Menu di navigazione principale
Vai al menu di sezioneInizio contenuto
XV LEGISLATURA
Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 255 di martedì 11 dicembre 2007
Pag. 1PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI
La seduta comincia alle 9,30.
GIACOMO STUCCHI, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 5 dicembre 2007.
(È approvato).
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Catone, Marcenaro, Mattarella, Meta, Morrone, Prodi, Reina e Tremonti sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantadue, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Seguito della discussione congiunta dei disegni di legge: S. 1817 - Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2008) (A.C. 3256-A); S. 1818 - Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2008 e bilancio pluriennale per il triennio 2008-2010 (A.C. 3257-A) (Approvati dal Senato); Nota di variazioni al bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2008 e bilancio pluriennale per il triennio 2008-2010 (A.C. 3257-bis); Seconda nota di variazioni al bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2008 e bilancio pluriennale per il triennio 2008-2010 (A.C. 3257-ter) (ore 9,33).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione congiunta dei disegni di legge, già approvati dal Senato: Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria per il 2008); Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2008 e bilancio pluriennale per il triennio 2008-2010; Nota di variazioni al bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2008 e bilancio pluriennale per il triennio 2008-2010; Seconda nota di variazioni al bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2008 e bilancio pluriennale per il triennio 2008-2010.
Ricordo che nella seduta di ieri è iniziata la discussione congiunta sulle linee generali. Avverto che la Presidenza ha riscontrato alcuni errori tipografici nei testi A.C. 3257-A e A.C. 3256-A e ha provveduto a disporre la stampa di un errata corrige su un apposito foglio che è in distribuzione in allegato al citato stampato.
(Ripresa discussione congiunta sulle linee generali - A.C. 3256-A e A.C. 3257-A)
PRESIDENTE. Riprendiamo, dunque, la discussione congiunta sulle linee generali.
È iscritto a parlare il deputato Ceroni. Ne ha facoltà.
REMIGIO CERONI. Signor Presidente, onorevoli colleghi (ne vedo pochi), onorevolePag. 2sottosegretario, l'Italia ha un debito pubblico di oltre 1.600 miliardi di euro, un debito che ormai aumenta al ritmo di 100 miliardi ogni anno ed ha un costo di 75 miliardi per interessi, quasi il 5 per cento del PIL.
Durante questo anno e mezzo il Governo non è stato capace di adottare alcuna misura per procedere ad un vero risanamento dei conti. L'Inghilterra negli ultimi dieci anni ha ridotto l'incidenza del debito pubblico sul PIL dal 49,4 al 43,2.
Il fiume di denaro che è stato sottratto alle tasche degli italiani - i giornali ci ricordano ogni giorno che le entrate volano - anziché essere stato utilizzato per ridurre il debito, è stato utilizzato per alimentare la spesa pubblica sovente inutile ed improduttiva: 37 miliardi di euro solo con gli ultimi provvedimenti.
Il disegno di legge finanziaria proposto prevede per l'anno prossimo un lieve peggioramento del rapporto deficit/PIL. Ma, sin da ora è facile prevedere un grave peggioramento dei conti: le entrate subiranno una riduzione per effetto della diminuzione del tasso di crescita, dall'1,5 per cento previsto all'1 per cento. I dati sulla produzione industriale sono significativi ed allarmanti.
Le uscite subiranno un incremento rispetto alle previsioni di spesa poco attendibili per effetto di provvedimenti come la riforma del welfare, pensionamenti anticipati per lavori usuranti, aumenti al 60 per cento delle pensioni rispetto all'ultima retribuzione percepita, abolizione di ticket, stabilizzazione dei lavoratori precari della pubblica amministrazione: sono alcuni esempi che faranno aumentare la spesa.
È evidente, dunque, che questo disegno di legge finanziaria non serve al Paese, aggrava lo stato dei conti, spazza via ogni residua speranza di miglioramento delle condizioni di ogni italiano. Leggi finanziarie come queste scavano solchi profondi tra i cittadini e la classe politica.
Mi pare di poter dire, in conclusione, che sono stati traditi tutti gli impegni elettorali. Vorrei - non è presente in quest'aula il Presidente Prodi - invitarlo a porre fine a questo irresponsabile e dissennato comportamento e a gettare la spugna: almeno per questo gli italiani sarebbero grati a questo Governo.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Vichi. Ne ha facoltà.
ERMANNO VICHI. Signor Presidente, con il disegno di legge finanziaria il Governo attua o, meglio, accentua una parte importante del programma della coalizione, in modo particolare il sostegno del potere di acquisto dei ceti più deboli, in una situazione che si è fatta oggettivamente ancora più difficile per la ripresa del processo inflazionistico.
Anche la Camera, dopo il Senato, riesce a dare a questo disegno di legge finanziaria un contributo significativo.
Do per acquisita la sua approvazione e voglio pensare già al dopo, rimarcando semmai le difficoltà procedurali e politiche connesse alla legge finanziaria come strumento.
Sono discorsi non nuovi perché, anche dopo la legge finanziaria dell'anno scorso, avevamo ritenuto che fosse necessario un provvedimento più snello; invece, ancora una volta - e il Senato, purtroppo, ci ha messo del suo - siamo di fronte ad un provvedimento omnibus che rende ininfluente l'esame parlamentare e, in particolare, quello delle Commissioni in sede consultiva. Giustamente il Governo, la maggioranza e noi (il gruppo del Partito Democratico-L'Ulivo ha ritirato tutte le proposte emendative) lamentiamo il numero spropositato degli emendamenti, ma ci troviamo in una specie di «circolo vizioso»: con la presentazione di molti emendamenti, la legge finanziaria diventa un provvedimento omnibus. Ritengo che tutto ciò possa comportare un pericolo grave: uno svuotamento sostanziale del ruolo del Parlamento. Quando la legge finanziaria diventa comprensiva di troppi provvedimenti importanti, che incidono in maniera positiva sulla vita politica del Paese, il Parlamento non ha modo di portare il suo contributo significativo. Lo svuotamento sostanziale del Parlamento, inoltre, è già in atto con riferimento alPag. 3dibattito più squisitamente politico, trasferito sui mezzi di comunicazione di massa.
La legge finanziaria in esame, comunque, affronta nodi strutturali, significativi e importanti per il nostro Paese. Come ogni provvedimento, essa produce effetti indotti e, qualche volta, anche contraddizioni inevitabili, fra le quali una legislazione sempre più complessa. Soprattutto nel settore fiscale, la difficoltà non è solo quella di pagare le tasse, ma anche di cercare di capire e di avere un orientamento complessivo.
Se si guarda al «dopo», considerato che il Governo ha già impostato con la legge finanziaria dell'anno scorso il tema del recupero e dello sviluppo (quest'anno si prevede il sostegno dei ceti più deboli), ritengo che sia necessario pensare come prossima tappa al tema del riordino, affrontando riforme organiche per ogni singola materia. Ne cito solo alcune - quelle che mi stanno più a cuore - fra le tante possibili. Nella legge finanziaria vi sono dei provvedimenti significativi, ma ritengo che occorra affrontare in maniera organica il tema di una nuova fiscalità per la famiglia. Ho affermato che vi sono provvedimenti importanti e tra essi vi è, soprattutto, quello per le famiglie più numerose: l'anno scorso il sostegno alla famiglia era stato affrontato in termini molto sostanziosi e pesanti; quest'anno vi è un ulteriore incremento di attenzione. Credo, tuttavia, che si debba fare di più. A titolo personale (senza impegnare la forza politica a cui appartengo) ho partecipato allo scorso family day. Ritengo che ancora si debba dare una risposta politica a quella grande manifestazione non solo in termini di quantità, ma anche di qualità, riconoscendo la famiglia come un soggetto sociale e, quindi, anche come un soggetto politico e fiscale. Ritengo che nel prosieguo di questa legislatura, questa sia una delle riforme strutturali che dobbiamo realizzare.
La seconda questione che pongo con attenzione al Governo e ai miei colleghi è la seguente: prima delle modifiche apportate dal Senato all'articolo 26 era prevista...
PRESIDENTE. La invito a concludere.
ERMANNO VICHI. ...concludo, signor Presidente. Cito solo i titoli: un piano nazionale per la casa per mettere in rete interventi urbanisticamente compatibili, un nuovo regime delle aree, l'abbattimento dei costi di costruzione generali, un flusso organico delle risorse e, infine - concludo - una politica organica per l'infrastrutturazione non solo dei grandi centri, ma anche per quell'Italia di mezzo, che è importante, che viene dimenticata e che finisce per trovarsi in una posizione secondaria, senza essere adeguatamente infrastrutturata.
Ho svolto queste osservazioni, nel contesto di una sostanziale approvazione di quanto previsto nella legge finanziaria in esame.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Fedele. Ne ha facoltà.
LUIGI FEDELE. Signor Presidente, la finanziaria 2008 è l'ennesima conferma della superficialità ed irresponsabilità del Governo Prodi che, distribuendo scriteriatamente preziose risorse a destra e a manca, per accattivarsi e accontentare gruppi sociali e lobbies che lo sostengono o gli sono particolarmente vicini, porta il Paese verso un rovinoso declino.
Ormai, infatti, il livello della pressione fiscale ha raggiunto la cifra record di circa il 43 per cento: i due decreti-legge di spesa di quest'anno confermano il trend rovinoso della sinistra estrema del «tassa e spendi» che penalizza gravemente l'economia del nostro Paese, a svantaggio dei cittadini e delle imprese.
Se non si arresta la dinamica della spesa corrente, non sarà possibile avviare un reale risanamento dei conti pubblici e non sarà possibile ridurre il livello di pressione fiscale. Un'eccessiva tassazione, infatti, corrisponde a meno sviluppo, alla compressione dei consumi e quindi alla domanda interna, in una spirale di impoverimento generale.
Troppe spese correnti significa meno risorse per investimenti in infrastrutture ePag. 4opere pubbliche e meno sostegno alle attività produttive.
Ed è proprio su questo punto che bisogna soffermarsi.
Il Governo di centrosinistra, ancora una volta, conferma la sua pressoché totale indifferenza e superficialità verso il Paese in generale e, in maniera particolare, verso il Mezzogiorno, che già è attanagliato da numerose problematiche di vario genere e che neanche questa volta, nonostante i grandi proclami pre-finanziaria 2008, riceve la giusta attenzione.
Un Mezzogiorno oppresso dalle continue manovre fiscali e sfiduciato dalla sofferta situazione politico-economica da cui il nostro Paese sembra non riuscire ad emergere.
Ad uno scenario già precario si aggiunge anche un rallentamento economico previsto per l'anno venturo dovuto, come evidenziato da uno studio di Unioncamere, ad una serie di fattori.
Nella finanziaria 2008 non vi è, purtroppo, traccia di una politica di sviluppo del Mezzogiorno, anzi le risorse che vengono assegnate sono sempre più scarse, con la giustificazione che le regioni meridionali non sono in grado di utilizzare, al meglio, le risorse comunitarie. La legge finanziaria non attenua la pressione fiscale, ormai stabilmente sopra la media europea, con il rischio concreto di creare ulteriori difficoltà al cuore del nostro sistema produttivo ed in particolare a quel tessuto di piccole e medie imprese che rappresentano il volano di sviluppo del Mezzogiorno e devono essere sostenute attraverso forme di fiscalità di vantaggio, incentivi statali, potenziando gli investimenti in infrastrutture in tutto il territorio e creando condizioni di maggiore sicurezza nel territorio, attraverso una decisa contrapposizione alla criminalità organizzata.
Un settore fortemente carente nel Mezzogiorno è quello delle infrastrutture. E il Governo che fa? Non solo non destina risorse sufficienti ma, addirittura, le taglia. Quindi i fondi per le infrastrutture sono tagliati; vi è 1 miliardo e 100 milioni di euro del fondo per le aree sottoutilizzate che viene anche sottratto al Mezzogiorno. Il ponte sullo Stretto non viene realizzato. In altre parole, in questa finanziaria non abbiamo niente di particolarmente interessante, in modo particolare per il sud.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
LUIGI FEDELE. In conclusione, questo Governo non ha alcuna attenzione per il Paese e in modo particolare per il sud. Per questo motivo, io e tutti i deputati di Forza Italia non voteremo questa finanziaria.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.
PRESIDENTE. Onorevole Fedele, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Pedica. Ne ha facoltà.
STEFANO PEDICA. Signor Presidente, colleghi deputati, premetto che questo mio intervento avrebbe voluto e dovuto essere rivolto, in via più generale, al complesso di interventi contenuti nel disegno di legge finanziaria per il 2008, la maggior parte dei quali sono, se non addirittura decisivi, di assoluta rilevanza e di notevole impatto sull'economia del Paese.
Si tratta di interventi studiati con l'aperto e lodevole intento di una redistribuzione delle risorse (in particolare fra quelle categorie più deboli, come i lavoratori dipendenti, che maggiormente risentono dell'andamento dei mercati e dell'aumento dei prezzi e dell'inflazione) e con l'occhio attento al doveroso completo ripristino delle condizioni di legalità e sicurezza nelle nostre strade e città, tra i primi doveri della comunità civile organizzata in forma di Stato.
Tuttavia, detto ciò, non posso fare a meno di esprimere il più netto dissenso - ed è di questo che mi preme parlare - su ciò che è stato a tutti gli effetti un blitz (non so se dovuto o incidentale) di una neocomponente della maggioranza al Senato,Pag. 5che portava all'introduzione o meglio all'inserimento - tanto coatto, quanto inopportuno in questa forma - del procedimento di class action nell'ordinamento giudiziario italiano. Questa componente portava all'approvazione dell'emendamento che introduceva, in maniera grossolana e maldestra, un provvedimento di estrema importanza per il Paese, meritorio sicuramente di maggiore studio, elaborazione e riflessione.
A tal fine, a nulla sarebbe valsa la consapevolezza che, già da più di un anno e mezzo, la Commissione giustizia della Camera era impegnata a discutere in maniera approfondita e capillare, non senza contraddittorio, lo stesso provvedimento, arrivando faticosamente ad una sintesi tra le diverse soluzioni portate avanti da almeno sette progetti e proposte di legge, uno dei quali è stato presentato da me stesso. A tal proposito, vorrei ringraziare anche l'ufficio legislativo, nella persona della dottoressa Irene Testa. Lei stessa, da sola, e noi insieme, da soli, abbiamo combattuto l'indifferenza che è stata dimostrata per un anno e mezzo nei confronti dell'espressione class action, la quale non è ancora entrata nel linguaggio e nella testa degli italiani.
Ebbene, un anno e mezzo di lavoro è stato gettato al vento in seguito a quel famoso emendamento presentato al Senato! Intendiamoci, questa azione, ripeto, ha comportato, per lo meno, l'effetto di inserire tra le priorità dell'agenda del Governo e di palazzo il provvedimento dell'azione collettiva risarcitoria. Così, anche la stampa ha dovuto finalmente accorgersi di tale provvedimento, coinvolgendo anche l'opinione pubblica e facendo comprendere che cos'è la class action, cosa potrebbe essere e cosa, invece, si spera non sarà.
Si spera - io stesso lo spero - che quella presentata dal Governo non sia una class action all'italiana. Lo affermo per il bene del Paese. Inoltre, vorrei chiedere ai colleghi perché, sebbene esista un modello, quello statunitense, di sicura efficacia, che realmente garantisce i cittadini contro i soprusi e le truffe, in Italia si debba cambiare e preferire a quest'ultimo un meccanismo inventato (e male) che, alla fine, risulterà poco utilizzabile o inutilizzato dal cittadino, rischiando così di non cambiare effettivamente nulla.
Così sarà, qualora non venga completamente eliminato il meccanismo della doppia conciliazione, del quale, sinceramente, non si capisce la ragione, se non il timore atavico di una certa politica - dominante purtroppo a destra e a sinistra - nei confronti del mondo dell'industria che, in questo caso, con la voce di Confindustria, porta avanti evidentemente le ragioni di chi fa imprenditoria senza porre la dovuta attenzione ai consumatori e agli utenti.
Come deputato di Italia dei Valori non sono contro l'industria; anzi so bene quanto sia importante per lo sviluppo del Paese. Proprio per queste ragioni, sono contro le industrie «furbette». Infatti, se l'imprenditoria italiana è sana, come tutti desideriamo, che paura deve avere di una class action efficiente?
Vorrei citare un esempio in ordine a cosa dovrebbe affrontare un cittadino che si trova a dover prendere parte ad un'azione collettiva risarcitoria secondo il modello italiano. Il signor «x» ha subito, da parte di una grande catena di supermercati, una truffa per un valore 100 euro, insieme ad altre centinaia di persone o migliaia di consumatori. Dunque, da parte di questo gruppo collettivo viene avanzata un'azione risarcitoria. La richiesta di class action - eliminato, si spera, il passaggio obbligato attraverso le associazioni di consumatori di Stato, generaliste, del CNCU, organismo creato, guarda caso, dallo stesso Ministro Bersani nel 1998 - viene vagliata da un giudice che esclude quelle azioni che risultino infondate e temerarie. Successivamente si effettua una prima conciliazione. Se quest'ultima fallisce, così come sembra plausibile, inizierà il vero e proprio giudizio. Invece, se il signor «x» e tutto il gruppo collettivo di truffati vincono la causa, non viene ancora automaticamente imposto alcun risarcimento e si effettua una seconda conciliazione.Pag. 6
Se anche quest'ultima fallisce, come è presumibile, il signor «x» non riceverà comunque alcun risarcimento, nonostante il giudice abbia riconosciuto che effettivamente il signor truffato e tutti gli altri soggetti siano stati effettivamente truffati dalla catena di supermarket, che da tale truffa ha lucrato svariate centinaia di migliaia se non di milioni di euro.
A questo punto, se vuole essere risarcito, almeno per una parte dei 100 euro truffati, dovrà intentare una causa singolarmente per far riconoscere la decisione del giudice, pagando da sé, un proprio avvocato.
Il risultato è che, forse dopo trent'anni, per essere ottimisti, dopo due giudizi e due conciliazioni e chissà quante migliaia di euro pagati ad un avvocato, il signor truffato, signor «x» (e solo lui) potrebbe finalmente rientrare in possesso dei propri 100 euro, sempre che la catena di supermarket non decida di impugnare la sua denuncia, trascinandolo, a sua volta, in un altro giudizio, con il pagamento di ulteriori parcelle ad un avvocato.
Ebbene, tutto questo produce un risultato finale: la famigerata catena di supermarket...
PRESIDENTE. Onorevole Pedica, la prego di concludere.
STEFANO PEDICA. ...in fin dei conti, non sbaglia se riterrà, in futuro, a maggior ragione, che truffare paga, e paga anche se esiste la class action, e continuerà a farlo. Se vi sembra che così funzioni!
Noi crediamo, invece, che se davvero si vuole introdurre la class action in Italia - e non solamente un'altra legge truffa inutile, che truffa il truffato - il risarcimento deve essere automatico e conseguente alla vittoria della causa: ciò è fondamentale. Inoltre, deve essere garantito che la legittimazione ad intentare un'azione risarcitoria collettiva sia allargata a tutti i soggetti costituiti da una pluralità di offesi che ricorrono in giudizio per lo stesso reato contro lo stesso convenuto, anche se, come ho rilevato, ritengo che il provvedimento doveva continuare ad essere discusso nella Commissione parlamentare competente e non imposto, in fretta e furia, nei tempi stretti e blindati della legge finanziaria.
Chiedo, per questi motivi, a tutti i colleghi deputati che siano approvati dall'Assemblea gli emendamenti ed i subemendamenti sulla class action proposti dal gruppo dell'Italia dei Valori. Inoltre - parlo, in questo caso, a titolo assolutamente personale, senza intenzione alcuna di rappresentare le decisioni del gruppo dell'Italia dei Valori - nel caso fosse posta la questione di fiducia sull'intero disegno di legge finanziaria, mi troverei seriamente in imbarazzo nell'esprimere una volontà perché, a mio avviso, la disciplina sulla class action, così com'è, non è nient'altro che un'arma spuntata e inservibile, un regalo ai truffatori. Se tutto restasse così, mi farò promotore di una campagna referendaria per cambiare questa class action e restituirla finalmente ai cittadini.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Ceccuzzi. Ne ha facoltà.
FRANCO CECCUZZI. Signor Presidente, il disegno di legge finanziaria all'esame dell'Assemblea è una manovra caratterizzata, ormai, da un complesso di provvedimenti apprezzati e molto attesi dal Paese, grazie al testo presentato dal Governo, grazie agli arricchimenti apportati dall'altro ramo del Parlamento e, in ultimo, dalla Commissione bilancio di questa Camera, protagonista, nella scorsa settimana, di un lavoro meticoloso nell'accogliere le proposte emendative dei propri componenti e i miglioramenti suggeriti dai pareri e dagli emendamenti approvati dalle altre Commissioni nonché proposti dal Governo.
Il cammino che dal 1o ottobre ha portato il disegno di legge finanziaria fino a qui ha mantenuto, con coerenza, le linee indicate dal DPEF 2008-2011, proseguendo il percorso avviato dal Governo già con la manovra di bilancio dello scorso anno. La finanziaria per il 2008 si focalizza, infatti, in particolare, sull'ulteriore riduzione del deficit pubblico, sul rilancio della competitività,Pag. 7sul sostegno alla crescita economica e sul miglioramento dell'equità nella distribuzione del reddito.
Il primo scorcio di legislatura possiamo dire che ha ormai visto l'attuazione di norme incisive, anche di natura straordinaria, volte a consentire alla finanza pubblica di superare una situazione di vera e propria emergenza che si era verificata nella scorsa legislatura. L'efficacia dell'azione di Governo si è concretizzata, in particolare, su due fronti (su cui era indispensabile intervenire anche per diminuire il nostro divario con gli altri partner): la riduzione del debito e la lotta all'evasione fiscale. Si tratta di una politica che ha già consentito di distribuire circa 7 miliardi e mezzo di euro con le disposizioni del decreto-legge 1o ottobre 2007, n.159, senza dover ricorrere ad alcuna manovra correttiva.
In dieci mesi - sono notizie di ieri - dal gennaio all'ottobre di quest'anno sono entrati nelle casse dell'erario 22 miliardi in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Dunque, il risanamento ed il contrasto all'evasione hanno avuto indiscutibilmente successo, consentendo di recuperare le risorse per avviare quella tanto attesa riduzione della pressione fiscale, ma anche come leva di giustizia sociale e di redistribuzione dei redditi.
L'articolo 1 di questa manovra di bilancio per il 2008 è un inedito quanto esplicito manifesto di intenti che rappresenta un messaggio molto chiaro al Paese. Con tale articolo, infatti, si stabilisce che le eventuali maggiori entrate derivanti, nel 2008, dalla lotta all'evasione fiscale, saranno destinate alla riduzione della pressione fiscale dei lavoratori dipendenti a partire dalle fasce di reddito più basse. La riduzione della pressione fiscale non va, però, soltanto a vantaggio del lavoro dipendente ed, in senso più generale, delle persone fisiche. Con la manovra dello scorso anno era stato chiesto un contributo importante anche al mondo della piccola e media impresa per raggiungere gli obiettivi di risanamento essenziali anche per la crescita economica del Paese e la forza di tutto il sistema produttivo. Le piccole e medie imprese sono un nucleo di forze vitali per lo sviluppo: esse rappresentano, infatti, il 95 per cento delle imprese in Italia e coprono il 45 per cento del livello di occupazione totale.
Quest'anno, nel quadro di un intervento di riorganizzazione del sistema della fiscalità d'impresa senza precedenti per portata e impatto sistemico, la nuova disciplina della tassazione dei redditi delle imprese delineata dalla finanziaria introduce elementi di modernizzazione e di semplificazione, idonei a mettere il nostro ordinamento al passo con i sistemi tributari più evoluti ed in grado di attrarre maggiori investimenti dall'esterno. È una riforma che, a regime, porterà grandi benefici al sistema Italia e alle singole imprese.
La riforma si caratterizza per almeno tre innovazioni strutturali. La prima si riferisce alla riduzione delle aliquote IRES e IRAP, rispettivamente al 27,5 per cento e al 3,9 per cento, con un avvicinamento alle aliquote effettive. La seconda riguarda la semplificazione degli adempimenti e delle procedure, con un beneficio indiscutibile tanto per le imprese, in termini di abbattimento dei costi di gestione, quanto per l'amministrazione tributaria, sotto il profilo del risparmio di risorse umane e strumentali per le attività di accertamento.
La terza ed ultima prevede l'introduzione di un maggior grado di trasparenza nel prelievo sulle imprese, attraverso il recupero della coincidenza tra l'utile risultante dal bilancio civilistico e quello imponibile. La Commissione finanze, in sede consultiva, sottolineando il proprio apprezzamento per l'impianto della riforma, aveva portato alla valutazione della Commissione medesima di merito l'opportunità di apportare modifiche e correzioni migliorative al fine di rendere più graduale l'impatto di questa riforma.
Anche per questo vogliamo apprezzare particolarmente le modifiche introdotte dalla Commissione di merito, che vorrei rapidamente sottolineare. In primo luogo, è stato previsto che gli interessi passivi che eccedono quelli attivi saranno deducibiliPag. 8nel limite del 30 per cento del risultato operativo lordo a partire dal periodo di imposta 2010.
PRESIDENTE. Onorevole Ceccuzzi, la prego di concludere.
FRANCO CECCUZZI. Concludo, signor Presidente. Si è previsto, poi, che il limite di deducibilità degli interessi passivi aumenti nel primo periodo di imposta di applicazione del nuovo regime.
Il nuovo testo approvato dalla Commissione bilancio innalza il limite delle deduzioni IRAP per le imprese con un valore di produzione sotto i 180 mila euro da 8 mila a 9.500 euro. Infine, vi sono disposizioni innovative per quanto riguarda gli studi di settore, con una particolare attenzione alle imprese contoterziste.
Pertanto, ritengo che questo pacchetto di norme che riguardano le imprese abbia migliorato in senso generale il disegno di legge finanziaria e che il Paese, a questo punto, si aspetti la sua approvazione.
Chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.
PRESIDENTE. Onorevole Ceccuzzi, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Garavaglia. Ne ha facoltà.
MASSIMO GARAVAGLIA. Signor Presidente, inizio sottolineando un fatto positivo: bisogna anche guardare agli aspetti positivi, ogni tanto, anche perché i miei colleghi, in particolare quelli dell'opposizione, credo che abbiano tante cose negative da dire.
Un aspetto senz'altro positivo è che si è interrotta la catena di fallimenti della Commissione di merito, in particolare della Commissione bilancio. Il fatto che sia uscito un testo definitivo dalla Commissione di merito è una cosa assolutamente positiva, anche perché riequilibra i rapporti tra Governo e Parlamento, che, negli ultimi tempi, avevano assunto rilievi quasi paradossali, perché alla fine eravamo sostanzialmente obbligati a recepire quello che veniva dal Governo, tentando, a malapena, di emendare qualcosa in Aula, cosa impossibile per il ricorso permanente al voto di fiducia.
Per cui, di fatto, in questa situazione di stallo, in cui il Parlamento non ha possibilità di operare perché si ricorre sempre e solo al voto di fiducia, l'unico modo per poter intervenire sul testo è lavorare in Commissione e questo, tra alti e bassi, bene o male, si è riusciti a farlo. Ciò è sicuramente positivo.
Ovviamente, non è stato facile, ed è stato anche molto costoso. Alla Camera sulla manovra è stato caricato circa un miliardo in più, con coperture, probabilmente, da verificare nel dettaglio. Bisogna anche cercare di entrare nella psicologia dei deputati di maggioranza. Di fatto, la Camera non sta proponendo nulla, non sta proponendo leggi. Al di là dei provvedimenti dovuti, che vanno fatti per forza (ad esempio, le leggi finanziarie), si discute poco o niente: le ratifiche di convenzioni internazionali, cioè il nulla, il vuoto assoluto.
Per questo, l'unica possibilità per i deputati, in particolare di maggioranza, di inserire qualcosa, di dire la propria, di proporre qualcosa, era appunto la legge finanziaria: l'ultimo treno. È questo motivo che ha portato all'inserimento di diverse misure assolutamente microsettoriali, sia dal punto di vista del territorio sia dal punto di vista tematico. Non dobbiamo stracciarci le vesti, alla luce di quanto osservato in precedenza: alla fine probabilmente è più positivo il fatto che si sia riusciti ad interrompere lo strapotere del Governo rispetto al Parlamento che questo straripante intervento da parte dei deputati della maggioranza.
Venendo al merito del provvedimento, i problemi che maggiormente rileviamo sono quelli di carattere macroeconomico, cioè il timore che alla fine l'impianto generale non regga. Abbiamo, dal punto di vista della spesa, una serie di spese certe, che poi però non sono certe nell'entità totale; dal punto di vista delle entrate,Pag. 9invece, una aleatorietà notevole, derivata dal fatto che sono cambiati i parametri di riferimento.
Quanto alle entrate, il problema fondamentale è che si mantiene la stima di crescita contenuta nel DPEF senza tener conto di che cosa è cambiato nel frattempo, in particolare il rapporto euro-dollaro. Si tratta di un tema incontrovertibile: il fatto che il rapporto euro-dollaro adesso si attesti a 1,5 rispetto all'1,3 di luglio comporta la perdita di mezzo punto di PIL. Su questo non c'è dubbio, ci sono svariati modelli econometrici che lo dimostrano, e quindi bisognava tenerne conto. Il fatto che il PIL crescerà mezzo punto in meno rispetto a quanto previsto in luglio necessariamente doveva portare a rivedere i conti, da un lato nella stima delle entrate, dall'altro nella stima del rapporto deficit-PIL. Questo non è stato fatto, e ciò probabilmente farà arrivare molto vicini al 3 per cento, vale a dire al parametro che più dobbiamo tenere sott'occhio.
Per quanto riguarda la spesa, vi sono almeno due componenti che sicuramente vanno monitorate con la massima attenzione. Mi riferisco, in primo luogo, al Protocollo sul welfare. Abbiamo ancora l'occasione di farlo saltare: non si sa mai, magari al Senato si rinsavisce tutti, salta il Protocollo sul welfare e sistemiamo numerosi problemi, sia la maggioranza per quanto riguarda la tenuta dei conti pubblici, sia l'opposizione perché a questo punto, in ogni caso, avremo nell'anno venturo i conti messi sicuramente più in ordine. Non si sa mai, speriamo che i senatori prima di Natale ci facciano questo bel regalo. Se così non fosse avremmo il rischio, in particolare sulla questione dei lavori usuranti, di aprire una vera e propria voragine, perché non si sa nello specifico quanto alla fine tale misura possa costare. Purtroppo le stime più pessimistiche parlano di un'enormità, nell'ordine di svariati miliardi; stando anche alle stime meno pessimistiche, di sicuro si va oltre quanto previsto. Quindi, su questo punto, la spesa pubblica sforerà di sicuro.
L'altro aspetto preoccupante, che è stato notevolmente aggravato dagli emendamenti proposti in Commissione bilancio, è quello dei lavoratori socialmente utili, dove l'utile è tutto da verificare. Infatti, come dice il nostro collega della Lega Filippi, questi lavoratori socialmente utili hanno la funzione di creare occupazione, non di creare lavoro, e quindi non risolvono il problema: si dà uno stipendio, ma non è così che si crea ricchezza per il Paese.
Al di là di tale considerazione generale, il problema è che il numero dei lavoratori socialmente utili che verranno stabilizzati - il termine può anche sembrare positivo, ma di fatto si tratta di assunzioni senza la necessità di assumere, questo è il problema di fondo - è attualmente difficile da definire: si può partire da una stima minima di 4.000, però di fatto viene individuata nella legge finanziaria una fattispecie, non vengono indicati nomi e cognomi di coloro che verranno assunti. Delineando una fattispecie, è ovvio che si aprirà la possibilità per chi rimane escluso di ricorrere al TAR per rientrare nella fattispecie stessa; stimiamo dunque, purtroppo, in qualche centinaia di migliaia le assunzioni di tali lavoratori: si tratta di una spesa che chiaramente non è coperta nel provvedimento.
Oltretutto, si tratterebbe di una spesa rigida, cioè da coprire non solo per un anno ma per l'intera durata della vita lavorativa degli assunti. Dunque, vi è, purtroppo, non già il rischio, ma la certezza di sforare le previsioni di spesa.
Il problema di fondo, in conclusione, è che si è predisposta una manovra che doveva essere leggera - così si era inizialmente previsto - e poi si è invece ingrossata con mille rivoli, non sempre necessari ed utili. Inoltre, essa contiene due elementi di aleatorietà assai rilevanti. Dal lato delle entrate, si sottovaluta il rischio che la crescita non sarà quella prevista: avremo dunque entrate minori e il rapporto fra deficit e PIL ne risentirà, poiché il denominatore, il PIL, sarà inferiore alle attese. Dal punto di vista della spesa, soprattutto, vi sono almeno due componenti importanti che sono sottostimate, e che quindi saranno sicuramente maggiori di quanto siPag. 10prevede: per quanto riguarda le pensioni, la questione dei lavori usuranti aprirà una voragine; per quanto riguarda il pubblico impiego, la stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili costerà assai più del previsto. Di conseguenza, dal momento che sappiamo che le grandi componenti della spesa pubblica sono proprio queste, pensioni e lavoro pubblico, avendo sforato su tale aspetto, purtroppo, si sfora su tutto.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Laurini. Ne ha facoltà.
GIANCARLO LAURINI. Signor Presidente, colleghe e colleghi, una legge finanziaria che si rispetti e che voglia davvero contribuire allo sviluppo complessivo del Paese (soprattutto dopo una legge finanziaria tutta lacrime e sangue, versate in molta parte inutilmente, come quella per il 2007) dovrebbe servire non soltanto (e comunque non prevalentemente) a distribuire qua e là contentini preelettorali, disperdendo in mille rivoli le non molte risorse disponibili, ma dovrebbe puntare a far saltare tutti i colli di bottiglia che strozzano l'economia e ostacolano la libera circolazione della ricchezza favorendo il formarsi di inutili sacche di stallo. Ciò nella consapevolezza che il danno emergente e il mancato guadagno che il ristagno dell'economia comporta in determinati settori non si esauriscono certo nella ristretta cerchia dei soggetti direttamente interessati o coinvolti, ma si ripercuotono a 360 gradi sull'intera economia del Paese. In tal modo si tradisce lo spirito e lo scopo primario dell'annuale legge di bilancio.
Questo disegno di legge finanziaria non prevede in alcun modo possibili interventi benefici che producano qualche vantaggio per le casse dello Stato, senza alcun onere per i cittadini, e che al tempo stesso tonifichino il mercato. Si pensi ad esempio all'enorme patrimonio immobiliare formatosi nell'ultimo trentennio: la legge n. 10 del 1977, meglio nota come legge Bucalossi, prevede che la cessione a terzi di alloggi popolari possa essere effettuata solamente ai prezzi prefissati nella convenzione originaria, enormemente distanti da quelli attuali. Ben potrebbe la legge finanziaria, rimanendo certamente nell'ambito e nello spirito della legge di bilancio, prevedere ad esempio un meccanismo che renda possibili le vendite di questi alloggi a prezzi di mercato (e la fascia popolare che ne beneficerebbe è evidente), con il versamento ai comuni di una certa percentuale degli introiti maggiori rispetto a quelli originariamente fissati.
Questo è un esempio di quel che una legge finanziaria potrebbe fare. Invece all'interno del testo ritroviamo la class action, un istituto molto difficile, molto delicato, che proviene da un'area geografica, economica e giuridica completamente diversa dalla nostra.
Il suo inserimento nel nostro ordinamento giuridico appare estremamente delicato e difficile e dimostra come questa maggioranza e questo Governo - che speriamo torni a casa - non hanno la percezione dei reali ed immediati bisogni e delle esigenze della società civile, né della domanda che proviene dalla società civile, anche dalle fasce più deboli che il Governo e la maggioranza vorrebbero proteggere, mentre in realtà si occupano di questioni che fanno comodo nell'interesse di fasce sociali o di ben noti interessi più elevati che nulla hanno a che fare con quelli dei lavoratori e dei cittadini che si intendono proteggere.
Ci auguriamo veramente che l'esempio di quest'anno non venga mai più ripreso e che si faccia seriamente, nel rispetto delle istituzioni parlamentari, quanto invece deve essere realizzato affinché la legge di bilancio corrisponda realmente alle esigenze del Paese.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Barbi. Ne ha facoltà.
MARIO BARBI. Signor Presidente, colleghi, svolgerò alcune osservazioni sul disegno di legge finanziaria in discussione e sugli aspetti che riguardano il settore dei trasporti ma, poiché siamo sotto l'impressionePag. 11di strade bloccate dai TIR messi di traverso, non posso che cominciare facendo un'osservazione su tale situazione, precisando che nessuna legittima rivendicazione di categoria giustifica proteste di questo tipo e in questa forma da parte di alcuni. Si tratta di proteste illecite che colpiscono la collettività, ma su questo punto tornerò alla fine.
È al nostro esame la seconda manovra finanziaria del Governo Prodi, in cui il sistema dei trasporti è oggetto di un ampio e positivo complesso di disposizioni che vorrei sintetizzare intorno ad un concetto, quello di integrazione (parola che richiama le politiche ambiziose e di lungo respiro che stiamo realizzando): mi riferisco all'integrazione tra le reti interne, europee e mediterranee, tra i diversi modi di trasporto, tra i livelli territoriali e tra i diversi soggetti del settore. I documenti di bilancio che stiamo discutendo rappresentano lo strumento attraverso il quale il Governo realizza tale visione, che è parte dell'azione per il rilancio sostenibile della crescita economica in un quadro di equità sociale e di maggiore efficienza della spesa pubblica.
In merito alla mobilità sostenibile, ricordo che in Italia il comparto dei trasporti incide per oltre un quarto sul totale delle emissioni di gas serra e sulle criticità della qualità dell'aria: gli interventi volti alla loro riduzione dovrebbero essere visti non come costi, ma come investimenti di lungo periodo per garantire la sostenibilità. Il riequilibrio modale è quindi un obiettivo strategico, sul quale stiamo lavorando, per potenziare il trasporto su ferro e via mare. Il fatto che l'85 per cento delle merci viaggi su gomma costituisce un segno di ritardo e di arretratezza del Paese: è in questa cornice che si inseriscono gli impegni per le infrastrutture e per la mobilità contenuti nel provvedimento in esame, che riguardano ad ampio raggio tutti i comparti del settore - quello dei trasporti locali e ferroviari, quello marittimo e quello stradale -, oltre agli interventi per collegare porti e retroporti, centri logistici, ferrovie ed aeroporti, gomma, mare e ferro.
Tale indirizzo era già contenuto nel testo varato dal Governo ed il dibattito parlamentare, prima al Senato quindi alla Camera, lo ha migliorato (sono state infatti reperite risorse che assicurano risultati di grandissima portata). Penso alla riforma del trasporto pubblico locale che segna una vera e propria svolta, direi una svolta epocale, garantendo finalmente certezze.
Sono passati più di dieci anni dalla riforma settoriale, ma solo a partire da quest'anno si è superata la «schizofrenia» di una riforma che si concentrava sulle norme senza prevedere le risorse conseguenti: le norme senza fondi sono difficilmente applicabili, ed è per questo che il Governo si è sforzato di trovare una soluzione in grado di reperire risorse certe, credibili e durature al trasporto locale. Ne va della qualità della vita di molti cittadini ed è certamente un primo passo per il più ampio risanamento del settore dei trasporti pubblici nazionali.
Un altro aspetto riguarda le ferrovie. L'orario ferroviario del 2008 non conterrà contrazioni dell'offerta, abbiamo trovato i fondi per garantire il servizio universale e nelle risorse per il comparto dei trasporti sono stanziati anche i fondi da destinare al rinnovo del parco treni e all'incremento dei servizi offerti ai pendolari. Sono previsti incentivi al trasporto pubblico: i pendolari potranno detrarre dalle tasse una quota dei costi sostenuti per gli abbonamenti. Qualcuno ha detto che si poteva fare di più; certamente si può sempre fare di più, ma parliamo di cifre rilevanti e di incentivi (penso alla politica sugli abbonamenti) di cui discutevamo da anni.
Come dicevo, non tutto è nel disegno di legge finanziaria al nostro esame. Su alcune questioni si dovrà tornare e lo vediamo proprio in queste ore. Tuttavia, a chi utilizza strumentalmente lo sciopero degli autotrasportatori per sostenere che il disegno di legge finanziaria in esame non interviene adeguatamente nel settore, voglio rispondere che quello sciopero, pur legittimo dal punto di vista degli interessi di categoria, non può assumere forme inaccettabili a danno dei cittadini. QuestoPag. 12fermo dell'autotrasporto, inoltre, ignora l'iniziativa del Governo, che pure ha convocato le parti.
PRESIDENTE. Onorevole Barbi, dovrebbe concludere.
MARIO BARBI. Mi avvio a concludere, signor Presidente.
Il Governo al tavolo dell'autotrasporto aveva già dimostrato la propria volontà di trovare le risorse per portare a termine la riforma, potenziare i controlli, evitare forme di dumping sociale e prevedere qualche strumento per ammortizzare il costo dei rincari del carburante. Quella volontà vi è tuttora; serve solo altro tempo per poter concludere la trattativa, ma di certo non si può trattare sotto le minacce del blocco dei nodi stradali.
Mi auguro che il senso di responsabilità e una visione più ampia prevalgano su interessi di breve periodo, che ignorano gli effetti negativi che tale sciopero può avere sull'economia nazionale.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Ghizzoni. Ne ha facoltà.
MANUELA GHIZZONI. Signor Presidente, nella manovra per il 2008 su scuola, università e cultura è chiara la volontà di investire, di recuperare efficienza e di gratificare il merito, come ad esempio dimostra la sperimentazione di una nuova organizzazione scolastica, finalizzata ad innalzare il servizio istruzione, a migliorare la qualità dell'apprendimento e ad accrescere l'efficacia della spesa. Infatti, la scuola italiana non soffre soltanto di carenza di risorse, ma anche di gestione inefficiente delle medesime, come dimostra il fatto che negli anni passati, ad eccezione delle ultime immissioni estive, il personale docente sia aumentato nelle regioni dove si è registrato un decremento degli alunni.
La norma introduce, inoltre, un meccanismo premiante, che prevede la restituzione alle sedi locali delle risorse risparmiate da investire per il personale e per l'edilizia. Ma il disegno di legge finanziaria per la scuola include altre norme, come per esempio l'assunzione di mille ATA aggiuntivi, rispetto al contingente previsto, che riteniamo possa comunque essere incrementato in considerazione dei prossimi e massicci pensionamenti. A proposito di ATA e ITP crediamo che non sia più differibile una soluzione al problema salariale di inquadramento, oggi oggetto di sperequazione, del personale trasferito per legge dagli enti locali alle istituzioni scolastiche.
La prevista stabilizzazione dei docenti di sostegno, che va a vantaggio della continuità didattica e degli alunni, definisce l'organico secondo parametri quantitativi. Auspichiamo, pertanto, affinché l'integrazione degli alunni disabili sia efficace, che l'organico sia elevato di almeno l'80 per cento e che, in presenza di indifferibili e accertate esigenze, si possa procedere a nomine in deroga.
Analogamente, alla luce del costante incremento degli alunni stranieri, chiediamo che siano destinate risorse per la dotazione di docenti di italiano per gli alunni alloglotti, così che la padronanza della lingua sia veicolo di comunicazione e di conoscenza, oltre che di integrazione. Sono auspici per una scuola più inclusiva, in grado di fornire ai giovani, in particolare più svantaggiati, le competenze indispensabili per affrontare le sfide poste dalla contemporanea società della conoscenza.
In merito all'università e alla ricerca, ricordo l'apprezzabile inversione di tendenza sui finanziamenti, dato l'incremento consistente del fondo di funzionamento ordinario e del fondo in favore degli enti di ricerca, ma l'apprezzamento riguarda anche le modalità di assegnazione delle risorse sottoposte all'adozione di un piano programmatico, nel quale MIUR ed atenei sanciscono una reciproca assunzione di responsabilità, per la quale il primo si impegna a trasferire adeguate risorse tenendo conto dell'inflazione e delle retribuzioni, mentre gli atenei sottoposti a valutazione si vincolano alla razionalizzazione della spesa e all'adozione di una programmazione degli interventi, al miglioramentoPag. 13della qualità dei servizi dell'offerta didattica. Con l'adozione di tale piano, i criteri del finanziamento incentivante, della programmazione connessa alla valutazione, trovano finalmente concreta applicazione nel nostro sistema universitario, seppure limitati alla distribuzione di una percentuale del fondo di funzionamento ordinario.
Non posso soffermarmi - come invece vorrei - su alcuni provvedimenti importanti, tesi a valorizzare i giovani ricercatori. Tuttavia, a tale proposito desidero invece richiamare la norma che prevede la stabilizzazione del personale delle amministrazioni pubbliche titolari di contratti a tempo determinato e di Cococo. Abbiamo ricevuto aspre critiche per la presentazione di una proposta emendativa, che escludeva dalla stabilizzazione il personale con compiti di insegnamento e di ricerca nell'università. La nostra decisione è coerente con quanto abbiamo sostenuto nella legge finanziaria per il 2007, cioè un piano di assunzione straordinario dei ricercatori, con nuove modalità procedurali snelle, meritocratiche e allineate agli standard internazionali.
L'università italiana non ha bisogno di ope legis, ha bisogno di qualità, di concorsi trasparenti che valutino rigorosamente i titoli e le esperienze scientifiche e didattiche maturate, che gratifichi quindi i giovani migliori molti dei quali, ma non tutti, sono precari che oggi ci contestano. Comprendiamo la loro amarezza, soprattutto coloro che non hanno avuto l'occasione di dimostrare fino ad oggi con procedure comparative limpide il proprio valore scientifico.
Su questo punto è chiara la responsabilità di molti atenei che hanno basato un'ampia offerta didattica e i programmi di ricerca sulla disponibilità dei precari, senza prevedere un conseguente piano di reclutamento. Ma ora questo piano c'è e prevede 1050 posti cofinanziati a valere sulle risorse messe a disposizione nel 2007 a cui si aggiungeranno ben 4200 nel biennio 2009-2010. Da ieri è realtà anche il regolamento delle nuove modalità di reclutamento dei ricercatori. Abbiamo, quindi, posti e nuovi strumenti di selezione: così si aprono realmente le porte dell'università ai giovani talenti meritevoli, in adesione al dettato costituzionale.
Infine, richiamo solo per titoli alcuni provvedimenti di rilievo a favore dei beni culturali che meriterebbero ben maggiore spazio, sia per il profilo dell'impegno finanziario, sia per la qualità delle misure adottate. Oltre all'incremento del FUS, penso all'impegno inedito e forte per rilanciare l'industria cinematografica nazionale, attraverso meccanismi di incentivazione fiscale a favore delle imprese che investono in tutta la filiera del cinema e alle modifiche al testo unico della televisione introdotte per assicurare promozione e diffusione alla produzione audio-televisiva.
Concludo, signor Presidente, esprimendo apprezzamento per una manovra che restituisce serenità ai settori che ho richiamato non solo per le risorse messe a disposizione, ma per le scelte assunte tese a gratificare il merito e il senso di responsabilità, a sostenere la creatività, a disporre pratiche di programmazione, innovazione e valutazione.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.
PRESIDENTE. Onorevole Ghizzoni, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritta a parlare l'onorevole Capitanio Santolini. Ne ha facoltà.
LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Signor Presidente, la manovra che stiamo varando doveva essere una manovra leggera, in realtà sarà sicuramente pesante. Lo conferma la portata di 14 miliardi che sta emergendo in queste ore, a cui si possono aggiungere i circa 8 miliardi del decreto-legge che abbiamo approvato pochi giorni fa: pertanto andiamo oltre i 20 miliardi di euro. A ciò si aggiunge il pacchetto del welfare che, se è vero che è collegato a questa manovra finanziaria, tuttavia è destinato a gonfiarsi nel tempo (e non sappiamoPag. 14nemmeno quanto si gonfierà) perché c'è il problema, ad esempio, dei lavori usuranti che non è stato affrontato e che si continua a rimandare all'infinito. Questo significa che è una manovra finanziaria di tutto rispetto, in linea con le manovre finanziarie degli ultimi sette anni, e dunque tanto leggera non è.
Ma ciò che è grave è che, a detta di tutti gli esperti e di tutti gli osservatori, a differenza delle precedenti finanziarie, peggiora anche sulla carta i saldi rispetto a quello che avverrebbe in sua assenza. In altre parole, questo benedetto extragettito, vale a dire le entrate fiscali che dovevano essere una cifra limitata, sono lentamente aumentate e adesso arriviamo in aula con un testo che contiene 14 miliardi in poco più di due mesi, ovvero c'è stato un incremento del 40 per cento.
Doveva essere una legge finanziaria che conteneva i più consistenti tagli ai costi della politica, invece ci troviamo davanti a un testo completamente stravolto rispetto all'impianto che era stato presentato a settembre, e da più parti sono stati sollevati seri dubbi sulla sua copertura. Di Commissione in Commissione è dunque svanito il rigore tanto enfatizzato dal Governo: è saltato il taglio al numero dei consiglieri degli enti locali; il numero degli assessori è stato diminuito, ma a partire dalle prossime elezioni; il taglio delle comunità montane è stato rimandato a luglio, solo se le regioni non provvederanno ad un loro riassetto (e non c'è ragione di pensare che lo faranno); è stata stralciata la norma che obbliga il medico a prescrivere per i medicinali di classe C solo il principio attivo; soprattutto, poi, è saltata, per l'ennesima volta, la riforma dei servizi pubblici locali. Sembrava che il Ministro Lanzillotta avesse disincagliato dalle secche del Senato il suo progetto di legge, ma alla fine quelle norme non sono state inserite nel testo che stiamo discutendo.
Eppure, come è noto (noi insistiamo da molto tempo sul punto), la liberalizzazione nel settore dei servizi pubblici poteva creare davvero un sistema più efficiente che non penalizzasse i cittadini con aumenti delle tariffe delle tasse locali (in modo che lo Stato non togliesse con una mano ciò che poi aggiunge con l'altra).
Questo Governo, in altre parole, ha avuto la fortuna di disporre di quasi un miliardo di «tesoretto» al mese: non solo, però, non ha saputo valorizzarlo e ottimizzarlo, ma addirittura lo ha dilapidato. Il complesso della manovra di bilancio 2007-2008 peggiorerà i conti pubblici rispetto a quanto avverrebbe in sua assenza. Si tratta di mezzo punto percentuale in più di rapporto deficit-PIL: dal punto di vista dell'equilibrio di bilancio e degli impegni europei, sarebbe stato meglio fare a meno del decreto fiscale e della legge finanziaria. Mi sembra un paradosso incredibile: una fetta consistente del peggioramento dei saldi è dovuta a maggiori spese e non a riduzioni di tasse! Non si può neanche sostenere, quindi, che ciò costituisca la restituzione dell'extragettito agli italiani (come la maggioranza e soprattutto il Governo affermano in questi giorni). Si può invece sottolineare in rosso che si tratta di una rinuncia a investire nel futuro. L'aggiustamento - quello vero e serio - viene rinviato al 2009-2011, come è candidamente riconosciuto dagli stessi esperti di Palazzo Chigi. Siamo davanti a una situazione del genere e, in un quadro così desolante, con riferimento alle fasce più povere o agli incapienti, è stato dimezzato il bonus destinato a questi ultimi, come abbiamo già avuto modo di illustrare con il collegato fiscale alla finanziaria (e dire che questo Governo sosteneva di essere vicino alle fasce più deboli!). Non solo, ma il decreto fiscale, come abbiamo già affermato, dà alle famiglie il riconoscimento di un sussidio una tantum: non vi è niente di peggio delle riforme non strutturali! Il provvedimento citato, inoltre, è molto ambiguo. Non si sa bene, infatti, quale sia la platea che potrà godere dell'aiuto di 150 euro al mese (si noti che esso era stato aumentato a 300 euro e il Governo lo ha riabbassato a 150).
Il problema degli asili nido - che nella legge finanziaria precedente era stato sbandierato come una grande innovazione (si pensi al «piano nidi», molto caro al Ministro Bindi) - è stato completamentePag. 15disatteso. Con il disegno di legge finanziaria in esame, infatti, l'Esecutivo aveva l'opportunità di completare il cosiddetto piano nidi e di fornire una risposta al problema dei servizi alle famiglie, che in effetti si attendeva da molti anni.
Sarebbero bastati - è una stima de Il Sole 24 Ore - 400 milioni annui. Se pensiamo ai 20 miliardi di euro della manovra, si tratta di una cifra ridicola e assolutamente raggiungibile da parte del Governo: si sarebbe completato, così, questo famoso piano e la copertura sarebbe arrivata - secondo calcoli ragionevoli - al 17 per cento di bambini, permettendo al nostro Paese di abbandonare le percentuali bassissime tipiche del nostro welfare (che ci collocano agli ultimi posti in Europa).
Niente di tutto ciò: il Governo ha stanziato una simbolica cifra di 25 milioni per il solo 2008. Ciò è abbastanza strano, dal momento che non è pensabile che si possa affrontare in maniera seria il «piano nidi» con cifre simili. Aggiungo che il Ministro Bindi, dopo aver fatto alcuni conti, ha affermato che con i 70 milioni di euro sottratti a Fiorani costruirà settemila nuovi asili nido, che significa 10 mila euro per ogni asilo. Siamo completamente fuori da ogni possibile ragionamento serio!
Vi è, quindi, un abbandono totale del «piano nidi» e, in compenso, si interviene sull'ICI, con una misura altrettanto sbandierata dalla maggioranza. Dunque, l'intervento sull'ICI è molto corposo e strutturale, quindi destinato a durare nel tempo, su cui nessun Governo potrà più mettere le mani, perché rivolto alla stragrande maggioranza dei proprietari di case. Peraltro, i vincoli di reddito previsti per l'ICI sono praticamente assenti, o perlomeno il tetto è molto alto, pertanto la platea è molto ampia. Su questo aspetto non abbiamo nulla da obiettare, perché le manovre per essere serie devono coinvolgere un'ampia platea, ma il problema è che tali misure strutturali, destinate a incidere a lungo e pesantemente sul bilancio pubblico, sono state adottate senza tener conto dei carichi familiari. In altre parole, le disposizioni sull'ICI si applicano a tutti i proprietari di case, senza tenere minimamente conto se in casa ci siano una, quattro o sei persone, oppure persone disabili o minori, che non producono reddito. Non è finita: i vincoli di reddito, che sono molto alti e quindi soddisfano un'ampia platea, rimangono invece per gli affittuari, che, come è noto, si concentrano maggiormente tra le persone e le famiglie di reddito modesto e povero, ossia tra coloro che non hanno reddito sufficiente per acquistare un'abitazione e impegnarsi con un mutuo.
Signor Presidente, diciamo la verità: questo disegno di legge finanziaria, in realtà, intendeva essere un'importante manovra redistributiva, ma di fatto privilegia i più abbienti. Vi è il famoso Robin Hood alla rovescia, perché - lo ripeto - si tratta di interventi strutturali. Pertanto, il bonus agli incapienti è assolutamente simbolico e ridicolo, in quanto concepito come una tantum per gli incapienti per definizione, gli affittuari hanno tetti di reddito molto bassi per vedere soddisfatte le proprie esigenze, mentre, per quanto riguarda i proprietari di case, va bene intervenire sull'ICI, ma la platea interessata è molto ampia, il che va anche bene, ma non sono stati minimamente soddisfatti i criteri dei carichi familiari. Quindi, alle famiglie non è stato dato assolutamente niente. Si potrebbe continuare nel dire che non vi è alcun intervento strutturale su detrazioni e deduzioni. Per la cronaca, in Italia - anche ciò bisognerebbe scriverlo sui muri delle chiese e delle case - con un reddito di 25 mila euro e una famiglia di quattro componenti (padre, madre e due figli), si applica un'aliquota pari al 6,9 per mille, con un importo di 1.725 euro, mentre in Francia si pagano 52 euro e in Germania poco più di 700. Inoltre, la Ragioneria generale dello Stato afferma - sono documenti ufficiali - che alle famiglie sono stati sottratti 700 milioni di euro rispetto al Documento varato il 30 settembre. Con questa manovra ci rimettono praticamente tutti, in particolare le famiglie.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
Pag. 16LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Signor Presidente, mi avvio alla conclusione. Ci sono tagli di tutti i tipi e di tutti i generi, ma non vale affermare che 700 milioni in meno sono solo in termini di cassa, ossia non di competenza. Ciò significa che mancano le risorse, ma che sussiste la volontà politica di erogarle. Dunque, si rimanda il tutto a quando si faranno i conti e si scatenerà una diatriba per valutare l'opportunità di recuperare o no le cifre stanziate, ma non erogate.
PRESIDENTE. Onorevole, deve concludere.
LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Signor Presidente, concludo. Dunque, le famiglie, per l'ennesima volta, ricevono una stangata. Il Presidente Prodi non può affermare che va tutto bene, perché le famiglie sono molto preoccupate e profondamente deluse. In considerazione del family day e della Conferenza nazionale della famiglia di Firenze, organizzata dal Ministro Bindi, si può sostenere che è stato perpetrato l'ennesimo tradimento alle famiglie.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pegolo. Ne ha facoltà.
GIAN LUIGI PEGOLO. Signor Presidente, egregi colleghi, rappresentanti del Governo, il disegno di legge finanziaria per il 2008 è stato criticato dall'opposizione essenzialmente per un motivo: perché le risorse disponibili non sono state destinate prevalentemente al risanamento finanziario o allo sviluppo.
Alcuni colleghi che sono intervenuti hanno criticato la scelta di un deficit più alto di quello tendenziale, che il Governo ha operato per poter incrementare la spesa. Tali colleghi sono particolarmente sensibili ai dettami del monetarismo e considerano, se non il raggiungimento del pareggio del bilancio, quantomeno una significativa riduzione del debito come un obiettivo al quale vale la pena sacrificare anche inderogabili esigenze sociali. Altri colleghi dell'opposizione hanno sferrato il loro attacco su un altro versante, ossia quello della mancata promozione dello sviluppo: ieri, per esempio, l'onorevole La Malfa ha lamentato il tasso di crescita, ancora troppo basso, del prodotto interno lordo. Si tratta di una posizione certamente più convincente dell'altra citata in precedenza, anche se occorrerebbe interrogarsi a fondo su come si possa sostenere, nell'attuale congiuntura economica, la crescita. Molto spesso, infatti, i settori dell'opposizione, quando si richiamano allo sviluppo, alludono essenzialmente ad una politica di trasferimenti alle imprese attraverso la riduzione della pressione fiscale, eludendo il tema della promozione, dell'innovazione e, ancor più, quello del sostegno del reddito, certamente essenziale in una strategia di crescita.
In realtà, tali critiche appaiono ispirate ad una logica non condivisibile. Peraltro, se si osserva il quadro macroeconomico entro cui si colloca la manovra finanziaria, si deve riconoscere che, in ogni caso, il deficit di bilancio si sta riducendo e che le difficoltà che si intravedono sul piano macroeconomico, per effetto di una congiuntura internazionale meno favorevole rispetto al passato, dovrebbero comunque indurre ad un'attenzione particolare al tema del sostegno del reddito. Per tali ragioni, a me pare che la manovra di cui stiamo discutendo non possa essere criticata utilizzando simili argomenti e che, anzi, nelle sue scelte di impostazione generale vada sostanzialmente condivisa. L'alternativa poteva essere quella di utilizzare le risorse ancora per l'abbattimento del debito? Oppure per nuovi trasferimenti alle imprese, dopo quelli, già molto consistenti, erogati nella legge finanziaria per l'anno 2007? Non mi pare credibile. Un sostegno al reddito si rendeva necessario e non è a questo livello che la critica si giustifica.
Il problema dell'attuale disegno di legge finanziaria è, a mio avviso, diverso e risiede più che altro in alcuni elementi contraddittori che si colgono nella sua impostazione. Il disegno di legge finanziaria contiene un insieme molto articolato diPag. 17provvedimenti, talmente articolato da finire per determinare, semmai, un'eccessiva frammentazione.
Esaminiamo alcuni indirizzi fondamentali che vengono assunti nella manovra in esame: in primo luogo, si prosegue una politica di sostegno del reddito; questa è la parte che considero, in generale, più positiva. Tale sostegno si concretizza in una serie di provvedimenti che vanno dalla riduzione dell'ICI sulla prima casa al sostegno alle spese per l'affitto, al bonus per gli incapienti, al sostegno alle famiglie numerose, al Fondo per la detassazione dei redditi da lavoro dipendente, alla diminuzione del prelievo sul TFR e così via.
Un secondo indirizzo è quello che riguarda il sostegno allo sviluppo e al sistema delle imprese: si va dalla riduzione dell'IRES e dell'IRAP alla semplificazione della contabilità aziendale, al sostegno alla ricerca, alle misure per il sostegno all'imprenditoria del Mezzogiorno. Si tratta di interventi che, abbinandosi a quelli dello scorso anno sul cuneo fiscale, rafforzano ulteriormente l'intervento a favore dei settori produttivi. Vi è poi un altro filone di intervento, quello che riguarda l'ambiente e il territorio: in tale ambito ci troviamo, da un lato, di fronte al proseguimento della politica delle grandi opere - con una serie di provvedimenti che sono giunti anche all'esame della Commissione - e, dall'altro lato, ad una serie di provvedimenti in campo ambientale di un certo significato (penso alla destinazione dei fondi per i consumi non inquinanti, per il risparmio energetico, per la realizzazione dei parchi urbani, per le aree alluvionate e così via). Infine, vale anche la pena richiamare gli interventi di razionalizzazione della spesa, tra cui rientrano, fra l'altro, quelli riguardanti i costi della politica, tema sul quale, come sappiamo, si è concentrata l'attenzione dell'opinione pubblica.
Tale razionalizzazione riguarderà la soppressione degli enti inutili, la riduzione dei consigli di amministrazione, i limiti agli stipendi dei manager. Vi è inoltre una serie di norme che riguardano gli enti locali, che vanno dalla riduzione delle comunità montane ai benefici per alcune figure istituzionali. Ho citato alcuni dei principali indirizzi di fondo della manovra finanziaria e ne ho volutamente tralasciati altri, anche per esigenza di sinteticità. Mi sembra comunque che all'interno di tali indirizzi coesistano impostazioni diverse che in parte si contraddicono e, in alcuni casi, riducono l'impatto innovativo dei provvedimenti. A tale proposito, analizzando la questione del sostegno del reddito vi è da dire che, pur trattandosi di un'impostazione di per sé positiva, in taluni casi viene perseguita con strumenti che riducono l'efficacia della redistribuzione per effetto - ciò peraltro è stato già stato affermato in altri interventi - dei benefici che vengono erogati a platee troppo ampie di soggetti e che quindi tendono a vanificare l'effetto redistributivo. Sempre relativamente alla questione del reddito vi è un'altra osservazione da svolgere: fino a che punto una politica di sostegno al reddito può essere praticata essenzialmente attraverso la riduzione del prelievo fiscale? Non vi è il rischio che le misure di intervento sociale sul reddito vengano, di fatto, in prospettiva compensate da una minore erogazione di servizi? Vi è insomma il rischio che abbiamo già intravisto nella scorsa legge finanziaria che, alla fine, si determini una partita di giro a saldo zero.
Vorrei svolgere un'altra osservazione riguardo alla questione dello sviluppo. È vero che la compressione dell'IRES e dell'IRAP avverrebbe a saldo zero e che alcune misure di sostegno al sistema delle imprese sono in sé condivisibili, tuttavia emerge un indirizzo che solo marginalmente incide sulle propensioni innovative delle imprese. Tale indirizzo si limita a prevedere trasferimenti di risorse che di per sé non determinano comportamenti virtuosi, mentre nel Mezzogiorno si resta comunque ancorati in larga misura ad orientamenti di politica economica ed industriale che non hanno dato fino ad ora risultati apprezzabili. Contraddizioni percorrono peraltro anche gli interventi territoriali, dove a misure virtuose in campo ambientale fanno riscontro discutibili politichePag. 18sul piano delle infrastrutture o su quello della politica della razionalizzazione della spesa. In tali interventi, accanto ad alcune misure positive, ve ne sono altre, come quelle tese a raggiungere l'obiettivo della riduzione dei costi della politica indebolendo di fatto la struttura democratica delle istituzioni locali, sulle quali mantengo forti perplessità.
