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XV LEGISLATURA
Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 223 di lunedì 15 ottobre 2007
Pag. 1PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI
La seduta comincia alle 15,30.
SILVANA MURA, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 9 ottobre 2007.
(È approvato).
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Amato, Aprea, Bersani, Bimbi, Bindi, Boco, Bonino, Capodicasa, Cento, Chiti, Colucci, D'Alema, Damiano, D'Antoni, De Castro, De Piccoli, Di Pietro, Di Salvo, Donadi, Fioroni, Folena, Forgione, Franceschini, Galante, Gentiloni Silveri, Landolfi, Lanzillotta, Letta, Levi, Maroni, Melandri, Minniti, Morrone, Mussi, Leoluca Orlando, Ottone, Parisi, Pecoraro Scanio, Pinotti, Pisicchio, Pollastrini, Rutelli, Santagata, Sgobio, Stucchi, Tondo, Tremonti, Visco ed Elio Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente cinquantadue, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Annunzio di petizioni (ore 15,31).
PRESIDENTE. Invito l'onorevole segretario a dare lettura del sunto delle petizioni pervenute alla Presidenza, che saranno trasmesse alle sottoindicate Commissioni.
SILVANA MURA, Segretario, legge:
LUCA PALA, da Roma, chiede modifiche alla legge elettorale e agli articoli 56 e 57 della Costituzione (435) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
MORENO SGARALLINO, da Terracina (Latina), chiede: interventi per rafforzare gli strumenti di controllo e repressione dell'immigrazione clandestina (436) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
misure per ridurre i tempi di attesa e i costi per i cittadini che chiedono informazioni via telefono agli uffici pubblici e privati (437) - alla IX Commissione (Trasporti);
l'abolizione delle spese per l'invio dell'estratto conto da parte delle banche (438) - alla VI Commissione (Finanze);
MATTEO LA CARA, da Vercelli, chiede: l'abrogazione della legge 20 febbraio 1958, n. 75, cosiddetta «legge Merlin», e una nuova normativa per regolamentare il fenomeno della prostituzione (439) - alla II Commissione (Giustizia);
l'estensione alle regioni a statuto ordinario degli ordinamenti in vigore nelle regioni a statuto speciale (440) - alla I Commissione (Affari costituzionali);Pag. 2
l'abrogazione dell'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario (legge 26 luglio 1975, n. 354) (441) - alla II Commissione (Giustizia);
MARIO FRASSON, da Resana (Treviso), chiede l'introduzione di sanzioni penali per la repressione dell'esercizio della prostituzione lungo le strade (442) - alla II Commissione (Giustizia);
COSTANZO SACCO, da Aquino (Frosinone), chiede l'approvazione di disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 21 maggio 2000, n. 146, in materia di riallineamento dei ruoli del personale direttivo e dirigente del Corpo di polizia penitenziaria (443) - alla XI Commissione (Lavoro);
SALVATORE GIUSEPPE CRISAFI, da Roma, chiede interventi per il riordino della disciplina dell'attività di mediatore nel settore immobiliare ai fini della liberalizzazione del relativo mercato (444) - alla X Commissione (Attività produttive);
TERESA TOSI, da Roma, e numerosi altri cittadini, chiedono che i risarcimenti previsti a favore dei cittadini talassemici o emofiliaci siano estesi a tutti i cittadini che abbiano contratto epatite a seguito di trasfusioni anche occasionali (445) - alla XII Commissione (Affari sociali);
PIER LUIGI MARTINEZ, da Collegno (Torino), chiede l'istituzione di un nuovo apparato giudiziario competente per la valutazione delle violazioni di minore gravità (446) - alla II Commissione (Giustizia);
LUCA MARCO COMELLINI, da Cerveteri (Roma), chiede che vengano apportate modifiche alla legge 10 maggio 1983, n. 212, in materia di valutazione del personale militare ai fini dell'avanzamento di carriera (447) - alla IV Commissione (Difesa);
FABIO RATTO TRABUCCO, da Chiavari (Genova), chiede l'aggregazione ad altra regione dei comuni che ne hanno fatto richiesta con le modalità previste dall'articolo 132 comma 2 della Costituzione (448) - alla I Commissione (Affari costituzionali).
Modifica nella composizione della Commissione parlamentare di controllo sull'attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale.
PRESIDENTE. Comunico che il Presidente della Camera ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare di controllo sull'attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale il deputato Angelo Compagnon, in sostituzione del deputato Luciano Ciocchetti, dimissionario.
In morte dell'onorevole Gaetano Ambrico.
PRESIDENTE. Comunico che il giorno 14 ottobre è deceduto l'onorevole Gaetano Ambrico, già membro della Camera dei deputati nella I legislatura.
La Presidenza della Camera ha già fatto pervenire ai familiari le espressioni della più sentita partecipazione al loro dolore, che desidera ora rinnovare anche a nome dell'Assemblea.
Discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di stabilizzazione e di associazione tra le Comunità europee ed i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Albania, dall'altra, con allegati, protocolli, dichiarazioni e atto finale, fatto a Lussemburgo il 12 giugno 2006 (A.C. 3043) (ore 15,35).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di stabilizzazione e di associazione tra le Comunità europee ed i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Albania, dall'altra,Pag. 3con allegati, protocolli, dichiarazioni e atto finale, fatto a Lussemburgo il 12 giugno 2006.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al resoconto della seduta del 10 ottobre 2007.
(Discussione sulle linee generali - A.C. 3043)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare Forza Italia ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il presidente della III Commissione, onorevole Ranieri, ha facoltà di svolgere la relazione in sostituzione del relatore, onorevole Azzolini.
UMBERTO RANIERI, Presidente della III Commissione. Signor Presidente, esaminiamo oggi un provvedimento che ha un particolare rilievo politico per il nostro Paese: si discute della ratifica dell'Accordo di stabilizzazione e di associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri e l'Albania. Tale accordo crea le condizioni per un consolidamento ulteriore delle relazioni tra l'Albania e l'Unione europea: un obiettivo al quale l'Italia è fortemente interessata, non solo per ragioni geografiche (la vicinanza dell'Albania alle coste italiane) e storiche (i rapporti e gli sviluppi nelle relazioni con questo Paese, realizzatisi nel corso del tempo), ma anche perché riteniamo che l'Albania possa assolvere a un ruolo importante nei Balcani occidentali ai fini della stabilizzazione e della sicurezza di quell'area.
Un'Albania che riuscisse, in modo sempre più incisivo, ad assolvere compiutamente e a realizzare gli obiettivi che le consentirebbero di avvicinarsi all'Unione europea, potrebbe certamente svolgere una funzione di stabilizzazione nel sud est d'Europa e, in particolare, nell'area dei Balcani occidentali. Ciò costituisce il motivo di fondo e la ragione politica che spinge l'Unione europea nel suo complesso - e l'Italia in particolare - a sostenere la prospettiva di avvicinamento dell'Albania all'Unione europea. L'Accordo di stabilizzazione e di associazione permette di compiere un passo avanti in questa direzione.
Questa generazione di accordi fu messa a punto dall'Unione europea nel 1999, a conclusione del conflitto nel Kosovo. Quando l'obiettivo della stabilizzazione di quell'area divenne una priorità della comunità internazionale e dell'Unione europea, si considerò necessario individuare uno strumento per consentire l'avvicinamento dell'intera regione dei Balcani occidentali all'Unione e lo si individuò nell'Accordo di stabilizzazione e di associazione.
L'Albania ha attraversato una fase di negoziato dell'accordo in questione con l'Unione ed è giunta poi alla stipula. Oggi discutiamo la ratifica: in verità, il nostro Paese vi è giunto con qualche ritardo, dopo che molti altri Paesi dell'Unione hanno già assolto a questo compito.
L'Accordo di stabilizzazione e di associazione prevede uno sviluppo per quanto attiene alle relazioni economiche e un impegno da parte delle autorità albanesi a dotarsi sempre più di istituzioni coerenti e in sintonia con i principi del libero mercato, ma prevede anche un'intensificazione del dialogo politico: uno sforzo teso a coinvolgere un Paese come l'Albania nelle analisi, nelle valutazioni e nelle decisioni che l'Unione europea adotta su tutte le principali questioni internazionali che impegnano l'Unione medesima.
È evidente, quindi, che la ratifica dell'Accordo e la sua implementazione da parte delle autorità albanesi consentiranno uno sviluppo ulteriore in direzione della stabilizzazione e della democratizzazione piena dell'Albania, che potrà dotarsi di istituzioni più efficaci e di stampo europeo e svolgere una funzione significativa nellaPag. 4regione, in un rapporto positivo e costruttivo con gli altri Paesi dei Balcani occidentali.
In anni ormai lontani, abbiamo guardato con preoccupazione all'evoluzione dello Stato albanese e alle vicende che lo hanno segnato in momenti di crisi particolarmente difficili e delicati.
