dedizione dei funzionari a tutti i livelli della Camera dei Deputati; non dobbiamo, tuttavia, assolutamente fare in modo che rinasca una nuova spinta antiparlamentare, come è accaduto negli anni Venti e Trenta in Italia ed in Europa, con gli esiti che abbiamo visto. Venga bene accolta la critica alla politica, alle modalità di funzionamento dei partiti, ma in nome di un maggior potere delle istituzioni rappresentative, di una maggiore partecipazione dei cittadini e della trasparenza. A mio avviso il confronto, la battaglia politica saranno di lunga lena: le forze che dobbiamo affrontare sono potenti a livello nazionale, internazionale (con ciò non voglio gridare al complotto) ed europeo, ma dobbiamo ricondurre la decisione pubblica nei luoghi della rappresentanza e non al di fuori.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mario Pepe. Ne ha facoltà.
MARIO PEPE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il questore anziano Albonetti nella sua relazione ha preannunziato una politica rigorosa, di sacrifici e di lotta agli sprechi ed ai privilegi. La scure del questore si è abbattuta principalmente sui vitalizi dei deputati: d'ora in avanti un deputato con cinque anni di legislatura all'età di 65 anni - e solo all'età di 65 anni, non prima - percepirà un vitalizio di 2.500 euro al mese. Certamente sulla decisione dell'Ufficio di Presidenza ha influito non poco il clima che si è venuto a creare nel Paese contro la politica, il clamore delle polemiche che ha investito il Palazzo e che non ha risparmiato neanche i suoi dipendenti, dai barbieri agli alti burocrati: questi sacerdoti delle istituzioni che vivono all'ombra del potere, lontano dalle ire della folla, che sono riservate solo ai politici e che restano comunque carne da cannone.
È iniziato, dunque, un lungo periodo di quaresima per il Parlamento, come ha affermato un autorevole esponente dell'Ufficio di Presidenza. Vorrei, tuttavia, dire ai componenti dell'Ufficio di Presidenza, con i suoi diciotto segretari che hanno fatto di questo Parlamento il più costoso della storia repubblicana, che in questa occasione si sono comportati come quei signorotti medievali, che in tempo di quaresima facevano digiunare la servitù per mettersi a posto la coscienza, mentre poi si abbandonavano a notti di bagordi.
Signori dell'Ufficio di Presidenza, avete fatto fare agli altri il digiuno perché avete rinunciato al tentativo di eliminare gli sprechi veri del Palazzo! Lo scandalo diPag. 10Palazzo Marini è stato liquidato con una lettera a futura memoria.
A Palazzo Marini l'80 per cento degli uffici sono vuoti: se quegli uffici non servono ai deputati, a chi servono o a chi sono serviti? E chi ha ideato la stangata ai danni del bilancio della Camera e chi l'ha resa possibile? È facile risalire a nomi e cognomi. Quanto, infine, alle consulenze, ho presentato un ordine del giorno che ne riduce una parte.
È dunque necessario uno scatto d'orgoglio, un segnale preciso nel senso di una politica che non vivacchia, ma decide. È, inoltre, necessaria una riforma del Parlamento nei numeri, poiché questo Parlamento si muove con metodi di cent'anni fa, in cui il culto del rituale prevale sull'efficienza legislativa. Ha, infatti, ragione il ministro Bersani quando afferma che la politica inefficiente è sempre costosa: non serve all'Italia un nuovo Masaniello che arringhi la folla, né un cardinale Ruffo che si ponga alla testa dei nuovi lazzari, anche se qualcuno ha affermato che verrà un dittatore sotto le vesti di salvatore della patria, per trasformare quest'aula sorda e grigia in un bivacco di manipoli.
È necessario dire addio ad una certa politica, cioè alla politica che occupa il potere e basta e questo Governo ha dato all'Italia una lezione su come si occupa scientificamente il potere, dalle più alte cariche dello Stato fino all'ultima pro loco. L'unica cosa da fare, se vogliamo salvarci, è dunque dire addio a questa politica, ridando subito la parola agli elettori. In questo senso mi appello ai senatori a vita, anzi ai senatori di diritto, che un tempo rappresentarono l'unità e l'interesse supremo della nazione: non sostenete un Governo moribondo, che governa a dispetto degli italiani! Qui, infatti, non è in gioco il futuro di una classe politica, ma l'avvenire stesso della democrazia in Italia!
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bianco. Ne ha facoltà.
GERARDO BIANCO. Signor Presidente, colleghi, come è noto al questore Francesco Colucci (in questo momento piuttosto disattento al presente incontro, il che mi sorprende), ho sempre ritenuto il dibattito sul bilancio un'occasione irripetibile per affrontare, in termini di analisi, problemi cruciali per la vita politica del Paese. È dunque un vero peccato che i gruppi non percepiscano questo rilievo. Questa, caro Presidente (mi permetta di usare questa confidenzialità), è una delle mie tante battaglie perdute: quella cioè di richiamare l'attenzione sui momenti essenziali della vita politica parlamentare.
Tali momenti debbono essere percepiti come cruciali: in questo senso - lo dico anche al gruppo cui ancora appartengo - sarebbe forse stata necessaria una maggiore mobilitazione. Io, infatti, mi domando quali altre occasioni vi sono per discutere in profondità della crisi del sistema politico e della nostra società! In proposito, debbo dire che l'onorevole Albonetti aveva offerto un'importante occasione per riflettere su tali problemi; egli, infatti, allontanandosi dalla consuetudine che si limita a somme e sottrazioni, e sottraendosi anche alla polemica piuttosto irritante che si è sviluppata intorno alle cosiddette condizioni di privilegio, aveva invitato i parlamentari a discutere di un problema cruciale: quello della rappresentanza. Noi, infatti, dobbiamo essere consapevoli di un aspetto: possiamo anche eliminare le condizioni che consentono al parlamentare di svolgere la propria funzione; possiamo anche - come è avvenuto negli anni passati - ridurre quelle condizioni che si ritengono troppo favorevoli, ma non si affermerà la consapevolezza dell'importanza del Parlamento, se lo stesso - e la Camera dei deputati - non riassumerà la propria funzione centrale di garanzia dello sviluppo delle libertà e di riconduzione ad unità del discorso politico e della direzione di marcia della nostra società.
È un problema complesso. In quest'Aula avremmo dovuto discutere non solo dell'ordinamento e del recupero del valore della rappresentanza, ma anche della distorsione della cultura politica, che in questo periodo ha progressivamentePag. 11eliminato il valore del Parlamento attraverso l'idea che la soluzione della crisi politica possa trovare il suo momento finale in una direzione diversa, che garantisca soprattutto - come è stato affermato prima, e sono d'accordo con l'onorevole Franco Russo - la personalizzazione della politica.
Credo che vi sia anche qualcosa di più profondo che vada verificato: in questi giorni si sta sviluppando una polemica piuttosto curiosa sull'antipolitica e ieri sera è stato perfino scomodato Aristofane. A tale proposito bisogna avere il senso delle proporzioni nello scomodare il più grande comico dell'antichità e, forse, della storia della cultura teatrale del mondo per delle modeste prestazioni rabbiose e, in certo senso, anche prive di contenuto culturale e di consapevolezza della complessità della politica.
Noi in questa occasione dovremmo prendere atto delle ragioni per cui la rappresentanza non risponde più alle esigenze di una società sulla quale oggi la cultura si sta interrogando. De Rita ha formulato la definizione - che appare abbastanza suggestiva, come quelle che di solito egli produce - di «società a coriandoli», ma direi che tutta la cultura politica del nostro tempo e tutti gli analizzatori del sistema politico e sociale delle cosiddette società opulente vede un disgregarsi progressivo. Sarà l'«anomia» di Dahrendorf o la «società liquida» di Baumann, ma vi è un dato, ossia che la nostra società va sempre più frammentandosi e diventa sempre più difficile la riconduzione all'unità.
Questa può consistere nella soluzione carismatica cui pensano anche alcuni nostri uomini politici, sia a destra che a sinistra, o, invece, nel recupero dell'unitarietà e della capacità di dare un indirizzo, che sia appunto collegato ad un interesse di carattere generale: essa deve passare attraverso la ripresa della rappresentanza.
Occorre, pertanto, meditare sul ruolo del Parlamento, dei Parlamenti e dei cosiddetti corpi intermedi, e, forse, quale altra occasione si sarebbe presentata se non questa per discutere se e come affrontare la seconda parte della Costituzione? Quale occasione è, forse, migliore di questa per affrontare un tema già anticipato peraltro, dal momento che non vi è alcuna novità?
Il problema della crisi politica del nostro sistema risale, infatti, già agli anni Settanta: in quegli anni noi della Democrazia Cristiana presentammo una proposta di legge - che è agli atti - per la riduzione del numero dei parlamentari e la revisione del bicameralismo perfetto.
Si tratta di vicende che sono state tutte, in qualche maniera, esaminate ed affrontate, ma la frammentazione ed il contrasto politico, sia della destra sia della sinistra, con questa concezione, non hanno consentito di portare avanti tale disegno, pur necessario.
Oggi il tema emerge con grande rilievo ed importanza, ma dobbiamo stare attenti, poiché non vi è coerenza e all'interno della nostra discussione politica vi è chi ritiene che occorra adottare soluzioni presidenzialiste e carismatiche e chi, invece, che occorra recuperare il problema della rappresentanza.
Si tratta di tematiche che la relazione del questore Albonetti in certo senso sollecitava ed è inutile discutere in questa sede del problema delle indennità: le risposte sono già contenute in tale relazione e smentiscono tutte le illazioni, ma ovviamente simili discussioni saranno inevitabilmente portate avanti se non si offrirà una risposta forte ai problemi della politica italiana, la quale si deve proporre in termini istituzionali e di capacità di riorganizzare le istituzioni.
Affermando ciò, ho lanciato un tema, che forse andrebbe meditato e preso in considerazione in alternativa alla scelta di consultare il popolo italiano attraverso i referendum, che non risolvono i problemi. Infatti, anche i precedenti referendum, come quello per la preferenza unica oppure per la eliminazione delle preferenze, hanno forse risolto i problemi? Vi sono degli studi del compianto amico Labriola, purtroppo scomparso, che dimostrano come gli effetti siano stati assolutamentePag. 12contrari a quelli immaginati dai fautori dei referendum: è una classica eterogenesi dei fini.
Credo che anche i comici del nostro tempo non si rendano conto della povertà intellettuale delle loro proposte. Immaginate i deputati che, dopo due legislature, non possono essere più eletti: cosa garantirebbero se non la persistenza e la forza delle lobby all'interno del nostro Paese, se non la permanenza dei poteri che non verrebbero contrastati? S'indebolirebbero ancora di più la forza e il ruolo politico e non solo a causa dell'esperienza che verrebbe a mancare!
Forse sarebbe opportuno che rileggessimo i testi antichi; ad esempio, le pagine che Plutarco ha scritto su cos'è la politica ed il rapporto con l'esperienza politica. O, forse, dovremmo andare a rileggere anche Aristofane, per capire cos'è la grandezza della comicità e cos'è la vera comicità. La comicità non è mai rabbiosa; è qualcosa che fa veramente affiorare il sentimento, direi anche distaccato e ironico, della vita, ma non la rabbia! Con la rabbia non si costruisce nulla, perciò dovremmo rispondere in termini culturalmente forti.
Signor Presidente, concludo subito, lei ha ragione, ma ho sempre poco tempo, perché parlo a titolo personale. Vorrei aggiungere, però, che l'amico Franco Russo ha sollevato il problema delicato del rapporto tra la società del nostro tempo ed il liberismo, ma mi è parso che poi, nel considerare la crisi del liberismo e quella dovuta alla frammentazione della società, abbia in qualche maniera evocato l'intervento della mano pubblica. Si tratta di una questione molto aperta, perché non si può oscillare fra una società senza regole e una in cui la mano pubblica interviene per dettare le regole in una materia, che invece va seguita e regolata secondo le sue leggi.
Sollevo il problema - e concludo, signor Presidente - citando, se me lo consentite, non Aristofane, ma Platone, perché forse quello che sto per leggere è un ammonimento che dovremmo porci tutti: «Perché tu ateniese» - diceva Socrate - «che sei della città più grande e famosa per cultura e potenza, non ti vergogni di badare solo ai tuoi soldi e al modo di moltiplicarli, alla tua reputazione e alla tua fama e non pensi mai che t'interessi della sapienza e della verità per quanto è possibile? (...) perché la virtù non viene dalla ricchezza, ma la ricchezza, come ogni altro bene privato o pubblico, viene dalla virtù».
Forse questo è un grande problema perché, come ho affermato, la nostra società è basata sempre più sulla vittoria del vizio e la fine della virtù porta anche la fine della ricchezza e del benessere. Su tali temi dovremmo interrogarci, approfondendo le questioni, ma l'occasione, purtroppo, ancora una volta è perduta.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pettinari. Ne ha facoltà.
LUCIANO PETTINARI. Signor Presidente, le considerazioni che espongo sul bilancio della Camera a nome del gruppo di Sinistra democratica muovono da un complessivo apprezzamento della relazione del collega Albonetti, quindi s'inseriscono su quel filone con alcune sottolineature, sapendo che la discussione sul progetto di bilancio della Camera avviene, quest'anno, in un contesto particolare, nel quale il funzionamento delle istituzioni e i costi delle stesse hanno assolutamente gli occhi puntati addosso.
Naturalmente, in questa attenzione vi è anche una morbosità ossessiva, che non mi pare motivata dal serio obiettivo di porre rimedio alle storture esistenti. Mi riferisco a quanti fanno di ogni erba un fascio e, anziché riuscire a proporre rimedi, finiscono con il mettere in discussione gli assetti democratici del Paese tout court, e non i suoi limiti e anche le sue storture o degenerazioni, come, invece, sarebbe giusto.
Non è a costoro, credo, che occorre rispondere con il nostro progetto di bilancio, bensì ai tanti cittadini italiani, che guardano ormai con distacco (se non con fastidio) la politica, la sua rappresentanza e il suo funzionamento. Essi chiedono non certo l'abolizione dei partiti, che mi parePag. 13un obiettivo drammaticamente comico ed è drammatico che qualche comico si ponga questo obiettivo. Non chiedono, dunque, l'abolizione del sistema dei partiti, ma un funzionamento di esso utile all'insieme dei cittadini. Chiedono trasparenza, sobrietà dell'agire delle istituzioni e di chi le rappresenta.
Per affrontare in modo corretto la questione credo che occorra distinguere chiaramente i privilegi della politica dai costi della democrazia. La relazione del questore Albonetti si pone il problema di superare quelli che possono apparire privilegi e, oltre a ciò, ritengo sia necessario razionalizzare i costi della democrazia. Per evitare logiche scioccamente difensive, alla fine demagogiche, è necessario affermare che questo ragionamento dev'essere svolto - e sottolineo che dev'essere svolto, non che andrebbe svolto - sicuramente per i politici e per la politica, ma anche per tutte le rappresentanze (non solo quelle strettamente politiche), così come deve essere svolto, nel nostro Paese, per quei ruoli in alcune professioni in cui il privilegio di taluni surclassa decisamente ciò per cui sono accusati i politici. È sufficiente pensare ad alcuni direttori di testate, lanciate nella crociata moralizzatrice verso i politici, ma incapaci di dare almeno un'occhiatina al proprio interno e, magari, alla propria busta paga.
Tuttavia, ora stiamo discutendo della Camera e del suo bilancio e credo sia bene fissare, in questa discussione, la nostra attenzione sulle sue articolazioni. Precedentemente mi riferivo ai costi della democrazia. In ordine al funzionamento della Camera, ritengo che faccia parte di questi costi il sostegno doveroso ai gruppi parlamentari e al loro funzionamento, per come la politica, oggi, li rappresenta. Può non piacere, e non mi piace, l'articolazione eccessiva dei gruppi parlamentari, ma dobbiamo prendere atto che oggi è questa l'articolazione del panorama politico italiano.
Ritengo, quindi, che il sostegno all'attività dei gruppi parlamentari sia una voce importante del bilancio e del funzionamento della democrazia. Naturalmente si può intervenire, se è necessario, e mi pare che la relazione vada in questo senso, ma spogliamo la questione di aspetti strumentali e cogliamo invece - questo sì che è necessario - l'esigenza di trasparenza e di contenimento degli sprechi.
Penso quindi che occorra valutare, in relazione al contenimento di spesa, non tanto - e lo dico perché tale aspetto è stato citato nei precedenti interventi - il funzionamento dei gruppi parlamentari, quanto quello che è il funzionamento complessivo dell'amministrazione della Camera. È necessario porsi l'obiettivo, ad esempio, di un piano di riduzione delle spese della Camera, nell'arco di questa legislatura, da conseguire razionalizzando le strutture della stessa, in anticipo e in parallelo, d'altronde, con i progetti di riforma costituzionale, che puntano - almeno quelli in discussione, poi vedremo cosa produrrà la riflessione in atto in questi mesi - al superamento del bicameralismo perfetto e anche alla riduzione dello stesso numero dei parlamentari. Tale riduzione, se realizzata correttamente, non determinerà un minor ruolo del Parlamento, ma, al contrario, una sua maggiore efficienza e un maggiore equilibrio di poteri tra le Camere e l'Esecutivo.
Credo che, in questa direzione, ai fini della riduzione della spesa di bilancio, sia possibile pensare al ridimensionamento della voce relativa alle consulenze - già citata da alcuni colleghi - che, con un po' di buon senso, può portare ad una riduzione delle spese senza intaccare l'efficienza e la capacità di approfondimento.
Ritengo che altri risparmi, nel corso del lavoro che dobbiamo svolgere, potrebbero derivare dall'unificazione di alcuni servizi, che oggi la Camera ed il Senato gestiscono separatamente. Mi riferisco, ad esempio, all'archivio storico, alla biblioteca, al servizio studi, al servizio di documentazione internazionale, al servizio bilancio (snodo importantissimo sia nell'attività di controllo e di verifica dell'attività dell'Esecutivo, sia per la definizione dei compiti propri del Parlamento). Se ben guardiamo al funzionamento di questi servizi, ci accorgiamoPag. 14che vi sono dei doppioni: è possibile superare tale fenomeno in chiave di riduzione delle spese.
Così come delineato nella relazione del questore Albonetti, concordiamo sulla necessità di non innalzare le soglie retributive: credo che sia stato giusto, nel corso degli anni scorsi, puntare anche ad una riduzione degli stipendi dei parlamentari, in nome del fatto che tendenzialmente gli investimenti della Camera dovranno, a mio avviso, spostarsi dalla moneta ai servizi. In particolare, penso che vadano esaltati tutti i processi formativi ed informativi, di cui i singoli parlamentari sono dotati.
Nei mesi scorsi è stata oggetto di attenzione la questione tendente ad evitare, nei rapporti tra parlamentare e collaboratore, il lavoro precario. Alcuni passi in avanti sono stati compiuti: il nostro gruppo ha presentato, sul tema, un ordine del giorno; mi auguro che i questori possano considerarlo un terreno di approfondimento e di lavoro nei prossimi mesi, partendo dal fatto che - come si sa - le somme in favore dei collaboratori parlamentari sono, di fatto, ricomprese nelle dotazioni dei rimborsi forfettari assegnate al singolo parlamentare tramite il gruppo di appartenenza, al fine di mantenere il rapporto tra eletto ed elettore. Da molti anni si discute - e nei mesi scorsi sono stati adottati anche parziali provvedimenti - della necessità di regolarizzare tali rapporti di lavoro: come dicevo, alcuni passi sono stati compiuti, ma il perdurare dell'assenza di una regolamentazione complessiva ha generato, in molti casi, il paradosso del venir meno di tutti gli elementi di certezza dei diritti e delle tutele previsti dalla legislazione vigente in materia di lavoro. Non mi sembra una buona cosa che, proprio nella più autorevole delle sedi istituzionali - qual è la Camera dei deputati - possa avvenire un fenomeno di questo tipo. Ritengo sia necessario, quindi, risolvere il problema del riconoscimento della figura professionale dei collaboratori parlamentari, sia sotto il profilo giuridico ed economico, sia mediante la modifica degli attuali criteri di assegnazione dei fondi. La proposta sulla quale invito l'Ufficio di Presidenza e il Collegio dei Questori a discutere è quella di valutare l'opportunità di estendere ai collaboratori dei deputati il regime previsto per i collaboratori dei componenti dell'Ufficio di Presidenza e dei presidenti di Commissione, ossia il versamento diretto da parte dell'amministrazione della Camera dei compensi stabiliti in loro favore.
Per quanto riguarda altri aspetti, credo sia necessario, sempre nell'ottica di una riduzione delle spese, favorire gli investimenti sul terreno dei servizi, ad esempio quello della biblioteca. Lo affermo perché i bilanci della biblioteca sono molto vincolati: ritengo che questo sia un errore, perché - naturalmente con una giusta selezione dei testi proposti - la biblioteca è uno dei servizi sui quali è opportuno che vi siano i supporti finanziari necessari.
Voglio entrare nel merito, brevemente, della questione dei servizi informatici. Nei mesi scorsi, dai deputati questori, è stato presentato il piano per il passaggio dell'infrastruttura informatica della Camera da Windows a Linux, il noto sistema operativo. Tale piano prevede il passaggio graduale dell'intera amministrazione di Montecitorio al nuovo sistema e l'opzione a richiesta per le segreterie e i deputati.
Si tratta, a nostro avviso, di una decisione importante, perché l'istituzione centrale del Paese, il Parlamento, decide così non solo di risparmiare (infatti si risparmia in modo cospicuo attraverso tale operazione), ma soprattutto di rendersi indipendente sul piano tecnologico, adottando un sistema che libera dai vincoli del software proprietario. In tal modo, credo che si soddisfino le esigenze di trasparenza e di sicurezza, che sono doverose per un'istituzione pubblica. Ho voluto sottolineare questo aspetto, perché credo che possa e debba essere un esempio tale da costituire un precedente per tutte le amministrazioni pubbliche (alcune delle quali, tra l'altro, hanno già mutuato dall'innovazione dellaPag. 15Camera suggerimenti per i propri uffici; penso, ad esempio, alla provincia di Bolzano).
Il problema del vitalizio - altra questione molto discussa - è stato affrontato in modo molto rilevante e molto secco dalla relazione dei questori. Credo che la proposta avanzata sia seria e opportuna; essa, infatti, «taglia la testa al toro» rispetto al tema dei cosiddetti privilegi del vitalizio; anche su tale materia - pur condividendo, lo ripeto, l'impostazione che caratterizza la relazione - il nostro gruppo parlamentare ha presentato un ordine del giorno che riprende il progetto già proposto dai questori, ma indica anche come l'assegno vitalizio non possa essere cumulabile con ulteriori assegni vitalizi, maturati attraverso l'espletamento di altri ruoli nella funzione pubblica.
Apprezziamo il passo compiuto - era necessario - nei confronti dei rimborsi per i viaggi di studio che, appunto, verranno tagliati dal 1o gennaio 2008: si tratta di un elemento condivisibile e positivo. Ritengo inoltre importante rivedere la legge n. 60 del 1953, riguardante le incompatibilità parlamentari, in modo da rendere automatica la decadenza dallo status di deputato quando il titolare non lascia l'incarico in società pubbliche, come prescrive la norma. Capita spesso che la stessa Giunta delle elezioni, competente anche per le incompatibilità, ritardi la sua decisione alla scadenza del mandato, pur di non «penalizzare» un collega. Ciò è inaccettabile.
Un ultimo suggerimento: riterremmo anche opportuno che il Bollettino degli organi collegiali fornisse maggiori dettagli sulle decisioni del Collegio dei questori, sulle spese decise, sulle tipologie dei lavori deliberati, sulle modalità attraverso le quali vengono scelte le ditte appaltatrici, e via dicendo. Insomma, anche su tale terreno, nel rapporto fra il Collegio dei questori e la Camera, occorrerebbe avere più trasparenza e più informazioni riguardo all'amministrazione interna.
In conclusione, credo che una seria attenzione all'insieme di tutte le questioni richiamate possa restituire credibilità alla rappresentanza, che oggi - e lo diceva bene e giustamente il collega Bianco - è il vero problema che è in relazione a tutte le polemiche: è proprio la debolezza di tale rappresentanza a fornire terreno fertile anche alle strumentalizzazioni demagogiche e di cosiddetta «antipolitica», che in realtà si traducono in attacchi al sistema democratico.
Vi è una rappresentanza lontana dalle esigenze della società; affrontando seriamente, forse più seriamente di quello che si è fatto finora, le questione del funzionamento delle istituzioni questa rappresentanza può tornare - come ritengo necessario - vicina agli interessi e ai diritti dei cittadini, ed è un compito che tutta la classe politica deve porsi.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.
MARCO BOATO. Signor Presidente, onorevoli membri del Collegio dei questori, onorevoli colleghi, vorrei innanzitutto ringraziare il collega Buemi, che mi ha permesso di scambiare l'ordine degli interventi, avendo io un impegno successivo, e vorrei esprimere personalmente, anche a nome del gruppo dei Verdi che qui rappresento, la nostra condivisione della relazione introduttiva che l'onorevole Albonetti, questore anziano, nella seduta del 16 luglio ha letto in quest'aula a nome dell'intero Collegio dei questori, che ringrazio per il prezioso lavoro svolto in una situazione così particolarmente delicata e complessa. Mi ha un po' stupito, lo dico incidentalmente, l'intervento del collega Mario Pepe, che ho ascoltato poc'anzi, perché il suo gruppo è autorevolissimamente rappresentato nel Collegio dei questori e le decisioni che sono state assunte - per quanto ricordi - sono state assunte nell'ambito dell'Ufficio di Presidenza all'unanimità, quindi anche con il consenso dei rappresentanti del gruppo del collega Pepe.
Per essere più sintetico, e se il questore anziano Albonetti me lo consente, ricorro a un'ampia citazione della parte iniziale della relazione del Collegio dei questori,Pag. 16quella di impostazione politico-istituzionale, perché sono passate molte settimane dal 16 luglio e molti temi affrontati allora sono tornati di attualità ancora più forte nel corso degli ultimi giorni e delle ultime settimane: «sono in atto una campagna e un moto ampio di opinione che tendono a produrre una forte delegittimazione dell'attività politica di rappresentanza a tutti i livelli istituzionali e, quindi, un indebolimento sostanziale della funzione politica democratica. A questo atteggiamento - prosegue la relazione - va contrapposta una reazione forte, fatta, da un lato, di difesa strenua delle prerogative della rappresentanza parlamentare e della sua autonomia costituzionale, dall'altro, di risposte concrete nella lotta agli sprechi, nel processo di riduzione dei costi della macchina pubblica e nell'eliminazione di elementi non necessari, che possono apparire agli occhi dei nostri cittadini come ingiustificati privilegi.
C'è un rapporto stretto tra efficienza e sobrietà dell'attività politica - efficienza e sobrietà: sottolineo questi due sostantivi - la sua capacità di incidere sui processi reali della vita sociale ed economica e l'accettabilità dei suoi costi. Una vita democratica più efficiente e sobria, capace di rappresentare le istanze dei cittadini, ma anche di decidere in tempi compatibili con l'accelerazione dei processi reali in questa nostra epoca, accresce l'autorevolezza delle istituzioni e il loro prestigio, ricostruisce la fiducia ed è in grado di far comprendere meglio che l'attività politica ha dei costi che vanno sostenuti, proprio per garantire a tutti, qualunque sia il loro censo e il loro reddito, la possibilità di partecipare attivamente e di accedere anche agli incarichi più elevati.
Si potrebbe dire che i cosiddetti costi della politica, entro un certo limite, sono in diretto rapporto con le libertà politiche; oltre quel limite, rischiano di mettere a repentaglio le libertà politiche stesse, generando logoramento e sfiducia verso la democrazia ed aprendo varchi a soluzioni oligarchiche e tecnocratiche e comunque non democratiche (o almeno, come si dice oggi, post-democratiche). Questo fenomeno di crescente distacco dalla politica e di crescente ostilità verso le sue funzioni ed i suoi protagonisti non è un fenomeno solo italiano: basti vedere i più recenti sondaggi svolti presso l'opinione pubblica di altri Paesi europei di più antica democrazia. In Italia, più che altrove, vi sono peculiarità legate ad una storia fragile ed ai percorsi carsici della mentalità e dello spirito civico».
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI (ore 11,25)
MARCO BOATO. Mi fermo qui anche se potrei proseguire e domando scusa al questore Albonetti ed ai suoi colleghi di essermi appropriato di questa ampia citazione, ma mi sembrava giusto che riecheggiassero nuovamente in quest'aula, oggi 18 settembre, parole che sono state lette, in un'aula anche allora purtroppo non molto affollata, nella ormai lontana seduta del 16 luglio scorso.
In questo dibattito dunque si intersecano una quantità di problemi di carattere politico, organizzativo, istituzionale e costituzionale. Su questi punti ho ascoltato vari colleghi, in particolare ho ascoltato un'ampia riflessione del collega Franco Russo e una serie di considerazioni - complementari, sotto il profilo di una valutazione complessiva - fatte a titolo personale dal collega Gerardo Bianco.
Le une e le altre, le considerazioni del collega Franco Russo e quelle del collega Gerardo Bianco - espressione di due appartenenze politiche e culturali molto diverse -, sono a mio parere ampiamente condivisibili.
Si intersecano dunque inevitabilmente varie questioni che voglio sinteticamente e molto rapidamente citare: in primo luogo, il problema dei costi della politica; in secondo luogo, l'esigenza di un sempre migliore funzionamento della democrazia politica, sia come democrazia rappresentativa, sia come democrazia decidente, nel quadro dell'Unione europea e dei processi di globalizzazione; in terzo luogo, il ruolo del Parlamento ed in particolare dellaPag. 17Camera dei deputati, nel quadro costituzionale vigente (è questo il lavoro che i colleghi questori hanno realizzato); in quarto luogo, però, si tratta di delineare il futuro ruolo del Parlamento (sia della Camera, sia del Senato) nel quadro di una riforma costituzionale che veda il superamento del bicameralismo perfetto verso un bicameralismo differenziato, ed un'equilibrata riduzione del numero dei parlamentari (si tratta di temi all'ordine del giorno della Commissione affari costituzionali della Camera, temi sui quali hanno dato un loro contributo i questori, anche in sede di audizione da parte della Commissione stessa); da ultimo, è necessaria una radicale revisione della legge elettorale, introdotta con un colpo di mano unilaterale tra la fine del 2005 e l'inizio del 2006, legge elettorale sciagurata e perversa che ha prodotto un processo di verticalizzazione oligopolistica della selezione della rappresentanza politica, espropriando, pressoché interamente, i cittadini nella loro possibilità di scelta dei propri rappresentanti parlamentari.
Credo in conclusione - ho detto che sarei stato breve, signor Presidente, colleghi questori e colleghi deputati - che il Parlamento di questa legislatura, anche a partire dalla riflessione odierna sul bilancio interno della Camera, debba avere la capacità, l'intelligenza politica, il coraggio e la lungimiranza di affrontare tutte queste linee di riforma istituzionale e costituzionale, sia quelle che si possono, fin da oggi, affrontare a Costituzione vigente, sia quelle che si possono e si debbono affrontare nel quadro di un disegno di riforma costituzionale e di riforma della legge elettorale.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Gregorio Fontana. Ne ha facoltà.
GREGORIO FONTANA. Signor Presidente, onorevoli questori, mai come in questo momento l'attualità del dibattito politico sui costi della politica ha una centralità così forte.
Voglio ringraziare i colleghi questori - signor Presidente - perché, nonostante la contingenza di grande difficoltà, hanno svolto con grande impegno e correttezza il loro lavoro e hanno inserito nella loro relazione, che non è stata meramente tecnica, ragionamenti e proposte in buona parte condivisibili.
Con trasparenza e chiarezza, la relazione del collega Albonetti ha contribuito a far luce, in modo pacato ma efficace, sulle prerogative parlamentari in ordine agli emolumenti, ai rimborsi, ai servizi di competenza, contribuendo così a sfatare una volta per tutte luoghi comuni e leggende metropolitane che ogni tanto appaiono sulla stampa nazionale
Il tutto avviene in un momento in cui ai cittadini vengono chiesti grandi sacrifici sul piano previdenziale, e purtroppo, a causa di scelte politiche che noi non avremmo fatto, gli stessi vengono tartassati da un fisco sempre più vorace.
Quindi anche noi parlamentari dobbiamo dare il buon esempio, e senz'altro la riduzione e la revisione delle norme sui vitalizi vanno in questo senso.
Anche il taglio delle spese di viaggio all'estero va in questa direzione e si pone sulla scia di quello che il Governo Berlusconi, con un provvedimento del Ministro Tremonti e in maniera ben più significativa in termini di risparmio, attuò in modo concreto e immediato con la riduzione del 10 per cento degli emolumenti parlamentari.