In conclusione, in un disegno di legge finanziaria che risulta nel complesso più convincente rispetto a quello dell'anno precedente, esistono nondimeno alcuni elementi irrisolti che riconfermano le contraddizioni che percorrono questa maggioranza e che hanno trovato il loro punto di massima nella recente vicenda del welfare. Quest'ultimo provvedimento, pur essendo distinto dal disegno di legge finanziaria, rientra tuttavia nella manovra complessiva e getta molte ombre sull'impostazione della politica sociale. Peraltro, non si può che sottolineare come in tema di politica del lavoro, benché nel presente disegno di legge finanziaria vi siano provvedimenti positivi (ad esempio in tema di lavoratori socialmente utili e di riduzione delle precarietà nella pubblica amministrazione), l'impostazione del Protocollo resta largamente inadeguata, sia in tema di precarietà sia in tema di previdenza. Non tornerò sui rilievi che, intervenendo in occasione della discussione del provvedimento sul welfare, ho avuto occasione di illustrare ma voglio sottolineare il vulnus che le scelte suddette hanno rappresentato, non solo nei confronti dell'attività del Parlamento, ma anche della maggioranza che sostiene questo Governo.
Si tratta di una scelta che pesa sull'azione del Governo. Il disegno di legge finanziaria in esame, per i contenuti che lo caratterizzano, pur nelle sue contraddizioni, può essere accettato, ma l'impostazione complessiva dell'azione di Governo resta ancora non convincente.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Grillini. Ne ha facoltà.
FRANCO GRILLINI. Signor Presidente, intervengo a nome dei Socialisti per la Costituente, ed, avendo così poco tempo a disposizione, mi limiterò a citare alcune questioni che ritengo più urgenti. Vorrei dire in particolare che il disegno di legge finanziaria può essere letto in molti modi. Abbiamo ascoltato in precedenza l'intervento di carattere clericale della collega dell'UDC, mentre con il mio intervento intendo fare riferimento ad una lettura più laica o laicista - diciamo così - del tema del disegno di legge finanziaria. Vi sono molte organizzazioni che leggono la finanziaria a seconda degli interessi dei cittadini, per esempio associazioni di volontariato come Lunaria, e vi è la possibilità di leggerla, ad esempio, anche dal punto di vista appunto dei cittadini gay, lesbiche, bisessuali, e transgender (GLBT), dei cittadini omosessuali. Da questo punto di vista mi consenta di fare una chiosa - considerato che l'argomento, in questi giorni, è sulle prime pagine di tutti i giornali - in relazione al tema della sicurezza e della omofobia: credo che il provvedimento in materia di sicurezza debba essere approvato così com'è, con una correzione formale del testo che citi correttamente il Trattato di Amsterdam e la lotta alla omofobia.
Ho presentato alcuni emendamenti al provvedimento in esame, come rappresentante dei Socialisti per la Costituente, componente del gruppo Misto, e vorrei citarne tre che, tra l'altro, sono state dichiarati ammissibili in sede di Commissione bilancio. Avendo a disposizione poco tempo, più che altro, intendo richiamarne i contenuti. Con uno di essi si propone la riduzione dell'IVA sui profilattici. Infatti l'IVA imposta in Europa si attesta al 5 per cento, quindi il Governo può agire su tale terreno con ampio margine, riducendo la ricordata imposta, ad esempio al 10 per cento, considerato che in Italia vi è il costo più alto in Europa per il principale strumento di lotta alle malattie a trasmissione sessuale. Un altro emendamento che abbiamo presentato è diretto alla salvaguardia del ballo e del balletto in Italia, ed è una questione di carattere culturale e generale. Infatti, negli ultimi 15-20 anni sono già state chiuse in Italia le compagniePag. 19di balletto in sei teatri (Torino, Venezia, Bologna, Genova, Catania e Trieste) senza reali motivi. È infatti ampiamente dimostrato che, eliminando il corpo di ballo, non si producono risparmi né miglioramenti di bilancio, tanto è vero che le fondazioni che hanno compiuto la predetta operazione non hanno avuto alcun riassetto economico, dunque si tratta di un emendamento a costo zero. Un altro emendamento cui teniamo molto riguarda i finanziamenti della Chiesa cattolica. Pochi sanno che, a livello locale, i comuni, nei loro bilanci devono pagare una tangente sugli oneri di urbanizzazione secondaria. Noi proponiamo l'abrogazione della normativa che consente tale situazione e la destinazione di 5 milioni di euro alla scuola pubblica.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Viola. Ne ha facoltà.
RODOLFO GIULIANO VIOLA. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, la legge finanziaria per il 2008 rappresenta un punto di svolta nell'azione di risanamento dell'economia del Paese. Dopo la tormentata e difficile vicenda dell'approvazione della legge finanziaria dello scorso anno, ora il Governo ci presenta uno strumento innovativo nella forma e soprattutto nei contenuti. Veniamo da stagioni di gestione della cosa pubblica che hanno affrontato in maniera distorta i temi dello sviluppo e del risanamento dei conti pubblici del Paese. Non vogliamo e non possiamo dimenticare lo stato della situazione economico-finanziaria ereditato dai cinque anni del Governo di centrodestra: l'enorme debito pubblico, il rapporto deficit/PIL al 4,8 per cento, l'avanzo primario azzerato, la crescita zero per cinque anni, un'evasione fiscale pari a 75-90 miliardi di euro ogni anno, assolutamente incompatibile con una politica di sviluppo e di equità. Di fatto l'enorme debito pubblico e l'ampiezza dell'evasione fiscale rappresentano i veri nodi da sciogliere. La manovra dello scorso anno ha cominciato ad affrontarli e il disegno di legge finanziaria per il 2008 prosegue su questa strada. Vorrei porre l'attenzione proprio sulla lotta all'evasione fiscale. Per ammissione del Ministro Padoa Schioppa, sappiamo che la pressione fiscale in Italia è alta, ma è altrettanto vero che il recupero della stessa evasione fiscale non può essere presentato come un aumento della pressione fiscale.
Oggi stiamo tornando in una situazione di maggiore equilibrio: semplicemente chi prima non pagava paga il dovuto.
Mentre affermiamo con convinzione questi principi, non possiamo dimenticare che nell'anno che abbiamo alle spalle si è aperto su questi temi uno scontro - vorrei dire - ideologico, con quella parte del Paese che produce e distribuisce ricchezza sotto forma di lavoro, di salari e di sviluppo.
Per chi, come il sottoscritto, proviene dalla parte molto dinamica del nostro Paese, come il nord, non è ammissibile accomunare in una indistinta e generica accusa di disinteresse nei confronti del bene comune i moltissimi imprenditori, piccoli e grandi, artigiani, commercianti, liberi professionisti - in una parola - il mondo delle partite IVA che rappresentano, invece, veri elemento di traino dello sviluppo del nostro Paese.
Certamente i numeri ci dicono chiaramente che non tutti contribuiscono in maniera equa; ma chi ha voluto alimentare in maniera speciosa questa polemica deve sapere che il tessuto imprenditoriale del quale stiamo parlando è molto più attento ai temi della comunità di quanto lo si voglia dipingere.
È evidente che l'azione di lotta all'evasione ha riguardato in modo particolare questi mondi ma ha anche messo in evidenza l'idea che se lo Stato restituisce in maniera adeguata in termini di servizi e infrastrutture quello che i cittadini versano, questi mondi e questi imprenditori sono i primi a capire che una giusta aliquota fiscale rappresenta uno strumento di crescita collettiva e di equità sociale.
Abbiamo posto le premesse per una politica di serietà nei confronti dell'evasione: una lotta condotta per l'interessePag. 20generale e con l'obiettivo di far pagare il giusto ad ognuno. Molto resta ancora da fare. In questo contesto invitiamo il Governo e il Parlamento ad accelerare il tema della riforma del federalismo fiscale: la vera risposta ai temi del disagio istituzionale rappresentata da molte parti del nord del Paese, le quali comunque trovano prime e concrete risposte in questo disegno di legge finanziaria e nel collegato fiscale.
Sono le risposte che quei mondi si attendevano: mi riferisco alla semplificazione fiscale, al taglio delle imposte per le società di capitali, alla diminuzione dell'aliquota IRAP, al taglio dell'IRES sulla parte di utili. Si tratta di tagli di aliquote che servono a garantire la competitività del sistema produttivo italiano e semplificazioni di regole fiscali per imprese, essenziali per garantire chiarezza sul carico tributario. Una riforma, quindi, che prevede un riordino e una drastica semplificazione, sostanzialmente realizzata senza costi per lo Stato.
Ancora, soprattutto, ci preme sottolineare lo stop alla gogna fiscale del cartello posto alla serranda dei negozi chiusi per mancata emissione degli scontrini. Inoltre, sottolineo la revisione degli studi di settore per i quali spetterà all'Agenzia delle entrate fornire elementi di prova per avvalorare maggiori ricavi e compensi.
Sono questi i primi e certamente non ultimi passi di una spiccata e significativa riduzione della pressione fiscale. Lo sforzo, completo e quindi bisognoso pur non di ulteriori interventi, è tutto teso a riconquistare un adeguato tasso di fiducia tra le istituzioni e il cittadino con un meccanismo virtuoso di reciproca fiducia, in un clima di rinnovato patto sociale.
Come detto, quindi, con il decreto fiscale si realizza l'obiettivo previsto nella legge finanziaria 2007 di ridistribuire le entrate ottenute con il recupero dell'evasione fiscale. Cominciamo, quindi, da chi meno ha e non come hanno sostenuto in molti in maniera indistinta, avendo piena coscienza che troppi in Italia stanno soffrendo situazioni di grave disagio e che la forbice tra chi ha molto e chi ha troppo poco si sta allargando drammaticamente.
Li ricordo solo per titoli: gli interventi a favore degli incapienti, gli interventi a favore delle famiglie, introducendo il congedo di maternità e parentale nei casi di adozione e affidamento ed effettuando una completa equiparazione con quanto previsto per i figli biologici, gli sgravi ICI, gli sconti sugli affitti, lo sconto affitti per i giovani, gli interventi sull'immigrazione, l'eliminazione del ticket. Oltre questi interventi la manovra di bilancio reperisce le risorse finanziarie per finanziare il Protocollo sul welfare. Voglio sottolinearlo con forza perché corriamo il rischio di perdere di vista il fatto che il Governo è riuscito in una condizione ambientale e politica difficilissima a rimettere insieme le parti sociali con il concorso di tutti e a proporre uno strumento di welfare in grado di fornire risposte importanti, anche se non esaustive, all'insicurezza e alle incertezze che anni di confronti muscolari avevano ingenerato tra i lavoratori, le imprese e i cittadini tutti.
Dunque, sono finanziati la progressiva armonizzazione degli istituti attuali, l'aumento della durata della misura dell'indennità per disoccupazione, le coperture figurative, il rafforzamento della stabilità finanziaria, l'abrogazione del brusco innalzamento dell'età pensionabile, eccetera.
Tralascio le questioni sui costi della politica e passo rapidamente ad un cenno sulle questioni infrastrutturali. Si interviene in maniera massiccia da questo punto di vista, finanziando opere da tempo attese e rifinanziando altre che erano in attesa di essere completate.
Cito solo alcuni sistemi che riguardano il Nord-est e, in particolar modo, il Corridoio n. 5 che permette di affrontare realtà drammatiche e non più procrastinabili, quali l'allargamento dell'autostrada A4 con la terza corsia.
Lo dico perché questo rappresenta uno dei punti nodali per lo sviluppo del Paese. In tale contesto, ricordo solo che nel cosiddetto decreto fiscale vengono finanziati, per la prima volta con un intervento specifico, i comuni che sono a confine conPag. 21le regioni a statuto speciale. Nelle regioni del nord si sta affrontando da molto tempo il flusso migratorio verso altre regioni. Una prima risposta viene data da questo Governo: 25 milioni di euro destinati direttamente ai suddetti comuni. Vogliamo che questo lavoro continui e che venga ulteriormente rafforzato, anche attraverso l'azione delle regioni.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
RODOLFO GIULIANO VIOLA. Concludo, signor Presidente, affermando che questa finanziaria inizia a rimettere in piedi il Paese: il deficit si è ridotto, il rapporto debito pubblico-PIL è sceso dal 105 al 103 per cento. Ci confortano questi dati sul futuro del Paese. Sta a noi e a questo Parlamento dimostrare che la classe politica, al di là degli schieramenti, è in grado di produrre una buona amministrazione pubblica. Solo così saremo in grado di recuperare quel rapporto virtuoso con i cittadini, necessario per garantire un futuro più sereno e più coeso per le nostre comunità.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Misiti. Ne ha facoltà.
AURELIO SALVATORE MISITI. Signor Presidente, onorevoli membri del Governo, molti ormai sostengono che la legge finanziaria sia da superare in quanto non risponde più ai requisiti per cui essa è stata voluta dal legislatore. Forse non è tutto esatto quello che dicono ma, certamente, hanno ragione su un punto: il Paese non può essere governato solo con una sessione parlamentare in cui si vara la legge finanziaria e i suoi collegati. Essa diventa sempre più enciclopedica, con il risultato che si inseriscono temi fondamentali, senza poterli meditare e vagliare come meriterebbero. D'altra parte, trattarli in altre leggi è quasi impossibile, data la lentezza dei lavori parlamentari.
Ne consegue che se si vuole tornare a legiferare in modo normale - ed io aggiungo regolare - occorrono profonde riforme legislative e regolamentari. A quel punto faremo a meno della legge finanziaria. Oggi siamo costretti ad approvare questo tipo di legge. Devo ammettere che, dopo l'anno terribile 2007, con la legge finanziaria che ha dovuto salvarci dal fallimento, mettendo a posto i conti, la proposta attuale presenta numerose scelte positive per il Paese. Si possono rivolgere critiche per quello che non vi è oppure perché il cosiddetto tesoretto non è stato utilizzato per ridurre il debito pubblico. Non si può negare, però, che il testo della legge finanziaria per il 2008 contiene una buona redistribuzione delle risorse, che favorisce quei settori deboli altrimenti tagliati fuori dai possibili incrementi nel consumo dei beni vitali ed essenziali.
Parlare di legge finanziaria significa, quindi, parlare di collegati e del welfare, che si sta discutendo in Parlamento. Dico di più: essa va vista insieme sia a quella per il 2007 sia a quella per il 2009. A quest'ultima si potrà fare riferimento per gli investimenti, che portino ad un maggiore sviluppo del Paese attraverso il taglio delle tasse in misura più consistente.
Pertanto, il nostro giudizio è complessivamente positivo e, in particolare, per il gruppo dell'Italia dei Valori è buono per quanto riguarda gli investimenti infrastrutturali in generale, perché si è visto che la questione fondamentale delle infrastrutture è collegata strettamente al progresso del Paese. È buono, altresì, per l'avvio di una seria politica abitativa, nonché per i provvedimenti relativi alle politiche energetiche e ambientali. Il giudizio è, quindi, complessivamente positivo. Vanno certamente inseriti nel testo finale i risparmi ottenuti, soprattutto con il contributo dell'Italia dei Valori, in materia di taglio delle circoscrizioni, delle comunità montane e dei consigli di amministrazione dei consorzi di bonifica.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO LEONI (ore 11,05)
AURELIO SALVATORE MISITI. Si poteva certamente fare di più per sostenere lo sforzo delle forze dell'ordine, a cui peròPag. 22si è pensato, per l'avvio rapido e giusto della scuola di magistratura nelle regioni meridionali, in particolare quella situata in Calabria (su cui presenterò un ordine del giorno qualora non fosse previsto all'interno della legge), per riformare anche le ferrovie dello Stato e l'ANAS. Ciò vuol dire, signor Presidente, che su questi temi ritorneremo con apposite proposte di legge, che ci auguriamo possano essere presto approvate in Parlamento con l'appoggio della maggioranza e, per alcune di esse, anche dell'opposizione.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Santelli. Ne ha facoltà.
JOLE SANTELLI. Signor Presidente, ovviamente questa manovra finanziaria presenta tanti aspetti negativi ma, sostanzialmente, uno dei più forti consiste nel fatto che essa non fornisce alcuna risposta alle domande provenienti dal Paese.
È strano votare una legge finanziaria nello stesso momento in cui il Ministro dell'economia e delle finanze, responsabile di averla scritta, a Bruxelles sostiene che sostanzialmente essa è già decaduta e non serve a nulla. È altresì strano parlare di una legge finanziaria nello stesso momento in cui un esponente importante della maggioranza - determinante al Senato - come il senatore Dini, proprio ieri sera, alla televisione pubblica (ascoltato, quindi, da tutti i cittadini italiani) ha affermato: di questa legge finanziaria non sappiamo che farcene, perché a marzo dovremo «rientrare» con un nuovo provvedimento che ci sarà imposto dall'Europa.
Si tratta di un nuovo provvedimento che non prevederà certo un risparmio di spese, ma nuove entrate e, quindi, nuove tasse.
Ci troviamo di fronte ad un aumento enorme della spesa dello Stato, contrariamente a ciò che questo Governo e questa maggioranza avevano promesso solennemente dinanzi agli italiani in Parlamento; ci troviamo di fronte ad oltre 2 miliardi e 300 milioni di spese che, in questa legge finanziaria, sono state aggiunte al Senato in un difficile dribbling, attraverso «mance e mancette» per acquisire il consenso dei senatori della maggioranza; ci troviamo di fronte ad un'ulteriore aggiunta di spesa definita dalla Camera o, perlomeno, dalla Commissione bilancio. Peraltro, il Governo si appresta a porre la questione di fiducia, perché ormai questa è una Camera che si occupa esclusivamente di ratificare i provvedimenti, come questo che è il frutto di un faticosissimo compromesso raggiunto al Senato dalla maggioranza.
Pertanto, a fronte di tutto ciò, a fronte di 3 miliardi e 200 milioni di spese nuove, quali sono le risposte che, concretamente, questo Governo e questa maggioranza offrono ai cittadini?
Su queste, prioritariamente, vi era una domanda che i cittadini ponevano - rilevata da tutte le parti, richiesta nei vari sondaggi, articoli di giornale e fra la gente -, relativa ad un capitolo delicatissimo che si chiama «sicurezza». Su questo tema, oggettivamente, si misura la distanza effettiva tra le parole e i fatti di questo Governo e di questa maggioranza.
Questo Governo è assolutamente inidoneo ed incapace di gestire un tema come quello della sicurezza. Nei prossimi giorni ci appresteremo a discutere di altri temi riguardanti generalmente la politica della sicurezza di questo Governo, ma oggi parliamo di un tema che è tra i più delicati, vale a dire come - nell'atto politico essenziale di questo Governo, ossia la legge finanziaria - il Governo tratti il tema «sicurezza».
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI (ore 11,10)
JOLE SANTELLI. Colleghi, il 28 marzo 2007, in quest'aula, vi è stata una denuncia che avrebbe dovuto far «saltare» l'intero Parlamento e che, comunque, ha impressionato fortemente tutta la pubblica opinione. Il Ministro dell'interno Giuliano Amato, il 28 marzo 2007, in quest'aula, ha denunciato sostanzialmente che lui, come Dicastero dell'interno, non ha i soldi, né le risorse umane per assicurare la sicurezza di questo Paese. Ciò è stato affermato dal Ministro Amato in quest'aula!Pag. 23
Egli ha poi riproposto la medesima denuncia, in termini ancora più complessi e più specifici, nella I Commissione di questa Camera, richiedendo specificamente di essere ascoltato in I Commissione, in relazione a quelle che sono le risorse non esigue, ma inutili e folli, che questo Governo ha destinato al suo Dicastero e sostanzialmente alle forze di sicurezza.
Ciò è avvenuto nel periodo di marzo e aprile, quando ancora il Governo e la maggioranza (sia il Presidente del Consiglio dei ministri, quanto esponenti importanti di questa maggioranza) ritenevano e sostenevano a gran voce - sia in Parlamento, sia soprattutto nella sede che ormai è diventata il fulcro della politica del Paese, le televisioni e i vari convegni, molto amplificati - che il tema della sicurezza non fosse un tema effettivo del Paese, bensì solamente grida manzoniane urlate dall'opposizione per creare disordine e allarme sociale, mentre le cose erano perfettamente a posto.
È bastato aspettare qualche mese, cioè la prima grande apparizione del nuovo leader della maggioranza, il segretario del Partito democratico, Walter Veltroni, per scoprire che, in realtà, nel Paese esistesse un allarme sicurezza.
Per farvi fronte, nell'immediato, vi fu un appello unitario in tutti i giornali e per tutta l'estate da parte tanto dello stesso Walter Veltroni, quanto del Vicepresidente del Consiglio dei ministri Francesco Rutelli e del Ministro Amato: per noi la sicurezza rappresenta una priorità; noi provvederemo a stanziare tutte le risorse economiche e umane per una politica di sicurezza invertita.
Credo che i colleghi di Rifondazione comunista ricordino molto bene il grido di allarme e, direi quasi, lo schiaffo politico nei loro confronti, proveniente dal Ministro dell'interno, il quale la scorsa estate, tramite le pagine del quotidiano la Repubblica, ha affermato che alcune parti della maggioranza, specificamente la sinistra radicale, hanno un concetto della sicurezza estremamente lontano da quello che dovrebbe essere e che è necessario compiere un salto culturale.
Dalle parole ai fatti: dalle parole dell'allarme sicurezza, lanciato e raccolto, ai fatti del disegno di legge finanziaria in discussione, che ci presenta una situazione sostanzialmente identica a quella del 2007, anzi, peggiorata nel corso dell'esame al Senato e risistemata, in parte, nel nuovo passaggio per l'esame da parte della Camera.
Sostanzialmente, a fronte di circa 400 milioni di euro di debiti delle forze di polizia e di oltre un altro miliardo e mezzo di euro (circa due) persi dal bilancio con riferimento al settore della polizia e della sicurezza, vi è un decremento di risorse, anche se, nel frattempo, lo stesso Ministero dell'interno ha assunto nuovi impegni.
Ad esempio, uno dei temi di politica maggiormente decantati dal Governo è rappresentato dai cosiddetti patti per la sicurezza, conclusi con le diverse amministrazioni locali. Mi chiedo dove il Ministero dell'interno attinga le risorse per attuare tali patti per la sicurezza. La risposta non si conosce, ma in realtà è facile da individuare: si tratta, semplicemente, di una operazione tecnica di rifinitura e lifting del bilancio del Ministero dell'interno. Si riaccorpa il Ministero dell'economia e delle finanze - abbastanza di soppiatto e nella disattenzione generale, in quanto alcuni temi sono assolutamente «coperti» e lo stesso Ministero ha svelato la notizia ai sindacati non più di 20 giorni fa - riaccorpando i capitoli di spesa e riducendoli a tre. Ovviamente, da questi tre capitoli si reperiscono i fondi per i patti per la sicurezza, distraendoli, quindi, da altri impieghi.
Ma continuiamo: nulla è servito, tanto le proteste politiche parlamentari quanto i richiami. Ciò che è più grave è che non sia assolutamente servito che, per la prima volta nella storia della Repubblica, tutti i sindacati delle forze di polizia e tutte le rappresentanze militari dei corpi del compartoPag. 24della difesa siano scesi in piazza per protestare contro il Governo e questa politica della sicurezza.
Se una parte politica è sicura di ciò che fa, sicuramente non ha paura di affrontare chi la contesta. È vergognoso che in ogni manifestazione ed in ogni incontro richiesto dalle forze di polizia mai - e lo ripeto: mai - nessun esponente della maggioranza o del Governo abbia avuto il coraggio di presentarsi!
In piazza non c'era nessuno, salvo una collega del gruppo di Rifondazione comunista, che perlomeno ha avuto l'onore ed il coraggio di venire ad una manifestazione. Tale manifestazione è stata imponente, perché tutti i sindacati non stanno protestando per diritti e privilegi personali, ma per la propria dignità, per poter essere messi in condizione di svolgere realmente le proprie funzioni, il cui esercizio i cittadini, sempre più numerosi, richiedono in misura sempre maggiore, e in modo continuativo. A fronte di ciò, però, non trovano attenzione da parte di alcuno e manifestano in piazza: è difficile costringere gli uomini in divisa a scendere in piazza, eppure è accaduto.
Il fatto più strano è che ciò è accaduto nella totale sordità di questo Governo. Quando tutti i sindacati di polizia scendono in piazza, ci si può aspettare che il Presidente del Consiglio dei ministri convochi i rappresentanti delle forze di polizia? Ci si dovrebbe aspettare questo? Ciò non accade, e non accade perché il Presidente del Consiglio ha la coda di paglia: a giugno, infatti, quando la sua presenza non era assolutamente richiesta, l'onorevole Romano Prodi ha firmato in prima persona il cosiddetto patto per la sicurezza, strombazzato dappertutto, su tutti i giornali, per poi dimenticarsi completamente dell'impegno assunto, e quindi scomparire.
PRESIDENTE. Onorevole Santelli, la prego di concludere.
JOLE SANTELLI. Gli unici ad aver ascoltato i rappresentanti delle forze di polizia sono stati, timidamente e con grande imbarazzo, il capogruppo del Partito Democratico alla Camera e la collega Pinotti. Non sono stati in grado di prendere impegni, non hanno praticamente potuto offrire nulla e semplicemente, tramite le dichiarazioni riportate dalle agenzie, assistiamo all'ultima, ennesima mistificazione. Alcune forze di maggioranza sostengono: che meraviglia, abbiamo ripristinato i fondi per le forze di polizia! Contenti loro, contenti tutti? Assolutamente no: contenti loro, perché si accontentano di molto poco; allo stato, questo Governo e questa maggioranza dovranno dar conto ai cittadini dell'ulteriore sfascio che hanno causato (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Marinello. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, prima di svolgere qualche considerazione sul merito del disegno di legge finanziaria, vorrei far presente (e mi fa piacere, tra l'altro, vedere il presidente della Commissione qui in aula) che, in data 4 dicembre - quindi, esattamente sette giorni or sono -, ho visto con i miei occhi e ascoltato con le mie orecchie alcuni movimenti ed alcune considerazioni svolte da autorevoli membri della maggioranza e, in particolare, la continua presenza, nella Commissione, del capogruppo del partito maggiore, Soro. In quella data, esattamente sette giorni addietro - il Bollettino delle Commissioni ne fa fede -, chiesi alla presidenza se rispondesse al vero la voce della predisposizione, o comunque del lavoro preparatorio, già in atto del maxiemendamento che, come tutti sappiamo, è già quasi pronto e nelle prossime ore verrà presentato all'Aula.
Ricordo che il mio collega di partito, nonché amico, onorevole Crosetto, disse che era incredulo, che non poteva assolutamente credere che quanto da me affermato rispondesse al vero, ed anche il presidente Duilio concordava, sostanzialmente, con questa impostazione.
Oggi il maxiemendamento diventa una realtà. Vi è una dichiarazione, riportata da un'agenzia di stampa ieri pomeriggio, delloPag. 25stesso Soro, e ciò dimostra evidentemente che in questa settimana - cioè dal 4 all'11 dicembre - abbiamo svolto i lavori, ma abbiamo anche preso in giro il Parlamento, le istituzioni e soprattutto il Paese. Dimostra, in particolare - e mi rivolgo ancora una volta al presidente della Commissione -, che è stato svolto un lavoro molto simile a quello che i mercanti facevano nel tempio: una sorta di trattativa continua, mirata non a migliorare i conti dello Stato, ma solo ed esclusivamente a tenere ben salda la vostra rabberciata maggioranza.
Questa è la prova: ci sono i fatti che lo testimoniano, e non avete la possibilità di smentire. Venendo al merito del provvedimento in esame, svolgo brevemente alcune considerazioni.
In primo luogo, va detto con chiarezza che questa è una legge finanziaria assolutamente non veritiera nei conti. Ci sono delle considerazioni da parte della Ragioneria che lo dimostra. Lo sapevate benissimo, tant'è vero che, con una serie di marchingegni, volevate introdurre ulteriori e nuove tasse occulte a danno del cittadino, e soltanto la nostra opposizione e il nostro senso di responsabilità ve l'hanno impedito. Ne cito soltanto due: la famosa tassa sui conti correnti di un euro e cinquanta, relativamente agli assegni trasferibili (un'ulteriore tassa che, di fatto, avrebbe gravato sui cittadini), e la cosiddetta, odiosa, tassa sull'acqua di un centesimo a bottiglia di plastica, che abbiamo denunziato con la nostra opposizione e di cui abbiamo impedito l'inserimento in questo disegno di legge finanziaria.
Se fossimo stati cinici, se fossimo stati poco accorti e poco attenti agli interessi del nostro Paese, e soprattutto dei cittadini, avremmo dovuto consentirvi di andare avanti su questa strada, perché il giudizio negativo che oggi è assolutamente maggioritario nei vostri confronti da parte del Paese sarebbe peggiorato ancora di più. Ma tra le differenze che ci sono tra noi e voi, c'è anche un senso della morale, dell'etica e, soprattutto, un attaccamento nei confronti dei nostri cittadini che, evidentemente, voi non avete.
Inoltre, avete approvato la norma sulla soppressione di CONI Servizi. Ciò denunzia in primo luogo la vostra volontà di asservire lo sport e il CONI, assumendone il controllo, con una mentalità centralistica e dirigistica tipica della cultura da cui proviene gran parte di voi. Ma tutto questo si traduce anche in un danno alle casse dello Stato, perché questa è una norma che non è coperta e che può costare anche 100 milioni di euro (alcuni dicono 150 milioni), e di ciò dovrete rispondere. Infine, mettere in crisi e rischiare di far collassare il CONI, strumento delicatissimo, soprattutto nella prospettiva dei giochi olimpici di Pechino del 2008, credo sia stato da parte vostra assolutamente irresponsabile.
In tutto ciò, vi è stato un grande assente, e dobbiamo denunziare anche questo. Durante i lavori della Commissione, dov'era Padoa Schioppa? Non si è visto nemmeno una volta, violando tra l'altro quello che è scritto nel Regolamento della Camera dei deputati.
Tornando al merito, vi è stata da parte vostra una totale chiusura nei confronti delle nostre proposte emendative che riguardavano il 5 per mille. Avete bocciato tutti gli emendamenti che volevano, di fatto, innalzare a 400 milioni di euro il tetto del 5 per mille, rendendo strutturale quella che viene considerata da tutti gli italiani, a buon ragione, una norma non solo utile, proficua e produttiva, ma anche altamente etica. Avete bocciato questa norma, e non la volete perché il 5 per mille risponde al principio fondamentale della sussidiarietà, che diventa solidarietà vera e che non appartiene al vostro vissuto e alla vostra cultura, perché, invece, voi volete semplicemente acquisire risorse per gestirle, ancora una volta, esaltando il vostro centralismo.
C'è stato poi il balletto, al quale abbiamo assistito e al quale stiamo assistendo in queste ore, relativo alla rottamazione delle automobili. I Verdi vogliono altre rottamazioni. Sappiamo tutti come andrà a finire, per tenere ferma la vostra maggioranza rabberciata: rottamazione per tutti, tanto l'Italia è già abbastanza rottamata!Pag. 26
Questa è la verità. La verità è che voi, per tenere ferma questa rabberciata maggioranza, cercherete di accontentare tutti e in questa maniera, di fatto, scontenterete l'Italia.
L'Italia dei Valori chiede maggiore rigore e tagli di spesa ai partiti; nello stesso tempo, l'Udeur, il socialista Piazza e altri ancora chiedono all'Italia dei Valori, in particolare a Di Pietro, rigore e la soppressione di quelle norme illegittime dello scorso anno che hanno modificato il quadro normativo delle concessioni autostradali (si tratta di polemiche delle ultime ore).
Infine, c'è l'ANCI, che seppure in maniera altalenante, anche per gli equilibri politici delicati ai quali assolutamente deve soggiacere, con la lanterna di Diogene sta cercando ancora i 609 milioni di euro derivanti dagli esiti del collegato fiscale alla legge finanziaria dello scorso anno e dalla sovrastima dell'ICI che voi avete inserito per coprire quelle norme.
Tutto questo ci dà l'idea di una legge finanziaria che non ha un'anima, non ha una missione, di una legge finanziaria che ha avuto semplicemente una ratio: quella di distribuire in maniera clientelare e dissennata le risorse provenienti dall'extragettito che viene dalle tasche dei cittadini, da quelle tasche dei cittadini oggi esausti, che non ne possono assolutamente più di voi, del vostro Governo e della vostra maggioranza, non più esistenti.
Avviandomi alla conclusione, signor Presidente, rivolgo una domanda: ci sarà in questa sede la possibilità di avviare un serio dibattito sulla legge finanziaria? Ci sarà la possibilità di avviare un serio dibattito su questioni rilevanti, su emendamenti importanti, oppure è l'ennesima finzione, quell'ennesima finzione di cui sono stato casuale testimone esattamente sette giorni fa? Non si era mai visto un presidente di gruppo, del gruppo oggi maggiore per numero di parlamentari alla Camera dei deputati, girare con fare «sensalesco» tra i banchi della maggioranza, di deputato in deputato, facendo il collettame di richieste, il collettame di emendamenti, cercando quindi di costruire un percorso.
La verità, presidente Duilio, è che c'erano due commissioni: quella che non si è riunita (perché si è riunita poco: lei sa benissimo, presidente Duilio, che sono state più le ore di sospensione che le ore di lavoro), quella che era sotto gli occhi di tutti, quella che si svolgeva sotto gli occhi del Paese e della stampa; e la commissione vera, la commissione occulta, che nelle altre stanze, nemmeno del Parlamento, ma di qualche palazzo attiguo, come quello dei gruppi, stava lavorando per stabilire un iter.
Di fronte a tutto questo, il Parlamento, presidente Duilio, relatore Ventura, abbia un minimo di sussulto di dignità. Se il Governo presentasse il maxiemendamento, si abbia il coraggio di dire basta. Elaboriamo la legge finanziaria emendamento dopo emendamento, articolo per articolo. Solo così renderemo un servizio innanzi tutto alla verità e alla dignità, e un buon servizio al nostro Paese.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FAUSTO BERTINOTTI (ore 11,30)
Sul tragico incidente verificatosi nello stabilimento ThyssenKrupp di Torino.
PRESIDENTE. (Il Presidente si leva in piedi e, con lui, l'intera Assemblea e i membri del Governo). Signori deputati, signore deputate, come sapete, a seguito di un incendio sviluppatosi la scorsa settimana nello stabilimento dell'acciaieria ThyssenKrupp di Torino, hanno perso la vita quattro operai, Antonio Schiavone, Roberto Scola, Angelo Laurino e Bruno Santino. Alle famiglie dei lavoratori la Camera dei deputati esprime i sentimenti del cordoglio più profondo e della più intensa vicinanza, cui unisce la solidarietà nei riguardi di coloro che nella stessa circostanza sono rimasti feriti e sopportano oggi sulla propria persona le indicibili sofferenze causate da un evento tragico e intollerabile. È questo il momento del dolore e della umana partecipazione al dramma di coloro che con la perdita dei propri cari hanno visto travolgerePag. 27le certezze di una vita quotidiana spesso difficile, ma sempre sorretta dalla forza di volontà e dalla dignità del proprio lavoro. Insieme a quelle certezze, sono state cancellate speranze, attese, progetti di esistenza.
È andato perduto altresì, con la vita, il patrimonio insostituibile di esperienze che è proprio di ogni essere umano, ed in particolare dei lavoratori, quale che sia l'ambito in cui agisca e quali che siano le condizioni del suo agire.
A queste conseguenze, al loro impatto devastante sulla qualità della vita democratica e sulle stesse basi della convivenza civile, dobbiamo porre mente ogni volta che la cronaca ci riporta il dramma della distruzione di una vita umana sul lavoro. Per questo, oggi è anche il momento dell'assunzione di responsabilità, alla quale non è dato sottrarsi ad alcuno e per nessun motivo: lo impone l'angosciante sequenza di morti che ha segnato gli ultimi mesi, sulla cui gravità lo stesso Presidente della Repubblica ha più volte richiamato con forza ed autorevolezza l'attenzione della società civile, della politica e delle istituzioni; lo pretende la dignità, ma anche la rabbia con cui i familiari dei morti sul lavoro e i loro compagni sostengono il peso del lutto e la discrezione con cui essi conducono le stesse loro esistenze spezzate; lo richiede in quest'Aula l'esigenza di corrispondere pienamente al mandato conferito dai cittadini e dai lavoratori, che trova nelle loro domande più pressanti il necessario e continuo termine di confronto.
La solitudine degli operai è già una condanna della politica ed un fattore di crisi delle istituzioni democratiche. Il rogo della ThyssenKrupp misura la distanza che ci separa dal conseguimento di condizioni di sicurezza accettabili sui luoghi di lavoro; una distanza che si esprime su una pluralità di dimensioni: l'adeguatezza del quadro normativo e legislativo, l'efficienza dell'organizzazione del lavoro e delle tecnologie a garanzia della sicurezza dei lavoratori, la formazione dei diritti dei lavoratori, l'efficacia dei sistemi di controllo, a partire dal riconoscimento delle rappresentanze sindacali sulla sicurezza e del loro libero operare. Questa distanza può e deve essere colmata costruendo e consolidando una nuova civiltà del lavoro, una cultura che veda nella vita e nell'integrità fisica dei lavoratori un valore assoluto, indisponibile ad ogni forma di negoziazione e non commensurabile con ogni altro termine, sia esso il profitto o qualsiasi altra utilità materiale.
In questo spirito e con questi obiettivi, nel commosso ricordo di Antonio Schiavone, Roberto Scola, Angelo Laurino e Bruno Santino, e di tutte le vittime del lavoro, invito l'Assemblea ad osservare un minuto di silenzio (L'Assemblea osserva un minuto di silenzio - Generali applausi).
Si riprende la discussione.
(Ripresa discussione congiunta sulle linee generali - A.C. 3256-A e A.C. 3257-A)
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Mazzoni. Ne ha facoltà.
ERMINIA MAZZONI. Signor Presidente, è difficile prendere la parola dopo questo momento con cui si è ricordata la fine di quattro vite, che richiederebbe non solo un minuto di silenzio, ma forse molto tempo di impegno serio da parte dello Stato.
La perdita della vita umana è una tragedia alla quale niente e nessuno potrà mai porre rimedio, ma almeno potrà confortare quelli che restano l'idea di uno Stato che sa come realizzare gli obiettivi di cui lei ha parlato, signor Presidente: l'efficienza del sistema, l'efficacia dei controlli, il recupero di un dialogo produttivo tra i diversi interlocutori (sindacato, istituzioni, parti sociali).
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI CASTAGNETTI (ore 11,35)
ERMINIA MAZZONI. Purtroppo, tutto ciò non lo ritroviamo e, ricollegandomi all'intervento che svolgerò, mi permetto diPag. 28dire che queste buone intenzioni così importanti non si ritrovano neanche nel disegno di legge finanziaria al nostro esame.
Il disegno di legge finanziaria per il prossimo anno ha preso le mosse da una cifra iniziale di circa 18 miliardi (11 per la finanziaria in senso stretto e circa 7 per il collegato), la quale peraltro non si sa a cosa approderà, dal momento che la cifra finale rimane ancora incerta: c'è chi parla di due miliardi di aumento e chi parla - da parte del Governo - di non più di 800 milioni. Comunque, sono state decise altre distribuzioni incontrollate e la somma iniziale sta lievitando e continua a lievitare.
L'elemento più drammatico è che l'importo totale si compone per l'80 per cento di maggiori entrate e solo per il 20 per cento dei tagli promessi, dati che bastano da soli a far comprendere e a giustificare l'allarme sociale che sta accompagnando il varo della manovra finanziaria, considerata tra l'altro l'attesa ben diversa che si era formata sugli impegni del Governo e, soprattutto, sulla certezza che derivava dall'extragettito, che avrebbe dovuto ridurre il peso della manovra e il carico sugli italiani.
Purtroppo, le forze politiche che sostengono il Governo Prodi sono portatrici di posizioni disomogenee e, soprattutto, impossibili da conciliare, e da ciò scaturisce la mancanza assoluta di un disegno politico unitario alla base del documento di finanza pubblica che compromette pericolosamente anche quelle poche iniziative e le poche misure condivisibili contenute nel documento stesso.
Il Ministro Tommaso Padoa Schioppa ha tradito, in maniera evidente e conclamata, le linee di indirizzo contenute nel Documento di programmazione economico-finanziaria perché si è dovuto piegare alle richieste più disparate: l'impegno del taglio alla spesa pubblica è naufragato vergognosamente sotto il peso di emendamenti che hanno cancellato la riduzione dei parlamentari, la promessa riduzione per il futuro Governo, la riduzione dei consiglieri degli enti locali, il ridimensionamento delle comunità montane e degli enti inutili e sovrabbondanti. Tutto è venuto meno e l'annunciato alleggerimento del carico fiscale ha lasciato il passo semplicemente ad un trasferimento di potestà impositiva dal centro alla periferia, con ciò introducendo una pericolosa incertezza nella determinazione dell'onere di ciascuno e soprattutto - ciò che è più grave - un'ulteriore diversificazione per aree geografiche, che creerà contribuenti diversi a seconda delle diverse latitudini del Paese.
Gli investimenti previsti dal disegno di legge finanziaria in discussione sono stati distribuiti su trentaquattro missioni, ma in assenza totale di un progetto; nonostante l'extragettito, questa legge finanziaria rimane come quella precedente legata ad uno schema conservativo e tradisce profondamente l'obiettivo della ripresa economica e dello sviluppo, come sosteneva con lucida onestà anche il presidente Dini non più tardi di ieri sera.
Settori nevralgici come la sicurezza, la giustizia, le infrastrutture, la salute, restano tutti al palo. La spesa sociale è stata trattata come una sorta di salvadanaio al quale attingere liberamente, come il salvagente di questo Governo. Tutti hanno coltivato - o hanno trovato il modo per coltivare - il proprio orto: famiglie, fasce sociali deboli, pensionati, lavoratori precari, stranieri e tanto altro. La logica distributiva che ha ispirato l'assegnazione delle risorse non risolve nessun problema ed offende la dignità dei cittadini italiani. Per fare un esempio, allo sbandierato annuncio di un'entrata aggiuntiva di 167 euro per la maggioranza delle famiglie italiane in un anno, corrisponde l'aumento dimostrato di 1.360 euro annui a famiglia per consumi (si parla di acqua, luce, gas, rifiuti, nonché dello stesso costo dei mutui).
È scontato dire che il Governo a tale ristrettezza dovuta alla modalità distributiva non ha fatto neanche corrispondere la capacità di riqualificazione della spesa (e ricordo che non più di qualche giorno fa il Presidente Prodi è venuto nella mia regione, la Campania, a spiegare a noi campani che non è importante quanto, ma come si spende).Pag. 29
Lo stesso Ministro, nel contestare le richieste di un aumento di risorse per il settore della giustizia, ha dichiarato che non è importante, né necessario aumentarle, perché importante è qualificare la spesa della giustizia ed utilizzare in maniera più efficace le risorse esistenti. Il dato è che, purtroppo, per la giustizia, particolare settore nevralgico per il funzionamento di ogni Paese democratico, non solo non si è inserito nel disegno di legge finanziaria un centesimo in più, ma non si è neanche proceduto ad una riqualificazione della spesa.
Infatti, nonostante l'impegno del Ministro guardasigilli, al quale debbo dare atto sicuramente di aver tentato di ottenere un'attenzione diversa per il suo Dicastero, la giustizia rimane un settore marginale. L'organico della magistratura, definito sottodimensionato da tutti i circa ottomila magistrati affiancati da altrettanti onorari, rimane tale. I concorsi non si sbloccano e addirittura la magistratura onoraria, che pure buoni risultati ha prodotto nel tempo, viene colpita da una misteriosa riforma che, a giudicare dalle indiscrezioni raccolte, rischia di comprometterne ulteriormente l'efficienza e la produttività.
L'informatizzazione del processo, altro cavallo di battaglia di questo Governo, dovrà trovare sostegno nelle somme recuperate dal Fondo sequestri, altrimenti, se tale strada si dimostrerà non percorribile, rimarrà anch'essa al palo, nella totale indifferenza del Governo. Il sistema penitenziario, sul quale il Governo avrebbe dovuto investire prima di altri, per mantenere almeno in minima parte le promesse formulate alla vigilia del voto sull'indulto, viene privato di risorse per interventi infrastrutturali, sia ordinari sia straordinari.
Il personale della giustizia, unico nella nostra pubblica amministrazione a non essere mai toccato da una riqualificazione funzionale, viene anch'esso deluso dalla speranza, pure alimentata da questo Governo con il disegno di legge sull'ufficio del processo, e viene, quindi, riconsegnato alle lungaggini e alle incertezze di un iter parlamentare.
La mancata revisione del procedimento per le confische dei beni di proprietà di persone sospettate di appartenere ad associazioni mafiose, colpito da una recente sentenza della Corte di Strasburgo, che ne ha dichiarato la contrarietà all'articolo 6 della Convenzione sui diritti dell'uomo, blocca la possibilità di trarre anche quella minima utilità e quei minimi benefici dai beni stessi per il funzionamento della giustizia.
Sulla class action vi è da dire che anch'essa è entrata nel disegno di legge finanziaria in maniera rocambolesca per sostenere il Governo claudicante. Vanifica purtroppo un lavoro serio svolto in Commissione giustizia alla Camera, in seria continuità - questo va detto - con i lavori svolti già nella precedente legislatura, e rischia purtroppo di creare altre gravi diseconomie. L'azione collettiva è uno strumento nel quale credo fermamente, ma che va calibrato sul nostro sistema al fine di produrre una reale utilità generale. Viceversa, ho il timore che la fretta con la quale si è definita la sua struttura possa creare altri intoppi per la giustizia italiana.
Vorrei ricordare che qualche settimana fa proprio il Governatore della Banca d'Italia, intervenendo ad un seminario, ha invitato il Governo a valutare l'incidenza dei costi della giustizia sul nostro sistema economico, a riconsiderare il ruolo della giustizia nell'ambito della determinazione delle linee nazionali di Governo. Invece, non accade nulla, tutto ciò lascia indifferente il Governo. Siamo lontanissimi da simili elaborazioni, perché bisogna dire che la giustizia purtroppo viene ancora considerata come strumento di potere e non di regolazione dei conflitti sociali, alla quale fare ricorso solo nei momenti migliori.
Il disegno di legge finanziaria al nostro esame, purtroppo, serve unicamente al Governo Prodi per rinviare la propria fine ed è un messaggio, che definirei spregiudicato ed arrogante, che lo stesso lancia ai cittadini italiani e che ricorda un po' dolorosamente quell'espressione che gli antichi romani usavano sui campi di battagliaPag. 30prima di uccidere il nemico: mors tua vita mea. Purtroppo, è questo il messaggio che il Governo Prodi lancia ai cittadini italiani [Applausi dei deputati dei gruppi UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), Forza Italia e Alleanza Nazionale].
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Piro. Ne ha facoltà.
FRANCESCO PIRO. Signor Presidente, l'esame della manovra finanziaria ha fatto segnare punti di discontinuità rispetto al passato: l'approvazione al Senato senza voto di fiducia e una più puntuale valutazione dei testi e dei temi ad essi sottesi. Ciò è stato frutto essenzialmente della natura espansiva di questa manovra che ha consentito anche all'opposizione di poter proporre con esito positivo proprie questioni. Ha contribuito, inoltre, anche la nuova struttura della legge finanziaria, organizzata per missioni e programmi derivanti dalla riclassificazione del bilancio e che indicano non solo funzioni, ma scelte strategiche e obiettivi.
La spasmodica attenzione che si concentra solo sullo strumento della legge finanziaria, anche quest'anno, ha fatto sì che venisse tralasciato l'esame dello strumento del bilancio. Le modifiche che ad esso sono state apportate, tuttavia, l'implementazione e il completamento della rivisitazione della spesa già avviata, le previsioni introdotte da questa legge finanziaria e che obbligheranno il Governo e i singoli Ministri a riferire sul programma di analisi e di valutazione della spesa, sono tutti fattori che metteranno a disposizione del Parlamento, innanzitutto, elementi di conoscenza e possibilità di valutazione molto più puntuali e incisivi, tali da indurre una riqualificazione del processo decisionale e delle stesse scelte di programmazione di spesa. Invitiamo il Governo ad andare avanti speditamente sulla strada intrapresa: è un importante servizio che potremo fare al Parlamento e al Paese.
Durante il dibattito sul DPEF e con la risoluzione che lo ha approvato abbiamo segnalato come lo sviluppo del Mezzogiorno e la collocazione dei nuovi termini della questione meridionale nel contesto dell'area euromediterranea costituissero i veri nodi da sciogliere per la crescita competitiva e sostenibile del Paese. Anche nel Mezzogiorno si segnala una ripresa, ma senza interventi profondi e riforme strutturali appare pressoché impossibile immaginare che il sud possa superare il consistente gap che lo separa dal resto d'Europa. Basti pensare che nel periodo 2000-2006 il PIL dei nuovi Paesi membri dell'Unione europea è cresciuto del 5 per cento, mentre nel sud è cresciuto solo dello 0,4 per cento.
Agli ultimi posti tra le regioni italiane che marcano distanze più ampie rispetto agli obiettivi posti dalla strategia di Lisbona, si posizionano tutte regioni meridionali. Gli investimenti diretti esteri nel 2006 in Italia sono stati concentrati per appena lo 0,66 per cento nel Mezzogiorno. Tra i vincoli che penalizzano gli investimenti esteri nell'area, come segnalano istituti specializzati, vi sono la carenza di infrastrutture, la scarsità dei servizi alle imprese, una burocrazia inefficiente, il condizionamento della criminalità organizzata. La spesa in conto capitale si è attestata intorno al 36,3 per cento nel 2006, lontanissima dalla quota del 45 per cento indicata dal precedente Governo.
Anche per quanto riguarda l'altro pilastro dello sviluppo, la formazione e il sapere, le cose non vanno meglio. Il 54 per cento dei giovani che nel 2006 hanno lasciato gli studi si trova al sud; nel sud solo il 42 per cento della popolazione compresa nella fascia di età tra 25 e 64 anni possiede un diploma. Una strategia di rilancio del Paese deve dunque puntare sullo sviluppo del Mezzogiorno in una visione integrata nello scenario euromediterraneo.
La legge finanziaria, in un quadro di interventi coerenti con questa strategia, predispone misure di carattere normativo e finanziario di notevole spessore. Vengono innanzitutto fortemente aumentate le risorse a disposizione per i prossimi anni. Gli interventi nelle aree sottoutilizzate ePag. 31quelli relativi al cofinanziamento delle politiche comunitarie sono incrementati di circa 15 miliardi di euro rispetto al 2007. Le risorse del triennio, tutte immediatamente attivabili, ammontano a 44,4 miliardi, contro i 34 del triennio in precedenza considerato.
Consistente è lo sforzo che con la legge finanziaria si compie per garantire maggiore sicurezza a tutti cittadini italiani e ai territori. Sicurezza a tutto tondo: vorrei segnalare i 40 milioni per i vigili del fuoco e i 100 milioni per l'acquisto di Canadair, un contributo importante contro gli incendi che in questi anni hanno devastato in particolare molte aree del meridione.
Particolare importanza assumono il fondo per la legalità, che verrà finanziato dai beni confiscati ai mafiosi, e la norma che consenta alle imprese che denunciano il racket di continuare a godere delle agevolazioni fiscali.
Vi è un fenomeno nuovo, soprattutto in Sicilia: la rottura della «zona grigia» di sostanziale acquiescenza alla mafia da parte degli imprenditori. Si tratta di una presa di coscienza e di un'acquisizione culturale e comportamentale decisiva, che vanno incoraggiate, sostenute ed estese. Lo Stato e le istituzioni devono assumere comportamenti di contrasto forti, coerenti e costanti. In questa direzione, ha un valore simbolico elevato l'equiparazione completa delle vittime della mafia alle vittime del terrorismo.
Sotto il profilo del sostegno a un'occupazione vera e produttiva, vorrei segnalare le misure per la stabilizzazione degli LSU, lavoratori giuridicamente non tali - ma diventati essenziali negli enti che li utilizzano - che finalmente escono dal ghetto della non dignità.
PRESIDENTE. Onorevole Piro, concluda.
FRANCESCO PIRO. Concludo, Presidente. Segnalo, altresì, la possibilità per trentamila giovani laureati di lavorare e svolgere stage formativi in aziende. Alcune misure previste dalla precedente legge finanziaria sono state sbloccate dal parere dell'Unione europea, che nel frattempo ha approvato anche la Carta degli aiuti regionali.
Le infrastrutture che migliorano il territorio ricevono un sostegno concreto dai fondi per la viabilità secondaria in Sicilia e in Calabria e dai finanziamenti per la diffusione della banda larga. Nel disegno di legge finanziaria in esame non vi sono solo buone notizie, ma anche molti stimoli per lo sviluppo sostenibile del Mezzogiorno. Alle classi dirigenti del Mezzogiorno il compito di raccoglierli è farli fruttare al meglio.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole D'Elia. Ne ha facoltà.
SERGIO D'ELIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori rappresentanti del Governo, il gruppo de La Rosa nel Pugno, riconfermando il suo sostegno al Governo, voterà a favore del disegno di legge finanziaria in esame, una manovra sulla quale non siamo certamente privi di dubbi e di critiche (anche severe, seppur - ci auguriamo - costruttive).
È ormai noto che la manovra finanziaria in discussione, pur riducendo la spesa in conto capitale, farà invece aumentare la spesa corrente di circa 5 miliardi. Avremo una pubblica amministrazione che nei conti pubblici peserà ancora troppo, come facevano notare Tito Boeri e Pietro Garibaldi su www.lavoce.info: avremo un esborso di circa 4-5 miliardi, pari al 2,1 per cento del PIL in più rispetto a quanto si sarebbe verificato se il disegno di legge finanziaria in esame non fosse stato presentato (nel qual caso, la cifra si sarebbe attestata all'1,8 per cento del PIL).
Le previsioni di crescita sono state ridimensionate. Secondo l'ISTAT il tasso di crescita economica dell'Italia si è fermato a un deludente 0,1 per cento nel secondo trimestre del 2007 (il più basso dalla fine del 2005, il famoso anno della «crescita zero»), che proietta l'aumento del PIL tra l'1,5 e l'1,8 per cento su base annua, quindi al di sotto del 2 per cento auspicato dal Governo.
Non possiamo certo gloriarci di un'altra opportunità mancata, di una svolta chePag. 32non vi è stata su temi che ai radicali stanno molto a cuore: la riduzione della spesa corrente, una diversa ripartizione delle voci di spesa del welfare, una riorganizzazione secondo criteri di efficacia ed efficienza della pubblica amministrazione, maggiori liberalizzazioni nei settori ancora succubi di logiche corporative (che produrrebbero invece concorrenza e abbassamento dei prezzi, a tutto vantaggio dei consumatori e di una crescita del Paese).
In definitiva, però, non vi è stato un cambio di strategia sul tema cardine del «sistema Italia», ossia sulla riduzione del debito pubblico: si tratta di un obiettivo improcrastinabile, che grava sull'economia e sulla crescita del nostro Paese, oltre che sul presente e sul futuro delle nuove generazioni. Il pareggio di bilancio sembra un obiettivo già sfuggito. Le maggiori entrate emerse durante quest'anno - il famoso extragettito di oltre 7,8 miliardi di euro - sono state destinate ad accrescere le erogazioni, non spezzando il circolo vizioso che ci attanaglia da anni.
Oltretutto, considerata l'instabilità del mercato internazionale, non ci è parso saggio posticipare ulteriormente i tagli della spesa corrente e la riduzione del debito, poiché nei prossimi mesi e nei prossimi anni potrebbero verificarsi congiunture economiche meno favorevoli, che, nel caso meno fortunato, renderebbero impossibile il risanamento che pure ci siamo proposti.
Un detto popolare in tal caso è d'obbligo: «Non rimandare a domani ciò che puoi fare oggi». Abbiamo rimandato ancora questo dovere e questa priorità. Speriamo, perciò, di non pagare un prezzo troppo alto; speriamo che sia solo una questione di tempo e che, con il tempo e con la costruzione di consensi trasversali e di buon senso, si possa giungere ad invertire la tendenza.
Dopo questa breve panoramica sullo stato dell'arte, analizziamo un altro tema importante.
L'argomento fiscale è quello apparentemente più caro a maggioranza e opposizione. Sulla parola tasse il Paese intero viene strumentalizzato e fomentato, pur essendo tutti coscienti che una significativa riduzione della pressione fiscale non può avvenire nell'immediato, rebus sic stantibus e con queste spese. Noi Radicali, per gli obiettivi precedentemente citati, intendiamo proporre un'altra ricetta al Governo e, di conseguenza, anche ai cittadini: il rientro del debito può avvenire certamente attraverso una più saggia gestione delle risorse e delle spese della pubblica amministrazione, ma soprattutto attraverso la riduzione della spesa pensionistica e un aumento delle forze del lavoro in Italia, mediante azioni di inclusione sociale di donne, giovani e anziani, accelerando l'entrata e ritardando l'uscita dal mercato del lavoro, come peraltro ci indica da tempo la strategia di Lisbona, e - dulcis in fundo - attraverso una rivoluzione del sistema di welfare italiano.
Esistono ampi margini di miglioramento e le ricette sono note a tutti. Pur avendo confermato la nostra fiducia al Governo Prodi e forti della nostra lealtà, dobbiamo proprio per questo motivo sottolineare che il disegno di legge sul welfare, che completa la manovra finanziaria di quest'anno, è stato un compromesso al ribasso, che abbiamo accettato, ma che non ci soddisfa. È stato un dato di tenuta importante resistere alle spinte in realtà antipopolari, anche se apparentemente popolari, della sinistra massimalista, come pure al disfattismo dell'opposizione, ma dobbiamo con franchezza ripetere parole che, peraltro, non sono nostre, ma del Governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi: l'accordo sulle pensioni attenua la riforma del 2004, rendendo graduale l'innalzamento dei requisiti minimi di accesso al pensionamento di anzianità previsto a partire dal 2008, e produrrà in dieci anni un costo aggiuntivo di 7,5 miliardi di euro.
I Radicali da tempo propongono un paradigma diverso per risanare le casse dello Stato, frenare le spese, avviare realmente la crescita dell'Italia e affrontare il problema della povertà nel nostro Paese. Soffermiamoci su un altro dato molto significativo: in Italia 7,5 milioni di persone versano in uno stato di povertà relativa, cifra molto elevata, specie inPag. 33relazione ai raffronti internazionali. La ricetta, recentemente citata anche da Draghi, ha un nome semplice: innalzamento ed equiparazione dell'età pensionabile. Sempre per dirla con le parole di Draghi, che noi traduciamo in proposta politica: occorre un sistema pensionistico che incentivi la permanenza sul mercato del lavoro e il miglioramento stesso della qualità del lavoro svolto.
Anche il tema della scuola, dell'istruzione e della formazione è cruciale in tal senso. Solo professioni sempre più qualificate combattono il basso costo del lavoro e producono salari più elevati. Torniamo, però, a una risposta che può essere davvero rivoluzionaria e produrre effetti nel breve periodo. Occorre procedere speditamente verso una vera riforma del welfare, spostando la spesa dalla voce pensioni e sanità a quella ammortizzatori sociali e servizi. Secondo l'EUROSTAT, infatti, la spesa complessiva per il welfare dell'Italia è pari al 26,1 per cento del PIL nel 2004, circa un punto al di sotto della media europea, che si attesta al 27,3 per cento. Il Regno Unito spende per il welfare una cifra appena poco superiore a quella italiana, ossia il 26,3 per cento del PIL, ma ciò che fa la differenza è la ripartizione tra le varie voci di spesa: l'Italia spende il 61,3 per cento del totale per le pensioni, mentre il Regno Unito raggiunge il 44,6 per cento. Di conseguenza, l'Italia può spendere solo il 4,4 per cento per la famiglia e i bambini, contro il 6,7 per cento del Regno Unito. Il problema italiano è quindi come spostare risorse dalle pensioni alle altre voci di welfare, in primo luogo per il child care e l'occupazione femminile, servizi di assistenza agli anziani, ma anche per una riforma degli ammortizzatori sociali, di certo non meno importante. La proposta di innalzamento e di equiparazione dell'età pensionabile si muove proprio in tale direzione, riducendo le spese per le pensioni per rafforzare quelle a favore delle famiglie e dei bambini, facilitando l'occupazione femminile e dei disoccupati giovani e meno giovani.
Senza contare, poi, che un innalzamento dell'età pensionabile permetterebbe una maggiore forza lavoro, una potenziale crescita del PIL, ma soprattutto consentirebbe ai presenti e futuri pensionati di disporre di redditi adeguati e non di pensioni che, quando va bene, sono miserrime e, quando va male, sono del tutto inesistenti. Bisogna però dare atto al Governo di avere agito positivamente sull'aumento delle pensioni minime, argomento importante, anche se misura d'emergenza che potrebbe non essere necessaria in un quadro di riforma complessiva del sistema di welfare e di miglioramento dei servizi di cura e assistenza e di naturale aumento dei redditi più adeguati al costo della vita. Con gli squilibri che caratterizzano la spesa sociale italiana vi sono ampi margini per riformare il welfare praticamente a costo zero. Ci impegneremo e lavoreremo anche su questo fronte con molta convinzione e concretezza.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Leo. Ne ha facoltà.
MAURIZIO LEO. Signor Presidente, ci è stato detto che la legge finanziaria per il 2008 sarebbe stata una legge di svolta. Ci è stato detto che, dopo i patimenti e le sofferenze dei cittadini italiani, dal giugno del 2006 ci sarebbe stata una schiarita. Ci è stato detto che quella sottoposta alla nostra attenzione sarebbe stata la manovra finanziaria delle cento buone notizie. In realtà, nulla di tutto ciò si intravede nel testo e nei contenuti del provvedimento in esame, anzi, se esaminiamo nello specifico e nel dettaglio la parte fiscale, notiamo che si registreranno penalizzazioni e inasprimenti del carico fiscale per le famiglie e per le imprese. Anzitutto, va precisato che l'acronimo IRES (imposta sul reddito delle società) deve cambiare: non si può più chiamare imposta sul reddito delle società, è meglio chiamarla: «imposta sul reddito surrettiziamente esteso», in quanto, attraverso la modifica della base imponibile, le imprese pagheranno di più. Non sono dati ed elementi forniti da me, ma rinvenibili nel documento redatto dalla Banca d'Italia: nel bollettino trimestrale si afferma che, attraverso tali meccanismi, le societàPag. 34di capitale, le società di persone e gli altri soggetti pagheranno più imposte IRES e IRAP, in particolare le società di persone e le imprese individuali.
Nel tracciare gli aspetti negativi della manovra finanziaria non possiamo prescindere da ciò che si doveva realizzare per le famiglie e per le persone fisiche ed invece non è stato attuato. Si afferma che si interviene per ridurre il carico fiscale dell'ICI, per consentire alle famiglie e ai giovani che prendono in locazione immobili alcune detrazioni fiscali. Ebbene, il ridotto carico dell'ICI dovrà fare i conti con l'aumento delle rendite catastali. I colleghi che interverranno dopo di me entreranno nel dettaglio, spiegheranno bene che si tratta di un effetto placebo: riduzione delle aliquote o detrazioni di imposta contro allargamento della base imponibile. Anche per quanto riguarda le locazioni è facile pensare a meccanismi di elusione o di aggiramento delle agevolazioni: nel momento in cui un soggetto prende in locazione un'unità immobiliare e sa di poter godere di un'agevolazione di trecento euro - al massimo - o di centocinquanta euro, è facile pensare che colui che concede in locazione l'immobile caratterizzato da un'aliquota marginale elevata possa stipulare patti con il conduttore e offrire egli stesso, attraverso una riduzione del canone, lo sconto di cui si avvantaggerà il locatario. Questi sono i problemi seri che non vengono affrontati!