In quei momenti l'Italia non ha mai fatto mancare un sostegno a tutti coloro che in Albania hanno lavorato per la stabilizzazione e la democratizzazione del Paese.
Nel corso degli ultimi anni, abbiamo apprezzato gli sforzi compiuti dalle autorità albanesi per contribuire al consolidamento dei caratteri democratici della realtà del Paese e all'assunzione piena dei principi e dei valori di uno Stato di diritto, oltre che per consentire all'Albania di dotarsi delle istituzioni necessarie per lo sviluppo di un'economia libera e di mercato.
Abbiamo anche apprezzato una dialettica politica che in quel Paese ha consentito l'avvicendarsi di coalizioni diverse al Governo di Tirana, in modo democratico e sulla base di un meccanismo di alternanza rispettato da entrambi gli schieramenti che si sono confrontati per la conquista del Governo dell'Albania.
Recentemente, sono stati compiuti ulteriori passi in questa direzione. Le elezioni amministrative si sono svolte, anche secondo le valutazioni degli osservatori della comunità internazionale, in modo coerente con il rispetto della libertà politica e della possibilità di esprimersi liberamente in occasione dei suffragi.
In sostanza, siamo consapevoli del permanere delle difficoltà e degli elementi di fragilità che ancora caratterizzano la realtà istituzionale albanese, tuttavia desideriamo sottolineare con fiducia i passi avanti compiuti. Ovviamente, chiediamo alle autorità albanesi una maggiore determinazione nella lotta contro la criminalità organizzata e i fenomeni di corruzione nella vita pubblica, che ancora condizionano, spesso gravemente, lo sviluppo democratico del Paese, così come auspichiamo che in quella realtà sia tutelata una piena libertà dei media, dei mezzi di informazione, che è essenziale per poter partecipare a pieno titolo a un processo di avanzamento verso l'Unione europea.
Con questo animo, quindi, che non sottovaluta i problemi e le difficoltà presenti nella situazione albanese, ma che è consapevole anche dei passi avanti compiuti, si ritiene che un ampio consenso sulla ratifica di questo accordo di stabilizzazione e associazione possa essere importante e utile per l'Albania e per il rafforzamento di impegnative e serie relazioni, su tutti i piani, tra il nostro Paese e l'Albania.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
PATRIZIA SENTINELLI, Viceministro degli affari esteri. Signor Presidente, l'atto in esame è di particolare rilevanza e significato politico, in quanto dà sostanza all'impegno dell'Italia nel rafforzamento dei rapporti tra l'Unione europea e lo Stato albanese e, su un piano più generale, nel favorire l'avvicinamento dei Paesi dei Balcani occidentali all'Unione europea.
Dunque la ratifica, da parte del Parlamento, dell'Accordo di stabilizzazione e di associazione tra le Comunità europee ed i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Albania, dall'altra, è un atto molto significativo, anche perché è atteso con viva trepidazione, direi, dal Governo albanese e dalla stessa Unione europea.
L'Italia sostiene da tempo la necessità di una progressiva e piena integrazione dei Balcani occidentali nell'Unione europea e l'Accordo, una volta ratificato, costituirà un importante segnale di incoraggiamento per il Governo albanese a proseguire sulla via delle riforme, esattamente nella direzione che veniva segnalata anche dall'onorevole Ranieri, presidente della Commissione affari esteri, che ha discusso a lungo del provvedimento in esame.
Peraltro, come veniva ricordato, siamo un po' in ritardo: pertanto sarebbe utile - e perciò richiamo anche l'attenzione del Parlamento su tale aspetto - imprimere un'accelerazione all'iter parlamentare, talePag. 5da consentire anche all'Italia di procedere rapidamente all'espletamento delle procedure nazionali, e di lanciare, sia a Tirana sia ai nostri partner europei, un segnale particolarmente significativo del nostro interesse per il rafforzamento dei rapporti, già intensi, tra il nostro Paese, i partner a noi vicini e l'intera Unione europea.
Peraltro, voglio anche ricordare che sia il Governo sia il Parlamento, attraverso i presidenti delle Commissioni affari esteri di Camera e Senato, hanno assicurato le autorità albanesi circa la comune volontà di procedere speditamente nella procedura di ratifica.
L'accordo di stabilizzazione e di associazione contiene disposizioni che coprono l'intera gamma dei rapporti con l'Unione europea e che sono destinate ad aiutare il Paese, le sue istituzioni e la sua legislazione ad avvicinarsi progressivamente all'Unione europea.
L'accordo di stabilizzazione e di associazione è un importante passaggio, che consente un'implementazione del processo di stabilizzazione e di associazione, proprio perché è centrale nella strategia dell'Unione europea verso i Paesi dei Balcani occidentali.
Attraverso tale tipo di accordo e tale implementazione del processo, l'Unione europea offre ai Paesi dell'area la prospettiva della massima integrazione possibile nel contesto politico ed economico dell'Europa, proprio mediante la conclusione di un accordo di stabilizzazione e di associazione.
Si tratta di un accordo più avanzato rispetto a quelli preesistenti - mi riferisco in particolare all'accordo di commercio e cooperazione - in quanto caratterizzato da una clausola evolutiva, che prevede la prospettiva di un'eventuale e futura adesione dei Paesi della regione all'Unione europea, sulla base dei criteri di Copenaghen.
L'Accordo di stabilizzazione e di associazione con l'Albania si prefigge di contribuire alla stabilizzazione politica appunto, ma anche a quella economica ed istituzionale del Paese. In riferimento a ciò voglio aggiungere che può contribuire alla stabilizzazione politica, economica ed istituzionale dell'intera regione dei Balcani occidentali.
La corretta attuazione dell'accordo in esame, in particolare per quanto riguarda la volontà regionale, costituisce infatti la condicio sine qua non per l'integrazione di Tirana nel contesto politico ed economico dell'Unione europea.
L'Accordo di stabilizzazione e di associazione in esame si fonda sul rispetto delle parti, dei principi democratici, dei diritti umani, dei principi del diritto internazionale, dello Stato di diritto, nonché dei principi dell'economia di mercato.
Gli obiettivi dell'associazione che l'Accordo in esame istituisce tra Unione europea e Albania sono sinteticamente i seguenti: fornirne un contesto adeguato per il dialogo politico, che consenta lo sviluppo di strette relazioni tra le parti; sostenere gli sforzi di Tirana volti a sviluppare la cooperazione economica ed internazionale; sostenere le iniziative dell'Albania volte a completare la transizione verso l'economia di mercato, promuovendo relazioni economiche armoniose tra le parti e instaurando progressivamente una zona di libero scambio tra Comunità e Albania compatibile con le disposizioni dell'Organizzazione mondiale del commercio e promuovere la cooperazione regionale.
L'Accordo in esame include inoltre disposizioni specifiche, relative alla cooperazione nel settore della giustizia e degli affari interni, che si prefiggono di contribuire al consolidamento delle istituzioni e dello Stato di diritto, attraverso il rafforzamento dell'amministrazione e dell'apparato giudiziario.
L'Accordo in esame contiene anche uno specifico ambito di cooperazione a livello regionale in materia di visti, controlli alle frontiere, asilo e immigrazione, prevenzione e controllo dell'immigrazione illegale e lotta alle attività e ai traffici illeciti.
Tali disposizioni, che interessano peraltro anche settori in cui il Paese è chiamato a compiere i maggiori passi in avanti, sono state recentemente completate, il 18 settembre scorso, dalla firma di un accordoPag. 6di facilitazione in materia di visti tra le Comunità europee e l'Albania, la cui entrata in vigore è prevista per la fine dell'anno, mentre il collegato accordo di riammissione tra Unione europea e Albania è già in vigore dal maggio 2006. Questo Accordo di stabilizzazione e di associazione dunque, una volta entrato in vigore, contribuirà ad un più stretto ancoraggio dell'Albania ai principi democratici e al rispetto dei diritti umani delle minoranze, che sono patrimonio comune di tutti i popoli dell'Unione europea e rappresenterà uno strumento concreto per il sostegno del processo di consolidamento delle istituzioni democratiche e dello Stato di diritto nella stessa Albania.
Non vi è dubbio, infine, che i rapporti con l'Albania possono considerarsi un tema prioritario per l'Italia e che le dinamiche interne di quel Paese vengano da noi seguite da vicino. Il nostro Paese mantiene tra le sue priorità il sostegno a Tirana volto al consolidamento politico-istituzionale e allo sviluppo economico. Nel corrente semestre tale nostra azione risulta rafforzata anche in virtù del ruolo privilegiato che ci viene accordato dalla funzione di presidenza di turno dell'Unione europea svolta, tramite la nostra ambasciata a Tirana in loco, in nome e per conto del Portogallo.
Alla luce delle considerazioni svolte, una volta entrato in vigore, l'Accordo di stabilizzazione e di associazione tra Unione europea ad Albania assumerà un importante ruolo di ulteriore ancoraggio di Tirana ai valori dell'Unione europea.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mattarella. Ne ha facoltà.