Ma quando parliamo di costi del Parlamento, dobbiamo parlare non solo degli stipendi dei deputati ma anche e soprattutto di come razionalizzare e far risparmiare una struttura complessa, una grande macchina quale è l'amministrazione della Camera, di cui noi deputati abbiamo la diretta responsabilità. Parliamo di una grande organizzazione che deve essere messa sempre più al passo con i tempi.
Mi auguro che su queste linee vi sia una presa di responsabilità da parte dell'Ufficio di Presidenza e del Collegio dei questori, anche in collaborazione con l'altro ramo del Parlamento, il Senato della Repubblica, operando in tempi rapidi una rigorosa verifica sullo stato dell'organizzazionePag. 18dell'amministrazione della Camera, cercando di razionalizzare costi, servizi, personale, strutture organizzative, sfruttando al meglio le ottime risorse umane disponibili e riducendo così al minimo necessario l'indizione di nuovi concorsi e l'utilizzo delle attuali graduatorie per nuove assunzioni.
Occorre ripensare, inoltre, ai servizi a disposizione dei parlamentari, ancora riferiti a esigenze di decenni fa. L'annuncio, ad esempio, della progressiva riduzione della documentazione stampata quotidianamente con grandi costi per la Camera è senza dubbio un aspetto positivo, che deve però camminare di pari passo con la possibilità di fruire di tali risorse - gli atti parlamentari, indispensabili per il nostro lavoro - in maniera digitale. Si potrebbero utilizzare i personal computer, magari anche quelli personali dei deputati, e ovviamente si dovrebbe poterli utilizzare all'interno dell'aula e nelle zone adiacenti. È un problema, signor Presidente, che da quasi cinque anni è stato posto all'attenzione della Camera, cioè l'accesso a Internet con una rete senza fili. La questione è diventata quasi una barzelletta perché ad ogni discussione del bilancio se ne parla e vengono date assicurazioni mentre poi non succede nulla. Auspico che la questione venga risolta una volta per tutte, visto che una tale possibilità si è tradotta già da tempo in realtà persino nelle stazioni ferroviarie.
Si parla molto, signor Presidente, di costi della politica, di crisi delle istituzioni, di crisi della fiducia dei cittadini nella politica. Ritengo che proprio il fatto che tale malessere sia così forte in questo momento politico dimostra che la crisi è dovuta non solo e non tanto ad una difficoltà di funzionamento delle istituzioni e alla loro lontananza dai cittadini, ma soprattutto alla mancanza di quanto la gente chiede alla politica, ovvero risposte concrete e una capacità reale di governo e di decisione; impegni che questa maggioranza e questo governo non sono in grado di onorare. Un Governo e una maggioranza che non solo non sono in grado di dare risposte politiche, ma che hanno anche molte responsabilità per quanto riguarda la mancata attenzione ai costi della politica. La proliferazione di Ministri e sottosegretari che hanno portato l'Esecutivo ad essere il più numeroso della storia della Repubblica dimostra l'incapacità di questo Governo che, benché avesse previsto nella scorsa legge finanziaria l'attuazione di norme tagliaspese, non è stato capace di andare al di là delle parole; infatti, molte delle misure previste dalla legge finanziaria in questa materia sono rimaste lettera morta.
Ma veniamo al punto importante, che ci riguarda da vicino: il 18 maggio 2006, a maggioranza, con un voto senza precedenti, l'Ufficio di Presidenza della Camera ha autorizzato la costituzione, in deroga a quanto previsto dal Regolamento, di cinque gruppi parlamentari.
Si tratta di un fatto molto grave, senza precedenti, con il quale il Presidente della Camera, partecipando alla votazione, si è assunto la responsabilità di riportare indietro di venticinque anni la Camera, al tempo in cui la travagliata situazione politica della prima Repubblica imponeva alla maggioranza di allora di escogitare trucchi e stratagemmi per tenere salde le alleanze.
Con questo atto la maggioranza ha deciso di forzare il Regolamento della Camera e di cancellare ogni fair play istituzionale per ultimare l'occupazione sistematica anche dell'istituzione Camera.
Un'occupazione che, in questo caso (ed è di ciò che stiamo discutendo oggi), avviene a spese dei cittadini italiani, non solo dal punto di vista politico, ma anche dal punto di vista dei costi che, con una decisione del genere, graveranno sul bilancio della Camera per tutta la legislatura.
Ma quali sono gli effetti pratici di questa decisione politica senza precedenti? Si trovano nel conto consuntivo, nel capitolo 135 del Titolo I della spesa: «Contributi ai gruppi parlamentari». Quasi 4 milioni in più per l'intera legislatura, con aggravi relativi al contributo unico per i gruppi, al contributo per il personale di segreteria e al contributo per il personalePag. 19dipendente, senza contare che per cinque gruppi presenti in Parlamento sono necessari cinque segretari di Presidenza, ai quali spetta, tra l'altro, l'indennità di ufficio, spese di rappresentanza, personale di segreteria, risorse per quasi 8 milioni di euro per l'intera legislatura. Se poi dovessimo calcolare anche i costi relativi ai locali, alle attrezzature, ai costi sull'autoparco derivati dalla costituzione di questi nuovi gruppi arriveremmo a stimare un maggiore onere per l'amministrazione vicino ai 15 milioni di euro per l'intera legislatura.
Questi sì, onorevoli colleghi, che sono costi ingiustificati della politica! Un aggravio per i cittadini che è - pensate - una volta e mezzo quanto risparmiato in un anno con la diminuzione operata dal governo Berlusconi del dieci per cento dell'indennità dei parlamentari.
Ecco perché, quando si parla di costi della politica - e, a volte, forse si generalizza troppo -, si parla, giustamente, dell'aereo di Stato utilizzato da Mastella per vedere il gran premio di Monza, ma anche - e non abbastanza - di decisioni politiche quali la proliferazione dei Ministeri, dei Ministri, dei sottosegretari e, in questo caso, dei gruppi parlamentari.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FAUSTO BERTINOTTI (ore 11,40)
GREGORIO FONTANA. Sono tutte scelte di diretta responsabilità di questa maggioranza, che gravano non poco sulle tasche dei cittadini. Tutte scelte assunte a colpi di maggioranza da questa sinistra. È giusto, quindi, in questo caso, che ognuno si assuma le proprie responsabilità.
Per tali ragioni, il nostro gruppo ha presentato uno specifico ordine del giorno, per far sì che la Camera possa tornare indietro, possa riparare a queste scellerate decisioni e possano essere così evitati costi e sprechi ingiustificati. Se tali decisioni, signor Presidente, non verranno assunte, il gruppo Forza Italia, coerentemente con la posizione che i nostri rappresentanti in Ufficio di Presidenza hanno sempre tenuto su questo punto specifico in tutte le riunioni, non voterà a favore dei documenti di bilancio proposti.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato D'Elia. Ne ha facoltà.
SERGIO D'ELIA. Signor Presidente, poiché per il mio gruppo interverrà anche il collega Buemi, divideremo il tempo a disposizione.
Sarò brevissimo per quanto riguarda il conto consuntivo per l'anno finanziario 2006, un anno particolare, poiché, essendo intervenuto nello scorso anno il cambio di legislatura, non è possibile confrontare appieno i dati del consuntivo per il 2006 con quelli dell'esercizio precedente. In particolare, tuttavia, voglio evidenziare l'aumento registrato da alcune voci, seppure nel contesto di un contenimento tendenziale che abbiamo rilevato nella spesa. In particolare, mi riferisco all'aumento registrato alla voce «Altre indennità dei deputati» (capitolo 1), che risulta raddoppiata rispetto all'anno precedente e alla voce «Rimborso spese di viaggio ai deputati» (capitolo 5), che è aumentata di oltre il 25 per cento.
Mi soffermo sul progetto di bilancio per l'anno finanziario in corso. Ritengo che vada prestata ulteriore attenzione al fine di raggiungere un maggiore contenimento della spesa. Mi riferisco, in particolare - faccio solo degli esempi, ma vi sono anche taluni ordini del giorno presentati dal mio gruppo in tal senso -, alla possibilità di sfruttare meglio i nuovi mezzi messi a disposizione attraverso le tecnologie e la rete Internet: si potrebbe in parte evitare, ad esempio, la stampa di atti e documenti fruibili direttamente su Internet. Ogni anno si spendono circa otto milioni 700 mila euro per la stampa degli atti parlamentari e quotidianamente si vedono gettate enormi quantità di tali documenti cartacei. Utilizzando, invece, i servizi on line è possibile ottenere sia un risparmio di risorse sia un maggiore rispetto dell'ambiente.
Pertanto, con un ordine del giorno impegneremo il Collegio dei questori aPag. 20valutare l'opportunità di inoltrare una circolare ai deputati sollecitando tutti ad usufruire dei servizi online, garantendo, ovviamente, a chi volesse usare il sistema tradizionale, di poterlo fare.
Brevemente, anche sul fronte delle consulenze esterne vi è stato un decremento nel 2006. Auspico che si prosegua l'attività di individuazione e formazione del personale interno alla Camera, visto anche lo stanziamento previsto a tal fine per il 2007.
Per quanto riguarda, poi, il capitolo «Spese per la locazione di immobili», si tratta di una voce importante, che incide molto sul bilancio della Camera. Rispetto al 2006 vi sono stati incrementi del 12 per cento e la stima non prevede riduzione neanche nei due anni successivi. Ritengo che vada maggiormente privilegiata una politica di acquisti: dal punto di vista economico è preferibile sostenere gli oneri derivanti dall'accensione dei mutui piuttosto che sostenere quelli relativi ai canoni di locazione.
Molto consistenti e, soprattutto, in crescita risultano le spese di trasporto. Vi sono i deputati cessati dal mandato a cui vengono garantiti, in misura illimitata, gli spostamenti ferroviari sul territorio nazionale (almeno fino alla categoria dell'Intercity), i trasferimenti aerei nei limiti di un plafond (certo, variabile in base alla durata del mandato esercitato), i pedaggi autostradali, eccetera. Con un ordine del giorno proponiamo di porre fine a tali spese che, spesso, si connotano come dei veri e propri privilegi; proponiamo che la libera circolazione autostradale, ferroviaria, aerea e navale, sul territorio nazionale, cessi con il cessare dal mandato parlamentare.
Così pure, per quanto riguarda le spese telefoniche, vi sono sistemi, attraverso Internet, che consentono di risparmiare molto. Da questo punto di vista, presentiamo un ordine del giorno che propone il passaggio all'utilizzo del sistema «Voice IP».
Per quanto riguarda i consumi energetici, è riscontrabile che, quotidianamente, negli uffici della Camera, tali consumi non sono volti al risparmio economico-ambientale: le stanze e le apparecchiature rimangono in funzione anche in assenza dei titolari degli uffici. Pertanto, proponiamo al collegio dei questori che si solleciti il personale preposto al controllo a verificare lo spegnimento degli impianti e degli strumenti alimentati ad energia elettrica quando gli uffici non sono occupati. Si potrebbero prevedere altri sistemi, come quelli di rilevazione automatica già adottati dal Parlamento europeo, per cui, laddove non vi sia presenza nell'ufficio, vi è lo spegnimento automatico.
Inoltre, per quanto riguarda l'assistenza sanitaria integrativa, diamo atto al Collegio dei questori di essersi attivato per adeguare le quote di contribuzione e razionalizzare i criteri di rimborso. Auspico che i deputati questori avanzino, già a partire dal 2007, proposte volte a realizzare un maggiore equilibrio di gestione, per evitare che anche questo capitolo gravi pesantemente sui costi della Camera. Il disavanzo che è stato sopportato in materia, nel 2006, è noto ed è pari a un milione 200 mila euro.
Alcune considerazioni generali: dobbiamo continuare ad adottare una politica - in alcuni casi si tratta di intraprenderla - di bilancio più rigorosa. Il tema dei costi della politica o, meglio, dei costi dell'antidemocrazia (poiché della questione degli sprechi e dei privilegi, poi, si tratta) va affrontato a partire dalla trasparenza.
Abbiamo proposto l'abolizione del finanziamento pubblico grazie ad una serie di referendum. Tuttavia, ancora oggi, ci troviamo ad erogare finanziamenti diretti ai partiti sotto la falsa dizione di rimborsi elettorali che nulla hanno a che vedere con le spese effettivamente sostenute durante la campagna elettorale.
Inoltre, per quanto riguarda gli emolumenti dei parlamentari, il problema, a parer mio, non consiste nel loro ammontare complessivo che, spesso, è più basso di molti altri redditi. Penso a quei censori pubblici e privati, a partire da alcuni direttori, giornalisti o proprietari di imprese editoriali, che pontificano, ogniPag. 21giorno, sui costi della politica dalle prime pagine di giornali e di grandi quotidiani e che percepiscono, ogni anno, milioni di euro di sovvenzioni statali all'editoria.
Il problema sta nella mancanza di trasparenza, nella dichiarazione del reddito dei parlamentari, tra le varie voci quali indennità, diaria e rimborsi forfettari.
Ad esempio, se il contributo di 4.190 euro al mese per ciascun deputato, riportato sotto la voce del rapporto eletto-elettore, fosse considerato realmente un rimborso - cioè erogato dietro presentazione della relativa documentazione e, soprattutto, reso pubblico sul sito Internet - a mio parere non si verificherebbero i problemi cui successivamente siamo sottoposti da parte dell'opinione pubblica, in alcuni casi giustamente.
Lo stesso può dirsi per il rimborso trimestrale delle spese per i trasferimenti dal luogo di residenza all'aeroporto più vicino e tra l'aeroporto di Roma Fiumicino a Montecitorio. Ritengo che tali rimborsi debbano rimanere, ma che debbano essere documentati. Occorre maggiore trasparenza e, ove necessario, stabilire criteri nuovi che salvaguardino le prerogative dei parlamentari eliminando quei privilegi che gettano discredito sulla politica e sulle istituzioni. Occorre dire «no» alla demagogia, ma occorre anche dire «no» a tutto ciò che non sia correttamente e strettamente legato al buon funzionamento dell'istituzione e alle prerogative dei suoi membri.
È necessario difendere l'immagine della Camera dei deputati come quella di qualunque altra istituzione, ma per farlo occorre avere le carte in regola. Impegniamoci a creare una situazione difendibile e rendiamola pubblica rendendo pubbliche, innanzitutto, le attività o le inattività del singolo parlamentare. Questa è la prima e prioritaria riforma istituzionale, politica, liberale e democratica di cui ha bisogno il Paese, il cittadino elettore e il Parlamento eletto, se non vuole essere ridotto ad una casta.
Pertanto, occorre conoscere scelte e comportamenti di tutti gli eletti, sapere cosa fanno o meno i deputati, quante volte sono presenti o assenti, come e se lavorano, con quali metodi o espedienti, soprattutto riguardo alle assenze, se sono assenteisti e quante volte, come votano sia in Assemblea plenaria sia nelle Commissioni, quali e quanti strumenti regolamentari usino (interrogazioni, interpellanze, mozioni, ordini del giorno, interventi), quali sono le loro situazioni patrimoniali, immobiliari, finanziarie, fiscali, societarie, il proprio e gli altri incarichi remunerati.
Per quanto riguarda le missioni - anche a tale proposito è stato presentato un ordine del giorno - le relative richieste al momento sono autorizzate dal Presidente della Camera, a norma del Regolamento, perché siano adeguatamente motivate, come anche le circolari. Tali richieste devono essere accompagnate dalla descrizione esatta dell'impegno istituzionale o incarico avuto dalla Camera fuori dalla propria sede.
Come ho già detto, in primo luogo occorrono trasparenza e pubblicità. Possediamo gli strumenti per rendere pubblico quanto avviene nel palazzo: i lavori sono trasmessi dai canali radiofonici, televisivo-satellitari e su Internet. Il resto delle informazioni va reso disponibile, nonché effettivamente fruibile sul sito web. A tal proposito ritengo sia necessaria - vi è anche la presentazione di un ordine del giorno in tal senso - anche una piccola riforma tecnologica per potenziare l'accessibilità e la fruibilità delle informazioni disponibili sul sito della Camera, perché ancora si registrano barriere di varia natura circa le effettive accessibilità e fruibilità dei dati, molti dei quali sono disponibili solo in formato PDF. Pertanto, mediante la presentazione di un ordine del giorno, impegneremo il Collegio dei questori a risolvere il problema dell'accessibilità, attraverso l'adeguamento tecnologico in formati standard, aperti, liberi e riutilizzabili.
Un esempio può essere costituito dall'uso del formato XML per tutti i dati disponibili sul sito della Camera. Sappiamo benissimo che i dati ci sono; il problema è che non sono né utilizzabili,Pag. 22né fruibili, non si possono fare statistiche o trarre elementi che vengano effettivamente comunicati successivamente. Bisogna cercarli sugli stampati o sul sito Internet e sono in formato PDF. Pertanto, il passaggio fondamentale consiste nel cambiare il formato in cui tali dati vengono messi a disposizione.
Infine, un'ultima osservazione sul canale satellitare e sul potenziamento delle strutture di videoregistrazione delle Commissioni. Attualmente è prevista la videoregistrazione soltanto delle audizioni, neanche di tutte, perché su alcune, magari, qualche collega della Commissione non è d'accordo e quindi non è possibile videoregistrarle perché ci vuole l'unanimità. Noi, con alcuni ordini del giorno, inviteremo il Collegio dei questori a verificare la possibilità di registrare tutti i lavori delle Commissioni, non solo le audizioni, per incrementare parallelamente l'archivio, il sito web e il palinsesto del canale satellitare.
Un'ultimissima considerazione riguarda il canale satellitare: chiediamo di verificare i costi per l'affitto diretto del satellite. Attualmente la trasmissione avviene attraverso RAI Way che non è proprietaria di canali satellitari: RAI Way è RAI, mentre con un contratto diretto della Camera, ad esempio con Telespazio, si potrebbe, a mio parere, risparmiare almeno un terzo di quanto si paga oggi attraverso RAI Way per l'affitto del satellite.
Si tratta di piccole proposte, ma credo che questa occasione in cui discutiamo del nostro bilancio sia importante, non per lanciare segnali: la Camera non lancia segnali, compie degli atti che di per sé vanno nella direzione giusta, sono già comunicativi (Applausi dei deputati dei gruppi La Rosa nel Pugno e Italia dei Valori).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Mura. Ne ha facoltà.
SILVANA MURA. Signor Presidente, onorevoli questori, onorevoli colleghi, a seguito del dibattito asprissimo che si sta sviluppando sui media e nell'opinione pubblica relativo ai costi della politica e, quindi, ai costi dei partiti e delle istituzioni, credo che questa discussione non possa non tenere conto della situazione generale del Paese. Non a caso, il Collegio dei questori ha prodotto una relazione che mette a fuoco alcune criticità del funzionamento della Camera dei deputati.
Credo che tutto il Parlamento debba apprezzare l'enorme lavoro svolto dai questori, non solo per l'analisi dei costi e delle diseconomie, ma anche per le proposte concrete ed efficaci di miglioramento del nostro bilancio. Tutte queste proposte, sicuramente condivisibili, incontrano tuttavia un grave limite e cioè quello di non riuscire a diminuire i costi della Camera in termini assoluti (che riteniamo eccessivi nel confronto internazionale), piuttosto che rallentare il loro trend di crescita, così come proposto dalla relazione dei questori.
Mi pare che, per inquadrare correttamente tale tema, si debba fare riferimento agli altri Parlamenti europei: nessun cittadino italiano avrebbe nulla da eccepire se il nostro bilancio fosse tra i più bassi in Europa. Purtroppo, non è così e credo sia assolutamente giustificata la rabbia e l'indignazione dei cittadini nell'apprendere che il nostro bilancio costa alle loro tasche più di un miliardo di euro.
In particolare, quanto al totale della spesa corrente media della nostra Camera per gli anni 2001-2006, essa risulta di gran lunga la più elevata d'Europa: costiamo il 27 per cento in più rispetto alla Germania, il 32 per cento in più rispetto alla Francia e addirittura il 51 per cento in più rispetto alla Gran Bretagna.
Nonostante la relazione dei questori proponga tutta una serie di correzioni per attenuare questi dati scandalosi, mi sia consentita qualche ironia se, per arrivare a dimostrare che costiamo meno degli altri, ci siamo dovuti un po' arrampicare sugli specchi. Mi spiego: per arrivare a dimostrare che costiamo meno degli altri, abbiamo dovuto dire che occorre dividere i costi totali di funzionamento non solo per il numero delle sedute dei parlamentiPag. 23(dove noi siamo ancora saldamente secondi in classifica), non solo per le ore di seduta dell'Assemblea (dove noi, comunque, costiamo l'80 per cento in più dei francesi e più del doppio degli inglesi), ma si sono dovute inserire nel calcolo anche le riunioni delle Commissioni e delle Giunte (dove finalmente ci classifichiamo al terzo posto).
In tal modo, però, dimostriamo ancora di più all'Europa e agli italiani la nostra inefficienza dal momento che la qualità dell'attività parlamentare non dipende certamente né dal numero delle riunioni, né dal numero delle leggi approvate o dal numero dei parlamentari, anzi, semmai vi è una relazione inversa tra la quantità e la qualità dell'attività parlamentare.
Basti ricordare che l'Italia è il Paese con il maggior numero di leggi, ossia con la maggior produzione di norme, al mondo per capire come tale situazione rasenti la patologia, poiché crea intralcio al funzionamento della società, dell'economia e della stessa legalità.
A questo proposito, potremmo addirittura coniare uno slogan: «troppe leggi, nessuna legge». Ma, al di là dei confronti internazionali, se guardiamo la dinamica del nostro bilancio, appare evidente che anche gli ultimi anni hanno visto un incremento reale dei costi, non certo un contenimento.
Infatti, per mantenere stabili in termini reali i nostri costi, questi dovrebbero aumentare al massimo quanto il tasso di inflazione. Viceversa, in questi anni, sono cresciuti molto di più dell'aumento dell'indice dei prezzi, dal momento che il meccanismo di adeguamento della nostra dotazione finanziaria fa riferimento al tasso programmatico di crescita del PIL nominale indicato dal Governo nel DPEF, che è stato sistematicamente più elevato non solo del PIL reale, ma anche del tasso di inflazione.
In termini reali, quindi, è aumentato il peso del nostro funzionamento rispetto alle risorse del Paese, né valgono le considerazioni autoassolutorie che mettono a confronto la crescita della spesa della Camera dei deputati con quella degli altri organi costituzionali: la Presidenza della Repubblica, la Corte costituzionale e il Senato della Repubblica, che risulterebbero ancora più elevati.
Semmai, questo dato fa gridare ancora di più allo scandalo l'opinione pubblica, che ha visto negli ultimi anni un impoverimento delle classi medie e un aumento delle fasce di povertà, oltre ad una concentrazione di ricchezza in mani sempre più ristrette.
Se la Camera vuole essere in sintonia con il Paese reale, lo deve essere anche per quanto riguarda le spese di funzionamento che essa stessa decide in maniera sovrana, al di fuori di qualsiasi limitazione.
Come afferma la stessa relazione dei questori, l'opinione pubblica auspica una riduzione in termini assoluti della spesa del Parlamento ed essi stessi ammettono che è possibile intervenire sia su alcune voci di spesa che si riferiscono a prestazioni non immediatamente riconducibili alle esigenze istituzionali, sia sulle indennità dei parlamentari, così com'è avvenuto nella legge finanziaria del 2006, con la riduzione delle nostre indennità del 10 per cento.
A questo proposito, l'Italia dei Valori ha già presentato, in epoca non sospetta, una proposta di legge che propone da subito, fino al 2010, il congelamento delle nostre indennità, così da ottenere un risparmio di almeno 4 milioni di euro l'anno.
Ricordo che i lavoratori dipendenti non godono di alcun automatismo o scala mobile che adegui i loro stipendi all'aumento dei prezzi. Inoltre, è possibile provvedere alla copertura completa dei costi di tutti i servizi non legati all'attività istituzionale - mi riferisco all'attività di ristorazione, alla barbieria, eccetera - attraverso l'applicazione di adeguate tariffe. Non si capisce perché persone come noi, che percepiscono redditi medio-alti, debbano essere sovvenzionate dai cittadini per la rasatura della barba o per il pranzo al ristorante.
Credo che questo stato di cose sia un insulto a quei milioni di italiani che percepisconoPag. 24salari ben inferiori ai nostri e che pagano per intero gli stessi servizi di tasca loro a prezzi di mercato.
Credo, inoltre, che conteggiare in maniera diversa le trasferte, ovvero sostituire, come diceva prima il collega D'Elia, all'attuale sistema forfetario una rendicontazione documentata, che attesti l'importo e la finalità delle spese, sarebbe un segnale di rispetto verso le risorse pubbliche che - lo ricordo - sono dei cittadini, non certo nostre.
Il collega D'Elia mi trova d'accordo anche sul fatto che le somme percepite sotto la voce del rapporto tra eletto ed elettore dovrebbero essere assegnate a fronte di un regolare contratto di lavoro per i collaboratori dei parlamentari e, in ogni caso, dietro presentazione di spese documentate e giustificate.
Questa proposta, al di là della valenza economica, afferma un principio morale applicato già in tutti i Parlamenti europei con grande rigore, fino a prevedere che i contratti dei collaboratori siano in carico all'amministrazione del Parlamento e non all'eletto e, come avviene in Germania, nel caso vengano assunti dei familiari, il parlamentare deve pagare di tasca propria i relativi stipendi.
In questo modo daremmo un esempio di amministrazione corretta e trasparente a tutte le altre amministrazioni dello Stato, alle regioni e agli enti locali. Per questa via non solo si introdurrebbero maggiore trasparenza e controllo, ma lo Stato recupererebbe anche l'evasione contributiva del personale che lavora alla Camera senza un regolare inquadramento, fatto ancora più inaccettabile proprio perché prodotto dal Parlamento stesso.
Altre misure di immediata applicabilità sono il blocco del turn over del personale dipendente, per recuperare produttività ed efficienza nell'utilizzo delle risorse umane, reso possibile dall'innovazione tecnologica ed informatica, rivedendo la scadenza dei loro contratti di lavoro per ricondurli ad una dimensione più equilibrata rispetto al resto della pubblica amministrazione.
A questo proposito, non posso che condividere le affermazioni del questore Albonetti, quando scrive nella sua relazione: «Il trend di raffreddamento della crescita delle retribuzioni dovrà continuare e consolidarsi in un quadro di contrattazione con le organizzazioni sindacali anche per il triennio contrattuale in scadenza e per quello che inizierà nel 2008». Così come non posso che condividere l'affermazione secondo cui nelle aree di sicurezza ed accoglienza nei prossimi anni è possibile che, a fronte di pensionamenti, si possano espletare tutte le procedure di mobilità interna da altri settori prima di procedere a nuovi reclutamenti.
La trasformazione degli affitti in rate di mutuo per l'acquisto degli immobili, oltre a una razionalizzazione effettiva dell'uso degli spazi, è un obiettivo condiviso da tutti i gruppi parlamentari, dai questori e dalla stessa Presidenza: pertanto, crediamo che debba essere attuata nel più breve tempo possibile, dal momento che, a regime, tale misura permetterà un risparmio di almeno 2,6 milioni di euro l'anno.
Per non parlare dei rimborsi elettorali ai partiti che, pur entrando nel nostro bilancio come semplice partita di giro per 148 milioni di euro, rappresentano sempre una delle principali componenti del costo della politica. Ricordo - mi devo rifare ancora alle parole del collega D'Elia a questo proposito - che vi è stato nel 1993 un referendum che ha bocciato il finanziamento pubblico dei partiti e che questi rimborsi elettorali, all'inizio della scorsa legislatura, sono stati più che raddoppiati, alla faccia del contenimento dei costi della politica!
Inoltre, al termine sempre della scorsa legislatura, questo finanziamento è stato addirittura garantito per cinque anni indipendentemente dalla durata in carica del Parlamento, per cui potrebbe accadere che, in caso di elezioni anticipate, i partiti percepiscano per alcuni esercizi un doppio rimborso elettorale.
Credo che questa circostanza costituisca una delle maggiori fonti di scandaloPag. 25della politica nazionale, che rischia di delegittimare la funzione stessa dei partiti quali strumenti indispensabili della democrazia che, a scanso di equivoci e di atteggiamenti demagogici, necessitano per funzionare di risorse pubbliche, per consentire la partecipazione alla politica di tutti i cittadini, indipendentemente dal proprio reddito.
Il punto fondamentale, quindi, non è il contributo al funzionamento dei partiti, ma è la sua entità (che - lo ripeto - è aumentata dal 1999 ad oggi del 150 per cento), le condizioni secondo le quali deve essere concesso, la rendicontazione e la trasparenza dell'uso di queste risorse.
Soprattutto, bisogna evitare le continue furbizie per cambiare le regole del gioco come, ad esempio, la legge sul finanziamento all'editoria del partito, che a sua volta rappresenta uno scandalo nello scandalo; o come l'eventuale doppio rimborso elettorale che - lo dicevo prima - rappresenta un incentivo per far cadere i governi, andare ad elezioni anticipate e sperperare denaro pubblico.
Tutte queste riforme strutturali del funzionamento della Camera non solo sono possibili da subito, ma sono anche dovute. Del resto, questa stessa Presidenza, attraverso il Collegio dei questori, soltanto un anno fa, in occasione dell'approvazione del bilancio preventivo del 2006, aveva accolto un ordine del giorno presentato dal gruppo Italia dei Valori che la impegnava a ridurre le spese in linea con i tagli effettuati dal Governo nel bilancio di previsione del 2007 e per tutti i successivi bilanci di legislatura. Poiché ciò non è avvenuto e il bilancio di previsione 2007 prevede un incremento della spesa effettiva del 2,94 per cento, il nostro gruppo si dichiara insoddisfatto e ripresenta un ordine del giorno, a prima firma Borghesi, che ribadisce per il prossimo anno la stessa richiesta.
Riconosciamo, tuttavia, lo sforzo effettuato dai questori, in particolare dall'onorevole Albonetti, che non solo hanno prodotto uno studio chiaro e analitico, come dicevo prima, del bilancio, ma hanno anche proposto tagli significativi di spesa: l'abolizione per 2 milioni di euro annui delle spese per viaggi all'estero per motivi di studio; l'esternalizzazione sperimentale della ristorazione, con il recupero del personale e un'ipotesi di risparmio di almeno 3 milioni e 600 mila euro l'anno; la riformulazione dei contratti relativi ai sistemi informatici, con risparmi previsti di 2 milioni e mezzo di euro all'anno e risparmi relativi agli stampati e alle rassegne stampa per un totale di un altro milione di euro all'anno; nuove modalità di convocazione delle Commissioni tramite posta elettronica o SMS, e non più tramite telegramma, con risparmi per 200 mila euro all'anno; nonché la collaborazione alle attività di documentazione con il Senato della Repubblica, oltre all'integrazione e unificazione dei servizi bibliotecari, archivistici e delle informazioni parlamentari, così come una contrattazione congiunta tra i due rami del Parlamento per la fornitura di beni e servizi.
Tutte queste misure, da noi condivise, contribuiscono al contenimento degli incrementi di spesa, scopo che il nostro gruppo non può che apprezzare. Pure, noi le riteniamo inadeguate rispetto all'obiettivo di una sua riduzione in valore assoluto, che è indispensabile ottenere per rientrare nella media di spesa dei Parlamenti nazionali europei: parametro questo che proponiamo divenga il nuovo vincolo strutturale per i bilanci futuri del Parlamento italiano, da raggiungersi effettivamente entro il termine di questa legislatura. L'Europa è infatti un'opportunità, ma rappresenta anche un vincolo: il Parlamento, che è organo sovrano, deve cominciare, esso per primo, a darsi vincoli e a rispettarli se vuole ottenere credibilità e rispetto in Europa e presso i nostri cittadini.
Per senso di responsabilità e di lealtà verso la maggioranza, dunque, sosterremo il conto consuntivo per il 2006 e il bilancio di previsione per il 2007, a condizione però che venga accolto il già citato ordine del giorno da noi presentato, cui dovrà seguire un impegno reale della Presidenza per attuare i risparmi indispensabili a ridurre la spesa già nei prossimi mesi, conPag. 26l'obiettivo di una riduzione delle spese istituzionali pari almeno al 10 per cento rispetto a quelle del 2007. Già lo scorso anno, infatti, tutti i gruppi parlamentari avevano riconosciuto la necessità di ridurre in modo sostanziale le spese della Camera dei deputati: quest'anno si è raggiunto solo parzialmente tale obiettivo. Vogliamo dunque augurarci che l'intero Parlamento assuma questo impegno come elemento discriminante per la sua stessa credibilità.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Campa. Ne ha facoltà.
CESARE CAMPA. Signor Presidente, all'apertura di questa legislatura lei ha affermato che il primo compito per tutti noi sarebbe stato quello di lavorare per una forte valorizzazione del ruolo del Parlamento ed ha puntualizzato l'importanza di questa necessità storica in questi tempi difficili. In questo modo, Presidente, lei anticipava il dibattito che si è sviluppato in questi tempi nel Paese: in tali parole, infatti, sono racchiusi i grandi problemi morali e civili che stanno scuotendo le coscienze degli italiani. Il perdurare della crisi economica ha alimentato le difficoltà della politica nel suo tentativo di affrontare le ragioni strutturali che causano insopportabili squilibri sociali. La protesta che si sta diffondendo nel Paese rischia però di alimentare il distacco del paese reale dalle istituzioni: alla politica si rischia di preferire il qualunquismo, alla ragione l'istinto, alla ponderazione l'ira. L'Italia sta dunque affrontando un rischio gravissimo.