Ci saremmo aspettati misure a sostegno del reddito per le famiglie numerose, non dico attraverso l'introduzione del meccanismo del quoziente familiare, che a noi sta molto a cuore, ma perlomeno attraverso il ripristino delle deduzioni fiscali e il superamento del meccanismo perverso delle detrazioni di imposta, che hanno provocato e generato appesantimenti sul versante dei tributi locali (le addizionali comunali e regionali). Nulla di tutto ciò è stato fatto. Non si è fatto nulla sul versante della produttività, non è stato previsto nulla per incrementare la produttività delle imprese, né tantomeno è stata introdotta una misura che, sicuramente, rappresenta un vantaggio per il sistema economico italiano, collegata alla detassazione del reddito incrementale.
Anche dalle parti sindacali è stato affermato che si poteva intervenire sulla detassazione dello straordinario e ciò non è stato realizzato. Una tale misura non sarebbe costata nulla all'erario in quanto tutto ciò che è reddito incrementale, superata una certa fascia, potrebbe essere detassato o tassato con aliquote ridotte e avrebbe rappresentato una sicura misura di sviluppo e di ripresa dell'economia. Vorrei entrare nello specifico del provvedimento analizzando un tema come quello della riduzione dell'IRES che è stato caldeggiato anche dalla Confindustria, sebbene quest'ultima non abbia colto bene i riflessi e le conseguenze che da una tale misura sarebbero potute scaturire. Si è affermato di voler ridurre l'aliquota dell'imposta sul reddito delle società dal 33 per cento al 27,5 per cento. Come affermavo poc'anzi, si tratta di un effetto placebo perché nel momento in cui si riducono le aliquote, si allarga la base imponibile a dismisura - per questo motivo possiamo definirla «imposta sul reddito surrettiziamente esteso» - e si applica un maggior carico fiscale su una base imponibile allargata. Le conseguenze di un tale provvedimento, quindi, non vanno incontro a quelle realtà che si trovano in una fase molto delicata, come le imprese che in un momento di crescita economica avevano effettuato investimenti, acquistato beni strumentali magari indebitandosi e cercato di incrementare la produttività e la competitività.
Con questo provvedimento si penalizzano soprattutto tali piccole e medie imprese, soggetti che rappresentano la struttura portante dell'economia nazionale e la stessa imposta sul reddito delle società comporterà il ricorso ad arbitraggi. Non so come il Governo non si sia reso conto che stiamo intervenendo in modo differenziato sulle società di capitali e su quelle di persone. Le società di capitali potranno dedurre in minima parte gli interessi passivi, mentre quelle di persone lo potranno fare in misura più elevata. Cosa accadrà?Pag. 35È verosimile pensare che a breve tutte le società di capitale, laddove lo possano fare, si trasformeranno in società di persone, sceglieranno la strada delle società di persone con pregiudizio e nocumento per i conti pubblici, perché alla fine ne deriverà un minor gettito fiscale. Non si è mai visto nell'ordinamento tributario trattare in modo differenziato i soggetti titolari di reddito di impresa a seconda della veste giuridica posseduta. Non si può, allorché presentano le medesime condizioni e si trovano nella medesima situazione, tassare in un modo l'impresa individuale, la società di persone e in un altro quella di capitali. In presenza delle stesse condizioni e degli stessi componenti positivi e negativi di reddito, tutti devono essere tassati nello stesso modo. Si è previsto invece che la società di capitale deduce di meno mentre la società di persone deduce di più e tutto ciò addirittura in controtendenza con un'altra previsione della legge finanziaria dove si introduce la cosiddetta «IRES dei poveri» con la quale per l'impresa individuale e per la società di persone che non distribuisce l'utile realizzato si può applicare un'aliquota del 27,5 per cento. Ma chi ha redatto queste norme sa dove stiamo andando? Si è prefigurato lo scenario in cui si muove? Sta vedendo cosa accadrà a breve sul versante delle imprese? Vi saranno trasformazioni, cambiamenti, conferimenti, scissioni, fusioni; in virtù delle norme fiscali che sono state introdotte avverrà di tutto, si tratta infatti di norme fiscali asimmetriche che non assicurano un sistema organico.
In materia di IRES era stato affermato di voler copiare il modello tedesco. Il modello tedesco non differenziava le imprese a seconda della tipologia giuridica, ma prevedeva una franchigia di 500 mila o un milione di euro per i soggetti che sostenevano un indebitamento. Una tale misura non è stata realizzata dal Governo. Alleanza Nazionale aveva presentato alcune proposte emendative per garantire che a tutte le imprese, individuali, società di persone, società di capitale, si potesse applicare un tetto ai fini della deducibilità degli interessi passivi in modo tale da mantenere meccanismi di tassazione equivalenti. Tutto ciò non è stato realizzato e le imprese minori, soprattutto le piccole e medie, in particolare quelle del Mezzogiorno, ne avranno un nocumento notevole.
Inoltre, quando si richiama l'attenzione sul fatto che viene ridotta, di cinque punti e mezzo percentuali, l'aliquota IRES, e poi tutta l'operazione si compirà ad invarianza di gettito, è chiaro che si sta realizzando un'operazione di redistribuzione del carico fiscale, non di riduzione dello stesso. In altre parole, alcune imprese ne trarranno vantaggio, mentre altre subiranno sicure penalizzazioni. Per quanto riguarda l'IRAP, si dice che s'intende ridurre il carico fiscale, passando dal 4,25 al 3,9 per cento, ma anche in tale ambito cambia la base imponibile, ed essa non è più determinata su dati fiscali, bensì sulla contabilità e sul bilancio. Cosa potrà accadere sui conti pubblici lo saprà soltanto Domineddio, perché ci troveremo in una situazione assolutamente sbilanciata. Chi potrà dire con certezza - mi meraviglio che il Ministero dell'economia e delle finanze non abbia fatto queste valutazioni - quanto gettito potrà derivare su una base imponibile erratica, completamente diversa da quella che sino ad oggi conoscevamo? Inoltre, quali controlli potrà eseguire l'amministrazione finanziaria? Tale amministrazione è infatti abituata a ragionare su dati di natura fiscale, quindi dovrà riconvertirsi e cambiare abito, ragionare dunque su dati di bilancio, sui quali non ha dimestichezza, né effettive conoscenze.
Un'altra «perla» che troviamo nel disegno di legge finanziaria in esame è rappresentata dal fatto che si parla di IRAP come tributo proprio delle regioni. Se leggiamo bene le norme costituzionali, in particolare l'articolo 119, osserviamo che in esse sono previsti tributi propri, compartecipazioni e perequazioni. Un tributo è proprio quando può essere autonomamente istituito dall'ente locale, ma se leggiamo la relativa disposizione inserita nel disegno di legge finanziaria in esame troviamo scritto che si istituisce l'IRAPPag. 36come tributo proprio della regione, però è lo Stato a determinare la base imponibile e i soggetti interessati, e sebbene l'aliquota possa essere movimentata nel margine dell'1 per cento il resto di essa è interamente stabilito dallo Stato, che determina altresì le esenzioni e le agevolazioni. Allora, ditemi voi di quale tributo proprio stiamo parlando? Non esiste il tributo proprio di cui parla il disegno di legge finanziaria. Ci riempiamo la bocca di federalismo fiscale, ma dove sta il federalismo fiscale? Tale sistema consiste nel creare correlazioni tra risorse e prelievi, realizzare meccanismi attraverso i quali l'ente locale sa quali sono i tributi, quali sono le somme di cui può disporre per raggiungere le proprie finalità e i propri obiettivi. Pertanto, affermare che l'IRAP è un tributo regionale, mentre è lo Stato a imporre dirigisticamente tutte le regole e tutti i meccanismi, mi sembra veramente un fuor d'opera.
Si possono rilevare altri aspetti per quanto riguarda l'IRAP, in particolare in materia di cuneo fiscale. Durante la scorsa manovra finanziaria vi è stata una grande battaglia per sollevare le imprese dal carico correlato all'occupazione e ai lavoratori dipendenti. L'intervento si è sostanziato in un abbattimento di 5 mila euro per ciascun lavoratore dipendente a tempo determinato in tutte le regioni italiane. Questa misura era elevata a 10 mila euro per le imprese operanti nelle zone del Meridione o nelle zone sottoutilizzate. Ebbene, si intende ridurre tale misura e si dice che la riduciamo perché abbassiamo l'aliquota dell'IRAP. L'abbattimento passerà dalla somma originaria a 4.500 euro per ciascun lavoratore dipendente, occupato a tempo indeterminato. Ci siamo resi conto che l'effetto combinato della riduzione dell'abbattimento e della riduzione dell'aliquota comporterà una penalizzazione per le imprese?
In materia di cuneo fiscale, il costo del lavoro sarà pari a 33,1 euro per le imprese operanti in tutto il territorio nazionale e a 66,1 euro per le imprese operanti nel Mezzogiorno. Quindi il cuneo fiscale, tanto sbandierato nella scorsa manovra finanziaria, in sostanza rimane a carico delle imprese, e pertanto queste ultime non potranno assolutamente aver alcun vantaggio da tale misura. Non dimentichiamo, in particolare per le imprese del Mezzogiorno, cosa è accaduto con la cosiddetta «Visco sud», mi riferisco a provvedimenti, tanto sbandierati, che ad oggi non hanno prodotto alcun risultato, perché non è stata neanche approvata la Carta degli aiuti di Stato da parte dell'Unione europea.
Quindi, nessuna impresa nel Mezzogiorno oggi può fruire del credito di imposta per le agevolazioni. Che cosa rispondiamo di fronte a tali considerazioni?
FRANCESCO PIRO. Rispondiamo che è stato approvato.
MAURIZIO LEO. Quando il Governo adotta provvedimenti, sa che si tratta di aiuti di Stato che devono fare i conti con le regole stabilite dagli articoli 87 e 88 del Trattato di Roma? Sa che quando introduce tali misure deve preventivamente chiedere alla Commissione europea la fattibilità e l'applicabilità di esse? Da parte del Governo, invece, si provvede con molta leggerezza; inoltre, lo stesso non sa che bisogna chiedere le autorizzazioni senza le quali non può essere adottato alcun tipo di agevolazione.
Sempre continuando a considerare le imprese, vi sono altri punti sui quali ci saremmo aspettati un intervento di chiarimento da parte del legislatore. Mi riferisco in particolare agli studi di settore. Per gli studi di settore che riguardano il 99,8 per cento delle imprese italiane - ricordo che i soggetti cui si applicano gli studi di settore hanno un fatturato e ricavi che non eccedono i 7 milioni e mezzo di euro - ci saremmo aspettati una norma che avesse finalmente chiarito che l'accertamento da studi di settori configura una presunzione semplice e, quindi, non vi sono inversioni dell'onere della prova; non vi sono meccanismi automatici che configurano lo studio di settore come una sorta di minimum tax.
Nulla di tutto questo è stato fatto; anzi, se andiamo a leggere i testi normativiPag. 37osserviamo che il testo del disegno di legge finanziaria - se sarà proposto un maxiemendamento il suggerimento che do al Governo è di rileggersi i testi, perché si è in presenza addirittura di norme che non hanno alcun senso dal punto di vista giuridico - è sostanzialmente riproduttivo di un decreto-legge che è stato approvato nel mese di giugno o luglio di quest'anno, il cosiddetto «tesoretto». È una norma identica a quella: si va a dire che la presunzione semplice riguarda soltanto gli indici di normalità economica. Tale norma era presente nel decreto tesoretto ed è riprodotta tel quel nel disegno di legge finanziaria.
Quindi, nel redigere il maxiemendamento inviterei il Governo a riesaminare bene i testi, perché le superfetazioni normative non hanno alcun senso e rischiamo di farci ridere dietro da chi poi legge le norme.
Veniamo ad altre due questioni importanti, come quella concernente gli IAS. Nel testo che ha presentato il Governo si prevede una tassazione per le società di capitale quotate, per le banche e per le assicurazioni che sicuramente si avvantaggeranno di questo provvedimento. Andiamo a dire agli italiani che le banche, le assicurazioni, le imprese quotate godranno di un vantaggio perché potranno dedurre tutti gli interessi; non dovranno soggiacere alle nuove regole del tetto per la deducibilità degli interessi passivi. Tali disposizioni vanno comunicate agli italiani: purtroppo, invece, non viene posta enfasi su questi aspetti che sono importanti. Vi è una tassazione differenziata: le piccole imprese dovranno pagare importi spaventosi, mentre le imprese grandi, le società quotate, le banche e le assicurazioni potranno vedere ridurre effettivamente il carico fiscale in quanto per loro vi sarà il vantaggio effettivo della riduzione dell'aliquota, senza avere penalizzazioni sul versante della riduzione delle componenti negative.
Mi chiedo se il Governo abbia fatto i conti su quello che accadrà con la tassazione su base di bilancio per le società quotate, per le banche e per le assicurazioni, quando le assicurazioni applicheranno gli IAS. Si dice che la base imponibile per tali soggetti non sarà più quella fiscale ma il bilancio civilistico.
Chiunque si occupi di questi argomenti sa che vi possono essere diversi approcci con la determinazione contabile e con il bilancio. Ad esempio a fronte di quattro dottori commercialisti, vi saranno quattro tipologie diverse di approccio con la redazione del bilancio e quindi potremmo avere risultati sicuramente disallineati. Ciò provocherà enormi effetti sul gettito. Teniamo presente che nel momento in cui si tasserà sulla base del bilancio e con le regole dei principi contabili internazionali - ricordo per le società quotate, per le banche e per le assicurazioni - che cosa accadrà? Ognuno pagherà le imposte come meglio crede.
In un momento così delicato per l'economia nazionale ed internazionale, in un momento così difficile, in cui l'effetto dei mutui subprime ha generato le conseguenze che conosciamo sul mercato americano e potrà generarle anche sui mercati nazionali, nel momento in cui si rileveranno perdite ingenti, laddove sono stati realizzati finanziamenti a imprese e a persone fisiche, in quel momento la perdita, che potrà essere rilevante, sarà deducibile senza limite dal punto di vista fiscale. Ma i conti sono stati fatti e si sono viste le conseguenze che tali misure sicuramente genereranno sui conti fiscali.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
MAURIZIO LEO. Signor Presidente, mi consenta di svolgere un'altra considerazione: il «forfettone». Si è affermato di aver risolto i problemi degli italiani e delle piccole imprese, introducendo il «forfettone», ma si afferma che esso non si applica a chi impiega lavoratori dipendenti. Vorrei sapere quale impresa non ha almeno un collaboratore o un lavoratore dipendente. Si tratta, pertanto, di una «norma manifesto», non applicabile concretamente al comparto imprenditoriale. Vorrei sapere, quindi, quante imprese si avvantaggeranno di ciò. Parlo di imprese serie, perché dobbiamo desumere il concetto di impresaPag. 38dalle nozioni civilistiche: l'azienda è il coordinamento dei fattori della produzione, di capitale e lavoro; se manca il lavoro, anche di terzi, non si può configurare l'azienda. Si afferma di voler stabilire una tassazione al 20 per cento per le imprese che non hanno dipendenti: tale misura forse riguarderà taluni lavoratori autonomi, ma non certamente le piccole imprese. Inoltre, i cambiamenti di tassazione...
PRESIDENTE. Deve concludere.
MAURIZIO LEO. ...dalla competenza alla cassa - concludo, signor Presidente - genereranno conseguenze spaventose e vi saranno elusioni. Da ultimo, mi consenta di dire che questa norma contrasta anche con le direttive comunitarie. Come si può introdurre un meccanismo, quando le regole comunitarie fissano un tetto di 5 mila euro per i soggetti...
PRESIDENTE. La prego di concludere, ormai il tempo è esaurito.
MAURIZIO LEO. Pertanto, anche le regole comunitarie non vengono osservate. Signor Presidente, tutto è confuso (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale)...
PRESIDENTE. Grazie.
È iscritto a parlare l'onorevole Mazzaracchio. Ne ha facoltà.
SALVATORE MAZZARACCHIO. Signor Presidente, si passa da una legge finanziaria dello scorso anno inutilmente punitiva ad una legge finanziaria «burla», perché nulla è certo, almeno stando a quanto riferisce la Ragioneria generale dello Stato: un giorno ci dà una versione sulla copertura e un altro giorno ce ne dà un'altra. Si tratta di una legge finanziaria «burla», anche per ciò che riporta il corposo dossier realizzato dagli Uffici di questa Camera, in cui si evidenziano gravi dubbi sia sui risparmi sia sulla copertura finanziaria. La copertura per l'abolizione sui ticket sanitari è chiaramente sottostimata. Nella sostanza è l'impianto generale, che non consente una ricostruzione dell'intero procedimento di quantificazione, ad aver condotto ai risultati indicati.
A tutto ciò si aggiunge quanto ci dicono sia sopravvenuto successivamente (ma non ne abbiamo certezza): l'indennizzo alle vittime della criminalità organizzata proposto dall'onorevole Violante ed il trasporto dei pendolari proposto dall'onorevole Veltroni; la class action, probabilmente, salterà perché non è d'accordo Montezemolo e, quindi, vi sono molti dubbi.
Vi sono inoltre dubbi seri su un minor gettito ICI. Si parla genericamente di agevolazioni, ma, nella sostanza, le coperture non vi sono nemmeno per le categorie più deboli. Si parla di stabilizzazione dei precari, ma la copertura è incerta. Per quanto riguarda poi lo stesso accertamento degli evasori, siamo davvero sicuri di avere l'incasso, che è uguale all'evasione accertata?
PRESIDENTE. La prego di concludere.
SALVATORE MAZZARACCHIO. Nessuno ci dà questi accertamenti. Poi leggiamo, per ultimo, che si sono aggiunti, o si dovrebbero aggiungere, soldi per Cortina, per gli LSU di Palermo e per i 1.600 dipendenti della CONI Servizi.
PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Mazzaracchio.
SALVATORE MAZZARACCHIO. Concludo, signor Presidente, senza aver nemmeno iniziato, con un appello. Non so se sia ancora presente il rappresentante del Governo, diversamente mi rivolgo alla «compagnia dei tesoretti smarriti»...
PRESIDENTE. Deve concludere, per cortesia.
SALVATORE MAZZARACCHIO. Basta con questa commedia! Non è una commedia, ma un dramma per il popolo e per i contribuenti italiani!
PRESIDENTE. I colleghi sanno che i tempi a disposizione di ciascun deputato sono stati definiti dai gruppi, non dallaPag. 39Presidenza. Io ho il dovere di farli rispettare e le ho concesso il 50 per cento in più di quello che le aveva concesso il suo gruppo, onorevole Mazzaracchio.
È iscritto a parlare l'onorevole Cota. Ne ha facoltà.
ROBERTO COTA. Signor Presidente, colleghi, membri del Governo, questa finanziaria era stata declamata, in un primo tempo, come una finanziaria leggera, che non sarebbe costata niente, perché il Governo aveva già agito sul contenimento della spesa pubblica con precedenti provvedimenti.
Al contrario, la realtà - come sempre, da quando governate voi - è un'altra: questa manovra (sommata al decreto-legge fiscale e all'altra manovra di luglio) comporta un costo per la collettività di complessivi 30 miliardi di euro. Pertanto, questa è più che mai una finanziaria della spesa e una finanziaria da prima Repubblica, in contrasto totale con la politica di rigore che il Presidente del Consiglio dei ministri cerca di accreditare.
Questa - ripeto - è una finanziaria da prima Repubblica anche per quanto riguarda la forma: era partita come una finanziaria da 97 articoli e siamo già arrivati a 213 articoli, ed anche il complesso di spese legato al provvedimento oggi in discussione è complessivamente lievitato da 10 a 14 miliardi di euro.
In sostanza, questa è una finanziaria da prima Repubblica, ma è soprattutto la finanziaria della spesa: non si contengono affatto le spese, non si contengono le spese inutili, ma le si aumentano e si calcola che la spesa pubblica aumenti di 35 miliardi.
Praticamente siamo arrivati all'impazzimento del sistema: mai come in questo contesto storico, economico e politico, si doveva addivenire ad una razionalizzazione del sistema - ossia ad una riduzione soprattutto della spesa pubblica inutile - per non gravare poi sulla pressione fiscale e sull'indebitamento che ha già raggiunto livelli che sono assolutamente insostenibili (sia a livello europeo, sia a livello mondiale) e che poi incidono negativamente sulla competitività delle nostre imprese.
Al contrario, si è speso inutilmente e peggio di prima. Vorrei ricordare la stabilizzazione dei 4 mila lavoratori socialmente utili che, guarda caso, risiedono sempre nelle solite regioni e che, guarda caso, costituiscono una spesa sociale sbagliata. Infatti, quando si regala uno stipendio senza che vi sia, sostanzialmente, una corrispondenza dal punto di vista del lavoro, questa è una prebenda.
Tale prebenda, invece, deve essere garantita a chi ne ha oggettivamente bisogno. Se lo Stato deve intervenire nei confronti dei cittadini non abbienti, è necessario che vi sia una graduatoria di tali cittadini. Invece, si spende e si spande sempre nelle solite regioni, penalizzando le altre e, segnatamente, quelle del nord e la loro economia.
Anche con riferimento alle categorie più indigenti, guarda caso, si presta sempre attenzione agli extracomunitari, mai ai nostri cittadini. Ebbene, questa stabilizzazione di 4 mila cosiddetti lavoratori socialmente utili aprirà le maglie ad una serie di ricorsi che, come sapete, probabilmente graveranno ulteriormente sul bilancio dello Stato. Infatti, si calcola che 100 mila persone potranno chiedere di ricevere questo stipendio a carico dello Stato. Tanto paga pantalone, secondo la vostra logica!
Quando si parla di spese inutili, in qualità di parlamentare, vorrei sapere - al di là della marchetta ideologica, che tutti comprendiamo bene, in quanto sappiamo quanto il Parlamento sia stato impegnato in discussioni assolutamente inutili soltanto perché dovete dar retta ad una parte della vostra maggioranza - a cosa servano i tre milioni di euro previsti per le statistiche di genere, per conoscere quanti maschi, femmine e gay siano presenti nel Paese (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Ritengo che questo importo avrebbe potuto essere impegnato certamente in modo migliore, anche e soprattutto per spese sociali. Infatti, vi sono tanti giovani,Pag. 40non i lavoratori socialmente utili e nemmeno i forestali, che sono 14 mila in Calabria, ma tanti altri che avrebbero bisogno di un aiuto, ad esempio, per costruire una casa o per contrarre un mutuo per acquistarla, ma non l'acquistano, in quanto si trovano in presenza di uno scenario assolutamente incerto.
Si sarebbero potuti spendere questi tre milioni di euro per tale categoria oppure, ad esempio, per i nostri anziani, che non vengono mai considerati. Invece, sono stati spesi per compilare le statistiche di genere!
Vi riempite la bocca con alcuni slogan! Dite di voler ridurre i costi della politica. Allora, mi chiedo come mai, con riferimento allo Stato, sia stata prevista una riduzione, soltanto di poco più di sei milioni di euro, mentre nei confronti degli enti territoriali (piccoli comuni, le comunità montane e gli altri enti) vengono effettuati la stragrande maggioranza dei tagli.
Non neghiamo che vi sia l'esigenza di una razionalizzazione anche in riferimento agli enti locali. Tuttavia, una buona volta, volete comprendere che si deve iniziare dal centro, cioè dallo Stato?
Quando parliamo di Roma «ladrona», ci riferiamo proprio allo Stato che si è ormai allargato a dismisura fino a divorare tutto quello che si trova al di sotto. Allora, perché non avete avuto il coraggio di parlare veramente dei manager pubblici, di affrontare il «buco» di Alitalia, invece di approvare un piano industriale che va incontro sempre alle solite logiche clientelari e assistenziali, di tagliare le spese elefantiache dei ministeri?
Per quanto riguarda l'aspetto della sicurezza, in questo disegno di legge finanziaria sono previste poche risorse: al di là di ciò che avete sbandierato, non avete avuto il coraggio di dare la responsabilità ai nostri sindaci per affrontare il problema.
Il tempo volge al termine e sicuramente, vi sarebbero ancora molte cose da dire.
PRESIDENTE. Il tempo a sua disposizione è già terminato, onorevole Cota. La invito a concludere.
ROBERTO COTA. Mi avvio alla conclusione, signor Presidente. Vorrei soltanto ricordare, in qualità di parlamentare eletto in Piemonte, quanta sia stata la disattenzione nei confronti della mia regione, al di là delle briciole sull'unità d'Italia e sulle sue celebrazioni (che potreste anche risparmiarvi, perché, per quanto ci riguarda, non vi è assolutamente nulla da festeggiare), nonostante la presenza di quattro ministri piemontesi, è completamente inesistente l'attenzione nei confronti del Piemonte. Così è anche nei confronti delle altre regioni del nord, ma in qualità di piemontese, mi riferisco al Piemonte.
Anche per quanto riguarda i fondi per l'Unità d'Italia, mi chiedo se le risorse dello Stato debbano essere impiegate...
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Cota, deve proprio concludere.
ROBERTO COTA. ...soltanto in manifestazioni e celebrazioni o invece debbano essere impiegate nell'interesse dei cittadini.
PRESIDENTE. Grazie...
ROBERTO COTA. Questo disegno di legge finanziaria è un vero disastro, e per questo la nostra posizione è assolutamente contraria (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole D'Elpidio. Ne ha facoltà.
DANTE D'ELPIDIO. Signor Presidente, speravo in un'attesa più lunga, tale da consentirmi di ritrovare un emendamento proposto da chi si lamenta del fatto che questo disegno di legge finanziaria contenga questioni di basso livello. Mi sembra, infatti, che la proposta dei colleghi del gruppo della Lega Nord Padania - per quanto sia importante la realizzazione di una pista ciclabile - sia equiparabile a quelle che si ricordavano poco fa.
Ritengo che la sensibilità di ognuno di noi ci porta a segnalare le questioni piùPag. 41importanti, e noi lo abbiamo fatto. Abbiamo ricevuto dal Senato questo disegno di legge finanziaria che, già di per sé, conteneva alcuni elementi importanti. Non voglio elencarli tutti perché la discussione si è sviluppata in maniera puntuale al Senato, ma ricordo che l'abolizione del canone RAI per gli anziani, la maggiorazione degli stanziamenti per le forze di polizia e gli sconti agli inquilini sono solo alcune delle questioni affrontate al Senato, e le più importanti sono state già sottolineate da colleghi che mi hanno preceduto.
In Commissione abbiamo cercato di fare un lavoro serio, anche lungo. Nessuno dimenticherà la maratona che è stata compiuta: due giorni e due notti di duro confronto, di condivisione di alcuni progetti che non abbiamo distinto in base alla provenienza dalla maggioranza o dall'opposizione. Chiunque potrà leggere questo testo, si renderà conto che, in effetti, abbiamo cercato di mettere insieme le migliori proposte, da qualsiasi parte provenissero. Ad ogni modo, nell'elenco delle principali e più significative modificazioni che abbiamo introdotto alla Camera, citerò anche alcuni emendamenti qualificanti proposti dall'opposizione; penso che questo sia stato lo spirito del confronto. Forse tutte quelle ore in Commissione ci hanno consentito di dialogare e di esaminare quelli che noi, come maggioranza, riteniamo i principali temi da affrontare, e che stiamo affrontando per la seconda volta.
Questa è la seconda manovra finanziaria; eravamo partiti con un obiettivo che era quello di ristabilire un principio di equità, di ridare uno sviluppo certo alla nostra nazione e, soprattutto, di conseguire un obiettivo di risanamento, che pensiamo di aver avviato. I risultati lo dimostrano: se ci possiamo occupare, oggi, di alcune questioni importanti, destinando ad esse risorse, è perché quell'attività di risanamento ha avuto un'efficacia. L'attività di contrasto all'evasione ha avuto un risultato che ci permette di disporre di somme per intervenire nei settori di maggiore bisogno.
Dunque, di cosa ci siamo occupati alla Camera? Quali migliorie abbiamo apportato? Si pensi alla commissione di studio sulla fiscalità delle imprese immobiliari (un settore vitale ed importante che non bisogna trascurare): un emendamento, presentato da Antonio Satta del gruppo dei Popolari-Udeur, propone l'istituzione di tale commissione per verificare quali siano, in questo settore, le proposte più interessanti delle quali abbiamo bisogno.
Abbiamo lavorato insieme, e quindi non ho difficoltà a ricordare un altro emendamento, sottoposto all'attenzione della Camera da un nostro collega del gruppo della Lega Nord Padania, relativo al credito di imposta per le piccole e medie imprese commerciali: mi riferisco alle agevolazioni per l'installazione di apparecchi di videosorveglianza.
Sono aumentate le detrazioni ICI e quelle per carichi di famiglia; ci riferiamo alle famiglie più bisognose, con più di quattro figli e che hanno un reddito ininfluente. Per coloro che, invece, si trovano in una condizione di incapienza sarà emanato un successivo decreto del Ministero dell'economia per definire le modalità di erogazione del beneficio.
È prevista l'ICI agevolata, con la possibilità concessa ai comuni di effettuare ulteriori sconti ed agevolazioni per chi installa apparecchi in grado di produrre energia elettrica e termica anche ad uso domestico. Per quanto concerne gli impianti di climatizzazione invernale, un emendamento proposto dal collega Brugger estende la possibilità di detrazione dell'imposta lorda del 55 per cento per le spese per la sostituzione di caldaie.
Siamo inoltre intervenuti su un problema importante, quello dei mutui. Vogliamo agire preventivamente, qualora dovessimo avere anche noi i problemi che in altri Paesi sono già stati, purtroppo, avvertiti sulle spalle dei contribuenti, su coloro che avevano contratto dei mutui le cui condizioni sono poi variate. Per la ristrutturazione dei mutui siamo intervenuti mettendo le banche nelle condizioni di proporre un vero e proprio piano di ristrutturazione, per consentire al cliente che ha stipulato un mutuo di usufruire delle condizioni migliori e attuali. SiamoPag. 42intervenuti anche sulla portabilità del mutuo, che nel caso di estinzione anticipata o di trasferimento da un soggetto ad un altro deve essere effettuata a condizioni di estremo vantaggio e senza che ci siano spese supplementari ed aggiuntive.
«Mister prezzi»: così è stata definita in maniera semplicistica - ma rende bene l'idea di cosa sia - un'autorità che si occupi del controllo dei prezzi. Quante volte sentiamo parlare del rincaro dei prezzi della pasta e del pane, ma poi non ci rendiamo conto di come, magari, il produttore alla fonte ottenga sempre lo stesso corrispettivo. Bisogna capire, a fronte di aumenti di prezzi generalizzati, dov'è che questo aumento si concretizza ed incide in maniera più forte, pesando sulle tasche dei consumatori.
Sulla sicurezza e sul soccorso pubblico abbiamo destinato ingenti risorse: oltre 40 milioni sono destinati al Corpo dei vigili del fuoco. Un'altra novità sono le piste ciclabili su binari dismessi. Anche questo è un modo di riappropriarci della natura, del verde e della capacità di affrontare anche i temi che sono attinenti alla salute del cittadino.
Abbiamo incentivato i fondi per Trenitalia, prevedendo uno stanziamento di 104 milioni, che deve migliorare tutto l'impianto del trasporto, cercando di evitare quelle dispersioni, quelle lungaggini e quei ritardi che pure ci sono attualmente nella gestione degli orari dei treni.
Per quanto riguarda il trasporto pubblico locale, si tratta di un capitolo rilevante. Molte idee e alcune decisioni sono state messe sul tappeto e, a fronte di questo capitolo, le risorse a disposizione nel settore sono di circa 614 milioni di euro per il 2008, 651 milioni per il 2009 e 651 milioni per il 2010. Questa è la riprova di quanto si punti su questo tema e di quanti investimenti strategici ed importanti ci siano nel bilancio che abbiamo tracciato di questo fenomeno, che a livello locale ha una valenza importantissima.
Per quanto riguarda i tagli ai costi della politica, ne parliamo sempre, e qualcuno se ne lamenta. Intanto, ritengo che questo Governo abbia cominciato un serio lavoro e stia proseguendo nel tempo perché questo taglio sia effettivo e concreto. Dalle prossime elezioni il numero massimo di assessori comunali e provinciali diminuirà, così come diminuiranno tutte le spese in conseguenza di una sorta di stile, anche nel modo di fare politica, che richiede a noi per primi, che dobbiamo dare l'esempio, lo stesso rigore che chiediamo ai cittadini.
Abbiamo raddoppiato le risorse per l'acquisto di Canadair per la Protezione civile: l'emergenza incendi ci ha visto in gravi difficoltà, nella stagione passata.
Alcuni mezzi sono andati distrutti precipitando nelle zone in cui erano impegnati a intervenire: ritenevamo quindi necessario ridotare la pattuglia di attrezzature e mezzi, che i vigili del fuoco devono avere a disposizione per contrastare le emergenze. A questo proposito segnalo che, sul capitolo relativo ai vigili del fuoco, abbiamo cercato - e il relatore se ne è fatto carico - di varare misure importanti e provvedimenti urgenti, ma non ci possiamo considerare soddisfatti: nel momento in cui registriamo che un vigile del fuoco, dopo 22 anni di servizio, ha una busta paga con un netto di 1200 euro, mi chiedo se non ci sia bisogno di ulteriori interventi, che pure noi del gruppo Popolari-Udeur abbiamo proposto, tali da portare chi rischia quotidianamente la vita per salvare quella degli altri ad avere qualche maggiore soddisfazione, anche sotto il profilo economico.
Sulle comunità montane vi è stato pure un intervento, e lo ricolleghiamo alla riduzione dei costi della politica: stabiliamo infatti che il risparmio deve essere assicurato e conseguito nell'ammontare complessivo di 303,4 milioni di euro per il 2008, e demandiamo alle regioni il compito di riorganizzare e armonizzare il settore, anche eliminando le comunità montane che non hanno ragione di esistere sul territorio, e conseguendo il risparmio che abbiamo prefissato.
Abbiamo anche pensato che ci sia bisogno di un contrasto della corruzione nella pubblica amministrazione: non riteniamo che le varie «tangentopoli» o lePag. 43varie attività di monitoraggio dell'efficienza della pubblica amministrazione, quando siamo in presenza di fenomeni di corruzione, abbiano esaurito la loro funzione e, soprattutto, ottenuto un'efficacia definitiva. Quindi, anche in questo caso, è opportuna l'istituzione di un Alto Commissario che deve occuparsi di eliminare tutte quelle sacche che si annidano nella pubblica amministrazione, dove ci può essere qualche tentativo di non agire nella maniera corretta e giusta.
Sul TFR abbiamo deciso, soprattutto per i lavoratori, di diminuire l'importo della tassazione. Molti fondi sono stati destinati a questo scopo, per alleggerire quella percentuale di tassazione che prima gravava soprattutto a carico dei lavoratori dipendenti: un «forfettone» per i lavoratori autonomi che hanno una reddito minimo, e che possono ricorrere ad una definizione agevolata delle proprie imposte, rientrando in un settore che consente di pagare delle imposte già predeterminate.
Alle vittime della mafia e del dovere viene esteso il trattamento dello Stato per le vittime del terrorismo e i loro familiari: dal 2008 ad esse verrà erogato un vitalizio, e a loro saranno estesi i benefici delle vittime del terrorismo.
Sulle società di calcio, poi, un altro intervento: abbiamo ampliato il tetto massimo previsto originariamente, che prevedeva la possibilità di scontare solo un terzo delle perdite fiscali anche da parte delle holding che controllano i club. Era un intervento che, nel mondo del calcio, un settore in questo momento fortemente in discussione, abbiamo pensato di sostenere, per cercare di far sì che intervengano sempre operatori con seri propositi e buone intenzioni.
Veniamo ai buoni-vacanza per i più poveri. La misura, oltre ad agevolare chi di vacanze non se ne può concedere più di tante, riteniamo che abbia un duplice obiettivo: va cioè incontro alle esigenze anche della destagionalizzazione. Tali buoni verranno infatti concessi alle famiglie meno abbienti, da spendere ed utilizzare in strutture che hanno la possibilità, il desiderio e la necessità di ampliare la stagionalizzazione. Tale provvedimento lo abbiamo sostenuto anche per il rilancio del turismo e del mare: noi Popolari-Udeur eravamo impegnati nel settore turistico, con altri provvedimenti, così come non dimentichiamo l'importanza di tutto il nostro patrimonio turistico-culturale italiano, la montagna e ciò che ne consegue.
Concludo, signor Presidente, citando talune proposte caratterizzanti che sono state presentate dal gruppo dei Popolari-Udeur. Infatti, il nostro è un piccolo partito, che però mette in campo grandi idee, che peraltro vediamo poi essere riprese e riportate anche dai principali organi di informazione. Un piccolo partito con grandi idee, dunque, e mi si consenta una battuta. Qualcuno ci ha definito nanetti: ebbene, se dovessi essere considerato un nanetto, preferirei essere Dotto, anche fra le difficoltà di lavorare insieme a Brontolo e a Pisolo. Certo, comunque, in questa fiaba qualcosa non torna, poiché come attori protagonisti ritrovo, dalla parte del centrodestra, un principe azzurro un po' «attempatello», e, dall'altra parte, il leader del Partito democratico, che vedo male nei panni di Biancaneve. Eppure noi nanetti continuiamo ad andare a lavorare nella foresta la mattina, alzandoci presto per portare a casa risultati importanti per il Paese.
Mi riferisco anzitutto al Fondo di solidarietà per i mutui per l'acquisto della prima casa, previsto da un articolo aggiuntivo, approvato in Commissione, presentato dalla nostra deputata Federica Rossi Gasparrini. Si tratta di una norma che concede la possibilità di dilazionare il pagamento dei mutui in presenza di particolari situazioni di difficoltà e di disagio: in questo modo, proponiamo un aiuto importante e concreto per chi ha un reddito minimo e si trova in difficoltà perché ha contratto un mutuo (magari in tempi in cui era possibile affrontare un simile impegno) e ora però, a causa delle premesse che ho citato, non riesce più a portarlo a termine.
Mi riferisco poi al Fondo per la mobilità dei disabili, che riguarda il comparto ferroviario. Su questo fronte siamo intervenutiPag. 44perché riteniamo che, così come esistono le ambulanze e gli aerei-ambulanza, debbano esistere anche carrozze specifiche specializzate per il trasporto dei disabili, in modo da consentire una mobilità degna e decente su tutto il territorio. In talune stazioni non vi sono neppure gli elevatori, in altre sono i facchini delle stazioni ad occuparsi direttamente di mettere il disabile sulla carrozza: ebbene, crediamo che il rispetto della dignità umana passi anche per il fatto di consentire una vivibilità normale a persone normali come lo siamo tutti quanti noi.
Mi riferisco infine ai maggiori fondi che abbiamo voluto destinare alle attività del centro nazionale d'ascolto di Telefono Azzurro. Ciò è stato reso possibile grazie ad un articolo aggiuntivo, presentato dalla nostra collega Cioffi, che va a sostenere un'attività meritoria, che certamente non ha a che fare con gruppi politici o appartenenze specifiche: sappiamo infatti tutti da anni qual è l'impegno di Telefono Azzurro sul territorio e quale il contributo che esso offre. Abbiamo dunque voluto rimarcare l'importanza di questo impegno proprio in questi giorni in cui ci si trova ad affrontare un'emergenza criminale legata alla scomparsa di minori: un traffico che - leggiamo dalle agenzie - si fa ogni giorno più ampio e che talvolta, è brutto definirlo così, diviene un vero e proprio commercio, che noi vogliamo stroncare. Il gruppo dei Popolari-Udeur ha dunque ritenuto di dover aiutare e sostenere le attività di queste associazioni e centri di ascolto, che possono essere di aiuto e di supporto per contrastare simili fenomeni di criminalità.
Signor Presidente, ho svolto un rapido excursus sui principali temi dei quali ci siamo occupati in Commissione. E lo abbiamo potuto fare per la grande disponibilità del Presidente, che ringrazio, e del relatore, che certamente non invidio, poiché si è sobbarcato un lavoro gravoso, essendo quasi assalito da tutti i colleghi che, come noi, volevano fare altrettante proposte interessanti. Non manco poi di ricordare l'impegno dei sottosegretari che siedono al banco del Governo e che ci hanno aiutato, supportato e sostenuto per tutta la durata dei lavori in Commissione.
In conclusione, noi Popolari-Udeur abbiamo voluto offrire questi contributi: per tali motivi, riteniamo che, ancora una volta, per il secondo anno, questo disegno di legge finanziaria - nel quale molti non credevano - sia un ulteriore passo verso quel processo di risanamento, di sviluppo e di equità che ci eravamo prefissi all'inizio del nostro lavoro.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Fabbri. Ne ha facoltà.
LUIGI FABBRI. Signor Presidente, è davvero frustrante riscontrare che oggi, come quindici giorni fa, mi ritrovo ad intervenire su di un provvedimento il cui testo non è quello definitivo. La stampa infatti già annuncia - questo è il rispetto che si ha per il Parlamento: i parlamentari apprendono dalla stampa quello che deve accadere - che saranno presentati tre maxi-emendamenti.
Mi viene, quindi, anche una curiosità: il famigerato, famoso «emendamento Lanzillotta» - quello che dovrebbe trasporre la riforma di liberalizzazione dei servizi pubblici locali - sarà presente in uno dei tre maxiemendamenti, oppure no? Al riguardo nutriamo qualche dubbio, perché per la politica locale le società pubbliche costituiscono vere casseforti, hanno un fatturato crescente, garantiscono poltrone, difendono l'occupazione anche quando è eccedente, effettuano investimenti importanti, distribuiscono appalti e risultano leve utilissime per tenere sotto controllo i mercati ad alta sensibilità politica, come quelli dei servizi pubblici. A controllare queste utilities (come vengono definite) sono soprattutto i governi delle città, notoriamente di centrosinistra. Tali società sono aumentate a dismisura, passando da 405 a 889 negli ultimi anni, e crescono con un ritmo robustissimo (oltre il 10-12 per cento). Ma, diciamo così, lo sapremo solo vivendo, perché al parlamentare chiamato a deliberare sul provvedimento alla nostra attenzione non è dato di sapere.
Mi viene allora voglia di ricordare quanto suggerisce il World economic forum,Pag. 45l'istituto che organizza gli incontri di Davos e suggerisce ai Paesi industrializzati come si fa a mantenere la competitività. Esso raccomanda a tutti - ma tali suggerimenti sembrano fatti apposta per l'Italia - che vivere al di sopra dei propri mezzi non favorisce la competitività (ed è il caso nostro); che bisogna diminuire le tasse (non è il caso nostro, perché neanche con il presente disegno di legge finanziaria si è provveduto a ciò); che bisogna avere Governi trasparenti e credibili che possano, con la loro credibilità, chiedere sacrifici ai concittadini (ciò non accade perché il Governo è al minimo della sua popolarità); che vi deve essere una giustizia rapida (è il contrario di quanto accade nel nostro Paese); che la burocrazia non deve essere ossessiva (il nostro Paese ne è l'esempio negativo); che bisogna migliorare l'istruzione (ma nel nostro Paese l'istruzione sicuramente non favorisce la competitività).
Aumentano, invece, le tariffe (luce, gas, acqua), gli stipendi non crescono, aumenteranno le tasse al di sotto dei 25 mila euro di reddito e i lavoratori a tempo determinato, i precari cui tenete così tanto, pagheranno più contributi di ieri, mentre i liberi professionisti e gli autonomi sono «bollati» come evasori fiscali a priori.
PRESIDENTE. Onorevole Fabbri, la invito a concludere.
LUIGI FABBRI. Quindi - e concludo, signor Presidente -, l'economia non crescerà di molto il prossimo anno: avete buttato via il «tesoretto» che era stato accumulato, mentre l'Italia sta galleggiando, perde competitività e fiducia nei mercati e la disgregazione sociale cresce come dimostrano gli episodi di intolleranza verso gli stranieri e l'evidente disagio giovanile che si manifesta in episodi di violenza fine a se stessa.
Il disegno di legge finanziaria per il 2008 chiude un ciclo politico, come anche voi sapete: voi comandate, gestite ed occupate il potere, ma non governate il Paese ed oggi avete anche l'opposizione all'interno del Governo, il che significa che il Governo è arrivato al capolinea (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Rugghia. Ne ha facoltà.
ANTONIO RUGGHIA. Signor Presidente, la manovra finanziaria per il 2008 per le misure di interesse della difesa si ispira coerentemente agli obiettivi del programma di Governo previsti per le nuove politiche di difesa.
Per l'anno 2008 sono state fissate le seguenti priorità politiche: il funzionamento dello strumento militare, al fine di mantenere o recuperare standard adeguati per l'assolvimento dei compiti assegnati al nostro Paese sulla scena internazionale; l'ammodernamento delle Forze armate; la razionalizzazione del modello organizzativo; il miglioramento del controllo di gestione e della qualità dei servizi.
Per realizzare questi obiettivi le dotazioni del Ministero della difesa risultano incrementate rispetto a quelle del 2007 del 5,5 per cento (in totale si assegnano al Dicastero 20.928,5 milioni di euro). Nello specifico della funzione difesa che attiene più direttamente allo svolgimento delle attività istituzionali, per il 2008 l'incremento rispetto al 2007 è del 5,4 per cento.
Le scelte operate dal disegno di legge finanziaria non stanno, però, a dimostrare la prova della volontà del Governo di aumentare le risorse per le politiche di difesa. Indipendentemente dalle opinioni di ciascuno, più semplicemente, come è stato fatto anche per il 2007, si è cercato di invertire la tendenza rispetto ai tagli operati nel triennio 2004-2006, proprio nella fase di avvio del modello organizzativo delle Forze armate (del nuovo modello delineato con la legge n. 331 del 2000 che dal 1o gennaio 2005 ha sospeso il servizio obbligatorio di leva).
La riduzione degli stanziamenti è stata particolarmente negativa con i tagli ai consumi intermedi e degli investimenti, e in considerazione dei nuovi e più impegnativi compiti assegnati alle nostre Forze armate dal Parlamento e per lo svolgimentoPag. 46di delicate missioni internazionali, tra cui la missione UNIFIL in Libano.
La verità è che gli sforzi del Governo, che rappresentano un passo avanti sulla via del risanamento del bilancio iniziato lo scorso anno, non sono del tutto sufficienti a garantire la completa efficienza del modello a 190 mila uomini, la manutenzione dei mezzi operativi e un soddisfacente standard di addestramento per i reparti delle Forze armate.
Credo che sia assolutamente non rinviabile una riflessione del Parlamento sul modello dello strumento militare necessario al nostro Paese uno strumento che deve certamente essere in grado di corrispondere alle nostre ambizioni di grande Paese, che vuole giocare un ruolo importante sulla scena internazionale, ma che allo stesso tempo deve rappresentare ciò che vogliamo e possiamo permetterci.
In ogni caso, è giusto riconoscere che, grazie a grandi sforzi, le nostre forze armate, sono riuscite a non perdere il loro grado di efficienza e operatività, conseguendo lusinghieri risultati nelle missioni in cui sono impegnate. Tra le scelte operate con il disegno di legge finanziaria per il 2008 alcune sono di particolare rilievo: l'aumento delle risorse per la professionalizzazione delle Forze armate; gli interventi a favore degli arsenali e degli stabilimenti militari; la destinazione di fondi per il risarcimento dei danni causati dall'esposizione e dall'utilizzo dei proiettili all'uranio impoverito o alle nanoparticelle prodotte da esplosioni; il finanziamento a favore di imprese nazionali del settore aeronautico ad alto contenuto tecnologico; la soppressione dei tribunali e delle procure militari; il programma per l'acquisto di alloggi per il personale militare; l'attuazione degli accordi in materia di pubblico impiego e, infine, la possibilità concessa ai corpi di polizia di effettuare assunzioni triennali in deroga fino a 140 milioni per il 2010 a regime.
Per concludere, vi è un primo stanziamento di 200 milioni di euro che, seppure insufficiente, tende a riconoscere la specificità dei compiti assolti dalle Forze armate e dalle forze di polizia. Ulteriori miglioramenti al testo approvato dal Senato sono stati apportati con le proposte emendative della Commissione difesa, recepite dalla Commissione bilancio. Mi riferisco alle modifiche introdotte all'articolo 145, con le quali viene eliminato il taglio del 10 per cento allo straordinario da corrispondere al personale delle Forze armate e di polizia.
Ritengo vada apprezzata l'istituzione di un Fondo per l'organizzazione e il funzionamento degli asili nido e per i servizi alla prima infanzia, così come va apprezzata la norma che consentirà la stabilizzazione degli ufficiali in ferma prefissata dell'Arma dei carabinieri, collocandoli in soprannumero. Mi auguro che il Governo con una sua proposta emendativa voglia incrementare le risorse finanziarie destinate al reclutamento delle forze di polizia, per consentire la stabilizzazione degli ufficiali in ferma prefissata di Esercito, Marina e Aeronautica militare.
PRESIDENTE. Onorevole Rugghia, dovrebbe concludere.
ANTONIO RUGGHIA. Signor Presidente, l'approvazione del disegno di legge finanziaria rappresenta una tappa. Continuerà il nostro impegno per rendere più efficiente la politica della difesa e della sicurezza del nostro Paese.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Di Virgilio. Ne ha facoltà.
DOMENICO DI VIRGILIO. Signor Presidente, in pochi minuti soltanto qualche flash. Il disegno di legge finanziaria al nostro esame rappresenta - diciamolo chiaramente - un'occasione mancata, che pagherete gravemente. Il testo risulta privo di misure convincenti finalizzate a contenere la crescita della spesa. Lo dice il commissario europeo Joaquìn Almunia. Di conseguenza, il prossimo anno non ci sarà nessun miglioramento del rapporto deficit-PIL e l'avanzo primario rimarrà sostanzialmente invariato. Il risultato complessivo per il 2008 vedrà il PIL crescere meno del previsto, per cui, se nonPag. 47fosse per la Danimarca, il nostro Paese sarebbe all'ultimo posto in Europa in campo economico.
L'Italia paga, dunque, duramente il prezzo delle controriforme di questo Governo. In quest'ultimo quinquennio, altri Stati hanno implementato riforme strutturali, liberalizzato l'economia, ridotto le tasse, aumentato la competitività e migliorato la qualità della spesa pubblica. Il Governo Berlusconi aveva riaperto il quartiere delle riforme. Ricordo la legge Biagi, le pensioni minime, la riduzione della pressione fiscale, le infrastrutture e tutto ciò pure in un ciclo di stagnazione europea.
Non appena al Governo, siete fortunatamente entrati anche in una fase economica migliore a livello europeo, avete potuto beneficiare di «tesoretti»; l'extragettito è stato - è notizia di ieri - al di là di ogni previsione. Ma che fine ha fatto questo «tesoretto»? Cosa ne avete fatto? Non ne parlate più!
Vorrei ricordare ai signori del Governo che, per risanare i conti pubblici, bisogna ridurre la spesa pubblica, che invece corre inesorabilmente. Ricordo che la spesa pubblica supera il 46 per cento e che il numero dei dipendenti pubblici è aumentato del 4 per cento.
Nel disegno di legge finanziaria per il 2008 mancano misure convincenti, in particolare nel campo della sanità che avete affrontato male, relegandolo all'ultimo posto come importanza (ho seguito i lavori della Commissione bilancio). Il Ministro della salute all'indomani dell'approvazione del disegno di legge finanziaria da parte del Consiglio dei ministri ebbe pomposamente a dichiarare: «Il Fondo sanitario nazionale per i LEA passa da 97 a 100 miliardi; nella quota sono compresi anche i fondi per i rinnovi contrattuali del personale e per garantire una migliore erogazione di prestazioni assistenziali». I fatti tale dichiarazione smentiscono in modo eclatante.
Tutte le categorie degli operatori del Servizio sanitario nazionale hanno attuato uno sciopero pesante, chiamandola direttamente in causa, tra l'altro proprio per il mancato rinnovo del contratto scaduto da quasi due anni. Il presidente dell'ordine dei medici di Roma - il più importante, almeno numericamente, d'Italia - dice testualmente: «Al di là dei trionfalistici messaggi diffusi dal Ministro della salute attraverso l'accattivante manifesto "pane, amore e sanità", il nostro sistema sanitario ha bisogno, pena la sua definitiva estinzione, di profondi e strutturali cambiamenti».
Ancora il Ministro della salute sentenziava: «Viene potenziato con risorse aggiuntive il fondo per la non autosufficienza con ulteriori 200 milioni di euro». Ma Ministro, chi crede di prendere in giro? Sa benissimo che per rispondere alle giuste aspettative dei cittadini e delle famiglie più fragili, su cui pesa il problema della non autosufficienza, occorrono 3-4 miliardi di euro.
E che dire delle altre promesse non mantenute, come l'indennizzo ai danneggiati da trasfusioni e vaccinazioni infette? E perché vaccinare soltanto le dodicenni contro il papilloma virus? Insomma, questa finanziaria fotografa lo stato di confusione e di totale irrequietezza di questo Governo.
PRESIDENTE. Onorevole Di Virgilio, la invito a concludere.
DOMENICO DI VIRGILIO. Concludo, Presidente. La situazione attuale, in cui vige un ciclo economico in rallentamento ed una ripresa dell'inflazione, è provocata da scelte sbagliate. Presidente Prodi, la sua maggioranza è ormai alla frutta, in frantumi, il suo Governo è vittima di una specie di «accanimento terapeutico»; anche i cittadini italiani lo hanno capito, soltanto voi non lo capite, o meglio fate finta di non capirlo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.
PRESIDENTE. Onorevole Di Virgilio, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.Pag. 48
È iscritto a parlare l'onorevole Antonio Pepe. Ne ha facoltà.
ANTONIO PEPE. Signor Presidente, esprimo un giudizio sicuramente negativo sulla finanziaria presentata dal Governo ed oggi al nostro esame. Essa risente delle contraddizioni interne allo schieramento di centrosinistra tra l'anima di centro, più moderata, e quella di sinistra, più estrema. Contraddizioni che peraltro hanno caratterizzato tutto il percorso governativo e legislativo di quella che impropriamente può ancora oggi chiamarsi maggioranza, poiché il voto di fiducia al Senato sul «decreto sicurezza» ha confermato che la maggioranza politica a sostegno del Governo Prodi non c'è più. Non solo il voto al Senato testimonia ciò; lo confermano anche le dichiarazioni pubbliche di vari esponenti di spicco di forze politiche che sostengono il Governo: hanno parlato di Governo al capolinea, di Governo finito, di maggioranza che non esiste più.
Solo il Presidente Prodi un giorno fa finta di non sentire, un giorno di non vedere, un giorno di non parlare. Quando poi è costretto a dire qualcosa, anche per pressioni giornalistiche, parla ancora di progetti e programmi futuri di questo Governo. Solo qualche giorno fa ha affermato che il Governo durerà l'intera legislatura. Questo è, invece, un Governo di cui gli italiani sono stanchi e reclamano, a larghissima maggioranza, la caduta. Ecco perché chiediamo al Presidente Prodi un atto di amore verso il Paese e uno scatto di orgoglio: rassegni, per il bene dell'Italia, le dimissioni, stacchi la spina al Governo morente ed eviti ulteriori danni al Paese.
Vengo al provvedimento e non posso non rilevare come la finanziaria, partita male, rischia di arrivare alla fine del suo iter parlamentare peggio. L'ammontare complessivo degli oneri per spese, determinati dal disegno di legge finanziaria inizialmente in 5 miliardi di euro, è lievitato nel corso dell'esame al Senato giungendo alla cifra di 8 miliardi di euro, salita a 10 miliardi dopo le modifiche in Commissione, per le quali il Governo non ha individuato adeguate modalità di copertura finanziaria. Cresce la spesa corrente e ricordo che la Corte dei conti ha dato un giudizio negativo anche su come sono stati spesi i vari «tesoretti » accumulati. Le maggiori entrate, derivanti dalla crescita economica del 2006 e dall'aumento del carico fiscale dovuto ai decreti Visco-Bersani, si sono risolti in spese clientelari senza nessun intervento strutturale.
La verità è che il pericolo di un aumento del rapporto tra deficit e PIL è reale e certamente il rallentamento dell'economia da tutti previsto e temuto per i prossimi mesi, potrà peggiorare le previsioni di indebitamento netto. I consumi diminuiscono anche perché molti italiani hanno difficoltà ad arrivare, non solo a fine mese, ma addirittura alla terza settimana. Non sarà certo il Garante per la sorveglianza dei prezzi, previsto in questa finanziaria, a risolvere questo problema, soprattutto se verrà inteso come uno strumento statalista per ingerirsi nelle logiche di mercato. Dovremo invece batterci perché si vigili sugli abusi, sulle posizioni dominanti, sugli accordi di cartello che spingono i prezzi in alto in modo improprio. In uno Stato democratico, con regole economiche moderne, i prezzi non vengono imposti dall'alto, ma sono determinati dal mercato e dalla concorrenza.
La manovra non riesce a realizzare i preannunciati obiettivi di riduzione della pressione fiscale, essenziale perché si possa creare sviluppo e favorire investimenti, e si fonda essenzialmente su un ulteriore incremento delle spese correnti. Affermare pertanto che il disegno di legge finanziaria appare privo di quegli interventi strutturali necessari per affrontare i problemi del Paese, significa dire una verità.
In un mondo sempre più globalizzato e concorrenziale, non pensare a misure serie, realmente idonee e dirette a favorire studi ed investimenti in settori a tecnologia avanzata, anche per spingere non solo la pubblica amministrazione, ma anche le piccole e medie imprese (che, insieme alle libere professioni, sono i settori trainanti dell'economia del nostro Paese) ad investire in questa direzione, significa nonPag. 49essere al passo con i tempi e significa non ascoltare la richiesta del Paese il non aver previsto stanziamenti idonei e sufficienti per la giustizia e la sicurezza. In quest'ultimo anno, sono aumentate le rapine e i furti nel nostro Paese, ma sono diminuite le volanti e sono stati tagliati gli straordinari per le forze dell'ordine: il malessere è esploso nella sua gravità nelle manifestazioni di Roma e Milano, dove oltre centomila poliziotti hanno protestato contro il Governo.
Nel contempo, nel disegno di legge finanziaria in esame non sono previste misure incisive di sostegno alle famiglie, non sono attivati i meccanismi di contrasto di interessi in ambito fiscale che potrebbero consentire positivi risultati sul piano della lotta all'evasione e non è stata riavviata una legislazione realmente efficace per incentivare investimenti e crescita economica.
Con riferimento alla famiglia, ho parlato della necessità di prevedere maggiori attenzioni ed aiuti concreti, in funzione del ruolo sociale che la medesima svolge. È alla famiglia, infatti, prima ancora che ad altre formazioni sociali, che sono demandati i compiti dell'educazione, della tutela e della cura delle persone. È nella famiglia che vengono definiti modelli di comportamento e stili di vita. È nella famiglia che si realizzano i più stretti rapporti affettivi ed importanti processi di solidarietà fra generazioni. Ecco perché, in linea con una battaglia che il gruppo di Alleanza Nazionale svolge da anni (è all'esame della Commissione finanze anche una mia proposta di legge sul tema), abbiamo chiesto al Governo di introdurre nella legge finanziaria l'istituto del quoziente familiare, come sistema di tassazione dei coniugi e della famiglia. Purtroppo, sino ad ora, siamo rimasti inascoltati.
In via alternativa, abbiamo chiesto - purtroppo anche su tale tema inascoltati - un aumento sensibile delle detrazioni per figli a carico. Certo, è stata prevista in Commissione bilancio un'ulteriore detrazione, pari a 1.200 euro, per le famiglie numerose con almeno quattro figli: si tratta sicuramente, però, di poca cosa, sia perché 1.200 euro sono pochi, sia perché sono pochissime le famiglie italiane con più di quattro figli (giacché le famiglie italiane, in media, hanno al massimo due o tre figli a carico).
Con riferimento ad alcune disposizioni specifiche sul «pacchetto fiscale» contenute nel disegno di legge, osservo che la detrazione ICI prevista dall'articolo 2 non rispetta le indicazioni espresse dalla maggioranza durante la campagna elettorale, nel corso della quale il centrosinistra si era impegnato a prevedere la completa esenzione dal tributo per le case di prima abitazione. Ancora una volta siamo in presenza di una promessa fatta in campagna elettorale, che il Governo e la maggioranza non mantengono.
Inoltre, l'aumento delle rendite catastali - paventato e prospettato in altri provvedimenti - e il passaggio da un catasto reddituale ad un catasto patrimoniale, di fatto neutralizzeranno la prevista agevolazione. L'aumento delle rendite catastali neutralizzerà anche l'esenzione IRPEF prevista, nel caso in cui alla formazione del reddito concorrano soltanto redditi fondiari non superiori a 500 euro, limite a mio avviso eccessivamente basso.
E ancora, le detrazioni per le spese di locazione, introdotte dall'articolo 2, potranno avere effetti di sostegno molto limitati. Da un lato, sul piano della formulazione della disposizione, non appare chiaro se l'agevolazione si applichi anche ai contratti in corso, né si spiega, ai fini della definizione di abitazione principale, entro quale grado di parentela debbano essere compresi i familiari che dimorano abitualmente nell'unità immobiliare. Dall'altro lato, devo affermare che, se si vuole realmente combattere l'evasione presente in tale settore al fine di rilanciarlo - anche per favorire chi non ha case di proprietà e deve fare ricorso alla locazione -, sarebbe stato necessario accompagnare tali misure con l'introduzione di un regime fiscale ad aliquota unica forfetaria sui redditi di locazione.
Il Governo, però, non ha avuto il coraggio di farlo e temo che, durante l'esamePag. 50del provvedimento in questo ramo del Parlamento, non lo farà, ma inviterà a respingere gli emendamenti che vanno nella direzione da noi auspicata. Sempre con riferimento alle case di abitazione, spero che possano trovare accoglimento alcuni emendamenti bipartisan - firmati, oltre che da me, anche dai colleghi Tolotti e Laurini - tesi ad accrescere sicurezza, trasparenza, sviluppo e competitività nel mercato immobiliare italiano, in tema di contratto preliminare di vendita, di protezione dell'acquirente per acquisto da imprese di costruzione, di edilizia convenzionata e di vendite soggette ad IVA.
Un discorso a parte merita l'assenza di misure effettive per incrementare le agevolazioni fiscali per i soggetti anziani o portatori di handicap.
Sarebbe stato auspicabile che si ponessero in essere una serie di norme dirette, utili e incisive per l'inserimento effettivo dei disabili nella società e per sostenere le famiglie degli stessi, che si fanno carico di costi esorbitanti per attrezzature e cure, che, invece, dovrebbero, in maniera più significativa, essere rimessi a carico della fiscalità generale. Anche su questo tema abbiamo presentato alcuni emendamenti, in merito ai quali vedremo quale sarà l'atteggiamento del Governo. Allo stesso modo, non trova sufficiente importanza la tutela e la difesa delle giovani coppie sposate, alle quali andrebbe destinata un'importante quota di bilancio sociale, proprio per permettere di costruire anche legami duraturi, non condizionati dalle difficoltà economiche. In tal senso, per agevolare il passaggio economicamente difficile della costituzione del nucleo familiare, ho presentato un emendamento diretto a ridurre le aliquote fiscali durante i primi tre anni di matrimonio. In questo campo poco è previsto, ma molto si doveva fare.
Per quanto riguarda le misure di razionalizzazione della disciplina dell'IRES, recata dall'articolo 3, si sottolinea come la preannunciata riduzione del prelievo IRES si limiti, in realtà, a un mero slogan propagandistico, considerato che la riduzione delle aliquote dell'imposta avverrà, per ammissione dello stesso Governo, senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica, in quanto sarà integralmente compensata da un ampliamento della base imponibile, realizzato soprattutto attraverso una limitazione della deducibilità degli interessi passivi. Tale misura risulterà, dunque, particolarmente dannosa per le imprese che hanno effettuato investimenti e per quelle maggiormente indebitate, che hanno dovuto fare ricorso al capitale di debito per proseguire la propria attività ovvero per compiere investimenti.