SERGIO MATTARELLA. Signor Presidente, l'Accordo di stabilizzazione e di associazione tra le Comunità europee, i singoli Stati membri e l'Albania è particolarmente importante. Esprimo il sostegno del gruppo dell'Ulivo, che rappresento e di cui fanno parte i deputati del Partito democratico, sottolineando il rilievo che un tale Accordo possiede, facendo seguito a quelli analoghi intervenuti con la Macedonia e con la Croazia. Come ha sottolineato il relatore, si tratta di un Accordo con un Paese che sta compiendo un ampio e positivo percorso di rafforzamento democratico e di sviluppo civile, pur tra problemi che non mancano. Al riguardo, basterebbe riflettere sul cammino che tale Paese amico, vicino dell'Italia e con cui il nostro Paese svolge, mantiene e sviluppa importanti relazioni collaborative, ha percorso da quando, circa dieci anni fa, venne attraversato da una grave crisi dalla quale uscì anche grazie all'aiuto del nostro Paese con l'operazione Alba. Un cammino che ha portato l'Albania - come il relatore ha poc'anzi ricordato e come anche il Governo ha rammentato - verso un rafforzamento della vita democratica interna, verso uno sviluppo delle questioni civili e verso prospettive di miglioramento di cui ha sicuramente necessità, ma che sono altresì palesemente in attuazione e in crescita.
Come è stato sottolineato, l'Accordo è volto a consentire l'evoluzione di più intense, collaborative e ampie relazioni tra l'Albania e l'Unione europea, prefigura un'integrazione crescente della collaborazione tra l'Albania e l'Unione europea, che consoliderà e svilupperà i rapporti tra la stessa Albania e tutti i Paesi che fanno parte dell'Unione europea e tutto ciò rappresenta uno dei motivi per i quali noi sosteniamo la ratifica e voteremo affinché venga autorizzata. Si tratta di un Accordo che si basa su alcuni principi e valori richiamati dal relatore e dal Governo e che intendo anche io richiamare, perché sono quelli che motivano il voto favorevole che esprimeremo.
Si tratta di un Accordo che intende consolidare la democrazia e lo Stato di diritto in Albania, e che intende sviluppare la vita di tale Paese secondo il rispetto dei principi democratici, dei diritti umani e di quei principi che garantiscono la promozione della pace e la collaborazione internazionale, sia nella sede complessiva della comunità internazionale sia in sede regionale, ovverosia nell'ambito della regione balcanica, così ampiamente travagliata nella storia. Inoltre, vi sono alcuni aspettiPag. 7dell'Accordo per noi particolarmente importanti. Si tratta di quegli aspetti che attengono alla sicurezza, agli impegni collaborativi per la sicurezza e per la lotta alla corruzione.
Quindi, l'Accordo è particolarmente importante per il nostro Paese, e riveste una duplice importanza, poiché l'Italia - in quanto tale e in quanto membro dell'Unione europea - ha un ampio interesse a che l'Accordo in esame venga velocemente ratificato. L'Accordo, in definitiva, prefigura e preannunzia l'integrazione e (quando sarà il momento) l'ingresso dell'Albania nell'Unione europea, e se colleghiamo a questo Accordo i patti con la Croazia e la Macedonia, tutto ciò prefigura e preannunzia (quando sarà il momento) l'ingresso dei Paesi dell'area balcanica occidentale nell'Unione. Considerato che la prospettiva richiamata contribuisce a mantenere in pace l'area balcanica e a creare condizioni di sviluppo nella stessa, la possibilità dell'ingresso nell'Unione europea è uno dei motivi per cui i Paesi di tale area possono avere un incentivo, una spinta e una sollecitazione a collaborare reciprocamente. La prospettiva dell'ingresso nell'Unione europea, per i Paesi balcanici (quando sarà possibile realizzarla) costituisce, dunque, la condizione per il ritrovamento, dopo molto tempo, di una pace stabile, di una collaborazione intensa e impegnativa, e di una vera convivenza serena (come è desiderata dai popoli dell'area in questione), che rappresenta un interesse primario del nostro Paese e dell'intera Europa.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mellano. Ne ha facoltà.
BRUNO MELLANO. Signor Presidente, colleghi, a nome dei radicali e dei socialisti del gruppo La Rosa nel Pugno, anch'io intervengo solo per sottolineare l'importanza della ratifica dell'Accordo in esame, e intendo rapportare tale importanza ad una fase che, per noi radicali, vede l'Europa fare passi indietro. Infatti, rispetto al modello di Altiero Spinelli, di una grande Europa, patria comune, vi sono forti tentazioni di un ritorno all'Europa delle patrie, ai nazionalismi e agli specifici interessi di parte. Invece, il provvedimento in esame, l'Accordo la cui ratifica stiamo per autorizzare, ci fa ripensare alla forte e chiara valenza che l'Europa ha avuto in questi anni. Il grande processo di allargamento cui stiamo tentando di dare gambe e struttura deve essere letto, a nostro giudizio, come il grande successo dell'Europa di Altiero Spinelli, un'Europa che ha saputo far vivere di sé, e del proprio sogno di patria comune, le speranze di chi si è liberato di anni di regimi e di costrizioni dittatoriali, antidemocratiche e antiliberali.
Il processo in cui vogliamo inserire il nostro rapporto con l'Albania, a mio giudizio, rientra in questa grande valenza di Europa patria comune. Dobbiamo riuscire ad offrire agli amici albanesi un sicuro approdo - anche attraverso un percorso a tappe, con garanzie e con i tempi necessari - alla patria comune europea all'interno di un progetto comune. Quindi, occorre assecondare il loro percorso, che è in movimento, di adeguamento delle legislazioni, dei rapporti commerciali e diplomatici, che devono essere non solo di buon vicinato, ma anche di partnerariato e di colleganza, anche perché la nostra attenzione - più, in generale, quella della classe politica occidentale e italiana - vanno un po' all'inseguimento delle crisi e delle emergenze. Sappiamo che dietro l'angolo vi potrebbe essere una possibile crisi con il Kosovo - all'inizio di dicembre - e occorrerà ricercare la chiave da utilizzare per dipanare il problema della richiesta di indipendenza dello stesso Kosovo all'interno di un'Europa che ancora non sa offrire risposte comuni ad un problema comune.
Quindi, è necessario agganciare e costruire una rete di rapporti e relazioni non soltanto per l'attesa che abbiamo creato negli albanesi e in Albania, ma anche per un interesse comune a stabilizzare la zona e i rapporti e a far crescere l'Europa comune anche con l'Albania. Infatti, è un interesse anche nostro - dobbiamo dirlo in modo chiaro e netto ai cittadini italianiPag. 8e all'opinione pubblica -, è un interesse anche dei cittadini italiani, avere regole comuni e condivise di cittadinanza comune europea, di immigrazione, di mercato del lavoro, di convivenza civile con i vicini albanesi. È una risposta che dobbiamo agli albanesi e agli italiani e che, a mio giudizio, dobbiamo anche ai padri nobili dell'Europa comune come Altiero Spinelli e Ernesto Rossi.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 3043)
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il presidente della III Commissione, onorevole Ranieri.
UMBERTO RANIERI, Presidente della III Commissione. Signor Presidente, rinuncio alla replica.
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.
PATRIZIA SENTINELLI, Viceministro degli affari esteri. Signor Presidente, anch'io rinuncio alla replica.
PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
Discussione del testo unificato delle proposte di legge Foti ed altri; Iannuzzi ed altri; Iannuzzi ed altri: Riqualificazione e recupero dei centri storici (A.C. 550-764-824-A) (ore 16,07).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del testo unificato delle proposte di legge di iniziativa dei deputati Foti ed altri; Iannuzzi ed altri; Iannuzzi ed altri: Riqualificazione e recupero dei centri storici.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).
(Discussione sulle linee generali - A.C. 550-A ed abbinate)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare Forza Italia ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la VIII Commissione (Ambiente) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Bocci, ha facoltà di svolgere la relazione.
GIANPIERO BOCCI, Relatore. Signor Presidente, la proposta che viene sottoposta all'attenzione dell'Assemblea rappresenta l'impegno che, sin dall'inizio della legislatura, la VIII Commissione ha cercato di portare avanti coerentemente, per non sprecare un lavoro già svolto nella scorsa legislatura e sul quale si era tenuto un confronto anche in quest'Assemblea. Il provvedimento in esame si inserisce in un'opera legislativa coerente, perché si tratta di un provvedimento che fa seguito ad un'altro approvato in questo ramo del Parlamento: mi riferisco alla legge riguardante i piccoli comuni. Possiamo dire che vi è una grande sintonia tra la legge sui piccoli comuni e il provvedimento che sarà sottoposto, oggi e nei prossimi giorni, al confronto e al voto dell'Assemblea, concernente la riqualificazione dei centri storici: entrambi denotano l'attenzione particolare della VIII Commissione sull'Italia dei talenti e sulle bellezze del nostro Paese.