Tuttavia, se esiste questo pericoloso distacco fra le istituzioni ed il Paese, non è forse esso stesso causato dall'insufficiente risposta politica, come lei ha affermato all'apertura di questa legislatura? Tutti noi abbiamo condiviso le sue parole. Ancor più, oggi, noi che viviamo nel territorio, a contatto con la realtà della società (ed è per questo che vorremmo tornare al voto di preferenza per ristabilire un leale e democratico rapporto con gli elettori), sentiamo che questi moniti rappresentano un'esigenza inderogabile. E ancora, proprio noi che ogni giorno siamo impegnati in un lavoro pressante in Assemblea ed in Commissione (impegno ai più sconosciuto tanto che nelle piazze veniamo tacciati come fannulloni alle prese con gli ozi), sentiamo il peso, che non deve essere frustrante, ma che deve far riflettere sul modo di far politica.
Il Parlamento è stato investito da un'ondata di protesta nel Paese per l'inadeguata politica di questo Governo e di questa maggioranza, che si occupano non della soluzioni dei problemi, ma degli equilibri interni fra anime culturalmente e storicamente antagoniste. Il Parlamento deve, infatti, trovare un ruolo centrale nella vita politica, che è impegno morale e civile rivolto al bene comune, ma soprattutto al raggiungimento della giustizia: obiettivi, questi, che debbono essere condivisi da chi, come me, è cattolico, ma anche da tutti coloro che sentono il peso e la responsabilità del mandato parlamentare.
Ma, al di là della necessità di richiamare questi principi fondamentali, dobbiamo porci con lealtà e senso di responsabilità un quesito: siamo stati capaci di valorizzare il lavoro parlamentare? Quanto ai costi della politica ed ai costi del Parlamento, altri hanno parlato meglio di me; io, per parte mia, rivolgo questa domanda: siamo stati capaci di richiamare con senso di responsabilità la valorizzazione del lavoro parlamentare?
Sentiamo questa esigenza? Desidero svolgere due banali considerazioni. In primo luogo, perché mai continuare a svolgere il question time il mercoledì, con la ripresa televisiva di un'aula deserta (e non potrebbe essere altro che così, dal momento che i deputati sono impegnati nelle Commissioni)? In tal modo siamo noi, signor Presidente, i primi a dare l'impressione di essere fannulloni: spetta, spero, all'Ufficio di Presidenza tener conto di questa realtà e proporre soluzioni diverse che dimostrino al Paese il lavoro effettivo dei parlamentari.Pag. 27
Nella passata legislatura - seconda cosa, se vogliamo, molto banale, ma capace di alimentare il discredito sui lavori parlamentari - è stato approvato un ordine del giorno (peraltro approvato non dalla mia parte politica, ma condiviso pienamente, perché offriva una risposta non solo alle esigenze dei singoli parlamentari, ma soprattutto alla Camera come istituzione) relativo alla produzione di servizi televisivi di carattere divulgativo sull'attività delle Commissioni e dei singoli parlamentari. Cosa è stato fatto? Altri parlamentari hanno ricordato di aver avanzato, su questo punto, delle proposte. Noi abbiamo una sola importante arma per difendere il prestigio costituzionale del Parlamento: non solo dobbiamo legiferare nel miglior modo possibile (è un nostro dovere) e sensibile ai reali problemi e alle pressanti domande dei cittadini, alle prese con la complessa e spesso problematica vita quotidiana, ma abbiamo anche il dovere di far conoscere gli sforzi che ogni giorno dedichiamo agli ideali e ai bisogni del Paese!
Molti colleghi si sono soffermati sull'opportunità e sull'esigenza di comprimere i costi, sicuramente elevati. Non ho voluto entrare nel merito di ciò - poiché altri lo hanno fatto meglio di me -, ma ho preferito soffermarmi sull'esigenza di fare entrare nel palazzo gli italiani, affinché non considerino più il Parlamento un luogo di privilegio ed un'istituzione di cui diffidare.
Alcune osservazioni formulate in precedenza anche dal collega Fontana vanno in questa direzione.
PRESIDENTE. Deputato Campa, la invito a concludere.
CESARE CAMPA. Abbiamo bisogno della credibilità degli italiani per lavorare insieme attraverso il dialogo e la politica, tenendo lontane le tentazioni di qualunquismo, pericoloso virus destinato a demolire la democrazia; così facendo, saremo coerenti con gli applausi che molti di noi - anzi tutti - hanno rivolto in Assemblea all'indirizzo del Presidente Bertinotti all'atto del suo insediamento.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Buemi. Ne ha facoltà.
ENRICO BUEMI. Signor Presidente, colleghi, credo che sarebbe facile sollevare una polemica con i nostri censori e gli ispiratori di certe pubblicazioni che, comunque, hanno il pregio di farci riflettere sulla nostra condizione, nonché sulla nostra capacità di difendere la dignità delle istituzioni che siamo stati chiamati a rappresentare.
Nel 1992 si è conclusa una lunga fase politica e storica il cui epilogo è stata la morte di grandi partiti che avevano ispirato la nostra società e governato il nostro Paese per buona parte del Novecento.
Si è pensato che, con la conclusione di quella fase politica, si potesse aprire una nuova stagione di maggior rigore e di maggiore capacità ed efficienza delle nostre istituzioni.
Ero tra coloro che, seppure senza rinnegare nulla delle esperienze politiche precedenti, speravano che, quanto meno, ciò che gli avversari politici proponevano alla società italiana fosse effettivamente realizzabile.
Oggi siamo nuovamente chiamati dai giornali e dalle forze politiche - alcune fanno parte della maggioranza di centrosinistra, altre dell'opposizione di centrodestra - ad un maggiore senso di responsabilità, ad un maggiore rigore nella gestione della cosa pubblica e, certamente, ad una maggiore vicinanza al Paese.
Signor Presidente, colleghi, desidero essere molto chiaro su tale punto: non credo che le responsabilità di questa fase siano tutti uguali.
All'interno delle maggioranze e tra le maggioranze vi sono forze politiche che hanno assunto direttamente la responsabilità delle decisioni sostanziali e, quindi, la generalizzazione della responsabilità, quanto meno, è pesante da sopportare. Non si tratta di girare le spalle e scaricarePag. 28su altri la responsabilità; si tratta di riscrivere la verità!
Mentre nascono nuovi partiti che si propongono all'opinione politica italiana come salvatori della patria, sia su un versante, sia sull'altro, è bene ricordare che, all'interno delle istituzioni, non tutte le forze politiche hanno le stesse responsabilità. Non tutte le forze politiche hanno avuto e hanno la presidenza delle istituzioni delle quali facciamo parte; non tutte le forze politiche le governano direttamente attraverso i questori e quant'altro. Voglio affermare, dunque, con estrema chiarezza, che le responsabilità ci sono - di seguito farò alcuni esempi - e che tali responsabilità devono mantenere la titolarità piena, sia negli onori sia negli oneri.
Ritengo che non siamo peggiori di coloro che ci hanno mandato qui a rappresentarli e bene ha detto il Presidente del Consiglio, ieri sera, nel corso della trasmissione Porta a Porta, quando, invertendo i termini della situazione, ha dichiarato che gli italiani non sono migliori di coloro che li rappresentano! È la società italiana che ha dei problemi irrisolti e che deve compiere uno sforzo di cambiamento e di riforma vera; a noi compete - questo sì - il compito di fare da battistrada.
In tale contesto, un'azione di rigore deve partire prima di tutto da «casa nostra», perché chiedere rigore agli altri è troppo semplice! A tale proposito, il gruppo parlamentare della Rosa nel Pugno, in particolare gli esponenti socialisti, hanno presentato un certo numero di ordini del giorno che riguardano direttamente le questioni dei deputati.
Ebbene, signor Presidente, nel supporto importante che abbiamo avuto dal dottor Stella con la sua pubblicazione, si afferma che ad ogni deputato sono attribuiti ottanta metri quadri di ufficio; vorrei chiedere, allora, a lei signor Presidente e ai signori questori, chi si è preso gli altri sessantaquattro o sessantacinque metri quadri che mancano al mio ufficio, collocato nella stanza 706 di palazzo Marini?
EMERENZIO BARBIERI. Bravo!
ENRICO BUEMI. Seconda questione: palazzo Marini non serve a niente. Da quando faccio parte di questo ramo del Parlamento (dal 2001), mi sarò recato nel mio ufficio di palazzo Marini all'incirca una ventina di volte. Per quanto ci riguarda, palazzo Marini deve essere chiuso perché rappresenta un costo inutile e non voglio, per carità di patria, richiamare altre questioni che comunque dovrebbero essere sottoposte all'attenzione di altre istituzioni, perché non credo che quanto è accaduto con riferimento a quell'acquisizione, anzi a quel contratto (magari si fosse trattato di un'acquisizione!) sia stato tutto esemplare, positivamente esemplare.
Signor Presidente, la seconda questione riguarda il nostro trattamento economico. Siamo del parere che ogni entrata dei parlamentari debba essere sottoposta al trattamento fiscale, e che non stiamo guadagnando di più di quanto guadagna l'altra parte della classe dirigente del nostro Paese, quella editoriale, giornalistica, dei pubblici funzionari, imprenditori e liberi professionisti.
I parlamentari, questi 945 bersagli della critica italiana e del mal di pancia del nostro popolo, non sono dei privilegiati dal punto di vista del trattamento economico. Tuttavia, vi è la necessità di ricondurre ad un tutt'uno il trattamento per dare trasparenza ed effettuare gli aggiornamenti che sono necessari, signor Presidente.
Non credo che le mie prestazioni alla Camera valgano meno di quelle che svolgo nella mia impresa e non credo che le mie prestazioni alla Camera, signor Presidente, il mio tempo e, quindi, il mio carico di lavoro ed il mio disagio familiare valgano meno rispetto a qualsiasi altro professionista medio del nostro Paese.
Non mi faccio, dunque, prendere dai moralismi, ma affermo semplicemente, signor Presidente, che dobbiamo esprimerci in modo chiaro, in quanto non è accettabile che si dica chiaramente che in Germania ed in Francia il trattamento economico complessivo dei parlamentari non èPag. 29superiore al nostro. È necessario considerare gli altri costi che i parlamentari sostengono per conferire efficienza al loro lavoro.
Allora, queste persone autorevoli, ascoltate sicuramente da almeno una parte degli italiani - che riescono a vendere 500 mila copie, esponendo qualche verità, ma anche molte menzogne - (Il deputato Buemi mostra una copia del libro «La Casta»), svolgano un'inchiesta comparata sui vari sistemi istituzionali europei e scrivano esattamente come è la situazione. È sufficiente visitare, su Internet, i siti della Camera dei deputati della Germania e della Francia per capire che la situazione non è come loro sostengono.
Signor Presidente, il trattamento economico complessivo deve essere tutto sottoposto al prelievo e alla valutazione fiscale. Tuttavia, evitiamo controlli che genererebbero nuovi burocratismi, perché pensando di risparmiare da una parte, utilizzeremmo pletore di funzionari - pagati con gli stipendi di cui sappiamo e di cui parleremo successivamente, se ne avremo tempo - per controllare le nostre trasferte ed i nostri rimborsi spese. Si tratta, dunque, di inventare meccanismi veri, efficienti e seri che controllino e verifichino le situazioni, ma che non carichino nuovi costi.
Affrontiamo, ora, la questione dei servizi alla Camera, ai parlamentari e anche all'istituzione. Pensiamo che tutti i servizi non essenziali all'attività legislativa debbano essere esternalizzati ed i costi debbano essere caricati sui beneficiari dei servizi, senza alcuna integrazione da parte dell'erario o delle risorse pubbliche. Mi riferisco al ristorante, al bar, alla barbieria e all'assicurazione sanitaria: tutti servizi che devono essere a carico di coloro che ne beneficiano.
A tal proposito, signor Presidente, vorrei chiarire la situazione riguardante i nostri conti correnti bancari presso l'ex Banco di Napoli, oggi San Paolo Imi. Qualcuno sostiene che noi abbiamo dei mutui agevolati per acquistare gli alloggi, una delle tante cose contenute nel «Vangelo» (Il deputato Buemi mostra una copia del libro «La Casta»).
Signor Presidente, ce lo dica ed intervenga sul San Paolo Imi. Mi sono recato direttamente presso l'agenzia San Paolo Imi interna alla Camera per ricevere questo grande beneficio che ci è attribuito. Questo grande beneficio sarebbe costituito dallo 0,5 per cento di differenza sul tasso dei mutui che viene applicato alla clientela normale? Tale sconto, signor Presidente, lo ottengo io da imprenditore privato e in qualsiasi momento le posso dire che ottengo uno sconto superiore.
Quindi, anche da questo punto di vista, tale beneficio, signor Presidente, non mi pare che esista. Tuttavia, all'interno della Camera vi sono dei soggetti privati che svolgono attività imprenditoriale privata, come le banche, le poste e le agenzie di viaggio e vorrei sapere se pagano regolarmente gli affitti al prezzo di mercato. Ormai, nell'epoca della privatizzazione dei servizi e di altre istituzioni, credo che ognuno debba corrispondere: come noi ci dovremmo pagare fino all'ultimo centesimo il caffè alla buvette - ed è giusto -, qualcun altro dovrebbe pagare fino all'ultimo centesimo il costo della sua presenza.
Tutti i servizi non indispensabili, quindi, devono essere esternalizzati; si deve aprire un capitolo nuovo, inoltre, sulle forniture di beni e servizi alla Camera. Il collega D'Elia è già intervenuto su alcune questioni: voglio dire ai colleghi questori, con molta chiarezza, che bisogna rivedere totalmente l'impostazione delle manutenzioni e delle altre attività svolte all'interno della Camera da parte delle imprese esterne, perché basta avere un occhio, non dico sveglio, ma non addormentato, per capire che vi sono margini di inefficienza e di improduttività che devono essere superati.
Lo stesso discorso vale per l'organizzazione del personale interno della Camera. Tra le voci più significative del bilancio vi è quella della sicurezza, in termini di costi del personale. Non credo che, nell'era dell'informatica e delle tecnologie piùPag. 30avanzate, questi costi siano tutti giustificabili. C'è bisogno di una modernizzazione non soltanto dei nostri comportamenti istituzionali, ma anche degli apparati e delle organizzazioni che devono sicuramente mantenere i livelli di qualità e di efficienza oggi presenti alla Camera; nello stesso tempo, però, dobbiamo introdurre correttivi.
Signor Presidente, l'ultima questione è quella relativa al trattamento economico non nostro, ma del personale. I nostri critici hanno qualche ragione al riguardo, perché, per quanto il personale stesso sia qualificato e svolga un compito delicato, simili differenze di trattamento non sono giustificabili: non si tratta di togliere a chi sta meglio, ma di capire perché si siano creati questo divario e questa forbice di trattamento così grandi. Credo, pertanto, che, da questo punto di vista, non possiamo certamente ridimensionare diritti acquisiti, ma sia necessario introdurre, assolutamente e rapidamente, dinamiche diverse. Una situazione di questo genere non è accettabile, anche perché fuori di qui vi sono professionalità altrettanto qualificate...
PRESIDENTE. Deputato Buemi, concluda.
ENRICO BUEMI... che meritano, quanto meno, rispetto, altrimenti la situazione diventa oltraggiosa! Ritengo di aver pronunciato parole dure, ma sono partito da casa mia, da casa nostra e, in questo senso, mi auguro che non ci siano le solite operazioni «di facciata», ma che si introducano cambiamenti veri. Non si tratta di avere paura che la massa o che Grillo e i suoi fan si approprino di queste istituzioni: si tratta di dare efficienza ad istituzioni che esistono e devono esistere solo se hanno le ragioni per farlo (Applausi dei deputati del gruppo La Rosa nel Pugno).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Barbieri. Ne ha facoltà.
EMERENZIO BARBIERI. Signor Presidente, vorrei iniziare le mie considerazioni - che, premetto, hanno la finalità di un confronto critico, ma serio, con il Collegio dei questori e con lei, signor Presidente - con una lamentela: non trovo molto «azzeccato» - uso questo termine affinché ci capiamo - che il bilancio preventivo della Camera per il 2007 sia discusso il 18 settembre e votato il 19. Signor Presidente, i bilanci preventivi dovrebbero essere discussi prima che l'anno inizi! Non dimentichiamo che, in questo Paese, i governi che si sono succeduti, di centrosinistra e di centrodestra, hanno a volte costretto gli enti locali ad approvare i bilanci di previsione entro il 31 ottobre dell'anno precedente! Signor Presidente, lei lo sa molto bene, perché, per il ruolo che riveste oggi, ma anche per quello che aveva prima di diventare Presidente della Camera, è stato molto in contatto con gli amministratori locali.
Sono dell'opinione che l'anno prossimo (se ci saremo anche noi, ovviamente, e se non si va nella direzione di clamorosi «infortuni», per quanto riguarda il Governo) sarebbe utile che - senza pensare di anticiparlo ad ottobre dell'anno prima - approvassimo il bilancio di previsione entro il primo bimestre o il primo trimestre del 2008: credo sarebbe utile innanzitutto per noi, oltre che per i nostri critici.
La seconda questione che voglio porre in premessa è la seguente: mi sento di ringraziare il Collegio dei questori e lei, signor Presidente, perché ci avete messo a disposizione davvero una caterva di documentazione, una caterva di dati, e ciò ci ha consentito di procedere ad un esame serio (il fatto, poi, di non averne discusso alla fine di luglio, a maggior ragione ci ha posto nella condizione di esaminare in termini seri tale mole di dati). Ritengo che dovremmo tutti operare uno sforzo per evitare di considerare come problemi oggettivi quelli che sono problemi soggettivi: lo dico perché, quando ascolto una segretaria di Presidenza della Camera dei deputati - nella fattispecie l'onorevole Mura, che appartiene allo stesso partito del dottor Beppe Grillo o del Ministro Di Pietro (mi pare che ormai la vicinanza sia talmentePag. 31forte, che non si sa più chi fa il Ministro e chi fa il comico) - affermare che il bilancio della Camera è un problema della maggioranza, mi si accappona la pelle lungo la schiena. Cosa significa? Se vi è un atto che deve coinvolgere tutti - che poi lo votiamo tutti o che qualcuno non lo voti è un altro discorso - prescindendo dai ruoli che vengono svolti dal punto di vista politico, esso è il bilancio della Camera. Quindi, trovo il fatto che ciò venga affermato da una segretaria di Presidenza un po' originale.
Sempre in premessa, devo fare un'ulteriore precisazione: qui, onorevole Buemi, il problema non è difendere o attaccare ciò che ha affermato Prodi ieri sera a Porta a Porta, perché prima di Prodi vi è stato, in questo Paese, un signore che si chiamava Salvemini, il quale, nel dipingere la classe dirigente italiana, affermava che il popolo è per il 20 per cento migliore della sua classe dirigente, per il 20 per cento peggiore, mentre per il restante 60 per cento è esattamente identico alla classe dirigente: questo bisogna dire a Di Pietro, a Grillo e a tutti coloro che si stanno mettendo su una linea profondamente sbagliata, a mio giudizio, che è quella di accondiscendere agli «ammiccamenti» e agli istinti.
Badate che il nostro Paese ha già attraversato una fase drammatica, da questo punto di vista: la cosa peggiore che si potrebbe fare è, a distanza di 15 anni, ripeterla. Non sedevo in quest'aula, ma qualcuno dei colleghi presenti c'era quando l'onorevole Craxi, intervenendo nel dibattito sulla fiducia al primo Governo Amato, nel 1992, pronunciò quel discorso, splendido a mio giudizio, che in qualche modo consentiva di capire dove sarebbe finito il Paese. Evitiamo di porci su una lunghezza d'onda che rischia di essere identica.
Alcune questioni sono state affrontate, e voglio affrontarle anch'io. Partiamo dalla questione di palazzo Marini (non le enuncio in ordine di importanza, le enuncio in ordine di attenzione che gli interventi svolti hanno riservato a tali problemi): non so se palazzo Marini sia funzionale o meno; quello che so è che l'esigenza per la quale si è pensato di dotare i deputati dello spazio per disporre di un ufficio è un'esigenza che permane. Poi non spetta a me - mi occupo di altre questioni - ma spetta al Presidente e al Collegio dei questori stabilire se è opportuna la sede di palazzo Marini o se bisogna cambiarla.
Ricordo che, una quindicina di anni fa, chi precedeva i questori attuali (mi riferisco alla legislatura 1992-1994) mise gli occhi, ad esempio, sul palazzo del Tempo, che allora era di proprietà dell'INPS. Poi non se ne fece nulla, per una serie di motivi.
Tuttavia non tocca al singolo deputato fornire indicazioni. Se non va bene palazzo Marini trovate un'altra soluzione, quello però che è inimmaginabile è che si torni agli anni in cui vi erano dei deputati che avevano uffici adeguati e altri che avevano come loro ufficio i divani del Transatlantico o stavano davanti alla Camera a sbrigare un po' di pratiche. Siccome credo che nessuno possa o voglia ipotizzare di tornare a quei tempi, a me pare che sia fondamentale dare comunque una soluzione al problema.
Il secondo aspetto che è emerso, ripreso da ultimo dall'onorevole Buemi nella parte finale del suo intervento, e che emergerà anche da alcune mie considerazioni che svolgerò successivamente, concerne la questione delle nostre indennità economiche e delle retribuzioni del personale dipendente. Leggo nella relazione che ci è stata consegnata che la categoria I (Deputati) nel 2007, rispetto al 2006, avrà un aumento dell'1,5 per cento. Se l'approccio a questi problemi è quello di non toccare i diritti acquisiti, si tratta di un approccio rispetto al quale - come per la verità in una serie di riunioni con i gruppi il questore Albonetti ci ha spiegato - la cosa che non va bene consiste nel rischio di non aggredire alcune storture, e prima di parlare di altro ne sottolineo subito una: la categoria I (Deputati) avrà un aumento dell'1,5 per cento rispetto al 2006, mentre la categoria II (Deputati cessati dal mandato)Pag. 32del 2,7 per cento. Studiate il sistema, bisogna metterci mano: se il nostro aumento è dell'1,5 per cento, anche l'aumento per i deputati cessati dal mandato dovrà essere lo stesso.
Andando oltre e analizzando l'incremento della categoria III (Personale in servizio), che sarà del 3,7 per cento, ci accorgiamo che anche questo non va bene. Non vorrei che si facesse come negli anni del primo Governo Berlusconi e poi dei Governi Prodi e D'Alema, dal 1996 al 2001, in cui si diceva agli enti locali che non potevano aumentare le spese oltre il tasso programmato di inflazione. Gli enti locali, stringendo la cinghia, stavano all'interno di quella logica, mentre le amministrazioni dello Stato «splafonavano»: vi erano sempre, come al solito, figli e figliastri. Se la spesa per i deputati aumenta dell'1,5 per cento, la spesa per la categoria III (Personale in servizio) deve aumentare dell'1,5 per cento e non del 3,7 per cento perché si tratterebbe di un aumento due volte e mezzo superiore all'1,5 (so che sto dicendo una cosa banale, al livello di Ferrini) La situazione aumenta in gravità per la categoria IV (Personale in quiescenza) per la quale l'aumento è del 3,9 per cento.
Questa materia va ricondotta ad un controllo che non può che andare nella stessa direzione nella quale l'Ufficio di Presidenza ha deciso alcune misure sul trattamento dei vitalizi dei deputati. Bisogna affrontare tali questioni, perché altrimenti - lo ricordo perché non ci sono solo i giovani entrati nella politica oggi, ma c'è qualcuno che, come me, è venuto dalla prima Repubblica - va a finire come nel 1968, quando la DC (credo lo ricordi anche il Presidente Bertinotti) perse le elezioni perché i Governi presieduti dall'onorevole Moro avevano aumentato in percentuale le pensioni, per cui chi prendeva 100 mila lire prendeva 5 mila lire in più e chi prendeva un milione prendeva il 5 per cento in più di un milione. Allora se vogliamo dare un valore alle percentuali bisogna che le percentuali vengano ricondotte ad unità: devono essere le stesse per tutti.
Perché dico questo? Ricordo un grande democristiano, poi finito nella corrente dei cristiano-sociali del PCI, che era segretario regionale della DC dell'Emilia Romagna - mio grande amico -, che si chiamava Ermanno Gorrieri (l'onorevole Albonetti ed il Presidente Bertinotti credo lo ricordino). L'onorevole Gorrieri scrisse, alla fine degli anni Sessanta, un libro che fece epoca, perché era per quei tempi rivoluzionario (vedo che il Presidente Bertinotti lo ricorda bene): si intitolava La giungla retributiva. Attraverso le sue ricerche l'onorevole Gorrieri era arrivato ad una conclusione alla quale siamo oggi arrivati tutti, ma che allora era francamente rivoluzionaria, ovvero a scoprire che, a parità di mansione, vi erano differenze retributive colossali. Egli inoltre non si rivolgeva al settore privato - attenzione - ma a quello pubblico, e confrontava (il libro è ancora in circolazione, quindi basta leggerlo, e devo dire che forse è stato scritto con maggiore serietà e dovizia di argomenti rispetto a La casta) gli stipendi degli uscieri di alcuni Ministeri - ricorderete che poi fece anche il Ministro - con quelli degli uscieri degli enti locali, comuni e province, anche raffrontando gli uscieri del comune di Roma con quelli, ad esempio, del comune di Reggio Emilia e delle regioni che nascevano in quegli anni, nel 1970. Lo scoramento maggiore di Gorrieri, che fece dal 1970 il consigliere regionale per dieci anni, fu di rendersi conto, dopo dieci anni di esperienza, che aveva tentato di mettere mano a questa materia, nella sua qualità di consigliere regionale, ma non vi era riuscito. Infatti, mentre gi stipendi degli uscieri dei Ministeri crescevano poco, quelli degli uscieri della regione Emilia-Romagna (attenzione, non una regione governata dalle forze retrive della Democrazia Cristiana, ma allora dai comunisti e dai loro alleati) schizzavano verso l'alto.Pag. 33
Non voglio ovviamente riprendere questo argomento, nel senso che mi rendo conto che alla Camera abbiamo uscieri bravi e capaci - ho avuto modo di apprezzarne alcuni anche nel pellegrinaggio che abbiamo svolto con monsignor Fisichella - e non intendo dunque fare raffronti che francamente sarebbero anche sciocchi, ma vi è un problema, ed è quello di ricondurre a un forte controllo non solo le spese per i deputati ma anche quelle per il personale Da questo punto di vista non faccio in questa sede alcun calcolo, ma vi prego di verificare, direttamente, utilizzando le tabelline che ci davano alle scuole elementari, qual è il costo medio per dipendente della Camera dei deputati: siete in grado di farlo, quindi non c'è bisogno che lo dica.
Dunque, non è possibile che la tensione contro la politica si scarichi soltanto sui parlamentari o sui consiglieri regionali o sui sindaci. Bisogna che, da questo punto di vista, l'intera struttura, che per intenderci definisco burocratica, si renda conto che, se vi sono sacrifici da fare, devono farli tutti.
Occorre approfondire la vicenda di cui ha parlato ieri sera Prodi, che continua a dire che i Ministri si sono ridotti lo stipendio del 30 per cento, perché non ho capito quali stipendi si sono ridotti del 30 per cento. La voglio approfondire, perché mi pare che in questo tentativo di affermare «io sono il più bravo rispetto ad altre istituzioni dello Stato» possiamo cimentarci tutti. Infatti a me non costerebbe molto, Presidente, sollecitarla ad affermare, insieme al Collegio dei questori, che si riducono delle spese in questa istituzione e che vi sono altri organi istituzionali che non fanno altrettanto. Adesso vedremo lo sforzo che compirà il Presidente Napolitano, ma apprendere, come italiano e come hanno fatto tutti gli italiani, che il Quirinale costa tre volte quanto costa l'Eliseo mi ha francamente sorpreso.
Sarebbe facile per me sostenere che anche la Corte Costituzionale dovrebbe pubblicizzare i suoi bilanci, in modo che tutti possano conoscere gli emolumenti dei giudici della Consulta e poi raffrontarli con l'indennità dei deputati, con la differenza che noi, ogni tanto, siamo sottoposti ad un esame, che non sempre è di ammissione, perché a volte veniamo «bocciati». Tanti colleghi si sono sottoposti lo scorso anno all'esame di ammissione e non sono neanche stati «rimandati a settembre», come vuol fare il Ministro Fioroni, ma sono stati «bocciati» e non sono tornati alla Camera. Altre cariche dello Stato non hanno questo problema, perché durano in carica nove anni, e non cinque. Sarebbe interessante conoscere gli emolumenti dei giudici della Corte Costituzionale.
Poi ci sono, a mio giudizio, aspetti che potrebbero essere aggiustati; ma mi pare che i problemi di fondo che abbiamo siano quelli che alcuni colleghi hanno qui ricordato. Ne voglio aggiungere, Presidente Bertinotti, un altro. Credo - gliel'ho detto lo scorso anno, ma mi sento di ripeterlo quest'anno - che lei abbia fatto un grande errore quando, con il suo voto determinante, ha autorizzato la costituzione di gruppi parlamentari che non hanno venti deputati.
Noi, come gruppo UDC, abbiamo presentato anche un ordine del giorno. Mi è stato poi detto dal capogruppo Volontè che è stato dichiarato inammissibile, anche se non ho capito bene i motivi. Vedremo di approfondire la questione.
Ma si rende conto che la costituzione di gruppi parlamentari con meno di venti deputati non è soltanto un problema che incide, peraltro in misura notevole, sul bilancio della Camera? Signor Presidente, sarebbe sufficiente operare un raffronto tra quanto accadrebbe se questi deputati confluissero tutti nel gruppo misto e quanto loro spetta come contributo per l'attività dei gruppi parlamentari per valutare l'impatto economico. Ma il problema che si pone rispetto all'efficienza della Camera dei deputati è drammatico: lei se ne rende conto immediatamente dal momento che presiede spesso le sedute. Il question time con il moltiplicarsi dei gruppi è passato da un'ora ad un'ora e mezzo. In fase di dichiarazioni di voto -Pag. 34ho grande rispetto per tutti, perché ho militato in una corrente della Democrazia Cristiana che aveva il 7,3 per cento del consenso e quindi mi rendo conto di tutto -, non è possibile che tutti i gruppi in ogni occasione possano intervenire, al punto tale che nella precedente legislatura le dichiarazioni di voto si svolgevano in un'ora e adesso bisogna impiegarne due!
Ciò non depone a favore dell'efficienza di questo ramo del Parlamento. Sarebbe giusto rispettare la regola fondata sulla considerazione secondo la quale, essendo noi seicentotrenta, è ragionevole che per costituire un gruppo siano necessari venti deputati. Abbiate pazienza!
Lo dico anche in riferimento al fatto che la nostra tesi sul sistema elettorale tedesco sta trovando adesso molti adepti. Ma come è immaginabile che si discuta e si ipotizzi di andare a votare - non so quando - con un sistema elettorale che introduce lo sbarramento al 5-6 per cento mentre noi qui autorizziamo la costituzione di gruppi che, di fatto, non arrivano neanche ad avere lo 0,8 per cento? Presidente Bertinotti: bisogna mettere mano a questa questione!
Fu diverso, signor Presidente - lo dico a lei che allora era il leader e il segretario -, il caso del riconoscimento nel 2001 da parte del Presidente Casini del gruppo di Rifondazione Comunista, con una motivazione assolutamente irreprensibile. Infatti, Rifondazione Comunista - senza fare ora la storia delle elezioni del 2001 - si era presentata in un certo modo ed era assolutamente scremata rispetto alla maggioranza che si era formata e non era in sintonia con essa.
Quindi, c'era una motivazione politica forte. Ma, signor Presidente, mi vuol dire che senso ha che noi abbiamo nella maggioranza sette od otto gruppi? A cosa giova che i Verdi o l'Italia dei Valori costituiscano un gruppo se non hanno venti deputati? Devono confluire tutti nel gruppo misto! A cosa serve che il mio amico Del Bue sia inserito in un gruppo in cui sono in sei? Vi rendete conto? Sono in sei!
MAURO DEL BUE. Sono pronto ad essere abrogato!
EMERENZIO BARBIERI. Signor Presidente, se vogliamo far seguire alle parole i fatti, dobbiamo tornare su quella decisione! Mi dispiace dirglielo, ma le dico, con grande rispetto e grande stima, che fu una decisione, a mio giudizio, scellerata e sbagliata.