Gli effetti negativi di questa riforma saranno sopportati soprattutto dal Mezzogiorno d'Italia, completamente trascurato da questo disegno di legge finanziaria. Al di là di tali perniciosi effetti economici, la norma contrasta con il principio secondo il quale devono essere salvaguardati i diritti quesiti dei contribuenti, che hanno legittimamente orientato le proprie scelte facendo affidamento sul regime fiscale in quel momento applicabile, e si pone in palese contraddizione con i principi sanciti dallo Statuto dei diritti del contribuente, in materia di irretroattività delle disposizioni tributarie. Analoghe considerazioni critiche possono essere svolte con riferimento alle modificazioni apportate dai commi 17 e 18 dell'articolo 3 alla disciplina dell'IRAP. Infatti, a fronte della riduzione dell'aliquota d'imposta, viene ridotto l'ammontare delle deduzioni dalla base imponibile per i costi relativi al personale, che costituivano uno degli elementi portanti della manovra finanziaria approvata lo scorso anno. Sul tema mi richiamo a quanto abbondantemente affermato dal collega Leo.
Sempre in campo fiscale, il provvedimento prevede un regime fiscale forfetario per i contribuenti minimi e marginali. Condivido sostanzialmente l'impostazione della disposizione in materia, anche se tale disposizione rischia di trasformarsi, se non saranno posti correttivi, in una norma manifesto. Spero anzitutto che la normativa non trovi ostacoli a livello comunitario, perché sul punto potrebbe presentare aspetti di criticità. Sarà forse necessarioPag. 51che ad essa si aggiungano ulteriori adeguate misure agevolative in favore dei giovani e per il sostegno all'attività di ricerca, ma soprattutto andrebbe modificata la normativa nella parte che prevede che, per accedere al beneficio, non bisogna sostenere spese per lavoratori dipendenti. Con questa previsione, si rischia di non incentivare l'occupazione, ma addirittura di favorire la disoccupazione. Quindi, se, come è probabile, su questo provvedimento verrà posta la questione di fiducia, invito il Governo, in sede di maxiemendamento, a tornare sul tema e ad ascoltare le nostre richieste.
Per economia di tempo, non mi soffermo su altri punti del provvedimento. Rilevo solo che sul tema delle energie rinnovabili, a causa di una normativa farraginosa, il disegno di legge finanziaria rischia, qualora trovassero conferma alcuni studi del Centro di ricerche per l'economia e la finanza, di essere un elemento di freno allo sviluppo delle energie rinnovabili. Faccio solo un cenno all'articolo 99, che introduce nel nostro ordinamento l'azione collettiva risarcitoria a tutela dei consumatori. È un punto sicuramente delicato: la normativa deve saper coniugare la tutela del consumatore con la tutela dell'impresa, anche per impedire che la norma si trasformi in un incentivo volto ad aumentare la litigiosità. Sul tema, rinvio agli emendamenti da me presentati, nella convinzione che la normativa dovrebbe trovare applicazione solo con riferimento a fatti plurioffensivi successivi all'entrata in vigore della legge e che, anche al fine di evitare ingiustificate azioni, occorra un preventivo vaglio di ammissibilità dell'azione medesima da parte del giudice.
Concludo, confermando un giudizio sicuramente negativo su questo disegno di legge finanziaria, che costituisce un'occasione perduta per il rilancio del Paese. Quest'anno ci sarebbero state le condizioni per proporre un rilancio forte dell'economia, anche grazie all'extragettito e ad una congiuntura internazionale non negativa.
Viceversa, la manovra si è trasformata in una sommatoria di costosi e spesso inutili compromessi, volti a garantire la sopravvivenza del Governo. Non si governa così l'Italia e speriamo che l'attuale Governo vada presto a casa (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Bocciardo. Ne ha facoltà.
MARIELLA BOCCIARDO. Signor Presidente, l'attuale Governo, che ha dimenticato del tutto gli impegni assunti dopo il Family day, non poteva che dimostrarsi insensibile ad alcune proposte migliorative e di grande rilevanza sociale presentate dal nostro gruppo parlamentare. Ha infatti risposto «no» alla possibilità, per tutti coloro che dispongono di un reddito minimo di 516 euro mensili, di essere esonerati dal pagamento del canone RAI, che da solo si porta via un quarto del reddito (proposta che abbiamo avanzato soprattutto per i pensionati, che nella televisione possono trovare uno strumento di tempo libero e, nello stesso tempo, di conoscenza). Ha risposto «no» all'aiuto per tutte le famiglie che potrebbero gestire in casa, e non in una struttura di assistenza, un familiare a carico con almeno il 70 per cento di disabilità.
L'attuale Governo si è dimostrato insensibile al dolore di milioni di cittadini, perché ha risposto «no» al totale rimborso di ogni medicinale per chi è affetto da osteoporosi e ha risposto «no» al rimborso di alcuni medicinali off label, finora forniti nei centri di terapia del dolore per chi soffre di dolore neuropatico non oncologico (si tratta di due milioni settecentomila persone). L'attuale Governo si è dimostrato insensibile al miglioramento delle strutture di prevenzione e cura dei tumori, perché ha risposto «no» alla copertura, in ogni regione, di almeno un centro di ipertermia oncologica, metodica di cura che, associata alla chemioterapia ed alla radioterapia, ne potenzia in modo significativo l'efficacia. Ha risposto «no» all'estensione dei piani di screening per la prevenzione dei tumori al seno (sono quarantamila ogni anno), per le donne fin dalla maggiore età, con sistemiPag. 52di analisi e diagnostica di nuovissima concezione, non invasivi e non radianti, al contrario della mammografia, che non è consigliata al di sotto dei quaranta anni. Ha detto «no» alla parificazione di ogni malattia rara, concedendo a tutti coloro che ne sono affetti la stessa opportunità di cura protetta dal Servizio sanitario nazionale.
L'attuale Governo, infine, non ho voluto aiutare i bambini fortemente disagiati, perché ha risposto «no» al potenziamento dei servizi ospedalieri per il pronto intervento e per la maggiore disponibilità di posti letto nei reparti di psichiatria e neurologia infantile. Un tale Governo merita il pollice verso il basso, di netta condanna, da parte dell'ottanta per cento dei cittadini italiani. Un tale Governo va combattuto tenacemente per il bene del Paese - concludo, signor Presidente - perché è meglio un disegno di legge finanziaria respinto e l'esercizio provvisorio del bilancio, piuttosto che questo coacervo di norme che porteranno al collasso il nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Rocchi. Ne ha facoltà.
AUGUSTO ROCCHI. Signor Presidente, colleghi e colleghe, ci troviamo ad esaminare e a dare una valutazione su un disegno di legge finanziaria che è uscito arricchito, migliorato e reso positivo dal lavoro svolto dalla Commissione bilancio. Ciò dimostra ancora una volta che, quando vi è un corretto e giusto rapporto e valorizzazione del ruolo e del lavoro del Parlamento, nella redazione dei disegni di legge, si può portare un contributo positivo di soluzione, valorizzando appunto il ruolo di partecipazione ed il ruolo legislativo che il Parlamento deve assolvere. Bisogna quindi partire da tale lavoro positivo, confermarlo in tutte le sue parti e dare una valutazione obiettiva, che ragioni sul merito.
Si tratta di una manovra finanziaria che, in qualche modo, riavvia nel Paese un processo di redistribuzione sociale. Non è un passo enorme - non voglio enfatizzare - ma è comunque un passo. Dopo anni di leggi finanziarie che, invece, verso i cittadini determinavano solo l'acuirsi di richieste di sacrifici, vi è un minimo inizio di redistribuzione sociale. Certo, non è tutto ciò che avremmo voluto, certo, rimane aperto un grande problema politico di verifica tra l'attuale Governo, il programma sul quale è stato eletto, i compiti e le riforme che sta realizzando e soprattutto quella domanda di cambiamento che arriva dai settori più deboli della società, a cui ancora non viene fornita una risposta all'altezza delle loro condizioni. Come dicevo, comunque, tutto ciò avviene in un quadro di avvio di una strada di redistribuzione positiva.
Dopo una premessa generale mi vorrei soffermare solamente su due aspetti. Se non vogliamo che le parole spese autorevolmente anche questa mattina dal Presidente della Camera e dal Presidente della Repubblica sulle vittime degli incidenti sul lavoro siano solo esercizi retorici bisogna realizzare fatti concreti. Il Parlamento ha compiuto un atto importante con l'approvazione del testo unico sulla sicurezza sul lavoro, che considero forse uno dei provvedimenti legislativi più avanzati nell'azione di questo Governo. Bisogna adesso operare affinché tale provvedimento venga attuato in tutte le sue parti e perché ci siano quegli interventi di ispezione, controllo, prevenzione e di sanzione che ne determinano l'applicazione e che sono in grado di intervenire sul tema della sicurezza del lavoro. Ritengo che tale tema vada posto come premessa generale e in questa direzione andrà un mio ordine del giorno che presenterò all'Assemblea nel prosieguo dell'esame. Il rispetto pieno delle norme sulla sicurezza sul lavoro deve essere assicurato dalle imprese. Tale rispetto, se le aziende non abbiano subito sanzioni per responsabilità di gravi incidenti e infortuni, deve diventare un vincolo esclusivo per qualsiasi elargizione o misura di sostegno alle imprese. Non si tratta quindi di prevedere un meccanismo negativo, ma uno positivo, di valorizzazione positiva. Le imprese, per usufruirePag. 53delle politiche di sostegno allo sviluppo delle aziende, che sono contenute nei vari provvedimenti varati, anche nelle leggi finanziarie, devono rispettare tale vincolo. Se esso non viene mantenuto, le predette possibilità di sostegno al sistema delle imprese non devono essere concesse. Tutto ciò significa compiere un atto concreto che va nella giusta direzione di porre il tema della sicurezza sul lavoro e del lavoro al primo posto nelle scelte delle imprese e della politica.
Ritengo che tutto ciò rappresenti una premessa generale di grande valore. Ritengo che esistano anche ulteriori due aspetti della legge finanziaria che presentano elementi positivi in continuità con le politiche che ci si era prefissi di realizzare. Un primo aspetto è rinvenibile sul terreno della lotta alla precarietà ed a favore della stabilizzazione dei precari nella pubblica amministrazione. A tale riguardo si era cominciato a fare qualcosa già con la finanziaria dell'anno scorso ma è con questo disegno di legge finanziaria che si va a sanare definitivamente, per la quantità prevista, il retaggio storico della vicenda dei lavoratori socialmente utili. Si arriverà, infatti, ad una stabilizzazione di forme di lavoro che si sono protratte per lungo tempo nel nostro Paese come forma di precarietà nella pubblica amministrazione. Ritengo inoltre positiva la misura varata in Commissione a sostegno dei collaboratori coordinati e continuativi, che prevede la possibilità di intervenire a sostegno del reddito nelle fasi di vuoto di passaggio tra un rapporto di lavoro e un altro, anche attraverso un fondo ad hoc. La disposizione che riguarda la trasformazione del lavoro precario in lavoro a tempo indeterminato e quella sui collaboratori coordinati e continuativi, che non richiede solamente l'aumento dei contributi (pagati per due terzi dall'impresa e per un terzo dai lavoratori e dalle lavoratrici), determinano l'allargamento dei diritti e delle coperture e - nell'ultimo caso - il sostegno al reddito nei vuoti di passaggio dei rapporti di lavoro. Penso che questi temi ci propongano complessivamente quello più generale che attiene al maggior vigore e forza con i quali deve essere affrontata la lotta alla precarietà del lavoro. Non nascondo, a tale proposito, che grida ancora vendetta - lo dico per farmi intendere - aver modificato quelle norme sul welfare che, con il lavoro unitario svolto dalla Commissione, potevano contribuire ad una soluzione positiva della questione. L'altro punto attiene al reddito, ai salari.
La riduzione della tassazione sul TFR va nella direzione di una diminuzione del carico fiscale gravante sui salari dei lavoratori e delle lavoratrici, così come l'ipotesi del Fondo che spero possa portare, non ad una soluzione di detassazione degli aumenti salariali previsti nei contratti nazionali di lavoro, ma alla vera e propria restituzione del fiscal drag per le lavoratrici e per i lavoratori. Quindi, si tratta di misure - come ho detto in precedenza - positive. Esse non rappresentano la svolta che cambierà in modo radicale la vita di molte persone, ma sono un primo risultato che penso vada valorizzato.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Baiamonte. Ne ha facoltà.
GIACOMO BAIAMONTE. Signor Presidente la ringrazio per avermi dato la parola, ma in questo breve tempo che ho a disposizione desideravo fare alcune puntualizzazioni e alcuni disappunti a questa - così definisco il Governo - «Compagnia delle opere». Perché lo dico? Mi riferisco all'articolo 75 del disegno di legge finanziaria in esame in materia di promozione e di sicurezza della rete trapiantologica, signori del Governo (o della Compagnia delle opere). Avendo avuto l'onore di svolgere la funzione di relatore sul provvedimento concernente i trapianti, ricordo perfettamente alcuni punti fondamentali previsti dallo stesso, che dovevano essere attuati con decreti delegati che non sono stati per nulla emanati: in altre parole le disposizioni di detto provvedimento sono rimaste disattese. Una di tali disposizioni riguardava il Centro nazionale trapianti, ovverosia l'informatizzazione per evitare le liste di attesa, misura fondamentale inPag. 54tutto il Paese - il Governo lo ha dimenticato - per conferire regolarità e onestà di pensiero e di assistenza ai cittadini che sono iscritti in lunghe liste di attesa. Nello stesso tempo mi riferisco al provvedimento che riguardava il silenzio-assenso, in materia di donazione degli organi: anche a tal proposito erano previsti alcuni decreti delegati con i quali attuare tale misura. Il Governo lo ha dimenticato, signori miei!
Tutto ciò significa non voler conferire sicurezza al cittadino in un settore così importante in cui io vivo da quaranta anni perché faccio il trapiantologo. Signori miei, è su tale aspetto che dovete puntare l'attenzione, non sui 700 mila euro - che sono ridicoli - per l'intera rete trapiantologica del Paese. Ci rendiamo conto? Vi è poi nel disegno di legge finanziaria in esame un'altra disposizione, l'articolo 79, che riguarda - cito testualmente - «Disposizioni in favore di giovani ricercatori nel settore sanitario». Plaudo al fatto che nel 2008 i relativi fondi passeranno dal 5 al 10 per cento, ma non è così che si può agevolare tale settore. È demagogica la definizione «per i giovani ricercatori».
Signori, sono proprio i giovani ricercatori, ma con la guida dei colleghi più anziani, che riescono a sviluppare la ricerca. È per tale ragione che affermo trattarsi di una misura demagogica, e a tal proposito ricordo la ricerca del professor Dulbecco, il nostro premio Nobel, il quale ha sviluppato la ricerca con l'aiuto dei giovani. È per questo motivo dunque che riteniamo demagogica l'espressione «per i giovani ricercatori». Concludo, signor Presidente, ricordando a tutti noi come si è dimenticata la mozione da me presentata, accettata dal Governo, sulla prevenzione del cancro alla prostata degli uomini nel nostro Paese. È diventato un problema serio, nei cui confronti occorre organizzare un sistema di prevenzione, attraverso gli esami necessari su tutti i cittadini di sesso maschile, ma tali misure sono rimaste del tutto inattuate. Signori del Governo, ecco come volete risolvere i problemi della sanità!
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Tomaselli. Ne ha facoltà.
SALVATORE TOMASELLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, vorrei iniziare dalla legge finanziaria dello scorso anno, che aveva un obiettivo ambizioso, così come quello dell'attuale Governo, ovverosia avviare la modernizzazione del Paese. Un anno fa partimmo dalla consapevolezza che questa modernizzazione non si poteva non avviare se non rimettendo a posto i conti dell'azienda Italia, riprendendo il filo di un risanamento interrotto negli anni del Governo Berlusconi, il quale aveva quasi annullato l'avanzo di bilancio prodotto negli anni precedenti del Governo del centrosinistra, aveva ridato spazio alla crescita della spesa pubblica e non aveva prodotto riforme strutturali né crescita del Paese.
Quelli furono gli anni durante i quali gli sforzi di risanamento precedenti si rivelarono nulli e il debito pubblico riprese a correre.
Siamo partiti da tale constatazione anche con riferimento a questo disegno di legge finanziaria, riproponendo tra i tre obiettivi principali (il risanamento, l'equità e lo sviluppo) innanzitutto il risanamento del Paese.
Risanare i conti dello Stato significa mettere in campo la premessa per avviare politiche di equità e di sviluppo. Risanare significa innanzitutto due numeri e due aspetti che voglio qui sinteticamente richiamare.
Il primo consiste nel costo abnorme degli interessi che lo Stato, i cittadini del nostro Paese e le imprese pagano ogni anno sugli interessi del debito pubblico: 70 miliardi di euro l'anno sono una cifra enorme che viene sottratta agli investimenti e al futuro del Paese. Si tratta della tassa più ingiusta, la tassa sul futuro del Paese e sul futuro delle giovani generazioni.
Il secondo aspetto che voglio richiamare è il dato dei risultati positivi che il risanamento sta già producendo: 22 miliardi di entrate fiscali in più nei primi dieci mesi dell'anno in corso significanoPag. 55che si intacca per la prima volta in maniera consistente e duratura, in maniera visibile, la vasta area dell'evasione fiscale cronica del nostro Paese.
Certamente ciò è frutto di tecnicalità, norme più incisive e pregnanti, ma come non vedere in questo cambio di passo, in tali risultati straordinari anche il cambiamento di una cultura nel rapporto tra le imprese e i cittadini, tra i contribuenti e lo Stato.
«Non vi saranno più condoni» abbiamo affermato e stiamo mantenendo tutto ciò. Non si può non vedere in questo un mutamento di atteggiamento di cui il Paese sta avvertendo già i primi sintomi positivi. Ad un anno di distanza da quella legge finanziaria siamo qui oggi a discutere in quest'Aula di un'altra legge finanziaria, il cui cambio di passo e di segno è evidente. Dopo solo un anno in un tempo relativamente breve siamo tornati a discutere di una manovra finanziaria di segno totalmente diverso.
Oggi ci è consentito raccogliere i frutti della manovra dello scorso anno che certamente è stata dura ma che ha rappresentato una missione chiara ed i cui risultati sono di fronte a noi. La crescita economica del Paese, se pur affievolita in queste ultime settimane da una congiuntura internazionale a tutti nota, è consistente e robusta. Sono migliorate le entrate tributarie, la spesa è in linea con le previsioni: i numeri hanno una crudezza e una verità ineludibili. Da qui iniziamo per affrontare con questo disegno di legge finanziaria gli altri due elementi che sono alla base dell'impegno politico del Governo e della maggioranza: l'equità e lo sviluppo.
Per quanto riguarda lo sviluppo è necessario rimettere in discussione un ruolo, quello della piccola e media impresa, dell'impresa del nostro Paese che ha tanto sofferto negli anni passati ma a cui sono dedicati impegni consistenti, a cominciare da una graduale ma progressiva riduzione della pressione fiscale. L'intervento sull'IRAP, sull'IRES, il forfait a disposizione delle piccole e medie imprese sotto i trentamila euro di reddito all'anno: sono esempi concreti, provvedimenti espliciti che vanno in questa direzione.
PRESIDENTE. La invito a concludere, onorevole Tomaselli.
SALVATORE TOMASELLI. La pressione fiscale, quindi, non cresce più, ma si allarga la base imponibile del Paese. Sono i primi risultati consistenti che avviano un cambiamento profondo nel corpo del Paese; risultati - siamo certi - che ancora di più nei prossimi mesi, a cominciare dall'anno avvenire, segneranno un momento di svolta, a partire dalle priorità che ci siamo dati: rimettere al centro delle prossime politiche i salari dei lavoratori dipendenti del nostro Paese, crescere ancora di più, sviluppare la piccola e media impresa, continuare nell'opera di risanamento dei conti dello Stato (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-L'Ulivo).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Filipponio Tatarella. Ne ha facoltà.
ANGELA FILIPPONIO TATARELLA. Signor Presidente, in questo mio intervento sul disegno di legge finanziaria 2008 cercherò di esprimere qualche giudizio oggettivo più che soggettive opinioni. Cercherò di evitare la polemica, anche perché l'unica forma di polemica che riconosco è quella del polemos eracliteo, che - come si sa - ha il pregio di generare qualche verità, anche la più modesta verità di fatto.
La verità di fatto, sotto gli occhi di tutti, anzi, da tutti vissuta e sofferta, è che, purtroppo, nel nostro Paese l'economia reale non funziona, la crescita è a livello zero e gli italiani subiranno rincari per beni alimentari, riscaldamento, carburante, tariffe ferroviarie, acqua e rifiuti, ossia per tutti quei beni di prima necessità. Quindi, saremo sempre più poveri, non malgrado la legge finanziaria, ma grazie anche ad essa. Di fronte alla disastrosa legge finanziaria dell'anno scorso, questa ci appare aurea, ma, appunto, apPag. 56pare soltanto. Perché l'apparenza non risponde alla realtà? A mio parere, almeno per due ragioni: la prima, è che è proprio vero che il meglio è sempre nemico del bene. Questa legge finanziaria si è presentata come il meglio rispetto a quella precedente, ma è ben lontana da raggiungere il bene degli italiani.
La ragione secondo me fondante perché questa legge finanziaria è assolutamente inefficace ed inadeguata - come del resto è stato rilevato anche da parte della maggioranza - consiste nel fatto che essa si situa nel voto. Essa è un testo senza contesto: manca, infatti, un quadro strutturale di riforme o, quantomeno, di progettualità in cui essa possa inserirsi ed operare. Per tale motivo, più che l'articolato di una legge finanziaria, essa appare come l'articolato di emendamenti ad essa. Mancherebbe, quindi, la legge finanziaria! Si tratta, quindi, di piccoli interventi qua e là, senza sfondo e senza un quadro complessivo. Di conseguenza, i problemi di fondo non vengono neanche lambiti.
Per mostrare ciò, farò riferimento a tre ambiti per me particolarmente significativi, perché minano tutto il sistema italiano: il primo riguarda il lavoro dei giovani e delle donne, il secondo il Mezzogiorno ed il terzo la ricerca. Se, come scrive Francesco Giavazzi, «i salari piangono», i salari che piangono di più sono sicuramente quelli dei giovani e, in particolare, delle giovani del Meridione, del sud. Per quanto riguarda tale problematica, mi occupo soltanto delle donne per brevità.
Il tasso di disoccupazione delle donne in tutto il Paese è molto al di sotto non solo di quello dei Paesi dell'Europa del nord, ma anche dell'Inghilterra e accentua la sua distanza anche rispetto alla Francia e alla Germania. La bassa quota di donne occupate accomuna entrambe le ripartizioni dell'Italia, ma diventa critica nel Mezzogiorno, dove appena tre donne su dieci risultano occupate, cioè la metà del target previsto dagli obiettivi di Lisbona. Si tratta di un fenomeno in assoluta controtendenza rispetto a quanto accade in tutti i Paesi dell'Europa, dove la crescita della partecipazione femminile al mercato del lavoro è sinonimo di un processo di integrazione e di affermazione di pari opportunità. Nella legge finanziaria in esame, vi è qualche timido segnale in questa direzione, ma è così flebile che non sposta il problema neanche di un millimetro. È sempre ancora mera apparenza.
Passiamo ora al Mezzogiorno. Nel Mezzogiorno si registra una moria di piccole e medie imprese, oltre - come già ho detto - all'intensificarsi della disoccupazione intellettuale giovanile e femminile. Eppure, continua ad essere assente un progetto politico globale, ma ci si limita a interventi parcellizzati che non servono neanche a tamponare la situazione, bensì solo a simulare interventi.
L'ultimo ambito da me preso in considerazione è la ricerca. A tale riguardo, se fosse possibile, il discorso si farebbe ancora più problematico, anzi direi drammatico. Cosa fanno questo Governo e questa legge finanziaria per la ricerca? Francamente niente! Eppure, il problema è cruciale, anzi è la condizione imprescindibile per la crescita e lo sviluppo complessivo del Paese. Mi limito a considerare, nell'ambito della ricerca, un solo aspetto secondo me molto significativo e sintomatico: l'Italia è l'unico Paese d'Europa che prepara cervelli per esportarli. È l'unico Paese, perché nessuno ama fare come l'Italia, ossia sviluppare talenti per poi vederli fuggire verso terre più accoglienti.
L'Italia esporta cervelli, senza importarne. Se ciò avvenisse - ossia, se vi fosse uno scambio - vi sarebbe una sana mobilità di cervelli, un virtuoso scambio di talenti e, quindi, uno scambio culturale, che aiuterebbe la competizione, premiando il merito. Tutto ciò avrebbe un immediato e felice effetto sullo sviluppo e sull'economia.
Ma se il «sistema Italia» non è capace di promuovere il merito tra gli italiani, perché stupirsi se gli stranieri, da noi, fungono da sottoclasse di manovali, badanti, braccianti e addetti alle pulizie a bassi costi? Nella finanziaria non ho trovato un solo provvedimento che affrontasse il problema. Ho portato tre esempi, riferendomi solo a tre ambiti problematici, ma tanto basta perPag. 57mostrare l'assoluta inadeguatezza di questa finanziaria, frutto dell'assoluta inadeguatezza di questo Governo.
Un Paese in cui una parte rilevante anche numericamente - le donne - non partecipa, al pari dell'altra parte, al mercato del lavoro e, quindi, alla configurazione del Paese, è un Paese non formato ma deformato; è un Paese con una democrazia dimezzata. Un Paese, in cui una parte geografica di esso - il sud - non riesce a diventare competitivo come il nord nell'economia e nello sviluppo, è destinato a rimanere diviso e a non realizzare mai la giustizia distributiva che è la vera forma della giustizia sociale e politica.
Un Paese in cui non si riesce a fare della ricerca e del merito i due pilastri fondamentali - per lo sviluppo e per l'economia - della cultura e della civiltà e, quindi, del benessere del Paese, è un Paese che non coglie l'essenziale ed è perciò destinato al declino.
Concludo, citando un titolo e un sottotitolo de Il Corriere della sera dell'8 dicembre: «Crescono debiti e sfiducia. L'Italia è una poltiglia dove le parole popolo e cultura non hanno più valore». Peccato - questo lo aggiungo io - eppure l'Italia è uno dei Paesi più belli e culturalmente importanti del mondo. Ridurla così è una responsabilità imperdonabile (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale)!
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Fasolino. Ne ha facoltà.
GAETANO FASOLINO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'approvazione della legge finanziaria è stata sempre al centro del dibattito e dell'interesse del Paese. Quest'anno, non più. La gente guarda e pensa ad altre cose; il Governo di fatto è caduto e la maggioranza si è dissolta: lo affermano non soltanto i rappresentanti dell'opposizione, ma anche e soprattutto autorevoli membri della maggioranza.
Solo ieri sera Lamberto Dini, nella trasmissione Porta a porta, affermava che il Governo Prodi è ormai incapace di affrontare e risolvere i problemi del Paese. Nei giorni scorsi, da uno scranno ancora più alto, Fausto Bertinotti ha dichiarato il fallimento del Governo e della maggioranza di centrosinistra che lo sostiene.
A questo punto, si pone un interrogativo: perché l'Esecutivo non si dimette? Si tratta solo di un sobrio - chiamiamolo così - attaccamento alle poltrone, oppure è qualcosa di più profondo che attiene al DNA della sinistra che non vuole mai lasciare il potere quando lo ha conquistato? In questo caso, si sa, ai geni (quelli contenuti nei cromosomi) non si comanda!
A mio parere il centrosinistra ha fallito su tutto: sul Mezzogiorno, cui sono state tolte tutte le risorse infrastrutturali; sui giovani, sempre fuori dal mercato del lavoro e ingiustamente caricati, nel loro incerto futuro, di un peso contributivo unico al mondo, per pagare le pensioni di domani ai privilegiati di oggi; sul precariato, chiamato a finanziare con le proprie magre e aleatorie risorse, la riduzione dello scalone pensionistico; sugli operai: mai tanti morti sul lavoro; sulle forze di polizia, assolutamente dimenticate e abbandonate; sui ceti medi e produttivi: mai tante tasse; sul potere d'acquisto del denaro: nessuno arriva più alla fine del mese; sull'ambiente: mai tanti incendi, mai tanta diossina, mai tanti appalti oscuri e misteriosi, onorevole Pecoraro Scanio - come sta avvenendo a Napoli e nella Campania dei rifiuti - appalti oscuri e misteriosi, onorevole Di Pietro, se ne accerti se può e, soprattutto, se vuole.
PRESIDENTE. Onorevole Fasolino, la invito a concludere.
GAETANO FASOLINO. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna di considerazioni integrative del mio intervento.
PRESIDENTE. Onorevole Fasolino, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Filippi. Ne ha facoltà.
ALBERTO FILIPPI. Signor Presidente, purtroppo devo constatare che l'Aula è praticamente deserta. Vasco Rossi canterebbe: «siamo solo noi!» Ciò non fa sorridere, anche se qualcuno sta sorridendo, ma dovrebbe far riflettere, soprattutto perché, se è comprensibile l'assenza dell'opposizione, considerato che il ministro Chiti alle 12,37 ha annunciato che la fiducia è stata autorizzata, è meno comprensibile e decisamente non accettabile da parte di chi invece, in questo momento, è assente e fra poche ore dovrà sostenere la fiducia.
Signor Presidente, la ringrazio, comunque, per avermi concesso la parola. Vorrei, inoltre, ringraziare tutti gli uffici, i quali hanno sempre dimostrato di essere all'altezza della situazione, il presidente Duilio ed il relatore Ventura, i quali, sebbene in grave difficoltà, hanno comunque dimostrato il serio desiderio di provare a migliorare il testo del provvedimento in discussione, consultando anche l'opposizione.
Certamente, si sono trovati in grave difficoltà, considerato il tempo che entrambi hanno dovuto dedicare ai colleghi di maggioranza in continua processione per suggerire, peggio raccomandare o, peggio ancora, imporre ed eventualmente minacciare il passaggio dei propri rispettivi emendamenti.
Signor Presidente, è stato uno spettacolo indegno: file continue di deputati al self service della legge finanziaria fast food! Peccato, però, che sia il contribuente a passare alle casse per pagare. Già, il contribuente! Sempre più palesemente si crea anche con questo disegno di legge finanziaria un concetto di contribuente di serie «A» e di serie «B».
Infatti, il mondo delle partite IVA viene discriminato e perseguitato ancora una volta. Mi devo soffermare - e non posso non farlo - su questa discriminazione e persecuzione - presente, ancora una volta, in un importante provvedimento di questo Governo - nei confronti di tutto il popolo delle partite IVA.
Signor Presidente, è emblematico che all'articolo 1 venga riconosciuto esclusivamente il lavoro dipendente. La Carta costituzionale prevede che la nostra è una Repubblica fondata sul lavoro, non solo sul lavoro dipendente! Gli artigiani, i professionisti, gli imprenditori e l'esercito delle partite IVA non rappresentano forse anch'essi il mondo del lavoro?
All'articolo 3, signor Presidente, la discriminazione continua, perché crescono le tasse per le partite IVA, aumentando la base imponibile, senza alcun senso in base alle regole di ragioneria.
Infatti, si limita la deduzione degli interessi passivi: è un continuo allontanamento del bilancio fiscale da quello civile. La teoria del doppio binario, che dovrebbe essere quanto più contenuta possibile, invece, sta esasperando la propria dimensione.
Inoltre, mentre, sempre nello stesso articolo 3, passa il concetto, in altre parti lodevole, sulla detrazione ICI per la prima casa, per le partite IVA vale il contrario. Mentre fino ad oggi l'ICI poteva essere dedotta dalla base imponibile IRAP, da domani ciò non sarà più possibile, e così non solo non si avrà uno sgravio, ma addirittura ci sarà una doppia imposizione, sempre a carico del contribuente di serie B, vale a dire quello delle partite IVA.
Anche in questo provvedimento gli studi di settore continuano ad essere interpretati ed usati non come strumento di accertamento fiscale, ma come una vera e propria minimum tax, anzi peggio: sono una vera e propria tassa che il contribuente (sempre lo stesso, il popolo delle partite IVA) non ha nemmeno il piacere - se così si può dire - di sapere a quanto ammonti, sin dall'inizio dell'anno. Il nostro emendamento, che imponeva all'ufficio competente di comunicare gli indici degli studi di settore entro il 31 dicembre dell'anno precedente a quello di imposizione, non è stato, infatti, accolto, e ciò contro ogni regola di equità e giustizia della norma tributaria e contro lo statuto del contribuente, continuamente e colposamente da voi derogato.
Così facendo si palesa, però, il vostro modo di operare: si inizia l'anno e poi, in base alle esigenze di raccolta fiscale, si tarano, come accaduto già lo scorso anno e quest'anno, gli studi di settore e gli indiciPag. 59di normalizzazione. Ma questo è ingiusto: non resta che assoldare un cecchino per far fuori i titolari di partita IVA! Almeno - e questo ci consola - la Commissione ha accolto l'emendamento del gruppo della Lega Nord Padania a firma mia, dell'onorevole Garavaglia e dell'onorevole Fugatti, che prevede un aiuto di 3 mila euro per i titolari di partita IVA che decidano di dotarsi di strumenti di videosorveglianza, considerato anche il grado di non sicurezza ormai, purtroppo, inevitabilmente raggiunto dal nostro Paese.
Nel frattempo, in mezzo al massacro delle piccole e medie imprese, dell'artigianato e dei giovani professionisti, voi aiutate i top manager della pubblica amministrazione con stipendi che possono arrivare al triplo di quelli di noi, già comunque ricchi, parlamentari.
La vostra missione sembra essere quella di tutelare i megastipendi delle star televisive! Per il gruppo della Lega Nord Padania sono troppe le gravi contraddizioni che, invece di ridimensionarsi, si amplificano con il procedere di questo Governo; discriminazioni e persecuzioni del mondo delle partite IVA che per me, che sono un piccolo imprenditore, e per il gruppo della Lega Nord Padania, che riconosce il lavoro tutto...
PRESIDENTE. Onorevole Filippi, la prego di concludere.
ALBERTO FILIPPI. ...non possono essere né capite né condivise. Si comprende, invece, quel continuo distacco tra chi crea il PIL e questo Stato, tra lo scappare e l'essere costretti a chiudere delle attività, il che, inevitabilmente, impoverirà tutto il Paese.
In conclusione, signor Presidente, la conseguenza di un'inesistente strategia della maggioranza, di un'inesistente strategia economica, del solo esistere di tante piccole singole pratiche e non di una strategia, dei tanti piccoli singoli partitini che compongono questa maggioranza, purtroppo, sarà la povertà (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Sospendo la seduta, che riprenderà alle 15,30.
La seduta, sospesa alle 14, è ripresa alle 15,30.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che non vi sono ulteriori deputati in missione alla ripresa pomeridiana della seduta.
I deputati in missione sono sessantuno, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Sull'ordine dei lavori (ore 15,31).
SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, nella giornata di ieri abbiamo richiesto, sollevando la questione in Assemblea, un'informativa da parte del Governo sullo sciopero e sull'agitazione del settore dell'autotrasporto che, come si vede dalle prime pagine dei giornali e dalle aperture dei telegiornali, sta bloccando e mettendo in crisi l'intero Paese nelle sue dinamiche economiche, vista la rilevanza del trasporto su gomma.
Giacché ci risulta che, essendoci stato un incontro con i sindacati degli autotrasportatori e con le rappresentanze di questa categoria che non è andato a buon fine, la questione non sia prossima ad una soluzione, crediamo sia opportuno ribadire, signor Presidente, la richiesta di un'informativa in Assemblea quanto più possibile urgente da parte del Governo.
Ci attendiamo, in questo senso, una risposta pronta e una presenza del Governo che venga a spiegare la propriaPag. 60posizione sulla questione, che riteniamo essere importante in questo momento nel Paese.
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Baldelli. Circa l'informativa che lei richiede, sono attualmente in corso contatti tra il Governo e la presidenza della Commissione trasporti per fare, eventualmente, svolgere in quella sede l'informativa richiesta. Comunque, ovviamente, ribadiremo la sua richiesta al Presidente.
Si riprende la discussione.
PRESIDENTE. Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta è proseguita la discussione congiunta sulle linee generali.
(Ripresa discussione congiunta sulle linee generali - A.C. 3256-A e A.C. 3257-A)
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Alessandri. Ne ha facoltà.
ANGELO ALESSANDRI. Signor Presidente, in sette minuti è difficile poter dire tutto ciò che bisognerebbe dire di questo disegno di legge finanziaria, perché mi sembra di capire, anche dagli interventi di ieri, che questo Governo, e in particolare la maggioranza, non hanno ben presente cosa sta accadendo fuori da qui, in mezzo alla gente.
La gente in questo momento ha bisogno urgente di una ventata di ottimismo, di sentire uno Stato che sia «meno padrone», meno centralista, meno dispensatore di mance ai soliti furbi e, magari, più vicino alle esigenze reali.
Non basta inventarsi il «mister prezzi» per pensare di risolvere un problema creato da chi ha voluto il passaggio all'euro nel modo in cui si è determinato ed è impensabile, da parte mia, chiederlo a chi ha fatto ciò e, oggi, inoltre, presiede questo Governo.
Ci sono dei problemi che riguardano tutte le categorie: gli sgravi fiscali da 8-12 mila euro espressamente non concessi, guarda caso, ai lavoratori autonomi, che sono una delle categorie trainanti di questo Paese, checché ne pensino questo Governo e questa maggioranza
Basta guardare con che piglio hanno pensato di affrontare la riforma dell'anagrafe tributaria: con l'assunzione, oggi, di tremila «007» (Visco ne aveva preventivati diciassettemila) - io li ho chiamati KGB - alle strette dipendenze del Viceministro delegato e attraverso il controllo telematico con la Sogei, alla ricerca di un'evasione fiscale, che continuate a non capire che non è data, in questo Paese, nella stragrande maggioranza, da chi lavora, da chi già paga le tasse al 90-95 per cento (magari tiene il 5 o il 10 per cento in «nero», se ci riesce, ma paga il 90-95 per cento di tasse), che volete continuare a «massacrare», continuando a non tutelarli, a fare leggi che sono sempre loro ostili, a volerli controllare anche nell'anagrafe dei conti correnti con pagamenti solo telematici, con questa pletora di «007» che dovrebbero, in qualche modo, continuare a «bastonarli».
Nel momento, però, in cui siamo al 60-63 per cento di tasse fra quelle dirette e quelle indirette, comprese quelle locali - è colpa della finanziaria scorsa, che ancora stiamo subendo - questa gente avrà solo due alternative: o riuscirà a mantenere in «nero» una parte maggiore o magari sarà costretta a chiudere, perché nessuno riesce a lavorare così.
Vi invito a riflettere, a uscire fuori dal «palazzo», ad andare in mezzo alla gente, a girare anche fuori dall'Italia in maniera concreta con chi lavora: vi accorgereste che in Irlanda sta decollando l'economia e non è come la crescita prevista dall'OCSE a casa nostra, che potrebbe essere sotto l'1 per cento rispetto al PIL. In Irlanda, dove invece la crescita prevista è al 12 per cento, hanno una flat tax: pagano poco ma pagano tutti. Qui invece volete continuare a far pagare tantissimo ai soliti pochi, mentre vi scordate di incentivare - e la legge finanziaria in esame è molto chiara, ci sono solo le «briciole» - le forze dell'ordine che dovrebbero andare a controllare ogni singola vite che entra nelPag. 61porto franco di Napoli, dove entrano giornalmente migliaia e migliaia di container pieni di merce contraffatta, spesso senza pagare dazi, che vanno in un mercato nel quale non pagano tasse.
Servirebbe una lotta precisa e forte, con investimenti delle forze dell'ordine per andare a recuperare tutti i soldi di evasione vera, totale: droga, prostituzione, malaffare, riciclaggio. Servirebbe un investimento fortissimo, che dovrebbe andare a ricercare gli evasori totali, che spesso non sono quelli che risiedono in un comune ma quelli che vengono da fuori con capitali, perché chi risiede in un comune ha i figli che vanno a scuola, una casa intestata, un'attività, e non può essere evasore totale. Voi, invece, continuate a massacrare quelle categorie che dovrebbero trainare questo Paese. Guardate che queste categorie si stanno davvero stancando: ci sono gli autotrasportatori, e sono solo un esempio, ci sono le forze dell'ordine che non ce la fanno più, ci sono gli artigiani che sono con l'acqua alla gola: gente che deve andare in banca a ipotecare la casa per pagare le tasse! Quando arriviamo a questo punto vuol dire che la cremagliera è finita.
E voi invece continuate a sperperare in «contentini a pioggia» i «tesoretti» che vi siete ritrovati senza nessuna capacità vostra, ma solo perché vi sono arrivati per altri motivi; continuate ad approvare leggi finanziarie che vanno in questo senso, ma di coraggio per andare a snellire questo Paese e fare davvero le riforme neanche l'ombra.
Credo che sia bello parlare e chiacchierare, ma è poi molto più utile andare in mezzo alla gente a spiegare quanto state facendo. Voi state «galleggiando», ma galleggiando portate al disastro l'intero Paese.
Credo che sia opportuno ricordare a chi sta ascoltando in questo momento che ci sono le solite prebende, alla cui distribuzione abbiamo assistito quest'anno tramite diversi voti di fiducia: a me vengono in mente i 3 miliardi di euro per chiudere i buchi derivanti dalle incapacità al sud sulla sanità. Altro che legge finanziaria! Queste sono chiusure di buchi. Uno Stato serio «commissarierebbe» Bassolino e Marrazzo. Invece, voi andate a chiudere i buchi, usando i soldi di Stato, prodotti dall'incapacità - guarda caso - di amministratori che spesso e volentieri sono vicini a voi e continuate ad andare a prelevare nelle tasche della gente. Non ci sono più i trasferimenti agli enti locali, i quali devono aggiungere nuove tasse, raddoppiando o triplicando l'ICI con la revisione degli estimi catastali, aumentando le addizionali, però non vi scordate di dare 10 milioni di euro per celebrare i centocinquant'anni dell'Unità d'Italia. Credo che veramente è uno Stato che non ha capito niente.
Ma dov'è lo Stato italiano? Dov'è? Chi sente più questo Stato italiano nel momento in cui è così lontano dalla gente che lavora, ed è così lontano da noi in Padania? Lì la gente della politica se ne «fregava» fino a qualche anno fa, perché era l'ultimo dei problemi: pensavano a lavorare, a tirar su una famiglia, avere la cultura del lavoro, dell'onestà e non dovevano chiudersi in casa alle otto di sera per la paura. Si sono dovuti interessar di politica, creare, grazie a Umberto Bossi e a noi, un movimento politico che si chiama Lega Nord, per dare voce a un popolo che è veramente stanco; e voi continuate a celebrare inutilmente icone che sono superate e che non hanno più senso, nel momento in cui siete così lontani. Noi siamo sicuramente contrari a questa logica, e ci piace che in questa operazione la gente ci stia appoggiando.
Entro nel merito ora di tre articoli, che riguardano la mia Commissione in particolare. Ancora una volta prevedete procedimenti che consentono di accedere ad aiuti e garanzie finanziari con le banche a categorie che, spesso e volentieri, si trovano in altre zone del Paese, come quelle concesse all'ISMEA. Vi è ancora una volta la solita decisione «sudcentrica» di destinare a Foggia la sede della nostra EFSA. A Parma abbiamo l'authority per la sicurezza alimentare, che peraltro non funziona e dovreste fare ulteriori investimenti in questo senso. Parma era la sede più opportuna e non ci sono, invece, neanchePag. 62i collegamenti aerei con Bruxelles; è veramente una sorta di isola in mezzo al deserto. Ebbene non destiniamo la sede della nostra EFSA a Parma, che avrebbe un senso, vicino a quella europea, né a Verona, che sarebbe un nodo cruciale del nostro territorio dal punto di vista gastronomico, ma a Foggia perché è la città che ha dato i natali al Ministro dell'agricoltura.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
ANGELO ALESSANDRI. Ci sono i soliti provvedimenti inutili, di cui non si capisce il senso: abbiamo tanto chiacchierato di montagna, per fare in modo che siano i contadini a poter gestire la topizzazione montana, cioè andare loro a curare i fossi, andare a gestire il territorio e, invece, date ai comuni la possibilità di destinare fino a 190 mila euro a chi vi pare: saranno sempre i soliti amici, non esclusivamente i contadini a dover curare la montagna.
Questo è il senso di un disegno di legge finanziaria fatto soltanto a piccoli tasselli ed a pioggia, per accontentare qualcuno, in particolare qualcuno che, al Senato, quel giorno potrebbe avere un mal di pancia.
La nostra gente deve saperlo: avete cercato di accontentare tanti con poco, ma non accontenterete nessuno. Avete scontentato la Padania. Credo che, il 16 dicembre, il calcio nel sedere, oltre a Prodi, occorra darlo a tutto il Governo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Deiana. Ne ha facoltà.
ELETTRA DEIANA. Signor Presidente, desidero qui esprimere il giudizio molto negativo del mio gruppo sulla parte della finanziaria che riguarda le spese militari. Il nostro è un giudizio di merito relativamente ai titoli e alle finalità specifiche del settore ed è un giudizio negativo generale, perché, trattandosi di risorse pubbliche assai significative, ciò caratterizza negativamente l'indirizzo di spese complessive che il Governo ha voluto assumere con questo disegno di legge finanziaria. Insomma, vengono destinate spese ad alcuni settori anziché ad altri, come sarebbe invece auspicabile.
Il nostro giudizio è ancora più negativo, perché si tratta di una scelta che ha già caratterizzato la legge finanziaria per il 2007 e che quest'anno viene confermata in crescita. Vi è, infatti, un incremento ulteriore: il bilancio della difesa per il 2008 presenta uno stanziamento complessivo di 20.928 milioni, con un aumento di 733,70 milioni rispetto alla competenza del 2007, pari in questo momento al 3,63 per cento.
Quindi, l'impatto del disegno di legge finanziaria per il 2008 sulla difesa è particolarmente rilevante, anche se la maggior parte degli interventi sono realizzati al di fuori del bilancio del Ministero della difesa, ossia sono, per così dire, occultati - è il termine più adatto - nel capitolo relativo allo sviluppo economico. Anche in questo caso si tratta di un aspetto che non ha eguali a livello europeo. Non è chiaro alla pubblica opinione e neanche al Parlamento come la spesa per la difesa possa formarsi attraverso canali diversi, che invece esigerebbero di essere centralizzati, per avere una visione di insieme.
Particolarmente negativo e in contraddizione con tutti gli impegni che l'attuale maggioranza aveva assunto è il capitolo di spese relativo agli armamenti. Il giudizio che diamo su questo aspetto è molto pesante, perché non si tratta soltanto di onorare contratti e impegni presi in precedenza, come quello relativo all'F35, su cui personalmente ho chiesto più volte un chiarimento al Governo. Si tratta di una spesa già decisa, che non entra nel disegno di legge finanziaria di quest'anno, ma che riguarderà i prossimi tre anni, su cui non vi è stata mai alcuna possibilità di confronto e di chiarificazione.
Ho chiesto più volte al Governo di prendere visione dell'accordo firmato a febbraio di quest'anno dal sottosegretario Forcieri, ma senza ricevere alcuna risposta. Dunque, non siamo soltanto al livello di onorare spese su cui non vi è mai stato un confronto adeguato in sede parlamentare,Pag. 63prive di trasparenza e di possibilità di informazione, ma siamo oltre, perché il comma 1 dell'articolo 57 stanzia rilevanti contributi per la realizzazione di vari programmi delle Forze armate totalmente nuovi, su cui, ancora una volta, il Parlamento è privato della possibilità di essere informato e di esprimere un orientamento propedeutico alle scelte.
Nel pochissimo tempo che credo mi rimanga a disposizione voglio sottolineare alcuni aspetti che ritengo della massima importanza e che intendo sottoporre all'attenzione dell'Assemblea. Il primo riguarda una leggenda che viene sostenuta dal Ministero della difesa e dagli ambienti militari circa il fatto che il nostro Paese sarebbe il fanalino di coda per quanto concerne le spese militari.
Ciò non è assolutamente vero - e credo che lei, sottosegretario, lo sappia ma, se non lo sapesse, dovrebbe informarsi -, considerato che la spesa per la difesa nel nostro Paese è mediamente pari a quella degli altri Paesi europei. Se mettiamo insieme tutti i settori che riguardano le spese per la difesa (come, ad esempio, tutta la parte relativa alla tecnologia, allo sviluppo, alle attività produttive) e aggiungessimo le spese per le pensioni del personale militare (come fa la Francia nel suo bilancio per le spese militari), se insomma adottassimo un criterio di calcolo che è quello della NATO che mette insieme esattamente tutte le spese, il livello della spesa italiana raggiungerebbe mediamente la spesa degli altri Paesi europei.
La seconda osservazione riguarda una domanda di fondo che poniamo relativamente al tipo di armamenti.
PRESIDENTE. Onorevole Deiana, la invito a concludere.
ELETTRA DEIANA. Mi riferisco ad un tipo di armamenti che corrisponde - e concludo, signor Presidente - a ciò che l'ammiraglio Di Paola in un'intervista di ieri a la Repubblica ha definito «strategia di proiezione», anche se non si capisce bene cosa si intenda per «strategia di proiezione». Sta di fatto che si tratta di sistemi d'arma estremamente costosi la cui funzionalità è del tutto oscura. Quindi, sottolineiamo che il problema del modello di difesa andrebbe sottoposto ad un nuovo esame e ad una nuova discussione pubblica profonda ed articolata.
Infine, vi è la questione del personale civile della difesa che diventa la cenerentola della difesa e prefigura negativamente un modello militare sempre più militarizzato, da cui viene espunto il personale civile con le sue competenze, la sua storia, i suoi sindacati, preannunciando una separazione tra il militare e il civile che noi riteniamo di grandissimo danno per la vita, la democrazia ed anche il ruolo delle Forze armate nel nostro Paese.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Gioacchino Alfano. Ne ha facoltà.
GIOACCHINO ALFANO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, veniamo da una settimana di lavoro intenso in Commissione bilancio e quindi, volendo fare una riflessione sul lavoro svolto, sull'impegno del presidente della Commissione, del relatore e dei sottosegretari che si sono susseguiti, possiamo considerarci paradossalmente soddisfatti, perché non ci siamo sottratti al lavoro.
Anzi, dobbiamo aggiungere che è stato un lavoro sicuramente seguito anche al Senato, perché il provvedimento in discussione, già esaminato e approvato dal Senato, ha lasciato molti temi irrisolti e molte questioni sono rimaste aperte.
Ma noi, non solo perché siamo all'opposizione, ma anche per l'ultimo intervento di un parlamentare della maggioranza e per quanto tutti in questi giorni stanno ascoltando, ci sentiamo di formulare una riflessione critica. Poiché, però, siamo in una fase ancora preliminare rispetto alla conclusione dell'esame del disegno di legge finanziaria per il prossimo anno, una fase che richiede una posizione che possa servire a migliorare comunque il testo, credo che non dobbiamo farci prendere dalla routine di tutti gli anni (infatti, ormai si parla della posizione della questione di fiducia) e nel mio interventoPag. 64cercherò, pertanto, di puntualizzare pochissime questioni, per spingere il Governo e la maggioranza a tener conto delle mie riflessioni.
In primo luogo, l'elemento sul quale misurare la scelta del Governo in ordine alla legge finanziaria è in genere rappresentato dalla spesa, e la spesa viene considerata un valore che deve poi tener conto, automaticamente, delle entrate.
Tutti sappiamo che la spesa in questi ultimi anni è aumentata, mentre le entrate - seppure in modo imprevedibile - hanno avuto un andamento altalenante e faccio presente che proprio in questi mesi assistiamo ad un incremento delle entrate fiscali. Qual è la prima denuncia che rivolgo e, quindi, il primo aspetto che ritengo debba essere tenuto presente dalla maggioranza? Il Governo, non nel momento in cui partecipa ai lavori parlamentari, ma allorché risiede nelle «stanze alte», che non coincidono più ormai con la Camera e con il Senato, non ha indicato la politica cui si ispira la finanziaria per il 2008. Quindi, la spesa, se solo si leggono i numerosi articoli contenuti nel provvedimento in esame, in alcuni contesti diminuisce e in altri aumenta. Poiché non vi è stata da parte della maggioranza e del Governo un'indicazione dei criteri di riduzione della spesa, è del tutto normale che poi assistiamo a contestazioni, facilmente strumentalizzabili e anche violente.
Non intendo ora riferirmi in modo diretto alle rivendicazioni di alcune categorie, ma un fatto è certo. Abbiamo assistito, in un primo momento, alla vicenda per cui all'interno del disegno di legge finanziaria il Governo ha ritenuto di proporre la soppressione di alcuni enti autonomi e successivamente, spinto dalle rivendicazioni di piccoli segmenti della maggioranza o di alcune categorie che sicuramente non hanno un'importanza determinante per il Governo, ma che comunque creano dei fastidi, si è ritornati alla situazione precedente e pertanto la spesa, che era stata ridotta, non dopo l'approvazione del Senato ma nei lavori della Commissione di merito, è stata automaticamente considerata un'altra volta.
La seconda riflessione riguarda la valutazione del cosiddetto decreto fiscale, come abbiamo affermato anche durante l'approvazione di tale provvedimento. Più volte - io in particolare, ma anche i miei colleghi - abbiamo cercato di evidenziare i pericoli in ordine alla valutazione e alle motivazioni dell'aumento delle entrate fiscali. Perché non riusciamo a suggerire al Ministro dell'economia e delle finanze e a tutto il Governo i motivi per cui le entrate fiscali, percepite in quest'ultimo anno e subito allocate in finanziamenti estranei agli interessi dei soggetti che si stavano sacrificando per realizzare tali entrate, sono aumentate e come è possibile non chiarire agli italiani per quale motivo si è avuto un aumento delle entrate fiscali? Se gli aumenti fiscali sono il risultato della pressione fiscale è normale ed automatico che il Governo avrebbe dovuto indirizzarsi verso una riduzione della pressione fiscale. Se invece l'aumento delle entrate fiscali era il frutto di una politica di sviluppo che riguardava più settori e che quindi non dipendeva dai contribuenti già sottoposti alla tassazione ma allo sviluppo, è normale e giusto che occorreva intervenire sui consumi e ritengo anche giusto concedere i benefici di tale situazione ad alcuni soggetti, in particolare i lavoratori dipendenti. Invece niente di tutto ciò! Cosa è successo? Siamo costretti, come opposizione, a sostenere concetti che poi diventano ovvi per chi li ascolta. Invece, da una parte chi li ascolta non ne tiene conto perché si aspetta alcune idee, d'altro canto esse non producono l'effetto che noi speriamo. Di quale effetto si tratta? Abbiamo chiesto in più sedi e anche durante lo svolgimento del dibattito in ordine alla legge finanziaria quali erano le motivazioni vere, prese in considerazione dal Governo, e che hanno prodotto maggiori entrate fiscali. Ebbene, solo in tale circostanza in nove minuti - il tempo che mi è concesso è, infatti, di soli nove minuti - posso fornire una valutazione più particolare. Tuttavia, in termini generali, in questo poco tempo posso solo affermare che è grave e pericoloso che la maggioranza non abbia avuto il tempo - ricordoPag. 65che sono trascorsi già due anni e ben due leggi finanziarie - per valutare quali erano le politiche del Governo che hanno portato realmente ad un aumento delle entrate fiscali.
Come ho già detto nella premessa del mio intervento svolgerò una sola riflessione critica, più esplicita, ma che può anche andare in controtendenza, in questo momento. Nel disegno di legge finanziaria, se si presta attenzione, vi è anche il nuovo tentativo di ridurre le spese dello Stato, ma non quelle che sono considerate sprechi, bensì quelle delle istituzioni statali. Pertanto, mi sono ripromesso di affermare in più occasioni, e lo farò anche in questa, che se il Governo - e, in questo caso, anche con la complicità del Presidente della Camera e ritengo anche del Senato -, ma in questa occasione mi riferirò solo a questa Camera - ritiene che per poter «addolcire» lo stato d'animo degli italiani che stanno subendo la maggiore pressione fiscale e i maggiori sprechi sia importante dare l'impressione che ridurre una parte dell'attività o delle spese delle istituzioni tranquillizzi o almeno renda meno sofferente la condizione degli italiani, sia in errore.
E non solo si sbagliano dal punto di vista ideologico (anche se forse queste affermazioni sono incompatibili con la mia posizione di parlamentare), ma anche perché mettono in discussione il senso dello Stato. Molte volte leggiamo sui giornali il paragone fra i politici e i leader delle industrie. Un leader di un'industria di livello, che tra l'altro spende molto per l'immagine sua e dell'azienda (immaginate un leader che non cito, ma ce ne sono tanti, che si dichiara capace di gestire non solo le sue aziende, ma anche eventualmente attività politiche), utilizza molte risorse finanziarie per l'immagine della propria azienda per due obiettivi. In primo luogo, lo fa per l'utile della propria azienda e, in secondo luogo, per dare all'esterno un'immagine positiva dell'azienda stessa.
Lo Stato non è un'azienda e, quindi, sicuramente non deve aumentare la spesa per la promozione della propria immagine, ma sicuramente deve tener conto della sua attività. Quindi, nel disegno di legge finanziaria al nostro esame rivendico il più volte ripetuto tentativo di dimostrare agli italiani che la crisi c'è. Tale crisi è difficile da risolvere, ma si può affrontare dando l'esempio e riducendo le attività delle istituzioni. Paradossalmente, è una situazione simile a quella di un imprenditore che sta facendo fallire la sua azienda e dice ai soci che si riduce le prerogative, peraltro funzionali alla sua attività. Ritengo che un leader di un'azienda ha come unico obiettivo rendere conto del suo mandato, ovvero portare l'azienda a crescere. Quindi, se leggete il testo del disegno di legge finanziaria, in numerosissimi articoli trovate scelte di facciata, che sicuramente possono dare una certa impressione a chi critica molte volte le istituzioni nella loro attività. Tuttavia, badate bene che almeno nella mia esperienza, non solo di parlamentare ma anche di amministratore locale, ho sempre apprezzato valutazioni che riguardavano le mie attività di responsabile dell'amministrazione o di parlamentare, ma non nell'ambito di attività sostenute da funzioni che hanno anche valutazioni economiche.
Quindi, poiché in nove minuti ho voluto sottrarre l'Assemblea a valutazioni di dettaglio, ho ritenuto di denunciare - non sarà la prima volta che lo farò - tale tentativo. Vi è una maggioranza sostenuta da organi alti dello Stato che, anche nel disegno di legge finanziaria per il 2008 (lo avevo già detto con riferimento a quello dello scorso anno, anche se forse in termini un po' più leggeri), compie scelte che comportano una riduzione abbastanza irrisoria in termini di risorse e non servono a rispondere a un momento di crisi e di spreco. Quindi, spero che, poiché siamo in una fase ancora preliminare - si dovrebbe votare il disegno di legge finanziaria nel fine settimana - il Governo ci ripensi e dia agli italiani un messaggio positivo sulle scelte che riguardano gli italiani stessi, le proprie imprese e le proprie realtà.
PRESIDENTE. Onorevole Alfano, dovrebbe concludere.
GIOACCHINO ALFANO. Ho concluso, signor Presidente.
Pag. 66PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Baratella. Ne ha facoltà.
FABIO BARATELLA. Signor Presidente, signor rappresentate del Governo, la mia componente politica ha dato il suo contributo alla formulazione del disegno di legge finanziaria, sia al Senato sia in questo ramo del Parlamento, con la presentazione di alcuni documenti e di alcune proposte emendative significativi in campo sociale, economico e finanziario e nel settore della tutela dell'ambiente, da parte mia e dei colleghi Valdo Spini e Franco Grillini. Abbiamo notato che tale sforzo e tale contributo non sono stati adeguatamente apprezzati dal Governo e dalle Commissioni di appartenenza. Ce ne rammarichiamo e nel contempo facciamo presente come si possano certamente recuperare le nostre proposte anche in momenti diversi della vita parlamentare. Tuttavia, abbiamo fatto lo stesso discorso anche in occasione del welfare e del provvedimento collegato al disegno di legge finanziaria. Non vorremmo che, per ottenere più attenzione, ci dovessimo anche noi accodare a chi minaccia di far cadere il Governo ogni santo giorno. Nel merito, dato il pochissimo tempo a disposizione, mi limito a segnalare la necessità, rappresentata con i miei emendamenti, di affrontare l'emergenza idrica del Po, in particolare della risalita del cuneo salino, che ha già prodotto danni pesanti all'ambiente e al territorio e ancora di più all'intero bacino idrografico del delta del Po, tanto da ipotizzare da parte degli esperti la desertificazione dell'intero bacino. Servono risorse da impegnare al più presto, come peraltro sa bene il presidente della Commissione ambiente, Realacci.
Anche su questo punto non mancano proposte; personalmente ho presentato una proposta di legge per affrontare complessivamente il problema della gestione dei fiumi, che mi auguro venga finalmente considerata in sede di Commissione. Per il resto, la manovra appare ben avviata ad affrontare le varie emergenze del Paese. Il nostro gruppo valuta complessivamente in modo positivo l'insieme della manovra, ribadendo ancora una volta come tra le riforme da attuare ci sia anche la necessaria revisione radicale del sistema di presentazione della manovra finanziaria che tiene bloccati per mesi il Governo e il Parlamento, i quali potrebbero impiegare meglio il loro tempo.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Galletti. Ne ha facoltà.
GIAN LUCA GALLETTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, come abbiamo già fatto in sede del cosiddetto collegato fiscale, desidero motivare il giudizio negativo sul disegno di legge finanziaria che stiamo esaminando. La ragione è molto semplice: a questa finanziaria manca un'anima, non si capisce cosa voglia fare per la politica economica di questo Paese. Viviamo in un Paese anomalo; sono ormai tre mesi che assistiamo ad un dibattito che verte principalmente sull'interrogativo se la finanziaria verrà approvata dal Parlamento o no. Il nodo della questione è dunque se il Governo avrà la maggioranza in Parlamento per sostenere la propria legge finanziaria. Penso che ciò non capiti in alcun altro Paese del mondo. I dibattiti sulla legge finanziaria vertono su altre questioni. Ci si chiede se il disegno di legge finanziaria che stiamo esaminando sia adatto per le necessità economiche del nostro Paese, non se verrà approvata o no. Onorevoli colleghi, incentrando il dibattito sulla prima parte si perde una grande occasione, quella del confronto, non solo all'interno del Parlamento, ma anche con le forze economiche e sociali, con le famiglie del nostro Paese.
L'altra anomalia vera è che tutti conosciamo ciò che occorre fare, ma questa maggioranza non ha il coraggio e la forza politica di farlo. Se leggete il DPEF presentato dal Ministro Padoa Schioppa a luglio, in quest'Aula, vi rendete conto che in tale documento era chiarissimo ciò che il Governo avrebbe dovuto fare per risanare i conti pubblici; era scritto a chiare lettere; il DPEF è un documento molto semplice, alla fine. Si affermava che dobbiamo diminuire le spese, perché il nostroPag. 67Paese spende troppo e male; quindi non dobbiamo aumentare la pressione fiscale, non ce lo possiamo permettere perché abbiamo la pressione fiscale più alta d'Europa; non possiamo aumentare la spesa pubblica, perché abbiamo la spesa pubblica più alta d'Europa; dobbiamo diminuire il debito pubblico, perché è il più alto del mondo. Ciò diceva il DPEF presentato a luglio.