Alla Commissione ambiente sono state assegnate tre proposte di legge finalizzate a consentire l'avvio di interventi integrati volti alla riqualificazione urbana dei centri storici. Dopo un lavoro costruttivo e un confronto serio tra tutte le forze politichePag. 9all'interno della Commissione, si è giunti all'elaborazione di un testo unificato che ora viene sottoposto all'esame dell'Assemblea e che rappresenta il risultato di un lavoro unitario svolto in Commissione. Grazie al contributo di tutte le forze politiche, possiamo dire che oggi sottoponiamo all'attenzione dell'Assemblea un testo che ha la consapevolezza della dimensione che contiene: non vuole avere la pretesa di essere una normativa particolarmente complessa sui centri storici, ma vuole cogliere alcuni punti e offrire un contributo serio su un tema che sta particolarmente a cuore agli italiani e al Paese. Anche dai diversi incontri informali avvenuti con rappresentanti del commercio, del turismo e degli enti locali, dell'associazionismo ambientale e culturale è emersa una sostanziale condivisione e un apprezzamento di massima.
Certo, ad esempio, gli operatori del commercio, così come quelli di altri settori, hanno auspicato un provvedimento più ampio e più robusto su un tema così complesso e importante, ma nulla esclude che, per il futuro, possa avviarsi un lavoro su un provvedimento che sia capace di dare una risposta più ambiziosa rispetto a quella che viene data oggi. Occorrono tempi diversi, iniziative più articolate e, dunque, un coinvolgimento più ampio degli enti locali, dell'associazionismo e dei rappresentanti del commercio e del turismo.
Svolgo ora alcune considerazioni sul provvedimento che viene sottoposto all'attenzione di quest'Assemblea. Anzitutto, si tratta di un testo unificato che ha un carattere integrato. Gli interventi che abbiamo previsto possono e devono coinvolgere sia soggetti pubblici, sia privati; prevediamo un concorso, una condivisione, una partecipazione sia di risorse private sia di risorse pubbliche. Questo può rappresentare un modello da rafforzare anche in altri provvedimenti in cui - una volta delineati gli obiettivi e le ambizioni - si possa tracciare insieme il percorso lungo il quale soggetti sia privati sia pubblici concorrano a costruire le condizioni per realizzare gli interventi che il provvedimento in esame intende raggiungere e che sottolinea nella propria opera.
Inoltre, quando abbiamo iniziato a lavorare su questo provvedimento e sui testi che i diversi colleghi hanno presentato in Commissione, un approfondimento che la Commissione ha voluto svolgere, in modo particolare, è stato quello di comprendere il rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite. Ovvero, la I Commissione ha espresso un parere favorevole con un'osservazione finalizzata a ricondurre gli interventi previsti dal provvedimento «interamente nell'ambito della materia "tutela dei beni culturali", di competenza esclusiva dello Stato, con particolare riferimento alla limitazione degli interventi nei centri storici dei comuni con popolazione pari o inferiore a 200.000 abitanti ed alla previsione della realizzazione di opere pubbliche o di interesse pubblico». Al riguardo, l'VIII Commissione, nel valutare con attenzione il testo, ha ritenuto anzitutto opportuno rilevare che, secondo la costante giurisprudenza della Corte costituzionale, anche nelle materie di legislazione concorrente possono trovare spazio interventi finanziari diretti dello Stato a favore dei comuni, vincolati nella destinazione per normale attività e compiti di competenza di questi ultimi, nell'ambito dell'attuazione di discipline dettate dalla legge statale nelle materie di propria competenza esclusiva, ovvero nell'ambito della disciplina degli speciali interventi finanziari in favore di determinati comuni, ai sensi dell'articolo 119, comma 5, della Costituzione. A tal fine, si ritiene che, per un verso, la finalità di disporre interventi di riqualificazione edilizia su beni ricadenti nei centri storici e, quindi, in aree sottoposte a tutela dei beni culturali, rientri appieno nelle tipologie di legislazione esclusiva per le quali una legge statale - come quella in esame - ben può disporre misure normative, mirate sostanzialmente a destinare risorse finanziarie e a disciplinare le relative modalità applicative in linea di principio. Allo stesso tempo, si osserva che l'aver limitato le disposizioni del provvedimento ad unaPag. 10determinata fascia di comuni, consente di inquadrare il provvedimento stesso all'interno della cornice di cui all'articolo 119, comma 5, della Costituzione, che autorizza lo Stato a destinare risorse aggiuntive e ad effettuare interventi speciali in favore di determinati comuni, province, città metropolitane e regioni, allo scopo di promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, e per rimuovere gli squilibri economici.
Infatti, tra i presentatori, una delle motivazioni più volte evidenziata è stata quella di cercare, mediante tali proposte di legge, di rimuovere gli squilibri economici.
Accanto a quest'ultima, un'altra preoccupazione della Commissione è stata quella di trovare una forte compatibilità con la normativa comunitaria.
Infatti, il provvedimento non solo non solleva profili problematici in riferimento alla normativa comunitaria ma, anzi, si integra bene con i nuovi programmi comunitari. Da questo punto di vista, vi è stato uno sforzo da parte dei componenti la Commissione, volto a comprendere come il provvedimento in discussione e le risorse, che vengono individuate da quest'ultimo - successivamente mi soffermerò a tale proposito - in un certo qual modo, realizzano quell'effetto moltiplicatore che rappresenta una delle ragioni che ha spinto la Commissione a concludere i lavori velocemente e a presentare il testo unificato all'attenzione dell'Assemblea.
La Commissione ritiene che, con questo provvedimento, non solo mediante le risorse previste dal fondo che verrà determinato più avanti, ma anche attraverso una serie di risorse, soprattutto, derivanti dai fondi comunitari (visto che ci troviamo nella fase 2007-2011 ove la maggior parte delle regioni avrà a disposizione una serie di risorse economiche e finanziarie molto consistenti), in aggiunta a quelle private - come ho ricordato poc'anzi nel corso del mio intervento - si possano realizzare condizioni di sviluppo economico e di rimozione degli squilibri economici nella gran parte dei centri storici del nostro Paese.
La quarta considerazione è relativa alle risorse economiche. Il testo unificato delle proposte di legge ha previsto una quota di contributo pubblico, a mio parere significativa, destinando agli interventi per gli anni 2007, 2008 e 2009 la dotazione di un apposito fondo, determinata in 25 milioni di euro all'anno. A decorrere dall'anno 2010, al finanziamento del fondo si provvederà mediante ricorso alla tabella D allegata alla legge finanziaria annuale.
Al riguardo, occorre ricordare in primo luogo che le risorse finanziarie sono interamente costituite da fondi in conto capitale, ossia da spese per investimenti. È evidente, quindi, l'effetto virtuoso creato dal provvedimento, che parte con uno stanziamento di circa 150 miliardi di vecchie lire e che intende promuovere un sistema di investimenti, pubblico o privato, che avrà un inevitabile effetto moltiplicatore. Inoltre, in questo campo, tali risorse si aggiungerebbero al sistema di incentivi fiscali esistenti, quali il 36 per cento per ristrutturazioni edilizie e il 55 per cento per interventi di risparmio energetico in edilizia.
Inoltre, l'aver reperito le risorse in conto capitale all'interno di fondi per spese di investimento non ancora utilizzate e l'aver previsto la stabilizzazione del fondo mediante l'inserimento del rifinanziamento nella tabella D della legge finanziaria potrà produrre importanti conseguenze in termini di incentivazione al coinvolgimento di soggetti privati, che dovrebbero essere fortemente rassicurati dall'avvenuta mobilitazione di una cifra stabile di risorse.
Vorrei ricordare, inoltre, che in qualche modo abbiamo cercato di indirizzare e selezionare le risorse, evitando un metodo che in passato spesso non ha consentito di realizzare investimenti positivi, poiché una serie di risorse sono state destinate a pioggia senza un criterio ben preciso che mirasse ad effettuare investimenti ben precisi.
Questa volta, invece, lo sforzo della Commissione è quello di avere previsto, innanzitutto, una salvaguardia a favore dei piccoli comuni con meno di quindicimilaPag. 11abitanti. Per tale motivo parlavo, all'inizio, di una sintonia con l'altra proposta di legge sui piccoli comuni approvata in questo ramo del Parlamento, perché appunto esiste un percorso di coerenza che cerca di salvaguardare le ragioni dei tanti piccoli comuni d'Italia, che rappresentano anche la storia, il patrimonio e le bellezze del nostro Paese.
D'altro lato, però, la stessa proposta chiede ai comuni uno sforzo, poiché verrà data priorità sostanzialmente a chi presenterà la domanda per attingere a tali finanziamenti (in base ad un bando che sarà predisposto dal ministero competente), dimostrando un concorso, un contributo di risorse degli enti locali, dello Stato e dei privati.