Vi è un'altra questione che è necessario affrontare. Ritengo che sia stata molto positiva la vicenda del canale satellitare. Mi permetto di dare un suggerimento e un'indicazione. Ho notato che, quando il canale satellitare non trasmette le sedute in diretta dell'Assemblea, vengono adesso trasmesse, giustamente, una serie di sedute significative delle Commissioni, in genere audizioni. Può accadere che vi siano Commissioni che si riuniscano quando l'Assemblea non è riunita (penso alla IX Commissione, cui appartengo, in ordine all'esame del disegno di legge Gentiloni). In quel caso, perché non si trasmette la diretta, esattamente come si fa per l'Assemblea? Non so, signor Presidente, se sono riuscito a farmi capire. Quando sono convocate Commissioni di un certo peso, e non c'è seduta, ritengo che il canale satellitare possa essere attivato per le riprese dirette.
Voglio aggiungere due riflessioni. Nutro grande rispetto delle decisioni prese dall'Ufficio di Presidenza e soprattutto - i questori ne sono testimoni - ho sempre sostenuto che le decisioni dell'Ufficio di Presidenza riguardano l'Ufficio di Presidenza e non possono essere utilizzate, anche se non condivise, quando si parla del bilancio. Possono dare atto di ciò sia il collega Albonetti sia il collega Colucci. Tuttavia, signor Presidente, mi sento di porle un problema. Non so quanti colleghi avessero e abbiano, negli anni scorsi, utilizzato i tremila euro per l'aggiornamento all'estero; tuttavia, le faccio presente, signor Presidente, che il medico più scalcinato del più scalcinato ospedale d'Italia, nell'arco dell'anno solare, qualche aggiornamento, a carico delle aziende farmaceutiche, lo fa. Pertanto, mi eropermesso di suggerire al Collegio dei questori che era giusto «stringere» su questo piano, nel senso di operare un controllo forte. Come ebbe occasione di dire - a mio giudizio in un modo splendido -, durante una delle riunioni, il capogruppo della Südtiroler Volkspartei, a me non pare che fosse tutta una questione da mandare al macero! L'avete deciso e, quindi, ne prendo atto. So (perché l'ho appreso anche ieri dai giornali) che la stessa decisione è stata assunta al Senato; a questo proposito, io mi affido, Presidente Bertinotti, a lei e al Collegio dei questori: deve cessare ogni forma di diversificazione tra noi ed il Senato. Non può essere accettata! Lo dico perché, mentre noi stiamo dimostrando grande serietà, ho l'impressione che al Senato vi sia qualcuno che preferisce fare molte dichiarazioni e pochi fatti (è un'impressione, quindi è possibile che mi sbagli). Chiedo che vi sia parificazione assoluta. Lo chiedo, perché negli anni si era stratificata la convinzione che i senatori dovessero avere un trattamento diverso perché avevano collegi più ampi (mi riferisco a quando fu introdotto il maggioritario) ed era obiettivamente vero: il collegio del Senato era il doppio del collegio della Camera. Questo non è più vero da quando è stata varata l'attuale legge elettorale, almeno per tutte le regioni italiane, tranne il Piemonte, la Lombardia, il Veneto, la Sicilia, il Lazio e la Campania. Per il resto, il senatore dell'Emilia-Romagna ha la mia stessa circoscrizione elettorale, che va da Rimini a Bobbio, da Gabicce a Bobbio! Come mi sta suggerendo, inoltre, il collega Stucchi, il senatore ha in più un vantaggio: egli ha meno elettori, presidente Bertinotti, perché per lui non votano i giovani compresi in una fascia d'età. Quindi, il motivo per cui debba esistere - ammesso che esista ancora oggi - una differenza di trattamento è francamente inspiegabile.
Ciò è riferito a tutte le voci. Quando si sostiene che i deputati guadagnano 18 mila euro facendo delle mere somme, bisogna anche vedere nel merito, ad esempio, chi vive e chi non vive a Roma. Sono tutte osservazioni che sono già state fatte, quindi è inutile che perda tempo su tale questione. Tuttavia, non possiamo assolutamente evitare di aggredire il problema della parificazione tra Camera e Senato.
Concludo il mio intervento, signor Presidente, con un invito. Già molto è stato fatto in questa direzione, tuttavia mi sento di rivolgermi a lei con un appello: quando ci attaccano, con motivazioni spesso sbagliate, il primo che ci deve difendere, signor Presidente, è lei! Così - devo darne atto - dopo un inizio timido si è fatto nelle ultime settimane.
Vede, signor Presidente, si può sostenere che mille deputati siano troppi e debbano essere ridotti a cinquecento - sono assolutamente d'accordo e infatti ho votato a favore della riforma costituzionale - ma non è possibile che l'oggetto dell'attacco siano gli eletti del popolo! Non trovo nessuno, che abbia o meno il blog, che dica, ad esempio, quanto guadagna il direttore generale della RAI!
Per quale motivo, uno che era direttore del Corriere della Sera, quando venne nominato dal suo predecessore e dal Presidente del Senato di allora, Pera, si rifiutò di andare a fare il presidente della RAI? I giornali dissero che aveva fatto il raffronto tra quanto guadagnava al Corriere della Sera e quello che avrebbe guadagnato come presidente della RAI!
Pertanto, che si venga a dire che in questo Paese la casta è costituita dai politici francamente mi preoccupa, perché da questo punto di vista è un tentativo di delegittimazione, che porta certamente a risultati non positivi. Credo di non avere nulla in comune con il Ministro degli esteri. Egli non è piaciuto molto ieri, quando, non so a quale festa de l'Unità...
GIANNI FARINA. A Modena.
EMERENZIO BARBIERI. ...perché ormai vedo che partecipa a più feste de l'Unità di quanto non svolga il suo ruolo di Ministro degli esteri (quindi vuol dire che ha molto tempo), ha affermato: «SappiatePag. 36bene che, quando non ci sono i politici, ci sono i militari e i banchieri!». Ha assolutamente ragione, pertanto dobbiamo attrezzarci per difenderci ed evitare di adottare provvedimenti frutto degli istinti.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Capotosti. Ne ha facoltà.
GINO CAPOTOSTI. Signor Presidente, mi associo ai ringraziamenti formulati dai colleghi che mi hanno preceduto verso il Collegio dei questori per il lavoro ampio, puntuale e preciso offertoci. Rivolgo tale ringraziamento a nome mio e anche, ovviamente, del mio gruppo, i Popolari-Udeur.
Avevo immaginato un intervento molto tecnico. Tuttavia, le notevoli sollecitazioni - direi, quasi iconoclaste - che giungono dall'Assemblea, impongono qualche riflessione di carattere più ampio, in cui mi cimenterò anch'io, soprattutto in questi tempi di falsi profeti e di grandi moralizzatori, che abbiamo ascoltato nei precedenti interventi e che spesso sotto il tappeto celano molti aspetti singolari.
Pertanto a questo punto, signor Presidente, non so se debbo ringraziare qualche partito, che rinuncia - se non ho capito male - a forme di indennizzo da parte dello Stato o quei colleghi che, coperti con decreto, in quanto membri dell'Ufficio di Presidenza mi pare di aver capito - hanno rinunciato a talune forme di rimborso. Ritengo che, più che cimentarsi in giochi di prestigio e nascondersi, spesso sotto i tappeti (il che suscita anche una certa ilarità), dobbiamo svolgere una riflessione ampia, seria, serena e partire dal dato normativo, ma anche costituzionale, che deve sempre rappresentare la nostra bussola.
Allora, sorge spontanea una riflessione per tutte: questa è ancora una Repubblica parlamentare in cui le Camere sono centrali, come ribadito con un recente referendum costituzionale. Pertanto, bisogna tener presente la nostra funzione, cioè quella di essere legislatori.
È molto singolare che, nel momento in cui sono state chiuse le sezioni dei partiti politici e non vi è più alcun controllo, neanche di natura morale, rispetto ai poteri economici - i quali a loro volta, invece, detengono un ampio controllo sui mezzi di comunicazione, guarda caso finanziati spesso largamente dello Stato - ci si stupisca che le persone vengano orientate, come detto da qualche collega, a muovere un attacco preciso nei confronti di alcune funzioni, anziché a compiere riflessioni più ampie. Abbiamo sentito parlare dell'episodio che riguarda la RAI. Potrei aggiungere quello dell'ENI, delle Ferrovie dello Stato e di molti altri settori pubblici.
Allora, vorrei dirlo francamente, non ritengo che l'emolumento che ci viene corrisposto - al pari di quello fornito a magistrati, prefetti, militari e diversi funzionari dell'amministrazione pubblica - sia scandaloso nella sua entità, perché, secondo quanto consta alla mia esperienza, corrisponde più o meno a quanto è erogato ai vari rappresentanti nazionali nell'ambito dei paesi europei.
Chi vi parla è un libero professionista, che quindi potrebbe anche dedicarsi ad attività diverse. Ritengo di portare un contributo relativo anche all'ambito lavorativo privato. Quindi, lo ribadisco, non credo che gli emolumenti di cui stiamo discutendo, che sono riconosciuti ai titolari del potere legislativo, siano tali da far gridare allo scandalo. Piuttosto, ritengo che anche in relazione a ciò - poiché viviamo in un sistema democratico e nessuno di noi è perfetto (siamo tutti uomini) - dovremmo compiere un esame di coscienza, senza tanto clamore e senza molta furia iconoclasta verificando, negli anni, qualche evidente fenomeno di deviazione, che a mio avviso è insito nella natura umana.
Allora, nel momento in cui si stabilisce, per Costituzione, la centralità delle Camere e la loro funzione legislativa, è possibile che ad una funzione necessaria (il potere legislativo) si affianchi una struttura di sistema, una devianza.
Pertanto, ritengo - e ringrazio ancora i questori - che sia importante fotografare le deviazioni, che oggettivamente pongonoPag. 37qualche problema di coscienza. Allora, come la Costituzione è detta vivente in quanto possiede la capacità quasi di autoriformarsi in se stessa o, per meglio dire, di attualizzarsi, così è nostro compito procedere ad un processo di autoriforma interna e svolgere un'analisi diffusa, precisa per capire ciò che serve o meno.
Allora, è chiaro che nella realtà attuale il traffico cartaceo concepito cinquanta, sessanta anni fa non è più di alcuna utilità o è di bassissima utilità o comunque rappresenta rispetto alla tecnologia attuale una modalità di procedere estremamente costosa, lenta, direi quasi farraginosa.
Pertanto, a mio avviso rappresenta anche una perdita di tempo interrogarsi sulla opportunità o meno di ampliare i servizi telematici, riducendo nel contempo quelli cartacei: mi sembra una ovvietà assoluta e non possiamo che sostenerla. Tuttavia, allo stesso modo penso che bisognerebbe procedere ad una riflessione. Ho letto, a proposito di una biografia di De Gasperi, che al Presidente del Consiglio dell'epoca fu fornita la scorta di un maresciallo dei carabinieri e un'auto di servizio nel 1947. Non sono a conoscenza di quanti precisamente siano, oggi, le automobili e le unità di personale a disposizione della Camera per le varie funzioni. Tuttavia, ritengo che nel 2007 esistano delle compagnie che affittano automobili con conducenti, con le quali, evidentemente mediante gara pubblica, si potrebbe stabilire un rapporto di collaborazione e che ben potrebbero essere messe a disposizione delle varie necessità istituzionali.
Non credo più che sia una nostra necessità avere un parco macchine consistente ed un personale considerevole nel momento in cui esistono soluzioni attraverso le quali si può risparmiare e nel contempo evitare di creare situazioni incresciose per quanto attiene l'aspettativa di vita lavorativa di alcune persone.
La stessa considerazione vale per il personale dipendente: dal bilancio evinciamo che in fondo la spesa per i deputati è circa il 16,7 per cento. È chiaro che se trent'anni fa vi era la necessità di un certo numero di addetti, perché non esistevano i computer, le e-mail, i fax e tante altre cose, oggi ad un'attenta riflessione la situazione non è più tale. È altrettanto evidente allora che si può procedere anche in tal caso ad una forma di esternalizzazione di una serie di servizi - mi permetto di suggerire sempre con gara - a partire dal ristorante per passare alla buvette, per arrivare alla fornitura di servizi di manutenzione degli impianti idraulici, elettrici e quant'altro. Non è un'alternativa complicata, è senz'altro fattibile e penso che la dovremmo tenere in considerazione.
Le riflessioni che possono essere svolte sul tema del bilancio (ho sentito prima addirittura una capacità di analisi riferita all'inflazione, piuttosto che all'allineamento con il PIL, ed è stata operata una differenziazione tra parlamentari cessati dalla carica e quelli in carica) sono notevolissime. Mi permetto di rivolgere ancora un appello alla sobrietà e alla morigeratezza: è necessario che manteniamo fermo il punto della funzione legislativa attribuita dalla Costituzione e, al contempo, è necessario che ci interroghiamo su come attualizzare tale funzione sempre più e su come sfrondarla da deviazioni - mi permetto di dire: incolpevoli - che ci mettano in comunicazione più forte con i cittadini.
Prima, ascoltando le considerazioni che venivano svolte sul tema del rimborso elettorale ai partiti, facevo una riflessione: sarebbe interessante agganciare il rimborso elettorale all'obbligo di tenere aperte, ad esempio, le sezioni di territorio, cioè quei luoghi dove i cittadini una volta andavano a esternare anche la propria rabbia, prima di arrivare in piazza. È evidente che oggi sono costretti ad andare in piazza, perché le sezioni non esistono più.
Mi riferisco anche al caso degli immobili: su tale argomento non c'è molto da riflettere, perché è del tutto evidente che è preferibile un mutuo che ci consenta di patrimonializzare acquisti immobiliari, piuttosto che continuare a pagare un canone di locazione, che non è di alcuna utilità. Quindi, anche in tal caso si può operare una revisione della situazione attualePag. 38e stabilire con precisione una direzione diversa, che ci consenta ampi risparmi.
Non sta a noi oggi, in questa sede, immaginare di risolvere interamente il problema dell'antipolitica (che secondo me, invece, spesso è un problema di domanda politica non raccolta) o quello della direzione del Governo (perché noi siamo la Camera che legifera e non il Governo), però nel bilancio, che è l'atto che oggi ci viene messo a disposizione e sul quale dobbiamo pronunciarci, abbiamo certamente l'onere di dare il nostro contributo rispetto alle aspettative del Paese.
È un onere che considero accolto, per certi versi (ho già ringraziato il Collegio dei questori per il lavoro puntuale che ha svolto) ed al quale come partito vogliamo adempiere sempre di più, anche presentando alcuni ordini del giorno, che sono già a disposizione del Collegio dei questori, che non vanno nella direzione di lanciarsi in una strana rincorsa a cercare sciocchezze, ma tentano di stabilire un punto fermo a partire dal quale non si discute più su ciò che serve. Su questo aspetto non si può fare demagogia perché, come è già stato detto, la politica ha un costo nel senso che la democrazia ha un costo. Ciò che costituisce un privilegio inutile, ciò che non serve, ciò che costituisce una stortura del sistema deve essere inevitabilmente e inesorabilmente tagliato, sostituito, cambiato e ammodernato.
Esiste un principio ulteriore da tenere presente, che è quello della trasparenza, che ci viene chiesta a tutto tondo, anche se non so come riusciremo a comunicare alla Nazione il nostro intento in modo trasparente.
Mi auguro che riusciremo a rapportarci con la comunità nazionale e ad evidenziare alla stessa che stiamo facendo tutto il possibile in questa direzione.
Non so perché - lo ripeto - continuo a vedere una questione sociale complicata, artata, un po' manipolata, perché abbiamo passato i tempi della questione morale applicata ai partiti e dopo ci siamo dimenticati di continuare ad applicare la questione morale a tutto il resto della società. Oggi i partiti spesso e volentieri sono un capro espiatorio e il resto della società stabilisce a quale bersaglio si può tirare giornalmente, cavalcando un'onda populista, quasi peronista, che desta non poca preoccupazione.
Chi vi parla è assolutamente fiducioso nella capacità di tenuta dell'Assemblea rispetto alle sommosse e ai movimenti più forti, ovviamente in senso democratico di indirizzo e di risposta. Il caso italiano si studia ormai nelle scuole come eclatante, perché in tempi come la stagione del terrorismo, nei quali fu addirittura rapito e ucciso un Presidente del Consiglio, non molti anni fa, si riuscì comunque a ribadire le ragioni della democrazia, a trovare una risposta e a dare una soluzione senza ricorrere alla legislazione emergenziale o speciale.
Ciò denota sicuramente una capacità dialettica e una qualità di interlocuzione non comune, se pensiamo che addirittura leggi emergenziali sono state adottate in Paesi di grande tradizione liberale come gli Stati Uniti. Su questa scorta si può e si deve fare di più, si può e si deve andare avanti.
Per cortesia, asteniamoci dal giocare a vedere la pagliuzza più grande o più piccola nell'occhio del vicino, perché in questo senso il Vangelo parla chiaro. Voglio chiudere con un'ultima riflessione: se è vero che sta scritto che «chi è senza peccato, scagli la prima pietra» e se è vero, come abbiamo sentito, che chi la lancia la pietra spesso è proprio chi è più in peccato, cerchiamo ancora di farci un esame di coscienza, interrogandoci seriamente se abbiamo fatto tutto quanto è in nostro potere per rispondere alla domanda di normalità, di comunicazione, di risposta e di partecipazione dei cittadini e se abbiamo fatto, ciascuno secondo la propria responsabilità e il proprio potere, tutto il possibile per metterci in condizioni di serenità assoluta.
Credo che se lo faremo, se andremo avanti in questa direzione, potremo ancora una volta interloquire con la società italiana e portare lo Stato italiano a una nuova frontiera e a un nuovo progresso.Pag. 39
Se non lo facessimo, se ci faccessimo prendere da strane furie iconoclaste, da una competizione reciproca di trampolini, nascondini e funamboliche esibizioni assolutamente inutili rispetto al bene comune, saremmo condannati non soltanto a divenire sempre più un retaggio, un peso, ma anche - temo a breve - a fare i conti con questa nuova realtà.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Stucchi. Ne ha facoltà.
GIACOMO STUCCHI. Signor Presidente, naturalmente mi associo al ringraziamento ai questori per il lavoro che hanno svolto, per la relazione che hanno predisposto e per quanto fanno per l'amministrazione della Camera, seguendo la filosofia, più volte illustrata, della riduzione degli sprechi.
Si tratta di una filosofia che anche noi condividiamo e che ci è richiesta anche dall'opinione pubblica. Però, probabilmente, è da parecchio tempo che questa filosofia, nella disattenzione dell'opinione pubblica, viene perseguita. Non si cambia registro e si va nella direzione di perseguire la riduzione o l'eliminazione degli sprechi solo a fronte di determinate pubblicazioni. Già da tempo ci si era incamminati su questa strada!
Sentivo alcuni colleghi intervenire e parlare, a proposito della riduzione dei costi della politica, con riferimento al numero dei parlamentari, dei deputati e dei senatori.
Sicuramente, se fosse passata la proposta di modifica costituzionale su cui tutti abbiamo votato l'anno scorso, oggi la questione sarebbe diversa; ma, altrettanto sicuramente, se si dovesse addivenire ad una riduzione dei componenti della Camera dei deputati e ad una trasformazione del Senato dall'attuale sistema rappresentativo a un Senato delle regioni, sul modello del Bundesrat tedesco (con tre, cinque rappresentanti per ogni regione o provincia autonoma, che comunque godono già di una propria indennità in quanto consiglieri o assessori regionali o presidenti di regione e lo stesso vale per le province autonome), non si porrebbe più neanche la questione delle indennità aggiuntive per coloro che verrebbero chiamati a far parte di quell'Assemblea. Essa, comunque, sarebbe un'Assemblea legislativa, quindi questa sarebbe una strada corretta nella filosofia della contenimento dei costi.
Purtroppo, però, il teatrino italiano, cui spesso abbiamo assistito, ci ha portato a bocciare anche delle riforme positive e importanti solo perché si trattava di proposte che provenivano da una parte politica avversa e per questo motivo non potevano risultare ricevibili. Oggi tutti abbiamo memoria di errori, che sono stati compiuti da entrambe le parti, per carità, e che sono costati e continuano a costare ai cittadini.
Si discute il bilancio della Camera, quindi anche il tema dei costi della politica. Questa mattina ero un po' preoccupato, a dire la verità, perché è un tema scottante, di assoluta attualità e ciò è testimoniato anche dai numerosi ordini del giorno che sono stati presentati. Debbo dire che, rispetto a qualche anno fa (sono in quest'aula da più di dieci anni), essi non chiedono più interventi che possono apparire come dei privilegi: vi è, quindi, la consapevolezza che non si può chiedere l'ombrellone sul lido per tutti i deputati o l'accompagnamento della nonna centenaria al mare tutte le mattine.
Parlo per paradossi, naturalmente, perché non vi erano ordini del giorno che andavano in questa direzione, ma altri potevano prevedere comunque la concessione ai parlamentari di privilegi assolutamente ingiustificati; oggi, invece, ci troviamo ad avere a che fare con ordini del giorno che chiedono interventi sensati, soprattutto quelli che vanno nella direzione di ridurre le spese.
Questa mattina, però, ero un po' preoccupato, perché pendeva su tutti coloro che devono intervenire una sorta di spada di Damocle: eravamo lì tutti attenti ad ascoltare le nostre parole per cercare di carpire, all'interno di un ragionamento, quelle che, se utilizzate in modo strumentale, avrebbero potuto giustificarePag. 40una versione opposta rispetto al contenuto che ognuno di noi stava sviluppando in questa sede.
Per fortuna ciò non è accaduto, nel senso che non ci siamo fatti condizionare oltremodo e abbiamo avuto la possibilità di parlare liberamente, anche perché siamo all'interno del luogo deputato alla discussione libera: ci mancherebbe altro! Ognuno di noi, poi, sa naturalmente che deve fare i conti con l'opinione pubblica e con i giornalisti, che forniscono informazioni per far discutere l'opinione pubblica, quindi è consapevole che le parole vanno utilizzate in modo corretto per evitare di vedere riportate sui giornali delle informazioni sbagliate, che possono creare un nocumento all'immagine complessiva della Camera. Mi riferisco alla Camera e non alla casta, perché questa è qualcosa di diverso.
Da questo punto di vista, ritornando al discorso della riduzione delle spese complessive del funzionamento della Camera, tutti dobbiamo fare un ragionamento. Mi riferisco a tutti perché quel discorso non riguarda solo la questione dei componenti delle Camere, ma tutti, dopo la pubblicazione nel mese di agosto dello scoop de L'Espresso sui dipendenti di quest'amministrazione.
Credo, infatti, che ciascuno di noi, durante le proprie vacanze, sia stato più di una volta oggetto delle domande - di cittadini, di conoscenti o di chi passava con noi quei momenti - legate al contenuto di quelle informazioni, per sapere da noi le ragioni di una tale situazione di privilegio, per quel che riguarda non solo i parlamentari (era questa infatti una situazione conosciuta), ma anche coloro che collaborano con noi.
Ragioniamo dunque su tutto, riconoscendo naturalmente la professionalità delle persone che lavorano con noi, ma cercando di trovare giustificazioni e soluzioni che possano rendere questa situazione non dico accettabile - poiché utilizzare questa espressione sarebbe forse una forzatura in questo momento - ma almeno comprensibile e giustificabile, senza che ci si debba arrampicare sugli specchi.
Guardiamo dunque a tutti, ma anche a tutto. Guardiamo cioè all'intero operato dell'amministrazione della Camera. In questo senso, ad esempio, è giusto limitare il ricorso agli affitti, privilegiando l'acquisto, tramite mutui a lungo periodo, degli edifici strumentali allo svolgimento delle funzioni dei deputati e dei dipendenti della Camera, ma occorrerebbe anche guardare anche a determinati spazi che oggi sono affittati o sono di proprietà e che potrebbero essere dismessi con la rescissione del contratto di affitto o con la vendita, qualora si tratti di spazi acquistati anni fa e che oggi non risultano più utili per lo svolgimento dell'attività della Camera nel modo migliore.
Si tratta, comunque, solo di due esempi, ma ve ne sarebbero altri. Peraltro, per quanto riguarda il contenimento della spesa, i colleghi che mi hanno preceduto hanno già offerto adeguati suggerimenti: d'altra parte, chi interviene per ultimo o penultimo ha sempre il problema, almeno per buon gusto, di evitare di ripetere considerazioni svolte da altri. In ogni caso, è necessario sottolineare che molti di quei suggerimenti vengono condivisi poiché vanno nella direzione corretta.
Il collega Fontana, in particolare, prima ha citato una questione reale che riguarda chi, come me, fa parte dell'Ufficio di Presidenza, quella cioè della creazione di gruppi parlamentari autorizzati con decisione assunta dall'Ufficio di Presidenza a maggioranza nel maggio 2006. Una simile decisione infatti ha causato naturalmente un aggravio pesante per il nostro bilancio (si tratta, se non ricordo male, di 3 milioni di euro all'anno).
Peraltro, a tale decisione, che è stata sicuramente un errore, va aggiunta anche quella - assunta una o due settimane prima - di incrementare i rimborsi ai gruppi parlamentari in misura più cospicua per i gruppi con un numero maggiore di rappresentanti rispetto a quelli che ne hanno un numero minore. Ciò ha naturalmente fatto sì che vi fosse una spesaPag. 41aggiuntiva rispetto ad una diversa distribuzione: anche questa scelta, dunque, ha comportato spese aggiuntive, che oggi pesano sul bilancio della Camera.
Allo stesso modo - ma qui si può dir poco all'Ufficio di Presidenza e al Collegio dei questori - anche i costi aggiuntivi legati all'attività svolta dai colleghi eletti all'estero sicuramente incidono sul bilancio. Nessuno vuole impedire naturalmente a queste persone di espletare al meglio il proprio mandato parlamentare, ma non ci si può nascondere che si tratta di spese aggiuntive che fino a poco tempo fa non c'erano.
È per queste ragioni che abbiamo presentato taluni ordini del giorno che vanno nel senso di un risparmio reale, di interventi rigorosi e della necessaria abolizione - se ancora ve ne sono ancora - dei privilegi, di quelli che sono effettivamente tali e non di quelle concessioni in uso in moltissime altre amministrazioni, anche private (poiché anche questo va detto).
È necessario porre attenzione ai contenuti degli ordini del giorno, così come verrà fatto domani o questo pomeriggio in sede di Ufficio di Presidenza.
Abbiamo probabilmente compiuto per così dire - in questa legislatura, ma anche in altre - alcune sottovalutazioni, ma le loro conseguenze hanno portato a far prevalere, se vogliamo, interessi di parte rispetto a quelli di partito.
In precedenza ho citato due esempi: mi riferisco all'autorizzazione dei nuovi gruppi parlamentari e al maggior indennizzo pro deputato a favore dei gruppi più grandi e più numerosi, concesso ad inizio legislatura. In quel caso, non abbiamo assolutamente offerto un buon esempio e forse sarebbe il caso di rivedere entrambe le decisioni.
Adesso ci affidiamo alla valutazione degli ordini del giorno, ben sapendo che - per quanto riguarda la possibilità di intervenire sul bilancio della Camera - non vi è alcun capitolo che rappresenti un dogma (vi sono sicuramente tantissimi capitoli su cui si potrà intervenire); vi sono dei contratti che possono e devono essere rispettati, ma vi sono anche spazi che possono permettere di ridurre l'importo del nostro bilancio.
Se qualcuno pensa di poterlo azzerare, ahimè, ciò non è possibile (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Quartiani. Ne ha facoltà.
ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, nell'apprezzare le proposte di bilancio illustrateci - di cui ci ha relazionato il Collegio dei questori -, non posso non rilevare come questa nostra discussione si sarebbe potuta concludere a luglio, se non fosse stato necessario dare il tempo alle due Presidenze di Camera e Senato perché si uniformassero agli intendimenti relativi alle misure di bilancio, tra cui quelle di contenimento dei costi delle istituzioni parlamentari (per tali questioni è auspicabile sempre un incedere comune di Senato e Camera, senza anticipazioni dell'uno sull'altra).
Nella sua relazione, il collega questore Albonetti è stato chiaro su tale punto, come su altri che sono stati e sono oggetto di polemica spesso strumentale, quando non disinformata e pelosa fuori da quest'aula.
Non è nostra abitudine fare di tutt'erba un fascio; per noi, anzi, è importante distinguere la critica dall'insulto e concepire la critica alla stregua, invece, di sollecitazioni finalizzate ad adeguare quanto si è già positivamente fatto finora (in tema, ad esempio, di indennità parlamentari, di assegno vitalizio ed altro).
Tali sollecitazioni ci richiedono, a ragione, di non sottrarci alla necessità di dare esempio al Paese, al quale si chiedono sacrifici nell'ambito pensionistico nonché razionalizzazione di comportamenti di vita oltre le garanzie date, mentre gli insulti alle istituzioni della Repubblica, che si manifestano sotto forma di invettive antipolitiche, vanno respinte al mittente, perché alimentano qualunquismo e irresponsabilità, animate come sono da spirito tutt'altro che costruttivo.Pag. 42
Dunque, dobbiamo fornire risposte certe e chiare al Paese anche con questo bilancio interno; si deve trattare di risposte leggibili come un segnale che il Parlamento non è sordo alle critiche che si muovono ad alcune spese per il funzionamento anche della Camera, che non sono più giustificabili nell'ambito delle prerogative parlamentari o che sono ininfluenti al fine della garanzia dell'espletamento della funzione propria degli eletti.
Tali spese vanno ridimensionate e soppresse quando rappresentano un ostacolo anche ad un sereno rapporto delle istituzioni con l'opinione pubblica del Paese e, soprattutto, quando pesano sull'equilibrio finanziario in modo negativo, aggravandone la situazione. Così ci propongono i questori nel progetto di bilancio e credo che, giustamente, debbano trovare il massimo del sostegno e del consenso da parte della Camera dei deputati. La sobrietà, l'efficienza e la produttività delle istituzioni sono le parole guida di ogni singolo parlamentare, di ogni servitore dello Stato, di ogni istituzione e di ogni suo ramo di attività. Guai a dimenticarcene o anche solo a dare l'impressione che il Parlamento se ne sia e se ne stia dimenticando!
Naturalmente, non tutte le risposte ad una più efficiente e meno costosa condizione delle nostre istituzioni parlamentari possono provenire dai loro bilanci. Questi ultimi seguono indirizzi e linee dettate dalla legislazione vigente e dalla Costituzione repubblicana; tuttavia, seguono anche linee e decisioni assunte dagli organi di governo del Parlamento stesso che, autonomamente, con il consenso delle Assemblee, definiscono i loro impegni finanziari ed economici, utilizzando risorse pubbliche di cui si risponde - e si deve rispondere - ai cittadini elettori.
Mi pare che il bilancio, oggetto dell'odierna discussione in Assemblea, sia stato proposto con piena coscienza di ciò; in tal senso, ad esempio, attraverso la riduzione o la soppressione di alcune voci di spesa (come quella per i viaggi all'estero), si è proceduto e si procederà ad una significativa e rilevante riduzione delle spese.
Vorrei, comunque, che restasse nella memoria della nostra discussione anche la considerazione, non banale, che la riduzione delle spese non potrà mai avvenire a discapito della salvaguardia della funzione parlamentare che a noi spetta difendere e promuovere anche attraverso scelte che, talvolta, possono apparire non propriamente popolari, in quanto non assecondano l'opinione qualunquista e disfattista che, in ogni democrazia ed in ogni momento, è pronta a minare alla base le istituzioni democratiche.
Ciò accade, ma rappresenta una prospettiva che deve essere tenuta lontana dalle istituzioni che non devono piegarsi al populismo a buon mercato, alla denigrazione dell'autorità elevata a professione, alla facile penna o telecamera di chi ricerca successi e lustro personali, in spregio alla precondizione deontologica di ogni mestiere che attiene alla formazione e all'orientamento dell'opinione comune e che porta il nome di responsabilità.
Per non farsi prendere da smanie genericamente riduzioniste della spesa, occorre sapere che vi sono attività del Parlamento che vanno potenziate e alle quali devono essere assegnate risorse maggiori (tra queste vi sono le attività di controllo ed ispettive), mentre vi sono voci di bilancio che possono subire ancora forti tagli, ridimensionamenti e razionalizzazioni; vale a dire che possono essere sottoposte ad un'attenta e accurata opera di riduzione degli impegni di spesa, soprattutto nell'ambito del funzionamento e dei costi amministrativi (tra i quali vanno annoverati quelli relativi al patrimonio edilizio e agli stabili di proprietà o in affitto).
In tal senso, sono positive le ipotesi di esternalizzazione di alcuni servizi o quelle della valorizzazione e razionalizzazione del patrimonio, mentre vanno al contempo potenziate le professionalità interne e ridotte le consulenze esterne che - vorrei ricordarlo - sono lievitate moltissimoPag. 43nella scorsa legislatura, soprattutto a causa di un largo ricorso alle Commissioni bicamerali.