A settembre, quando il Ministro si è presentato con il disegno di legge finanziaria, del DPEF di luglio non c'era neanche un minimo ricordo: la finanziaria disattende completamente il DPEF. Non so davvero dove il Ministro trascorra le sue vacanze, però mi pare che gli facciano male perché gli fanno dimenticare anche quei buoni propositi economici che, invece, aveva dimostrato di conoscere a luglio. A parte le battute, la verità è un'altra: la finanziaria è diventata merce di contrattazione all'interno delle diverse anime della maggioranza e ha perso quei connotati di buona economia che invece aveva il DPEF. Cosa facciamo con questa finanziaria? Con essa si sperpera l'extragettito fiscale. Utilizzo il termine sperpero, perché di fatto non si fa altro. Con la legge finanziaria e con il cosiddetto collegato fiscale si impegnano quasi 15 miliardi di euro di extragettito fiscale. Si presti attenzione alla circostanza che l'extragettito fiscale non è dovuto al recupero di evasione: smettiamola con questa barzelletta! L'extragettito fiscale altro non è che le tasse che hanno pagato in più gli italiani per la finanziaria introdotta da questo Governo l'anno scorso e per l'aumento del PIL, perché l'economia è andata meglio.
È chiaro che, se il PIL aumenta (quindi, se in un Paese aumenta la produzione di beni e servizi), le aziende guadagnano di più e pagano più imposte, assumono di più e i dipendenti pagano più imposte, le famiglie consumano di più e quindi pagano più IVA: il gettito fiscale per lo Stato, pertanto, aumenta. A dimostrazione di ciò, basti pensare che tutti i Paesi d'Europa hanno avuto un extragettito fiscale e, guarda caso, tutti hanno utilizzato tale extragettito, più forte e consistente di quello italiano, per ridurre la pressione fiscale e il debito pubblico. Al contrario, con il disegno di legge finanziaria in esame si utilizza l'extragettito fiscale per aumentare le imposte. I libri di economia del quarto anno di ragioneria - non parlo di quelli universitari - ci insegnano che le manovre economiche che uno Stato deve effettuare sono anticicliche, vale a dire vanno in senso inverso rispetto all'andamento dell'economia. Quando l'economia va bene - come è avvenuto nel 2007 - i Governi devono adottare una politica di risparmio, perché l'economia da sola dovrebbe assicurare alle famiglie e alle imprese la possibilità di stare un po' meglio. È quello, quindi, il momento di accantonare risparmi e di utilizzare i maggiori gettiti a riduzione del debito pubblico, al fine di prepararsi per il momento in cui la situazione peggiorerà.
Nel 2008 la situazione sarà peggiore: avremo una spesa pubblica consolidata e incrostata nel nostro bilancio, non avremo più l'extragettito fiscale e, per far fronte a quella maggiore spesa pubblica che è già parte integrante del bilancio, dovremo aumentare ancora le imposte. Quando si aumentano le imposte ci rimettono soprattutto i più deboli. Sinceramente, a me potete anche aumentare le imposte; sono in grado di affrontare un aumento di imposte: andrò in vacanza qualche giorno in meno. Non mi preoccupo della mia famiglia e di quelle con il mio reddito, ma di quelle che sempre di più faticano ad arrivare alla fine del mese e, con un ulteriore aumento di imposta, faranno ancora più fatica ad arrivarci. Il prossimo anno, con l'aumento di imposte, a rimetterci di più saranno proprio quegli incapienti ai quali quest'anno abbiamo assegnato il bonus di 150 euro. Non potremo più dar loro il bonus perché non avremo più tali somme; in aggiunta, essi subiranno un aumento dell'imposta e saranno ancora più incapienti di quanto non fossero nel 2007. Questo è il risultato al quale perviene il disegno di legge finanziaria in discussione: di ciò sono molto preoccupato.
Nel disegno di legge in esame vi sono alcuni assenti: uno grandissimo è la famiglia.Pag. 68Nessuno pensi di aver fatto politica familiare con il provvedimento introdotto dalla Commissione bilancio sulle famiglie numerose. Sono attribuiti 1.200 euro alle famiglie con quattro o più figli. Non è sbagliato: servono anche quei soldi, ma tale norma è il contrario di una giusta politica familiare. Se ci pensate, si tratta di una disposizione senza né capo né coda. Riporto un esempio: una famiglia con quattro figli - ad esempio, la mia - è molto più simile a una famiglia con tre figli piuttosto che a una con otto: le mie esigenze, cioè, sono paragonabili maggiormente a quelle di una famiglia che ha tre figli piuttosto che alle esigenze di una famiglia che ne ha otto. Eppure, la mia famiglia avrà gli stessi benefici di una con otto figli e una famiglia con tre figli, invece, non avrà alcun beneficio.
Una politica familiare, credetemi, è un'altra cosa: incide sulla family tax benefit, ossia prende in considerazione le detrazioni familiari per ogni figlio e per ogni componente della medesima. Una famiglia con un figlio, infatti, è diversa da una con due figli e quest'ultima è diversa da una con tre figli, e così via. Artificiosamente, ci siamo inventati una categoria di famiglie, quella delle famiglie numerose. Sia chiaro però, che l'abbiamo inventata noi. La famiglia è una sola: quella composta da padre, madre e uno, due o tre figli. Ognuno ha le proprie esigenze. Nel disegno di legge finanziaria in discussione, per la famiglia tradizionale - che poco fa citavo - non è previsto assolutamente nulla: tutte le altre norme in esso contenute aiutano e agevolano la famiglia alla pari di un single. Con riferimento all'ICI, considerate due appartamenti nello stesso pianerottolo, di uguale dimensione, di centocinquanta metri quadrati, in uno dei quali viva una famiglia con quattro figli e nell'altro un single, con il medesimo reddito della famiglia (40 mila euro annui).
Vi renderete conto che le situazioni sono diverse: in una casa un soggetto vive solo in centocinquanta metri quadrati, con un reddito da quaranta mila euro interamente a sua disposizione, mentre nell'altra vivono sei persone con un reddito di quaranta mila euro da dividere tra loro.
Ebbene, grazie all'ultima manovra finanziaria, queste due famiglie godranno di un uguale beneficio sull'ICI pari a duecento euro: si tratta di un errore clamoroso, perché non tiene in considerazione le condizioni oggettive di chi vive in quella casa, il numero di persone che vi abitano e il loro reddito. È un provvedimento sbagliato.
Va bene, lo ripeto, la detrazione fiscale sull'ICI per la prima casa: ne apprezziamo lo sforzo, ma non le modalità con cui è stato attuato.
Potrei continuare, perché tutti gli esempi vanno nella medesima direzione, dagli incapienti al bonus per i figli: qualcuno mi spieghi quale sia il vantaggio sociale, per la collettività, se mia figlia esce di casa e prende in affitto l'appartamento davanti a casa mia; fatico a capire per quale motivo l'onorevole D'Agrò, attraverso la sua IRPEF, deve pagare parte dello stipendio di mia figlia.
La verità è che la manovra finanziaria sottoposta alla nostra attenzione è senza anima, concede molte mance a pochi e finisce per non soddisfare nessuno [Applausi dei deputati dei gruppi UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e Lega Nord Padania].
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Zanotti. Ne ha facoltà.
KATIA ZANOTTI. Signor Presidente, a differenza dell'onorevole Galletti, il gruppo Sinistra Democratica Per il Socialismo Europeo, come già sottolineato dall'onorevole Aurisicchio nel suo intervento, esprime un giudizio positivo sulla manovra di bilancio.
Grandi questioni cominciano ad ottenere risposta nel disegno di legge finanziaria sottoposto alla nostra attenzione, questioni che hanno a che vedere con il binomio libertà-equità.
Siamo convinte e convinti che il compito della politica sia quello di assicurare il superamento delle diseguaglianze, di offrire risposte alle fragilità sociali (a propositoPag. 69di diseguaglianze, voglio ricordare all'Assemblea che è scesa di dieci punti, negli ultimi anni, la quota di risorse destinata al lavoro, mentre sono aumentati di ben 10 punti i profitti), di elevare i gradi di libertà delle persone: questo, secondo noi, è il compito delle politiche e della politica.
Ebbene, la manovra finanziaria per il 2008, con i provvedimenti che l'hanno preceduta e con quelli che l'hanno accompagnata nel collegato al disegno di legge finanziaria, contiene una serie di interventi pensati per la parte della società che più si è indebolita negli ultimi anni.
Di grande importanza, quindi, è la scelta di destinare dal 2008 l'extragettito - non solo quello derivante dalla lotta all'evasione fiscale - al lavoro dipendente.
La ricchezza si è spostata verso i più forti, pertanto occorre portare a livello europeo la tassazione delle rendite finanziarie, come noi proponiamo, e restituire il fiscal drag a chi lavora, percorrendo in questo modo anche la via fiscale verso l'equità.
Ci siamo battute e battuti con successo per ridurre la tassazione sul TFR, accresciuta ingiustamente di cinque punti da Tremonti.
Abbiamo contribuito alla scelta di dare stabilizzazione a tanti lavoratori socialmente utili, con riflessi senza dubbio di sicura positività per il sud.
Avremmo voluto un segnale molto più netto a favore dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori atipici: non lo vediamo nella manovra finanziaria sottoposta alla nostra attenzione. Perciò insisteremo affinché la questione si affronti, proprio perché è questione giusta e possibile.
Incapienti, non autosufficienza, giovani e famiglie numerose sono all'attenzione di questa manovra finanziaria, attraverso l'introduzione di misure che consideriamo il segno importante di un potenziamento del sistema del welfare, che tuttavia, a nostro parere, ha ancora bisogno di un sostanzioso irrobustimento, che riguarda anche il piano culturale.
Un grande investimento, anche nell'offerta di servizi, deve infatti, secondo noi, essere fortemente incardinato all'interno di una cultura politica che fa del riconoscimento dei diritti e del sostegno alle libertà sostanziali uno dei punti di fondo per l'aggiornamento del welfare del nostro Paese.
Passa anche di qui il discrimine fra il perpetuarsi di politiche di tipo assistenzialistico e politiche che dotano le persone di mezzi, opportunità e risorse, mettendole in condizioni di scegliere tra opzioni diverse e meglio corrispondenti alla loro organizzazione quotidiana e ai loro progetti di vita.
Da tutto ciò le donne potrebbero trarre grandissimi vantaggi.
Mentre il compito della politica sarebbe quello di aumentare i gradi di libertà togliendo di mezzo le costrizioni pesanti che, al contrario, li riducono, proprio nelle famiglie intese nelle loro diverse forme - ambito da tempo oggetto di potenti incursioni etiche di parte - si rischia l'affievolimento dei diritti dei singoli e, soprattutto, la scomparsa dei diritti delle donne.
La trama politica del centrosinistra dovrebbe contenere e, quindi, offrire alla società italiana un messaggio chiaro di libertà, di costruzione di soggettività all'interno di una più forte coesione sociale, di impegno ad andare più a fondo in un'analisi materiale che ricomprenda le persone e le dinamiche sociali che le riguardano; tutto ciò è troppo importante. In caso contrario, sarà la libertà impiantata sulla materialità del mercato a prevalere con le diseguaglianze enormi, le ingiustizie e le esclusioni che si porta dietro.
Tornando concretamente alle misure di welfare, secondo noi, ad esempio, se si realizzano solo politiche sugli assegni di genitorialità e sui bonus una tantum, si mettono a rischio le libertà e si incentiva l'esclusione sociale. Sono i dati ISTAT che ci mostrano l'aumento del numero delle donne che si licenziano alla nascita del primo figlio. Questo disegno di legge finanziaria si occupa delle donne e del lavoro delle donne attraverso gli aiuti all'imprenditoria femminile che si realizzano con due provvedimenti che accolgonoPag. 70una proposta del gruppo Sinistra Democratica relativamente all'introduzione del bilancio di genere per le amministrazioni statali e all'inserimento delle rilevazioni statistiche di genere nel programma statistico nazionale. Utilizzare una prospettiva di genere significa riscontrare disparità tra uomini e donne nelle loro reciproche relazioni, nell'accesso e nell'uso delle risorse. Anche questo strumento servirà a confermare, ancora una volta, quanto poco le donne ricevono dalla società rispetto a ciò che danno.
Concludo il mio intervento facendo solo un riferimento, dato che il tempo non mi consente di più, alla grande questione, non ancora risolta in questo Paese e forse ancora non adeguatamente affrontata, del sostegno alle persone non autosufficienti e alle loro famiglie.
Proprio in risposta a bisogni sempre più consistenti, che spesso travolgono le famiglie stesse, si conferma la crucialità e la strategicità dell'auto-aiuto e delle reti informali, da quelle familiari a quelle parentali, che affiancano e, soprattutto, suppliscono al sistema pubblico di offerta senza che tra le due realtà si realizzino integrazioni non dico forti, ma almeno un poco più adeguate.
Il Fondo per la non autosufficienza, istituito con la legge finanziaria dello scorso anno e il disegno di legge di delega al Governo a sostegno delle non autosufficienze che esamineremo in Aula - ci auguriamo - tra poco, rappresentano risposte importanti a un diritto che vorremmo diventasse davvero praticabile ed esigibile per tutte le persone in condizioni di non autosufficienza.
Al riguardo, vi è da dire che, oltre ai 100 milioni già previsti da questo disegno di legge finanziaria, sarebbe stato necessario un potenziamento del Fondo con altri 100 milioni di euro. Insistiamo perché il Governo accolga e inserisca come priorità nella sua agenda questa questione che non è più rinviabile; da anni, ormai troppi, le persone non autosufficienti e le loro famiglie aspettano risposte. Sappiamo che è davvero al limite la fiducia delle persone nelle istituzioni e nella politica soprattutto quando la politica e le istituzioni non riescono a costruire legami veri e profondi con le persone e non ne condividono le condizioni di fatica.
Credo che, per ripensare al welfare, la stessa politica abbia bisogno di ripensarsi profondamente.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Gianfranco Conte. Ne ha facoltà.
GIANFRANCO CONTE. Signor Presidente, il poco tempo che ho a disposizione mi costringerà ad affrontare alcune tematiche relative al disegno di legge di finanziaria in esame, senza entrare nelle norme di dettaglio.
Preliminarmente - mi rivolgo, in particolare, al presidente della V Commissione - devo dire che l'atteggiamento complessivo tenuto dall'opposizione durante l'esame di questo disegno di legge finanziaria è stato responsabile, perché sostanzialmente abbiamo voluto trasmettere al Governo (e - aggiungo una postilla - alle strutture di Governo) il segnale che la Camera è presente e ha l'obbligo di guardare fino in fondo il complesso delle norme e, ove sia possibile, di modificarle. Ne è prova il fatto che tutte le modifiche apportate al testo in termini di emendamenti - in pratica non abbiamo concordato sulle proposte presentate, considerato che ci siamo fermamente opposti a molte di esse - hanno, però, evidenziato una presenza che, invece, è mancata durante l'esame del decreto fiscale.
Naturalmente, non abbiamo apprezzato le ultime fasi dell'esame del dibattito in V Commissione bilancio, poiché in quelle fasi, peraltro molto caotiche, abbiamo visto presentare un complesso di emendamenti di provenienza governativa che ci hanno lasciato molto perplessi e ci hanno costretto ad abbandonare i lavori all'ultimo momento, quello della votazione.
Che cosa dire del complesso di questa manovra finanziaria? Intanto, mi pare evidente che si tratti di una manovra finanziaria palesemente priva di copertura, e si può definire tale per quello chePag. 71riscontreremo durante il prossimo anno. Tale aspetto emerge in modo manifesto già dall'articolo 1 del testo in esame, dove è inserita una previsione che comporta la destinazione di un eventuale extra-gettito (che poi verificheremo non sussistere) alla riduzione del prelievo sul lavoro dipendente. Tuttavia, durante il prosieguo dei lavori della V Commissione bilancio ci è sembrato singolare soprattutto il fatto che il Governo sia dovuto intervenire anzitutto modificando l'importo complessivo destinato al Protocollo sul welfare. Da tale provvedimento sono stati per così dire «pizzicati» 284 milioni di euro da destinare a quello che è stato definito un primo intervento sul TFR.
L'altra decisione, che ha reso necessario un intervento significativo, è stata quella di rinviare sostanzialmente il credito d'imposta per i beni strumentali, previsto per il Mezzogiorno, al 2008 (si tratta di una norma che vale 350 milioni di euro). È da tali misure che sostanzialmente sono provenute le risorse finanziarie, poi spalmate in una serie di interventi di carattere «micro» che hanno occupato gran parte del lavoro della Commissione.
Sono convinto sostanzialmente che quella in esame sia una manovra finanziaria di carattere elettorale, e che il Governo che verrà si troverà in grandi difficoltà perché, di primo acchito, mi sembra di poter rilevare che mancano all'appello circa 8 miliardi di euro.
Si continua a parlare dell'andamento delle risorse che provengono dal fisco, però già si è dato luogo a prenotazioni su risorse di cui mai disporremo. Se si considera già l'intervento che realizzerà il Governo tra il 28 e il 29 dicembre prossimi, si può notare che sarà affrontato con molta probabilità un tema che non è stato assolutamente considerato durante questo dibattito, ovverosia la copertura delle missioni internazionali all'estero.
Vedremo come il Governo vorrà procedere. Ho l'impressione che si tratterà di coprire, se ci saranno le disponibilità, i costi forse di uno o due mesi delle missioni internazionali all'estero.
Infatti, è noto che il Governo, per procedere alla copertura finanziaria di questo disegno di legge finanziaria, è dovuto intervenire prosciugando completamente la tabella A allegata e intervenendo in maniera lineare con una riduzione dello 0,5 per cento su tutta la tabella C, con molti problemi, peraltro, sull'annualità del 2010.
Spero che con un atto di responsabilità il Governo voglia rivedere le proprie posizioni. Certamente il prossimo anno si preannuncia come particolarmente difficile sotto il profilo delle coperture finanziarie.
Detto questo, ho potuto notare dal testo del disegno di legge finanziaria un atteggiamento abbastanza ondivago del Governo. Faccio riferimento soprattutto al manifesto, all'appello del Governo alla riduzione della spesa pubblica, che è stato ribadito recentemente dal Ministro Tommaso Padoa Schioppa, il quale afferma che nei prossimi anni interverremo attraverso una riduzione molto sensibile della spesa pubblica.
Dopo tali annunci, si interviene all'interno del disegno di legge finanziaria, ad esempio, aumentando in deroga il numero dei dirigenti di cui all'articolo 19, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001. Il Governo si è fatto un «regalino» - mi riferisco al Ministero dell'economia e delle finanze - con un emendamento che forse pensavano non apparisse più di tanto, chiedendo di garantire quattro posizioni di dirigenti esterni che saranno utilizzati in dispregio alla riorganizzazione del Ministero stesso.
Vogliamo parlare del fantomatico comitato internazionale che evidentemente sta molto a cuore al Ministro e per il quale i contribuenti dovranno pagare una tassa sulla registrazione degli atti di impresa per dare soldi ad un organismo internazionale sconosciuto ai più, ma che naturalmente è molto vicino al Ministro dell'economia e delle finanze.
Vogliamo parlare delle ulteriori assunzioni che sono state garantite al CNEL - uno degli enti più bui anche se previsto dalla norma costituzionale - con la nomina di tre dirigenti e sette funzionari.Pag. 72
Vogliamo parlare della norma che è stata prevista sul tetto delle retribuzioni. Si tratta di una norma singolare, per verità, perché, a fronte di un tetto confermato di 25 apicali, si è portato lo stipendio a un massimo di 550 mila euro. Il problema è che tra i 25 apicali, vi sono posizioni di persone che non guadagnano 550 mila euro: quindi, nella disponibilità della norma sarà chiesto un aumento e un adeguamento. In questo modo, riemerge l'argomento principale: siete veramente sicuri di volere intervenire sulla riduzione del costo complessivo della pubblica amministrazione? Infatti, leggendo gli emendamenti, soprattutto quelli dell'ultima ora, non ci sembra che l'intenzione sia questa.
Ci sembra, invece, che, ad esempio, anche la conservazione della legge che voi avete approvato concernente lo spacchettamento dei ministeri, la legge n. 233 del 2006 di conversione del decreto-legge n. 181 del 2006 - se non ricordo male - costituisca una norma che, benché non dovesse costare niente, si è rivelata, invece, fonte di grande spesa per la pubblica amministrazione. A me risulta che quella norma, quello spacchettamento, che doveva essere a costo zero, è costato circa 250 milioni di euro. Sono gli aspetti di cui dovremmo parlare.
PRESIDENTE. Onorevole Conte, la invito a concludere.
GIANFRANCO CONTE. Signor Presidente, come ho detto, il tempo è tiranno e naturalmente non riuscirò a completare il mio intervento.
Voglio solo dire al Governo di fare attenzione perché ha proposto un disegno di legge finanziaria palesemente scoperto e lascerà una grandissima responsabilità al prossimo Governo e al Paese nel suo complesso [Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia, UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e Alleanza Nazionale].
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Carta. Ne ha facoltà.
GIORGIO CARTA. Signor Presidente, come diceva il collega che mi ha preceduto, il tempo è tiranno e anch'io dovrò accontentarmi di esporre alcune brevi osservazioni.
Vorrei iniziare il mio intervento affermando che il partito socialdemocratico ritiene questa manovra finanziaria complessivamente soddisfacente, pur con molte perplessità. È una manovra che, in fondo, rispetta anche gli indirizzi del Documento di programmazione economico-finanziaria, anche se sicuramente non è completamente rispettosa di alcune parti. Gli obiettivi posti nel DPEF erano l'innovazione, il riequilibrio, lo sviluppo e l'equità sociale. Quello che possiamo rilevare è che tali principi sono tutti contenuti in questa legge finanziaria, seppur secondo delle priorità che a noi possono anche apparire non adeguate rispetto alle esigenze.
Il collega che mi ha preceduto, l'onorevole Gianfranco Conte, ha affermato, a proposito dell'articolo 1, che esso lascerà scoperta questa enunciazione, questa volontà e, che quindi, il prossimo Governo, per poter rispettare queste scelte, si troverà in grande difficoltà. Io sono convinto, collega Conte, che il prossimo Governo non si troverà in difficoltà maggiori di quelle in cui si è trovato quello attuale, che doveva riassestare la finanza lasciata da quello precedente. Pertanto, ogni Governo dovrà portare la pena o le pene lasciate da quelli che lo hanno preceduto.
Ritengo che l'articolo 1 tenda a riequilibrare i redditi e a ridistribuire le risorse, che connotano la volontà del Governo verso i primi obiettivi di cui il Paese ha necessità: l'equità, la tutela delle parti più deboli e, soprattutto, la salvaguardia del potere d'acquisto dei redditi più bassi.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
GIORGIO CARTA. Ho già terminato?
PRESIDENTE. Onorevole Carta, ha tre minuti a disposizione.
GIORGIO CARTA. Grazie, poiché ho sentito il campanello...
Pag. 73PRESIDENTE. Esatto. Ha, quindi, gli ultimi 15 secondi.
GIORGIO CARTA. Signor Presidente, ritengo di non aver impiegato tre minuti. Tuttavia, se devo saltare un'intera parte del mio intervento, è necessario che svolga un'osservazione su una questione che ho già portato all'attenzione di questo Parlamento: in sede di discussione del disegno di legge finanziaria arrivano richieste da parte di tutti gli enti e ne arrivano con maggiore o minore intensità proprio da quelli che dovrebbero svolgere un controllo o dare indicazioni allo Stato.
Mi riferisco all'ISTAT, che anche quest'anno ha richiesto 190 milioni di euro minacciando che avrebbe interrotto il proprio lavoro, non potendolo più esplicare. Signor Presidente, 190 milioni di euro sono la somma che questa settimana la Corte dei conti ha chiesto per danno erariale per le inadempienze dell'ISTAT, che non applica le leggi dello Stato, poiché non sanziona le imprese che non compilano e stracciano i moduli, comportando quest'anno una perdita che va dai 750 milioni di euro ai 7 miliardi e 500 milioni euro. Signor Presidente, si tratta di un altro tesoretto di cui lo Stato avrebbe potuto disporre per dare risposta alle esigenze della sicurezza e delle categorie più deboli. Pertanto, vi è un comportamento omissivo...
PRESIDENTE. Onorevole Carta, per cortesia deve concludere.
GIORGIO CARTA. Concludo, signor Presidente. Anche in sede di manovra finanziaria, mi permetto di richiamare il Governo, perché già la risposta che ha fornito ad un'interrogazione urgente è da considerarsi perlomeno stravagante. In quell'occasione, si disse che l'ISTAT aveva risposto di non poterlo fare perché spesso non si riuscivano a trovare le persone. Io osservai che se questo principio fosse valido per tutti, anche per quanto riguarda il modulo per la denuncia dei redditi, se l'utente non fosse trovato potrebbe esimersi dal pagare le tasse.
Signor Presidente, mi dispiace di non poter proseguire l'intervento, ma in tre minuti è difficile svolgere un discorso minimamente compiuto. Pertanto, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna di considerazioni integrative del mio intervento.
PRESIDENTE. Onorevole Carta, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti. Le notifico, comunque, che ha avuto a disposizione più di cinque minuti.
È iscritto a parlare l'onorevole Fugatti. Ne ha facoltà.
MAURIZIO FUGATTI. Signor Presidente, da parte nostra, alla fine dell'iter della finanziaria in Commissione, desideriamo esprimere ancora un ringraziamento al presidente, al relatore e a tutti i funzionari delle Commissioni bilancio e finanze che hanno operato per questa manovra finanziaria, della quale condividiamo nulla o poco, se non qualche emendamento interessante della Lega Nord Padania che è stato approvato. Tuttavia, del disegno di legge finanziaria abbiamo una valutazione totalmente negativa.
Per parlare di numeri, partirei dai dati sulle entrate fiscali che sono stati diffusi ieri. Per quanto riguarda il 2007, si è parlato di un aumento dell'8 per cento delle entrate fiscali (pari a 22 miliardi di euro) nei primi dieci mesi del 2007, rispetto al 2006.
Si sta prefigurando, ancora una volta, una particolare forma di falso in bilancio di questo Governo. In altre parole, il Governo predispone provvedimenti dai quali sostiene di incassare «x», mentre nella realtà sa che, da essi, incasserà «x più y». La «y», Signor Presidente, è il «tesoretto», l'extragettito che arriva e che poi viene presentato ai contribuenti, ai cittadini italiani, come il buon lavoro svolto da questo Governo.
L'aumento dell'8 per cento (di cui si è parlato ieri) è questo extragettito che il Governo sostiene essere provvidenziale, mentre in realtà esso è il frutto di unaPag. 74sottostima volutamente effettuata nel corso della finanziaria 2006 per far credere ai cittadini che le tasse non sarebbero aumentate, in modo da poter affermare, qualche mese dopo, che vi è stato un extragettito, un tesoretto!
Si tratta di una particolare forma di falso in bilancio. Quando si predispone un bilancio preventivo (non consuntivo, ma preventivo), si sottostimano volutamente le entrate, per poi poter dire: ecco qui un bel «tesoretto», ecco qui un extragettito!
Di tesoretti ed extragettiti abbiamo parlato per vari periodi: il Viceministro Visco è venuto in Commissione qualche mese fa e ha svolto una relazione sull'extragettito del 2006. Egli ci ha riferito che dell'extragettito del 2006 (che ammonta ad una particolare cifra), solo il 25 per cento - che è poca roba - è dovuto alla lotta all'evasione fiscale.
Il dato del 25 per cento è stato anche smentito in parte dalla Banca d'Italia, la quale ha affermato che, di tutto l'extragettito del 2006, solo il 15 per cento - forse - è dovuto alla lotta all'evasione fiscale. Dobbiamo, quindi, ancora una volta, smentire un'altra affermazione del Governo. Quest'ultimo ci dice di avere un extragettito perché ha fatto la lotta all'evasione fiscale. Poi andiamo a vedere i dati del Governo e risulta che, di questo extragettito, solo il 25 per cento - secondo il Governo - deriva dalla lotta all'evasione fiscale, mentre, secondo la Banca d'Italia, forse nemmeno il 15 per cento!
Questi dati sono importanti, perché vorremmo ricollegarci ad un aspetto fiscale di questo provvedimento, all'interno del quale si interviene sugli interessi passivi. Il Governo dice, con toni pomposi, di ridurre le aliquote IRES e IRAP. Riducendo tali aliquote, si potrebbe pensare: che bello! Le entrate diminuiranno, la pressione fiscale diminuirà e si dovrà pagare meno! Invece no, niente di tutto ciò accade, perché il Governo, a fronte di una riduzione delle aliquote IRES e IRAP, con questo provvedimento rivede la base imponibile.
In pratica, siamo di fronte ad un'operazione di marketing fiscale: da una parte, si dice che si diminuiranno le aliquote, dall'altra parte, si rivede la base imponibile, che viene alzata tramite provvedimenti sugli ammortamenti anticipati e sugli interessi passivi, per cui questi ultimi, ad esempio, non sono più deducibili come lo erano prima.
Questo intervento cosa comporterà? Da una parte vi sarà una riduzione delle aliquote ma, dall'altra parte, aumenterà la base imponibile. Nella relazione tecnica del Governo, con riferimento a questi provvedimenti, si sostiene che, a conti fatti, essi non saranno a gettito pari, anzi, da essi, deriverà un maggior gettito per un miliardo di euro.
Si torna così alla questione dell'extragettito e dei tesoretti: ci troviamo di fronte alle stime del Governo, che sono volutamente sottostimate, e quindi, da questi provvedimenti, non deriverà solo un miliardo di euro in più, ma vi saranno altri tesoretti e un altro extragettito (come quelli che abbiamo visto ieri).
Anche oggi il Governo volutamente sottostima le entrate - non siamo noi a sostenerlo, ma le organizzazioni di categoria, che sentiranno maggiormente gli effetti di questo intervento sugli interessi passivi - per non dire che vi è un aumento della pressione fiscale e per far credere che dalla diminuzione delle aliquote derivi una diminuzione della pressione fiscale.
Invece, il Governo rivede la base imponibile e afferma che incasserà solo un miliardo in più. Poi, da qui a qualche mese, comparirà un altro tesoretto e un altro extragettito. Si tratterà di una maggiore pressione fiscale che verrà venduta come extragettito. In realtà, si cerca volutamente di sottostimare le entrate provenienti da questi provvedimenti.
Nel provvedimento in discussione si verifica, ancora una volta, un fenomeno di questo tipo, ossia una particolare forma di falso in bilancio preventivo, in quanto non ci viene detto quello che questi provvedimenti comporteranno, realmente, in termini di maggior gettito.
I provvedimenti, come quello sugli interessi passivi, peseranno fortemente sulle piccole e medie imprese. Infatti, si trattaPag. 75un provvedimento che va a pesare sulle imprese che sono indebitate, sottocapitalizzate e appena nate. Infatti, quando si crea una società o un'impresa, si compiono degli investimenti e chiaramente ci si indebita, perché si devono acquistare attrezzature, beni strumentali e si deve poter investire per crescere. Oggi il Governo afferma che fino a ieri gli interessi passivi si potevano portare in deduzione, mentre adesso non si può più farlo.
Ciò costituirà un problema per le imprese che sono appena sorte, sottocapitalizzate e indebitate, in un momento in cui, oltretutto, sappiamo che l'economia, sotto il profilo della crescita, non sta andando come un anno fa. Queste imprese ne pagheranno direttamente le conseguenze.
PRESIDENTE. La prego...
MAURIZIO FUGATTI. Pertanto, per quanto riguarda tale aspetto, abbiamo presentato un emendamento molto semplice, proponendo di fare come in Germania, dove esistono norme sugli interessi passivi, ma dove è prevista una franchigia, che arriva fino ad un milione di euro: oltre un milione di euro di interessi passivi si applica tale norma, mentre al disotto di un milione di euro è prevista tale franchigia e la norma non trova applicazione.
Tuttavia, non abbiamo chiesto di fare proprio come avviene in Germania, perché sappiamo che questo Governo non avrebbe mai accettato tale proposta, bensì abbiamo proposto di prevedere una franchigia di 100 mila euro: cioè, fino a 100 mila euro gli interessi passivi possono essere portati in deduzione, invece, oltre 100 mila euro, entrano in vigore le nuove norme.
Il Governo ha bocciato questa proposta. Crediamo che, sotto il profilo fiscale - sul quale mi soffermo - questo sia l'aspetto che peserà maggiormente sulle piccole e medie imprese e sulle società italiane. Signor Presidente, la ringrazio e mi scuso del ritardo nell'esposizione (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Patarino. Ne ha facoltà.
CARMINE SANTO PATARINO. Signor Presidente, il disegno di legge finanziaria al nostro esame finora ha registrato un primato assoluto, conseguendo un'unanime stroncatura da parte di tutte le istituzioni di controllo, nazionali ed internazionali (dal Fondo monetario internazionale all'Unione europea, dalla Banca d'Italia alla Corte dei conti, che in essa non hanno ravvisato la soluzione di uno solo dei problemi del sistema Italia), al tempo stesso accrescendo pesantemente la spesa pubblica, con una serie di interventi demagogici ed assistenzialistici, degni di una fase pre-elettorale e finalizzati, in realtà, a ricomprare al Senato, ad uno ad uno, i risicatissimi voti di maggioranza che tengono in piedi, contro ogni logica, il Governo Prodi e mortificando la crescita economica del Paese, aggravandone le condizioni di scarsa competitività, a cominciare da un'insostenibile pressione fiscale, per passare alla cancellazione delle innovazioni infrastrutturali.
Non sono serviti i tragici eventi delle ultime settimane (dall'orribile assassinio di Tor di Quinto, che ha tristemente messo in luce le condizioni di degrado in cui siamo costretti a vivere per effetto di un certo permissivismo irresponsabile di regime, fino addirittura all'assalto armato alle caserme delle forze dell'ordine da parte dei cosiddetti ultras, alla ricerca folle di un nuovo Raciti) per rimpinguare gli inadeguatissimi capitoli destinati alla sicurezza degli italiani che, evidentemente, è e resta l'ultima preoccupazione di un Governo e di una maggioranza in cui, non a caso, sono determinanti le forze che non hanno mai perso il vizio di criminalizzare e colpire i servitori dello Stato (dal saccheggio di Genova in occasione del G8, sino all'esaltazione vergognosa della strage di Nassirya e dell'attentato terroristico compiuto in Afghanistan da un kamikaze, in cui ha perso eroicamente la vita un nostro soldato, il maresciallo Daniele Paladini).
Dopo aver raccontato a lungo la frottola delle presunte colpe del Governo Berlusconi (come ha fatto anche poco fa l'onorevole Carta), dalle cui politiche ha ereditato, al contrario, tesoretti su tesoretti,Pag. 76puntualmente sprecati, il Governo Prodi si è assunto la pesantissima responsabilità di disperdere l'opportunità della ripresa economica mondiale per rimettere in marcia il Paese, tant'è che la crescita italiana è di gran lunga la meno consistente d'Europa.
Persino il Ministro Padoa Schioppa si è accorto di dover rivedere al ribasso le previsioni di incremento del PIL, su cui pure ha fondato questa finanziaria. Di certo non è il coraggio che vi manca, signori del Governo e della cosiddetta ex maggioranza: mentre, infatti, gli italiani sono sempre più alle corde, mentre i pensionati, le famiglie monoreddito, i precari e i disoccupati (anche con moglie e figli a carico) scivolano con facilità dalla condizione di difficoltà a quella di indigenza, voi presentate un disegno di legge finanziaria che, invece di semplificare, rende più complessi i fenomeni della nostra società; invece di sciogliere rende più intricato il groviglio dei suoi problemi; invece di superare, aggrava le difficoltà delle classi più deboli.
Forse chi occupa le poltrone del Governo non si rende conto che la situazione che viviamo è di assoluta gravità e tra le peggiori da quarant'anni a questa parte. Non c'è più una maggioranza: il centrosinistra, tra una citazione di Flaiano sul «poeta morente» e l'allusione allo scorpione di novantottesca memoria, è stato definitivamente sepolto.
Come scriveva, qualche giorno fa, sul Corriere della sera, Massimo Franco, «frana l'ultima sponda»: ora manca l'atto finale. Stanno saltando i rapporti politici, anche personali; cariche istituzionali dello stesso schieramento arrivano agli insulti politici; tutto sembra congiurare per lo sfascio dell'Unione. Proprio come prevedeva Massimo Franco, l'Unione si è sfasciata, lasciando in piedi una Babele all'interno della quale tutte le forze politiche dell'ormai ex maggioranza continuano a fare a gara, a concorrere (dal latino concurrere che, oltre a voler dire «correre incontro» e «incontrarsi», significa anche «correre all'assalto», «venire alle mani», «azzuffarsi», proprio come state facendo voi con le vostre risse, i vostri contrasti, le vostre contraddizioni, facendo pagare il salatissimo conto alla collettività).
«Che altro può accadere?», scriveva due o tre giorni fa, su la Gazzetta del Mezzogiorno, Giuseppe Giacovazzo, tanto per citare un altro acuto osservatore e politico di lungo corso, che non può neanche lontanamente essere sospettato di simpatia per la destra. Non si era mai visto, nella nostra Repubblica, che la lotta politica debordasse, dirimpettaia, tra Capo del Governo e Presidente della Camera, l'uno e l'altro della stessa coalizione, l'uno e l'altro nella stessa barca.
Allora vi chiediamo, signori del Governo: cos'altro volete che accada per dichiarare ufficialmente fallimento, chiudere bottega e ritirarvi in buon ordine? Gli italiani tutti - di centro, di destra e di sinistra - si sono stancati di ascoltare il solito ritornello: «Cade? Quando cade? Perché non cade?». È il peggior Governo della storia della Repubblica.
Ad esprimere giudizi di questo genere non siamo ormai più noi, ma sono, oltre al Presidente Bertinotti, i più autorevoli esponenti dello stesso Governo e della stessa ex maggioranza. Basta dare uno sguardo ai giornali ed ecco risaltare la notizia dei quattro Ministri «arcobaleno»: Mussi, Ferrero, Bianchi e Pecoraro Scanio, che in una lettera inviata al Presidente Prodi dichiarano che non è più possibile continuare così, oppure quella di Mastella, che ogni giorno minaccia la crisi con i suoi ultimatum (che D'Alema definisce «penultimatum»). Lo stesso dicasi di Di Pietro e di Dini che, considerata di fatto conclusa l'esperienza Prodi, chiede il Governo del pareggio, e via dicendo.
Insomma, se non fossero in gioco gli interessi, i bisogni, i problemi, le difficoltà, le disgrazie, i destini di milioni di italiani, diremmo che quello che offrite, cioè lo spettacolo della vostra fine, assomiglia tanto ad una farsa. Del resto, non c'è da meravigliarsi: solo chi non ha voluto vedere e sentire può oggi stupirsi del fallimento dell'esperienza del centrosinistra.
Scriveva profeticamente, circa due anni fa, Angelo Maria Palmieri, subito dopo lePag. 77primarie: «A primarie fatte, ormai, tocca riscrivere il programma e pare proprio che Romano Prodi si ritrovi a fare i conti con le stesse difficoltà del 1996, ma con in più una zavorra: tenere in considerazione anche le percentuali dei suoi sfidanti». Sempre in quel suo lucido intervento, Palmieri concludeva il suo ragionamento citando un articolo de Il Tempo di Roma di Diego Gabutti, il quale, dopo aver definito il centrosinistra come un gioco di società, il Monopoli, con la sola variante che tutti litigano per chi deve tirare i dadi, così testualmente sosteneva: «Se questo caotico e sconnesso cartello elettorale di passamontagna arcobaleno e Scalfarotti» - questo veniva detto due anni fa - «dovesse davvero governare l'Italia, finirebbe in burletta, insieme al centrosinistra». Palmieri diceva ancora: «Questa Unione è pure condannata a vincere, o meglio, condannati saranno gli italiani».
Ma al di là delle previsioni profetiche, puntualmente avveratesi, tornando all'oggi, onorevoli colleghi, sono molti gli osservatori italiani e stranieri che sono convinti che questa finanziaria, oltre ad essere deludente, perché non affronta i nodi cruciali, manca di strategia e non indica alcuna prospettiva, si rivelerà presto insufficiente, al punto da richiedere manovre aggiuntive nelle quali si può star certi che l'ideologia del «tassa e spendi», su cui si ritrova la sinistra estrema, avrà ancora il sopravvento sui conati pseudoriformisti degli ultimi e sempre più impotenti moderati.
D'altronde, l'occasione per ridurre le tasse, che la passata finanziaria aveva innalzato a livelli obiettivamente insostenibili, sia per le famiglie sia per le imprese, ed il cui peso soffocante e controproducente è stato denunciato anche dai guardiani istituzionali dei nostri conti pubblici, come la Banca d'Italia e la Corte dei conti, è stata volutamente dispersa da questo Governo, che ha preferito destinare il grande surplus di entrate di questi mesi a politiche improduttive quanto antistoriche, quali quelle della controriforma pensionistica e del soddisfacimento delle richieste e dei capricci di quei ministri che alzando la voce, minacciando e ricattando, si sono saputi imporre sugli altri, con la conseguenza di peggiorare strutturalmente i nostri bilanci, scaricando, ancora una volta, sulle nuove generazioni il peso dell'egoismo e dell'imprevidenza del Governo e della ex maggioranza.
E quando si strombazza di avere abbassato le tasse, fingendo di ridurre l'ICI, l'IRAP e l'IRES, in realtà altro non è stato fatto che mettere in atto una volgare truffa ai danni dei presunti beneficiari. I tagli sull'ICI saranno, infatti, rapidamente compensati e superati dalla revisione degli estimi catastali, mentre quelli all'IRAP e all'IRES produrranno, in realtà, un aumento del prelievo di circa 900 milioni di euro per effetto del contestuale ampliamento della base imponibile, risolvendosi, di fatto, in un vantaggio soltanto per le grandi banche, che continuate a coccolare, ed in un danno secco soprattutto per le piccole e medie imprese, che non appartengono, ovviamente, al vostro modo di pensare e di vedere.
A ciò si aggiunga, onorevoli colleghi, che gli ulteriori tagli agli enti locali, già portati ai limiti della sopravvivenza da quelli feroci dello scorso anno, non potranno che produrre nuovi aggravi delle imposte di loro competenza; mentre sono nient'altro che abili truffe i cosiddetti tagli dei costi della politica, a cominciare dalla riduzione del numero dei ministri e dei sottosegretari che scatterebbe dal prossimo Governo invece che da questo, con il furbesco risultato di rafforzare Prodi con l'autodifesa di una sua sterminata «armata Brancaleone».
Infine il Mezzogiorno, praticamente privato di ogni residua politica di sostegno dell'azzeramento di fatto degli ultimi incentivi, mentre incombe l'ombra inquietante di un federalismo fiscale che il Governo di centrodestra aveva saputo sventare e che oggi viene cinicamente rilanciato nell'evidente fine di blandire certo settentrionalismo, con buona pace di tutte le demonizzazioni smaccatamente strumentali degli ultimi anni. Per non parlare - sono notizie di questi giorni, di queste ore - della sorte che sta toccando alla mia regione, la Puglia: la giunta VendolaPag. 78in questa settimana sta per decidere sugli aumenti delle tasse. È quasi certo il rialzo al massimo dell'IRAP ed è da verificare l'aumento dell'accisa sulla benzina. Tutto ciò perché il Governo Prodi non ha accolto la richiesta dell'assessore regionale al bilancio della regione Puglia di spalmare in tre anni il debito di 200 milioni derivanti da un buco di cui la regione, governata dalla sinistra, è responsabile.
Insomma, una legge finanziaria, signori del Governo, onorevoli colleghi dell'ex maggioranza, che non promuove né sviluppo né giustizia, che aggrava la condizione complessiva del Paese e lo squalifica agli occhi del mondo, che serve soltanto a far sopravvivere a tutti i costi il peggior Governo della storia della Repubblica italiana. Un disastro, che potrà essere limitato solo con la sua fine immediata. Un disastro, dal quale noi cercheremo di liberare gli italiani dando concreto seguito, con le forze di cui disponiamo, all'impegno che abbiamo assunto come rappresentanti di Alleanza Nazionale in occasione della recente grande manifestazione di Roma - «Meno tasse più sicurezza» - che rappresenta un sicuro riferimento, un preciso punto di partenza per avviare la grande stagione del cambiamento, del rinnovamento, delle riforme, della ripresa di cui l'Italia dell'Europa e del mondo ha così tanto bisogno.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Zanella. Ne ha facoltà.
LUANA ZANELLA. Signor Presidente, siamo in presenza di una manovra che se può considerarsi non troppo pesante dal punto di vista meramente quantitativo, certamente invece lo è sotto l'aspetto dei contenuti specifici e propri. Una manovra, secondo noi, decisiva dal punto di vista della sostenibilità dello sviluppo e con non pochi interventi importanti di redistribuzione sociale.
Una buona legge finanziaria, che si inserisce in un quadro più generale di conti pubblici sostanzialmente in ordine e soprattutto sotto controllo: lo dimostra il fatto che non sia stata accompagnata né preceduta da alcuna manovra correttiva. Anzi, tutt'altro: il disegno di legge finanziaria in esame è stato preceduto, com'è noto, da due decreti-legge, il n. 81 della scorsa estate (del 2 luglio 2007) e il recente n. 159 (del 1 ottobre 2007), che hanno disposto interventi espansivi rispettivamente per lo 0,4 e lo 0,5 per cento del PIL, e che sono stati caratterizzati da interventi per la crescita e soprattutto per la forte equità sociale.
Basti pensare agli interventi sulle pensioni minime e sugli incapienti, nonché al programma di edilizia popolare. Certamente si potevano ottenere ulteriori miglioramenti dei saldi di bilancio - sotto questo profilo, abbiamo molto dibattuto sia in Aula sia in Commissione - destinando solo a questo scopo tutte le risorse e l'extragettito, ma la scelta del Governo, che noi abbiamo sostenuto e sosteniamo ancora convintamente, è stata invece, fin dal primo momento, quella di contemperare l'azione indispensabile di risanamento e di correzione dei conti pubblici con misure di impulso allo sviluppo e di sostegno agli investimenti, nonché con interventi finalizzati alla riduzione delle diseguaglianze sociali, a favore dei redditi più bassi e delle famiglie più disagiate. Credo che siamo riusciti a trovare un punto di equilibrio importante tra queste diverse esigenze, ancorché ovviamente non risolutivo.
La manovra di bilancio per il 2008, come abbiamo visto, si inserisce in un contesto macroeconomico che presenta sensibili miglioramenti della nostra finanza pubblica rispetto agli anni scorsi, ma contestualmente anche segnali di rallentamento dell'economia internazionale. La crescita prevista per l'anno in corso è stata rivista all'1,9 per cento e quella del prossimo anno è prevista all'1,5 per cento. I nostri conti pubblici sono, comunque, decisamente migliorati e sotto controllo, l'indebitamento netto si riduce, così come il debito pubblico. L'avanzo primario si porterà al 2,6 per cento nel 2008, con ulteriori progressi negli anni successivi, dopo essere stato completamente azzerato negli anni passati.Pag. 79
L'esame della manovra economica in Parlamento ha comportato modifiche significative e decisive, sia sotto l'aspetto della giustizia sociale sia sotto quello della sostenibilità ambientale. È una manovra, quindi, convincente, che naturalmente presenta ombre e questioni aperte, che cercherò di illustrare più avanti.
Tra i tanti interventi importanti, contenuti nel disegno di legge finanziaria, desidero ricordare l'eliminazione dei ticket - gli odiosi ticket sulle prestazioni diagnostiche e specialistiche - il bonus per le famiglie più numerose, il credito di imposta automatico per le nuove assunzioni nel Mezzogiorno, l'aumento dei fondi per il funzionamento della sicurezza, del soccorso pubblico e per l'ammodernamento dei mezzi delle forze di polizia e del Corpo dei vigili del fuoco.
Ricordo anche che dalla Camera dei deputati è stata introdotta la previsione dell'acquisto di Canadair e, soprattutto, è stato deciso l'impegno a investire il gettito supplementare rispetto al previsto, frutto della lotta contro l'evasione, nella riduzione del carico fiscale gravante sul lavoro dipendente. Ricordiamo, infatti, la forte perdita di potere d'acquisto di stipendi e salari in questi ultimi anni, continuamente denunciato dalle forze di sinistra e dai sindacati, ma anche più recentemente dallo stesso Governatore della Banca d'Italia. Nel nostro Paese i salari e gli stipendi sono mediamente inferiori rispetto a quelli dei Paesi europei che presentano le nostre medesime o analoghe caratteristiche dal punto di vista dello sviluppo economico, per esempio sono più bassi del 20-25 per cento rispetto a quelli francesi.
Quindi, è molto importante che la finanziaria disponga la destinazione di eventuali future maggiori entrate, eccedenti rispetto agli obiettivi di indebitamento, all'incremento delle detrazioni dei redditi da lavoro dipendente. Vi è dell'altro.
Si è intervenuto sui cosiddetti costi della politica con interventi importanti - certo non risolutivi ma indicativi di una via -, quali il blocco delle indennità dei parlamentari per cinque anni, la riduzione rispetto alla composizione del Governo del 40 per cento, l'inserimento di un tetto agli stipendi dei dirigenti pubblici, la soppressione degli enti inutili, la razionalizzazione - o l'avvio della medesima - del sistema pubblico allargato.
Vi è poi il cosiddetto «pacchetto casa» che comprende l'aumento della detraibilità ICI, le misure di detrazione dell'IRPEF per gli affitti delle famiglie più bisognose e dei giovani, la proroga della detraibilità dei costi di ristrutturazione delle abitazioni ed interventi per l'efficienza energetica.
Il problema casa - credo che ciò vada riconosciuto - torna finalmente al centro delle politiche pubbliche, dopo anni di totale assenza di interventi seri ed efficaci.
Per quanto riguarda la ricerca, si è ottenuto che una quota non inferiore al 10 per cento dello stanziamento complessivo del fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica sia destinata ai progetti di ricerca presentati da ricercatori di età inferiore ai quarant'anni; si è reso permanente il beneficio per i progetti di ricerca nel settore sanitario di giovani ricercatori; si è incrementato l'ammontare dell'assegno del dottorato di ricerca e data quindi una prima risposta all'annoso problema degli specializzandi in medicina.
Nel settore dei trasporti e, in particolare, della mobilità sostenibile, si prevede la compartecipazione delle regioni al gettito dell'accisa sul gasolio per autotrazione, al fine di promuovere lo sviluppo dei servizi del trasporto pubblico locale e la riforma del settore. Vengono altresì stanziati 353 milioni di euro, nel triennio, per il fondo per la promozione del trasporto pubblico locale. Si tratta quindi di una manovra che si caratterizza anche da questo punto di vista. Si stanziano oltre 360 milioni di euro per lo sviluppo del trasporto merci ferroviario ed è confermato l'eco-bonus a sostegno delle autostrade del mare.
Si tratta di obiettivi molto importanti per il riequilibrio modale indispensabile per il rispetto del Protocollo di Kyoto. Per la prima volta, vengono defiscalizzati gli abbonamenti nel trasporto locale, regionale e interregionale come forma di sostegno attivo a chi utilizza mezzi collettivi;Pag. 80una battaglia - voglio sottolinearlo - condotta da anni dai Verdi. Allo stesso modo, è stato istituito un fondo per avviare un programma di valorizzazione e di recupero delle ferrovie dismesse, da destinare a itinerari ciclo-turistici e la loro conversione ad uso ciclabile (anche questa è una richiesta che avevamo avanzato da anni e presentato anche sotto forma di proposta di legge).
Non poche cose, quindi, si stanno muovendo decisamente nella giusta direzione, anche se le risorse finanziarie per gli investimenti sulle reti urbane e metropolitane tranviarie rimangono ancora insufficienti; settori questi che, dal nostro punto di vista, non sono ancora adeguatamente considerati.
Come dicevo prima, vi sono però anche note amare, quali l'introduzione tra le opere strategiche e seppure ai soli fini approvativi dell'asse autostradale Nogara-Mare Adriatico, introdotto nel corso della discussione in Commissione e rispetto al quale abbiamo presentato al vaglio dell'Aula un emendamento soppressivo. Voglio sottolineare, inoltre, l'improprio finanziamento della progettazione ed avvio del passante di Bologna, come più volte abbiamo denunciato nel corso della discussione l'enorme dispendio dovuto ad una politica di spesa militare che non si rinnova ed innova ma segue una pericolosissima scia, la corsa al riarmo e agli armamenti sempre più sofisticati, costosi e mortiferi che sembra travolgere questa scelta, i buoni propositi, le speranze e gli impegni programmatici.
Su tale aspetto credo che la sinistra debba assolutamente imporre una verifica al nostro Governo.
Tra l'altro, partecipiamo al più costoso programma statunitense della storia, relativo allo sviluppo del velivolo Joint Strike Fighter, che comporterà per l'Italia una spesa enorme: 158,2 milioni di euro, dal 2007 al 2011, e oltre 745 milioni di euro dal 2012 al 2036.
La conferenza sulle servitù militari, altro impegno sancito nel programma dell'Unione, deve essere ancora istituita, così come non è stata ancora decisa la moratoria sulla costruzione della nuova base militare americana di Vicenza; al riguardo, una richiesta di moratoria è stata avanzata anche dalle forze appartenenti alla Sinistra-l'Arcobaleno. Ricordo che sabato prossimo vi sarà una manifestazione proprio per ribadire il «no» alla base Dal Molin e confermare con forza la richiesta della moratoria.
Pertanto, ritengo che bisogna assolutamente continuare il confronto iniziato con il dibattito sulla legge finanziaria, ma che deve riguardare nodi che rimangono tutt'altro che risolti.
Signor Presidente, voglio concludere il mio intervento esprimendo soddisfazione per l'accoglimento di proposte emendative dei Verdi in campo ambientale, in materia energetica e di sviluppo delle fonti rinnovabili. In tale ambito siamo dinanzi ad una serie di norme che puntano finalmente e in maniera davvero innovativa, come mai era avvenuto finora, ad una crescita sostenibile del nostro Paese e a realizzare interventi indispensabili di riduzione di CO2 per il conseguimento degli obiettivi fissati dal Protocollo di Kyoto.
Ricordiamo che l'Unione europea, nel marzo scorso, ha approvato l'obiettivo - peraltro, vincolante per i Paesi dell'Unione europea - del raggiungimento di una quota del 20 per cento di fonti rinnovabili sul totale, da raggiungere entro il 2020. Mancano veramente pochi anni; sembrano molti, ma se non si imposta una politica davvero innovativa trascorreranno e...
PRESIDENTE. La prego di concludere.
LUANA ZANELLA. ...non si raggiungerà l'obiettivo se non impostando serie politiche. Ebbene, con le norme previste da questa manovra, che si aggiungono a quelle già approvate con la legge finanziaria dello scorso anno, il nostro Paese ha iniziato ad intraprendere un percorso virtuoso, secondo i criteri ambientali.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna di considerazioni integrative del mio intervento.
PRESIDENTE. Onorevole Zanella, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Giudice. Ne ha facoltà.
GASPARE GIUDICE. Signor Presidente, siamo dinanzi a 2.712 proposte emendative della maggioranza, 3.264 dell'opposizione e a 158 presentate in Commissione da parte del Governo e del relatore. Credo che tali cifre parlino da sole.
Il relatore, onorevole Ventura, ha tentato di valorizzare lo sforzo compiuto quest'anno in Commissione durante l'esame. Indubbiamente le intenzioni sono state buone. Devo dare certamente atto al presidente Duilio e all'onorevole Ventura di avere compiuto, quanto meno, un convinto tentativo di ripristinare la dignità dell'esame parlamentare. Su tale aspetto l'opposizione ha cercato di fare la sua parte, consapevole dell'esigenza istituzionale di agevolare un corretto svolgimento dell'iter parlamentare della legge e di un serrato, ma produttivo, confronto con il Governo e con la stessa maggioranza.
Ma i risultati sono stati mortificanti e dimostrano che siamo oramai giunti a punti di non ritorno e che oramai è impossibile ricondurre ad un minimo di razionalità l'esame della manovra di bilancio nelle attuali condizioni. Le cause sono all'interno di fenomeni di vasta portata, che occorre affrontare alle loro radici. Rispetto alla dimensione delle questioni, ogni sforzo di vera buona volontà è destinato al fallimento e alle maggiori delusioni.
Il primo problema è di ordine politico e riguarda in primo luogo lo stato di questa maggioranza. Nell'ambito della maggioranza che ha condotto il gioco, infatti, la molteplicità dei partiti e la necessità per ciascuno di essi di marcare la loro presenza nella totale mancanza di un disegno politico comune, portano alla frammentazione delle richieste e alla formazione di un elenco incoerente e paradossale di interventi della più varia natura, selezionati sulla esclusiva base delle ragioni di partito e delle esigenze individuali di singoli deputati meglio «piazzati» rispetto ad altri.
Il relatore onorevole Ventura ha avuto il coraggio e l'onestà intellettuale di ammettere le difficoltà che anche quest'anno hanno contraddistinto il percorso parlamentare, conseguente appunto al comportamento della maggioranza e del Governo. Il lavoro in Commissione bilancio si è svolto in un clima surreale di ostruzionismo di maggioranza, caratterizzato da un'attività emendativa alluvionale proveniente non tanto dall'opposizione, come è ovvio e naturale che sia, bensì dalla stessa maggioranza, dal relatore e dal Governo.
In questa situazione politica, vi è un copione già scritto e anche per il seguito dell'esame in Assemblea non vi sarà nessuna sorpresa, quando il Governo procederà all'ormai consueta prassi di presentare uno o più maxi emendamenti con la conseguente posizione della questione di fiducia. È, infatti, del tutto evidente che la maggioranza non è in grado di ripetere l'operazione puramente dimostrativa fatta al Senato, che peraltro è costata moltissimo alle finanze pubbliche e che non poteva non moltiplicarsi esponenzialmente alla Camera.
Non c'entrano inesistenti comportamenti dilatori dell'opposizione. Il problema, come abbiamo visto, riguarda i comportamenti della maggioranza. A seguito di tali comportamenti, le dimensioni assunte dal testo della legge finanziaria sono oramai mostruose. Fin qui faccio una valutazione di ordine politico, ma su questo punto subentra una valutazione anche di carattere istituzionale, che desidero sottoporre all'Assemblea, al Governo e a lei, signor Presidente. Ci troviamo di fronte ad una abnorme preponderanza della legge finanziaria e dei provvedimenti ad essa accessori, rispetto ad ogni altra forma di legislazione. Questo è uno dei fattori più influenti sulla pessima qualità della legislazione.
Nella legge finanziaria si accumulano una molteplicità di norme non sufficientemente meditate e frettolosamente redatte, che molto spesso descrivono esigenze anche legittime e condivisibili, senzaPag. 82però che esse vengano adeguatamente confezionate sul piano normativo. La peggiore conseguenza è che la maggior parte di quelle disposizioni resta inattuata. Una legge fatta di spunti - spesso anche buoni, ma che restano annunci o belle speranze per mancanza di coordinamento con la restante legislazione - non serve a nulla.
Una ricerca del Servizio studi della Camera dei deputati ha dimostrato che più della metà della legge finanziaria per il 2007 è rimasta sulla carta. Bisogna, quindi, porre fine a questo tipo di legge finanziaria per un verso troppo piena e per l'altro per larghe parti incompleta, fino a diventare apparente.
Il secondo problema di fondo riguarda, quindi, la stessa natura dello strumento finanziario. È ormai inconcepibile ed insostenibile la permanenza di una legge omnibus, che pretende vanamente di far fronte ad una infinita molteplicità di esigenze, che oggi si rivolgono, appunto, alla legge finanziaria.
Non so se ciò renda necessario - ma sicuramente non mi parrebbe sufficiente - intervenire sui regolamenti parlamentari, né se occorra modificare semplicemente i comportamenti del Governo, della sua maggioranza o della stessa opposizione. Le Commissioni bilancio delle due Camere hanno condotto lo scorso anno - ma avevano avviato tale riflessione anche nella XIV legislatura - un approfondito studio, rinnovando la tradizione che vede tali Commissioni capaci di riflettere in una modalità istituzionale e condividere le procedure.
In quella sede abbiamo convenuto sulla necessità di un drastico ridimensionamento dei contenuti della legge finanziaria, attraverso riforme strutturali del sistema della finanza pubblica. Occorre infatti modificare il rapporto tra legislazione sostanziale e legge di bilancio, ampliando la capacità decisionale di quest'ultima. Occorre inoltre, colleghi, assestare in via stabile con leggi permanenti, come il federalismo fiscale e la legge di coordinamento della finanza pubblica, i rapporti tra Stato e autonomie.
Infine, per decongestionare la legge finanziaria, occorre assicurare la piena funzionalità delle procedure legislative ordinarie, ormai scomparse da questo Parlamento. Nella paralisi dell'attività normativa ordinaria, ogni anno si assiste a questo assalto all'arma bianca all'unico treno che arriverà sicuramente a destinazione. In un nuovo quadro strutturale diviene possibile articolare la manovra finanziaria in una pluralità di strumenti legislativi collegati e anche superare la complessità e farraginosità della procedura di esame parlamentare. Si potrà finalmente eliminare alla fonte il fenomeno della indiscriminata presentazione e votazione di una mole immensa di emendamenti, di maggioranza e di opposizione, che inevitabilmente produce gravissime conseguenze procedurali in quanto non vi è alcun filtro, né differenziazione relativamente al loro reale peso e significato politico ed economico. Personalmente, dopo le ultime 48 ore di esame della legge finanziaria mi chiedevo che cosa avevo votato, cosa era «passato», cosa si era visto: sicuramente molte norme proposte dai colleghi erano di grande valore, ma non abbiamo avuto l'opportunità di esaminarle, di mediarle, di meditarle e di affrontarle.
In questo modo si potrebbe riportare la legge finanziaria alla sua funzione di strumento congiunturale di politica di bilancio volto alla selezione delle scelte allocative annuali. Infine, resta un nodo squisitamente politico. La prima esigenza riguarda l'esistenza di un Esecutivo in grado di svolgere il proprio ruolo di guida, senza subire indebiti ricatti da forze politiche di modestissimo peso elettorale, ma fondamentali per la tenuta della maggioranza. La riforma delle procedure di bilancio verso un potenziamento delle funzioni parlamentari si salda dunque con la capacità del sistema politico di esprimere maggioranze coese e non frammentate in componenti sempre in rotta di collisione, come avviene attualmente.
Questi sono i motivi fondamentali, signor Presidente, onorevoli colleghi, per cui Forza Italia ritiene questa finanziaria irPag. 83ricevibile e per questo esprimerà il suo voto contrario (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Leddi Maiola. Ne ha facoltà.
MARIA LEDDI MAIOLA. Signor Presidente, colleghi, nell'ascoltare con attenzione il dibattito che si è svolto finora ho condiviso le riflessioni di maggioranza e di minoranza. Mi richiamo ad un interrogativo dell'onorevole Galletti, perché l'incipit del suo intervento è stato esattamente quello che avrei dato al mio, se non mi avesse preceduto. Il collega Galletti si è chiesto: questa finanziaria è la più adatta a rispondere ai problemi del Paese in questo momento? Personalmente, credo di essermi data delle risposte che ritengo corrette, perché ritengo che il legislatore abbia un imperativo etico assolutamente rilevante e quindi debba dare risposte non formali ad una domanda determinante come questa.
Pertanto cercherò di fornire le tre risposte che mi sono data, cercando in questo modo di rispondere ai colleghi ed all'onorevole Galletti in particolare. A mio avviso, questa finanziaria oggettivamente reca interventi strutturali, rilevanti e positivi; ritengo che si diano segnali importanti - non strutturali, ma importanti - e che manchino, invece, misure che avremmo potuto adottare e che non abbiamo adottato. Del resto, la nostra attività di legislatori non termina con la finanziaria, anche se - e mi collego a quanto osservato dal collega Giudice poc'anzi - è evidente come essa corrisponda più o meno a venti interventi legislativi e costituisca un momento di palingenesi in cui l'intera Camera cerca di dare il proprio contributo migliorativo. Voglio appunto ricordare che l'attività normativa prosegue e questo mi dà fiducia nella possibilità che avremo di compiere, con l'adozione di norme successive, ciò che non è stato possibile introdurre in questa finanziaria.