Per queste e per altre ragioni, chiedo ed auspico un'immediata approvazione da parte della Camera del testo unificato al nostro esame (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
LUIGI GIUSEPPE MEDURI, Sottosegretario per le infrastrutture. Signor Presidente, mi riservo di intervenire in sede di replica.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Francescato. Ne ha facoltà.
GRAZIA FRANCESCATO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, i Verdi salutano con grande soddisfazione il provvedimento sulla riqualificazione e il recupero dei centri storici.
Vorrei innanzitutto ringraziare il relatore, il collega Gianpiero Bocci, per l'intenso lavoro svolto per arrivare al testo unificato, e il presidente Realacci, ma anche tutti i membri della Commissione, perché vi è stato davvero uno sforzo bipartisan su tale tema.
Il recupero e la riqualificazione dei centri storici rappresentano una battaglia di noi ambientalisti da decenni: personalmente, ricordo il mio impegno in tal senso dal giorno in cui mi sono iscritta a Italia nostra, nell'ormai remoto 1970, e poi con le associazioni Legambiente e WWF, con il FAI e, ovviamente, con i Verdi.
Ricordo che negli anni Sessanta e Settanta un grande ambientalista, un antesignano della difesa del nostro bistrattato patrimonio storico e culturale, Antonio Cederna (che è stato anche deputato e in quest'aula ha fatto molti interventi a difesa dei nostri tesori mal custoditi), diceva che esiste un avverbio che malauguratamente dipinge alla perfezione il periclitante stato del nostro paesaggio, dei nostri centri storici e dei nostri monumenti: «ancora». Si dice con sorpresa: «questo castello è ancora bello», «questo centro storico è ancora compatto», «questo frammento di paesaggio è ancora intatto». Si lascia così presupporre che qualche tempo dopo, tornando nello stesso luogo, lo stesso visitatore non ha affatto la certezza di ritrovare quel bene integro e vitale. Il motivo veniva spiegato da un altro precursore, uno tra i primi paladini della difesa di questo immenso giacimento, il critico d'arte, scrittore e archeologo Leonardo Borgese, il quale in un libro che andrebbe veramente ripubblicato, intitolato «L'Italia rovinata dagli Italiani», commentava amaramente in maniera icastica: «troppi Italiani nemici dell'Italia».
Quanto ciò sia vero e continui purtroppo ad esserlo è confermato dall'insostenibile quantità di scempi, devastazioni e snaturamenti inflitti ai nostri paesaggi, in particolare ai centri storici e ai borghi antichi cui ci riferiamo oggi.
Si tratta di un saccheggio all'insegna di uno sviluppo insostenibile, malinteso, fatto a colpi di cemento ed asfalto, di grandi opere (spesso inutili, quando non dannose) e di ciò che io chiamo «i piccoli omicidi quotidiani». Penso, ad esempio, all'invasione degli infissi in alluminio anodizzato similoro, delle malefiche onduline di plexiglass, delle piastrelle colorate piazzate a rivestire le antiche pietre e degli edifici non finiti. A tal proposito, posso citare il famigerato «non finito calabro», uno stilema che è l'apoteosi della bruttezza, con i mattoni a vista e i ferri delle solettePag. 12sempre a vista chiamati oji o dimani, perché un domani si può sempre continuare a costruire (quasi sempre, ovviamente, in maniera abusiva).
Negli ultimi decenni questo sfregio del volto dell'Italia ha continuato, ma, come contrappunto, sono iniziate le battaglie degli ambientalisti, delle associazioni, dei comitati e di tanti cittadini sensibili e attenti alla bellezza e alla qualità del vivere. Queste battaglie non solo hanno contenuto i danni, ma hanno anche innescato un revival dei centri storici e dei borghi antichi.
Si è fatta strada una volontà di riscatto, di riqualificazione e di recupero, che non si traduce solo in una ritrovata attenzione verso il patrimonio architettonico, storico e culturale, ma anche nel recupero e nella rivalutazione di un'identità che oggi è più a rischio di estinzione del panda.
Il paesaggio - lo sappiamo - può essere visto come la proiezione esterna della psiche collettiva: in un certo senso, è «il di fuori del di dentro» e una lettura del degrado dei borghi, dei centri storici, del paesaggio italiano è innanzitutto una lettura del degrado socioculturale del «Bel Paese» (o ex «Bel Paese», se andiamo avanti di questo passo).
Dunque, è iniziata la fase della riscossa per un patrimonio di incredibile ricchezza. Pensate che l'Italia, senza contare i musei e i siti archeologici, ospita infatti 40 mila fra castelli e rocche, 27 mila ville storiche, 29.500 dimore storiche, 1.500 conventi, 95.100 chiese, spesso proprio all'interno del perimetro dei 19.700 centri storici sparsi nella nostra penisola.
Questo patrimonio culturale costituisce anche un grande magnete di attrazione turistica: un'indagine dell'ENIT del 2005 rivela che la componente culturale costituisce il motivo predominante della scelta della meta per le vacanze in ventiquattro tra i più importanti mercati dell'incoming del nostro Paese.
Lo hanno ben capito tanti paesi e borghi che in questi anni hanno fatto tesoro, letteralmente, dei propri giacimenti storici, artistici e culturali.
Cito due casi che conosco personalmente: penso al paese di Tricase, nel Salento, dove sono stata assessore per tre anni, che ha compiuto una scelta di tutela e recupero del centro storico, delle masserie rurali, del barocco leccese e, non ultima, dell'identità culturale salentina come perno del proprio sviluppo sostenibile: una vera e propria scommessa per il proprio futuro.
Penso anche al piccolo borgo storico di Abbateggio, ai piedi della Majella, di cui sono cittadina onoraria, che pure ha puntato con decisione sul recupero del centro antico, dei vecchi casali e della cultura locale. Purtroppo, questa estate tale borgo è stato colpito da una sciagurata serie di incendi, come tanti borghi e tanti piccoli comuni italiani, tanto che ha dovuto chiedere lo stato di calamità.
Cito questi due paesi perché ho partecipato in prima persona al loro rilancio, ma noi ambientalisti ne potremmo citare centinaia, migliaia, considerate le tante battaglie che abbiamo condotto su questo terreno per decenni.
Sono battaglie che hanno trovato un'eco positiva non solo nella legislazione italiana - lo diceva prima anche il relatore Bocci - ma anche in quella europea e questo provvedimento si inserisce alla perfezione, come un tassello, in questo filone europeo.
Cito solo la strategia tematica sull'ambiente urbano, presentata dalla Commissione europea l'11 gennaio 2006; le indicazioni fornite dal Consiglio europeo, che ha esplicitamente chiesto agli Stati membri di intensificare gli sforzi per garantire un'elevata qualità del tessuto urbano; penso agli strumenti ad hoc, come l'iniziativa comunitaria URBAN, varata per la prima volta nel 1994, che ha coinvolto - pensate - nel solo periodo 2000-2006 il 44 per cento della popolazione dell'Unione europea residente in aree urbane con più di cinquantamila abitanti, con particolare attenzione, ovviamente, ai centri storici (sono stati erogati circa 104 milioni di euro annui con cui sono stati realizzati progetti in 70 città, tra cui numerosi centri storici italiani).Pag. 13
Per quanto riguarda la legislazione italiana, si possono distinguere due periodi: il primo periodo è centrato sulla conservazione del patrimonio edilizio dei centri storici, con esclusione di interventi di recupero e trasformazione, a partire dalla famosa legge n. 1089 del 1939, fino alla legge n. 765 del 1967, che tutti noi conosciamo meglio come «legge ponte sull'urbanistica», che ha introdotto per la prima volta una specifica disciplina riferibile ai centri storici.
Possiamo invece far partire la seconda ondata di norme dal titolo V della legge n. 457 del 1978 - come si diceva prima - che si focalizza proprio sull'attuazione di interventi non solo conservativi, ma anche trasformativi. Citerei anche la legge n. 179 del 1992, che ha introdotto i programmi integrati di intervento cui faceva cenno anche il nostro relatore. Abbiamo sempre tenuto presente, peraltro, l'intero quadro normativo nel nostro lavoro.
In questo contesto europeo e nazionale, il testo unificato delle proposte di legge nn. 550, 764 e 824, di cui discutiamo oggi, va indubbiamente a colmare una lacuna. Esso aggiunge un tassello importante a questa grande opera - queste sono le grandi opere di riqualificazione dei centri storici e dei borghi antichi! - con estrema efficacia e semplicità. Sono solo due articoli, ma sono essenziali e, secondo me, possono mettere in moto una serie di meccanismi basati su due obiettivi estremamente chiari.
Il primo obiettivo è riconoscere appieno il ruolo che, in una moderna politica infrastrutturale, rivestono gli strumenti volontari di integrazione tra pubblico e privato, rafforzando, quindi, quella spinta culturale che permette di far concorrere anche il privato, sempre sotto il controllo e l'indirizzo pubblico, alla difesa e al recupero del proprio patrimonio edilizio ed urbanistico, rafforzando anche il senso di appartenenza e identità dei cittadini, spesso corroso e minacciato da una globalizzazione rampante.