Anche l'amministrazione della Camera, se sollecitata a porsi obiettivi di razionalizzazione, potrà contribuire al raggiungimento di obiettivi generali di riduzione dei costi e sono certo che, senza venire meno ai compiti di alto servizio verso il Parlamento, potranno definirsi, come già si sta facendo, con maggior cura obiettivi di riduzione e di razionalizzazione della spesa che contribuiscono al raggiungimento di una dimensione di bilancio orientata al dimagrimento della dotazione nel tempo.
Non è qui in discussione l'alta professionalità ed il merito che deve essere riconosciuto a tutto il personale della Camera che, anzi, voglio cogliere l'occasione per ringraziare. A tal riguardo, mi pare giusta la via indicata dai questori, volta ad ottenere una moderazione salariale, consensualmente e per via concertativa, che responsabilizzi il personale nel più generale disegno di riduzione dei costi dell'istituzione. Ciò mi pare un equilibrato modo di raggiungere i vari obiettivi.
Questo suona, naturalmente, da richiamo a tutti noi, al fine di un incisivo e comune impegno a rendere la nostra istituzione parlamentare sempre più capace di valorizzare le professionalità e i meriti della tecnostruttura, avendo cura di effettuarlo al minor costo per la collettività. Già ci si è mossi e ci si sta muovendo in tale direzione, ma occorre procedervi ancor più con decisione, senza strappi, ma con decisione.
Altro settore di spesa su cui intervenire è quello relativo ai gruppi parlamentari, di cui si è parlato anche in questa discussione. È noto, ad esempio, che nel bilancio non si prevede di procedere all'adeguamento Istat della contribuzione per il funzionamento dei gruppi parlamentari. Se è così, si tratta di una deliberata intenzione che, come tale, deve essere comunicata all'Assemblea e all'opinione pubblica per un'adeguata valorizzazione, in quanto si tratterebbe del secondo anno consecutivo nel quale non si dà attuazione ad una espressa delibera dell'Ufficio di Presidenza che ne prevedeva l'adeguamento annuale.
Si tratterebbe, infatti, di considerare il non adeguamento un costo evitato e un risparmio preventivo, posto in deroga alla delibera che ho richiamato e, come tale, andrebbe quantificato e assunto attraverso un orientamento condiviso dall'Assemblea e, di conseguenza, da tutti i gruppi parlamentari in essa costituiti. Sono consapevole che il costo per il funzionamento dei gruppi in questa legislatura è lievitato, in ragione del loro aumento che ha raggiunto il numero di quattordici come mai era avvenuto nella storia repubblicana e come il collega questore Albonetti non ha mancato di ricordare nella sua relazione.
Tuttavia, si tratta di chiarire che la questione della lievitazione dei costi per il funzionamento dei gruppi deve essere affrontata su piani diversi, anche se tra loro, ovviamente, sono politicamente correlati. Un conto è, infatti, calcolare e prevedere i costi che in sede di bilancio preventivo la Camera sopporta per il funzionamento dei gruppi - come si fa nel bilancio presentatoci - e non prevedere l'adeguamento Istat (trattandosi di un piano meramente contabile, derivante da scelte interne alle disponibilità previsive, che sono in capo alla Presidenza della Camera e definibili annualmente); altro conto è porsi il problema, comprendendone le radici che lo originano. Si tratta dell'oggettiva conseguenza di una legge elettorale che ha agevolato e sollecitato la frammentazione partitica e, dunque, anche quella dei gruppi parlamentari di entrambi gli schieramenti.
Un altro piano, inoltre, è quello, ad esempio, regolamentare che consente ai gruppi di proliferare, a prescindere dal risultato che i cittadini, con il voto, hanno determinato e di cui il Parlamento dovrebbe essere lo specchio. Si tratta del Regolamento che non cambia mai, anche quando cambiano le leggi elettorali.
Mi prometto di richiamare l'urgenza di superare radicalmente il nostro Regolamento in alcuni suoi aspetti e di rivederlo,Pag. 44come ho già fatto rilevare in altre occasioni di dibattito e come non mancai di farlo rilevare anche durante la discussione generale sul bilancio interno della Camera lo scorso novembre.
Chiedo alla Presidenza se non sia il caso di aggiungere il tema dei Regolamenti parlamentari a quelli che sono stati oggetto dell'indagine conoscitiva sui costi della politica e di valutarne il loro effetto economico e finanziario sull'istituzione. Chiedo, naturalmente, anche di contemplare, tra le riforme istituzionali delle quali la Commissione competente si sta occupando, questo argomento, ovvero se non sia il caso di accelerare nella definizione di un'anticipazione di riforma regolamentare anche al di fuori di una sessione propria delle riforme istituzionali, a valere almeno, ovviamente, dalla prossima legislatura. Quindi, una riforma regolamentare che impedisca la costituzione di nuovi gruppi parlamentari nel corso dell'espletamento del mandato e che preveda l'impossibilità della costituzione dei gruppi che non abbiano ottenuto suffragi sufficienti a superare la pur limitata soglia di sbarramento prevista dal Regolamenti in vigore, che è di venti deputati per gruppo.
Intanto, però, non si aumentano, ad esempio, i contributi per il funzionamento dei gruppi esistenti: è un dato positivo che va colto. Si tratta di una cifra consistente: si evita circa il 4 per cento di costi rispetto al funzionamento atteso dei gruppi, qualora si applicasse la delibera alla quale bisognerebbe dare seguito. Ci si è posti, dunque, e ci si sta ponendo il problema: è sbagliato polemizzare genericamente sull'aumento e sulla lievitazione dei costi del funzionamento dei gruppi.
Analizzo un altro aspetto: una quota importante del bilancio riguarda il vitalizio, sia per le previsioni di impegno, sia, soprattutto, per i costi causati della vecchia regola riguardante gli ex parlamentari, i cui vitalizi pesano sul bilancio: forse non sarebbe sbagliato chiedere ai percettori di tale vitalizio una contribuzione di solidarietà, a riduzione parziale del loro vitalizio percepito prima del sessantesimo anno; ciò, però, andrebbe contrattato con ciascun soggetto interessato per non generare un contenzioso troppo gravoso.
Lascio alla Presidenza e al Collegio dei questori una più precisa disamina della proposta e delle modalità di una sua eventuale attuazione. Quanto all'oggi e al futuro della cosiddetta «previdenza» dei parlamentari - che comunque così viene percepita nel Paese - il vitalizio agisce ed agirà, come sappiamo, dal sessantacinquesimo anno di età e dal sessantesimo dopo dieci anni di legislatura. Ciò non solo è in linea, ma rappresenta un passo avanti rispetto alla futura riforma pensionistica, di cui si discute nel Paese, contrattata nel Protocollo di intesa da parte del Governo con le rappresentanze sindacali. Si tratta di un dato che bisogna far conoscere, la cui attuazione a regime darà consistenti risparmi di spesa alla Camera dei deputati e alla fiscalità generale. Se, come è stato proposto, oltre alla posizione di un tetto al vitalizio, si aggiungerà l'impossibilità del riscatto e, ad esempio, l'incompatibilità con altre erogazioni derivanti da altre attività e impegni pubblici, si avrà anche un consistente risparmio di costi.
Bisogna anche ricordare che indennità e garanzie di sicurezza per il futuro dei parlamentari sono naturalmente da non dimenticare (se vogliamo bene alle nostre istituzioni) e rappresentano una delle condizioni per la realizzazione della norma dettata all'articolo 69 della Costituzione, per evitare il condizionamento del Parlamento da parte di qualsiasi altro potere, istituzionale e non. Contemporaneamente, è necessario un Parlamento responsabile e attento ai richiami provenienti dai cittadini alla sobrietà e alla moderazione delle istituzioni nell'uso delle risorse finanziarie pubbliche, proprio nel momento in cui la politica chiede al Paese uno sforzo rilevante per portare a compimento il risanamento della finanza statale, regionale e locale. Come affermavo prima, non tutto, ovviamente, può dipendere dal bilancio interno della Camera, ma possiamo porrePag. 45in essere diversi atti finalizzati al «raffreddamento» delle spese, come peraltro indicato anche nella relazione presentata dal Collegio dei questori. Anche la discussione sulla riforma del vitalizio, pertanto, va inquadrata in questo ambito. A mio avviso, occorre una riflessione attenta, alla luce di due elementi di riferimento.
Mi riferisco, in primo luogo, al sistema previdenziale generale, e, in secondo luogo, alla sostenibilità di un sistema che garantisca al parlamentare di esercitare in piena autonomia, anche economica, il mandato, garantendogli un futuro sicuro, soprattutto in relazione alla fuoriuscita dal sistema produttivo che, nel corso degli anni di mandato, incide sulle professionalità e sul riconoscimento dei meriti e avanzamenti di carriera.
Quanto al primo elemento, si tratta di ricordare che il vitalizio è una forma assimilabile a una posizione assicurativa, che però, nell'immaginario collettivo, è andato sempre più paragonandosi alla previdenza pubblica, perciò occorre attentamente valutare - come si sta facendo, molto positivamente - anche l'impatto sul sistema che ha, sul complesso degli aventi diritto, l'estensione della norma della XIII legislatura (che, a regime, porta a 65 anni l'erogazione del vitalizio che richiamavo prima). Questa norma agirà su circa la metà degli aventi diritto: ciò farà sì che un numero ancora alto di colleghi ed ex colleghi utilizzeranno la vecchia normativa, ma non tarderà il tempo in cui, a regime, avremo un equilibrio fondamentale positivo, per quanto riguarda il sistema del vitalizio, e un'incidenza assolutamente bassa sul complesso delle spese relative alla dotazione della Camera.
Tuttavia, a me pare parziale limitarsi a un ragionamento su tali questioni, se non le rinviamo anche a un rilevante nodo, che pure va affrontato, al fine della riflessione sui costi della pubblica amministrazione, della politica e delle istituzioni. Per quanto riguarda la Camera, ad esempio, si tratta del nodo della riduzione consistente del numero dei deputati, che comporterebbe un risparmio significativo, anche se occorre ricordare che, ad esempio, la riduzione di un terzo del numero dei componenti dell'Assemblea non significa, di per sé, diminuzione di un terzo dei costi delle spese obbligatorie attuali, che consistono oggi - come ci hanno riferito i questori - nel 95 per cento della spesa corrente della Camera. Intendo dire che la riduzione di un terzo dei componenti dell'Assemblea porterebbe a una riduzione di 60-70 milioni sui circa 950 attuali, pari all'8-10 per cento. Quindi, dobbiamo sapere che, anche di fronte a una riforma così importante, quale può e deve essere la riduzione del numero dei parlamentari, la possibilità di comprimere la spesa non è esattamente equivalente al numero dei parlamentari che si sottraggono all'attuale consistenza.
In una democrazia, dunque, le spese per il suo funzionamento e il funzionamento delle sue alte istituzioni, come la Presidenza della Repubblica, la Corte costituzionale, il Senato e la Camera, sono incomprimibili oltre un certo limite: su ciò non si transige. Si tratta però, a questo punto, di cogliere quale possa essere tale soglia, in termini di sopportabilità sociale, e di produrre atti legislativi, amministrativi e di controllo, in modo bipartisan, per raggiungerla attraverso misure concrete piuttosto che attraverso proclami, dichiarazioni di intenti generiche, attese messianiche. Si tratta di costruire una condizione concreta, che ci conduca verso quell'obiettivo. Come tutte le riforme e le razionalizzazioni, ha bisogno del tempo, del consenso e soprattutto dell'unità di coloro che devono decidere, nella salvaguardia dei ruoli che la democrazia assegna alle istituzioni e ai loro rappresentanti.
Nella relazione presentata sono contenuti alcuni raffronti con altre istituzioni e con l'andamento della spesa della pubblica amministrazione, nonché comparazioni con le spese sostenute da altri Parlamenti europei per il loro funzionamento.
Vorrei ricordare quanto è stato illustrato, e cercherò di riassumerlo facendoPag. 46il raffronto con la spesa storica di alcune altre istituzioni del nostro Paese dal 2001 ad oggi: appare in tutta chiarezza come la crescita dei costi della Camera sia contenuta, a fronte di aumenti di spesa assai più consistenti da parte di altre istituzioni. Quanto alla crescita della spesa della pubblica amministrazione, quella della Camera appare in linea con essa, anzi si posiziona al di sotto di essa e nel passato, così come nella previsione futura, si posiziona al di sotto dell'aumento del PIL nominale programmato. Basta tutto ciò a renderci soddisfatti? Non credo proprio. Concordo con gli onorevoli questori e con la Presidenza sul fatto che occorra e si debba fare di più nella razionalizzazione e nel contenimento della spesa, perché questo è di esempio all'intera Nazione ed è in sintonia con l'attesa della maggioranza degli italiani, ai quali dovremo chiedere impegni futuri in molti campi della comune convivenza, tra cui quello della previdenza, proprio per rinnovare un patto tra cittadini della Repubblica e tra generazioni che si riconoscono nella Costituzione e nelle istituzioni rappresentative e di Governo di questo Paese.
Quanto al raffronto con altri Parlamenti, appare chiaro che non è sufficiente, e ciò dovrà pur dire qualcosa anche per i critici precostituiti e pregiudizialmente orientati nei nostri confronti. Alcuni dei costi sono poi dati dal bicameralismo, che impone alla nostra Camera un lavoro assai più gravoso di altre Camere basse nel mondo. Il rimedio, come si sa, consiste nel rimuovere anzitutto la norma costituzionale che presiede al nostro bicameralismo perfetto. Nel frattempo però, agendo verso riforme istituzionali attese, è doveroso sostenere le scelte contenute nel progetto di bilancio e negli indirizzi illustrati dal Collegio dei questori, che conducono con certezza e mano ferma alle riduzioni di spesa e ai tagli che già oggi possiamo e dobbiamo operare e non solo annunciare o promuovere. Al bilancio proposto va il pieno sostegno del gruppo dell'Ulivo, che lo voterà perché è un bilancio che condividiamo, e che credo dovrebbero condividere e potrebbero condividere tutti i gruppi dell'Assemblea, dato che la gestione amministrativa di questa istituzione non può e non dovrà mai rispondere a logiche di collocazione di parte.
Ed è anche con questo spirito, e con la consapevolezza che tutti i dipendenti e coloro che operano in questa istituzione lo fanno indipendentemente dalla loro collocazione di parte, che voglio in conclusione ringraziare tutto il personale della Camera, in quanto il loro lavoro e la loro dedizione all'istituzione consentono alla stessa di ben funzionare. In particolare, il ringraziamento va al Segretario generale, ai vicesegretari generali, ai capi servizio, al personale delle commissioni, degli uffici legislativi e del servizio studi, ai resocontisti, agli stenografi, a tutti gli operatori, agli addetti tecnici, e naturalmente il ringraziamento e il sostegno va al Collegio dei questori e alla Presidenza, ai quali affidiamo il buon esito delle nostre deliberazioni di bilancio (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI (ore 13,55)
PRESIDENTE. Hanno chiesto di intervenire al termine del dibattito, a titolo personale, gli onorevoli Del Bue e Mellano. Daremo loro la parola per brevissimi interventi, dato l'oggetto della discussione.
Prego, onorevole Del Bue, ha facoltà di parlare.
MAURO DEL BUE. Signor Presidente, anche se non è intervenuto nessuno del mio gruppo potrò svolgere solo un intervento a titolo personale?
PRESIDENTE. Onorevole Del Bue, la sua iscrizione è sopraggiunta oltre i termini consentiti.
MAURO DEL BUE. Va bene, signor Presidente, mi riservo di svolgere largaPag. 47parte delle mie considerazioni in sede di dichiarazione di voto e illustrerò ora soltanto un aspetto.
Poiché sono rappresentante di uno di quei gruppi che l'onorevole Gregorio Fontana ha proposto di sopprimere, ed essendo anche rappresentante dello stesso gruppo nell'Ufficio di Presidenza, mi sento coinvolto in questa duplice veste di «condannato a morte», e dunque intervengo con particolare interesse nel dibattito su questa specifica questione. Ritengo paradossale la richiesta del gruppo di Forza Italia, e non so se essa è condivisa anche dal mio amico onorevole Barbieri, che pure ha citato il problema, e dal rappresentante della Lega.
In altre parole, si subordina il voto favorevole al bilancio della Camera dei deputati alla retromarcia dell'Ufficio di Presidenza rispetto all'utilizzazione dell'istituto della deroga, previsto dai Regolamenti parlamentari, per la creazione di gruppi autonomi relativi a liste che si sono presentate, con l'attuale legge elettorale, autonomamente, sia pure all'interno di coalizioni, e che utilizzando la soglia prevista dalla legge - che era anche inferiore al 2 per cento per una lista in ognuna delle due coalizioni - hanno ottenuto una regolare rappresentanza parlamentare.
Mi sembra dunque si tratti di un tema che si agita in termini piuttosto propagandistici, perché l'Ufficio di Presidenza - l'anno scorso, non due giorni fa - ha autorizzato la deroga per questi gruppi, in quanto relativi a liste che avevano ottenuto rappresentanze parlamentari, alla luce dell'ultima legge elettorale, e ha un bel dire l'onorevole Barbieri che la questione di Rifondazione Comunista l'altra volta era diversa, perché l'autorizzazione al gruppo di Rifondazione Comunista venne data in quanto quel gruppo aveva superato il 4 per cento previsto nella quota proporzionale dalla vecchia legge ma non aveva ottenuto i venti rappresentanti previsti dal Regolamento della Camera. La stessa situazione si pone oggi: noi siamo rappresentanti, eletti, di gruppi che hanno ottenuto più della soglia minima prevista dalla nuova legge elettorale e hanno ottenuto regolare rappresentanza parlamentare, pur non avendo conseguito i venti deputati in questa Assemblea. Mi pare assolutamente propagandistica questa richiesta, oltretutto perché l'Ufficio di Presidenza ha approvato tale deroga con un voto a maggioranza. Pertanto l'Ufficio di Presidenza si dovrebbe riunire ancora per ridiscutere l'argomento con la presenza dei rappresentanti di sei gruppi che hanno ottenuto la deroga, i quali, a questo punto, dovrebbero votare contro loro stessi e autosopprimersi.
Mi sembra assolutamente risibile questa pretesa, che certamente non può che farci tornare alla mente il ben diverso comportamento che un partito del passato, cui Forza Italia dovrebbe ispirarsi maggiormente, la Democrazia Cristiana del mio amico onorevole Bianco, assunse nei confronti delle piccole rappresentanze politiche all'interno della vecchia Camera dei deputati. Ricordo che vennero autorizzati i gruppi per il Partito repubblicano italiano, quando il Partito repubblicano italiano ottenne soltanto cinque deputati, e per il Partito radicale, quando tale partito conseguì soltanto sette rappresentanti.
I grandi partiti, se vogliono essere democratici, devono essere anzitutto rispettosi dei diritti dei piccoli partiti e delle piccole formazioni politiche, altrimenti si corrono seri rischi di involuzione autoritaria anche in questa nostra democrazia (Applausi dei deputati del gruppo DCA-Democrazia Cristiana per le Autonomie-Partito Socialista-Nuovo PSI).
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onorevole Mellano.
BRUNO MELLANO. Signor Presidente, anzitutto ringrazio la Presidenza per avermi accordato la possibilità di un breve intervento a titolo personale, non perché sia in disaccordo rispetto a quanto affermato con grande sintesi, ma con grande puntualità, dal collega D'Elia, ma perché credo che all'interno degli ordini del giorno che abbiamo proposto vi sia unPag. 48aspetto particolarmente significativo che intendo rimarcare e sottolineare. In uno di essi chiediamo alla Presidenza e ai questori di valutare - suggeriamo l'opportunità di procedere in tal senso - il cambiamento dell'apparato tecnico di voto, per passare ad un sistema d'identificazione per impronta digitale, quindi individuale, assolutamente non soggetto a fenomeni come quello dei «pianisti» o delle votazioni per colleghi assenti. Si tratta di un problema di moralità e di moralizzazione della politica, e si tratta di un elemento che ormai la tecnologia avanzata ci permette di acquisire con un costo davvero irrilevante. Nei giorni scorsi i grandi quotidiani nazionali proponevano la pubblicità di un personal computer che funziona solo con il riconoscimento digitale del proprietario.
Chiediamo, come Radicali italiani, un'anagrafe degli eletti, e quindi la possibilità di un'informazione capillare e di una comunicazione rispetto all'espressione del voto in aula. Ma la premessa di questa pubblicità è la corrispondenza certa del voto al singolo deputato. Sottolineo questo perché credo che sia un dato davvero rilevante rispetto alla moralizzazione della politica e anche al risparmio. Infatti, sicuramente risparmieremmo i gettoni di presenza che alcuni colleghi, anche in questa fase della legislatura, hanno acquisito pur non essendo presenti in aula.
Sappiamo che è un fenomeno difficile da denunciare e di cui è difficile parlare. Su questa specifica proposta è depositata alla Camera una richiesta formale dei miei colleghi D'Elia e Turco, che potremmo valutare: si tratta di una piccola spesa per un apparato ormai davvero semplice, che può essere banalmente acquisito al nostro lavoro d'aula. Sottolineo la facilità di un intervento che ci può collocare in una posizione di trasparenza e di chiarezza dei rapporti con il cittadino e con il colleghi.
IGNAZIO LA RUSSA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Sull'ordine dei lavori?
IGNAZIO LA RUSSA. No, signor Presidente, voglio parlare sul progetto di bilancio.
PRESIDENTE. Onorevole, i termini per l'iscrizione a parlare sono esauriti.
IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, mi ero iscritto a parlare precedentemente. Ci deve essere un equivoco.
PRESIDENTE. Prego, onorevole La Russa, ha facoltà di parlare.
IGNAZIO LA RUSSA. C'è stato forse qualcun altro del mio gruppo che ha parlato prima di me?
PRESIDENTE. No, però non era pervenuta la sua iscrizione a parlare.
IGNAZIO LA RUSSA. Può forse pensare che non volessimo intervenire in questo dibattito? Ovviamente eravamo iscritti. D'altronde il mio intervento sarà brevissimo, non le farò perdere molto tempo.
In tempi di antipolitica e di attento esame, abbiamo guardato con particolare interesse agli interventi che si sono succeduti in quest'aula, e abbiamo visto anche un fiorire di proposte abbastanza innovative, sui generis. Ad esempio, il collega Fassino ha chiesto alla Camera di congelare tutti gli aumenti, e abbiamo visto che alcuni spiriti innovativi si sono accorti che in questa Camera c'è la possibilità di ridurre sensibilmente le spese.
Non vogliamo unirci a un coro così tardo-qualunquista, ma vogliamo ripetere quello che abbiamo sostenuto da molto tempo: un'attenta disamina di tutta la situazione può portare tranquillamente a una forte riduzione di costi in questo contesto, in questo ambiente, in questo bilancio. Non vogliamo approfittare dell'occasione per fare i primi della classe ma ci aspettiamo, nell'ambito dell'autonomia e della discrezionalità che vi è nel corso della gestione, segnali importantiPag. 49da parte di chi ha il compito di sovrintendere alle spese di questo ramo del Parlamento.
Ci uniamo però alla protesta che Forza Italia ha voluto sollevare, relativa ai gruppi che sono stati formati con il voto, pur legittimo, ma determinante, del Presidente della Camera, onorevole Bertinotti. Tali gruppi non avevano, secondo il Regolamento, l'automatica possibilità di essere presenti in questo ramo del Parlamento. Vi sono ben cinque gruppi parlamentari in più. Questi cinque gruppi in più provocano un intralcio - infatti di questo si tratta - ai tempi delle decisioni: voi capite che quando si fa un giro di tutti i gruppi c'è anche il dovere, a quel punto giustamente e correttamente, di far intervenire anche i rappresentanti dei gruppi che non avevano i numeri per essere tali.
Vi è inoltre un problema serio di costi, che poniamo all'attenzione di chi troppo facilmente parla di volontà di semplificazione della politica. È cosa strana che chi fa, ad esempio, l'unificazione tra due partiti, con tanta grancassa, dicendo di essere a favore della semplificazione, contemporaneamente pretende, vuole e ottiene, con il voto determinante del Presidente della Camera, l'opposto della semplificazione: cinque gruppi in più, con tutti i costi che questo determina, con la formazione di un ufficio di segreteria, con altri cinque componenti in più dell'Ufficio di Presidenza, con relativi uffici, con relative segreterie, con relative stanze, con relativi costi.
Prima di decidere come voteremo sul documento di bilancio, vorrei che si assumesse l'impegno esplicito in Assemblea, in sede di dichiarazione di voto, a far sì che questa stagione dell'aumento dei gruppi venga dimenticata e che vi sia un'inversione di tendenza - ci dicano in quale forma - a partire da oggi. Sarà questo il momento di discrimine tra un giudizio, comunque, non negativo e un giudizio di natura diversa.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione congiunta. Il seguito del dibattito, a cominciare dalla repliche dei deputati questori, avrà luogo nella seduta di domani.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle 15 con il seguito della discussione della relazione della VIII Commissione (Ambiente, territorio e lavori pubblici) sulle tematiche relative ai cambiamenti climatici.
La seduta, sospesa alle 14,05, è ripresa alle 15.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI CASTAGNETTI
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Boniver, Colucci, De Brasi, De Castro, Del Mese, Galante, La Malfa, Leoni, Lusetti, Leoluca Orlando e Ranieri sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantanove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Seguito della discussione della relazione della VIII Commissione (Ambiente, territorio e lavori pubblici) sulle tematiche relative ai cambiamenti climatici (Doc. XVI, n. 1) (ore 15,02).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della relazione della VIII Commissione (Ambiente, territorio e lavori pubblici) sulle tematiche relative ai cambiamenti climatici.
Ricordo che nella seduta di lunedì 17 settembre 2007 si è conclusa la discussione e che sono state presentate le risoluzioni Realacci ed altri n. 6-00021, Barani ed altri n. 6-00022, Leone ed altri n. 6-00023 e Volontè ed altri n. 6-00024
(Vedi l'allegato A - Risoluzioni sezione 1).
Ricordo altresì che è intervenuto il rappresentante del Governo, esprimendo parere favorevole sulla risoluzione Realacci ed altri n. 6-00021 e parere contrario sulle restanti risoluzioni.
(Dichiarazioni di voto - Doc. XVI, n.1)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mellano. Ne ha facoltà.
BRUNO MELLANO. Signor Presidente, la risoluzione Realacci ed altri n. 6-00021 che, per il gruppo della Rosa nel Pugno, è stata sottoscritta dal collega Lello Di Gioia, è, nella sua sintetica precisione, il resoconto del dibattito svolto in Assemblea e la presa d'atto della relazione che la VIII Commissione (Ambiente, territorio e lavori pubblici) ha prodotto con un lavoro ed una perizia che già, ieri, nel dibattito generale, ho avuto occasione di sottolineare e valorizzare.
Nell'intervento di ieri, durante la discussione, ho focalizzato la mia attenzione in particolare sui paragrafi riguardanti l'acqua e il risparmio idrico, il suolo e la difesa del suolo come nuova frontiera di iniziativa politica e di terreno - è davvero il caso di dirlo - su cui confrontarsi e misurare le politiche attive, puntuali e precise, di iniziativa di questo nostro Governo e della politica italiana. Ho, inoltre, focalizzato ulteriormente la mia attenzione sul settore dell'agricoltura come elemento decisivo per la costruzione di un nuovo rapporto che porti l'agricoltura ad essere davvero elemento amico del clima, del territorio e del paesaggio, superando, così, un'impostazione che vede, ancora adesso, l'agricoltura italiana puntare sulle coltivazioni intensive e, quindi, a grande consumo idrico e di territorio. Queste ultime rappresentano, obiettivamente, per molti aspetti, un problema nella gestione del territorio e delle risorse sempre più scarse, dovute anche al cambiamento climatico, per esempio, dell'acqua.
Si calcola - ciò è stato affermato anche nella Conferenza nazionale organizzata dal Ministero dell'ambiente - che l'acqua è una risorsa decisiva, un elemento focale su cui misurare anche la nostra capacità di intervento politico, nel costruire politiche alternative di gestione del territorio.
Oggi, in sede di dichiarazione di voto favorevole dei Radicali e dei Socialisti della Rosa nel Pugno, vorrei focalizzare l'attenzione sull'altro aspetto decisivo che impegna questa relazione: quello dell'energia. Si tratta di un elemento veramente imprescindibile rispetto all'attività di un grande Paese industrializzato qual è il nostro.
Il risparmio energetico viene, giustamente, individuato nella relazione come la nuova vera fonte energetica su cui misurare la nostra capacità innovativa e di essere all'altezza dei tempi e delle sfide che questa fase della storia, del clima e dell'evoluzione dell'uomo pone alle società avanzate. Il risparmio energetico viene, pertanto, individuato come la vera nuova fonte di energia per il futuro. Non si tratta di un ritorno al passato e ad una società idilliaca o agreste; le nostre società industrializzate ed avanzate si misureranno sulla capacità innovativa di costruzione tecnologica, di ricerca scientifica e di capacità di produrre e consumare, con efficienza, l'energia.
A tale aspetto la relazione in discussione riserva un'attenzione particolare. Inoltre, vi è un apprezzamento anche per le parole affermate ieri sera dal Ministro Pecoraro Scanio in sede di replica, dopo la discussione, rispetto alla politica, a mio giudizio sciagurata, attuata negli anni passati rispetto ai CIP 6 e alle politiche energetiche innovative rinnovabili, che hanno fatto sì che l'Italia le abbia finanziate e continui ancora a farlo. Tuttavia, sappiamo che a breve riusciremo ad invertire la tendenza, finanziando,Pag. 51quindi, mediante contributi specifici, non le energie rinnovabili, bensì quelle assimilate.
Dobbiamo focalizzare la nostra attenzione su tale aspetto, consapevoli che non sempre, non solo e non in tutti i casi le energie rinnovabili possono essere prese a garanzia di un buon impatto ambientale. Da parte di alcuni colleghi - mi riferisco in particolare all'onorevole Maurizio Turco, ma anche al gruppo dei radicali La Rosa nel Pugno, è stata posta un'attenzione critica, per esempio, sui grandi impianti eolici.
Quindi, in merito all'eolico industriale - che nella relazione in discussione viene indicato come un settore in grande espansione - vorremmo lanciare un allarme e richiamare l'attenzione sull'impatto pesante che quest'ultimo potrà avere sul territorio.
Non tutti i territori e i paesaggi italiani sono in grado di accogliere, subire e tollerare un impatto pesante rispetto all'eolico industriale. Per tale motivo, vorremmo sottolineare l'importanza di una politica di microgenerazione - come ha affermato anche il Ministro Pecoraro Scanio - diffusa sul territorio, sia per il solare, sia per l'eolico. Quindi, bisogna costruire e puntare su un vero nuovo Piano energetico nazionale che sappia compiere una sintesi e tenere insieme le indicazioni e le attività provenienti dalle regioni, evitando che vi sia un proliferare di venti piani energetici regionali, spesso in contraddizione tra loro, spesso spinti da lobby locali, che, in sede locale, possono avere un maggiore impatto e una maggiore forza di intervento rispetto alle dimensioni politiche regionali.
Pertanto, occorre un Piano energetico nazionale che sappia indicare le linee su cui è necessario mobilitarsi. Il Ministro Emma Bonino ieri ha apprezzato - io stesso vorrei farlo, riportandole in questa sede - le aperture che, dal punto di vista teorico-scientifico, vi sono state da parte del Ministro Pecoraro Scanio rispetto alla necessità di ricerca e di studio innovativo anche nei settori maggiormente delicati e all'ordine del giorno in questa fase in Italia, rispetto al nucleare. Tuttavia, vorrei far presente - credo sia la posizione storica dei radicali - che il nucleare non si discute se non si cambia. Il nucleare attuale è assolutamente vecchio e superato. Abbiamo avuto la possibilità, grazie ad un'iniziativa referendaria dei radicali, verdi e ambientalisti, di non avere sulle spalle il peso, il fardello di un nucleare vecchio e inquinante, di cui ancor oggi non si sa dove collocare le scorie radioattive.
Senza dubbio, laicamente, non bisogna chiudere le possibili porte dello sviluppo scientifico e di ricerca. Tuttavia, per quanto mi riguarda, ci troviamo in questa fase. Rispetto al nucleare, sinora nessun paese ha trovato la risposta. Inoltre, vediamo come la Germania e la Francia stiano ridiscutendo le proprie posizioni e valutando con assoluta serietà le prospettive anche in tal campo. L'Italia può svolgere tali ragionamenti per capire dove è indirizzata la ricerca scientifica, ripeto, senza avere sulle spalle il «groppone» delle scorie radioattive che non si sa ancora dove sistemare.
L'energia è un elemento cardine per valutare le politiche che costruiremo sulla spinta, su suggerimento ed e sull'emergenza dei cambiamenti climatici e delle avvertenze che si stanno manifestando. Noi stessi, come legislatori e ciascuno di noi, in qualità di cittadini, dobbiamo modificare le nostre abitudini e riuscire ad apprezzare l'opportunità di essere maggiormente efficienti nella nostra gestione familiare e domestica.