Torno al primo punto, riguardante gli interventi che ritengo oggettivamente strutturali, importanti e positivi. Ritengo importanti, ad esempio, l'istituzione di un Fondo per la riduzione della pressione fiscale, la razionalizzazione degli obblighi in materia di IRES e di IVA, la semplificazione per i contribuenti minimi e marginali e l'intervento sul trasporto pubblico locale. Pur sintetizzando al massimo il mio intervento per contenerlo nei limiti temporali stabiliti ho voluto tuttavia richiamare in particolare tali misure. Ritengo, infatti, che il Fondo per la riduzione della pressione fiscale sia, in questo momento, la risposta migliore per un problema che tutti abbiamo comunemente rilevato. La nostra società, infatti, presenta sicuramente, tra gli altri, un punto estremamente critico e debole, ossia la necessità di mettere a disposizione più risorse per le famiglie. Dare a chi lavora la sensazione di avere a disposizione più risorse per affrontare con maggiore tranquillità gli obblighi che la quotidianità della vita gli impone significa ridare fiducia e fare ripartire i consumi: credo che tutti siamo assolutamente consapevoli che alla ripresa dei consumi interni sia conseguentemente connessa la possibilità di far ripartire l'economia del Paese; di tutto ciò abbiamo assolutamente bisogno.
Richiamo anche il tema della semplificazione, a me particolarmente caro; ritengo che la semplificazione in ordine agli adempimenti fiscali - introdotta in particolare nei confronti di circa un milione di imprese, quelle con ricavi al di sotto dei trentamila euro - costituisca un segnale strutturale importante; anch'esso va nella direzione di ridare fiducia nelle istituzioni e nella funzionalità complessiva dello Stato.
Altrettanto importanti sono i segnali rispetto alle funzioni strutturali introdotte: ritengo, ad esempio, che i risultati raggiunti in materia di riduzione dei cosiddetti «costi della politica» (titolo generale che dovrebbe comprendere contenuti da decodificare in maniera diversa) rappresentino un segnale della volontà di ridurre alcuni fenomeni che hanno esasperato la gente che ci guarda e ci osserva mentre deve affrontare i problemi della propria quotidianità. Ritengo che a tuttoPag. 84ciò andrebbe aggiunta - e questa, sì, sarebbe una vera riduzione dei costi della politica - una maggiore efficienza dell'attività della vita pubblica. Questa è la risposta strutturale che compendierà quanto si è iniziato a realizzare in merito ai costi della politica.
Lo stesso discorso vale per quanto si è iniziato a realizzare in tema di innovazione e di ricerca, anche con il contributo che su alcuni temi fondamentali ha fornito la minoranza (credo si tratti di segnali del tutto significativi).
Avrei voluto che alcune previsioni fossero inserite già nel disegno di legge finanziaria in esame, che dà un segnale forte al Paese; ovviamente, però, ciò non è stato possibile, perché non tutto può essere contenuto nella legge finanziaria. Mi ero ripromessa di presentare solo emendamenti di semplificazione: sono depositati e spero potranno essere considerati. Aggiungerei che, dovendo «forzare» l'esame per introdurre in corso di approvazione norme all'interno del disegno di legge finanziaria, più che alla class action avrei forse guardato al provvedimento di semplificazione della pubblica amministrazione, il cui iter parlamentare ormai compie un anno di vita. Avrei voluto - spero si possa fare successivamente - che vi fossero segnali per la classe media, che sta cambiando strutturalmente e che noi stiamo guardando ancora con occhi «vecchi»; essa, invece, aspetta da noi risposte complessivamente diverse. Ricordo che una classe media che resta in questo clima di incertezza non può che generare risposte populiste: credo non sia questo ciò di cui abbiamo bisogno.
Infine, una considerazione sul merito. Vi saranno altre occasioni per discuterne, ma il disegno di legge finanziaria in esame sarebbe stato, forse, il momento più opportuno per dare un segnale in tal senso e per ricordare che sul merito si fondano l'innovazione e il futuro del nostro Paese. Quando una società non riconosce più le sue menti, non si tratta di un problema di principio: a risentirne è direttamente l'economia. Ricordo solo che Crotone non riconobbe l'intelligenza di Pitagora - la sua mente migliore - e lo costrinse a rifugiarsi a Metaponto: quello fu l'inizio del declino della Magna Grecia. Il merito, pertanto, non è un problema di principio, ma economico (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico-L'Ulivo e Italia dei Valori).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Armosino. Ne ha facoltà.
MARIA TERESA ARMOSINO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, signor relatore e colleghi, nel formulare talune osservazioni sulla manovra finanziaria che è ora al nostro esame partirò da quanto è stato dichiarato dal relatore, l'onorevole Ventura.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI CASTAGNETTI (ore 17,30)
MARIA TERESA ARMOSINO. A differenza, forse, di altri colleghi dell'opposizione, concordo con l'onorevole Ventura su quanto egli ha affermato - ed è agli atti - riguardo ai lavori in Commissione.
Sono d'accordo sul fatto che in Commissione la maggioranza abbia svolto una grande attività per trovare al suo interno una sintesi e che l'opposizione, considerata la grande difficoltà della maggioranza a realizzare tale obiettivo, non abbia infierito, per così dire, e comunque abbia voluto e concorso a far sì che il disegno di legge finanziaria uscisse dalla Commissione con un mandato al relatore su un testo che, sia pure per parti e in modo sommario, era stato esaminato nella stessa Commissione.
Su un dato non posso concordare con l'analisi del relatore: si tratta del dato relativo al fatto che l'opposizione non abbia indicato, come egli sostiene, una vera politica alternativa.
È evidente che non è possibile, nei tempi che ci sono concessi, approfondire tale argomento. Mi soffermerò solo su taluni aspetti, assolutamente minoritari, per affermare che una politica alternativa, nei limiti della proposizione emendativaPag. 85alla manovra finanziaria, financo chi vi parla ha tentato di indicarla. E possiamo esaminarla, per affermare che, invece, è alternativa a quanto la maggioranza, in Commissione, e il Governo, nella parte che aveva redatto e nella parte che era già stata oggetto di approvazione al Senato, avevano sottoposto al nostro esame.
Citerò pochissimi casi. Le azioni collettive risarcitorie: è ben vero che, all'interno della Camera dei deputati, si è tentato di porre un filtro ad un'azione assolutamente indiscriminata, che poteva essere proposta da non meglio qualificate o accertate associazioni portatrici di interessi, demandando al tribunale tale verifica.
Però, onorevoli colleghi, le azioni collettive risarcitorie, al di là della questione relativa alla loro congenialità rispetto alla situazione del nostro Paese, nel momento in cui vengono decise e stabilite, richiederebbero quell'atto di coraggio in più che so che molti, nella maggioranza, avrebbero voluto: avrebbero dovuto essere dichiarate non retroattive.
Ma se, in occasione dell'approvazione della legge finanziaria dello scorso anno, la maggioranza subì l'emendamento del senatore Pallaro (che, in assenza di fondi, rifiutava di votarla), allo stesso modo quest'anno ha subìto il veto del senatore Manzione, che si è stracciato le vesti e ha pensato bene di affermare, sulle TV e nei giornali, il giorno stesso della votazione in Assemblea, che, laddove fosse stata dichiarata l'irretroattività di tale norma, egli non l'avrebbe votata.
Credo che, anche su questo punto, la maggioranza debba un po' interrogarsi, perché non sta offrendo lezioni di stile.
Riguardo alla casa e alla valorizzazione del patrimonio pubblico, l'attuale Governo afferma di volere e di aver varato provvedimenti importanti per dotare di una casa coloro che più ne hanno diritto e non la possiedono.
Non credo, purtroppo, che le misure introdotte nel presente disegno di legge finanziaria, mirando tutte al settore pubblico, possano offrire concrete risposte a tale problema.
Leggevo oggi, proprio sul Corriere della sera, un dato che viene pubblicato adesso, ma che era a conoscenza da molto tempo: si afferma che gli immobili ex IACP (ora ATC, ATER, ALER, variamente denominati in relazione alle zone territoriali) per un quinto sarebbero occupati da persone che non ne hanno titolo.
Si tratta di una situazione pressoché inesistente nel mio Piemonte e nella mia Torino, ma che rappresenta più di un quinto dei casi, circa il 30 o il 40 per cento, nella città di Roma e in altre zone. L'intervento previsto nel disegno di legge finanziaria sulle agevolazioni sull'ICI nei confronti di coloro che daranno gli immobili in locazione per 25 anni ha certo dietro di sé un nome e un cognome che non riesco oggi a prefigurare, ma che sicuramente non riguarda l'intervento dei privati nella loro genericità.
Venendo alle differenze di visione politica, vorrei ricordare che avevamo proposto - lo voglio sottolineare in Aula - un emendamento con il quale, senza «scassare» i conti pubblici e non incidendo sul bilancio, si prevedeva di applicare per gli immobili di nuova costruzione, realizzati entro il 2010, e che venivano ceduti in locazione per la durata di dieci anni una tassazione fiscale separata del 20 per cento. Questo avrebbe significato incentivare di nuovo qualche privato ad acquistare un certo numero di alloggi da immettere nel settore delle locazioni pagando una tassazione del 20 per cento. Una tale misura avrebbe consentito con l'intervento del privato di avere di nuovo a disposizione un volano costituito da case idonee per dimensioni e caratteristiche alle esigenze abitative della società odierna, dei single, delle giovani coppie e di coloro che si trasferiscono per lavoro. Questa misura, trovando attuazione dal momento in cui queste abitazioni sarebbero state costruite e immesse sul mercato, non avrebbe avuto dei costi e non avrebbe potuto sottrarre risorse perché avrebbe avuto una decorrenza futura; ma malgrado ciò non è stata accolta.
Avevamo anche provato a ipotizzare una copertura finanziaria di 5,4 milioni diPag. 86euro, un'inezia! Questa proposta non è stata accettata perché, onorevole Ventura, su questi temi siamo diversi: noi non crediamo allo Stato che drena risorse per risolvere i problemi esistenti, ma crediamo in uno Stato che lascia al privato la possibilità di concorrere alla soluzione dei problemi. Questa è una differenza che, purtroppo, si vede e che permea questo disegno di legge finanziaria sul quale oggi chiedete un voto favorevole.
Voglio sottolineare un altro aspetto sul quale siamo diversi: vi riempite la bocca con interventi a favore delle donne tanto da costituire fondi per la creazione di un bilancio di statistiche di genere; tutto ciò è ridicolo! Le donne non hanno bisogno di bilanci e statistiche di genere: siamo di fronte alla retroguardia del pensiero involuto! Le donne hanno bisogno di screening per l'osteoporosi, hanno bisogno di ridurre l'età nella quale sono ammessi gli screening per il tumore della mammella. A fronte di queste esigenze concrete abbiamo ottenuto la vostra risposta negativa.
Avete, inoltre, assunto i precari di Palermo dimenticando che siete stati in grado di fornire per questa misura una copertura per il solo 2008 e non anche per gli anni 2010 e 2011. Non stiamo parlando di interventi strutturali, ma della presenza massiva di uno Stato che ritiene di poter risolvere i problemi. A noi piace uno Stato più amico che, in primo luogo, non ci impedisca di esistere (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Siniscalchi. Ne ha facoltà.
SABINA SINISCALCHI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, signor relatore, avremmo voluto che la legge finanziaria riflettesse fino in fondo l'impegno del nostro Paese in politica estera.
Con il nuovo Governo l'Italia ha decisamente rilanciato la sua politica internazionale, sa svolgere un ruolo politico autonomo nel contesto mondiale, ha saputo convincere altri Governi a seguire la via diplomatica in situazioni di tensione e di conflitto, e ha avuto l'autorevolezza di includere importanti questioni, come la moratoria della pena di morte, nell'agenda politica internazionale.
Non possiamo che essere soddisfatti di questo nuovo corso. Tuttavia, la strada da fare è ancora tanta e riguarda soprattutto la cooperazione allo sviluppo. Con gli Obiettivi di sviluppo del millennio la comunità mondiale si è data un puntuale programma di azione, e per la prima volta ha raggiunto un accordo su obiettivi precisi, misurabili e con una scadenza predefinita: il 2015.
L'Italia ha firmato questo Accordo e ha dato, per così dire, la sua parola d'onore di Paese donatore, di Paese ricco, di Paese che fa parte del G8. Il Governo lo ha riconosciuto nel Documento di programmazione economico-finanziaria, nella parte in cui si è previsto che gli impegni internazionali, pur non avendo forza di legge, sono vincolanti nei confronti della comunità internazionale, e - più avanti nel testo - che i ritardi accumulati nel far fronte agli impegni presi si traducono in una perdita di credibilità del Paese.
Per ovviare a questa perdita di credibilità, anche grazie alla forte pressione del Parlamento e della società civile, con il collegato alla finanziaria ci siamo messi in pari. Abbiamo finalmente versato i nostri contributi alle Nazioni Unite, alle banche e ai fondi internazionali e al Fondo globale di lotta all'AIDS. Tuttavia restiamo fortemente indietro per quanto riguarda l'aiuto pubblico allo sviluppo.
Ci siamo impegnati, insieme agli altri componenti dell'Unione europea, a versare, entro il 2015, lo 0,51 per cento del prodotto interno lordo, in cooperazione. Per adempiere a tale impegno, entro il prossimo anno, come peraltro si diceva nel DPEF, avremmo dovuto raggiungere una quota pari allo 0,33 per cento. Con questa manovra finanziaria non ci siamo, in quanto al massimo arriveremo allo 0,29 per cento, e tale dato non ci soddisfa.
Giustamente nel DPEF il Governo colloca la cooperazione sotto il capitolo dell'equità sociale, e noi concordiamo con questa classificazione perché mai comePag. 87oggi abbiamo bisogno di cooperazione per contribuire a ristabilire condizioni di uguaglianza e pari opportunità.
La globalizzazione ha mancato gli obiettivi che molti gli attribuivano, ovverosia l'idea che potesse diffondere, attraverso il mercato, ricchezza e benessere. In realtà, oggi abbiamo sotto gli occhi un mondo sempre più diviso, e le stesse istituzioni internazionali, dalla Banca mondiale al Fondo monetario internazionale all'OCSE, riconoscono che il fenomeno delle diseguaglianze si è polarizzato. Si tratta di un mondo sempre più diviso, dove, anche a causa della crescente ingiustizia e dell'impossibilità per intere popolazioni di uscire dalla spirale della miseria, si acuiscono le tensioni, scoppiano nuove emergenze sociali e si scatenano altri conflitti.
Un mondo così ha bisogno, secondo noi, più di cooperazione e di diplomazia che di interventi militari, ma questo disegno di legge finanziaria ancora non riflette questa convinzione.
Rimane stridente la sproporzione tra la percentuale del bilancio dello Stato destinata al Ministero degli affari esteri, che non supera lo 0,5 per cento, e quella destinata alla difesa, che è quasi del 4 per cento. Noi pensiamo che questo sia sbagliato, moralmente ma anche politicamente.
Un'ulteriore nostra preoccupazione riguarda anche una maggiore razionalizzazione nell'utilizzo delle risorse. L'Italia versa una quota sostanziosa ai fondi e alle banche internazionali dove è rappresentata dal Ministero dell'economia e delle finanze, ma manca una concertazione tra questo Ministero e quello degli affari esteri.
Quando si è approvato il provvedimento sulle missioni militari vi si sono incluse iniziative di cooperazione, con un'evidente confusione tra l'intervento militare e quello civile. Addirittura, con la manovra finanziaria la funzione della cooperazione è stata attribuita ad altre amministrazioni. È successo l'anno scorso con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, e succede quest'anno con il Comitato nazionale sul microcredito.
Abbiamo cercato di ovviare a questa frammentazione con emendamenti parlamentari, ma resta il problema di fondo: la cooperazione richiede competenze specifiche, linee d'intervento coerenti, una delega politica chiara e la massima trasparenza nell'assegnazione e nell'utilizzo dei fondi.
Ci auguriamo che vada rapidamente in porto la riforma della cooperazione, che è davvero urgente, ma nel frattempo riteniamo che occorra utilizzare le poche risorse disponibili con maggiore razionalità.
Infine, per il futuro vorremmo evitare che l'Italia, dopo aver sottoscritto solennemente impegni internazionali, non li rispetti a causa del mancato stanziamento delle relative risorse. È successo con il Fondo globale per la lotta all'AIDS, alla tubercolosi e alla malaria...
PRESIDENTE. Onorevole Siniscalchi, la invito a concludere.
SABINA SINISCALCHI. Per questo motivo, avremmo voluto che si cominciassero ad accantonare risorse in un fondo speciale per consentire al nostro Paese di rispettare gli impegni presi. L'emendamento, pur approvato quasi all'unanimità dalla Commissione affari esteri da maggioranza e opposizione, non è andato in porto, ma rilanceremo la proposta con un'iniziativa legislativa.
In Commissione abbiamo lavorato bene, vi è stato molto consenso e sintonia tra maggioranza e opposizione, perché partiamo da un'idea: che la cooperazione sia utile a creare un mondo meno ingiusto e più sicuro.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cassola. Ne ha facoltà.
ARNOLD CASSOLA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, come deputato del gruppo dei Verdi non posso che essere soddisfatto per l'andamento della legge finanziaria dello scorso anno, nonostante la sua durezza e la suaPag. 88impopolarità. Infatti, grazie alla spinta dei Verdi, lo scorso anno si è registrato un record per quanto riguarda l'installazione degli impianti fotovoltaici in Italia.
Anche quest'anno nel disegno di legge al nostro esame le misure verdi a favore delle fonti di energia rinnovabili ed alternative dovrebbero offrire un forte contributo non solo per diminuire l'emissione di CO2 da parte dell'Italia, ma anche per ridurre gradualmente i costi delle bollette di ogni italiano.
Per quanto riguarda, invece, gli italiani residenti all'estero dai quali sono stato eletto, la mia soddisfazione è molto minore. È positivo che il disegno di legge finanziaria stanzi maggiori risorse per gli imprenditori italiani all'estero e per l'insegnamento della lingua italiana nel mondo. Però, poi, rimane ben poco.
Lo scorso anno avevo proposto, insieme ad altri colleghi eletti all'estero, oltre al rilascio della carta di identità direttamente presso il consolato nel Paese di residenza, anche la riduzione dell'ICI e della tassa sui rifiuti solidi urbani (TARSU) per gli italiani all'estero. Che fine hanno fatto questi suggerimenti? È giusto far pagare la quota intera di 12 mesi su ICI e TARSU agli emigrati che non usano la loro casa e, quindi, non producono rifiuti solidi tranne che per due mesi all'anno, al massimo?
Detto questo, vorrei riprendere il discorso sulla legge finanziaria da dove lo avevamo lasciato lo scorso anno e, quindi, dalla grande insoddisfazione per il modo in cui l'iter della legge finanziaria viene portato avanti anno dopo anno. Infatti, dopo l'approvazione della legge finanziaria per il 2007, tutti avevamo concordato sul fatto che il metodo con cui viene approvata la legge finanziaria in Parlamento è ormai obsoleto e assolutamente inappropriato.
Tutti chiedevano una riforma del metodo. Lo scorso anno io, come tanti altri, nel mio intervento in Aula avevo dichiarato che urgeva una riforma della procedura di approvazione della legge finanziaria e che non si poteva continuare ad approvarla in questo modo. Mi sembra, invece, che siamo sempre alle solite. Perciò anche proposte concernenti la legge finanziaria del tutto ragionevoli e legittime vengono respinte quasi in maniera automatica.
Vorrei portare qualche esempio in ordine a quanto successo la settimana scorsa in Commissione. Lo scorso anno, dopo fatica e pena, finalmente avevamo convinto il Governo ad estendere le detrazioni per carichi di famiglia anche agli impiegati del Ministero degli affari esteri all'estero. Il Governo, però, aveva limitato questa misura esclusivamente fino all'anno 2009. Quest'anno, io ed altri colleghi eletti all'estero abbiamo chiesto, ritenendolo costituzionalmente doveroso, che questo limite temporale del 2009 venga abrogato. Cosa ha risposto la Commissione bilancio? Ha dichiarato la proposta inammissibile a causa di una copertura insufficiente. Mi chiedo se sia possibile creare discriminazioni tra italiani in loco e italiani all'estero, che vanno apertamente contro la Costituzione italiana. Ebbene, la Commissione bilancio ha risposto che, se non ci sono le risorse necessarie, è giustificabile ricorrere ad una specie di mini apartheid anticostituzionale.
Il secondo emendamento da noi proposto era il seguente: al personale delle rappresentanze diplomatiche e consolari e degli istituti di cultura assunti all'estero si applichino gli accordi collettivi concernenti la costituzione e il funzionamento delle rappresentanze sindacali unitarie e i diritti e le prerogative sindacali sul posto di lavoro, nonché 90 giorni di malattia (non 45), come appunto spetta ai loro colleghi in Italia. Risposta della Commissione bilancio: proposta inammissibile per insufficiente copertura. Quindi, il risultato sono diritti sindacali e di malattia minori per questa sottospecie di italiani, in quanto residenti all'estero.
La terza richiesta, già accettata dalla I Commissione e dal sottosegretario Marcella Lucidi nel testo sulla cittadinanza, è stata poi stralciata per mancanza di copertura finanziaria, con l'impegno del Governo di reperire la copertura in questa legge finanziaria. Si tratta della possibilità di riacquistare la cittadinanza italiana per i figli, anche se nati prima del 1o gennaio 1948,Pag. 89delle donne che erano state obbligate a rinunciare alla cittadinanza. È la richiesta naturale per l'eliminazione di una discriminazione per motivi di età, di sesso e di genere nettamente anticostituzionale.
Cosa risponde questa volta la Commissione bilancio? Risponde che non è ammissibile per estraneità di materia. Ma siamo matti? Prima il Governo stralcia un articolo con l'impegno di reperire i soldi in questa legge finanziaria, poi, quando si arriva al suo esame, si dice che è una materia estranea. Per favore, non prendiamoci per i «fondelli»! Non si può continuare così! È necessario arrivare ad un modo logico e razionale di predisporre la legge finanziaria. Se viene proposta una misura positiva, è necessario accogliere gli emendamenti sensati, indistintamente da chi li abbia proposti. Non possiamo continuare con la logica di soddisfare chi ha più potere contrattuale - ergo, di ricatto -, perché rappresentati da un numero più ampio di deputati, e di ignorare quelli poco rappresentati. Spero che il prossimo anno non saremo qui a ripetere le stesse cose.
Infine, esprimo il grande disappunto per quanto riguarda il progressivo indebolimento del sistema diplomatico e consolare all'estero. Sono anni che assistiamo al progressivo smantellamento di questa rete, con l'attribuzione nella legge finanziaria di risorse sempre minori. Inoltre, tutte le decisioni riguardo alla cosiddetta razionalizzazione e al potenziamento vengono prese all'interno del Ministero degli affari esteri, senza coinvolgere il CGIE (il Comitato generale degli italiani all'estero), né i Comites, né i parlamentari eletti all'estero. Quali sono i risultati di tali decisioni unilaterali, chiuse e non trasparenti? Sono delle grandi «frittate», come la chiusura dei consolati di Edimburgo o di Edmonton in Canada, decisioni che il Governo è costretto a rimangiarsi dopo qualche giorno. Vi sono, inoltre, molte dicerie e gossip in Svizzera, in Francia e in Germania su quali consolati verranno declassati o chiusi.
Spero, in conclusione, che il Ministero degli affari esteri si ravveda una volta per sempre e che inizi a coinvolgere attivamente tutti se veramente vuole arrivare ad una razionalizzazione e ad un potenziamento, piuttosto che ad un indebolimento effettivo, di tutta la rete diplomatica e consolare.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole D'Agrò. Ne ha facoltà.
LUIGI D'AGRÒ. Signor Presidente, il rituale della legge finanziaria si svolge stancamente, come al solito, ma forse con un accenno superiore in questa tornata, sapendo perfettamente ciò che capiterà o potrà capitare a distanza di ore e che in qualche modo vanificherà tutto il dibattito che i parlamentari svolgono ora in questa sede.
Sarebbe estremamente interessante ripercorrere alcune note che riguardano il dibattito della legge finanziaria precedente. Vi sono due elementi che contraddistinguono, in linea retta, quella e questa legge finanziaria: lo sviluppo e l'equità sociale. Sarebbe importante considerare se effettivamente le due parole hanno avuto significato quest'anno e se, pertanto, anche quanto previsto nella legge finanziaria in discussione non sia una pura e semplice illusione.
Quando si parla di sviluppo, varrebbe la pena di ricordare alcuni giudizi che sono stati dati dalle società internazionali di rating. Una società afferma che mancano gli interventi strutturali a sostenere l'extragettito che è pervenuto nel 2007 nelle casse del Tesoro; poche e prive di coraggio sono le operazioni a sostegno dell'economia, incapace di tenere il passo del resto dell'Europa e colpevole di un'arretratezza competitiva che ha raggiunto livelli imbarazzanti. Non lo dice l'opposizione.
Un'altra società di rating afferma che il Governo italiano aveva 11 miliardi di euro disponibili per eventuali riduzioni di deficit e di debito, grazie alla forza del gettito e ad alcuni risparmi di spesa.
Il Governo Prodi, invece, ha scelto di destinare le maggiori entrate a tagli di imposte sulle imprese (più avanti vedremoPag. 90quali) e sulla casa (vedremo anche di che tipo) e ad un aumento della spesa per welfare. Sappiamo perfettamente che dallo scalone si è passati allo «scalino», ma ciò comporta, probabilmente, un aggravio per le casse dello Stato di 10 miliardi di euro, fatte salve alcune rivisitazioni a seguito della definizione di «lavori usuranti» ed occupazione.
In sostanza, questo è un Paese che cresce poco e nell'ultimo anno non vi è stata alcuna inversione di tendenza. È vero: vi è stata la possibilità - grazie anche alle maggiori entrate, ma soprattutto ad un prelievo fiscale esagerato - di sistemare i conti di questo Paese. Ve ne diamo atto. Tuttavia, il problema è un altro: in questo momento voi utilizzate le maggiori entrate non per risistemare strutturalmente la spesa di questo Paese, ma per aggiungere spesa a spesa.
In altri termini, avete raggiunto certamente l'obiettivo di far scendere sotto il 3 per cento l'indebitamento del nostro Paese, ma nel contempo avete prodotto spese ripetitive, che porteranno il Paese, già dal prossimo anno, a superare il 3 per cento. Non l'ho detto io, l'ha affermato il presidente Dini ieri sera nella trasmissione Porta a porta.
Mi domando come farete, ma non lo so! Il dramma è che questo Paese, continuamente, ad azioni magari positive, immediatamente abbina anche azioni negative, che in qualche modo ricadono - assolutamente e in maniera preoccupante - sulle future generazioni.
Quando parliamo, per esempio, di sviluppo e, quindi, di dotazione di risorse alle imprese, è vero che cercate in qualche misura di superare aspetti che anche per noi sono stati di peso tagliando IRES e IRAP. Sì, è vero, le tagliate, ma - è inutile che ce lo diciamo - a favore di chi e contro chi? Infatti, se questo tipo di operazione di taglio ha costo zero, qualcuno ci perde, ossia le piccole e medie aziende.
Voi potete anche dire che fate un'altra operazione, ossia quella sulla deduzione degli interessi passivi, introducendo un nuovo corso. Affermate infatti che, da questo punto di vista, vi è la necessità di capitalizzare meglio il sistema delle imprese nel nostro Paese. Giusto! Ma ritenete che questo strumento sia valido? Oppure non ritenete che costituisca un colpo mortale - assieme all'aumento della base imponibile fatta per IRES e IRAP - che va a colpire effettivamente le piccole e medie aziende di questo Paese, le quali costituiscono l'ossatura e la struttura portante del sistema economico?
Io sono favorevole all'ampliamento dimensionale delle imprese, ma dobbiamo aiutare quelle che abbiamo a crescere, non a farle morire!
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO LEONI (ore 18)
LUIGI D'AGRÒ. Ho la netta sensazione che, con questo tipo di provvedimenti, vi sia più la voglia di penalizzare il sistema imprenditoriale italiano, piuttosto che di dare effettivamente un sostegno allo sviluppo nel nostro Paese. Pertanto, sotto questo aspetto, ritengo che il Governo sia fortemente contraddittorio o, peggio, non dica la verità.
Quando in questa finanziaria vengono fatte altre operazioni (che, per esempio, riguardano un dibattito aperto nel Paese da parecchio tempo, come la class action), mi domando se un'operazione di questo genere, buttata dentro all'improvviso, non valesse altrettanto quanto la liberalizzazione dei servizi pubblici. Quando si compie un'operazione sulla class action, addirittura con un'azione di rivalsa retroattiva (l'istituto della retroattività, ormai, è in uso nel nostro Paese per ogni norma che ritengo penalizzante del diritto naturale), se questa è entrata nel nostro ordinamento, si sarebbe potuto far entrare nel nostro ordinamento anche la liberalizzazione dei servizi pubblici.
Si tratta di una riforma molto attesa dall'insieme dei cittadini italiani e dalle associazioni di categoria, che è utile per non rendere ingessato un settore che penalizza molto anche le risorse a disposizione del singolo cittadino, le quali siPag. 91afferma che, in qualche misura, secondo una logica di equità sociale, vengano aumentate attraverso il taglio dell'ICI.
Rivolgo una domanda al Governo per sapere se ritenga che l'operazione del taglio dell'ICI, che è avvenuta presumibilmente nella misura di circa 70 euro in media per famiglia, possa competere con il previsto aumento delle tariffe di 1.350 euro, ipotizzato per l'anno 2008.
Anche da questo punto di vista, basta esclusivamente creare mister prezzo per fornire una soluzione di facciata al problema dell'aumento del costo della vita, senza guardare effettivamente su cosa incidere e, mediante un'azione di facciata di questo genere, sostenere che si è intervenuto fortemente sul tema della casa?
Vi è anche un altro aspetto che vorrei ricordare al Governo. Ogni tanto, in ogni provvedimento - è capitato con il decreto fiscale e capita anche con la legge finanziaria - sono previste azioni che riguardano il sistema elettrico nazionale. Si tratta di un altro problema che attiene alla tariffe e che pesa molto sul bilancio familiare.
Anche in questa occasione vi sono interventi che non si comprendono. Il più delle volte si tratta di interventi a favore di qualcuno, ma non sono certamente a favore di una rideterminazione della tariffa energetica del nostro Paese, che sarebbe giusto vedere realizzata anche in un disegno di razionalizzazione delle accise, previste dal Governo, le quali sono eterne e ormai hanno superato ed esaurito la propria valenza nel tempo.
Se vogliamo iniziare effettivamente a dare sostegno alle famiglie, non credo che vi debbano essere azioni come queste, compiute nel corso dell'esame del disegno di legge finanziaria relativamente al sistema elettrico italiano, senza toccare minimamente il sistema tariffario. Invece, ciò capita sistematicamente e la tanto vantata riforma del sistema elettrico rimane nel cassetto.
Inoltre, vi è un altro tema importante che riguarda lo sviluppo: la dotazione di risorse per la ricerca. Si tratta di un intervento positivo. Vorrei ricordare al Governo che, anche l'anno scorso se ne è parlato, ma, successivamente ci si è accorti che le risorse non sono state spese, perché la dotazione delle risorse finanziarie a favore della ricerca in un unico capitolo ha causato la mancanza di regolamenti attuativi per poterle spendere. Signor sottosegretario, non vorrei che, anche in questa occasione, risorse importanti per lo sviluppo del Paese rimanessero ferme nel cassetto per far quadrare i conti.
Infine, mi consenta di parlare di un ultimo aspetto, relativo alla realizzazione di infrastrutture nel nostro Paese.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
LUIGI D'AGRÒ. Concludo, Presidente. Fa bene il Ministro Di Pietro ad affermare che è necessario chiudere le opere e i cantieri aperti, ma ho la sensazione che, invece, delle società siano state dotate di risorse per ripianare i debiti anziché per compiere gli investimenti strutturali nel nostro Paese.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Borghesi. Ne ha facoltà.
ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, colleghi, rappresentanti del Governo, vorrei iniziare il mio intervento mettendo in luce le azioni che sono presenti nel disegno di legge finanziaria anche o principalmente per volontà dell'Italia dei valori.
Si tratta di interventi svariati, che vorrei ricordare cominciando da quelli riguardanti le politiche sociali. Ricordo, in particolare, l'estensione degli stessi benefici previsti per i danneggiati dai vaccini ai focomelici (i quali, come noto, negli anni Sessanta sono nati a causa di un farmaco che si chiama talidomide) e che da cinquant'anni aspettavano un indennizzo che hanno ricevuto in tutti gli altri Paesi.
Con riferimento alle politiche abitative, un nostro intervento permette oggi il trasferimento, a titolo gratuito, ai comuni di edifici sottoposti ad un vincolo per i profughi dell'ultima guerra, profughi che in questo momento non ci sono più o il cuiPag. 92numero si è enormemente ridotto, con il risultato che questi edifici non erano disponibili per essere ristrutturati e rimessi nel circuito, soprattutto a vantaggio delle famiglie a basso reddito.
In relazione alle politiche per l'informazione, abbiamo lavorato perché venissero riconosciuti alle emittenti locali i fondi necessari, perché riteniamo che in un sistema di duopolio televisivo (noi volevamo addirittura che si intervenisse per dare finalmente attuazione ad una sentenza della Corte costituzionale che da troppi anni attende di essere attuata e volevamo una norma transitoria che desse immediatamente luogo all'esecuzione di tale sentenza), l'unica protezione dell'informazione libera proviene dalle televisioni locali e per tale motivo abbiamo ritenuto di intervenire a loro favore.
Nelle politiche dei servizi di riscossione abbiamo agito affinché fosse mantenuta la concorrenza e non si arrivasse al monopolio di Equitalia: la nostra tradizione liberaldemocratica ci impedisce di immaginare monopoli anche in questo settore.
Siamo intervenuti direttamente, inoltre, nelle politiche della sicurezza: avevamo certamente chiesto di più per la sicurezza e per le forze dell'ordine, però dobbiamo pure rilevare che, nel passaggio alla Camera, i fondi destinati al rinnovo dei mezzi delle forze dell'ordine si sono incrementati grazie ad una nostra precisa richiesta, anche per permettere di pagare, alle forze dell'ordine, le ore di straordinario, al di là dei tetti fissati in precedenza.
Il nostro intervento rilevante, però, ha riguardato soprattutto i costi della politica. Ebbene, rileviamo che in questo disegno di legge finanziaria finalmente si dà avvio a più azioni che intervengono sui costi della politica e sugli sprechi della pubblica amministrazione, a partire da un'iniziativa, forse simbolica, ma che per noi è molto importante, ossia l'abrogazione della legge nota come «legge mancia» voluta dal Governo Berlusconi e che solamente nell'ultima manovra finanziaria che ne ha previsto il finanziamento - quella per il 2006 - ha determinato un intervento di 222 milioni di euro. Siamo lieti che questo provvedimento sparisca dal panorama delle leggi italiane: si trattava di una legge solamente ed esclusivamente clientelare.
Siamo lieti degli interventi sulle comunità montane che, anche se rimodulati in modo diverso, non potranno che portare, in definitiva, ad una loro rilevante riduzione. Non possiamo non ricordare qualche cosa di nuovo, come gli interventi tesi all'abolizione dei consorzi di bonifica o comunque alla riduzione dei loro amministratori e alla riduzione degli amministratori dei consorzi BIM, ossia i consorzi dei bacini imbriferi montani. Stiamo parlando di materie che sono già di competenza regionale e per le quali vi è stata una serie di duplicazioni di funzioni che non ha più senso. Noi siamo intervenuti in modo rilevante perché alcune questioni cambino.
Un altro nostro emendamento che, seppure riformulato dal relatore, ha prodotto una rimodulazione, con un intervento sostanziale, è quello che riguarda le circoscrizioni: esse non esisteranno più nelle città con meno di centomila abitanti, mentre oggi, spesso, esistono anche in cittadine di 30 mila abitanti ed è chiaro che non possono che avere il senso di uno spreco di denaro pubblico. Per le città il cui numero di abitanti è compreso tra 100 mila e 250 mila, le circoscrizioni saranno possibili, ma comunque in numero ridotto, perché complessivamente la media degli abitanti per circoscrizione dovrà essere almeno di trentamila.
Abbiamo approvato con convinzione le norme relative alla razionalizzazione degli uffici locali all'estero; abbiamo approvato con convinzione e appoggiato le norme sulla limitazione a compensi e consulenze in capo alla stessa persona. Questi sono interventi dei quali ci sentiamo, in qualche modo, attori e lo rileviamo con grande soddisfazione. Naturalmente, si può sempre fare di più, ciò anche in relazione a quanto ha dichiarato recentemente il Ministro dell'economia e delle finanze, e cioè che nei prossimi anni dobbiamo immaginare che le manovre saranno di 10 miliardi di euro all'anno e che non potrannoPag. 93essere certamente effettuate attraverso nuove tasse; per cui, per forza di cose, esse dovranno incidere sui costi della pubblica amministrazione e sulle spese correnti. Non c'è dubbio che abbiamo tante proposte ancora da fare perché si vada in questa direzione.
Complessivamente, questo disegno di legge finanziaria inizia anche a restituire i proventi delle tasse ai cittadini. Ci sono una serie di interventi che giudichiamo significativi in tal senso e che vorrei in questa sede riassumere, che ci fanno anche dire che, complessivamente, siamo in presenza di una finanziaria che giudichiamo positivamente, perché avrà sicuramente l'effetto di liberare risorse per i consumi.
In questo momento abbiamo certamente un problema di competitività, anche internazionale, ma il problema più rilevante per noi è la stagnazione dei consumi interni. Ci sono, quindi, tanti interventi che vanno anche in questa direzione. Voglio ricordarne rapidamente qualcuno: ci sono interventi che riguardano i lavoratori, la riduzione dell'ICI, l'intervento sui contratti di locazione, l'intervento per i giovani, per le famiglie numerose, il fondo per i disabili, il fondo per i mutui, la stabilizzazione degli LSU e anche dei Cococo, l'intervento sul trattamento di fine rapporto.
Tutti questi interventi libereranno anche nuove risorse, oltre ad andare incontro ai bisogni delle classi più deboli del nostro Paese. Ma ci sono anche interventi che riguardano i cittadini consumatori: penso alla sterilizzazione dell'IVA sull'aumento del prezzo dei carburanti, ad una vera e reale portabilità dei mutui senza oneri per chi vuole rinegoziare il suo mutuo, alla class action. Certo, avremmo preferito nella class action delle norme ancora più tese ad allargare la platea dei beneficiari, ma ci accontentiamo che non sia stata inserita una previsione che impedisca la retroattività di questa norma. Ascoltavo prima un collega: può darsi che i miei studi giuridici, essendo laureato in economia, non siano stati così approfonditi, ma posso ricordare che si parlasse di irretroattività della norma penale, mentre non ho mai sentito che esista un qualche diritto ad una irretroattività della norma civile (d'altronde gli Stati Uniti, sotto questo profilo, ci hanno abituato a diversi aspetti). Ciò che interessa è la tutela di chi è stato danneggiato, del consumatore, e quindi, in questo senso, anche se con qualche limitazione, ritengo che la class action sia uno strumento importantissimo per il futuro.
Allo stesso modo, per quanto riguarda l'estensione dei benefici alle vittime del dovere, della criminalità organizzata. Ma questa finanziaria contiene norme importanti per le imprese per quanto riguarda l'IRES e l'IRAP, soprattutto per la semplificazione che segue alla riduzione di IRES ed IRAP, con correttivi, introdotti proprio a seguito dell'esame svolto qui alla Camera, che sono serviti a salvaguardare le piccole e medie imprese più sottocapitalizzate e, ad esempio, anche a salvaguardare le imprese di primo avviamento, di start-up, come si dice, grazie al rinvio senza termini della differenza non deducibile; faccio riferimento anche ai contributi per le piccole imprese per la videosorveglianza, ad interventi che abbattono le aliquote, perché qualcuno se ne è dimenticato, ma c'è tutta una serie di imposte sostitutive che colpiscono con aliquote molto più basse della normale aliquota.
Ad esempio, per rendere disponibili le riserve in sospensione d'imposta, che in una situazione normale avrebbero dovuto scontare il 35 per cento di imposte, è sufficiente un'imposta sostitutiva dell'1 per cento. Per non parlare delle imposte sostitutive relative alle plusvalenze da conferimento, e così via.
C'è poi la questione delle imprese minime: forse non ci rendiamo conto che dall'anno prossimo un milione di contribuenti avrà una situazione di semplificazione tale per la quale dovrà solo conservare i documenti, avendo un'imposta fissa del 20 per cento; a seguito di ciò credo che tali contribuenti potranno rinunciare persino a pagare i consulenti.Pag. 94
Vi sono poi le norme che riguardano gli enti locali: dai piani di valorizzazione dei beni demaniali, che i comuni dovranno essere capaci di sfruttare, al recupero dei centri storici; le modifiche al Patto di stabilità interno. Si opera anche un intervento sui derivati: anche qui noi avremmo voluto un intervento più stringente, però credo che quello previsto sia un avvio particolarmente importante. Vi sono, altresì, gli interventi destinati alla ristrutturazione delle reti idriche e al ripristino del paesaggio.
C'è ancora l'emergenza terremoti, a proposito della quale si vuole porre fine al problema Noi del gruppo dell'Italia dei Valori lamentiamo il fatto che purtroppo in Italia non tutti i terremotati sono uguali, in qualche area hanno dei benefici, in qualche altra non ce l'hanno: lamentiamo, ad esempio, che i terremotati del Molise non godono dello stesso tipo di benefici che sono stati riservati agli altri.
Interventi nel campo della cultura. Penso alle risorse per gli enti lirici e per le fondazioni degli enti lirici. Interventi per le infrastrutture: c'è un intervento importante che permetterà all'alta velocità, alta capacità, di andare avanti anziché rimanere bloccata.
Penso anche agli interventi per l'ambiente: incentivi per le energie rinnovabili, impianti fotovoltaici, la concorrenza nel settore del gas e gli interventi in materia di clima. Penso anche alle politiche di genere: sostegno all'imprenditoria femminile. Ho già ha detto delle televisioni locali, perché l'informazione sia più libera e non limitata al duopolio RAI-Mediaset; e, infine, gli interventi, come ho detto, per la sicurezza.
Credo di aver delineato un panorama complessivo della manovra economica, che porta a noi dell'Italia dei Valori ad esprimere un giudizio sostanzialmente positivo sul disegno di legge finanziaria in esame. Il nostro voto sarà sicuramente favorevole (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Frigato. Ne ha facoltà.
GABRIELE FRIGATO. Signor Presidente, la legge finanziaria è un documento di grande importanza e rilevanza. Sappiamo che riguarda il bilancio dello Stato ed incide nella vita del Paese, nella vita reale delle nostre famiglie e dei nostri cittadini.
Con riferimento ai temi della produzione, dello sviluppo, della competitività altri colleghi prima di me si sono soffermati, sono intervenuti in maniera ampia e completa: non mi voglio esercitare in questa direzione, anche perché ho molto apprezzato l'intervento e la relazione del collega Michele Ventura. Voglio solo lasciare agli atti tre riflessioni, che trovo già presenti nella manovra di bilancio ma a mio avviso necessitano di un più grande impegno, di una decisione maggiore, di una dotazione finanziaria più consistente.
Signor Presidente e colleghi, in questi giorni abbiamo tutti pianto i quattro giovani morti sul lavoro a Torino. Purtroppo, dobbiamo dire che si tratta dell'ennesimo incidente sul lavoro. Non voglio unire parole a parole: in questi casi le parole credo davvero non bastino, servono poco; credo che sicuramente l'impegno del Governo è già stato forte, ed è ulteriormente annunciato, ma una particolare attenzione la dobbiamo prestare al riordino delle competenze anche in questa materia, alla semplificazione delle procedure e al rafforzamento degli organici.
In tante regioni italiane, anche nella regione nella quale vivo, i controlli nelle aziende avvengono quasi casualmente, non perché non ci sia la volontà, non perché manchi la normativa, ma perché mancano gli ispettori.
Vorrei formulare davvero un appello. Si tratta oggi di rafforzare gli organici di talune parti dello Stato: ebbene, io credo che la priorità sia quella di rafforzare il comparto che attiene ai controlli della sicurezza e per la sicurezza nel mondo del lavoro.
PRESIDENTE. Mi perdoni, onorevole Frigato. I colleghi seduti al banco del Comitato dei nove dovrebbero evitare di dare le spalle alla Presidenza; inoltre, sePag. 95debbono tenere una riunione, dovrebbero farlo senza disturbare il collega che parla e quelli che lo ascoltano.
GABRIELE FRIGATO. La ringrazio, signor Presidente. Una seconda riflessione che desidero svolgere concerne una tematica attuale. Anche qui siamo stati tutti aggiornati - ove ve ne fosse stato bisogno - su quanto il potere d'acquisto degli stipendi e dei salari nel nostro Paese sia regredito negli ultimi cinque anni (io credo sia anche da più tempo, ma fermiamoci pure agli ultimi cinque anni). Non lo dicono solo i sindacati: lo dicono gli istituti di ricerca europei, lo dice Confindustria, lo dice il Governatore della Banca d'Italia. Ebbene, credo che a noi non spetti soltanto ascoltarlo o ripeterlo: noi dobbiamo formulare politiche di intervento che riguardino i prezzi e le tariffe e che siano finalizzate a garantire un maggiore compenso a chi lavora e a chi produce in questo Paese. D'altronde, mi sia consentito di ricordare, soprattutto ai colleghi del centrosinistra, che in campagna elettorale, nel chiedere il voto, ci siamo impegnati insieme affermando che volevamo - e io credo vogliamo ancora - privilegiare chi produce e non già chi specula in termini finanziari. Vi è un Paese reale che lavora e che produce: ecco, io credo che dobbiamo prestare maggiore attenzione a questo Paese e maggiore attenzione alle persone che ogni giorno contribuiscono alla crescita e all'avanzamento della nostra comunità.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
GABRIELE FRIGATO. Infine, desidero ricordare che in questi giorni si è conclusa la Conferenza internazionale sui cambiamenti climatici di Bali. Non voglio certamente fare sintesi che non sono possibili: desidero solamente evidenziare un elemento, signor Presidente, e con questo concludo. Certamente nel produrre inquinamento l'industria fa la sua parte e così anche il riscaldamento civile, ma il comparto dei trasporti è, per quanto riguarda le economie occidentali, il maggior indiziato: in Italia, poi, lo è in maniera ancor maggiore. Credo che nel nostro Paese, che è attorniato dall'acqua ed ha qualche via navigabile, sia indispensabile ed inderogabile cambiare le politiche del trasporto: ciò significa rafforzare il treno ed iniziare a utilizzare le cosiddette «vie azzurre», le autostrade azzurre e le vie navigabili. In questo senso, sono davvero dispiaciuto perché mi sembra che un emendamento, firmato anche dal sottoscritto, che chiedeva maggiore attenzione per quel grande fiume che è il Po non abbia avuto la considerazione che dal mio punto di vista necessitava.
PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole.
GABRIELE FRIGATO. Concludo, signor Presidente. Voglio comunque augurarmi che si possa recuperare ciò nel corso dell'esame del provvedimento in Assemblea; mi auguro, altresì, che il Governo possa dimostrare che su questi temi vi sono non solo le conferenze internazionali ma anche le azioni politiche concrete.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Tranfaglia. Ne ha facoltà.
NICOLA TRANFAGLIA. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, cari colleghi, desidero richiamare l'attenzione mia e dell'Aula su due particolari aspetti che riguardano il settore dell'istruzione e in particolare scuola ed università.
Per quanto riguarda la scuola, da una parte sono contento che il Governo abbia stabilito di aumentare i contributi per il funzionamento delle scuole; dall'altra, però, sono assai preoccupato per quel che riguarda il reclutamento degli insegnanti.
Questo ritorno ai maxiconcorsi periodici - addirittura dopo soli tre anni di laurea - per gli insegnanti che vogliono lavorare nella scuola rappresenta un passo indietro decisivo rispetto a ragionamenti ed elaborazioni che avevano percorso tutti gli anni Novanta e che, sulla base di ciò che era avvenuto nei principali Paesi europei, erano giunti a stabilire che vi fosseroPag. 96dopo la laurea - non dopo la prima laurea, bensì dopo il secondo livello di laurea - corsi universitari per accedere all'insegnamento. Su questo aspetto vi erano state negli anni Novanta una serie di decisioni da parte dei Governi che avevano condotto ad un paragone ed un confronto fruttuoso con quanto avviene in Francia, Germania ed in altri Paesi.
È come se ora avessimo rinunciato alla possibilità di una migliore preparazione e di un corso teorico-pratico per arrivare all'insegnamento e fossimo tornati, senza controllare una preparazione adeguata, a maxiconcorsi che durano anni e spesso non conseguono risultati positivi neppure per la selezione degli insegnanti. Ciò mi sembra una sorta di rinuncia, da parte del Governo, a normare in maniera adeguata un punto fondamentale, quello dell'ingresso di insegnanti che abbiano le caratteristiche necessarie affinché le nuove generazioni possano essere abbastanza preparate di fronte alle sfide ed alla complessità del mondo in cui viviamo. Questa sorta di rinuncia mi sembra molto grave, perché ci porta immediatamente al livello di altri Paesi che non hanno provveduto alla preparazione degli insegnanti e scontano conseguenze sempre più negative per quanto riguarda l'arrivo al mondo del lavoro da parte dei giovani.
Francamente sono rimasto sorpreso da tale norma del disegno di legge finanziaria, anche perché all'inizio di questa legislatura sia il Ministro Fioroni sia il Viceministro Bastico avevano assicurato che avrebbero formato delle commissioni per decidere le forme di reclutamento degli insegnanti. Nel provvedimento in esame si parla soltanto, invece, di un regolamento ministeriale che dovrebbe regolare l'accesso ai concorsi, ma - ripeto - lo strumento dei maxiconcorsi ha dato nell'esperienza scolastica degli ultimi vent'anni (fin a quando si sono fatti) risultati non positivi: la durata di tali concorsi, le modalità con cui essi venivano svolti e spesso errori addirittura nella formulazione dei concorsi medesimi avevano determinato una sorta di abbandono di questo metodo, e sembrava che fossimo tutti d'accordo per delineare, in realtà, forme di preparazione specialistica per il reclutamento degli insegnanti.
Vi era stata una discussione molto forte circa il fatto che fossero direttamente le università, in collaborazione con la scuola, a dover curare la preparazione e in ordine alla durata della preparazione, ma a questo punto tutta quella discussione viene lasciata da parte e si ritorna a qualcosa che aveva dominato i decenni precedenti e si era rivelata non efficace. La scuola è stata uno dei punti fondamentali del nostro programma anche elettorale e trovare soluzioni di questo genere che comportano passi indietro mi sembra un grande errore.
Il secondo aspetto riguarda l'università: mi aspettavo infatti, che dopo la legge finanziaria dell'anno scorso, in cui il problema è stato quello dei tagli per le difficoltà dei conti, si intervenisse in tema di università. Noi abbiamo un sistema universitario che negli ultimi quindici anni è cresciuto a dismisura sulla base di pressioni di gruppi parlamentari o di territori. Di conseguenza abbiamo un sistema molto ampio, a mio avviso anche eccessivo, che invece di portare gli studenti all'università porta l'università dagli studenti, con il risultato che nella fase di attuazione della riforma abbiamo moltissime università, soprattutto nel Mezzogiorno e nelle isole, che sono lontane dal poter avere i requisiti stabiliti dalle precedenti leggi per poter mantenere in piedi corsi di laurea e facoltà.
Pertanto, siamo in una situazione difficilissima in cui le università protestano, ma in molti casi si tratta di istituti la cui attività è partita all'improvviso, senza disporre né di docenti né di strutture didattiche. Quindi, quanto sta avvenendo rappresenta, in qualche modo, l'espressione di una situazione che non ha funzionato.
A mio avviso, i Governi che hanno permesso l'apertura di nuove università senza che neppure lontanamente sussistessero determinati requisiti ovviamente si trovano ora in difficoltà a chiedere a tali università l'osservanza di tali requisiti. MaPag. 97cosa facciamo? Sarebbe stato necessario un intervento strutturale che effettivamente razionalizzasse in qualche modo il sistema universitario italiano; sia l'università, sia la scuola, sono istituzioni centrali nella politica economica - e non solo - del Governo e devono essere considerate risorse preziose per il Paese e non soltanto motori di spesa.
Da tale punto di vista, nonostante dia complessivamente un giudizio positivo sulle caratteristiche della politica di bilancio del Governo, ho dovuto notare che tutti gli emendamenti presentati dai vari gruppi in ordine ai problemi relativi alla scuola e all'università sono stati, di fatto, respinti dalla V Commissione e che le soluzioni trovate e le norme che sono state predisposte sono effettivamente preoccupanti per il futuro del Paese.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Gambescia. Ne ha facoltà.
PAOLO GAMBESCIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, siamo dinanzi a un provvedimento di buona fattura. Si poteva fare di meglio? Certamente, sempre si può fare di meglio. Tuttavia, i numeri sono tali e allorché vi è uno stretto margine di manovra è necessario compiere delle scelte e ovviamente accade - come in questa occasione - che qualche aspetto (o forse qualcosa in più) non venga considerato.
Tuttavia, il giudizio resta complessivamente positivo, con luci e ombre che anche la relazione svolta dal relatore, il collega Michele Ventura, ha sottolineato. Una relazione concreta, perché la legge finanziaria, se non è concretezza - e spesso negli anni passati non lo è stata - non è niente. La legge finanziaria è un'indicazione che fa i conti con le disponibilità del Paese e individua in quale direzione si vuole procedere.
Nel mio breve intervento affronterò alcuni aspetti che riguardano il mondo della giustizia. Anche per tale settore vi sono aspetti sia positivi sia negativi in ordine alle norme contenute nel disegno di legge finanziaria. Sicuramente assistiamo ad un'inversione di tendenza sul versante degli investimenti anche se nel disegno di legge finanziaria i fondi a disposizione per la giustizia rimangono comunque pochi.
Renderemmo un cattivo servizio al Paese se non sottolineassimo gli aspetti negativi e anche la maggioranza deve evidenziare tali aspetti. A fronte di impegni che il provvedimento in esame contiene - mi riferisco, tra gli altri, alla class action e alle norme che stiamo varando in ordine alla sicurezza - sarebbero stati necessari fondi di maggiore entità.
Tuttavia, come già ho affermato, la legge finanziaria è una linea che si traccia. Pertanto, affrontando tali importanti novità, che sono corpose nel panorama giudiziario italiano, il Parlamento dovrà trovare le risorse necessarie perché esse non rimangano sulla carta.
Proseguo velocemente nell'esposizione del mio intervento.
Nel disegno di legge finanziaria al nostro esame sono previsti, pur nelle ristrettezze del bilancio, 1,5 milioni di euro per il 2008, 5 milioni di euro per il 2009, 10 milioni di euro per gli anni a seguire dal 2010 per le assunzioni nelle amministrazioni penitenziarie. È un primo segnale dato su un tema, come tutti sappiamo, molto delicato, quello del carcere e del trattamento dei detenuti, ma anche di chi si impegna per la rieducazione e la custodia degli stessi.
Nel disegno di legge finanziaria si interviene per ridurre a ventuno le sezioni della commissione tributaria centrale. Tale provvedimento va nella direzione del risparmio e della razionalizzazione. Proseguendo nel portare esempi di misure positive recate dal provvedimento in esame, si interviene per il recupero dei crediti dell'amministrazione giudiziaria e anche questo va nella direzione di riacquisire alle casse dello Stato somme che spesso si perdono, in quanto nessuno fino ad ora le chiedeva a chi doveva darle.
Vengo così al problema delle intercettazioni telefoniche. Nel provvedimento in esame si affronta il tema del centro unico di ascolto e di trattamento delle intercettazioni telefoniche. A tal proposito, debboPag. 98fare una considerazione che ho già svolto più volte su questo, ma anche su altri temi. Il Parlamento aveva già fatto un percorso ampio ed era giunto a certe conclusioni largamente condivise, anche da una parte cospicua dell'opposizione. Il disegno di legge finanziaria ha scavalcato questo lavoro; non mi sembra un modo corretto di procedere.
PRESIDENTE. Onorevole Gambescia, dovrebbe concludere.
PAOLO GAMBESCIA. Concludo, signor Presidente. Infine, vi è la class action, che introduce finalmente in Italia una vera riforma a difesa dei cittadini e dei consumatori. Si può discutere se sia buona o meno, se si poteva fare meglio, se fosse per esempio stato migliore il testo elaborato in questo ramo del Parlamento. Tuttavia, introduciamo finalmente un principio civile, da Paese democratico.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Frassinetti. Ne ha facoltà.
PAOLA FRASSINETTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevole rappresentante del Governo, è preoccupante iniziare questa discussione sul disegno di legge finanziaria per il 2008 per constatare come ancora una volta non vengano affrontati i problemi reali e strutturali del Paese. La maggioranza ha dissipato alcune migliaia di miliardi di euro in spesa pubblica aggiuntiva peggiorando i conti dello Stato. Un'altra considerazione necessaria, sostanziale e non solamente procedurale, è che la manovra sta assumendo una veste di provvedimento omnibus. Questo è un vizio emerso anche su altri provvedimenti importanti, come ad esempio quelli concernenti la scuola adottati negli scorsi mesi.
Abbiamo quasi cento emendamenti del Governo e della maggioranza ed oltre duecento articoli. Mi pare che siamo in presenza di una violazione delle norme costituzionali di bilancio. Abbiamo, quindi, centinaia di norme evidentemente frutto di equilibri interni; per poter affrontare e risanare i dissidi della maggioranza si determina un danno ai cittadini. Questa è una premessa fondamentale e mi sembrava doveroso effettuarla.
Quindi, abbiamo un aumento complessivo del prelievo fiscale, un'assenza di sostegno alle imprese che possa spingere lo sviluppo ed una immutata condizione di difficoltà per i soggetti deboli. Queste sono, a mio avviso, le più gravi criticità. Per risolvere tali problemi, il gruppo di Alleanza Nazionale ha effettuato richieste importanti, di portata strategica, soprattutto su tre rilevanti questioni: la famiglia, l'impresa e la crisi dei mutui.
Per la famiglia si chiede un fondo che avvii in modo sperimentale per il 2008 l'istituzione del quoziente familiare. Per le imprese, il gruppo di Alleanza Nazionale chiede che gli studi di settore abbiano valenza di semplice ricognizione e non siano uno strumento di determinazione dell'imponibile fiscale. Si chiede, inoltre, di varare una normativa che aiuti le famiglie a superare la crisi dei mutui. Ecco tre interventi sostanziali, che cambierebbero la vita di tanti cittadini italiani.
D'altronde che questa manovra non fosse soddisfacente lo si poteva già intuire anche dall'intervento che il Governatore della Banca d'Italia Draghi aveva svolto in sede di Commissioni riunite bilancio di Senato e Camera, affermando che la manovra del 2008 «non sfrutta il favorevole andamento delle entrate per accelerare la riduzione del debito e non restituisce ai contribuenti una quota significativa degli aumenti di gettito». Constatiamo quindi che la manovra di bilancio varata dal Senato non ha raccolto queste criticità che venivano evidenziate da tutti gli ambienti più autorevoli. Anzi, abbiamo di fronte una finanziaria in cui il 10 per cento dell'intera manovra è stato pagato, come dicevo nella mia introduzione, come prezzo del consenso per conservare una maggioranza costantemente fragile.
La spesa ha continuato ad essere inattaccabile, non tenendo conto che nel prossimo futuro sarà difficile trovare condizioni così favorevoli, con il salvagente di una extra-gettito di quasi 13 miliardi. DiPag. 99tagli alla spesa ce ne sono stati pochi e quei pochi sono stati sacrificati sempre per un discorso politico di maggioranza e di consenso. Pertanto i costi pubblici sono aumentati e le coperture sono state così complesse e convulse da far registrare, forse per la prima volta, un conflitto tra la Ragioneria generale dello Stato e il Ministero dell'economia e delle finanze.
Siamo in presenza di una legge finanziaria dove la struttura della spesa non cambia, quella corrente cresce ancora e la pressione fiscale rimane al record storico del 43 per cento, mentre il Senato ha varato una serie di norme che hanno un carattere talmente settoriale e localistico da risultare incoerenti addirittura con il profilo complessivo che dovrebbe avere una manovra finanziaria seria e costruttiva. Ne cito ad esempio solo qualcuna: due milioni di euro per sostenere l'apicoltura; 400 mila euro per i Giochi del Mediterraneo di Pescara; un milione e mezzo di euro per il Festival Pucciniano a Torre del Lago. Si è fatto ciò lesinando, invece, i finanziamenti da assegnare a interventi di natura strutturale che sarebbero serviti, in qualche modo, per rilanciare lo sviluppo del Paese.
Un altro elemento grave, a mio avviso, è che non vi è traccia, neanche con l'adozione di misure fiscali, dei presupposti per l'impostazione seria di un piano di interventi per la famiglia, come dicevo nella mia premessa. La famiglia oggi costituisce l'unico ammortizzatore sociale che funziona perché unisce in sé tutte le principali problematiche del Paese, dal mantenimento dei figli al precariato; sostenere la famiglia significa dare sostegno a sanità, istruzione e occupazione nello stesso momento.
In maniera altrettanto grave emerge, come denunciato dalle organizzazioni sindacali e dalle rappresentanze militari del comparto difesa e sicurezza, una decisa carenza di risorse destinate a garantire il raggiungimento dei più elevati standard di sicurezza e di difesa, per migliorare la qualità della vita dei cittadini. La sicurezza serve a migliorare la qualità della vita, non costituisce soltanto un dato repressivo ma anche preventivo e di qualità, per consentire un maggiore ed equilibrato sviluppo socio-economico, soprattutto nelle aree d'Italia più esposte ai fenomeni criminali.
Mancano pertanto, a mio avviso, politiche di ampio respiro perché il Governo, che dovrebbe essere il luogo della direzione dei processi, svolge invece la funzione di amministratore di condominio. L'unico fine in questo momento è quello di tenere insieme la coalizione, invece di perseguire il bene al servizio del Paese. Ciò è visibile in un settore che mi interessa particolarmente, quello dell'istruzione, caratterizzato fin troppo spesso da provvedimenti spot, senza alcuna organicità, spesso solo con il risultato della furia iconoclastica contro la riforma Moratti, come abbiamo già denunciato in occasione dell'esame di altri provvedimenti sottoposti alla nostra attenzione in quest'autunno. Sostanzialmente manca uno spirito migliorativo rispetto ad un quadro normativo complesso già esistente.
La finanziaria per il 2008 ancora una volta penalizza la scuola. Si parla di scuola solo come elemento astratto, senza prevedere le risorse necessarie al suo funzionamento in maniera organica. Cito ad esempio l'edilizia scolastica. Sarebbe stato indispensabile prevedere maggiori fondi per mettere a norma gli istituti scolastici; si evidenzia che la maggior parte delle scuole è ancora lontana dall'adeguamento a quanto prevede il decreto legislativo n. 626 del 1994.
Nonostante gli edifici scolastici, come sappiamo, siano di proprietà degli enti locali (quelli degli istituti superiori in primis della provincia), è evidente che un maggiore e adeguato stanziamento di risorse avrebbe posto le stesse scuole nelle condizioni di programmare il lavoro necessario per la sicurezza dei nostri giovani.
Un altro aspetto critico nel campo della scuola riguarda il fatto che, in Italia, è urgente realizzare finalmente le condizioni per la libera scelta educativa delle famiglie. Sarebbe stato necessario approntare risorse adeguate: in tal modo, si sarebbe sicuramente fatto un passo verso la qualitàPag. 100della scuola e si sarebbe potuto dare un segnale concreto e coerente con quanto indicato dal Libro verde sulla spesa pubblica, almeno nel settore fondamentale dell'istruzione, senza pregiudiziali di tipo ideologico o politico.