Il secondo obiettivo, che emerge molto chiaramente dal testo unificato che abbiamo predisposto, è quello di stimolare le istituzioni, gli enti regionali e locali a varare politiche virtuose tese al risanamento e al recupero degli edifici, alla manutenzione straordinaria dei beni esistenti, al miglioramento degli arredi e dei servizi urbani. Di particolare importanza, in questi tempi di lotta al cambiamento climatico - fatemelo dire - dovrà essere anche la riqualificazione energetica e in termini di bioedilizia dei centri storici e dei borghi antichi; di questo aspetto la Commissione ambiente si è occupata anche in altri provvedimenti (vorrei citare anche io la legge sui piccoli comuni che abbiamo già varato all'unanimità in quest'aula).
Queste sono le vere grandi opere a cui il Paese si deve dedicare e di cui ha bisogno soprattutto il nostro Meridione e in questa direzione va il provvedimento in esame. Da parte dei Verdi, pertanto, vi è il totale appoggio e sostegno (Applausi dei deputati dei gruppi Verdi e L'Ulivo).
PRESIDENTE. La Presidenza e l'Assemblea salutano i partecipanti al corso di formazione «Percorsi di politica per le donne» di Roma, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
È iscritto a parlare l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.
FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, il testo che è oggi alla nostra attenzione può rappresentare, quando sarà definito, un segnale forte di una volontà condivisa da più parti politiche: la volontà di intervenire in modo innovativo nel settore delle politiche territoriali e delle politiche edilizie ed urbanistiche.
Le disposizioni, bene illustrate dal relatore, il collega Bocci, sono finalizzate a favorire progetti integrati di carattere pubblico e privato, a prescindere dalla natura del bene da tutelare e valorizzare, in quanto - è convinzione di tutti - questo interesse deve essere tutelato quand'anche si tratti di beni di grande pregio di privati cittadini.
Emerge, in questo testo, anche il ruolo fondamentale degli strumenti di integrazione tra pubblico e privato nell'ambito diPag. 14una moderna politica infrastrutturale, che deve vedere affiancati gli strumenti regolativi, non soltanto quelli unilaterali, nell'ottica di una necessaria e fattiva collaborazione tra cittadini ed istituzioni.
Mi sia consentito a questo proposito fare un riferimento all'esperienza diretta, relativamente ad una città vicina a quella dove abito, Carrara. Si tratta di un centro che in Toscana non è senz'altro il più affascinante dal punto di vista storico e architettonico; tuttavia, è un centro storico di un certo pregio, deturpato però ogni giorno dal transito di circa mille camion, che salgono e scendono per portare via blocchi di marmo, detriti e quant'altro dalle Alpi Apuane.
È difficile pensare in situazioni del genere alla salvaguardia, alla riqualificazione ambientale di un centro storico se prima non si interviene con opere infrastrutturali che possano permettere di bypassarlo. A tale proposito, si deve registrare un'esperienza positiva nella direzione di quella sinergia fra gli strumenti regolativi propri dell'ente locale e l'intervento di privati, in questo caso soprattutto gli industriali del marmo.
Ho voluto citare questo tipo di esperienza, che magari non si attaglia perfettamente al testo che abbiamo in discussione, per sottolineare come in questo nostro Paese, insieme a tanti problemi, abbiamo anche qualche opportunità e qualche esempio positivo; dunque si può offrire ai comuni la possibilità di individuare all'interno del perimetro del centro storico le zone di particolare pregio dal punto di vista della tutela dei beni architettonici e culturali nei quali avviare interventi integrati pubblici e privati finalizzati proprio alla riqualificazione urbana e a promuovere uno sviluppo che tenga insieme gli equilibri economici e sociali.
In tal modo, a mio avviso, il testo che è alla nostra attenzione si propone appunto di superare una difficoltà intrinseca, ovvero il fatto che vi è una diffusione capillare, in tutto il territorio nazionale, di veri e propri capolavori che spesso rischiano di rimanere nascosti e misconosciuti.
Ho, inoltre, la sensazione che questo testo riesca a cogliere almeno uno degli obiettivi che con esso ci si propone di raggiungere: quello della valorizzazione. Esso, infatti, incoraggia le istituzioni regionali e locali ad adottare politiche che - come si legge al comma 3 dell'articolo 1 - sostengano il risanamento, la conservazione e il recupero del patrimonio edilizio; il rilancio dell'attività di realizzazione di opere pubbliche o di interesse pubblico; la manutenzione straordinaria dei beni pubblici già esistenti da parte dell'ente locale; il miglioramento e l'adeguamento degli arredi e dei servizi urbani e gli interventi finalizzati al consolidamento statico ed antisismico degli edifici storici. Tutto questo si traduce nella rivalutazione, nel miglioramento e nello sviluppo del patrimonio culturale ed artistico del nostro territorio.
In questo senso, si va anche incontro ad una tendenza che emerge dalle rilevazioni statistiche più recenti, e cioè la propensione di molti nostri concittadini a tornare a vivere negli insediamenti di piccola e media dimensione: il piccolo centro viene, infatti, preferito alle vaste aree metropolitane in quanto più accogliente, più sicuro e più gradevole per lo stile di vita che offre. È una tendenza, questa, che è senz'altro favorita dallo sviluppo dei moderni strumenti di comunicazione, che permettono il telelavoro ed altre forme di impiego a distanza.
Vi è anche un altro aspetto: il fatto cioè che in Italia, al contrario di quanto avviene in altri Paesi, vi è un forte radicamento nel territorio d'origine, che costituisce una sorta di proiezione dello stesso senso di appartenenza alla Nazione.
Va detto, inoltre, che l'Italia è considerata «proprietaria» di circa i due terzi del patrimonio artistico del mondo: una mole di capolavori tale da renderla una sorta di grande museo all'aperto. Ed è proprio in direzione di questa grande realtà museale che si muove la proposta alla nostra attenzione: in questo immenso museo ci si può, infatti, aggirare fra le grandi città d'arte, ma anche fra i piccoliPag. 15centri, che sono veri e propri scrigni di tesori d'arte e di reminiscenze storiche.
In questo senso, quello che viene definito il «bel Paese» si rivela non solo davvero straordinario, ma anche straordinariamente mutevole, tanto dal punto di vista geografico quanto soprattutto sotto il profilo culturale. Nei secoli, infatti, nel nostro Paese si sono sovrapposti vari stadi di civiltà che si sono posati gli uni sugli altri: di qui il prezioso risultato che si riscontra oggi, e che risiede nella ricchezza e nella complessità delle lingue, dei dialetti e delle culture dei popoli e delle genti che vi abitano. Quindi, ricchezza e diversità: caratteristiche, queste, che si sono conservate e sviluppate nel tempo, e che sono state preservate a testimonianza dei grandi fasti del passato, per amore delle tradizioni, e forse anche per l'innata propensione al bello e all'arte che pare contraddistinguere noi italiani.
È innegabile che i borghi italiani siano dotati di un fascino e di una bellezza straordinari e che essi rappresentino un'enorme ricchezza che dobbiamo assolutamente custodire e valorizzare. Non si deve, dunque, sottovalutare il potenziale che queste realtà offrono: in ciò risiede il senso e la qualità del nostro Paese, anche nell'ottica dell'internazionalizzazione dei processi economici e produttivi (laddove, invece, si deve osservare che tali centri risultano oggi per lo più emarginati dal flusso dei visitatori e dei turisti).
Purtroppo - ed è questa la nota negativa da cui prende spunto l'iniziativa che ha portato al testo in discussione - gran parte di tali centri versa in condizioni di decadimento e di abbandono: essi sono, infatti, spesso trascurati dagli interventi infrastrutturali di riqualificazione urbana, che negli ultimi tempi hanno privilegiato l'edilizia residenziale. Sono centinaia i piccoli borghi che si trovano in tale situazione, anche se si deve osservare che una recente inchiesta giornalistica ha mostrato come il fenomeno sia presente addirittura a livello europeo: vi sono, infatti, testimonianze di borghi piccoli e grandi, e persino di isole, ove si tenta il ripopolamento magari utilizzando quell'enorme risorsa rappresentata dall'immigrazione, che in altri momenti e in altre situazioni viene avvertita, invece, come un rischio e come un pericolo.
Sono, dunque, centinaia - dicevo - i piccoli borghi che rischiano il degrado a causa di una situazione di marginalità rispetto agli interessi economici che gravitano intorno al movimento turistico e commerciale.
E allora, a fronte di tale pericolo e problema, la tutela e la valorizzazione di questi stessi centri è un impegno importante, al fine di garantire il mantenimento di un patrimonio di monumenti e di memoria che, altrimenti, rischia di andare irrimediabilmente perduto.
L'Italia «minore» - quella a volte meno conosciuta e nascosta, ma non per questo meno bella ed importante - rappresenta al meglio il dipanarsi della storia millenaria che ha lasciato i suoi segni indelebili soprattutto in quei luoghi rimasti ai margini dello sviluppo e della modernità a tutti i costi.