Lo deve fare anche il nostro Paese: soprattutto nel settore pubblico può compiere molti passi in avanti sul versante del risparmio energetico, dell'utilizzo del teleriscaldamento e della grande fonte solare rispetto alla quale paradossalmente l'Italia si trova in una condizione molto arretrata se viene posta a confronto con altri Paesi che non sono dotati come noi della ricchezza «sole» (di cui godiamo in modo addirittura paradigmatico in quanto «Paese del sole»).
Pertanto, preannunzio l'espressione del voto favorevole su una risoluzione chePag. 52prende spunto da una relazione che è originata da un'attività importante della Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici, nonché dai suggerimenti giunti alla medesima dalle altre Commissioni parlamentari; sono stati proposti elementi di ragionamento e di valutazione, ma - ripeto in modo concreto, laico e pragmatico - questa risoluzione e questa relazione devono essere alla base della politica del nostro Governo; deve trattarsi di una politica alternativa alla gestione o alla non gestione riscontrata in questi anni di tutti i problemi connessi al clima, al territorio, al suolo, all'acqua e all'aria del nostro Paese.
PRESIDENTE. Onorevole Mellano, concluda.
BRUNO MELLANO. Concludo, Presidente, preannunziando il voto convintamente favorevole del nostro gruppo su una risoluzione che, nella sua sintesi, richiama la completezza della relazione, sapendo, però, che, in questo momento, il Governo e il Parlamento devono definire i passi puntuali per il risparmio idrico, per il risparmio energetico, per il risparmio del suolo e di quelle fonti non rinnovabili che si consumano con l'attività umana. Su tale aspetto possiamo incidere, mentre non possiamo farlo sui cambiamenti millenaristici e, quindi, lasciamo ad altri tale responsabilità (Applausi dei deputati del gruppo La Rosa nel Pugno).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Morrone. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE MORRONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei dire, in primo luogo, che il gruppo dei Popolari-UDEUR condivide pienamente la relazione svolta dalla VIII Commissione (Ambiente, territorio e lavori pubblici) in materia di cambiamenti climatici e, quindi, preannunzio il nostro voto favorevole.
Oggi il problema dei cambiamenti climatici si pone soprattutto in termini di problema dell'energia e credo che occorra affrontarlo con uno spirito un po' critico rispetto alle risoluzioni del passato. Non siamo fautori sic et simpliciter del nucleare, perché riteniamo che vi siano dei rischi connessi, ma ci rendiamo anche conto che non possiamo far fronte al problema, in relazione al nostro sistema elettrico, che è un sistema moderno, esclusivamente con le fonti rinnovabili, le centrali eoliche, le centrali termiche solari, le centrali idroelettriche, anche perché l'acqua diventa un bene sempre più prezioso soprattutto per l'agricoltura. Dobbiamo pensare al futuro grazie alla ricerca e alle agrobiotecnologie che rappresentano sicuramente il domani dell'agricoltura, perché consentono produzioni più abbondanti, costi più bassi e, soprattutto, risparmi notevoli per quanto riguarda il prezioso bene acqua.
Dobbiamo, pertanto, pensare che il clima sta cambiando, ma che il nucleare moderno - certamente il nucleare di terza generazione, non quello che inquina - ci offre alcune possibilità se esiste una ricerca molto avanzata. Penso che il sistema nucleare attuale debba farci riflettere: abbiamo avuto il caso di Chernobyl che ha causato i maggiori danni non tanto all'Ucraina, ma alla Bielorussia e alla parte della Russia meridionale, perché il vento ha trasportato le radiazioni.
Pensiamo anche che le centrali nucleari francesi sono vicine e quindi paghiamo il 50 per cento in più dell'energia e il rischio per l'Italia è comunque molto alto. Ciò non significa, però, che dobbiamo sposare l'attuale sistema nucleare (penso al sistema della fissione) e ci auguriamo che la fusione di Rubbia prosegua e abbia successo (esistono al riguardo ricerche internazionali); ma anche con la fissione comunque possiamo parlare di centrali molto più moderne, ad uranio impoverito, con acceleratori di energia che possono offrirci una certa sicurezza soprattutto con riferimento alle scorie. Esse, infatti, costituiscono il vero problema: oggi ne abbiamo oltre 300 tonnellate al Caorso, tra le quali vi è ilPag. 53titanio che è altamente radioattivo e ci vogliono ben 2.500 anni perché esso perda la sua radioattività.
A fronte di questo problema, dobbiamo investire nella ricerca e non pensiamo che il nostro impianto elettrico possa funzionare con l'eolico; a fronte dei 55.000 megawatt allo spunto non esiste impianto elettrico ed idrico che possa reggere.
Bisogna pensare ad impianti stabili: il carbone, il gas o il petrolio. Nemmeno queste riserve sono eterne! Anche in questo caso, bisogna capire se la scelta per il carbone alla fine sia vincente, perché anche questa riserva energetica andrà ad esaurirsi, atteso che tutti i Paesi del terzo mondo, Cina inclusa, stanno sfruttando questa risorsa.
Dobbiamo pensare anche che questa risorsa inquina, perché l'anidride carbonica prodotta dalle centrali a carbone è notevole, per cui si sta pensando di imprigionarla, ma questo processo ancora non è perfezionato. Il problema energetico, quindi, è molto serio e dobbiamo investire nella ricerca. Così anche per il parco macchine, perché un'altra grande fonte di inquinamento è la circolazione. Anche in questo caso, in Italia in questi anni si è preferita una politica delle autostrade anziché una politica del trasporto pubblico che potenzi le vie del mare e le ferrovie.
Che possiamo fare? Nel brevissimo periodo vi sono incentivi fiscali per cambiare il parco macchine: il nostro è, infatti, quello più vetusto d'Europa; ha una media di dieci anni di vita ed è quello a più alta intensità per abitante. Dobbiamo ricorrere a rimedi immediati per limitare l'anidride carbonica. Potremmo pensare alle filovie, ai filobus, ad una serie di provvedimenti che le città devono adottare in questo momento, perché il problema esiste!
Condividiamo in pieno la relazione svolta dal collega Realacci e dalla Commissione ambiente, ma pensiamo che bisogna osare un po' di più: occorre pensare alla ricerca, al nucleare di terza generazione e alle biotecnologie con più convinzione. Preannunzio, comunque, il voto favorevole del mio gruppo (Applausi dei deputati del gruppo Popolari-Udeur).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Migliore. Ne ha facoltà.
GENNARO MIGLIORE. Signor Presidente, vorrei, in primo luogo, cogliere questa occasione per ringraziare la Presidenza della Camera che ha voluto affidare alla VIII Commissione il compito di questa impegnativa relazione, che sicuramente rende onore alla migliore tradizione del Parlamento e della Camera; attraverso il contributo, arricchito dall'esperienza del presidente, della Commissione e di tutti i componenti della Commissione, si sono realmente conseguiti alcuni risultati che, in termini di conoscenza e di approfondimento scientifico, coinvolgendo molti attori all'interno della stessa discussione, possono comportare per il Parlamento e per il Paese un avanzamento che invece non registriamo nella spesso banale e approssimativa discussione che si è determinata sui mutamenti climatici e sull'impatto straordinariamente drammatico che questi hanno sulla nostra vita.
Credo che si debba avere la consapevolezza di un dibattito politico che langue per ritardi, timidezze e veri e propri blocchi culturali. Mi farebbe piacere iniziare il mio intervento citando testualmente un passaggio del mio collega e compagno Paolo Cacciari, che nell'intervento di ieri ha affermato - cito testualmente - che «il successo biologico della specie umana è andato a discapito di altre specie e ora anche degli equilibri climatici. L'homo sapiens ha dimenticato che in ultima istanza è pur sempre la natura la fonte di ogni valore d'uso e che la produzione industriale e l'economia tutta sono sottosistemi dell'economia terrestre». Al di là della distrazione presente in questo momento in aula...
LUCA VOLONTÈ. Stiamo ascoltando, signor Presidente.
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GENNARO MIGLIORE. ... e sarebbe il meno perché la distrazione più grave è quella che si manifesta nel Paese rispetto a temi di questo tipo, potremmo essere all'altezza - è importante - di queste sfide, di questi problemi, se fossimo consapevoli della nostra stessa natura.
Ed è per questo motivo che l'ordine dei problemi in campo non può essere affrontato semplicemente con l'egoismo di chi ritiene che questa nostra Terra è quella che abbiamo ricevuto in eredità dai nostri genitori, ma deve essere affrontato con la lungimiranza e la responsabilità di chi pensa, come io faccio, che questa Terra l'abbiamo in prestito dai nostri figli, e che a loro dovremo dare, qualitativamente e quantitativamente, delle risposte che non possono scaricare sulle future generazioni ciò che oggi invece sistematicamente viene prodotto in termini di degrado e pericolosità delle variazioni dell'ecosistema. Va per questo elogiato l'approccio non solamente scientifico ma anche economico-sociale, oltre che ambientale, ovviamente, che è stato adottato nella Conferenza per il clima che recentemente il Governo ha organizzato. Al Ministro Pecoraro Scanio, che ringrazio per questa iniziativa, vorrei però dire che l'intervento del Governo non ci sembra altrettanto coerente nella sua interezza e che abbiamo bisogno di far corrispondere e seguire alle parole i fatti sia per quanto riguarda le iniziative del suo Dicastero, sia per quanto riguarda l'autorevole relazione che oggi ci apprestiamo ad approvare.
In questo momento il nostro Paese ha un ruolo marginale, rispetto ad altri che costituiscono il cuore della discussione sui cambiamenti climatici in Europa. Coalizioni certamente non più avanzate della nostra, in Francia, in Germania, in Gran Bretagna, determinano passi molto più significativi nell'applicazione del famoso «20 20 20», in relazione sia alla riduzione dei consumi sia all'utilizzazione di nuove fonti di energia rinnovabili. E se la Germania, con una grande coalizione, ha deciso in maniera bipartisan di elevare al 40 per cento, e non al 20, questi parametri, penso che dovremmo sentirci anche un po' ridicoli a pensare che il nostro Paese, il Paese del sole, possa acquistare magari l'energia solare dalla Germania, per i tanti ritardi che si sono determinati nel corso di questi anni. In tal modo, si dimostrerebbe anche un'incapacità di mettere a valore la nostra esperienza nel rifiutare la tecnologia nucleare, che riguarda il dibattito recente, anche di alcuni settori della maggioranza, e su cui tra breve mi soffermerò.
Intendo rivolgere un appello ai colleghi della destra: per quale motivo, dopo aver votato all'unanimità in Commissione, state cercando di predisporre un atteggiamento «negazionista», disconoscendo risultati scientifici dell'International panel on climate change, che è la sede intergovernativa, oppure delle agenzie dell'ONU, dell'UNEP, o della stessa Unione Europea? Pensate davvero di essere in grado di motivare scientificamente ciò che tutte le agenzie internazionali e la comunità scientifica da molti anni sostengono in maniera così semplice, e cioè che l'ecosistema è stato alterato fortemente dalla presenza dell'uomo e che oggi, in particolare, due aree del pianeta, l'Africa e il Mediterraneo, sono le più esposte sul terreno delle variazioni clamorose che si produrranno dal punto di vista climatico? Noi, che avevamo apprezzato sinceramente l'intento unitario prodottosi in Commissione, non capiamo, e penso che tale atteggiamento forse sia dovuto a un generico e miope codismo nei confronti di alcuni settori dell'impresa, rispetto ai quali volete probabilmente mantenere dei rapporti e degli interessi comuni. Non voglio andare oltre, anche perché le aziende e le imprese italiane non dimostrano alcuna attenzione relativamente ai vantaggi competitivi che può determinare l'utilizzo di energia a basso contenuto di emissioni di anidride carbonica, oppure a che cosa significa realmente risparmio energetico (oltre, con tutto il rispetto, a cambiare le lampadine), all'efficientamento dei sistemi, ai processi che determinano un'innovazione tecnologica e che investonoPag. 55anche le migliori qualità che potrebbe esprimere il nostro sistema universitario, che su questo terreno non si è adeguatamente misurato in termini di spin-off e di applicazione dei brevetti.
È possibile essere ancora vincolati al ciclo auto-autostrade, invece di pensare alla mobilità sostenibile? È possibile non pensare invece a quali formidabili risorse si possono realizzare con l'utilizzo di tecnologie a basso impatto ambientale? Andate a chiederlo noi lo faremo sicuramente a coloro i quali in Val di Susa - oltre a dire no alla perforazione di una montagna per avere un'alta velocità che, in quei termini, non serve - chiedono anche un sistema più integrato dal punto di vista dell'efficienza della mobilità. Andate a chiederlo a coloro i quali pensano che, nel corso di questi anni, non abbiamo ottenuto sufficienti risultati in termini di integrazione dei sistemi di mobilità e di capacità di produzione energetica.
Questo è il motivo per il quale giudico ridicola la discussione sull'impiego di tecnologie nucleari: voglio dirlo sinceramente, anche in base ad una qualche esperienza che mi proviene da tanti anni di studio in questo settore. Non credo che si possa parlare seriamente di nucleare di terza, quarta o quinta generazione, se in quest'aula - che non è un'aula universitaria - non sappiamo che il processo di produzione di energia a mezzo di fissione, scoperto negli anni Venti e - ahimè! - tragicamente sperimentato anzitutto come tecnologia militare attraverso la bomba atomica (non è un caso che le centrali nucleari si trovino nei paesi dotati di arsenali atomici), da quell'epoca è ancora lo stesso, e che non vi sono forme di utilizzazione di altre risorse che non producono scorie. Peraltro, a proposito dell'acqua, di cui si è parlato, occorre tener presente che, come affermava ieri il Ministro Pecoraro Scanio, il 55 per cento dell'acqua in Francia è utilizzata per l'energia nucleare. Inoltre, il fatto che non si producano più nuove centrali non vi fa pensare che ciò è probabilmente dovuto ai problemi delle scorie, dell'ammortamento dei costi, del rischio insito nel processo di fissione (non certamente di fusione: chi parla di fusione nucleare dice una cosa che, in questo momento, dal punto di vista della produzione energetica, non sta né in cielo né in terra)?
PRESIDENTE. La invito a concludere.
GENNARO MIGLIORE. Concludo, signor Presidente. Credo che dovremmo avere maggiore responsabilità: approvare questa relazione significa anche guardare a quali sono i processi di sviluppo economico nel nostro Paese. Se infatti non saremo all'avanguardia e non saremo capaci di utilizzare le energie rinnovabili e di parlare finalmente di un nuovo modello di sviluppo, sicuramente non solo saremo arretrati, ma probabilmente non saremo neanche in grado di sostenere i nostri stessi fabbisogni.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pedica. Ne ha facoltà.
STEFANO PEDICA. Signor Presidente, il lavoro svolto dalla Commissione ambiente rappresenta senz'altro un importante momento di verifica parlamentare, a dieci anni dalla firma del Protocollo di Kyoto. Emerge innanzitutto la presa di coscienza da parte dei governi del fatto che il fenomeno dei cambiamenti climatici esiste, e che esso deve essere affrontato come uno dei punti cardine dell'azione politica.
A voler utilizzare una frase tanto sentita in quest'ultimo periodo, è necessario passare ad una politica del fare. L'Italia è in forte ritardo rispetto agli obiettivi del Protocollo di Kyoto; occorre perciò realizzare un serio sforzo per il rispetto degli impegni assunti, anche alla luce dei nuovi orientamenti adottati dall'Unione Europea. Si tratta di una vera e propria sfida politica, rilevante per l'intero continente. Al pari della Germania e del Regno Unito, che sull'argomento hanno promosso riforme recenti, il ruolo dell'Italia non può essere da meno.Pag. 56
Sono apprezzabili le strategie di intervento indicate nel testo al nostro esame, riconducibili sostanzialmente a politiche di mitigazione e a politiche di adattamento. Il documento, inoltre, non sottovaluta quanto possa essere importante la ricerca scientifica, da cui potrebbe arrivare qualche innovazione in grado di attenuare la gravità del fenomeno. Nuove tecnologie, quindi: ma anche più ricerca, più cultura e più educazione per il nostro futuro.
Pochi giorni fa si è conclusa, presso il palazzo della FAO a Roma, la prima Conferenza nazionale sui cambiamenti climatici, con un manifesto di buone intenzioni e con la promessa, da parte del premier, che la legge finanziaria per il 2008 conterrà misure specifiche per l'attuazione ed il completamento del Piano per l'efficienza energetica, già individuato dalla Commissione europea.
Un manifesto per il new deal è la sintesi di questa convention climatica che si racchiude in una serie di interventi legati alla tutela dell'ambiente: tredici buone azioni da mettere in campo per sferrare un colpo all'emergenza del clima, tredici punti chiave rivolti al Governo, affinché si avvii un programma di tutela dell'ambiente e di prevenzione dei disastri causati dai cambiamenti climatici.
La relazione alla nostra attenzione non poteva risultare più tempestiva. Il tema ambientale è diventato un tema cruciale, ed auspico che siano realmente adottate misure stringenti per affrontare tempestivamente l'emergenza climatica, considerato che gli scenari per il nostro pianeta, anche per chi è meno pessimista, sono a dir poco inquietanti.
Nell'esprimere apprezzamento per l'impegno ed il lavoro svolto dalla Commissione su tale delicatissimo tema, preannunzio il voto favorevole del gruppo Italia dei Valori.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lomaglio. Ne ha facoltà.
ANGELO MARIA ROSARIO LOMAGLIO. Signor Presidente, il dibattito che si è svolto in quest'aula per affrontare le tematiche relative ai cambiamenti climatici sulla base della relazione della VIII Commissione dimostra l'attualità e la giustezza della scelta compiuta dalla Commissione stessa su mandato del Presidente della Camera e della Conferenza dei presidenti di gruppo.
Nell'impostazione della Commissione, che come Sinistra Democratica Per il Socialismo europeo abbiamo condiviso e contribuito ad elaborare, non vi è soltanto la condivisione delle opinioni delle agenzie dell'ONU e di larga parte della comunità scientifica internazionale, ormai ampiamente confermate, sull'evidenza dei cambiamenti climatici e sulle sue cause. Vi è, soprattutto, la consapevolezza della necessità che la comunità internazionale - ed il nostro Paese in particolare - si doti di politiche adeguate a colmare gli allarmanti ritardi che, sinora, sono stati accumulati relativamente all'esigenza di rispettare gli obiettivi derivanti dal Protocollo di Kyoto.
Per quel che riguarda la «medicazione» del cambiamento climatico, il Protocollo di Kyoto rappresenta il primo strumento negoziale della riduzione concordata, a livello internazionale, delle emissioni di gas a effetto serra. Il Protocollo assegna all'Italia un obiettivo di riduzione delle emissioni di gas serra, da realizzarsi entro il 2012, del 6,5 per cento rispetto ai livelli del 1990. In realtà, nel nostro Paese le emissioni invece di diminuire sono aumentate del 13 per cento, con una lieve inversione di rotta nell'ultimo anno, portando a circa il 20 per cento la riduzione da realizzarsi da oggi al 2012. Gli aumenti più consistenti di emissioni hanno riguardato i trasporti (più 27,5 per cento) e la produzione dell'energia termoelettrica (più 17 per cento).
Alla luce di questi dati appare evidente che per conseguire gli obiettivi di Kyoto occorra mettere in campo politiche che consentano una riduzione del consumo di combustibili fossili dal 15 al 20 per cento, con una conseguente significativa riduzione della fattura energetica per il nostro Paese di circa 5-7 miliardiPag. 57di euro l'anno. Se, al contrario, dovesse perdurare l'attuale situazione, il mancato raggiungimento dell'obiettivo di riduzione di gas serra comporterebbe per l'Italia un esborso calcolato in circa 1,5 miliardi di euro l'anno, tra acquisti di diritti di emissione e progetti di cooperazione per realizzare tale riduzione all'estero.
Credo che abbia fatto bene il presidente Realacci a sottolineare nel suo intervento che gli obiettivi ambiziosi, che l'Unione Europea si è posta relativamente alla riduzione del 20 per cento delle emissioni di gas serra entro il 2020 e gli ancora più coraggiosi traguardi fissati dalla Germania e dalla Gran Bretagna, evidenzino che su tale questione si prefigura, ormai, un terreno primario di competizione economica.
Si è opportunamente compreso che la sfida che riguarda non solo la produzione dell'energia, ma sopratutto il risparmio energetico, l'innovazione di processo e di prodotto e la valorizzazione del patrimonio di conoscenza di quella che è stata definita la maggiore fonte di energia rinnovabile e non inquinante che è l'intelligenza umana, rappresenti per l'Europa un'occasione politica ed economica, una grande opportunità per assumere un ruolo assai rilevante nel mondo, anche in riferimento alla quantità e alla qualità dei processi di sviluppo delle grandi potenze economiche emergenti, Cina ed India innanzitutto, al rapporto fra il nord e il sud del mondo e alle conseguenze che i fenomeni di desertificazione produrranno, innestando ulteriori e ampi flussi migratori e il rischio di nuovi conflitti e di nuove guerre per il controllo e la gestione delle risorse idriche in alcune aree strategiche del pianeta.
La comunità internazionale non può non affrontare una doppia sfida: la necessità di reperire ed assicurare le risorse energetiche necessarie a sostenere lo sviluppo economico dei paesi con più alto tenore di vita e, con ancora maggiore convinzione, quello dei paesi in difetto di sviluppo; il dovere, che non può più conoscere infingimenti e sottovalutazioni, di mitigare i processi di cambiamento climatico, che sono in atto, garantendo la protezione dell'ambiente in cui viviamo.
L'Unione Europea, con la decisione del 9 marzo 2007, ha scelto il campo di quanti sanno che i popoli e i governi hanno il dovere di trovare un equilibrio tra queste esigenze, mettendo in atto tutte le politiche e le azioni necessarie per cambiare il modo di produrre e gli stili di vita, a cui ci siamo abituati, avviando la transizione verso un sistema energetico e uno sviluppo più sostenibile. Non abbiamo molto tempo per farlo. Per tale ragione mi stupisce, non poco, anche nel dibattito di questi giorni, che vi sia chi nel centrodestra continua a negare la gravità della situazione, contestando addirittura la relazione dell'VIII Commissione, in quanto risentirebbe troppo delle tesi sostenute dall'IPCC dell'ONU. In particolare, ho sentito in quest'aula la dichiarazione dell'onorevole Tortoli, che contesta la tesi dell'IPCC, cioè che il clima della terra stia attraversando un periodo di riscaldamento e che esso sia dovuto ai gas serra originati dall'attività antropica. A queste osservazioni non si può che rispondere con il resoconto metodico, puntuale e persino noioso degli effetti che nel nostro Paese il riscaldamento del pianeta sta già producendo sui ghiacciai, riscontrabile nella minore quantità della neve sulle Alpi, negli effetti drammatici sul bacino del Po, nell'aumento della temperatura del mare.
La Conferenza nazionale sul clima ha delineato uno scenario, che ritiene scientificamente probabile che l'innalzamento delle temperature, in questi anni assestatosi sui quattro gradi sopra la media, porti alla sommersione di 4.500 chilometri quadrati di pianura costiera e conduca alla desertificazione di più di metà del territorio nazionale, in particolare nel sud d'Italia. Per questo appaiono assolutamente strumentali le astiose critiche, alcune davvero al di sopra delle righe, che ha dovuto sopportare il Ministro Pecoraro Scanio, per la Conferenza che ha inteso organizzare e che ha rappresentato, per il nostro Paese, un momentoPag. 58importante di consapevolezza e un confronto utile tra la comunità scientifica, quella politica e l'opinione pubblica del nostro Paese. Inoltre, il Ministro Pecoraro Scanio ha inserito, a mio avviso opportunamente, elementi di chiarezza anche in riferimento ad alcuni temi come quello dell'utilizzo dei contributi a favore del CIP 6, che sono oggettivamente uno scandalo, perché invece di essere rivolti alle risorse e alle energie rinnovabili sono stati destinati, come giustamente ha affermato, a favore delle grandi compagnie petrolifere per bruciare, con il CIP 6, i residui delle raffinerie e ciò rappresenta veramente un insulto all'intelligenza delle persone.
Credo che la discussione in atto, a partire dall'approvazione - che noi auspichiamo - della relazione della Commissione ambiente sia utile, a condizione che non si facciano passi indietro. Avvertiamo anche all'interno del centrosinistra, in contrasto con ciò che è stato concordato nel programma elettorale dell'Unione, troppi dubbi e troppi ritorni all'idea del nucleare. Il nucleare non è stato sconfitto, nelle forme che conosciamo, dal referendum del 1987 soltanto, ma anche dai problemi (tuttora irrisolti) che riguardano i costi, le scorie e la sicurezza. Per queste ragioni - senza alcuna scelta ideologica - riteniamo sia possibile lavorare su programmi internazionali di ricerca che riguardino anche il nucleare, mentre altro è riproporre sic et simpliciter il ritorno a tale forma di energia.
Alla luce di tutto ciò è utile ricordare lo spirito con cui la relazione è stata approvata all'unanimità in VIII Commissione, ricercando le ragioni per le quali è necessario che, anche in Italia, si ponga riparo ai ritardi colpevoli e insensati accumulatisi in dieci anni...
PRESIDENTE. Onorevole Lomaglio, concluda.
ANGELO MARIA ROSARIO LOMAGLIO.... per cominciare ad operare concretamente, recuperando il tempo perduto. In tale direzione vanno le proposte formulate dalla Commissione per l'Italia e le dieci linee di intervento individuate, che, per il nostro Paese comportano la realizzazione di un impegno serio e rigoroso per l'innovazione del nostro tessuto economico e produttivo con l'introduzione di modifiche fondamentali negli assetti infrastrutturali dei trasporti e dei combustibili.
Il nostro voto favorevole alla relazione della VIII Commissione comporta, a nostro modo di vedere, l'esigenza che il Governo e la maggioranza che lo sostiene segnino la costruzione della prossima legge finanziaria...
PRESIDENTE. La pregherei di concludere.
ANGELO MARIA ROSARIO LOMAGLIO. Mi sto avviando a concludere...
PRESIDENTE. No, deve concludere, non avviarsi a concludere.
ANGELO MARIA ROSARIO LOMAGLIO. ... con l'accettazione di una sfida ambientalista ed umanista, che obbliga alla discontinuità, al cambio di marcia, alla capacità di investire sulla parte migliore del nostro tessuto economico e produttivo, su una buona politica che sappia distinguere gli interessi del grande capitale dagli interessi di milioni di cittadini del nostro Paese (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo, L'Ulivo e Verdi).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vietti. Ne ha facoltà.
MICHELE GIUSEPPE VIETTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'UDC ha voluto proporre una sua risoluzione facendo seguito anche a ciò che il presidente Casini, con una certa preveggenza anticipatrice, aveva sollevato con una sua intervista già fin dalla settimana scorsa. Il Protocollo di Kyoto, a cui l'Italia aderisce, importa obblighi stringenti se lo si vuol prendere sul serio. Tra detti obblighi ci sono scelte di politica energetica moltoPag. 59chiare e molto alternative: bisogna ridurre drasticamente le emissioni di gas-serra.
Tutti sappiamo, se vogliamo affrontare questo tema in buona fede, che per ridurre in modo rilevante le emissioni di gas-serra bisogna fare inevitabilmente ricorso a un mix di energie bilanciate senza esclusioni, laddove «senza esclusioni» vuol dire anche comprendendovi l'energia nucleare perché il solo ricorso alle energie cosiddette rinnovabili rappresenterebbe una compensazione assolutamente insufficiente. È noto che la situazione del nostro Paese, quanto ad approvvigionamento energetico, è assolutamente squilibrata verso l'olio e il gas (in una percentuale che arriva al 70 per cento) e dipendente, anche per quanto riguarda le fonti di energia primaria (eolica, solare, idroelettrica, geotermica e delle biomasse) dalle importazioni dall'estero. Nel frattempo, i costi dei combustibili fossili sono in costante aumento; è di oggi la notizia che il Brent ha sfondato il muro degli 80 dollari al barile.
A fronte di ciò, mi spiace contraddire l'onorevole Migliore, ma considerato che quest'ultimo invocava citazioni autorevoli, mi limito a ricordare l'intervista del premio Nobel Rubbia sul Corriere della Sera di oggi. In tale intervista - lo scienziato sostiene che l'energia atomica è oggi certamente più economica, in quanto il costo del combustibile incide solo per il 15 per cento sui costi di generazione; è certamente sostenibile, perché l'uranio è a disposizione in misura sufficiente; è certamente più pulita, non comportando emissione di gas-serra, diossidi di azoto e di zolfo, che danno luogo - come è noto - alle piogge acide. Tuttavia, soprattutto la condizione del nostro Paese ci mette oggi in uno stato di handicap grave di competitività rispetto agli altri Paesi europei, che a suo tempo hanno compiuto una scelta di mix di fonti energetiche alternative in cui hanno ricompreso anche quella nucleare, dunque hanno un costo dell'energia per le famiglie - e soprattutto per le imprese - decisamente più competitivo di quello che debbono sopportare gli italiani.
Il Consiglio europeo, nel marzo del 2007 - lo voglio ricordare, altrimenti rischiamo di sembrare marziani che non parlano la lingua europea, mentre credo che questa sia la lingua europea - ha ritenuto fondamentale il contributo dell'energia nucleare per ridurre le emissioni di CO2, per far fronte alle carenze di approvvigionamento energetico. Abbiamo certamente alle nostre spalle un referendum, quello del 1987, che ha determinato una moratoria sui programmi nucleari, che per la verità avrebbe dovuto essere di cinque anni, ma che poi, di fatto, è divenuta definitiva. Quel referendum fu votato - lo ricordiamo - sull'onda emotiva di Chernobyl, cioè maturò in condizioni di pendenza di un evento, che le tecnologie attuali e i nuovi standard di sicurezza renderebbero assolutamente irripetibili. Purtroppo, quella scelta miope ha determinato l'abbandono di tutte le conoscenze e le competenze che il nostro Paese aveva accumulato negli anni. Alla data del suddetto referendum l'Italia era la terza potenza nucleare del mondo, dopo gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, con un sistema di tecnologie e di centrali assolutamente differenziate e all'avanguardia.
Credo che per riprendere quel cammino, per la verità, non ci sarebbe bisogno di provvedimenti legislativi. Vi è certamente bisogno di una volontà politica, che la nostra risoluzione in questa sede sollecita. Sono certamente in corso le messe a punto e a regime dei reattori di terza e quarta generazione, per le quali ci vorrà ancora qualche anno: nel frattempo non dobbiamo perdere l'opportunità di ricostruire il know how che il nostro Paese aveva all'avanguardia su tale materia. Ridisegnamo il ruolo dell'ENEA - lo richiama anche Rubbia nell'intervista che ho citato in precedenza - come motore della ricerca sul nucleare sicuro. Rilanciamo nei nostri atenei corsi universitari e post-universitari sull'energia nucleare, promuoviamo una corretta inPag. 60formazione dell'opinione pubblica sul tema dell'energia, senza allarmismi ingiustificati e terrorismi in proposito. La scorsa estate avremmo dovuto vedere i cammelli aggirarsi nelle nostre pianure, per la verità è nevicato sul Gran Paradiso e ci sono state addirittura inondazioni al nord, dunque certe previsioni un po' apocalittiche sono alquanto campate in aria.
Vorrei, infine, dire al Governo e alla maggioranza che abbiamo notato con soddisfazione che ci sono posizioni aperte e illuminate in materia. Cito, tra tutti, il ministro Bersani, che non solo in un'intervista ha dichiarato che non dobbiamo perdere il treno tecnologico del nucleare, seppure un po' ipocritamente poi ne immagina le ricadute in decenni.
Egli ha anche aggiunto che non bisogna contrapporre i temi della sicurezza energetica con quelli ambientali, perché il risultato sarebbe quello di far soccombere questi ultimi. Ebbene, siamo d'accordo con il Ministro Bersani; siamo d'accordo con quanto ha affermato il professor Prodi, non il Presidente del Consiglio, ma il fratello -, siamo d'accordo in parte con ciò che ha affermato il Ministro Bonino; siamo d'accordo con ciò che Bersani non solo ha dichiarato nelle interviste, ma ha scritto nella position paper che ha inviato al Commissario europeo per l'energia, in qualche modo allineando il nostro Paese con la politica energetica degli altri Paesi europei. Però chiediamo coerenza a tali componenti della maggioranza, che hanno mostrato sensibilità politica sui temi ricordati. La coerenza impone di scegliere se essere lineari e andare avanti su questa posizione annunciata oppure, ancora una volta, far prevalere logiche di solidarietà di maggioranza, cioè di solidarietà con quella sinistra massimalista e «ambientalista», che in realtà in modo ideologico demonizza il nucleare, condannando di fatto il nostro Paese a pagare lo scotto di un inquinamento e di una compromissione dell'ambiente, che si fa sempre più pericolosa e che, soprattutto, ci mette con le spalle al muro di fronte alle scelte future, che l'Europa e il mondo ci chiedono di intraprendere sulle fonti alternative della politica energetica.