Con l'articolo 94 - che cito perché sostanzialmente declina gli argomenti dell'istruzione in maniera più completa e chiara - è stato compiuto sicuramente un passo indietro in Commissione bilancio del Senato, rinviando sine die il reclutamento dei docenti, che si sostanzia nei vecchi concorsi biennali, contraddicendo così il Quaderno bianco sulla scuola (presentato in pompa magna il 20 settembre a Roma, congiuntamente dal Ministero della pubblica istruzione e da quello dell'economia e delle finanze), nel quale si individuava come necessaria l'applicazione di un nuovo modello di reclutamento.
Siamo abituati a questo tipo di contraddizioni: ancora una volta, a farne le spese è la formazione iniziale degli insegnanti, che non hanno gli strumenti per poter affrontare una differenziazione professionale. Si tratta, quindi, di un ennesimo capitolo sbiadito nel libro delle promesse non mantenute. Non è cosa responsabile, certo, un patto corporativo tra politica e sindacati, come dimostra il recente contratto collettivo nazionale, che, relativamente ai docenti, adegua giustamente gli stipendi ma rinvia l'aggancio della progressione salariale a valutazioni di merito. Siamo di nuovo, quindi, di fronte a un sistema in cui fare o non fare produce sostanzialmente gli stessi risultati, con la mortificazione del merito: gli insegnanti che dovrebbero essere i veri formatori della classe dirigente futura del Paese, sono pertanto indotti ad assumere un atteggiamento impiegatizio.
Bisogna riflettere - è di questi giorni il risultato delle analisi OCSE - sul fatto che l'Unione europea, nel suo recentissimo rapporto, colloca il nostro sistema di istruzione in coda alla graduatoria dei 27 Paesi che la compongono. È ora che le riforme pongano al centro il merito, così come i contratti sindacali e le forme di reclutamento, non essendo evidentemente sufficienti i vari annunci di un rinnovato rigore contro i docenti fannulloni. È urgente, invece, che l'azione politica e quella sindacale si indirizzino verso una forma di serio reclutamento dei docenti, che appaiono come l'anello debole del sistema educativo italiano.
Per quanto riguarda la cultura, segnalo brevemente che nella manovra finanziaria manca una visione di insieme, sia sui temi della cultura sia riguardo ai beni culturali, così importanti per l'economia del nostro Paese e per il turismo, perché costituiscono veramente una risorsa dell'Italia. Si pensi, ad esempio, al fatto che non sono stati affrontati a fondo i problemi riguardanti le fondazioni liriche, che costituiscono un altro aspetto rilevante nella tradizione italiana.
Sempre con riferimento ad argomenti propri della Commissione alla quale appartengo, svolgo un breve accenno a quanto contenuto nei primi due commi nell'articolo 125 con riferimento allo sport: una norma apparentemente innocua, che a mio avviso nasconde un disegno ben preciso, con il quale si sottrae alla competenza del CONI tutta la parte relativa allo sport non agonistico e amatoriale per affidarla alla politica attraverso enti locali ed enti di promozione attiva.
A mio avviso, in tal caso si mina gravemente il principio dell'autonomia dello sport; segnalo peraltro che non vi è contrarietà rispetto all'intenzione del Governo di destinare fondi alla promozione sportiva. Si tratta di un altro passo indietro in un aspetto importante della vita del Paese, quello degli sport minori, che sono formativi, ma anche fonte di tanta passione per molti italiani.
In conclusione, torno ad evidenziare uno degli argomenti più importanti, per quanto riguarda l'attività, anche emendativa, svolta da Alleanza Nazionale relativamente all'attuale manovra finanziaria: mi riferisco al pacchetto che riguarda le proposte formulate dalle donne dell'opposizione, in primis dalle donne di Alleanza Nazionale, che hanno suggerito interventi strutturali a supporto dei redditi delle famiglie, per ogni figlio nato o adottato dalPag. 1011o gennaio 2008, ad integrazione di spese importantissime per la famiglia (per l'acquisto di prodotti per la prima infanzia, per l'impiego della baby sitter per accudire il bambino, per l'iscrizione all'asilo nido e l'acquisto dei libri di testo: tutti servizi necessari e fondamentali).
In più, chiediamo l'introduzione del quoziente familiare, l'esenzione dall'ICI dell'unità immobiliare destinata ad abitazione principale, per le tre annualità successive alla nascita o all'adozione di ciascun figlio e, passaggio importantissimo, l'istituzione di un fondo di garanzia sui mutui per l'acquisto della prima casa, nonché l'equiparazione della maternità adottiva a quella naturale, dal punto di vista della fruibilità dei congedi parentali.
Poi, ancora, con il ricordato pacchetto di proposte emendative volte ad aiutare la famiglia, si richiede la possibilità per i padri di poter usufruire di un permesso retribuito dopo la nascita dei figli.
Sono proposte concrete, che dovrebbero essere sottoscritte da tutti, senza alcuna differenza di schieramento; si tratta, infatti, di proposte positive, che cambiano in maniera sostanziale la vita del cittadino e della famiglia. Sono proposte che imprimono una strategia a una manovra finanziaria e che, a mio avviso, purtroppo, forse, non potranno nemmeno essere discusse.
In questi giorni, infatti, dovrebbe svolgersi un dibattito e sarebbe bello avere l'opportunità anche di confrontarsi sulle diverse concezioni di Stato sociale presenti negli schieramenti, ma temo - e il pessimismo è d'obbligo - che, ancora una volta, la fine del film sia sempre la stessa.
Già l'anno scorso, davanti a questa Assemblea, in occasione della manovra finanziaria, è stata posta la questione di fiducia. È di oggi una notizia ANSA secondo cui il Ministro Chiti ha dichiarato che il Governo ha già deciso e, quindi, verrà posta la questione di fiducia.
Se ciò avverrà, sarà un'altra occasione mancata di confronto, un'altra occasione nella quale il Parlamento avrebbe potuto veramente incidere, migliorando e modificando una manovra finanziaria che soltanto all'apparenza può sembrare meno penalizzante di quella dello scorso anno, ma che è insidiosa e ha privilegiato una sorta di redistribuzione demagogica, senza in realtà prevedere interventi concreti e migliorativi per la vita degli italiani.
Se davvero nei prossimi giorni il dibattito parlamentare sarà strozzato, mediante l'ennesima posizione della questione di fiducia, faremo un passo indietro, ma si tratterà soltanto di una parentesi, per così dire. Infatti, da qui potrà ripartire l'evidenziazione di una contraddizione, a causa della quale l'attuale Governo non ha la possibilità di affrontare un dibattito parlamentare, perché è un Governo che dispone solo di una maggioranza numerica e che difetta, invece, della maggioranza più importante: una maggioranza politica, che servirebbe per governare questo Paese.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Sasso. Ne ha facoltà.
ALBA SASSO. Signor Presidente, la manovra finanziaria per il 2008 è indubbiamente, come già hanno sottolineato molti colleghi della maggioranza che mi hanno preceduto, una manovra che si avvia sulla strada della redistribuzione, del risarcimento sociale e del recupero dell'efficienza.
Lo scorso anno, nella VII Commissione auspicavamo, per il futuro, nelle materie di nostra competenza (cultura, scuola, università, ricerca e informazione) una politica diversa, che permettesse all'Italia di «volare alto», come si dice in tutti i discorsi ufficiali, puntando sul valore strategico dell'innovazione, della ricerca, dell'istruzione e della cultura, come motore di una riforma civile della convivenza, volano di quel nuovo slancio del Paese di cui si sente con urgenza il bisogno.
Quanta innovazione, quanta conoscenza incorporano oggi i sistemi produttivi del nostro Paese sul terreno dell'economia? Il possesso per tutti di saperi e competenze rafforza o meno i singoli e i loro profili di cittadinanza sul terreno della democrazia? Sono o meno questi gli anticorpi per un tessuto sociale sfilacciatoPag. 102e parcellizzato come ci ha indicato da ultimo il rapporto del Censis? Mai come oggi cultura e sapere possono rappresentare la trincea e il senso del vivere sociale, il baluardo della Repubblica come idea dello stare insieme e della costruzione di valori condivisi.
Nonostante tanti interventi importanti rivolti a questi settori (di cui dirò in seguito), credo che questi temi non siano ancora centrali nell'azione di questo Governo. Il Governo di un Paese come l'Italia deve fare di più sul terreno della cultura, dell'istruzione, della ricerca e dell'innovazione, perché queste continuano ad essere politiche di settore su cui vi è una continua contrattazione per strappare qualcosa in più o qualcosa in meno.
Si sente continuamente ripetere che in Italia, a differenza degli altri Paesi europei, si spende troppo per l'istruzione, anche in relazione ai risultati, ma si dimentica però che i rapporti europei sono comparativi, non indicano un'unica strada da seguire e riflettono, per quanto riguarda l'Italia, la realtà di un Paese che ha cominciato da pochi anni a spendere qualcosa di più; e, in queste materie, si sa che i risultati si vedono nel lungo periodo. Quarant'anni fa, certo, avremmo potuto vincere la gara del risparmio, ma non si tratta di questo.
Volendo analizzare i singoli segmenti del settore scuola vi è da segnalare il fatto che ancora persiste una logica di contenimento del sistema, in particolare nel rapporto insegnanti-studenti. Il Quaderno bianco sull'istruzione preparato dal Ministero della pubblica istruzione e da quello dell'economia e delle finanze, tuttavia, chiarisce che non sono troppi gli insegnanti rispetto al numero degli alunni, ma sono mal distribuiti. Sarebbe necessario, perciò, ripristinare l'organico funzionale presente nelle scuole stesse.
Nel disegno di legge finanziaria di quest'anno è previsto, inoltre, un aumento di organico degli insegnanti di sostegno che, però, non è ancora sufficiente perché, onorevoli colleghi, dietro i numeri ci sono le persone, i bambini in carne ed ossa, come testimonia la lettera indirizzata al Presidente della Repubblica da parte della mamma di un bambino diversamente abile di Napoli. Le questioni concernenti gli insegnanti di sostegno guardano solo al reclutamento o sono investimenti che riguardano l'inclusione e la coesione sociale? Su tale questione credo si debba fare di più. È vero che vengono stanziati 33 milioni di euro per i servizi generali a partire dal sistema di valutazione e che vi è un aumento, anche se non ancora sufficiente, del personale ATA, ma rimangono sul terreno della scuola tante difficoltà, tante questioni irrisolte come la palese ingiustizia perpetrata ai danni del personale ATA degli enti locali che è transitato per legge - e non per scelta - nei ruoli dello Stato.
Vi è la necessità di risolvere l'annoso problema degli insegnanti inidonei tenuto conto del ruolo svolto, la questione dei bilanci in sofferenza della scuole e quella dei docenti abilitati con riserva perché l'università non ha concluso i corsi; tale ultimo problema auspichiamo possa essere affrontato per via amministrativa.
Per l'università e la ricerca abbiamo salutato positivamente l'aumento del Fondo di funzionamento ordinario e l'ulteriore incremento del Fondo per aumentare gli assegni ai dottori di ricerca per i quali già il decreto-legge n. 81 del 2007 aggiungeva 10 milioni di euro. Si tratta, nello spirito del Patto per l'università e la ricerca sottoscritta nell'agosto scorso, di un cambio di passo non solo per l'aumento del contributo, ma per le modalità di assegnazione, mirate su obiettivi e su piani di programma cui le università stesse sono tenute.
Grazie a ulteriori emendamenti approvati in Commissione bilancio si prevedono dieci milioni di euro aggiuntivi per l'alta formazione artistica e musicale. Anche su questo tema, però, occorre fare di più: il Paese Italia non può essere l'ultimo sul terreno dell'istruzione artistica e musicale.
In Commissione bilancio sono state approvate norme importanti. Una di esse definisce la questione dell'accesso alle scuole di specializzazione per gli studenti di medicina, mentre un'altra dispone laPag. 103riduzione progressiva della durata del collocamento fuori ruolo per i docenti universitari, una misura, quest'ultima, di risparmio.
Sul terreno della ricerca e dell'innovazione sono state approvate norme importanti come la disposizione in favore dei giovani ricercatori (si tratta di un emendamento introdotto al Senato) sia a valere sul FIRS, sia per la ricerca sanitaria. È stato, poi, introdotto durante l'esame presso la V Commissione della Camera, un Fondo di promozione della ricerca di base di 10 milioni di euro. Anche a tal proposito intendo segnalare che bisogna fare di più, in quanto, nonostante queste misure, l'Italia continua a spendere troppo poco per l'università, la ricerca e l'alta formazione, che sono elementi che permettono di valutare l'indice di sviluppo umano di un Paese.
Naturalmente, stiamo parlando di una manovra finanziaria e tale manovra funziona se poi sussistono ulteriori leggi che vanno avanti di pari passo sul terreno dell'università: mi riferisco a quelle per l'assunzione dei ricercatori, per la stabilizzazione degli stessi negli enti di ricerca, per la risoluzione del problema dei concorsi, ormai bloccati da molti anni.
Tuttavia rimane nell'università, nella ricerca e anche nel mondo della scuola, il tema del precariato. Non si fa istruzione di qualità senza un personale stabile e capace, e non si fa buona formazione se i giovani che entrano nelle università continuano ad avere uno stipendio al di sotto dei mille euro mensili.
Si tratta veramente di una questione che non fa onore all'Italia; tale questione fa sì che i migliori cervelli lascino l'Italia e non vi facciano più ritorno. Finanziamenti, qualità del personale e valutazione del sistema sono le tre condizioni necessarie per garantire qualità degli studi e per assicurare quel diritto allo studio che dovrebbe rappresentare l'obiettivo centrale del sistema di formazione e di alta formazione.
Intendo velocemente richiamare le altre questioni, come quella relativa ai contributi all'editoria. Anche su tale versante vi è ancora qualcosa da fare perché - attenzione - non si tratta di assistere i giornali, ma di garantire il pluralismo dell'informazione.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
ALBA SASSO. Per quanto riguarda tale materia - concludo Presidente - è necessario che siano portate contemporaneamente avanti, nel rispettivo iter parlamentare, sia il disegno di legge Gentiloni sia quello sull'editoria. Non posso dire molto per quanto riguarda la cultura, ma sicuramente occorre fare di più.
Intendo concludere il mio intervento con una citazione. Il Commissario europeo Almunia ha recentemente sottolineato che la scarsa crescita italiana ha cause sostanzialmente strutturali, e questo dimostra che la via delle riforme strutturali, per migliorare la capacità di crescita, è quella giusta. Allora, voglio porre questa domanda: il sistema pubblico dell'istruzione, dalla scuola dell'infanzia all'università, una rete diffusa di luoghi e strumenti per produrre e fruire cultura, sono costi o sono investimenti? Rappresentano, inoltre, quella riforma strutturale di cui il Paese ha bisogno?
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Crosetto. Ne ha facoltà.
GUIDO CROSETTO. Signor Presidente, diventa difficile commentare il disegno di legge finanziaria in esame, anzi la complessiva azione finanziaria composta da provvedimenti, come quello sul welfare, e da tutto ciò che compone la manovra prevista dal Governo per affrontare il 2008. Infatti, il disegno di legge finanziaria in esame, come in qualche modo anche gli atti precedentemente citati, si pone in conflitto con le dichiarazioni dello stesso Ministro dell'economia e delle finanze e dello stesso Presidente del Consiglio negli ultimi mesi.
Noi abbiamo parlato, negli ultimi mesi, del tentativo di contenimento della spesa pubblica che doveva essere compiuto sia dal Governo sia dalla politica nella suaPag. 104interezza. Siamo nel mondo il Paese con la più alta spesa pubblica in relazione agli abitanti, e siamo un Paese indebolito, dal punto di vista della concorrenza internazionale, da questa spesa pubblica; nonostante ciò, ci troviamo oggi ad intervenire, tutti, su un disegno di legge finanziaria che aumenta la spesa pubblica di 25 miliardi.
Basterebbe questa prima affermazione per lanciare su tutto il provvedimento, che dovremo esaminare in Assemblea, un'ombra negativa. Ma vi è qualcosa in più. Tale provvedimento non sarebbe accettabile e non sarebbe comprensibile se questi 25 miliardi avessero una copertura finanziaria.
Il dramma del disegno di legge finanziaria - lo sa benissimo la politica: non svelo segreti; non lo si ammette, ma lo sanno benissimo il Ministero e la Ragioneria - risiede nel fatto che manca in parte di copertura finanziaria: ha sovrastimato le entrate e ha sottostimato le uscite.
Spero che tale assenza di copertura degli oneri finanziari riguardi soltanto una cifra intorno agli 8 miliardi di euro, perché a questi 8 miliardi di euro aggiungerei altri impegni che il Governo ha preso: penso alle missioni internazionali di pace. Penso ai nostri soldati che il 1o gennaio non avranno coperture assicurative e non percepiranno neanche lo stipendio. Sappiamo che le missioni internazionali valgono circa un miliardo e 400 milioni da aggiungere agli 8 miliardi citati. Sappiamo che agli 8 miliardi di questo disegno di legge finanziaria andranno aggiunti per il prossimo anno gli effetti di due famigerati decreti sull'utilizzo dei tesoretti. Vanno, poi, aggiunte le ipotesi di spesa concernenti il welfare che sono state sottostimate per l'impatto sui conti pubblici.
A mio avviso, dobbiamo, purtroppo, programmare per il prossimo anno un buco nella finanza pubblica di oltre 15 miliardi di euro. Questa conclusione verrà negata dal Governo e dalla maggioranza, ma è la mia impressione.
Ritengo che, poiché tale situazione è a conoscenza del Ministro, del Governo e della Ragioneria, tutto sia affidato alla capacità del Ministro dell'economia e delle finanze di incassare 15 miliardi di euro in più. Infatti, non penso che il Ministro dell'economia o questo Governo pensino di poter affrontare il prossimo anno, trovandosi nel mese di giugno a porre in essere una manovra correttiva, dichiarando agli italiani di aver sbagliato i conti. Si tratterebbe di fare una manovra correttiva di 15-20 miliardi, perché altrimenti i conti pubblici sforeranno.
Può darsi che, visto l'andamento delle entrate dell'anno in corso (che non dipende - lo ribadisco - dalla lotta all'evasione fiscale e dalla capacità di Visco come Viceministro dell'economia e delle finanze, ma da uno stato di grazia dell'economia), se si registrasse lo stesso andamento, probabilmente anche nel prossimo anno sarebbero ipotizzabili entrate fiscali superiori, dell'ordine anche di 10-15 miliardi di euro.
Ciò che il Governo non ha calcolato in questa manovra è che l'economia nel corso di quest'anno ha subìto, immediatamente dopo l'estate, un bruschissimo rallentamento dovuto all'impatto sui mercati internazionali e nazionali di quanto è successo negli Stati Uniti, ma anche all'aumento del prezzo del petrolio, all'aumento di tutte le tariffe, e dovuto al fatto che il nostro Paese si trova in difficoltà rispetto a tutti gli altri Paesi del mondo, all'interno di una competizione internazionale sempre più difficile.
Perciò il rallentamento non è solo italiano, ma europeo; però, all'interno del rallentamento europeo, il nostro è maggiore. Allo stesso modo anche la crescita quando si verifica, da noi è inferiore.
Il Governo, anche se il Ministro Padoa Schioppa ha riconosciuto in ampie interviste in Italia e all'estero le sue preoccupazioni sull'economia del prossimo anno, non ha ritenuto di dover prendere atto di tali preoccupazioni trasferendole nel disegno di legge finanziaria. Il Governo come può prendere atto di preoccupazioni di questo tipo da trasferire nella legge finanziaria? Elaborando una finanziaria di contenimento della spesa pubblica, che tenga - perdonatemi il termine molto campagnolo - il fieno in cascina, e non una finanziaria fatta da cicale.Pag. 105
Avremmo preferito un Governo che predisponesse una finanziaria da formiche, pensando che sta arrivando l'inverno e che il prossimo anno sarà duro dal punto di vista economico.
Sappiamo che i bilanci delle aziende già quest'anno non conterranno gli stessi utili registrati lo scorso anno. Avremmo, probabilmente, non un aumento delle entrate fiscali, ma una contrazione di queste ultime che si innescano in un periodo di decrescita economica.
Un Governo che si fosse comportato nei confronti del proprio Paese come un padre si comporta nei confronti della propria famiglia avrebbe tenuto conto di questi scenari e ci avrebbe sottoposto, probabilmente, un altro disegno di legge finanziaria. Esso non avrebbe soddisfatto una grossa parte della maggioranza: una legge finanziaria che riduce la spesa pubblica va contro l'impostazione ideologica di Rifondazione Comunista, Comunisti italiani e Verdi. Esso avrebbe, probabilmente, trovato critici anche i rappresentanti dell'opposizione, perché purtroppo viviamo in un Paese in cui l'opposizione è critica pregiudizialmente (io cerco sempre di non esserlo). Ma avrebbe probabilmente reso un servizio al Paese.
Invece, l'impressione che si ha è quella di un Governo che, consapevole di tutto questo, va avanti per una strada incomprensibile.
Una logica però c'è. Ho troppa stima dell'intelligenza del Ministro e dello stesso Presidente del Consiglio per pensare che non vi sia una logica. Essa è chiara: si predispone una legge finanziaria elettorale, con cui si avvelenano i pozzi, pensando che tanto questi problemi non saranno più gestiti dall'attuale Ministro dell'economia né dall'attuale Presidente del Consiglio.
La logica secondo cui «muoia Sansone con tutti i Filistei» si evidenzia, in tutte le sue forme, nel disegno di legge finanziaria in discussione, in cui si spendono più soldi, si aumentano i dipendenti della pubblica amministrazione, si accontentano singoli senatori e singoli deputati e in cui non si negano brandelli di spesa pubblica ad alcuno, pur di mantenere intatto ed in vita il corpo di un Governo che dal punto di vista politico non lo è più. Tutto ciò avviene a spese dei cittadini.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI CASTAGNETTI (ore 19,10)
GUIDO CROSETTO. Ritengo che la legge finanziaria in discussione contenga alcuni spiragli di luce. Non critico tutta la manovra finanziaria: penso che l'intervento sull'IRAP fosse dovuto e doveroso. Critico il fatto che la riduzione dell'aliquota dell'IRES sia stata formale, perché, avendo aumentato la platea, non ha avuto un sostanziale impatto sui bilanci delle aziende; critico il modo con cui sono stati trattati gli interessi passivi: significa che il Ministro dell'economia ed i rappresentanti del Ministero non conoscono la situazione delle aziende italiane. Molte aziende italiane, infatti, sono sottocapitalizzate non perché l'imprenditore non voglia capitalizzarle, ma perché non ha soldi per farlo. Basterebbe girare in una qualunque provincia, di quelle produttive, per capire che una manovra che punisce chi è indebitato con le banche, non tiene conto della situazione vera del Paese.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
GUIDO CROSETTO. Signor Presidente, il tempo vola!
Come dicevo, è questo che contesto nel disegno di legge finanziaria in discussione, che - lo ripeto - contiene articoli e parti di articoli che io voterei tranquillamente. Contesto, tuttavia - cioè, il 95 per cento del resto del provvedimento - il fatto che sia una legge finanziaria che non tiene in assoluto conto - e concludo - le sue previsioni per il futuro, signor Ministro, gli indicatori di tutti gli osservatori economici internazionali, né tiene conto del futuro del Paese.
Ho l'impressione - vorrei essere smentito nei fatti, ma purtroppo non lo sarò - che, come ho affermato in precedenza, sia una legge finanziaria che un GovernoPag. 106prepara, perché il prossimo futuro sia gestito da un altro Governo: una legge finanziaria che si potrebbe definire una «polpetta avvelenata», lasciata a chi, di centrodestra o di centrosinistra, seguirà l'attuale Governo. Questo non mi sembra un atteggiamento istituzionalmente corretto (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Rao. Ne ha facoltà.
PIETRO RAO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, gli italiani non meritano la legge finanziaria di cui stiamo discutendo in questa Assemblea. Si tratta di un provvedimento che appare inadeguato e privo di una seria prospettiva di sviluppo: inadeguato non solo a risolvere i problemi, ma financo ad affrontarli; diretta emanazione di un Governo incapace di governare e di tracciare una rotta per il nostro Paese. Infatti, al di sopra dei singoli capitoli, quello che emerge da una lettura complessiva del documento finanziario è la totale assenza di una prospettiva e la totale sottovalutazione dei grandi problemi strutturali del nostro Paese e della nostra economia.
La Banca d'Italia ha affermato che la manovra accresce l'indebitamento, che la spesa corrente è aumentata, che la spesa pubblica supera il 50 per cento del PIL. Per capirlo non è necessario essere la Banca d'Italia né esperti economisti: basta mettere in fila i numeri.
Se il Governo avesse avuto un piano strategico di politica economica, visto e considerato che lo scorso anno ha movimentato 42 miliardi di euro e quest'anno 27 miliardi di euro, li avrebbe destinati a cinque o sei capitoli strategici: strutture, riduzione della pressione fiscale sulle famiglie e sulle imprese, investimenti sulla scuola, sull'innovazione e sulla ricerca e, chiaramente, sul Mezzogiorno per incidere positivamente su quel dualismo, sempre più marcato, che pesa come un macigno sullo sviluppo dell'intero Paese.
Ovviamente non vi è nulla di tutto ciò o, nella migliore delle ipotesi, vi è pochissimo di qualcosa. Ma ciò che è ancora più grave è che questa finanziaria sacrifica il bene del nostro Paese sull'altare dell'interesse di questa o quell'altra componente politica della vostra variegata compagine. Ogni capitolo di spesa, ogni singolo articolo o comma di questa finanziaria è facilmente riconducibile a questo o a quell'altro partito: porta il nome e il cognome di una specifica componente della vostra maggioranza.
Il Governo sta comprando la sua stessa sopravvivenza con i soldi degli italiani, cui si continuano a chiedere sacrifici in nome di non si sa bene cosa. Credo che in molti siano giunti alla conclusione sconfortante che l'Esecutivo appesantisce la pressione fiscale per foraggiare le categorie sociali amiche in una perenne campagna elettorale e che questo documento informe e indigeribile sia, alla fine, la somma di tutte le misure pretese dalle componenti della maggioranza per non staccare la spina a questo malato terminale.
L'Italia ha bisogno di ben altro: in primo luogo, ha bisogno di un Governo capace di affrontare il problema delle aree deboli del nostro Paese. Ovviamente, mi riferisco al Mezzogiorno, dove cresce in modo preoccupante il tasso di disoccupazione, dove l'emigrazione dei giovani ha raggiunto cifre e percentuali paragonabili a quelle del dopoguerra e dove vi è la più assoluta carenza di infrastrutture.
Il Movimento per l'Autonomia si è battuto e continua a battersi, in quest'Aula e in tutte le sedi, affinché al Mezzogiorno sia data una possibilità concreta di crescita e di riscatto, non nell'ottica di un interesse particolare, perché siamo fermamente convinti che alla crescita del sud sia legata la crescita di tutta l'Italia.
Il Mezzogiorno, invece, continua a soffrire della latitanza dello Stato in un momento particolarmente delicato. Ai segnali positivi che provengono, in particolare, da certe aree del Mezzogiorno, lo Stato deve dare delle risposte.
Ci riferiamo, per esempio, alla rivolta in atto nell'imprenditoria siciliana contro il racket delle estorsioni, attuata da uomini e donne che mettono a repentaglio nonPag. 107solo la propria attività economica, ma la loro stessa sicurezza personale e quella dei loro cari. Questi uomini e queste donne, oggi, meriterebbero di essere incoraggiati e sostenuti.
Infatti, se la finanziaria in discussione ha previsto un importante riconoscimento per i parenti delle vittime della mafia, ci saremmo attesi anche un segnale forte in favore degli imprenditori che negli ultimi mesi hanno iniziato questa coraggiosa battaglia.
Uno dei nostri emendamenti - che non si è ritenuto di accogliere - andava proprio in questa direzione: si voleva dotare gli imprenditori, i commercianti e gli artigiani di uno strumento in più contro la criminalità, ovvero della possibilità di accedere in tempi rapidissimi ai fondi già esistenti.
Uno dei problemi degli operatori economici, infatti, è quello di non dover sospendere, a seguito di attentati, la propria attività per lunghi periodi. Se nessun cittadino italiano si può permettere il lusso di perdere giorni della propria vita e del proprio lavoro a causa delle lungaggini burocratiche, questo vale, a maggior ragione, per quei soggetti che hanno subito le ritorsioni della criminalità organizzata. Non possiamo aggiungere al danno anche la beffa.
In termini più generali, il Movimento per l'Autonomia ha ovviamente presentato una serie di proposte emendative in favore del Mezzogiorno, con lo scopo di riequilibrare un disegno di legge finanziaria ancora una volta sbilanciato a favore del nord.
Come era stato voluto, infatti, non mancano nel provvedimento in esame numerose norme che prevedono, per le aree forti del Paese, ingenti finanziamenti per le infrastrutture, come le linee metropolitane di Torino, Bologna e Firenze, gli immancabili finanziamenti per Venezia e misure a sostegno dell'economia. Viceversa, non vi è traccia di significativi provvedimenti per il Mezzogiorno. Anzi, mi correggo, qualche traccia c'è ed è lì - nero su bianco - a testimoniare emblematicamente l'atteggiamento che questo Governo e questa maggioranza hanno nei confronti del sud. Ci riferiamo al finanziamento per le strade provinciali della Sicilia e della Calabria.
A questo punto sarebbe legittimo che qualche collega presente in aula - oggi, per la verità, sono veramente pochi - si chiedesse come mai vi sia un altro finanziamento sempre per le strade provinciali di Sicilia e Calabria. Ebbene, no! Chiariamo subito l'equivoco: di quel piccolo contentino promesso a suo tempo, con la legge finanziaria 2007, a calabresi e siciliani fino ad oggi non è arrivato un solo centesimo!
Oggi, proprio per rendere chiaro l'imbroglio dello scorso anno, quando si è concesso un finanziamento senza copertura, ci si riprova con l'individuazione di una copertura diversa. Quanto ciò sia grave non sfugge a nessuno.
D'altro canto, sempre nel disegno di legge finanziaria in discussione, un'altra norma, che riguarda questa volta le zone franche urbane, è emblematica della politica di questo Governo nei confronti del sud. Anche in tal caso, qualcuno potrebbe pensare che si tratti di una misura che istituisce ulteriori zone franche urbane rispetto a quelle già istituite nella scorsa legge finanziaria. Ma anche in quest'ultimo caso ci troviamo in presenza di una modifica alla legge finanziaria dello scorso anno.
Ricapitolando, il meccanismo è questo: il Governo, in un primo tempo, annuncia interventi a favore del sud, successivamente, in maniera frettolosa ed errata, li traduce in norme inserite nella legge finanziaria, nel corso dell'anno non vi dà attuazione (perché mancano i fondi o perché le norme sono sbagliate) e le riscrive l'anno successivo, magari sbagliando nuovamente.
In questa sede, vogliamo denunciare con forza che, non soltanto ci troviamo in presenza di un Governo e di una maggioranza che non ha mai inserito seriamente il Mezzogiorno nella propria agenda politica, ma che dobbiamo confrontarci con un Esecutivo che, fino a qui, ha fatto grandissimi pasticci, scrivendo norme, riscrivendole e modificandole spesso per ben tre volte in meno di un anno.Pag. 108
La nostra ferma opposizione al provvedimento e, più in generale, alla politica di questo Governo nasce dal fatto che non si è mai inteso avviare un serio confronto sui temi come la fiscalità di vantaggio (indicata dalla stessa Unione europea come uno strumento per compensare il deficit infrastrutturale di regioni come quelle del Mezzogiorno d'Italia) o come la dotazione di infrastrutture adeguate per il rilancio economico del sud, cui sempre si sono contrapposte posizioni meramente ideologiche.
Il fallimento della politica di questo Governo deriva principalmente dalla sua incapacità di legare lo sviluppo del nostro Paese al rilancio del Mezzogiorno e di non essere riuscito a far decollare neanche quelle poche norme che aveva previsto.
Il Movimento per l'Autonomia è qui in Parlamento proprio per ricordare che una parte sempre più significativa dell'elettorato ha inteso negare la propria fiducia ad una politica centralistica e tradizionalmente distante dalle esigenze del Mezzogiorno. Le forze politiche che sostengono questo Governo potranno continuare a disinteressarsi del sud ma, presto o tardi, dovranno fare i conti con gli elettori (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Movimento per l'Autonomia).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Marras. Ne ha facoltà.
GIOVANNI MARRAS. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, quest'anno ci troviamo di fronte ad un problema solito - credo ne abbiano già parlato molti colleghi, sia oggi che nella giornata di ieri, in cui si è svolta la discussione sulle linee generali del disegno di legge finanziaria - che si sta perpetrando in Parlamento e che, ormai da due anni, è sempre lo stesso: quello di lunghe maratone in Commissione bilancio, che servono esclusivamente a far passare il tempo.
Successivamente, appare lo spettro della questione di fiducia, la quale si è addirittura chiarito che verrà sviluppata in tre tempi. Si discute esclusivamente se la stessa dovrà essere discussa e votata in un giorno, ma lo deciderà la Conferenza dei presidenti di gruppo.
Nuovamente, continuamente e costantemente, in un momento in cui il Paese protesta, le imprese soffrono ed esiste un fortissimo contrasto e una fortissima distanza fra le istituzioni e i cittadini e, come ha affermato il Censis l'altro giorno, in maniera molto chiara, storicamente i cittadini hanno meno fiducia nelle istituzioni, cosa facciamo?
Stiamo eliminando di fatto una Camera ponendo la questione di fiducia su tutto, costantemente; il Parlamento ormai non ha più nessun ruolo, ma si lavora esclusivamente con il voto di fiducia, escludendo completamente gli eletti del popolo. Il tutto avviene per approvare una legge finanziaria che prevede una pressione fiscale che rimane a livelli elevatissimi (43 per cento) un debito pubblico che diminuirà assolutamente meno del previsto ed una spesa corrente che aumenterà del 2,3 per cento.
Ritengo che i conti potranno veramente quadrare esclusivamente con il mantenimento di questa altissima pressione fiscale che sta creando una serie di difficoltà a catena nel Paese. La diminuzione dell'IRES, dell'IRAP e delle aliquote (che scenderebbero dal 33 al 26,5 per cento) da voi dichiarata, avviene per il Governo a costo zero, perché avete allargato la base imponibile dell'IRPEF. Il tutto è avvenuto a danno delle piccole e medie imprese, che costituiscono il tessuto sociale della nostra società italiana (lo sappiamo tutti, anche se le guardiamo con vero disinteresse e lo vedremo anche più avanti, sotto ben altri profili) in quanto è stata diminuita la deducibilità degli interessi passivi.
In questo passaggio non mi vorrei soffermare sull'intero provvedimento, del quale hanno parlato ampiamente i colleghi, ma vorrei ricordare due articoli che stanno a cuore a me personalmente perché sono un parlamentare, ma anche perché sono stato eletto in Sardegna e credo di avere il dovere di aiutare, per quello che posso, una regione in ritardo nello sviluppo e con un governo regionale che è l'esatta fotocopia diPag. 109quello nazionale. Il leader del governo regionale, il presidente Soru, viene molto spesso preso ad esempio dal Governo nazionale; di lui si parla come esempio di sviluppo di alcune regioni, anche se non capisco di quale sviluppo, visto che tutti i giorni vi sono numerose aziende accampate sotto il palazzo di viale Trento, sede del governo regionale.
Soprattutto credo che la cosa più grave è che la parola «Sardegna», se ricercata su Internet, non si trova in tutto il disegno di legge finanziaria. So bene che esiste addirittura un intervento che sposta i termini per quanto riguarda l'indebitamento di alcune imprese agricole - per l'esattezza, 7.500 -, un danno gravissimo che, in quest'Aula, insieme all'onorevole Cicu abbiamo più volte denunziato in occasione di un question time e con dei progetti di legge. Siamo riusciti a far accettare, da pochissimo, un ordine del giorno con cui il Governo si impegna a dividere le rate in 14 anni. Lo speriamo in quanto nel disegno di legge finanziaria non è previsto nulla, quindi quell'ordine del giorno è stato assolutamente disatteso. Non conta, però, l'ordine del giorno, ma che 7.500 aziende hanno i beni pignorati e che domani saranno qui, in Commissione agricoltura, a parlare di questi problemi.
Credo, pertanto, che vi sia realmente bisogno di una grande attenzione verso questi problemi. Non si doveva chiaramente porre la questione di fiducia, ma piuttosto svolgere una forte discussione dove avremmo potuto intervenire tutti e far capire all'Assemblea la gravità della situazione e, magari, rinunciare ad interventi (importantissimi, per carità, ma per altri aspetti) che riguardano l'articolo 64, in cui è previsto di tutto e di più: logistica, infrastrutture pubbliche, interventi di tutti i tipi che spaziano dalla sanità ai fondi per i giochi del Mediterraneo a Pescara, cui vengono erogate delle cifre importanti. Rispettiamo moltissimo Pescara, che sarebbe il centro del Mediterraneo, ma a noi non risulta, perché crediamo che il centro del Mediterraneo siano altre regioni e che esistano anche altre regioni ed altre città meritevoli.
Forse ci vorrebbe uno studio diverso: non si capisce perché si sia scelto Pescara, o meglio lo capiamo: sicuramente riguarda qualche parlamentare - forse anche dell'altro ramo del Parlamento, non voglio dire che appartenga a questo - che dovrà votare e quindi si è trovata la soluzione. Leggendo il disegno di legge finanziaria ci si accorge che in certi punti mancano solo i nomi di coloro che hanno proposto gli interventi. Credo si tratti di un gravissimo segnale perché non è questo il modo di amministrare: si amministra per lo sviluppo generale di tutti.
È addirittura previsto un altro finanziamento che devo dire è veramente interessante: quello che autorizza una spesa, per quattordici anni, a decorrere dal 2008, per la prosecuzione di interventi infrastrutturali previsti per i campionati mondiali di nuoto di Roma del 2009.
Si autorizza una spesa di 0,4 milioni di euro, spalmata in quattordici anni, per un intervento per il campionato mondiale di nuoto. Quattordici anni di spese: c'è qualcosa che non torna nel meccanismo! Mi sembra che sia realmente, forse, un intervento ad personam, ma non capisco chi lo abbia fatto. Ci sarà un senatore che si interessa di nuoto e, quindi, credo che bisogna andare a vedere chi sia. Per carità, tutti gli sport, come la pallavolo, che è prevista, sono importanti e siamo tutti d'accordo e vicinissimi al mondo dello sport, ma un'altra cosa è arrivare a quattordici anni di contribuzione.
Non posso, tra l'altro, fare a meno di ribadire quanto è stato detto in precedenza dai colleghi, compreso l'amico Crosetto, ma anche oggi dall'amico Gianfranco Conte: vi è un sospetto relativo a questi 8 miliardi di euro, che realmente rendono questa finanziaria, probabilmente, scoperta e con i quali si fanno delle coperture, alla fine, sperate.
Non capiamo bene se questo è un atteggiamento, un comportamento tenuto perché l'Italia abbia nuove difficoltà e vi sia davvero già oggi la consapevolezza che si cadrà come Governo e si andrà a nuove elezioni. Voi lascerete, qualunque Governo si avrà, che non sarà certo quello inPag. 110carica, perché gli italiani non vi rivoteranno più (non c'è dubbio), l'eredità pesantissima di amministrare in condizioni di estrema difficoltà. Quest'ultima diventerà anche difficoltà sociale, perché, alla fine, non si vedono interventi reali per quello che è lo stato reale del Paese, che oggi è quello delle imprese che se ne vanno in Irlanda, dove c'è meno pressione fiscale, o addirittura in Romania.
I giovani del sud, mi dispiace dirlo, in questa Italia a due marce, nord e sud, che purtroppo è molto diversa...
PRESIDENTE. Onorevole Marras, concluda.
GIOVANNI MARRAS. ...si trovano in gravi difficoltà perché è iniziata di nuovo una vera emigrazione.
Infine, devo ricordare l'articolo 102, relativo alla Sardegna, della manovra economica dell'anno scorso. Si tratta di un intervento in tema di IRPEF. Sulla base di quell'accordo il denaro, proveniente dal pagamento dell'IRPEF, sarà distribuito alla regione Sardegna a partire dall'anno 2013. I soldi provenienti dall'IRPEF pagata dai sardi oggi però vengono utilizzati da non so chi, ma comunque dal Governo e sono in questo bilancio. Credo che questo sia un fatto di illegittimità e di incostituzionalità. Il fatto che il Governo abbia impugnato quanto accordato al presidente Soru dal ministro Lanzillotta la dice lunga su quello su quell'accordo e su quelle che saranno le realtà che riceveranno quelle risorse.
Credo che ci debba essere un chiarimento: lo chiederemo anche con gli ordini del giorno per capire quale sarà la reale situazione (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Margiotta. Ne ha facoltà.
SALVATORE MARGIOTTA. Signor Presidente, colleghi deputati, nel poco tempo a mia disposizione mi limiterò a considerare alcuni aspetti della finanziaria, in maniera particolare quelli relativi alle infrastrutture e all'ambiente, per i quali pure sono stato relatore presso l'VIII Commissione. Darò, anzi, solo un flash sulle infrastrutture per poi soffermarmi sui temi ambientali, che sono parte qualificante del disegno di legge finanziaria per il 2008.
Sulle infrastrutture dirò soltanto che, a fronte di un incremento di stanziamenti rispetto all'anno precedente di 72,7 milioni di euro, con un dato complessivo pari a 4.158,6 milioni di euro, il dato più interessante è compreso nel rifinanziamento della legge obiettivo, cioè nel rifinanziamento delle infrastrutture di preminente interesse nazionale. Devo dire che all'articolo 63, comma 1, si prevedono contributi quindicennali a decorrere dal 2008, 2009 e 2010 di 99,6 milioni di euro, il che significa che sarà possibile attivare una somma di 3,29 miliardi di euro; una somma importante, pure dimezzata rispetto al DPEF che abbiamo approvato quest'anno.
Ciò fa nascere qualche timore e qualche perplessità sull'effettiva possibilità di portare a termine il programma compreso nella legge obiettivo; da meridionale mi preoccupa il rischio, dovendo necessariamente completare le opere già cantierizzate, che sono in maggior parte condensate nell'area settentrionale del Paese, di non potere mettere a regime opere nel Mezzogiorno, mettendo così in forse la possibilità di ridurre la forbice, che invece tenderà ad aumentare, relativa al deficit infrastrutturale esistente nel Paese.
Vi è un elemento qualificante, sempre sulle infrastrutture, che è quello del cosiddetto federalismo infrastrutturale: all'articolo 68 si prevede la possibilità che l'ANAS Spa con le regioni, in società, tutte pubbliche anche a maggioranza regionale, possano realizzare alcune importanti opere; ciò mi sembra un fatto rilevante. Così come sottolineo, e non per mero campanilismo, il dato che in Commissione bilancio - ringrazio peraltro il presidente Duilio per il lavoro svolto nella settimana scorsa - sia stato possibile anche recuperarePag. 111un emendamento relativo al completamento della ricostruzione post-terremoto in Basilicata ed Irpinia.
Interessa di più, dicevo, soffermarmi sui temi ambientali. Un vero punto di svolta vi è nel disegno di legge finanziaria in esame. Ve n'era bisogno. È infatti della settimana scorsa la notizia che nella Conferenza di Bali sono stati resi noti i dati elaborati dal German Watch che evidenziano che, tra i cinquantasei Paesi maggiormente responsabili delle emissioni di anidride carbonica, l'Italia, in quanto a politiche ambientali, è messa male: è al quarantaduesimo posto su cinquantasei, ben al di sotto di Germania, Francia e Regno Unito.
Vi era bisogno di una finanziaria che segnasse, come questa, una reale inversione di tendenza; ciò anche grazie al lavoro compiuto nei mesi precedenti dall'VIII Commissione, che ha prodotto una relazione sui cambiamenti climatici poi approvata in Aula. Certo anche in questo caso si potrebbe fare di più, ma il passo è davvero importante, e si va nella direzione giusta. Ricordo soltanto alcuni dei provvedimenti più importanti: l'incentivazione e la promozione delle energie rinnovabili, lo sviluppo delle tecnologie per il riciclo dei rifiuti, la forestazione e la riforestazione delle aree incolte con riduzione delle emissioni di anidride carbonica, gli articoli da 50 a 56 tutti dedicati alle energie rinnovabili; si superano in termini procedurali tutte le lungaggini e anche gli ostruzionismi che spesso sono messi in atto sul nostro territorio.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
SALVATORE MARGIOTTA. Anche qui sono stati recepiti tutta una serie di importanti emendamenti, soprattutto in materia di minieolico, di eolico, di ruolo dell'Autorità di bacino che l'VIII Commissione aveva predisposto e che sono stati appunto approvati in V Commissione.
Ribadendo che si tratta di un punto di svolta, concludo citando un proverbio cinese che dice che quando soffiano i venti del cambiamento c'è chi corre a nascondersi e chi fa muovere i mulini a vento. Noi del Partito Democratico siamo quelli che vogliamo costruire i mulini a vento.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Ravetto. Ne ha facoltà.
LAURA RAVETTO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il Commissario europeo Almunia ha affermato: «Si tratta di una finanziaria poco ambiziosa e che disattende gli impegni assunti durante Ecofin dell'aprile scorso, ossia l'obiettivo del pareggio deficit-PIL che viene rinviato al 2011 rispetto al 2010, nonché l'aggiustamento dei conti dello 0,5 per cento annuo che non andrà, in realtà, oltre lo 0,2 per cento. Questo rappresenta per Bruxelles una violazione dei patti». Sempre Almunia: «Le entrate fiscali straordinarie andavano utilizzate per un ulteriore consolidamento del bilancio pubblico e non per alimentare la spesa». La Commissione europea: «L'Italia continua a crescere meno dell'Europa: la stima per il 2008 è pari all'1,4 per cento. Si tratta della peggiore performance di crescita dell'area euro». La BCE: «L'Italia doveva rispettare il patto di un taglio dello 0,5 per cento, e l'extragettito doveva andare a ridurre il deficit. In diversi Paesi si prevedono per il 2008 manovre procicliche ed un rilassamento degli sforzi». Il riferimento all'Italia in quest'ultimo caso non è esplicito, ma a me sembra ovvio.
Bini Smaghi: «Sui conti pubblici il Governo ha perso un'occasione, con una linea troppo morbida che ha rinviato gli interventi decisivi». Draghi parlando di rallentamento nel processo di risanamento dei conti ha affernato: «La finanziaria consentirà progressi modesti. Le recenti decisioni di bilancio non frenano la dinamica della spesa e non sfruttano il favorevole andamento delle entrate per accelerare la riduzione del debito». Il Fondo monetario internazionale prevede per l'anno prossimo una crescita dell'1,3 per cento, che è stata definita deludente rispetto all'aggiustamento dei conti pubblici, poiché «la maggior parte dell'extragettito fiscale è stata utilizzata per nuova spesa pubblica»Pag. 112laddove andava utilizzata per ridurre il deficit e il debito.
L'OCSE ha parlato di occasione sprecata, ed ha rivisto al ribasso la previsione sulla crescita italiana per il 2008 all'1,3 per cento a causa del rallentamento nell'aggiustamento dei conti; ha poi affermato che «la revisione al rialzo dei piani di spesa non è certo la migliore risposta ad un imprevisto e forse temporaneo vigore del gettito», ed ha aggiunto che «sarebbe stato prudente destinare l'intero ammontare dell'extragettito alla riduzione del debito e delle tasse nel 2008».
Potrei terminare qui il mio intervento, senza spendere una parola in più rispetto a quelle pronunciate da tutti gli organismi europei e internazionali che si sono espressi su questo disegno di legge finanziaria. La sintesi di questi interventi è infatti semplice. In un momento di favorevole congiuntura economica globale, da cui è derivato un surplus di entrate, si sarebbero potute prendere tre strade: ridurre il rapporto deficit-PIL e il debito pubblico e dare così sollievo all'Europa; ridurre le tasse e dare così sollievo agli italiani; oppure - non mi sarei trovata d'accordo, ma si sarebbe potuto fare - spenderlo in maniera strutturale. Nulla di tutto questo è stato fatto: con le entrate fiscali al massimo, non si è stati in grado di riqualificare ed aggredire la spesa, che anzi è stata aumentata in mille rivoli elettoralistici.
In quest'Aula abbiamo parlato assai spesso dell'inadeguatezza dello strumento della legge finanziaria: abbiamo ormai preso tutti atto che la finanziaria è una manovra che incide solo superficialmente nella composizione della spesa; abbiamo ormai assunto che la doppia lettura fra Camera e Senato ne rende farraginoso l'iter di approvazione; abbiamo infine accertato che una sessione di bilancio che dura quattro mesi non può essere in sintonia con un'economia che va decisamente più veloce. Quest'anno, però, vi è qualcosa in più: quest'anno è emerso infatti che, quando non vi è una costrizione esterna (e in questo caso è stata disattesa, poiché sono stati violati i patti con l'Europa), è necessario un disegno politico forte per gestire tutti questi passaggi nell'iter della legge finanziaria. Con questo Governo, però, il disegno politico non c'è e così la relativa maggiore discrezionalità nell'utilizzo delle risorse pubbliche si è trasformata in spesa che io chiamo «clientelare».
In proposito, devo dire che sono rimasta bensì sconcertata nell'aver assistito ad una corsa all'emendamento microsettoriale ed elettoralistico, ma ancora più sconcertata sono rimasta del fatto che simili emendamenti hanno trovato campo libero nel vuoto di un disegno generale. Mi pare che siano stati chiesti soldi alla collettività in nome di un interesse generale per poi veicolarli per una spesa che risponde invece ad interessi particolari: e tutto questo - mi spiace dirlo, sottosegretario - dietro un manto di ipocrisia che si è avuto anche nei quattro giorni di discussione in Commissione bilancio, ove si è tentato di attribuire dignità politica a quello che a me è parso soltanto il più banale dei mercati. È la giusta posizione di provvedimenti che parlavano ad interessi piccoli, talvolta piccolissimi.
Anche l'apparente civiltà dei rapporti in Commissione non può nascondere il fatto che si è trattato di una pratica che ha condotto allo spreco di risorse collettive: la nostra attenzione si è infatti rivolta al finanziamento di questa o quella manifestazione folcloristica, ma non è stata spesa una parola su temi come la class action o i derivati, di cui dobbiamo aspettare il passaggio in Aula.
Nonostante questo andamento generale, devo dire che vi sono stati colleghi che hanno condotto iniziative finalizzate ad interventi effettivamente riformisti: ne do atto anche ai colleghi della maggioranza, oltre che a quelli dell'opposizione. Essi, però, mi sono parsi costretti a farlo quasi in maniera clandestina: quasi che sottrarre risorse per il bene collettivo, di fronte a questo disegno di legge finanziaria, fosse in realtà una colpa.
Non dimentico tuttavia che ci troviamo di fronte ad un quadro sovraordinato. E dunque, mi domando: in nome di qualePag. 113disegno generale si poteva chiedere ai singoli deputati e ai singoli partiti di ritirare anche un solo emendamento? La risposta sta in una domanda: che fine ha fatto il libro verde del Ministro Tommaso Padoa Schioppa? Perché Tommaso Padoa Schioppa utilizza gli strumenti europei che gli danno una patina internazionale, ma non quelli che inevitabilmente lo metterebbero in contraddizione con le sue «lezioni di economia politica» sui giornali?
Ministro - mi rivolgo a lei - certamente lei sapeva che il Libro verde quando è stato redatto andava discusso con le categorie destinatarie, come sa che i suoi omologhi in Europa a un Libro verde fanno seguire un Libro bianco di soluzioni ed azioni. Questa finanziaria non sarà né verde né bianca ma sarà incolore, e come tutte le cose incolori non verrà ricordata né nel bene né nel male, come tutte le occasioni perdute. Però, l'occasione che oggi l'Italia perde la allontana sempre di più dall'economia moderna, e quindi di questa finanziaria qualcuno tra qualche anno purtroppo si ricorderà.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Del Bue. Ne ha facoltà.
MAURO DEL BUE. Signor Presidente, siamo daccapo ancora impantanati in un iter lungo, complicato, faticoso ed incerto dell'approvazione del disegno di legge finanziaria per il 2008. L'ottimo relatore Ventura lo ha da par suo detto nella sua relazione: egli ha infatti dichiarato che l'iter ha messo in luce i consueti problemi di funzionamento. Citiamo alcuni dati per comprendere la difficoltà per un parlamentare e per un gruppo parlamentare di entrare nel merito del disegno di legge al nostro esame.
Il testo licenziato dal Senato constava di 151 articoli (inizialmente il Governo aveva proposto un disegno di legge composto di 97 articoli): siamo adesso arrivati a 213 articoli, con molti bis, ter e quater. Certo, alcuni degli emendamenti introdotti - non certo i più significativi, i più rilevanti, i più intelligenti - sono stati anche oggetto di qualche ironia da parte di qualche giornale di stamani.
Mi pare che quelli sul randagismo e l'ostacolismo per celebrare un anniversario dell'ippodromo di Merano non siano certamente tra i più esaltanti. Per di più, non conosciamo ancora il testo su cui il Governo intende porre la questione di fiducia, dato che è inimmaginabile votare 6.000 emendamenti, dei quali 2.700 proposti dalla maggioranza.
Leggiamo dalla stampa di stamani che il Governo avrebbe intenzione di porre la questione di fiducia su tre maxiemendamenti ed apprendiamo anche che nel Consiglio dei ministri - non so se sia ultimato o tuttora in corso - forse verrebbe licenziato anche il disegno di legge cosiddetto «Lanzillotta» sui servizi pubblici locali, e ciò sarebbe un fatto estremamente positivo, a mio giudizio, dopo un iter così difficoltoso e turbolento.
In occasione del dibattito sulla legge finanziaria dello scorso anno si era preso l'impegno in quest'aula - lo aveva sottolineato, in particolare, il Presidente Bertinotti - di andare avanti verso una via di riforma della struttura della legge finanziaria. Io ho depositato una proposta di legge il 14 marzo di quest'anno per riformare strutturalmente le procedure dell'approvazione dei documenti di bilancio. La riforma da me proposta è ispirata a snellimento delle procedure, a velocità dell'approvazione e alla definizione di poteri netti e chiari del Governo e del Parlamento.
È necessario, signor Presidente e signor sottosegretario, un forte snellimento di questo assurdo, dispersivo, stressante ed anche, tutto sommato, inutile esercizio collettivo di tuttologia. Si tratta di un rito iniziatico dell'attività parlamentare che si compone di dibattito generale, dell'esame di migliaia di emendamenti per centinaia di articoli, di continue modifiche e di scambi di spesa, di una maratona alla quale quasi sempre si deve rispondere con il voto di fiducia cui corrisponde una protesta formale dell'opposizione che, in realtà, tira anch'essa un sospiro di sollievo.
Perché, signor Presidente e signori del Governo, tra le tante riforme di cui si parla siamo tutti concentrati su quella elettorale, come se fosse l'unica indispensabilePag. 114per questo Paese, mentre non si è iniziato l'iter della riforma della legge finanziaria e della sessione di bilancio? Il Governo deve essere messo in condizione di decidere - qualsiasi Governo - e il Parlamento di controllare.
Adesso il Governo non decide e il Parlamento non controlla. Il Governo non decide, ma recepisce e spesso modifica; il Parlamento non controlla, ma agisce con un rapporto spesso mercantile nei confronti del Governo. Tra le tante riforme, questa è lasciata ammuffire nei cassetti della Camera dei deputati.
Peraltro, vi è anche una qualche preoccupazione in ordine alla definitiva approvazione del disegno di legge finanziaria. Ho ascoltato, proprio ieri, nella ormai quasi quotidiana seduta politica della trasmissione Porta a porta, l'ex presidente Dini affermare che il suo voto e quello del suo gruppo non è scontato, neppure sul disegno di legge finanziaria, qualora fossero intervenuti ulteriori emendamenti di spesa. L'ex presidente Dini ha peraltro dichiarato, in occasione del voto in ordine al disegno di legge finanziaria in prima lettura al Senato, che il Governo e la maggioranza della quale egli stesso è parte avrebbero esaurito il proprio compito e che a gennaio si sarebbe politicamente dissociato.
È strano notare come nella rappresentazione del dibattito di un finto bipolarismo, come quello di ieri sera nella trasmissione Porta a porta, su quattro esponenti politici (due della minoranza e due della maggioranza) non ve ne fosse uno solo che difendesse il Governo: non quelli dell'opposizione - credo che sia legittimo e naturale -, ma neppure quelli della maggioranza; un esponente politico, Ministro del Governo e rappresentante del gruppo che ormai va definendosi come la Sinistra-l'Arcobaleno, il Ministro Ferrero, che ritiene il disegno di legge finanziaria insufficiente e la manovra economico-finanziaria non esauriente e non completamente soddisfacente, ma passibile di ulteriori modifiche nel segno di una maggiore equità; e l'ex presidente Dini, che, al contrario, era preoccupato del rigore, delle necessità del contenimento del disavanzo e della spesa e, quindi, guardava alla finanziaria con preoccupazione e con un segno opposto rispetto a quello del Ministro Ferrero.
Certamente, in una situazione politica di questo tipo e in un quadro politico così precario una manovra economica che si affida al futuro deve certamente fare affidamento su un alto grado di ottimismo.
Voglio brevemente entrare, signor Presidente, nel merito del disegno di legge finanziaria con un paio di osservazioni. Innanzitutto vorrei ottenere un chiarimento, che ritengo opportuno alla luce dei dati che ho personalmente esaminato. Cominciamo dalla situazione delle entrate.
Dobbiamo conoscere l'esattezza dei conti. Si parla di un nuovo «tesoretto» - lo si è definito così -, cioè un maggior livello di entrate fiscali, ma non sappiamo a quanto ammontano. È possibile conoscere esattamente l'entità di queste nuove entrate fiscali che non erano state calcolate?
In secondo luogo, Il Sole 24 Ore di oggi parla di un buco di oltre un miliardo di euro, non so se dovuto agli ulteriori emendamenti approvati o se insito già nella manovra, come approvata dal Senato. Credo che, nonostante le assicurazioni del sottosegretario Alfiero Grandi, restino alcuni punti interrogativi in ordine alle coperture. Anche su tale aspetto chiedo al Governo un chiarimento. Con i numeri non si gioca, né con la spesa, né con le coperture finanziarie. Dobbiamo essere chiari e tutti consapevoli che la manovra ha una sua reale copertura.
Il provvedimento sul welfare collegato alla legge finanziaria presenta una manovra sul piano previdenziale e pensionistico tendente ad abolire, come è avvenuto, il cosiddetto scalone in funzione di «scalini». Se mettiamo insieme la spesa per quest'ultima operazione e quella per il disegno di legge finanziaria, la manovra, secondo i dati che mi sono stati forniti da autorevoli rappresentanti della V Commissione bilancio, ammonterebbe ad oltre 22 miliardi. Una parte consistente (10 miliardi, ma non in un solo anno, perché per il prossimo anno saranno molti meno)Pag. 115sono dovuti proprio alla spesa per eliminare lo scalone e introdurre gli scalini.
A mio avviso, questo è un punto di fondo che va chiarito. Infatti, una politica riformista deve saper individuare un'emergenza e su quella concentrare il massimo degli sforzi. L'emergenza, signori del Governo, signori della Commissione, signor Presidente, è, per questo Paese e in questo momento, lo scalone o la precarietà dei giovani, che non trovano lavoro o ne trovano uno saltuario? Riteniamo che l'emergenza nazionale sia costituita dai giovani precari, che non trovano lavoro e che debbono «saltare» periodicamente da un lavoro all'altro senza avere né sussidi né coperture previdenziali nei passaggi da una attività di lavoro ad un'altra.
Ecco perché riteniamo che la spesa sociale italiana vada fortemente riequilibrata e che tale riequilibrio debba andare verso il soddisfacimento delle istanze primarie delle nuove generazioni. Negli altri Paesi europei, da ultimo in Germania e in primis in Danimarca, tale riequilibrio è avvenuto; in Italia, no. La legge Biagi è stata demonizzata, ma non ha prodotto maggiore precarietà. Il professor Ichino lo ha scritto sul Corriere della sera, sfidando ad un dibattito pubblico il comico Grillo (che si è ben guardato dall'accettare) e, cifre alla mano, ha dimostrato che, dopo l'approvazione di questa legge, non sono diminuiti, ma invece aumentati, i contratti a tempo indeterminato. Il problema vero è riempire questa legge di maggiori garanzie per quanto riguarda i sussidi di disoccupazione e la previdenza assicurata per coloro che passano da un lavoro precario ad un altro.
Non dobbiamo sfidare la flessibilità, che esiste in tutta Europa e in tutto il mondo. Dobbiamo abbinare la sicurezza sociale alla flessibilità. D'altronde, lo slogan del Partito Socialista Europeo, di cui mi onoro di far parte, è proprio quello della flexicurity. Non possiamo eliminare il tempo in cui viviamo e rimpiangere un tempo che non c'è più, quando un giovane poteva avere un lavoro a 17-18 anni e mantenerlo fino alla pensione. La sfida di una moderna sinistra riformista è saper unire l'accettazione della flessibilità ad un orientamento della spesa sociale e degli interventi dello Stato a favore di coloro i quali debbono operare all'interno di un mercato del lavoro sempre più flessibile e sempre meno garantito.
Un grande riequilibrio deve esserci, perché l'Italia per spesa in sussidi ai giovani precari è sotto il livello del Paese che spende meno. Per questo spendiamo meno del 2 per cento della spesa sociale, mentre la media europea è attorno al 6,5 per cento. Mi fa piacere che l'emendamento che i socialisti sul punto hanno già presentato in occasione dell'esame del disegno di legge finanziaria presso il Senato, che non era stato recepito in un primo momento dal Governo, sia stato recepito oggi dalla Commissione bilancio e dal Governo stesso, tanto che dovrebbe costituire parte integrante del testo licenziato. È una proposta emendativa che non costa un euro allo Stato italiano, in quanto attinge risorse al Fondo sociale europeo, e che garantisce una quota di reddito minimo per tre anni per i giovani a contratto precari, cioè i giovani ex Cococo e oggi Cocopro. Ritengo sia un fatto di civiltà e di giustizia e vada salutato con soddisfazione.
Il disegno di legge finanziaria per il 2008 non è pesante come quello dello scorso anno, tanto che è stato diverso l'atteggiamento delle forze sociali che l'anno scorso hanno protestato e quest'anno hanno dialogato con la maggioranza e con il Governo. Resta però un punto fondamentale, che voglio citare a conclusione di questo mio intervento e che ritengo al pari della necessità del riequilibrio della spesa sociale fondamentale per un Governo ed una maggioranza riformisti. È necessario fare in modo che l'Italia colmi il differenziale negativo sul piano della crescita economica che la separa dagli altri Paesi europei. Sono anni che abbiamo una crescita sotto la media europea. Siamo ad un differenziale di crescita negativo da molti anni. Durante il Governo Berlusconi, quando la crescita era praticamente pari a zero e negli altri Paesi europei andava pure male, ma eraPag. 116superiore dello 0,7-0,8 per cento, e anche durante questi anni perché siamo, infatti, all'1,8 per cento nel 2007 e abbiamo una previsione di crescita dell'1,3 per cento per il 2008.
Ciò, a fronte di una crescita media europea del 2,5 per cento nel 2007 e del 2 per cento nel 2008; manteniamo dunque un differenziale negativo che credo debba essere colmato perché la crescita è importante per garantire maggiore equità e per assicurare una lotta efficace all'indebitamento pubblico del Paese.
Abbiamo appreso con piacere - e concludo, signor Presidente - di alcune manovre che riguardano la riduzione dell'IRES e dell'IRAP, anche se qualcuno ha rilevato (e anche su questo chiediamo un chiarimento al Governo) che, soprattutto per quanto riguarda l'IRES, la riduzione dal 33 al 27,5 potrebbe essere vanificata dal recupero di risorse che si realizza con riferimento alla deducibilità degli interessi passivi. Questo è uno dei punti, ad esempio, che le associazioni produttive hanno richiamato per verificare l'efficacia di una manovra che intende diminuire la tassazione sulle imprese. Diminuire le tassazione sulle imprese, rilanciare le grandi opere in Italia, una maggiore e più efficace opera di investimento...