Per questo motivo, il gruppo dell'Italia dei Valori giudica positivamente il testo oggi in discussione, e anche se abbiamo presentato alcuni emendamenti che vogliamo considerare dal nostro punto di vista migliorativi, siamo pronti a sostenerlo adeguatamente (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori, L'Ulivo e Verdi).
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 550-A ed abbinate)
PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore ed il rappresentante del Governo rinunziano alla replica.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
Discussione della proposta di legge: Delfino e Forlani: Differimento del termine di scadenza dell'incarico all'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA) per l'attuazione del programma di aiuto alimentare dell'Unione europea in favore dei Paesi in via di sviluppo, di cui all'articolo 3 della legge 29 dicembre 2000, n. 413 (A.C. 2197-A); e dell'abbinata proposta di legge Lion e Fundarò (A.C. 1123) (ore 16,41).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge di iniziativa dei deputati Delfino e Forlani: Differimento del termine di scadenza dell'incarico all'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA) per l'attuazione del programma di aiuto alimentare dell'Unione europea in favore dei Paesi in via di sviluppo, di cui all'articolo 3 della legge 29 dicembre 2000, n. 413; e dell'abbinata proposta di legge di iniziativa dei deputati Lion ed Fundarò.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al resoconto della seduta del 10 ottobre 2007.
(Discussione sulle linee generali - A.C. 2197-A)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare di Forza Italia ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Forlani, ha facoltà di svolgere la relazione.
ALESSANDRO FORLANI, Relatore. Signor Presidente, le due proposte di legge abbinate al nostro esame recano il differimento - una delle due, in particolare, l'ulteriore differimento - del termine di scadenza dell'incarico all'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (Agea) per l'attuazione del programma di aiuto alimentare dell'Unione europea in favore dei Paesi in via di sviluppo, di cui all'articolo 3 della legge n. 413 del 2000.
Noi ci troviamo ad esaminare oggi il testo approvato in sede di Commissione, risultante dall'abbinamento delle due proposte di legge con alcuni correttivi approvati in Commissione, legati ai problemi di copertura, di stanziamento e di bilancio che hanno richiesto alcuni aggiustamenti nei tempi e negli importi.
Quindi, è oggi all'esame dell'Assemblea il testo così come approvato in Commissione.
Credo che la lotta volta a debellare la fame nel mondo rappresenti una priorità tra le più rilevanti della politica estera e di cooperazione del nostro Paese, e una condizione ineludibile al fine di favorire uno sviluppo equo, dignitoso e solidale degli equilibri sociali ed economici della civiltà mondiale.
La fame è fonte di guerre frontaliere e civili, di iniziative terroristiche, di trame destabilizzanti nelle aree più penalizzate con potenziali riflessi anche nei Paesi più avanzati, di fondamentalismi, di distruzione e disgregazione di intere comunità, di pandemie e migrazioni di massa disordinate e clandestine, con risvolti sociali, demografici e di ordine pubblico allarmanti, di emarginazione e mortalità prematura diffusa, soprattutto infantile.
Si pone, quindi, la necessità assoluta - per i Paesi più avanzati dell'Occidente - di essere fonte propulsiva delle politiche di aiuto ai Paesi in via di sviluppo, perseguendo in particolare l'obiettivo della lotta alla povertà, che costituisce una delle priorità del millennio adottate dalle Nazioni Unite nell'anno 2000.
Assume, dunque, rilevanza a questo fine la Convenzione sull'aiuto alimentare fatta a Londra il 13 aprile 1999 e resa esecutiva nel nostro ordinamento nazionale dalla legge n. 413 del 2000.
Il testo adottato in Commissione è volto a dare piena attuazione alla proroga della Convenzione di Londra sull'aiuto alimentarePag. 17del 1999, la quale costituisce, in sostanza, il rinnovo della precedente Convenzione sull'aiuto alimentare del 1995 (scaduta il 30 giugno 1999), con la novità dell'istituzionalizzazione dell'aiuto alimentare in favore delle popolazioni più povere del mondo. Tale novità si inserisce in un contesto normativo e in un complesso di norme positive comuni agli ordinamenti di tutti i Paesi aderenti.
La Convenzione ha lo scopo di contribuire a fronteggiare i problemi della sicurezza alimentare a livello mondiale, con particolare attenzione ai bisogni dei Paesi in via di sviluppo. In sintesi, i membri della Convenzione si impegnano a fornire ai Paesi in via di sviluppo un aiuto alimentare in tonnellate di equivalente grano o in valore, ovvero in una combinazione di entrambi i parametri. La Convenzione specifica le quantità annuali minime per le quali i membri si impegnano e i prodotti suscettibili di essere forniti a titolo di aiuto.
I Paesi da privilegiare (perciò parlavo di responsabilità prioritaria dell'Occidente, in ogni caso dei Paesi più sviluppati) sono quelli assistiti dal DAC (il Comitato di assistenza allo sviluppo dell'OCSE), nonché quelli riportati nella lista dell'Organizzazione mondiale del commercio come Paesi in via di sviluppo e che siano, alla data del 1o marzo 1999, importatori netti di prodotti alimentari.
In particolare, l'articolo 25 della Convenzione stabilisce che la Convenzione stessa, inizialmente in vigore fino al 30 giugno 2002 e poi più volte rinnovata, possa essere prorogata oltre tale data dal Comitato di aiuto alimentare per periodi consecutivi non superiori a due anni, a condizione che la Convenzione sul commercio dei cereali del 1995 (una nuova Convenzione volta a sostituirla), rimanga in vigore per tutta la durata della proroga.
La Convenzione, quindi, è stata prorogata una prima volta fino al 30 giugno 2003 e, successivamente, fino al 30 giugno 2005. In seguito, il Comitato di aiuto alimentare riunitosi a Londra dal 13 al 17 giugno 2005 ha deciso di prorogarla ulteriormente fino al 30 giugno 2007 e, infine, vi è stato un successivo rinvio al 30 giugno 2008.
Come abbiamo ricordato, la Convenzione è stata resa esecutiva nel nostro ordinamento con la legge n. 413 del 2000, il cui articolo 3 prevede l'affidamento all'Agenzia per le erogazioni in agricoltura dell'incarico per l'attuazione del programma di aiuto alimentare dell'Unione europea in favore dei Paesi in via di sviluppo.
Più precisamente, l'Agenzia (AGEA), istituita con il decreto legislativo n. 165 del 1999, è incaricata di provvedere alle operazioni di fornitura della quota di partecipazione italiana nell'ambito dell'aiuto alimentare dell'Unione europea ai Paesi in via di sviluppo, attenendosi alle indicazioni del Ministero degli affari esteri, nonché alle modalità previste dall'articolo 4 del suddetto decreto legislativo istitutivo.
Proprio ai sensi dell'articolo 4 di tale decreto legislativo, istitutivo dell'AGEA, si prevede che l'Agenzia svolga, nel rispetto degli indirizzi del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, i compiti di esecuzione delle forniture dei prodotti agroalimentari disposte dall'Unione europea per gli aiuti alimentari e la cooperazione economica con altri Paesi, nonché delle operazioni di provvista sul mercato interno e internazionale di prodotti agroalimentari, per la formazione delle scorte necessarie e delle operazioni relative all'immissione regolata sul mercato interno e alla collocazione - sui mercati comunitari ed extracomunitari - dei suddetti prodotti, tranne nei casi in cui risulti più conveniente procedere ad acquisti in loco nei Paesi in via di sviluppo, oppure sia più opportuno avvalersi di organizzazioni internazionali. L'AGEA, inoltre, svolge gli altri compiti di rilievo nazionale già attribuiti all'AIMA da specifiche leggi nazionali o da regolamenti comunitari.
Gli impegni assunti dallo Stato italiano, in virtù della sua partecipazione alla Convenzione di Londra sull'aiuto alimentare, sono stati finora solo parzialmente soddisfatti. Le limitate risorse oggi disponibiliPag. 18consentono, purtroppo, di prorogare l'incarico alla suddetta AGEA solo a tutto il 2004, erogando l'importo di 36,2 milioni di euro (secondo le compatibilità e le disponibilità di bilancio). Si è ritenuto di procedere, comunque, per dare un segnale politico legislativo, in vista - speriamo - di una definitiva soluzione che renda l'Italia pienamente adempiente.
Per riassumere le conclusioni di carattere dispositivo alle quali siamo giunti in Commissione, leggo il testo dei primi due articoli (il terzo riguarda l'entrata in vigore del provvedimento).