Noi chiediamo a tali componenti della maggioranza di scegliere tra la solidarietà di coalizione, di Governo, e quella con i problemi del Paese. A noi, che non facciamo, come qualcuno ha affermato, i portavoce delle «lobby atomiche» (perché, per la verità, neppure sappiamo dove si trovino), stanno a cuore i problemi del Paese. Pertanto chiediamo a tutte le componenti politiche, su un tema che ritengo né di destra né di sinistra, perché è un argomento cui ci interpella il senso di responsabilità non tanto verso di noi ma verso le generazioni future, di essere coerenti, coraggiose e lungimiranti (Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Del Bue. Ne ha facoltà.
MAURO DEL BUE. Signor Presidente, dobbiamo affrontare quest'oggi, alla luce della relazione dell'VIII Commissione e delle diverse risoluzioni presentate in Assemblea da alcuni gruppi parlamentari, tra i quali il mio, una duplice questione, che però è collegata. Si tratta dell'emergenza energetica e del problema relativo ai cambiamenti climatici, di cui la produzione dell'energia è certamente la causa fondamentale. L'Italia è il Paese che più di ogni altro dipende dalla produzione e dall'importazione di gas. Il Corriere della Sera di oggi, in un'apposita tabella, riporta dati eloquenti. L'Italia ha un consumo che riguarda il gas pari al 44,4 per cento del mix delle centrali, contro l'11,5 per cento della Germania, il 20,2 per cento della Spagna e il solo 1 per cento della Francia. È giusto affrontare questo problema in termini comunitari. Leggo che domani l'Unione europea proporrà un maxi-pacchetto su gas ed elettricità: si prevede di creare un'agenzia comunitaria per l'energia e di studiare come mettere in piedi riservePag. 61strategiche di gas, in modo da mettere fine ai black out energetici, specialmente a quelli che provengono dall'estero, in modo particolare dalla Russia.
L'Italia però ha un problema in più, che riguarda la necessità di diversificare il proprio consumo energetico. Non so se abbia ragione il sindaco di Venezia, Cacciari, a dirsi ormai convinto catastrofista, e non più riformista, a proposito dell'andamento della situazione internazionale per ciò che riguarda questa emergenza. Si tratta di un'emergenza di fabbisogno, ma anche di un'emergenza climatica.
Penso che non basti proclamare le emergenze: occorre affrontarle e occorrono decisioni conseguenti. Pertanto, mi limito ad avanzare tre richieste di chiarimento al Ministro Pecoraro Scanio, che opportunamente ha ritenuto di essere presente a questa discussione.
La prima precisazione riguarda i dati che egli ha voluto esporre e rilevare nel corso della sua recente conferenza di Firenze, per ciò che riguarda il riscaldamento dell'Italia, che sarebbe superiore di quattro volte alla media mondiale. Tali dati, come è noto, sono stati contestati da un esimio meteorologo come il professor Franco Prodi, fratello del Presidente del Consiglio, e abbiamo avuto modo di conoscere tale precisazione assistendo alla trasmissione televisiva Porta a Porta di ieri sera, in cui era ospite il Presidente del Consiglio, il quale però non ha fornito una risposta alla questione se siano validi i dati forniti dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Pecoraro Scanio, o se siano valide le obiezioni, che rispetto a tali dati ha avanzato il professor Franco Prodi.
Per quanto riguarda la seconda precisazione, è giusto affermare che il Protocollo di Kyoto propone la riduzione - lo ha ricordato prima di me l'onorevole Vietti - dei gas-serra e, in particolare per l'Italia, la riduzione avrebbe dovuto essere pari al 6,5 per cento. Il Ministro Pecoraro Scanio, molto sinceramente e lealmente, ammette che l'Italia è ben lontana da tale parametro e che, rispetto al Protocollo di Kyoto, l'aumento - non la diminuzione - è stato pari al 12,5 per cento. Di questa responsabilità non faccio certamente carico all'attuale Governo e all'attuale Ministro, ma nel corso degli ultimi anni quali tipi di iniziative sono state adottate dai Governi di centrodestra e di centrosinistra, per fare in modo di rientrare pienamente nelle indicazioni fissate dal Protocollo di Kyoto? Anche in merito a ciò non basta denunciare: bisogna fare, agire, proporre soluzioni, perché per combattere l'emergenza energetica e climatica non bastano le parole, ma bisogna assumere atti e decisioni conseguenti.
La terza precisazione riguarda la decisione del Governo italiano - non so se collegiale o assunta esclusivamente da un Ministro - di prendere parte, per la prima volta, alla riunione del Global nuclear energy partnership, che si è riunito proprio in questi giorni a Vienna. È la prima volta che l'Italia partecipa a quest'assemblea, che ha il compito di studiare un nucleare, che viene definito di nuova, seconda o terza generazione e che, ancora più nel particolare, viene definito sicuro, senza scorie radioattive e senza la possibilità che sia convertito in armi nucleari.
Contemporaneamente, sempre sulla stampa di oggi, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sostiene che «l'energia prodotta dal nucleare costa molto di più di quella ottenuta dalle fonti rinnovabili». È questo un diktat? È questa un'opinione contraria rispetto a quella assunta dal Governo italiano, di cui egli pure fa parte, di iniziare una ricerca collegiale con altri Paesi europei, per un nucleare di nuova generazione, sicuro, senza scorie radioattive, che tanto portarono alla discussione sul nucleare in passato e a quel famoso referendum (al quale anch'io, come l'allora intero gruppo dirigente del PSI, aderii con entusiasmo, non solo alla luce del dramma di Chernobyl dell'anno prima, ossia del 1986, ma anche del fatto che l'Italia non doveva porsi il problema se continuare nell'attività di produzione di energia nucleare, ma se iniziare l'attività di produzione di energia nucleare,Pag. 62cioè se varare o no il piano che avrebbe dovuto portare alla costruzione di nuove centrali nucleari nel nostro Paese). Allora si disse che: con questo tipo di nucleare l'Italia non entrava, ma oggi, a venti anni di distanza da quegli avvenimenti, non bisogna affrontare la questione - mi permetta di osservarlo, onorevole Migliore - in termini esclusivamente ideologici (siamo contrari o favorevoli al nucleare): discutiamo concretamente di quale tipo di nucleare si tratti, dato che l'Italia è l'unico Paese europeo - l'unica potenza europea - a rimanere escluso dalla produzione di un'energia, che certamente porterebbe, se sicura e se realizzata con le garanzie previste, al risparmio energetico di gas-serra e di produzione di energie dannose per l'ambiente.
Teniamo presente che in questo momento, mentre l'Italia produce zero in termini di energia nucleare, la Francia produce il 78,4 per cento del fabbisogno nazionale, la Spagna il 22,7 per cento, la Germania il 27,5 per cento e il Regno Unito il 20,3. Noi vogliamo distinguerci sempre dagli altri Paesi europei. Vi sono tante distinzioni, che potrei richiamare e che rendono l'Italia un Paese anomalo: solo in Italia manca un partito socialista, non vi è la separazione delle carriere dei magistrati, manca una legge sulle coppie di fatto e solo in Italia non vi è l'energia nucleare.
Possiamo rientrare in un programma di energia nucleare sicura e garantita? Io penso che il Governo abbia fatto bene a scommettere su tale opportunità e abbia compiuto un passo nella direzione di una ricerca aperta, laica, disponibile e, se tale ricerca produrrà soluzioni concrete e accettabili, da parte nostra non mancherà tutto l'appoggio necessario (Applausi dei deputati del gruppo DC-Democrazia Cristiana per le Autonomie-Partito Socialista-Nuovo PSI).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nucara. Ne ha facoltà.
FRANCESCO NUCARA. Signor Presidente, non voglio ripetere molte delle considerazioni che sono state svolte, in particolare ciò che è stato detto dall'onorevole Vietti e dall'onorevole amico Mario Del Bue, ma siccome aleggia l'ipotesi che l'opposizione sia soggetta alla lobby atomica - anche se sarebbe più facile pensare di essere soggetti alla lobby del petrolio - prescindendo da appartenenze alla destra o alla sinistra, all'opposizione o alla maggioranza, vorrei citare nel mio intervento quello che ho letto sulla stampa in questi giorni. Carlo Stagnaro, dell'Istituto Bruno Leoni, afferma: «I numeri citati dal Ministro dell'ambiente sono buoni al massimo per giocarli al lotto»; Sandro Ovi, consigliere per l'innovazione a Palazzo Chigi, sostiene: «Il dato sul riscaldamento è falso»; Franco Prodi, massimo climatologo in Italia, precisa: «É stata una conferenza impostata male, che di scientifico non aveva nulla ed hanno pure sbagliato a leggere i dati»; Renato Ricci, presidente onorario della società di fisica e presidente dell'associazione Galileo 2001, afferma: «Il Ministro Pecoraro Scanio ha fatto due affermazioni gravi, che ci squalificano di fronte alla comunità scientifica internazionale»; Franco Battaglia, ordinario di fisica Modena, aggiunge: «Per produrre energia nucleare da una centrale nucleare servono 5 o 6 miliardi di euro; per produrre la stessa energia con il solare di miliardi ne servono 60»; il professor Tullio Regge, scienziato - che se ricordo bene in passato è stato anche deputato europeo del gruppo dei Verdi - afferma: «L'unica via per ridurre le emissioni di CO2 è il nucleare» e anche sul volume di informazione elaborato dello studio Ambrosetti, che tutti i colleghi hanno già ricevuto, si legge: «Il nucleare è una delle opzioni che devono essere prese in considerazione». Con qualche ovvia cautela dovuta a motivi politici aprono al nucleare anche il sottosegretario Letta e il Ministro Bersani e quest'ultimo afferma di essere concorde e discorde col Ministro Pecoraro Scanio, facendo così impallidire la vecchia espressione delle «convergenze parallele».Pag. 63
Amici e colleghi dei DS, dovete stabilire voi se abbia ragione il Ministro Pecoraro Scanio o il Ministro Bersani! Colleghi della Margherita, dovete stabilire voi se abbia ragione il sottosegretario Letta oppure il Ministro Pecoraro Scanio!
Voglio aggiungere una sola considerazione, signor Ministro. Ero presente alla conferenza e ho ascoltato ciò che si diceva: ebbene, pensare che col non mangiare più i bianchetti si possano risolvere i problemi del mar Adriatico mi è sembrata una battuta infelice, ma è più grave ciò che è stato sostenuto sulla sicurezza del distretto idrogeologico del fiume Arno. Non è possibile che il piano di riassetto idrogeologico approvato dalla regione Toscana sia un abbaglio quale quello che lei ci ha descritto: se fosse vero, mi riprometto di richiedere un'indagine conoscitiva sulla difesa del suolo in Italia a partire dall'approvazione della legge n. 183 del 1989, che è un'ottima legge di livello europeo una delle più importanti che questo Paese ha prodotto.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
FRANCESCO NUCARA. Le preannuncio che verificherò se i piani di assetto idrogeologico siano sbagliati e se sia vero che lei, come ha sostenuto, è riuscito ad effettuare la messa in sicurezza del distretto idrogeologico del fiume Arno (inizialmente prevista con una spesa di un miliardo e 300 milioni di euro) con solo 200 milioni di euro.
Ciò vuol dire che tutti i piani di assetto idrogeologico potrebbero essere sbagliati. Faremo quindi la richiesta per un'indagine conoscitiva per verificare se quello che lei ha detto è vero (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Repubblicani, Liberali, Riformatori).
Preavviso di votazioni elettroniche (ore 16,05).
PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.
Si riprende la discussione.
(Ripresa dichiarazioni di voto - Doc. XVI, n.1)
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Dussin. Ne ha facoltà.
GUIDO DUSSIN. Signor Presidente, il documento sottoposto all'approvazione dell'Assemblea - la relazione della VIII Commissione - in questa discussione si è risolto nella disputa «nucleare sì - nucleare no».
Considerato che si tratta di discutere di cambiamenti climatici, tale discussione non può risolversi solo ed esclusivamente così, in quanto, comunque, dopodomani attenderemo risposte per il nostro territorio che dovranno arrivare non solo in merito alla ricerca nucleare o alle nuove centrali nucleari, ma dovranno riguardare la domanda relativa alla possibilità di procurare l'energia di cui necessitano le nostre aziende.
Queste ultime, il prossimo inverno, avranno sicuramente bisogno di energia, e non abbiamo affrontato, ad esempio, il tema delle scorte di gas, e la relazione non tratta l'aspetto relativo ai rigassificatori, e ciò ne rappresenta un punto di debolezza. Non è stato sviscerato - come sostenevo ieri durante la discussione - il tema dell'idrogeno, di cui si è detto poco e in merito al quale si sono date pochissime certezze.
È chiaro che oggi l'intero arco del Parlamento si pone le domande con le quale si vogliono sicuramente approfondire alcune «non condivisioni» all'interno dell'attuale maggioranza, ma dobbiamo anche dare risposte in merito alle tematiche che mancano.Pag. 64
Ad esempio, abbiamo parlato ben poco di infrastrutture, mentre noi dobbiamo fornire risposte per la realizzazione delle stesse: la TAV, le autostrade di cui necessitiamo soprattutto nei territori del nord, il corridoio 5 e quant'altro. Infatti, anche queste opere possono tradursi in una riduzione dell'inquinamento e dell'immissione di CO2.
A questi temi in Commissione si è solamente accennato, ma non si è parlato ad esempio della «sburocratizzazione» delle pratiche per la realizzazione di queste opere, quindi in tale ambito si rimane sempre fermi nell'impasse che da anni coinvolge il nostro Paese.
Inoltre, per quanto riguarda le nuove energie alternative, producibili con i vari sistemi citati dalla stessa relazione, si è parlato ben poco di quante opportunità si possano offrire alle nostre aziende, attraverso la defiscalizzazione, di attingere a tali settori energetici o addirittura di essere promotrici - le stesse imprese - del prodotto finale in materia di energia alternativa.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FAUSTO BERTINOTTI (ore 16,10)
GUIDO DUSSIN. Sappiamo benissimo che la Germania e l'Inghilterra sono i Paesi di riferimento per la soluzione del fabbisogno interno attraverso le energie alternative, ma sono anche produttori di pannelli solari e fotovoltaici.
Occorrono dunque le defiscalizzazioni, gli incentivi addirittura o i contributi di qualsiasi tipo, ma sicuramente bisognerà parlare sia di defiscalizzazione sia di incentivi alle aziende.
Un altro tema rispetto al quale troviamo una forte debolezza in questa relazione è quello dei rifiuti. Il tema dello smaltimento dei rifiuti è un argomento che abbiamo sostenuto e approfondito concretamente con le nostre amministrazioni dando ampie soddisfazioni rispetto ai numeri e alle istanze di altre realtà del nostro Paese, in particolar modo, al sud e soprattutto in Campania. Ebbene, nella relazione non è scritto nulla sugli inceneritori nè sullo smaltimento finale del prodotto.
Un altro tema che non abbiamo visto approfondito nella relazione in esame è quello degli OGM, prodotti dell'agricoltura su cui presto si dovrà dare una risposta anche in materia di produzione di carburante ed energia.
Ma non è stato scritto nulla su quali tipi di prodotto dovrà produrre la nostra realtà italiana in questo caso. Se lasciamo ad un'istanza generale la diversificazione delle varie produzioni italiane, saremo certamente succubi delle grandi nazioni che ovviamente faranno forza sugli OGM.
L'ultima cosa che tengo a sottolineare è il fatto che, parlando del nostro inquinamento, dobbiamo pensare - come è stato citato nella relazione della Commissione - al tema delle grandi nazioni che aprono una centrale a carbone con prodotti fossili ogni settimana. Su questo ci deve essere l'impegno del Ministro a far sì che possiamo mettere in evidenza questo aspetto e denunciare l'inquinamento che ne deriva, il più importante a livello mondiale delle grandi nazioni.
Per questi motivi il gruppo Lega Nord Padania esprimerà un voto di astensione, se non interverranno fattori modificativi, sulla risoluzione Realacci ed altri n. 6-00021; non ci sentiamo di esprimere un voto favorevole sulla risoluzione Volonté ed altri n. 6-00024, in quanto vi è un'impostazione diretta esclusivamente, e da subito, verso il nucleare, mentre noi non vogliamo proporla tale e quale ma piuttosto porre l'attenzione sullo sviluppo della ricerca, che è già sottinteso nelle altre risoluzioni (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Bonelli. Ne ha facoltà.
ANGELO BONELLI. Signor Presidente, signor Ministro, colleghi e colleghe, innanzitutto il gruppo dei Verdi intende ringraziare per il lavoro svolto dalla CommissionePag. 65e dal suo presidente Realacci con la relazione sui cambiamenti climatici. Mi rifaccio anche all'intervento svolto dalla nostra collega Grazia Francescato. Dobbiamo dire innanzitutto che questo dibattito sui cambiamenti climatici - ringraziamo anche lei signor Presidente - lo si è dovuto anche alla richiesta che il gruppo parlamentare dei Verdi ha più volte avanzato nella Conferenza dei capigruppo per aprire un dibattito in questo Paese su tale drammatica questione.
Alcuni giorni fa si è chiusa la Conferenza nazionale sul clima, promossa dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di fatto la prima conferenza nazionale sul clima che sia mai stata organizzata in Italia.
La Conferenza ha dato il via nel nostro Governo, per la prima volta, ad una strategia di contrasto dei cambiamenti climatici attraverso un piano sulla strategia di mitigazione e sull'adattamento, insieme ai tredici punti presentati nella Conferenza.
È evidente a tutti, ma principalmente agli italiani, a cui ci rivolgiamo, che non possiamo in questa sede non parlare delle polemiche che in questi giorni ci hanno lasciati sbigottiti e interdetti insieme a tanti cittadini italiani. È come se una certa politica, in alcuni casi trasversalmente, sostenuta da una parte dell'informazione, abbia potuto rilanciare tesi negazioniste sui cambiamenti climatici.
Si è parlato nella storia di negazionismo anche per eventi drammatici: vi sono storici che mettono addirittura in discussione l'olocausto. Ebbene il negazionismo sui cambiamenti climatici rappresenta in sé un problema etico forte su cui dovremmo interrogarci tutti, a partire da coloro i quali mettono in discussione la questioni dei cambiamenti climatici.
Ma ciò che è drammatico e francamente inaccettabile - mi rivolgo ad una parte dell'opposizione che ha sottoscritto e votato in Commissione la risoluzione Realacci ed altri n. 6-00021 ma anche all'onorevole Casini, che apre al nucleare, e ad altri esponenti di Forza Italia che ne hanno parlato - è che. in Francia con Sarkozy, ma anche in Germania con la Merkel (certamente non Governi progressisti ma conservatori) non c'è alcuna discussione sull'esistenza o meno dei cambiamenti climatici, ma si discute sulle soluzioni da prendere.
In questo Paese, invece, ci si divide su questo punto e ciò, di per sé, rappresenta un fatto molto grave, di grande arretramento e, certamente, non è una buona risposta che diamo al Paese, che vuole, invece, segnali importanti. La dimensione etica, cui accennavo prima, infatti, consiste nel parlare alle generazioni future, nel lasciare loro un pianeta che sia vivibile e, certamente, non nelle condizioni in cui lo stiamo lasciando, con questo sviluppo economico, con l'inquinamento e i disastri che stiamo producendo.
Del resto, molti giornali, in questi ultimi giorni, anche in maniera contraddittoria, da un lato danno spazio a posizioni negazioniste (senza nemmeno considerare le posizioni istituzionali del Governo) e dall'altra annunciano, ad esempio, che i ghiacciai che ricoprono il passaggio del nord-ovest si sono sciolti. È un fatto gravissimo! Un fatto di una gravità inaudita! Non so se ci rendiamo conto della portata di ciò.
Si parlava del peso delle lobby. Sì, esiste un peso delle lobby che condiziona la politica; non vi è dubbio e dobbiamo dirlo ad alta voce. La politica, tuttavia, deve recuperare il senso comune dell'interesse pubblico e generale del Paese ed è necessario farlo, perché quando viene meno ciò, vi è un problema serio anche nella democrazia di un Paese. Vi è, infatti, una parte dell'economia - dobbiamo dirlo, non tutta l'economia - che si vuole sottrarre all'innovazione tecnologica, cioè a quell'innovazione che consente di ridurre l'inquinamento e le emissioni di CO2. Vi sono dati scientifici inoppugnabili, da questo punto di vista. Gli attacchi che sono stati rivolti alla Conferenza nazionale sul clima sono sciocchezze. I dati forniti nella Conferenza sono i dati dell'IPCC, che confermano il riscaldamento maggiore dell'area del Mediterraneo. Iniziamo, dunque, adPag. 66avere un atteggiamento di umiltà e un approccio scientifico su questi punti.
Passo, pertanto, all'approccio scientifico. Vi è un elemento che ha segnato la Conferenza nazionale sul clima alcuni giorni prima della sua apertura: si tratta dell'allarme lanciato dall'amministratore delegato Conti, il quale ha affermato che nel 2008 gli italiani rimarranno al buio e al freddo. Tale allarme, in realtà, rappresenta un boomerang e, adesso, lo dimostrerò a chi avrà la cortesia di ascoltarmi. Innanzitutto, individuiamo il quadro energetico di questo Paese. Come i parlamentari potranno osservare, questa è la relazione annuale del Gestore del mercato elettrico: l'Italia dispone di un potenziale di energia elettrica di oltre 80 mila megawatt. Ultimamente, nel Paese, il massimo picco di consumo per usi civili e industriali è stato di 56 mila megawatt. Il presidente dell'ENEL, in un'intervista a L'Espresso, alcune settimane fa, ha affermato che, dal 2003 (l'anno del famoso black out) sino ad oggi, vi è stato un aumento di potenziale elettrico, installato attraverso nuove centrali nel nostro Paese, di 26 mila megawatt.
Ebbene, già questi dati sono eloquenti, ma andiamo oltre, affrontando il fatto che si accusi il Ministro dell'ambiente di aver bloccato le infrastrutture. Vi dimostrerò, dati alla mano, come in realtà, in questo Paese, a bloccare le infrastrutture di approvvigionamento energetico del gas siano state ENI ed ENEL. Nessun organo di informazione né la politica hanno chiesto conto di tale vicenda, ma noi oggi, in quest'aula, ne chiediamo conto e chiediamo ai presidenti dell'ENEL e dell'ENI di presentarsi per fornire una spiegazione. Sapete di che cosa parliamo? Parliamo del blocco, praticato dall'ENI, della realizzazione della procedura di potenziamento del gasdotto TTPC (Trans Tunisian Pipeline Company), pari a 4 miliardi di metri cubi di gas. In questo momento, in questo Paese, cinque siti di stoccaggio, pari a 4,2 miliardi di metri cubi di gas, sono liberi, non utilizzati dall'ENI per un problema di competizione, di strategia e di contrasto nella produzione di energia in questo Paese e per mantenere una posizione dominante. Tutto ciò è stato realizzato ai danni dei cittadini con un aumento del prezzo dell'energia.
Sapete anche di cosa parliamo? Mi sarei volentieri rivolto all'onorevole Casini, se fosse stato in aula. Mi riferisco anche ad un fatto di cui poco si parla e a cui l'Autorità per l'energia elettrica ed il gas e il Ministro dello sviluppo economico dovrebbero dare una risposta al Parlamento, cioè in particolar modo al fatto che nel 2005 le riserve strategiche di gas, in questo Paese, erano di 5,1 miliardi di metri cubi. Le riserve strategiche, per chi non avesse cognizione, sono quelle riserve che non si possono toccare per la sicurezza produttiva del nostro Paese. Ebbene, nel 2006 le riserve strategiche erano pari a zero.
Circa due miliardi di metri cubi sono stati venduti, dall'ENI, all'estero - come afferma il presidente dell'ENEL Gnudi - perché il maggior prezzo che si era determinato all'estero aveva ingenerato la possibilità di un maggior profitto per l'ENI, vendendo le riserve strategiche. Su tale punto il Parlamento deve interrogare - io stesso lo faccio - il management, i responsabili della strategia energetica di questo Paese. E mi sembra che già tali questioni siano sufficienti!
Vorrei parlare del nucleare. Si parlava, poc'anzi, di Rubbia. Onorevole Vietti, quando si riferisce a delle interviste, le deve leggere bene, non le può trasformare a seconda di ciò che più le aggrada. Infatti, il premio Nobel per la fisica, Rubbia - che il Ministro dell'ambiente Pecoraro Scanio ha fatto tornare in Italia e che voi avevate mandato in esilio in Spagna - ha detto chiaramente che la ripresa dell'energia nucleare, anche con le tecnologie di nuova generazione - cito le testuali parole - aumenterà il costo dell'energia del doppio, ripeto, del doppio delle centrali nucleari, dicendo che, in realtà, è assolutamente falso che il solare costerà più dell'energia nucleare.
Inoltre, vi è una questione che, ieri, ad esempio, un grande economista come Jeremy Rifkin, venendo in Italia, ha posto alPag. 67nostro Paese e che riguarda il consumo dell'acqua. La Francia, che è il maggior produttore di energia nucleare, consuma complessivamente il 55 per cento dell'acqua fresca del Paese per raffreddare i reattori nucleari.
Non so se si parla con cognizione di causa quando si affronta il tema del nucleare, e mi rivolgo sempre all'onorevole Casini; non si parla, ad esempio, delle scorie radioattive, dell'uranio e delle materie prime che sono anche risorse limitate. Secondo l'Agenzia internazionale dell'energia atomica, sono tre milioni e mezzo le tonnellate di riserve di uranio, che serviranno per cinquant'anni solo per le attuali produzioni, senza aumentare le centrali.
In conclusione, per quanto riguarda la questione dei costi, della sicurezza e delle scorie, sono state dette tante cose, ovviamente, ma vi è un aspetto che viene poco menzionato. Quando si parla di energia nucleare è un po' come quando - scusate la divagazione incidentale - si parla di sistema elettorale «a vanvera»! Cerchiamo di non parlare «a vanvera» dell'energia nucleare! Esistono due tipi di energia nucleare, cari colleghi. Esiste la fissione, che produce scorie radioattive, ed esiste la fusione, l'energia pulita, nucleare, che non produce scorie radioattive. Pertanto, ci domandiamo per quale motivo, in questi anni, la ricerca sia ancora basata essenzialmente sull'energia nucleare da fissione, che determina un problema nel Paese.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
ANGELO BONELLI. La ringrazio e mi avvio alla conclusione, signor Presidente. Dobbiamo candidarci a governare la terza rivoluzione industriale di questo pianeta, che è quella che si basa sul solare e sull'idrogeno, e non a governare il declino energetico...
PRESIDENTE. La prego di concludere, grazie.
ANGELO BONELLI. ...come qualcuno vorrebbe fare, ritornando a combustibili vecchi, inquinanti e che non salvano, certamente, il pianeta (Applausi dei deputati dei gruppi Verdi e L'Ulivo)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Rampelli. Ne ha facoltà.
FABIO RAMPELLI. Signor Presidente, cari colleghi e caro Ministro, ritengo che lei - come accennavo ieri - sia riuscito in un'operazione davvero incredibile! È riuscito, in modo particolare, esattamente nelle ultime ore, a spaccare a metà il Parlamento italiano, a dividere forze politiche che hanno maturato, viceversa, una posizione comune, accompagnando il lavoro della Commissione Ambiente, territorio e lavori pubblici e di tutte le Commissioni permanenti, riunite per approvare la relazione della Commissione stessa. È riuscito a fare ciò, organizzando e gestendo in maniera inqualificabile un appuntamento che avrebbe dovuto essere un appuntamento serio.
Ci saremmo dovuti ispirare a ben altri consessi, per celebrare una Conferenza nazionale sul clima che è durata ventiquattr'ore reali - quarantotto contando quelle notturne - e che non è mai stata uno strumento di contraddittorio pubblico tra diversi approcci sul tema dei cambiamenti climatici. Non vi è mai stata la possibilità di gestire anche questo dissenso, sia pure un dissenso assolutamente residuale, lo sappiamo bene! Sappiamo che la comunità scientifica mondiale ne è perfettamente consapevole e il suo parere è stato recepito e diffuso dall'IPCC dell'ONU in maniera, ormai, assolutamente oggettiva e, direi, non più emendabile.
Siamo a conoscenza del fatto che le alterazioni climatiche sono prodotte prevalentemente dall'attività antropica e che, invece, solo una piccola percentuale - pari al 10 per cento e, forse, meno - è relativa al surriscaldamento per cause naturali del pianeta che, peraltro, avviene da circa diecimila anni a questa parte.
Tuttavia, ciò non significa nulla. Infatti, chi nega il negazionismo, di fatto,Pag. 68diventa complice del negazionismo stesso e artefice del catastrofismo. Giustamente, il Ministro Pecoraro Scanio è stato «scagliato» sui banchi del Governo a causa di una gestione deplorevole di tale appuntamento.
Avremmo immaginato, nel contraddittorio pubblico, non già il recepimento acritico di quanto studiato altrove, bensì l'apertura, semmai, di un dibattito nazionale a fronte di un dibattito internazionale che - vorrei rammentare - non soltanto ha fatto breccia nella comunità scientifica, ma ha coinvolto istituzioni ad ogni livello e latitudine geografica.
Parliamo dell'Unione europea, della sua Commissione, dei Governi di centrodestra e di centrosinistra, dell'impulso fornito da Angela Merkel (Partito Popolare Europeo), piuttosto che da Sarkozy nel corso dell'ultimo G8, dove ha affiancato i provvedimenti rivoluzionari a tutela dell'ambiente varati dal suo Governo e presenti nel suo programma elettorale con un monito agli alleati e amici americani, il quale è suonato come una forte protesta, peraltro sollevata anche dal Governo Berlusconi attraverso l'autorevole voce del Ministro di Alleanza Nazionale Altero Matteoli, per la mancata sottoscrizione del Protocollo di Kyoto.
Parliamo del rappresentante del partito repubblicano, più che autorevole, fortemente conosciuto e noto, Arnold Schwarzenegger, del leader del partito conservatore inglese David Cameron, nonché del laburista Brown. Parliamo di una comune sensibilità, caro Ministro, che lei stesso ha avuto la capacità di interrompere, qui a casa nostra, nonostante su quella relazione tutti i parlamentari di tutte le Commissioni si siano espressi favorevolmente in questi mesi, praticamente in modo unanime.
Dunque, ritengo lei debba fare autocritica e cercare di rispondere alle diverse sollecitazioni provenienti dalla stampa ma, soprattutto, da questo dibattito, da questa Assemblea e dalle voci di tanti parlamentari, i quali, ovviamente, sono rimasti basiti da tale gestione superficiale della Conferenza nazionale sul clima.
Certamente, non è facile, oggi, in questo clima mettersi a discutere e cercare di far prevalere un orientamento positivo e propositivo, cioè costruttivo. Tuttavia, noi di Alleanza Nazionale ce la metteremo tutta, perché pensiamo che l'esito devastante della Conferenza nazionale sul clima - voluta da lei, Ministro Pecoraro Scanio e dal suo Presidente del Consiglio, Romano Prodi - non possa essere mescolato al lavoro svolto dalle Commissioni per mesi e mesi, che ha preso forma nella relazione che dovremo approvare con la prima risoluzione che verrà posta in votazione dalla Presidenza.
Non è questione di lana caprina! Le linee guida dovranno certamente intersecarsi anche quando si discute sui mutamenti climatici o sulle questioni energetiche, ci mancherebbe altro! Allora, è giusto parlare di risparmio energetico, come si afferma nella relazione in discussione e in diverse risoluzioni. Una volta per tutte, dobbiamo emanciparci dagli interessi dei poteri forti o di alcuni di questi, i quali perseguono una logica di profitto e, talvolta, dimenticano - non tanto per la loro precipuità, ma anche perché apparati collaterali dello Stato - di rappresentare e difendere l'interesse e la comunità nazionale, gli interessi generali e, tra questi, gli interessi deboli e diffusi del popolo italiano.
Tuttavia, insieme alla cultura del risparmio, che deve prendere il sopravvento, non ci può non essere la conferma della volontà di rispettare gli impegni di Kyoto.
Caro Ministro, cari colleghi, al di là della destra e della sinistra, vorrei rammentare che questi impegni sono stati sottoscritti da un Governo di centrodestra: li ha sottoscritti Altero Matteoli - già citato Ministro dell'ambiente di Alleanza Nazionale - e, dunque, non è possibile rimangiarsi questi impegni, anche se è necessario assumersi delle responsabilità in ordine ai rapporti internazionali, diplomatici e commerciali. È, infatti, impensabile fermare le emissioni di anidride carbonica che provengono dagli altri Paesi inquinatori del mondo, e non è un problema che esiste solo negli Stati UnitiPag. 69d'America che, negli ultimi mesi, sono stati sopravanzati, in quanto ad emissioni di CO2, dalla Cina comunista.
Non si possono stringere accordi commerciali con la Cina senza presentare il conto, senza denunciare il fatto che in questo paese, ogni settimana, si apre una centrale a carbone, ma non certamente della tipologia di quelle europee, quelle presenti nei Paesi gestiti da democrazie occidentali: parliamo di un carbone involuto, di un carbone fortemente tossico e inquinante.
È, pertanto, indispensabile evitare di fare buon viso a cattivo gioco, scartare la tentazione dell'ipocrisia che, invece, vi ha travolto quando con una delegazione numerosissima - mille persone circa - vi siete recati in Cina e non avete mai parlato di emergenza ambientale! Non avete mai posto all'ordine del giorno la grande questione dei diritti ambientali oltre che quella, altrettanto ignorata, dei diritti umani, dei diritti civili, dei diritti dei minori, dei diritti sindacali e sociali! Se esistono dei diritti ambientali da rivendicare, tali diritti ci sono anche in India, in Cina e in Brasile, oltre che negli Stati Uniti d'America!
Pertanto, da un lato, dobbiamo rispondere affermativamente agli impegni di Kyoto sottoscritti non già da lei, Ministro, ma dal Governo di centrodestra e, dall'altro lato, dobbiamo svolgere il nostro dovere anche per quanto attiene alla capacità di interdizione rispetto a quei Paesi che sono grandi inquinatori, soprattutto per quel che attiene all'effetto serra.
Un'ultima considerazione, Ministro e colleghi, riguarda le energie alternative: dobbiamo continuare - ci mancherebbe altro - ad investire sulle fonti rinnovabili. Se non lo facessimo noi, che possiamo essere un esempio e un modello per quanto concerne la produzione di energia eolica e solare, dovremmo davvero riflettere sul fatto che Paesi meno fortunati del nostro stanno più avanti di noi.
Quindi, siamo d'accordo su questa linea e lo abbiamo dimostrato anche nelle Commissioni votando a favore di tale relazione. Tuttavia, caro Ministro e cari colleghi - in modo particolare mi rivolgo ai colleghi della maggioranza - dobbiamo avere un atteggiamento più duttile, più pragmatico e meno ideologico sulle fonti alternative; vale per l'idrogeno e vale per il nucleare.
Concludo, signor Presidente e Ministro: dobbiamo fare attenzione a non cadere in trappole che potrebbero presentarsi...
PRESIDENTE. Deputato Rampelli, concluda.
FABIO RAMPELLI... se dovessimo mettere in campo il vecchio meccanismo del confronto tra tifoserie. Non si tratta di fare il tifo a favore o contro il nucleare, a favore o contro l'idrogeno. Potremmo cadere in una trappola...
PRESIDENTE. Deputato Rampelli, concluda.
FABIO RAMPELLI. Potremmo inconsapevolmente - e concludo davvero, Presidente - trovarci a fare la retroguardia del nucleare da fissione, invece che l'avanguardia del nucleare pulito da fusione....
PRESIDENTE. La prego deve concludere.
FABIO RAMPELLI... o dell'idrogeno. Questa è la questione che vogliamo porre all'attenzione dell'Assemblea. Voteremmo volentieri se vi fosse una mozione contro il ministro Pecoraro Scanio...
PRESIDENTE. La prego, deve concludere.
FABIO RAMPELLI.... e a favore della relazione della Commissione Ambiente, territorio e lavori pubblici (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Stradella. Ne ha facoltà.
FRANCO STRADELLA. Signor Presidente, occorre raccontare brevemente laPag. 70storia di questa vicenda prima di esprimere giudizi. L'VIII Commissione, presieduta dall'onorevole Realacci (il quale certamente non può essere iscritto al partito dei nuclearisti o ai partiti dei nemici dell'ambiente) ha chiesto di affrontare queste tematiche e di stilare, con l'accordo della Commissione, un documento nel quale si valutassero tutte le possibilità e tutti gli schemi possibili per affrontare un tema serio, che condividiamo. Mi riferisco alla malattia del pianeta, al fatto che ci siano situazioni di grave difficoltà nelle emissioni inquinanti e nel presunto riscaldamento dovuto ad attività antropiche: anche qui il dibattito è aperto.
Il mondo scientifico non esprime certamente una posizione univoca su questo argomento. Noi affrontammo con realismo e serietà questa discussione e pervenimmo alla votazione unanime di un documento, che apriva gli orizzonti alla scienza, che intendeva avviare un dibattito serio e sereno che affrontasse il tema in discussione. Ci apprestavamo, quindi, a venire in aula con questa premessa: l'approvazione unanime del documento in Commissione.
L'atmosfera, evidentemente, è cambiata ed è peggiorata con la Conferenza sul clima. L'ecocatastrofismo emerso in questa Conferenza a causa delle posizioni intransigenti, assolutamente non disponibili al dialogo e al confronto, del Ministro e del suo partito, ha impedito che potessimo sottoscrivere la relazione presentata dalla Commissione all'Assemblea.
Ci siamo, quindi, attrezzati per presentare un atto di indirizzo alternativo (anche se, certamente, non del tutto) che, partendo dalle considerazioni che ho appena fatto circa la situazione del pianeta, individuasse quali potessero essere le soluzioni, non certo univoche, non certo condivisibili da tutti, comunque in qualche modo affrontabili e discutibili.
Il mondo scientifico non è totalmente schierato con le posizioni del Ministro Pecoraro Scanio, né tanto meno con le affermazioni che poco fa ha svolto il capogruppo del partito dei Verdi in Assemblea. Non è assolutamente vero che solo l'attività antropica è responsabile della situazione del pianeta; che le energie alternative siano in grado di risolvere il problema. Lo affermano illustri scienziati: lo stesso, che il capogruppo dei Verdi citava come un rimpatriato dal Ministro Pecoraro Scanio, afferma sul Corriere della Sera che il nucleare è una delle possibilità che vanno valutate. Sostiene anche che la sua sperimentazione sulla distruzione e sulla neutralizzazione degli effetti delle scorie nucleari in Italia non ha avuto corso e che la stanno portando avanti altri paesi.
È evidente che nel mondo si stanno valutando diverse opportunità, ma noi chiudiamo la strada a queste opportunità con l'affermazione drastica e indiscutibile del Ministro dell'ambiente italiano, che afferma che in Italia non ci saranno mai centrali nucleari!
Quest'affermazione dovrebbe essere supportata da ragionamenti scientifici; invece, è unicamente supportata e pronunciata sotto l'effetto di un condizionamento ideologico del tutto irragionevole e non condivisibile.
Crediamo che vi sia spazio per la ricerca scientifica, che si debbano svolgere considerazioni importanti anche in relazione all'applicazione del Protocollo di Kyoto.
È vero che il Presidente francese e il Primo ministro tedesco hanno elaborato documenti molto significativi ed importanti sul contenimento delle emissioni inquinanti, ma esse partono da posizioni leggermente diverse dalla nostra.
La Francia produce l'80 per cento dell'energia necessaria al suo fabbisogno con il nucleare e anche in Germania la percentuale è molto alta. È evidente, quindi, che le loro possibilità sono molto superiori alle nostre e non vi è alcun termine di paragone.
Dobbiamo aprire i nostri comportamenti alla comunità scientifica e attribuire a quest'ultima credibilità, anche quando rende affermazioni contrarie alla nostra opinione personale; non dobbiamo, invece, assoldare solo coloro che, anche se a titoloPag. 71gratuito, hanno un'opinione del tutto orientata e non sono disponibili ad accettare alcun tipo di confronto.
Su questo siamo veramente liberali perché accettiamo il confronto e il dibattito; ma li accettiamo nel momento in cui tutti i termini del problema vengono esaminati, tutte le soluzioni vengono messe in campo e tutte le possibilità che ci vengono consegnate dalla scienza possono essere applicate. Tenere un atteggiamento così ideologicamente condizionato, che porta a non considerare la storia millenaria del nostro pianeta, che ha visto alternarsi periodi di diverso modello ambientale, non attribuibili quindi all'attività umana,...
PRESIDENTE. La invito a concludere.
FRANCO STRADELLA. ...e a non considerare che in questo momento vi è un problema che va affrontato con serietà e con decisione senza scaricarlo sulle spalle delle aziende e dei cittadini, che rischiano inverni al freddo e estati al caldo a causa di una politica energetica che non tenga conto di questi aspetti, mi sembra del tutto miope e assolutamente impossibile in una situazione in cui ci troviamo, tra l'altro, a dover competere con Paesi aventi una produzione energetica assai diversa dalla nostra e con obiettivi condivisibili, che consentono alle loro aziende di essere competitive sui mercati.
La relazione in esame tiene conto di tutte queste considerazioni; in particolare, tiene conto dei costi...
PRESIDENTE. La invito nuovamente a concludere.
FRANCO STRADELLA. ...che il sistema comporta sulla nostra produzione e della diagnosi, fatta in Commissione, della situazione del pianeta. Con essa non si vuole paralizzare e unificare tutte le strutture e tutti i comportamenti su un'unica idea dominante, che è quella del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il quale è accecato dal suo odio nei confronti del mondo produttivo, dalla sua incapacità di adeguarsi alle situazioni che cambiano e dalla sua pervicacia nel sostenere idee, che sono smentite dalla scienza e che non sono per nulla dimostrabili da un punto di vista scientifico.
Se su questa materia si creerà una scuola di pensiero aperta alla scienza, aperta alle soluzioni, che tenga conto delle esigenze non solo della salute del pianeta, ma anche di quella dell'uomo, che non è un incidente della storia o un bipede che ha rovinato l'ambiente, ma è colui che questo ambiente ha conservato e mantenuto, si potrà giungere a soluzioni e a provvedimenti condivisi.
La proposta proveniente dal Governo, che non è contenuta nella relazione in esame e che evidentemente non è dissociata dall'azione della sua maggioranza, ci impedisce di votare a favore di una risoluzione, che avremmo potuto tranquillamente sostenere.
In conclusione, preannuncio che il gruppo di Forza Italia si asterrà sulla risoluzione Realacci, mentre voterà a favore delle altre tre risoluzioni presentate a prima firma rispettivamente dai colleghi Barani, Leone e Volontè (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Mariani. Ne ha facoltà.
RAFFAELLA MARIANI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Ministro, l'ampio dibattito da cui è scaturita la risoluzione in esame, la n. 6-00021 a prima firma Realacci, ha trovato approfondita e diffusa analisi all'interno della VIII Commissione ambiente e territorio della Camera, con responsabilità ed interesse di tutti i suoi componenti.
Dalla relazione sulle tematiche relative ai cambiamenti climatici, al cui relatore, onorevole Benvenuto, va la nostra gratitudine, sono indirizzati a quest'Assemblea ed al Governo numerosi spunti, che dobbiamo saper cogliere senza esitazioni e, per una volta, ci auguriamo, all'unanimità.
In questi giorni si è svolta la conferenza nazionale sul clima, il cui principale effettoPag. 72immediato è andato nella direzione di consolidare nell'opinione pubblica la consapevolezza della necessità di agire subito e di individuare misure concrete.
Dalle audizioni e dal confronto svoltosi presso le sette Commissioni parlamentari a vario titolo competenti ed anche con le numerose agenzie scientifiche ed universitarie, i molti soggetti economici interessati, e soprattutto i Ministeri, i quali nella loro azione quotidiana trovano il motivo di una competenza e di un adattamento alle azioni concrete rispetto al tema del cambiamento climatico, abbiamo colto, pur fra i moltissimi argomenti, un comune sentire: la necessità di agire con maggiore condivisione, coerenza e reciprocità, nella direzione indicata. Insomma, vi è la necessità di assumere politiche, declinate secondo la sostenibilità ambientale, come pilastro fondamentale dello sviluppo del nostro sistema nel prossimo futuro.
Vi sono stati ritardi preoccupanti in alcuni settori strategici per il nostro Paese. Ne elenco alcuni: l'energia, i sistemi di mobilità, gli aiuti per la ricerca, l'edilizia, l'agricoltura, la difesa del suolo, la protezione dei grandi fiumi.
Il 2007 è stato definito l'anno del consenso globale; i governi più importanti dell'Unione europea hanno invertito la marcia, stabilendo un traguardo in accordo con la Commissione europea, e si sono candidati a costituire la punta avanzata delle politiche mondiali in campo ambientale: politiche di adattamento, modelli e stili di vita, buone pratiche, ricerca scientifica pura ed applicata, leggi, regole più chiare, coerenza istituzionale a partire dall'Unione europea per arrivare alle singole regioni.
Molta attenzione viene riservata dalla società italiana alla nostra capacità politica e di governo anche in questo campo. Le associazioni ambientaliste, il mondo scientifico, le associazioni dei consumatori e il sistema economico premono perché da un'enorme potenzialità scaturiscano effetti positivi per ambiente, cittadini ed anche - perché no? non vediamo contraddizioni - per il sistema produttivo del nostro Paese.
Si è parlato di una terza rivoluzione industriale che dovremmo saper avviare, sollecitare, incentivare, senza rigidità, ma con regole chiare, ispirate alla tutela della qualità della vita dell'ambiente e della salute dei cittadini. Occorrono responsabilità e semplificazione normativa. In questo senso, siamo partiti con le numerose iniziative avviate con la legge finanziaria per il 2007; oggi, con la legge finanziaria che ci accingiamo a definire, così come indicato nel DPEF, ci proponiamo di fare altrettanto e anche più. Molto, comunque, è possibile fare anche nella direzione dell'armonizzazione delle leggi già esistenti e intorno alle quali ruota il sistema dell'ambiente, dello sviluppo economico, dell'agricoltura, dell'energia e della ricerca. Vi sono, infatti, molte questioni che debbono ancora essere riordinate perché tale sistema sia reso efficace ed efficiente nel più breve tempo possibile, in particolare attraverso la ricerca di una maggior coesione fra i Ministeri competenti e attraverso la valorizzazione del sistema delle agenzie ambientali e di ricerca, che costituiscono utilissimi supporti non solo al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ma in generale al lavoro del Governo. Tali agenzie, in passato, si sono sentite emarginate in ruoli secondari, mentre si tratta di un sistema ricchissimo di apporti scientifici e culturali, del cui contributo sarebbe gravissimo privarsi, anche nell'ottica dell'efficienza e del risparmio della pubblica amministrazione.
È a quel sistema, ad esempio, insieme a quello universitario e della ricerca, che affidiamo la delicatissima missione dell'approccio allo studio della nuova generazione del nucleare: non alle chiacchiere superficiali, né alle polemiche dell'ultimo minuto di chi si appiglia alla cronaca quotidiana. In questo senso, sul terreno della polemica e della discussione all'impronta, sarebbe troppo facile citare il tema così delicato che oggi affiora dalla cronaca mondiale: il riferimento al tema del nucleare, infatti, chiama oggi in causa le vicende iraniane ed i possibili, ipotetici conflitti. Pensate a quanto si potrebbePag. 73discutere di questo argomento, innescando a catena polemiche che non portano a nulla! Si deve inoltre tener ben presente quanto ancora brucia l'umiliazione dovuta all'incapacità con cui il passato Governo ha gestito la questione delle scorie nucleari in una delle principali regioni del centro-sud. Insomma, dobbiamo condurre questa discussione con l'approccio scientifico, la serietà e la delicatezza che la materia richiede.
D'altronde, nelle audizioni che la VIII Commissione ha svolto con i rappresentanti, oltre che del sistema economico e culturale, soprattutto del mondo scientifico e della ricerca, tale discussione è stata condotta con la calma ed anche con la serietà e la correttezza dovute. Insomma, con senso di responsabilità il nostro Governo ha stabilito di partecipare ad un progetto di ricerche e riteniamo che ciò sia serio e corretto.
Le conseguenze che i cambiamenti climatici stanno producendo si abbattono sull'intero pianeta, ma soprattutto sulle popolazioni più deboli, sui più poveri. Si tratta di un tema - lo ricordo a noi stessi - delicato e pressante, che coinvolge l'azione complessiva di un Governo, ma non da solo, bensì nell'azione dello scacchiere internazionale, impegnato a sottolineare l'esigenza di trovare soluzioni per posizioni e Paesi che si vedono vittime di conflitti legati allo sfruttamento delle risorse strategiche (penso all'acqua, al petrolio, al gas). Tutto ciò rientra in una discussione che fa, dei temi ambientali, uno dei principali argomenti di geopolitica che oggi dobbiamo saper affrontare con serietà e con maggior compattezza.
La questione dello scacchiere internazionale pone al nostro Paese una sfida decisiva, che vorremmo raffigurare come quella che ci aspetta nel futuro prossimo: una sfida che si impone a tutto il sistema di un Paese moderno, quella di affrontare, cioè, i prossimi anni con un progetto di sviluppo per tutti settori, un pilastro fondamentale per il nostro agire futuro.
Per tale motivo, il gruppo de L'Ulivo voterà a favore della risoluzione Realacci n. 6-00021. Noi riteniamo che per l'unanimità che è stata riscontrata nella discussione svoltasi all'interno delle sette Commissioni e nel confronto con i numerosi Ministeri che hanno voluto fornire un fondamentale apporto al contributo della relazione, sia necessario affrontare, non per singoli schemi, ma con coerenza, unità e coesione, una politica complessiva.
L'ultima questione su cui desidero soffermarmi riguarda la coerenza con tutto il sistema istituzionale. Noi dobbiamo rispettare - non è inutile ripetersi rispetto a quanto hanno già detto i colleghi che mi hanno preceduto - alcuni parametri e norme poste dall'Unione europea, che sono da considerare come punti di riferimento per le nostre prossime politiche ambientali. Dobbiamo, però, anche tenere presente, nell'ambito di quella coerenza legislativa che vorremmo raccomandare fosse più incisiva, anche il rapporto con le regioni. Noi ragioniamo spesso di federalismo e di azioni che le nostre regioni possono intraprendere anche nel campo dell'ambiente e nell'organizzazione delle politiche a favore della sostenibilità ambientale. A tale riguardo, raccomandiamo e crediamo importante ed utile che, rispetto a tale aspetto, vi sia un maggior raccordo con il sistema legislativo delle regioni, affinché il complessivo riordino e la semplificazione, anche normativa, possano agire come leva anche nell'opinione pubblica, tra i cittadini e le imprese (insomma, nell'economia), di modo che molto più velocemente si possa arrivare ad una condivisione complessiva di ciò che riteniamo urgente fare fin da subito, fin dalla prossima legge finanziaria.
Per tali ragioni, ripeto, preannunzio il voto favorevole del gruppo de L'Ulivo sulla risoluzione n. 6-00021 a prima firma del presidente Realacci (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo e Verdi).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato D'Agrò. Ne ha facoltà.
LUIGI D'AGRÒ. Signor Presidente, onorevoli colleghi, quella che abbiamoPag. 74svolto è stata una discussione estremamente interessante, ma l'intervento del capogruppo dei Verdi, Angelo Bonelli, mi ha impressionato. Il collega in questione, quando sostiene che dobbiamo avviarci verso la terza rivoluzione industriale - definendola «solare» e legata ad altre realtà che non sono presenti in natura, ma hanno bisogno di trasformazione - mi fa rabbrividire.
Quando si parla di pannelli solari, si sa che si deve estrarre energia dal silicio. A tale riguardo faccio notare che attualmente per costruire i pannelli solari si consuma più energia di quella che da essi si riesce a creare.
Sappiamo perfettamente che l'idrogeno non è presente in natura, ma ha bisogno di energia per essere attivato. Pertanto, diciamo con grande franchezza che non è possibile pensare alle rivoluzioni con l'acqua fresca.
Siamo in un Parlamento serio che dovrebbe cominciare a ragionare su ipotesi serie, facendo riferimento ad una realtà industriale capace, anche in questo settore, di compiere il vero salto di qualità nella conoscenza e non nel pubblico arbitrio (Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Gentili. Ne ha facoltà.
SERGIO GENTILI. Signor Presidente, la discussione che si è svolta è, a mio avviso, importante ed ha avuto come base la relazione presentata dalla VIII Commissione. Tale documento ci permette di svolgere una riflessione attenta, ci fornisce dati e valutazioni importanti, frutto dell'incontro di tanti esperti, di tante forze sociali e della ricerca.
Credo che dovremmo accogliere le proposte contenute in tale relazione le quali rappresentano delle opportunità. Ragionare sui cambiamenti climatici comporta, infatti, discutere sull'abbattimento dei gas serra, della CO2; tutto ciò implica un rinnovamento profondo del nostro modo di produrre, di usufruire dei servizi e di consumare. Queste sono le opportunità da cogliere!
Sarebbe veramente un errore da parte nostra, della Camera, non cogliere fino in fondo tali occasioni che non sono costituite, come abbiamo già detto, dalla semplice ricerca sul nucleare. La questione è vedere se veramente abbiamo l'intenzione di impegnarci nella riorganizzazione, ad esempio, del nostro sistema di trasporto, dove, a mio avviso, è necessario ripristinare la mobilità su ferro e il cabotaggio. Occorrono, pertanto, scelte politiche precise e una volontà collettiva del Parlamento e del Paese. Le opportunità, lo ricordo, significano il rilancio della nostra ricerca scientifica.
Si è parlato molto di leader europei e americani, di tutti gli schieramenti, progressisti o conservatori. Tutti, nell'ultimo anno, hanno segnalato la contraddizione ambientale come una delle grande questioni del pianeta, una grande sfida. Perché lo stanno facendo? Perché, oltre alla sincera preoccupazione per il clima, la evidenziano? Perché in quel settore ormai si sta giocando la partita della competitività dei grandi sistemi a livello internazionale. È ovvio che le nuove fonti energetiche saranno insite nella ricerca scientifica, nella forza con cui si progetteranno e si produrranno pannelli solari e termici, e nel modo in cui si interverrà sia nella produzione e nell'uso dell'idrogeno, sia nel modificare le merci ...
PRESIDENTE. La prego di concludere.
SERGIO GENTILI. In tutto ciò è contenuta una grande occasione. Discutere solo di nucleare, che oggi non è possibile realizzare ma su cui continuiamo nella ricerca, e non vedere queste opportunità e la grande sfida che pone il mondo globalizzato sarebbe veramente un'occasione persa. Credo, comunque, che non ci faremo scappare questa occasione (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.
Pag. 75ERMETE REALACCI, Presidente della VIII Commissione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ERMETE REALACCI, Presidente della VIII Commissione. Signor Presidente, desidero svolgere una considerazione finale a conclusione del dibattito. Approfitto di tale occasione anche per ringraziare i componenti della Conferenza dei capigruppo e il Presidente della Camera, dato che noi abbiamo potuto lavorare su loro esplicito mandato.
Voglio ringraziare non soltanto gli eccellenti servizi svolti dai nostri funzionari (che sono di grandissima qualità), ma anche la collaborazione fornita da tutte le altre Commissioni permanenti. Il lavoro di indagine, come i colleghi sanno, è stato molto intenso; abbiamo svolto decine di audizioni, ascoltato dieci ministeri, il mondo scientifico (nelle sue varie articolazioni), il mondo economico, il mondo associativo, le istituzioni locali.
Voglio svolgere una sola altra considerazione, signor Presidente. Siamo di fronte ad un tema che, chiaramente, ha una rilevanza straordinaria nell'opinione pubblica e nella percezione delle sfide del futuro che abbiamo davanti. Vi è un grande dibattito sulla politica e sui suoi limiti. Lei stesso, Presidente, è intervenuto in merito alle correzioni che dobbiamo assolutamente mettere in atto, ma penso che vi sia soprattutto un aspetto in grado di ingenerare distanza tra cittadini e politica: una politica che non è in grado di affrontare con concretezza i problemi del presente e di mettere i cittadini e il Paese in grado di affrontare le sfide del futuro.
Penso che il lavoro che abbiamo svolto sia stato compiuto con un'assoluta apertura - come molti colleghi hanno ricordato - per svolgere un servizio per il Paese. Abbiamo voluto mettere l'Italia al passo con una sfida che è, chiaramente, quella dell'Europa e di tutti i grandi Paesi industrializzati ed è centrale dal punto di vista del nostro futuro. Voglio anche invitare i colleghi che hanno partecipato a tale lavoro a non essere, oggi, trasportati da motivazioni legittime, ma di parte, e ad esprimere e confermare il consenso ad una azione intrapresa nell'interesse di tutti.
Credo che tutti i cittadini ci chiedano anche di avere un occhio, nell'affrontare tali questioni, che vada al di là degli interessi di questa o di quella forza politica e di questo o di quello schieramento. È questo lo spirito con cui ci siamo mossi. Ricordavo ieri, nel mio intervento durante la discussione che esiste un proverbio africano che è stato recentemente utilizzato anche dall'ex vicepresidente Gore che dice «Se vuoi andare veloce vai da solo; se vuoi andare lontano vai insieme agli altri».
Lo spirito con cui la relazione in esame è stata redatta è stato quello di consentire all'Italia, in tutte le sue espressioni politiche, ma anche con il coinvolgimento pieno delle forze economiche, scientifiche, sociali e del mondo della cultura, di affrontare una simile sfida, mettendo in mostra il meglio dei propri talenti e mettendo in grado tutti di portare un contributo ad una sfida determinante per il nostro futuro.
Penso che tale lavoro debba essere compiuto nell'interesse di tutti (come accade negli altri grandi Paesi europei) e sarebbe sbagliato che il nostro Paese desse, invece, un segnale non all'altezza di questa sfida e neanche di ciò che il nostro Paese può fornire come contributo all'Europa e al futuro del mondo (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo e Verdi).
(Votazioni - Doc. XVI, n. 1)
PRESIDENTE. Avverto che la risoluzione Realacci ed altri n. 6-00021 è stata sottoscritta dal deputato Pedica, mentre la risoluzione Barani ed altri n. 6-00022 è stata testé sottoscritta dal deputato Nucara.
Passiamo ai voti.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.Pag. 76
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Realacci ed altri n. 6-00021, accettata dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
(Presenti 464
Votanti 245
Astenuti 219
Maggioranza 123
Hanno votato sì 242
Hanno votato no 3).
(La Camera approva - Vedi votazioni).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Barani ed altri n. 6-00022, non accettata dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 470
Votanti 423
Astenuti 47
Maggioranza 212
Hanno votato sì 190
Hanno votato no 233).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Leone ed altri n. 6-00023, non accettata dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 471
Votanti 420
Astenuti 51
Maggioranza 211
Hanno votato sì 186
Hanno votato no 234).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Volontè ed altri n. 6-00024, non accettata dal Governo.
(Segue la votazione).
LUCA VOLONTÈ. Dove sono gli amici di Bersani? Dove sono gli amici di Enrico Letta? Dove sono?
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 473
Votanti 392
Astenuti 81
Maggioranza 197
Hanno votato sì 159
Hanno votato no 233).
Seguito della discussione delle mozioni Maroni ed altri n. 1-00216, Airaghi ed altri n. 1-00217, Barbi ed altri n. 1-00219 e Leone ed altri n. 1-00220, sui contenuti e sulle conseguenze economiche complessive del nuovo piano industriale dell'Alitalia, con particolare riferimento al ruolo dell'aeroporto di Malpensa (ore 17,10).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Maroni ed altri n. 1-00216, Airaghi ed altri n. 1-00217, Barbi ed altri n. 1-00219 e Leone ed altri n. 1-00220, sui contenuti e sulle conseguenze economiche complessive del nuovo piano industriale dell'Alitalia, con particolare riferimento al ruolo dell'aeroporto di Malpensa (Vedi l'allegato A - Mozioni sezione 1).
Ricordo che nella seduta di ieri si è conclusa la discussione sulle linee generali delle mozioni ed è intervenuto il rappresentante del Governo, esprimendo altresì parere contrario sulle mozioni Maroni ed altri n. 1-00216 e Airaghi ed altri n. 1-00217,Pag. 77parere favorevole sulla mozione Barbi ed altri n. 1-00219 e riservandosi di esprimere successivamente il parere sulla mozione Leone ed altri n. 1-00220.
Avverto che è stata presentata una riformulazione della mozione Barbi ed altri n. 1-00219, il cui testo è in distribuzione.
(Parere del Governo)
PRESIDENTE. Invito il rappresentante del Governo a completare l'espressione del parere sulle mozioni all'ordine del giorno.
MASSIMO TONONI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, il Governo conferma il parere favorevole sulla mozione Barbi ed altri n. 1-00219, nella nuova formulazione, ed esprime parere contrario sulla mozione Leone ed altri n. 1-00220, sulla base delle considerazioni svolte nell'intervento di ieri. Tali pareri sono forniti, in particolare, con riferimento all'autonomia di Alitalia e del suo consiglio di amministrazione, in merito alle scelte gestionali e alla tempistica delle stesse scelte, che devono tutelare gli interessi dell'azienda, di tutti gli azionisti e non soltanto dell'azionista di maggioranza relativa.
Ricordo, peraltro, che giovedì prossimo il presidente Prato riferirà in audizione presso la Commissione trasporti del Senato e, quindi, potrà - se lo riterrà - offrire chiarimenti importanti al Parlamento, in merito al piano.
PRESIDENTE. Prima di passare alle dichiarazioni di voto, sospendo brevemente la seduta per sentire i presidenti di gruppo...
ANDREA GIBELLI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANDREA GIBELLI. Signor Presidente, non ho nulla da eccepire sulla sospensione ed altro, ma vorrei chiedere alla Presidenza di invitare il Governo ad avere un atteggiamento rispettoso degli atti di indirizzo al nostro esame. Dato che il Parlamento è ancora sovrano, un componente del Governo non può venire a dirci che giovedì al Senato ci daranno dei chiarimenti in merito al piano industriale! Infatti, il Parlamento italiano, la Camera dei deputati, oggi vuole avere dei chiarimenti sulle linee guida del provvedimento, diversamente non potrebbe esprimere un parere sulla mozione; altrimenti ci prendiamo in giro (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Forza Italia)! O si rispettano le procedure e il Parlamento, oppure la nostra discussione è già preconfezionata...
PRESIDENTE. La prego...
ANDREA GIBELLI. ...rispetto alle indicazioni che l'Assemblea vorrà dare al Governo, che fino a prova contraria è l'azionista di Alitalia...
PRESIDENTE. Grazie...
ANDREA GIBELLI. ...e, quindi, il partner di riferimento.
PRESIDENTE. Deputato Gibelli, come al solito sono costretto a chiederle di distinguere le questioni di merito da quelle di metodo. Il Governo fornisce dei pareri, grazie ai quali la discussione può proseguire. Naturalmente, nel corso degli interventi, tale giudizio del Governo, e i suoi pareri sono oggetto di possibile discussione. Sospendo per dieci minuti la seduta.
La seduta, sospesa alle 17,15, è ripresa alle 17,24.
PRESIDENTE. Considerato che tra breve è convocata la riunione dell'Ufficio di Presidenza per esaminare gli ordini del giorno riferiti al bilancio interno, sentiti informalmente i gruppi parlamentari, al fine di dare ordine ai nostri lavori e per evitare di distinguere le dichiarazioni di voto dal voto, possiamo sospendere quiPag. 78l'esame delle mozioni, prevedendone il seguito al primo punto dell'ordine del giorno della seduta di domani, rinviando altresì l'altro punto all'ordine del giorno.
Ordine del giorno della seduta di domani.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.
Mercoledì 19 settembre 2007, alle 9:
(ore 9 e al termine dello svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata)
1. - Seguito della discussione delle mozioni Maroni ed altri n. 1-00216, Airaghi ed altri n. 1-00217, Barbi ed altri n. 1-00219 e Leone ed altri n. 1-00220 sui contenuti e sulle conseguenze economiche complessive del nuovo piano industriale dell'Alitalia, con particolare riferimento al ruolo dell'aeroporto di Malpensa.
2. - Seguito della discussione congiunta dei documenti:
Conto consuntivo della Camera dei deputati per l'anno finanziario 2006 (Doc. VIII, n. 3).
Progetto di bilancio della Camera dei deputati per l'anno finanziario 2007 (Doc. VIII, n. 4).
3. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Modernizzazione, efficienza delle Amministrazioni pubbliche e riduzione degli oneri burocratici per i cittadini e per le imprese (2161-A).
e delle abbinate proposte di legge: PEDICA ed altri; NICOLA ROSSI ed altri; LA LOGGIA e FERRIGNO (1505-1588-1688).
- Relatore: Giovanelli.
(ore 15)
4. - Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.
La seduta termina alle 17,25.
VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO
INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 4 | ||||||||||
---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|
Votazione | O G G E T T O | Risultato | Esito | |||||||
Num | Tipo | Pres | Vot | Ast | Magg | Fav | Contr | Miss | ||
1 | Nom. | Ris. Realacci ed altri n. 6-21 | 464 | 245 | 219 | 123 | 242 | 3 | 62 | Appr. |
2 | Nom. | Ris. Barani ed altri n. 6-22 | 470 | 423 | 47 | 212 | 190 | 233 | 62 | Resp. |
3 | Nom. | Ris. Leone ed altri n. 6-23 | 471 | 420 | 51 | 211 | 186 | 234 | 62 | Resp. |
4 | Nom. | Ris. Volontè ed altri n. 6-24 | 473 | 392 | 81 | 197 | 159 | 233 | 62 | Resp. |
F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.