L'articolo 1 stabilisce che, in considerazione della proroga della Convenzione sull'aiuto alimentare, fatta a Londra il 13 aprile 1999 e resa esecutiva dalla legge 29 dicembre 2000, n. 413, decisa ai sensi dell'articolo XXV della Convenzione medesima, è ulteriormente differito al 31 dicembre 2004 l'incarico all'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA), di cui all'articolo 3 della citata legge n. 413 del 2000, già differito al 30 giugno 2003 (vi sono state, infatti, precedenti proroghe dell'incarico all'AGEA) dall'articolo 1 della legge 17 giugno 2004, n. 155, e al 31 dicembre 2003 dall'articolo 5-bis del decreto-legge 9 settembre 2005, n. 182, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2005, n. 231.
L'articolo 2 dispone che «Per l'attuazione della presente legge è autorizzata la spesa di 36,2 milioni di euro per l'anno 2007. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2007-2009, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2007, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero». Il secondo comma dell'articolo 2 stabilisce che «Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio».
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo, Viceministro Sentinelli.
PATRIZIA SENTINELLI, Viceministro degli affari esteri. Signor Presidente, mi riservo di intervenire nel prosieguo del dibattito.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mellano. Ne ha facoltà.
BRUNO MELLANO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, non sono membro della Commissione affari esteri e, per questo intervento, ho studiato i documenti. Ringrazio il collega Alessandro Forlani, quindi, per aver illustrato - direi, con più onestà, per aver «tentato» di illustrare - il provvedimento, che, a mio parere, rivela tutta la farraginosità del meccanismo che abbiamo di fronte.
Il provvedimento è sicuramente importante, perché cerca di mettere un punto e a capo in una situazione che, riguardando la lotta alla fame nel mondo, tocca sicuramente noi, il relatore, il Viceministro e chi oggi è presente, ponendo interrogativi profondi e radicali.
Credo davvero che gli obiettivi del millennio, richiamati dal relatore nella sua relazione introduttiva, tra quali vi è quello della lotta alla povertà estrema e alla fame (da cui bisogna partire), impongano anche all'Italia, uno dei paesi più industrializzati ed avanzati, di compiere passi concreti, efficaci e misurabili in termini di lotta alla povertà e alla fame.
Il provvedimento in esame serve quindi a mettere un punto e a capo, cercando di dare sostanza a quegli impegni che abbiamo assunto negli anni passati, senza però mantenerli.
Anche nelle relazioni predisposte dal centro documentazione abbiamo riscontrato che gli impegni assunti in passato erano maggiori: 108 milioni di euro (era in qualche modo una promessa), mentre oggi ci troviamo di fronte ad un provvedimento che autorizza la spesa di soli 36 milioni di euro.Pag. 19
Certamente, vi sono difficoltà economiche e di bilancio, ma, nella storia del nostro Paese le più alte autorità dello Stato si sono impegnate su tali temi in una battaglia importante come quella contro lo sterminio causato dalla fame nel mondo. Desidero ricordare il Presidente della Repubblica Sandro Pertini, che su tale problematica si spese davvero moltissimo negli anni Ottanta con il Comitato parlamentare per la lotta contro la fame nel mondo: a tale proposito laici e cattolici erano uniti nella predisposizione di interventi concreti e misurabili al fine di ottenere risultati che sono alla nostra portata e alla portata delle società avanzate e moderne. Si può intervenire davvero, persino con il superfluo delle nostre società, per salvare vite umane.
Spero che l'approvazione di questo provvedimento serva anche al Governo per reimpostare la cooperazione. So che il Viceministro ci sta lavorando alacremente, perché questa è una sfida che io e sicuramente anche la maggioranza del Parlamento avvertiamo come necessaria.
Nel 2007 non possiamo non disporre di strumenti adeguati per intervenire, soprattutto quando, nel mondo dell'informazione globale, ci troviamo di fronte a vicende tragiche o a persone che muoiono di fame o che crescono malformate a causa della denutrizione infantile, senza riuscire ad intervenire con adeguatezza.
Attendo, quindi, le considerazioni del Viceministro, perché credo che in ordine a tale questione dobbiamo saper misurare la nostra capacità di essere all'altezza dei nostri principi, dei nostri valori, condivisi e individuali.
Al riguardo, a parole e, in alcuni casi, anche nei fatti, abbiamo cercato di attuare una serie di interventi. Vorremmo poter intervenire con maggiore forza, ma credo che il Governo debba avere gli strumenti efficaci per fare la sua parte, a nome di tutto il Paese e di una società, che ha tanti problemi, ma che sa ancora riconoscere in quali casi intervenire con forza e con capacità.
Credo che la fame del mondo ci ponga quotidianamente alcuni interrogativi. Le immagini che abbiamo negli occhi sono di una tragicità indescrivibile e, quindi, gli interventi devono essere all'altezza delle speranze e delle sensibilità della nostra società e dell'opinione pubblica, ma anche della volontà del Parlamento e del Governo italiano.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 2197-A)
PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore ed il rappresentante del Governo rinunziano alla replica.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
Per la risposta ad uno strumento del sindacato ispettivo (ore 16,59).
SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, intervengo per sollecitare il Governo a fornire una risposta ad una mia interrogazione. In questi giorni, sulle pagine dei principali quotidiani nazionali campeggia la nota vicenda del cosiddetto «giallo corto» ai semafori.
Su questa vicenda, il Ministro Bianchi si è detto indignato e scandalizzato. Credo che, invece di scandalizzarsi, il Ministro farebbe bene a rispondere all'interrogazione, la n. 4-03204, presentata, insieme al collega Giro e pubblicata nell'allegato B della seduta del 4 aprile scorso.
Da sei mesi, quindi, due deputati hanno invitato il Ministro Bianchi ed il Ministro dell'interno a rispondere in ordine alla vicenda in questione che torna a riproporsi in maniera preoccupante nelle cronache dei quotidiani. Si tratta di una violazione dei diritti dei cittadini automobilisti che rende ancora una volta attualePag. 20il problema delle multe e delle sanzioni utilizzate come strumento di tassazione indiretta, per finanziare - è la seconda voce di finanziamento dopo l'ICI - il bilancio dei comuni italiani.
Pertanto, signor Presidente, vorrei che rimanesse agli atti della seduta odierna il mio sollecito relativo al richiamato atto di sindacato ispettivo.
PRESIDENTE. Onorevole Baldelli, la Presidenza si farà carico di sollecitare la risposta del Governo alla interrogazione da lei richiamata.
Ordine del giorno della seduta di domani.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.
Martedì 16 ottobre 2007, alle 14:
1. - Seguito della discussione dei disegni di legge:
S. 1134 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica dell'India sulla cooperazione nel campo della difesa, fatto a New Delhi il 3 febbraio 2003 (Approvato dal Senato) (2267-A).
- Relatore: Mattarella.
Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di stabilizzazione e di associazione tra le Comunità europee ed i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Albania, dall'altra, con allegati, protocolli, dichiarazioni e atto finale, fatto a Lussemburgo il 12 giugno 2006 (3043).
- Relatore: Azzolini.
S. 1465 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica democratica federale dell'Etiopia sulla mutua assistenza amministrativa per la prevenzione, l'accertamento e la repressione delle infrazioni doganali, con allegato, fatto a Roma il 26 settembre 2006 (Approvato dal Senato) (2927).
- Relatore: Zacchera.
S. 1466 - Ratifica ed esecuzione del Protocollo addizionale al Trattato sullo statuto di EUROFOR, con allegata Dichiarazione, redatto a Lisbona il 12 luglio 2005 (Approvato dal Senato) (2928).
- Relatore: Carta.
S. 1538 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra la Repubblica italiana e la Repubblica greca per lo sviluppo dell'interconnessione tra Italia e Grecia - Progetto IGI, fatto a Lecce il 4 novembre 2005 (Approvato dal Senato) (2930).
- Relatore: Leoluca Orlando.
S. 1585 - Ratifica ed esecuzione della Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Armenia per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio e per prevenire le evasioni fiscali, con Protocollo aggiuntivo, fatta a Roma il 14 giugno 2002 (Approvato dal Senato) (2932).
- Relatore: Leoluca Orlando.
2. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Modernizzazione, efficienza delle Amministrazioni pubbliche e riduzione degli oneri burocratici per i cittadini e per le imprese (2161-A);
e delle abbinate proposte di legge: PEDICA ed altri; NICOLA ROSSI ed altri; LA LOGGIA e FERRIGNO (1505-1588-1688).
- Relatore: Giovanelli.
3. - Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:
FOTI ed altri; IANNUZZI ed altri; IANNUZZI ed altri: Riqualificazione e recupero dei centri storici (550-764-824-A).
- Relatore: Bocci.
4. - Seguito della discussione della proposta di legge:
DELFINO e FORLANI: Differimento del termine di scadenza dell'incarico all'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA) per l'attuazione del programma di aiuto alimentare dell'Unione europea in favore dei Paesi in via di sviluppo, di cui all'articolo 3 della legge 29 dicembre 2000, n. 413 (2197-A);
e dell'abbinata proposta di legge: LION e FUNDARÒ (1123).
- Relatore: Forlani.
(al termine delle votazioni)
5. - Svolgimento di interrogazioni.
La seduta termina alle 17.