PRESIDENTE. Onorevole Del Bue, la pregherei di concludere.
MAURO DEL BUE. ...di risorse pubbliche per le grandi infrastrutture, la possibilità attraverso una maggiore tassazione di rilanciare gli investimenti privati. In questo modo, e solo in questo modo, si può arrivare a colmare il differenziale a cui facevo riferimento.
Volevo trattare anche un ultimo punto, ma non posso perché sono forse oltre i tempi. Anche se i tempi che mi sono stati concessi sono strani: poiché sono l'unico a parlare del mio gruppo, dovrei avere tutto intero il tempo...
PRESIDENTE. Abbiamo tenuto conto di tutto. Onorevole Del Bue, lei sa che la Presidenza è magnanima.
MAURO DEL BUE. Accetto soprattutto da lei, onorevole Castagnetti, questo richiamo. Non posso non accogliere il suo invito.
Volevo solo citare il punto che riguarda i bassi stipendi e i bassi salari, non lo posso fare non perché non sia sensibile a questo tema, ma perché non ne ho il tempo.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mario Ricci. Ne ha facoltà.
MARIO RICCI. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, colleghi relatori, i documenti di bilancio e la legge finanziaria per il 2008 probabilmente, anzi certamente, non rappresentano quella svolta di cui avrebbe bisogno il nostro Paese, ma in essi, credo, vi sono dei segni inconfutabili di novità, soprattutto in termini di modalità, di metodologia. Credo di individuare chiaramente in questi atti il superamento della tradizionale logica incrementale della spesa, una snellezza e trasparenza attraverso la ristrutturazione in missioni degli atti di bilancio, un tentativo di contenimento e di risanamento della spesa pubblica attraverso l'avvio di un processo di rivisitazione e di riqualificazione della spesa. Si tratta di un'impresa estremamente ardua e difficile. Il contenimento, a differenza che nel passato, attraverso i processi di rivisitazione e ristrutturazione della spesa non produce e non dovrebbe produrre quei «massacri» sociali che anche di recente abbiamo conosciuto nel nostro Paese.
Vorrei ricordare, fra l'altro, all'onorevole Crosetto che la spesa pubblica è rappresentata anche dagli incentivi al sistema delle imprese nel nostro Paese e non solo dalla spesa sociale che alcuni settori degli ambienti politici e istituzionali del nostro Paese vorrebbero «tagliare» e far pagare sulla pelle dei lavoratori e delle lavoratrici.
Dicevo che la ristrutturazione e la rivisitazione della spesa pubblica non è un'impresa facile, perché questo obiettivo richiede la scelta di alcune grandi opzioni. Ad esempio, per affrontare in concretoPag. 117questa necessaria rivisitazione e ristrutturazione della spesa pubblica, utilizzo un settore come quello dei trasporti e delle infrastrutture che sono stati anche al centro della discussione svoltasi in sede di IX Commissione e molto spesso anche in quest'Aula.
Ricordo, ad esempio, la risoluzione di accompagnamento all'approvazione del Documento di programmazione economico-finanziaria per gli anni 2008-2010, che, appunto, poneva l'accento sulla necessità di una selezione e di una priorità nella scelta di investimenti nelle opere infrastrutturali nel nostro Paese.
Parto da tale settore, che gli atti di bilancio e il disegno di legge finanziaria per il 2008 probabilmente privilegiano; esprimiamo, pertanto, anche un grande apprezzamento (non è ancora una svolta, ma un processo di svolta si potrebbe avviare) perché notevoli risorse sono state poste a disposizione soprattutto del rilancio del trasporto pubblico locale.
In questi giorni, signor Presidente, rappresentanti del Governo, assistiamo a una prova di forza di una categoria che, dobbiamo dirlo, ha una forza di contrattazione notevole, dovuta ad un fenomeno molto preciso: nel nostro Paese l'85 per cento delle merci è trasportato su gomma. Quando parlavo di una ristrutturazione della spesa del bilancio dello Stato, quindi, chiedevo in questo senso un rovesciamento e un riequilibrio delle modalità di trasporto nel nostro Paese, che privilegino, ovviamente, il trasporto pubblico locale collettivo: non si può continuare ad aumentare i tassi di inquinamento e delle emissioni dei gas serra nel nostro Paese, soprattutto nelle grandi aree urbane, perché bisogna combattere la logica dell'incremento progressivo dell'uso del mezzo privato. Quarantadue milioni di auto private viaggiano quotidianamente nel nostro Paese, con tutti gli sconquassi dal punto di vista ambientale e di consumo irrazionale del territorio. Si tratta, quindi, di una scelta precisa, avviata anche da tali elementi introdotti con la legge finanziaria per il 2008.
Vi sono, certo, talune contraddizioni: da una parte, si compie un intervento consistente, stanziando risorse, addirittura con una scelta strutturale negli anni, trasferendo alle regioni - attraverso meccanismi di partecipazione alla riscossione di accise - la possibilità di darsi un programma di promozione e di sviluppo del trasporto pubblico locale; dall'altra, però, non siamo ancora a livelli tali da spostare a favore del trasporto su ferro, del trasporto via mare e del trasporto innovativo e collettivo nelle grandi aree urbane, una modalità di trasporto che nel nostro Paese si è ulteriormente orientata verso la strada e la gomma.
È inoltre avviato - concludo, signor Presidente - almeno il tentativo di riportare lo strumento della legge finanziaria alle sue finalità originarie. Anche nel disegno di legge finanziaria in esame vi sono storture incredibili. Cito due elementi, che probabilmente riprenderò durante l'esame degli ordini del giorno. Ebbene, nell'uso di tale strumento vi sono forzature da parte del Governo, anche in maniera impropria. L'articolo 73, ad esempio, interferisce nei rapporti tra lo Stato e il fornitore dei servizi postali, imponendo determinate soluzioni; con l'articolo 111 si dà addirittura un'interpretazione autentica di norme vigenti, con riferimento agli incentivi ai lavoratori e a figure ormai in via di superamento e di esaurimento, come quella dei combattenti e dei partigiani...
PRESIDENTE. Onorevole Mario Ricci, concluda.
MARIO RICCI. ...che, lavorando nel settore privato, sono state discriminate per quindici anni. La legge finanziaria non può essere piegata a tali usi: dovremmo invece, in qualche modo, riportarla alla sua finalità originaria.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Nannicini. Ne ha facoltà.
ROLANDO NANNICINI. Signor Presidente, signor Ministro, signori rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, per illustrare al meglio le misure recate dalPag. 118disegno di legge finanziaria per il 2008 quale risulta dal testo presentato dal Governo, dalla lettura svolta dal Senato e, quindi, dalle novità introdotte durante l'esame in sede referente della Commissione bilancio della Camera dei deputati, ritengo indispensabili alcune premesse.
Leggiamo sulla stampa che il Governo era partito con novantasette articoli, divenuti circa centocinquanta al Senato e, dopo la discussione in Commissione bilancio, duecentotredici: una legge finanziaria non si misura né in chili né in numero di articoli, ma dai contenuti che essa introduce nel bilancio dello Stato. Due esempi su tutti: la nuova formulazione dell'articolo 1, che, al comma 4, istituisce il Fondo a sostegno dei redditi da lavoro dipendente e il nuovo articolo 9-bis (Misure a favore dei consumatori in materia di prodotti energetici).
La domanda da porsi è la seguente: sarebbe migliore o peggiore per i lavoratori e per i cittadini italiani una legge finanziaria senza tali articoli? Ritengo che questi nuovi articoli abbiano migliorato il testo nell'interesse generale del Paese.
Il comma 4 dell'articolo 1 istituisce un fondo, presso il Ministero dell'economia e delle finanze, finalizzato al conseguimento dell'obiettivo di incrementare le detrazioni d'imposta per i redditi da lavoro dipendente, a sostegno del salario dei lavoratori. Tale fondo è costituito dalle maggiori entrate tributarie che si realizzano nel 2008, nel rispetto degli indici di indebitamento pubblico previsti dal Documento di programmazione economico-finanziaria, dagli extragettito e dalle entrate derivanti dalla lotta all'evasione fiscale.
Tale articolo, richiamando l'articolo 17, comma 1, della legge 468 del 1978, la cosiddetta riforma Stammati, prevede che, entro il mese di giugno, il Ministro del Tesoro presenti al Parlamento un apposito disegno di legge ai fini dell'assestamento e quindi, per quella data del 2008, avremo una prima consistenza finanziaria del fondo per la riduzione fiscale nei confronti dei lavoratori.
Inoltre, l'articolato richiama il comma 3 dell'articolo 11 della citata legge Stammati, che recita: «La legge finanziaria contiene esclusivamente norme tese a realizzare effetti finanziari, con decorrenza dal primo anno considerato nel bilancio pluriennale, e in particolare: (...) le variazioni delle aliquote, delle detrazioni e degli scaglioni (...) con effetto di norma dal primo gennaio dell'anno cui essa si riferisce, nonché le correzioni delle imposte conseguenti all'andamento dell'inflazione» e rende ancora più forte la norma stabilendo che la misura dell'incremento di tali detrazioni, in ogni caso, non deve essere inferiore al 20 per cento per le fasce di reddito più basse, elevando ovviamente le detrazioni, che adesso sono pari a 1.840 euro per i redditi complessivi che non superano gli 8.000 euro e decrescono fino a zero per i redditi complessivi di 55.000 euro.
Questa misura si accompagna alle altre già previste dalla legge n. 222 del 2007 all'articolo 44, con il riconoscimento dell'imposta negativa di 150 euro per ciascun familiare a carico per i contribuenti per i quali, nell'anno 2006, l'imposta netta risulti pari a zero (cioè per i redditi superiori a 7.500 euro per i lavoratori dipendenti, 7.000 euro per i pensionati e 4.200 euro per i lavoratori autonomi) e dalla legge n. 127 del 2007, che all'articolo 5 prevede un incremento medio di 302 euro delle pensioni minime per quasi tre milioni di pensionati.
Altri colleghi si sono soffermati a rappresentare le forti novità introdotte in questa manovra finanziaria con riferimento alla tassazione relativa al lavoro autonomo e alle imprese; per carenza di tempo non mi soffermerò su tale punto.
Prima di concludere, vorrei rappresentare al meglio la norma contenuta nell'articolo 9-bis, che è una sintesi di una proposta emendativa da me presentata, con altri colleghi del mio gruppo parlamentare, ed inserita nel decreto-legge Bersani, oggi in discussione al Senato, e quella presentata dal deputato Cirino Pomicino, al fine di ridurre le accise sui carburanti.
Ringrazio il Governo e il relatore, che con la proposta emendativa n. 9.040 ha sintetizzato tale materia, accogliendo la nostra sollecitazione.Pag. 119
Il meccanismo inserito con tale norma prevede che le misure delle aliquote di accisa su prodotti energetici usati come carburanti ovvero come combustibili per riscaldamento per usi civili siano diminuite, al fine di compensare le maggiori entrate dell'imposta sul valore aggiunto derivanti dalle variazioni del prezzo internazionale, espresse in euro, del petrolio.
Il primo decreto di attuazione di tale norma viene adottato entro il 28 febbraio del 2008 e successivamente con decorrenza trimestrale, se il prezzo del greggio registra una variazione del 2 per cento rispetto al valore medio previsto dal Documento di programmazione economico-finanziaria e all'ultimo rilevato nelle varie scadenze.
Ricordo che i valori medi previsti dal Documento di programmazione economico-finanziaria per il prezzo del petrolio sono di 65 dollari al barile, il cambio l'euro-dollaro è di 1 euro per 1,34 dollari, il prezzo del petrolio al barile è di 48,75 euro.
Facciamo una simulazione, assumendo il prezzo del petrolio al cambio del 6 dicembre - stando al testo dell'emendamento - coincidente con quello alla data del 28 febbraio. Il prezzo del petrolio, in data 6 dicembre, era di 86,73 dollari al barile, il cambio era di 1,46 e il prezzo del petrolio al barile era di 58,98 euro. Variazioni: una variazione del 21 per cento in euro; una variazione in dollari del 33 per cento.
Dai dati sopra citati emerge da questa simulazione che avremmo un aumento del prezzo della petrolio a barile del 21 per cento (in euro) che permetterà di far scattare la norma della compensazione dell'accisa, mentre in dollari l'aumento sarebbe del 33 per cento. Dobbiamo quindi ringraziare il tanto vituperato euro per la differenza di 12 punti percentuali. Ma volendo rimanere alla sostanza, ipotizzando un aumento di dieci euro a barile con l'aliquota IVA del 20 per cento avremmo due euro a barile per l'IVA da sterilizzare e da mettere a disposizione per la diminuzione dell'accisa. È chiaro che in questi calcoli non godendo di un regime agevolato vi rientra anche l'autotrasporto: è questa una prima risposta anche allo sciopero degli autotrasportatori. Se ci riferiamo a un consumo nazionale annuo di 630 milioni di barili ovvero di 100 milioni di barile a bimestre possiamo affermare che tale provvedimento ridistribuirà a febbraio con questi prezzi simulati un risparmio di circa 200 milioni di euro. Avremo, quindi, un effetto benefico sull'inflazione e sull'andamento competitivo della nostra economia.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
ROLANDO NANNICINI. Ho voluto citare, forse con eccessiva attenzione, le nuove agevolazioni previste dall'articolo 1 a sostegno dei salari e dal nuovo articolo 9-bis sulla sterilizzazione dell'IVA sui prodotti petroliferi perché nei Paesi occidentali dove lo Stato sociale funziona, i meccanismi di entrata sono legati anche ad eventuali eventi negativi per le tasche dei cittadini. L'aumento dell'inflazione e quello del prezzo del petrolio rappresentano una specie di scala mobile inversa e sono eventi che non devono trasformarsi automaticamente in un aumento delle entrate per lo Stato. I cittadini se ne rendono conto, è bene che anche il legislatore se ne renda conto nel suo operato (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Lei ha beneficiato del premio riconosciuto all'ultimo intervento della discussione sulle linee generali.
Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione congiunta sulle linee generali.
(Repliche dei relatori e del Governo - A.C. 3256-A e A.C. 3257-A)
PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore sul disegno di legge n. 3256, onorevole Ventura e il relatore sul disegno di legge n. 3257 e relative note di variazioni, onorevole Andrea Ricci, rinunciano alle repliche.
Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.
TOMMASO PADOA SCHIOPPA, Ministro dell'economia e delle finanze. Signor Presidente, leggerò solo una parte del mio intervento. Chiedo poi, per seguire almeno in parte l'esempio di chi ha addirittura rinunciato alla replica, che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.
PRESIDENTE. Signor Ministro, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
TOMMASO PADOA SCHIOPPA, Ministro dell'economia e delle finanze. Signor Presidente, all'inizio dei lavori della Commissione bilancio, lo scorso 21 novembre, ho ribadito quanto il Governo ritenga importante il passaggio parlamentare della manovra di bilancio come spazio per la discussione e il miglioramento di quella che costituisce la maggiore sintesi delle politiche del Paese.
Vorrei ringraziare il presidente Duilio, il relatore sul disegno di legge di bilancio, Andrea Ricci e quello sul disegno di legge finanziaria, Ventura, per l'impegno che hanno profuso in queste settimane e per aver favorito un dibattito molto ampio.
La mia replica toccherà alcuni aspetti generali per poi riprendere alcune questioni più puntuali sorte durante il dibattito. Inizio ricordando il notevole sforzo dal lato dei conti pubblici che il Governo ha compiuto da quando è in carica. Ricordo che nel 2005 l'Italia, dopo anni di finanza indulgente e creativa, era stata posta sotto procedura di deficit eccessivo dal Consiglio dei ministri economici e finanziari dell'Unione europea. Il debito pubblico aveva ripreso a salire dopo un decennio, l'avanzo primario era stato azzerato, la spesa primaria corrente era cresciuta di 2,4 punti del prodotto interno lordo durante i cinque anni precedenti, raggiungendo il livello record del 40 per cento del PIL. Ora a distanza di meno di due anni il deficit è stato riportato ampiamente sotto la soglia di Maastricht e senza ricorrere a misure temporanee. Misure temporanee - vorrei ricordarlo - che nel periodo 2002-2005 erano state pari a 64 miliardi di euro, più di quattro punti del prodotto interno lordo.
La legge finanziaria dello scorso anno e quella oggi in discussione vanno guardate in prospettiva, inserite nella realtà dei conti pubblici che abbiamo dovuto affrontare e degli obiettivi che si impongono per i prossimi anni.
Non daremo nessun futuro ai giovani se non abbatteremo il debito e se non libereremo risorse per più, e migliori, beni e servizi pubblici. E l'opera non è compiuta. Un compito arduo, ma anche entusiasmante, ci attende per i tre anni che rimangono di questa legislatura: portare a termine il risanamento strutturale della finanza pubblica ed il rilancio della crescita in un contesto di progressiva riduzione dell'ineguaglianza sociale.
La finanziaria in discussione è stata predisposta tenendo presente le molteplici esigenze che questo Governo ha inteso soddisfare: carenza di capitale materiale e immateriale, enorme debito, eccessiva ineguaglianza sociale e territoriale. A questi si sono aggiunte con forza la questione dei cosiddetti costi della politica e la necessità di semplificare il rapporto tra il cittadino e fisco.
La manovra di bilancio si propone di tenere insieme questi elementi in un quadro strategico che favorisca la crescita, la stabilità macroeconomica e l'uguaglianza sociale. La manovra conferma e rafforza gli obiettivi fissati per il 2008: un deficit al 2,2 per cento del prodotto interno lordo, un debito in discesa dal 105 al 103,5 per cento, la stabilizzazione della pressione fiscale. Posta entro questi argini la manovra prevede un'importante riqualificazione della spesa pubblica e contiene un piano di razionalizzazione dell'utilizzo degli immobili pubblici e una revisione dei criteri per il mantenimento di alcune tipologie di residui nel bilancio dello Stato. Inoltre i Ministeri hanno iniziato un riesame dei propri bilanci, mentre sono in via di completamento l'analisi e la revisione della spesa pubblica, avviate in seguito alle norme contenute nella legge finanziaria dell'anno scorso.Pag. 121
Sui costi della politica si interviene su diversi fronti, coinvolgendo le amministrazioni centrali e locali. Si inizia la restituzione fiscale tramite la riduzione dell'ICI e dell'imposta sugli affitti, e si attua una consistente semplificazione d'imposta per le imprese, soprattutto quelle pubbliche. Viene data certezza finanziaria agli interventi su pensioni e mercato del lavoro, e vi è un consistente gruppo di norme a tutela dell'ambiente, gruppo che è stato potenziato e migliorato in sede di discussione al Senato.
Mi soffermo brevemente su alcune delle modifiche apportate meritevolmente dalla Commissione bilancio. Un'importante innovazione riguarda il trasporto pubblico locale. Già in Commissione il 21 novembre scorso avevo sottolineato come un'azione in questo campo avrebbe potuto qualificare il passaggio alla Camera della manovra finanziaria. La norma che arriva in Aula dà attuazione al titolo V della Costituzione, riconoscendo alle regioni a statuto ordinario la compartecipazione al gettito per l'accisa sul gasolio per autotrazione. Ciò non avviene per un solo anno, come avevamo inizialmente previsto, ma, grazie al passaggio alla Camera, diventa una condizione permanente che permetterà alle amministrazioni locali di programmare i necessari interventi di sviluppo del settore.
Un'altra importante novità, che è stata ricordata in quest'aula dall'onorevole Iacomino riguarda il fisco. Nella formulazione modificata in Commissione dell'articolo 1, comma 4, si destinano alla riduzione della pressione fiscale sul lavoro dipendente le maggiori entrate strutturali, non solo quelle derivanti dalla lotta all'evasione fiscale.
Cito altri due contributi attribuibili alla Commissione che meglio qualificano la manovra di questo anno: diventano permanenti le disposizioni a favore dei soggetti danneggiati in ambito sanitario; si potenziano le dotazioni della polizia e del Corpo dei vigili del fuoco. Vi sono anche - debbo ricordarlo - molti, anzi troppi micro-interventi che non dovrebbero essere presenti nella finanziaria, e mi auguro che, per i prossimi anni, si possa continuare nel percorso intrapreso di maggior utilizzo del disegno di legge di bilancio o delle vie amministrative per individuare le risorse necessarie a soddisfare richieste di tipo particolaristico.
Le iniziative della Commissione bilancio non alterano l'impianto della manovra impostata dal Governo. Come ho più volte sottolineato, il dibattito parlamentare ha permesso di porre l'accento su istanze sociali ed economiche cui il Governo, nella prima stesura del documento, forse non aveva posto tutta la necessaria attenzione.
Tra queste avrei voluto vi fosse anche una estensione al 2010 delle risorse necessarie per finanziarie il 5 per mille. Il testo del disegno di legge finanziaria approvato dal Consiglio dei Ministri prevedeva l'aumento da 250 a 400 milioni dello stanziamento per l'anno 2008, adeguando sostanzialmente l'importo a quello già previsto per l'anno 2007 dopo che tali risorse erano state azzerate dal Governo precedente. Con uno sforzo finanziario rilevante, un emendamento del Governo presentato in Commissione bilancio del Senato stanziava 100 milioni di euro per il 2009. Ritengo sia necessaria una riflessione finalizzata a verificare se vi siano interventi a cui si può rinunciare per finanziare anche il 2010 e dare stabilità alle risorse per il 5 per mille.
La manovra di bilancio uscita dalla Commissione è coerente con gli obiettivi di finanza pubblica. Il rigore dei conti pubblici e il rispetto delle regole del gioco sono le condizioni sine qua non della discussione parlamentare e rappresentano un compito fondamentale per il Ministro dell'economia e delle finanze. A questo proposito, come sottolineato dal sottosegretario Sartor in Commissione, il Governo si riserva, nel corso dei lavori in Assemblea, una valutazione sulla correttezza della stima degli oneri e dell'adeguatezza delle coperture e delle compensazioni relativamente ad alcune disposizioni su cui l'esame della Commissione non è stato sufficientemente approfondito per mancanza di tempo.Pag. 122
Mi soffermo, infine, su alcune questioni specifiche sollevate durante il dibattito. All'onorevole Verro, che suggerisce una modifica dei Regolamenti parlamentari disciplinanti la sessione di bilancio, non posso che confermare la mia personale disponibilità. Mi permetto di rinviare all'intervento da me svolto in Commissione bilancio il 13 febbraio 2007.
L'onorevole Milana lamenta che alla riduzione dei costi della politica contribuiscano solo i consiglieri comunali. Mi permetto di non essere d'accordo. Le norme sono molte e complesse. Hanno superato resistenze burocratiche e chiamato tutti, amministratori locali e del Governo centrale, a contribuire al contenimento dei costi.
L'onorevole La Malfa si chiede che cosa faccia la legge finanziaria per lo sviluppo. Una domanda forse retorica a cui risponderei così: in primo luogo non è un disegno di legge finanziaria che può risolvere un problema strutturale di bassa crescita, problema per la cui soluzione il ruolo della politica economica è centrale ma non risolutivo. In secondo luogo, ricordo quattro linee di fondo messe in atto dal Governo: liberalizzazioni, semplificazione fiscale, investimenti infrastrutturali e riduzione dell'aliquota marginale di prelievo sulle imprese.
L'onorevole Schietroma non è soddisfatto di ciò che il disegno di legge finanziaria prevede per favorire il reinserimento nel mercato del lavoro dei collaboratori a progetto. Ricordo, però, che proprio la Commissione bilancio ha introdotto un sistema sperimentale per riqualificare i lavoratori e auspico che vi siano seri controlli e valutazioni del programma per poter poi decidere con dati fattuali se estendere o meno la sperimentazione.
L'onorevole Pelino critica il disegno di legge finanziaria per essere - cito - contro le donne. Non mi sembra che sia contro le donne. Non rilevo nessuna norma di questo tipo. Mi pare si tratti di un'esagerazione ingenerosa. Ricordo l'importante norma che equipara il figlio adottivo a quello biologico per ciò che concerne il diritto al congedo di maternità e la destinazione di ingenti risorse per asili nido, stabilita dalla Commissione bilancio.
L'onorevole Garavaglia teme che il rallentamento del ciclo economico e gli effetti sulle entrate siano sottovalutati. Assicuro che il Governo ha tenuto conto di tutti gli elementi disponibili e ha elaborato stime prudenti del tasso di crescita dell'economia per il prossimo anno.
All'onorevole Giudice che auspica la fine della legge finanziaria, ricordo i miei interventi presso la Commissione di cui egli è membro. Lo invito a lavorare con noi nei prossimi mesi per porre nuovamente il bilancio dello Stato al centro della politica economica.
Signor Presidente, il disegno di legge finanziaria di quest'anno non si discosta dal destino delle precedenti: essere criticata nella fase della discussione parlamentare. Quest'anno ho sentito più voci. C'è chi la considera di eccessivo rigore e chi invece la considera poco attenta alla tenuta dei conti pubblici. In quest'aula ho sentito molti interventi dell'opposizione chiedere al contempo più spese, meno tasse e un risanamento più rapido.
Devo però deludervi: al mio arrivo al Ministero dell'economia e delle finanze non ho trovato - dimenticata da qualche mio predecessore - nessuna bacchetta magica. Ho rinvenuto soltanto un deficit pubblico superiore al 4 per cento del prodotto interno lordo e un debito in aumento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-L'Ulivo).
Il fatto che vi siano critiche ed opinioni così divergenti fa supporre che sia stata almeno tentata una corretta sintesi delle diverse istanze ed esigenze del Paese. La politica economica di un Governo va valutata nel medio e lungo periodo. Il percorso di legislatura delineato dal primo DPEF presentato da questo Governo compie, con questa legge finanziaria, un ulteriore importante passo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato alla seduta di domani.
Pag. 123Ordine del giorno della seduta di domani.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.
Mercoledì 12 dicembre 2007, alle 11:
1. - Seguito della discussione del disegno di legge:
S. 1818 - Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2008 e bilancio pluriennale per il triennio 2008-2010 (Approvato dal Senato) (3257-A).
Nota di variazioni al bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2008 e bilancio pluriennale per il triennio 2008-2010 (3257-bis).
Seconda nota di variazioni al bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2008 e bilancio pluriennale per il triennio 2008-2010 (3257-ter).
- Relatore: Andrea Ricci.
2. - Seguito della discussione del disegno di legge:
S. 1817 - Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2008) (Approvato dal Senato) (3256-A).
- Relatore: Ventura.
(al termine delle votazioni)
3. - Informativa urgente del Governo sul gravissimo incidente sul lavoro occorso presso l'acciaieria ThyssenKrupp di Torino che ha causato la morte di quattro operai, oltre a diversi feriti.
4. - Informativa urgente del Governo sulla protesta in atto da parte degli autotrasportatori e sui relativi effetti.
La seduta termina alle 20,30.
TESTO INTEGRALE DEGLI INTERVENTI DEI DEPUTATI LUIGI FEDELE, FRANCO CECCUZZI, MANUELA GHIZZONI E DOMENICO DI VIRGILIO IN SEDE DI DISCUSSIONE CONGIUNTA SULLE LINEE GENERALI DEI DISEGNI DI LEGGE N. 3256-A E N. 3257-A
LUIGI FEDELE. La Finanziaria 2008 è l'ennesima conferma della superficialità ed irresponsabilità del Governo Prodi che, distribuendo scriteriatamente preziose risorse a destra e a manca per accattivarsi e accontentare gruppi sociali e lobbies che lo sostengano o gli sono particolarmente vicini, porta il Paese verso un rovinoso declino.
Ormai, infatti, il livello della pressione fiscale ha raggiunto la cifra record di circa il 43 per cento: i due decreti-legge di spesa di quest'anno confermano il trend rovinoso della sinistra estrema del «tassa e spendi» che penalizza gravemente l'economia del nostro Paese, a svantaggio dei cittadini e delle imprese.
Se non si arresta la dinamica della spesa corrente non sarà possibile avviare un reale risanamento dei conti pubblici e non sarà possibile ridurre il livello di pressione fiscale. Un'eccessiva tassazione, infatti, corrisponde a meno sviluppo, alla compressione dei consumi e quindi della domanda interna in una spirale di impoverimento generale.
Troppe spese correnti significano meno risorse per gli investimenti in infrastrutture e opere pubbliche e meno sostegno alle attività produttive.
Ed è proprio su questo punto che bisogna soffermarsi.
Il Governo di centrosinistra, ancora una volta, conferma la sua pressoché totale indifferenza e superficialità verso il Paese in generale e, in maniera particolare, verso il Mezzogiorno, che già è attanagliato da numerose problematiche di vario genere e che neanche questa volta, nonostante i grandi proclami pre-finanziaria 2008, riceve la giusta attenzione.
Un Mezzogiorno oppresso dalle continue manovre fiscali e sfiduciato dallaPag. 124sofferta situazione politico-economica da cui il nostro Paese sembra non riuscire ad emergere.
Ad uno scenario già precario si aggiunge anche un rallentamento economico previsto per l'anno venturo dovuto, come evidenziato da uno studio di Unioncamere, ad una somma di fattori.
Nella finanziaria 2008 non vi è, purtroppo, traccia di una politica di sviluppo del Mezzogiorno, anzi le risorse che vengono assegnate sono sempre più scarse, con la giustificazione che le Regioni meridionali non sono in grado di utilizzare, al meglio, le risorse comunitarie. La legge finanziaria non attenua la pressione fiscale ormai stabilmente sopra la media europea con il rischio concreto di creare ulteriori difficoltà al cuore del nostro sistema produttivo ed in particolare a quel tessuto di piccole e medie imprese che rappresentano il volano di sviluppo del Mezzogiorno e devono essere sostenute attraverso forme di fiscalità di vantaggio, incentivi statali, potenziando gli investimenti in infrastrutture in tutto il territorio e creando condizioni di maggiore sicurezza nel territorio attraverso una decisa contrapposizione alla criminalità organizzata.
Un settore fortemente carente nel Mezzogiorno è quello delle infrastrutture. E il Governo che fa? Non solo non destina risorse sufficienti ma, addirittura, toglie. E infatti per finanziare il provvedimento del collegato fiscale è ricorso ad una riduzione per ben 1 miliardo e 100 milioni di euro del fondo per le aree sottoutilizzate, il che equivale sottrarre risorse allo sviluppo del Mezzogiorno.
Non va dimenticato che il Governo Prodi ha cancellato la costruzione del ponte sullo stretto di Messina, che è invece un'opera essenziale ad assicurare un collegamento stabile tra le due sponde dello Stretto di Messina, la cui mancata realizzazione danneggia sia la Sicilia che la Calabria, soltanto per un ricatto mosso dagli ambientalisti fondamentalisti che si oppongono al ponte per un puro pregiudizio ideologico.
Nella Finanziaria 2008, l'articolo 62, comma 8, prevede l'autorizzazione alla spesa di 20 milioni di euro per il 2008, 22 milioni di euro per il 2009 e 7 milioni di euro per il 2010, per interventi necessari a fronteggiare i problemi di mobilità e sicurezza derivanti dai lavori di ammodernamento dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria, nel tratto Gioia Tauro-Reggio Calabria e per migliorare la qualità del trasporto nello Stretto di Messina (il 50 per cento degli stanziamenti deve essere destinato ad interventi infrastrutturali). Nelle aree interessate da una infrastruttura strategica e prioritaria per il Sud come la Salerno-Reggio Calabria, le misure si risolvono nell'affrontare l'emergenza, ma non si prevedono interventi tesi a sostenere il peso del traffico stradale di persone e merci che gravita in quei territori, con l'inevitabile rischio di ricadute negative, che possono derivare da tale situazione, in termini economici e di mancato sviluppo nei territori.
Mancano inoltre le risorse per completare in tempi ragionevoli l'ammodernamento dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria.
Sono scomparse, oltretutto, le misure originariamente previste per lo sviluppo dell'hub portuale di Gioia Tauro e della relativa filiera logistica, che avrebbero invece contribuito ad implementare una piattaforma strategica per gli scambi, soprattutto commerciali, nella parte bassa del Mediterraneo.
Altra questione quella delle zone franche, che dovevano rilanciare il Sud, e che invece saranno diffuse in tutto il Paese; e la fiscalità di vantaggio per il Sud, che ha così ben funzionato in Irlanda, è stata dimenticata in qualche cassetto ministeriale. Nella Finanziaria manca anche uno specifico programma di edilizia popolare per il Sud, dove enorme è il fabbisogno della gente, che spesso si ritrova a vivere in condizioni precarie.
Altra questione importante è quella legata alla sicurezza e legalità. Il Mezzogiorno d'Italia vive quotidianamente non solo la grande piaga della criminalità organizzata ma anche lo svilupparsi e ilPag. 125diffondersi della microcriminalità, fatta di furti, scippi, rapine che, in alcuni casi, degenerano provocando conseguenze gravissime.
E invece lo Stato, che dovrebbe garantire la sicurezza e la legalità sui territori particolarmente a rischio e disagiati, distribuisce risorse totalmente inadeguate per fronteggiare tali emergenze, ove sarebbe necessario impiegare un maggior numero di mezzi e di personale delle Forze dell'ordine, a tutela dei cittadini che si trovano a vivere in situazioni difficili e pericolose, in zone in cui cresce l'allarme sociale. La Finanziaria trascura un altro punto cardine per lo sviluppo del Mezzogiorno e, cioè, la disoccupazione. Il tasso di disoccupazione nel Mezzogiorno d'Italia, rispetto a quello del Centro e del Nord del nostro Paese, registra un divario enorme, costringendo tantissimi giovani ad emigrare verso centri del Nord Italia, lontani dalle loro famiglie e dalla loro terra, in cerca di un lavoro che gli permetta di sostenersi.
Dunque, la Finanziaria di quest'anno va decisamente bocciata in quanto non affronta in maniera adeguata le numerose esigenze che il popolo italiano reclama a gran voce anche scendendo in piazza: serve una politica che liberi le imprese italiane dalla burocrazia e dall'altissima tassazione che vige nel nostro Paese, serve una politica di sostegno alla famiglia e al mondo scolastico ed universitario che, come giustamente portato avanti dalla riforma Moratti, permetta attraverso la competizione e la formazione un accesso più agevole verso il mondo del lavoro, al pari degli altri Paesi europei e non solo. E invece, ancora una volta, le risorse destinate alla scuola e all'università sono del tutto inadeguate.
La politica economica del governo Prodi manca di qualunque attenzione per il Mezzogiorno dimenticando che in tale parte del Paese si gioca il futuro economico dell'Italia.
Solo nel Sud sono largamente presenti fattori di produzione inutilizzati: mi riferisco soprattutto alla forza lavoro (in larga misura qualificata) disponibile, alle aree disponibili per insediamenti produttivi.
Da ricordare anche la posizione centrale nel Mediterraneo delle regioni meridionali, che rappresenta un elemento non pienamente valorizzato.
Ma il professor Prodi si limita a vivacchiare o meglio a sopravvivere stentatamente e pericolosamente giorno per giorno, senza portare avanti nessuna azione strategica per affrontare i problemi del Paese, dimenticando tutta la questione meridionale. Mancano nella Finanziaria le risorse necessarie per eliminare il gap infrastrutturale che penalizza il Sud e mancano soprattutto politiche di sviluppo credibili.
Questo Governo inutile e dannoso per il Paese dedica tutto il suo impegno solo a mantenersi in sella e trascura tutto e tutti.
In conclusione, il giudizio dei deputati di Forza Italia sulla Finanziaria 2008 è fortemente negativo perché si tratta di uno sperpero di risorse a pioggia, estremamente dannoso ed involutivo per il Paese.
FRANCO CECCUZZI. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, onorevoli rappresentanti del Governo, il disegno di legge finanziaria che arriva in aula è una manovra caratterizzata da provvedimenti apprezzati ed ormai molto attesi dal paese, grazie al testo presentato dal Governo, agli arricchimenti apportati dall'altro ramo del Parlamento e dalla Commissione bilancio di questa Camera, protagonista di un lavoro meticoloso nel raccogliere le proposte emendative dei propri componenti ed i miglioramenti suggeriti dai pareri e dagli emendamenti approvati dalle altre Commissioni.
Il cammino che dal lo ottobre ha portato la legge finanziaria sin qui ha mantenuto, con coerenza, le linee indicate nel DPEF 2008-2011, proseguendo il percorso avviato dal Governo già con la manovra di bilancio dello scorso anno. La legge finanziaria per il 2008 si focalizza, in particolare, sulla riduzione del deficit pubblico, sul rilancio della competitività, sul sostegnoPag. 126della crescita economica e sul miglioramento dell'equità nella distribuzione del reddito.
Il primo scorcio di legislatura ha visto l'attuazione di norme incisive, anche di natura straordinaria, volte a consentire alla finanza pubblica di superare una situazione di emergenza. L'efficacia dell'azione di Governo, si è concretizzata su due fronti indispensabili per diminuire il divario con gli altri partner: la riduzione del debito e la lotta all'evasione fiscale. Una politica che ha già consentito di ridistribuire circa 7,5 miliardi di euro, con le disposizioni del decreto-legge n. 159, senza dover ricorrere ad alcuna manovra correttiva.
In dieci mesi, da gennaio ad ottobre di quest'anno, sono entrati nelle casse dell'erario 22 miliardi di euro in più rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso.
Il risanamento ed il contrasto all'evasione hanno avuto successo consentendo di recuperare le risorse per avviare quella, tanto attesa, riduzione della pressione fiscale, quale leva di giustizia sociale e di redistribuzione dei redditi. Il primo articolo della manovra di bilancio per il 2008 è un inedito quanto chiaro manifesto di intenti che rappresenta un messaggio al paese. Con l'articolo 1, infatti, si stabilisce che «le eventuali maggiori entrate derivanti nel 2008 dalla lotta all'evasione fiscale sono destinate, se di carattere permanente, prioritariamente, alla riduzione della pressione fiscale dei lavoratori dipendenti, a partire dalle fasce di reddito più basse».
La riduzione della pressione fiscale non andrà solo a vantaggio del lavoro dipendente e, in senso più generale, delle persone fisiche. Con la manovra dello scorso anno era stato chiesto un contributo importante anche al mondo della piccola e media impresa, per raggiungere gli obiettivi di risanamento, essenziali anche per la crescita economica del paese e la forza di tutto il sistema produttivo.
Le PMI sono un nucleo di forze vitali per lo sviluppo. Esse rappresentano il 95 per cento delle imprese in Italia e coprono il 45 per cento del livello di occupazione totale, svolgendo così un ruolo di primaria importanza nel processo di creazione di valore aggiunto.
Le PMI contribuiscono in misura decisiva allo stile, alla creatività, alla qualità delle produzioni che insieme sono conosciute nel mondo con il marchio del «made in Italy». Per innalzare la loro competitività e la loro penetrazione sui mercati era doveroso porsi, come ha fatto questo Governo, l'obiettivo di modernizzare il regime di trattamento fiscale delle imprese.
Nel quadro di un intervento di riorganizzazione del sistema della fiscalità d'impresa, senza precedenti per portata e per impatto sistemico, la nuova disciplina della tassazione dei redditi delle imprese, delineata dalla legge finanziaria per il 2008, introduce elementi di modernizzazione e di semplificazione idonei a mettere il nostro ordinamento al passo con i sistemi tributari più evoluti ed in grado di attrarre più investimenti dall'esterno. Una riforma che, a regime, porterà grandi benefici al sistema Italia ed alle singole imprese.
La riforma si caratterizza per almeno tre innovazioni strutturali.
La prima si riferisce alla riduzione delle aliquote IRES e IRAP, rispettivamente al 27,5 e al 3,9 per cento, con un avvicinamento alle aliquote effettive.
La seconda riguarda la semplificazione degli adempimenti e delle procedure con beneficio tanto per le imprese, in termini di abbattimento dei costi di gestione, quanto dell'amministrazione tributaria, sotto il profilo del risparmio di risorse umane e strumentali per le attività di accertamento.
La terza, ed ultima, prevede l'introduzione di un maggior grado di trasparenza nel prelievo sulle imprese, attraverso il recupero della coincidenza tra l'utile risultante dal bilancio civilistico e quello imponibile.
La Commissione finanze, in sede consultiva, sottolineando il proprio apprezzamento per l'impianto della riforma, aveva portato alla valutazione della CommissionePag. 127di merito l'opportunità di apportare modifiche e correzioni migliorative al fine di renderne più graduale l'impatto.
Anche per questo vanno apprezzate le modifiche introdotte, che vado rapidamente a sottolineare. In primo luogo, è stato previsto che gli interessi passivi che eccedono gli interessi attivi sono deducibili nel limite del 30 per cento del risultato operativo lordo, a partire dal periodo di imposta 2010.
In via transitoria si è poi previsto che il limite di deducibilità degli interessi passivi aumenti, nel primo periodo di imposta di applicazione del nuovo regime, di 10 mila euro e di 5 mila euro nel secondo periodo di imposta.
Il nuovo testo, approvato dalla Commissione bilancio, innalza il limite delle deduzioni IRAP, per le imprese con valore di produzione sotto i 180 mila euro, da 8 mila a 9.500 euro, evitando così il rischio di un'eventuale diminuzione della franchigia.
Il disegno di legge finanziaria che è arrivato alla Camera già conteneva, inoltre, molte disposizioni apprezzabili, come quella sui contribuenti minimi e marginali, che prevede l'assoggettamento ad un'imposta forfettaria del 20 per cento per i soggetti che abbiano conseguito ricavi ovvero abbiano percepito compensi, ragguagliati ad anno, non superiori a 30 mila euro.
Per molte piccole realtà imprenditoriali, che spesso incontrano enormi difficoltà economiche e gestionali nell'adempimento degli obblighi tributari, la convenienza del nuovo regime si prospetta tale da far supporre anche un significativo effetto di spontanea «emersione», parziale o totale, di basi imponibili fino ad oggi sottratte al fisco. Si tratta di una platea stimata dal Governo in circa 930 mila contribuenti, che potranno aderire ad un regime semplificato ai fini IVA, IRPEF e IRAP, con un abbattimento pressoché totale degli adempimenti amministrativi e dei relativi costi.
Importanti modifiche sono inoltre recate dai commi 75-bis e 75-ter dell'articolo 9 alla disciplina connessa con gli studi di settore. Tali disposizioni stabiliscono che gli accertamenti ai fini delle imposte sui redditi e dell'IVA, anche basati sulle risultanze degli studi di settore, devono prioritariamente essere rivolti nei confronti di soggetti diversi dalle imprese manifatturiere che svolgono attività per conto terzi. Si tratta del recepimento dell'articolo 6 del progetto di legge n. 3087 in corso di esame, in sede referente, presso la Commissione finanze, proposto da un primo nucleo di deputati del PD-Ulivo e che contiene negli altri articoli ulteriori spunti di riforma necessari per gli studi di settore, che andranno valutati e sostenuti.
L'ultimo punto che voglio richiamare, che è stato al centro delle modifiche alle disposizioni in materia di regime fiscale delle imprese, riguarda i commi da 24-bis a 24-sexies dell'articolo 3, che introducono una serie di modifiche al regime di determinazione della base imponibile ai fini IRES per le società e gli enti commerciali, al fine di adeguare tale disciplina con l'adozione dei principi contabili internazionali (IAS).
In particolare, si prevede l'applicazione dei criteri di qualificazione, imputazione temporale e classificazione a bilancio dettati dai predetti IAS. In tale ambito si prevede l'emanazione di un decreto ministeriale per l'attuazione di tali modifiche e per i necessari coordinamenti normativi.
Questa è una breve analisi dei provvedimenti fiscali che riguardano il rapporto tra fisco e imprese e danno forza ed apprezzamento alla parte fiscale di tutta la manovra di bilancio, grazie all'impostazione del Governo ed alle modifiche proposte dalla maggioranza parlamentare, anche per iniziativa del gruppo del Partito Democratico. Anche per questo l'approvazione di questa legge finanziaria è nell'interesse e nelle aspettative del paese.
MANUELA GHIZZONI. Signor Presidente, è difficile ci si possa compiacere per una manovra finanziaria, dato il difficile assetto economico ed il delicato contesto politico che caratterizzano il nostro Paese, ma per la finanziaria 2008 possiamo provare soddisfazione, perché in essa il pur necessario intervento di risanamento dei conti pubblici si salda con importantiPag. 128azioni a sostegno della crescita e di una maggiore equità sociale.
Voglio qui ricordare, perché è bene ribadirlo agli italiani, che in finanziaria ci sono importanti provvedimenti di restituzione fiscale, di semplificazione, di protezione sociale, già delineati nel testo originario del Governo, poi corroborati dalla lettura del Senato e ulteriormente rinforzati dagli emendamenti recentemente approvati in Commissione bilancio, quali, ad esempio gli sgravi fiscali per le famiglie numerose, la previsione di ridurre il peso fiscale sui redditi da lavoro dipendente con l'impiego del futuro extragettito, il potenziamento delle risorse per la sicurezza, l'incremento dei finanziamenti per il sistema ferroviario di media e lunga percorrenza e per il trasporto pubblico locale, il maggiore equilibrio nel patto di stabilità per gli enti locali. Si tratta di risposte efficaci a problemi che impattano sulla società quotidianamente: risposte serie ed autorevoli, frutto di un fare politica senza demagogia, che vuole rimettere in moto il Paese con equità e senso di responsabilità, con attenzione per chi è in posizione di svantaggio e per le reali aspettative dei cittadini.
A questi principi corrispondono anche le norme che riguardano i beni culturali ed il sistema della conoscenza, sulle quali desidero soffermarmi. Scuola, università e cultura furono al centro della discussione politica e pubblica sulla finanziaria 2007, sia per le importanti modifiche apportate al quadro ordinamentale e normativo, sia per il contenimento delle risorse a disposizione di questi settori; nella finanziaria 2008 forte, invece, è la volontà di investire, di semplificare e di recuperare in efficienza, di gratificare il merito e di premiare il conseguimento degli obiettivi. Forse è per questo motivo - per la giusta impostazione di questa finanziaria - che le forze di opposizione hanno disertato la discussione in Commissione.
Vorrei iniziare questa ricognizione dalla scuola, per la quale, in questi 18 mesi, abbiamo approvato molte norme, quali la riforma dell'esame di Stato, l'innalzamento dell'obbligo a 16 anni, il piano triennale di assunzioni dei precari, la valorizzazione dell'istruzione tecnica e professionale e la sospensione della riforma delle superiori, le nuove modalità di pagamento delle supplenze per maternità, il ripristino del tempo pieno. La tensione di questi provvedimenti, che hanno rilanciato la scuola pubblica ed impresso una decisa azione di modernizzazione al sistema nazionale di istruzione e formazione, trovano continuità nelle norme della finanziaria, come ad esempio l'incremento di 20 milioni del Fondo per l'adeguamento antisismico degli edifici scolastici.
La manovra 2008 prevede inoltre la sperimentazione di una nuova organizzazione scolastica, da attuare in rete con i diversi livelli di governo, e finalizzata ad innalzare il servizio di istruzione, a migliorare la qualità dell'apprendimento e ad accrescere l'efficacia della spesa, perché la scuola italiana non soffre solo di carenza di risorse ma anche di gestione inefficiente delle medesime, come dimostra il fatto che negli anni passati, ad eccezione delle ultime immissioni estive, il personale docente sia aumentato nelle regioni nelle quali si è registrato un decremento degli alunni. La norma introduce inoltre un meccanismo premiante che prevede la restituzione alle sedi locali delle risorse risparmiate, da investire per il personale e per l'edilizia.
Ma la finanziaria include molte altre norme come, ad esempio, il reclutamento del personale docente mediante concorsi ordinari a cadenza biennale, al fine di eliminare la formazione di precariato e l'assunzione di 10 mila ATA aggiuntivi rispetto al contingente previsto, che riteniamo possa comunque essere incrementato in considerazione dei prossimi e massicci pensionamenti. E a proposito del personale amministrativo, tecnico e ausiliario e ITP, crediamo non sia più differibile una soluzione al problema salariale e di inquadramento, oggi oggetto di sperequazione, del personale trasferito per legge dagli enti locali alle istituzioni scolastiche.
Vi sono inoltre nuove disposizioni in merito all'organico dei docenti di sostegno,Pag. 129che ne determinano la stabilizzazione - a vantaggio della continuità didattica - prevedendone l'assegnazione secondo parametri quantitativi: affinché la scuola sia in grado di attuare una vera integrazione degli alunni disabili, auspichiamo tuttavia che la dotazione organica di diritto sia elevata ad almeno l'80 per cento e che in presenza di indifferibili e accertate esigenze siano previste nomine in deroga. Analogamente, alla luce del costante incremento degli alunni stranieri e della loro integrazione, chiediamo che siano destinate appropriate risorse per la dotazione di docenti di lingua italiana per gli alunni alloglotti, così che la padronanza della lingua sia veicolo di comunicazione e di conoscenza, oltre che di integrazione. L'accoglimento di questi auspici renderà la scuola italiana maggiormente inclusiva e, in assonanza alla Strategia di Lisbona, consentirà ai giovani, ed in particolare a quelli svantaggiati, di acquisire le competenze indispensabili per affrontare le sfide poste dalla contemporanea società della conoscenza.
In merito a università e ricerca, che non dovranno più provvedere al taglio del 20 per cento sui costi dei consumi intermedi, desidero sottolineare una inversione di tendenza sul piano degli investimenti: al Fondo di funzionamento ordinario è infatti destinato un incremento di 550 milioni per ogni anno del prossimo triennio, mentre a favore degli enti di ricerca vi sono 80 milioni aggiuntivi. Ma l'apprezzamento non si limita all'aumento delle risorse, riguarda anche le modalità della loro assegnazione, sottoposta all'adozione di un piano programmatico, coerente con il Patto per l'università siglato tra i Dicasteri dell'università e dell'economia. Con tale piano università e ricerca e atenei sanciscono una reciproca assunzione di responsabilità per la quale il primo si impegna a trasferire adeguate risorse tenendo conto del tasso di inflazione e delle dinamiche delle retribuzioni, mentre gli atenei, sottoposti ad un efficace sistema di valutazione, si vincolano al rispetto di strategie di razionalizzazione della spesa, all'adozione di un sistema programmatori degli interventi, al miglioramento della qualità dei servizi e dell'offerta didattica. Con l'adozione del piano, i due criteri del finanziamento incentivante e della programmazione connessa alla valutazione trovano finalmente concreta applicazione nel nostro sistema universitario, seppur limitati alla distribuzione di una percentuale dell'FFO.
Positivi, inoltre, i due provvedimenti introdotti al Senato per aumentare l'assegno di dottorato e per destinare una quota non inferiore del 10 per cento al FIRST ai progetti di ricerca di base presentati dai giovani ricercatori: provvedimenti che si sommano, grazie all'emendamento approvato dalla VII Commissione della Camera e ratificato dalla Commissione bilancio, alla costituzione di un nuovo Fondo di promozione della ricerca di base, a valere su risorse aggiuntive pari a 10 milioni per ogni anno del triennio 2008-2010. Sono provvedimenti importanti, che valorizzano i nostri giovani talenti e testimoniano la volontà di considerare la conoscenza e la ricerca investimenti strategici e non un costo. E a proposito di giovani ricercatori, devo fare riferimento al dibattito
E a proposito di giovani ricercatori, devo fare riferimento al vivace dibattito che ha preso spunto dalla norma che prevede la stabilizzazione del personale delle amministrazioni pubbliche titolare di contratti a tempo determinato o di contratti di collaborazione continuativa. Abbiamo ricevuto critiche, aspre, per la presentazione di un emendamento che escludeva dal programma di stabilizzazione il personale con compiti di insegnamento, di ricerca e di collaborazione alla ricerca nelle università. La nostra decisione non cela atti di piaggeria verso qualche istituzione universitaria, al contrario è coerente con quanto abbiamo convintamente sostenuto nella finanziaria 2007, cioè un piano di assunzione straordinario di ricercatori con nuove modalità procedurali snelle, trasparenti, meritocratiche e allineate agli standard internazionali. L'università non ha bisogno di ope legis - poiché tutti ricordiamo gli esiti della sanatoria del 1980, che per l'intero decennio successivoPag. 130impedì il normale afflusso di nuovi ingressi alla carriera accademica - l'università italiana ha bisogno di qualità, di concorsi trasparenti che valutino con rigore il valore dei titoli e delle esperienze scientifiche e didattiche maturate, che gratifichino quindi i giovani migliori, molti dei quali, ma non tutti, sono i precari che oggi ci contestano. Comprendiamo il loro punto di vista, la l'amarezza per quanti non hanno avuto l'occasione di dimostrare con procedure comparative limpide il proprio valore scientifico - e su questo punto non facciamo velo alla responsabilità di molti atenei che hanno basato l'offerta didattica e il piano di ricerche sulla disponibilità dei precari, senza prevederne un conseguente piano di stabilizzazione. Ma ora questo piano c'è: e prevede 1.050 posti in regime di cofinanziamento a valere sui 20 milioni messi a disposizione nel 2007, a cui si aggiungeranno 4.200 posti per nuovi ricercatori grazie ai 120 milioni messi a disposizione nel biennio 2009-2010. E da ieri è realtà anche il regolamento delle nuove modalità di reclutamento dei ricercatori. Abbiamo quindi i posti e un nuovo strumento di selezione: stiamo realmente riaprendo le porte ai giovani meritevoli, in adesione con il dettato costituzionale.
Concludo le mie considerazioni sul sistema universitario ricordando l'approvazione in Commissione bilancio dell'emendamento che stabilisce un fondo di 10 milioni, per ogni anno del triennio futuro, per le necessità del sistema dell'alta formazione artistica e musicale: è un emendamento importante, ma è necessario uno sforzo ulteriore per reperire le risorse necessarie per consentire al nostro prestigioso sistema di arte, musica, danza e recitazione di esprimere compiutamente le proprie potenzialità.
Senza poter fare riferimento, per mancanza di tempo, alle norme che sostengono lo sport di cittadinanza - ossia lo sport promosso dai territori e che ha forte valenza sociale in quanto strumento per la formazione della persona e per la tutela della salute - o a quelle in favore delle emittenti televisive locali, potenziate dalla discussione alla Commissione bilancio della Camera, analogamente a quanto è accaduto per il fondo per gli interventi all'editoria, desidero concludere il mio intervento soffermandomi sui provvedimenti a favore dei beni culturali, cioè sulle politiche che intervengono più direttamente sulla nostra identità nazionale, che si manifesta nel mirabile ed irripetibile patrimonio di opere, di idee dell'ingegno e dell'estro.
Non posso che richiamarli per titoli, purtroppo, e me ne dispaccio perché si tratta di interventi di grande rilievo, sia per il profilo dell'impegno finanziario, sia per la qualità delle misure adottate, che prevedono meccanismi premianti del merito, razionalizzazione delle spese, tutela e valorizzazione del patrimonio.
Innanzitutto voglio richiamare l'impegno inedito e importante a rilanciare l'industria cinematografica nazionale, attraverso meccanismi di incentivazione fiscale, cioè crediti di imposta, a favore delle imprese che investono in tutta la filiera del cinema. Nella stessa direzione vanno anche le modifiche al testo unico della radiotelevisione introdotte per assicurare promozione e diffusione ala produzione audiovisiva europea ed italiana: la norma prevede, per la prima volta, che anche gli operatori di comunicazioni elettroniche su reti fisse e mobili partecipino alla promozione e al sostegno finanziario di queste opere. Ma voglio ricordare anche il provvedimento che, tenuto conto dei rilievi della Corte dei Conti, consente la riprogrammazione in via ordinaria dei residui di spesa, così che possano essere indirizzati efficacemente verso interventi nuovi o prioritari. Infine richiamo le disposizioni per il risanamento delle fondazioni lirico-sinfoniche in stato di crisi, che prevedono, da un lato nuovi criteri sulla governance ed interventi per riduzione delle spese, dall'altro l'istituzione di un apposito fondo di 20 milioni di euro - per ogni anno del triennio 2008-2010 - per contribuire alla ricapitalizzazione delle fondazioni stesse. Grazie all'introduzione di meccanismi premiali e a norme rigorose per il risanamento dei bilanci, è tracciata la stradaPag. 131per intervenire efficacemente all'ordinato funzionamento delle fondazioni lirico-sinfoniche.
Concludo, signor Presidente, esprimendo apprezzamento per una manovra che restituisce serenità ai settori citati, non solo perché mette a disposizione nuove risorse per l'intero sistema della conoscenza, ma per le scelte assunte, tese a gratificare il merito e il senso di responsabilità, a sostenere la creatività, a realizzare il principio di equità, a disporre pratiche di programmazione, innovazione e valutazione.
DOMENICO DI VIRGILIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la finanziaria in esame rappresenta, diciamolo chiaramente, un'occasione mancata. Il testo risulta privo di misure convincenti finalizzate a contenere la crescita della spesa, come peraltro recita il documento del commissario Joaquin Almunia. Di conseguenza, il prossimo anno, non ci sarà nessun miglioramento nel rapporto deficit-Prodotto interno lordo (Pil).
L'avanzo primario rimarrà sostanzialmente invariato e la spesa in interessi aumenterà di un altro 0,1 per cento.
Il risultato complessivo per il 2008 vedrà il Pil crescere meno del previsto - solo l'1,4 per cento, contro il 2,2 della zona euro e il 2,4 dell'Unione Europea - per cui, se non fosse per la Danimarca, il nostro Paese sarebbe all'ultimo posto in Europa. L'Italia paga, dunque, il prezzo delle controriforme del Governo Prodi.
Se nel secondo dopoguerra la crescita è stata prevalentemente inflazionistica, da metà degli anni Novanta la parità monetaria con le altre economie europee non consente più di compensare le inefficienze strutturali del sistema Italia con le svalutazioni competitive. Così si spiega il differenziale di crescita con il resto d'Europa, quello 0,8 per cento in meno rispetto alla zona euro previsto per il 2008.
In questo ultimo quinquennio altri Stati hanno implementato riforme strutturali, liberalizzato l'economia, ridotto le tasse, aumentato la competitività, migliorato la qualità della spesa pubblica. Il Governo Berlusconi aveva aperto il cantiere delle riforme - la Legge Biagi, le pensioni, la riduzione della pressione fiscale e le infrastrutture - pur in un ciclo di stagnazione europea. Non appena si è manifestata la ripresa (fine 2005-2006), il Governo Prodi ha potuto beneficiare di «tesoretti» insperati, frutto delle riforme strutturali del suo predecessore. L'extragettito 2007 è stato di oltre 16 miliardi di euro e largamente associato a entrate tributarie, superiori per più di 13 miliardi a quelle preventivate, ma di esso ben 11 miliardi sono stati impiegati per spese aggiuntive e soltanto i rimanenti 5 miliardi sono stati utilizzati per ridurre l'indebitamento. Vorrei ricordare ai signori del Governo che per risanare i conti pubblici bisogna ridurre la spesa pubblica, che invece corre inesorabilmente!
È necessario ridurre la spesa delle pubbliche amministrazioni, il carico fiscale sulle imprese, liberalizzare il mercato del lavoro e dei servizi, introdurre la concorrenza anche tra pubblico e privato e spendere molto di più per la ricerca, la sanità e le infrastrutture.
Invece questo Governo ha lasciato correre la spesa delle pubbliche amministrazioni, che incide sui conti dello Stato arrivando al 46 per cento, il numero dei dipendenti pubblici è aumentato del 4 per cento e il rinnovo dei contratti del pubblico impiego è costato 6 miliardi di euro solo nel 2007. Nella finanziaria 2008 non ci sono «misure convincenti», con il paradosso che, qualora non venisse approvata, l'economia e i conti pubblici andrebbero meglio: l'esercizio provvisorio permetterebbe di eliminare la maggiore spesa pubblica programmata. Se il Governo cadesse, l'Italia risparmierebbe notevoli risorse: 14-15 miliardi di euro, avrebbe un migliore rapporto deficit/Pil (attorno all'1,8), riceverebbe il plauso dall'Unione Europea.
Tutto ciò faciliterebbe il rientro del deficit pubblico, verso il pareggio di bilancio, riportandolo più che in linea con gli obiettivi e gli impegni internazionali.
Più in particolare nel campo della sanità, sottolineo solo alcuni aspetti.Pag. 132
Il Ministro della salute, all'indomani dell'approvazione della Finanziaria da parte del Consiglio dei Ministri, ebbe a dichiarare pomposamente che «Il Fondo sanitario nazionale per finanziare i livelli essenziali di assistenza passa dai 97,040 miliardi del 2007 ai 100,623 miliardi di euro del 2008 (+3,583 miliardi rispetto al 2007 e + 9,6 miliardi rispetto al 2006). Nella quota sono compresi anche i fondi per i rinnovi contrattuali del personale e per garantire una migliore erogazione delle prestazioni assistenziali a tutti i livelli e in tutti i sevizi sanitari, dall'ospedale, alla medicina di famiglia e specialistica, per l'assistenza domiciliare e per la farmaceutica.» Ebbene, i fatti la smentiscono in modo eclatante; tutte le categorie degli operatori del Servizio sanitario nazionale hanno attuato uno sciopero pesante, chiamandola direttamente in causa, tra l'altro, proprio per il mancato rinnovo del contratto, scaduto da quasi due anni. Il presidente dell'Ordine dei medici di Roma, in una grande manifestazione al Teatro Capranica, affermò testualmente «Al di là dei trionfalistici messaggi diffusi dal Ministro della Salute attraverso l'accattivante manifesto «Pane, amore e sanità», il nostro sistema sanitario ha bisogno, pena la sua definitiva estinzione, di profondi e strutturali cambiamenti. Il sistema sanitario nazionale pubblico è secondo noi affetto da pluripatologie per le quali occorre mettere rapidamente in campo appropriate pluriterapie con coraggio e determinazione, abbandonando la politica degli sterili annunci.
Ancora il Ministro della Salute sentenziava «Viene potenziato con risorse aggiuntive il fondo per la non autosufficienza con ulteriori 200 milioni di euro che andranno a finanziare l'avvio dei nuovi servizi previsti dal disegno di legge delega per la non autosufficienza». Ma il Ministro chi crede di prendere in giro ? Sa benissimo che per rispondere alle giuste aspettative dei cittadini e delle famiglie più fragili, su cui pesa il grave problema della non autosufficienza, occorrono ben altri finanziamenti, nell'ordine di 3-4 miliardi di euro, come anche affermato in un comunicato dal presidente della Commissione affari sociali della Camera Mimmo Lucà.
E che dire delle altre promesse non mantenute, come l'indennizzo ai danneggiati da trasfusioni e vaccinazioni infette? E perché vaccinare soltanto le dodicenni contro il papilloma virus?
Un altro difetto di questo Governo è di mettere tutto nel calderone, senza indicare obiettivi chiari e certi, come nel caso delle risorse messe a disposizione dell'edilizia sanitaria: 23 miliardi di euro non bastano di certo a coprire le spese per attuare tutto ciò che avete messo in programma in questo ambito!
Insomma, questa finanziaria fotografa lo stato di confusione e di totale irrequietezza (con un termine medico direi di »fibrillazione«) di questo Governo che, invece di prendere decisioni coraggiose, necessarie nel momento presente così preoccupante per il nostro Paese non soltanto dal punto di vista economico, pensa a «bivacchiare» e a firmare ogni giorno compromessi pur di sopravvivere.
Inoltre, i continui richiami degli organismi europei - ricordo che facciamo parte integrante e siamo fondatori dell'Unione europea - al risanamento della nostra economia sembrano essere caduti nel vuoto. Ogni volta che veniamo richiamati è come se ciò non riguardasse noi. È il segno di un'assoluta presunzione e dell'instabilità di questo Governo, che è noto ai cittadini soprattutto per il grado di indecisione dei suoi provvedimenti, presi per accontentare ora questa, ora quella componente governativa, multiforme e variegata, denotando, per l'appunto, insicurezza. È un segnale d'allarme molto preoccupante per il futuro del nostro Paese. Avete scelto di intraprendere una strada che non condividiamo.
La situazione attuale in cui vige un ciclo economico in rallentamento ed una ripresa dell'inflazione è provocata da scelte sbagliate di questo Governo.
Siamo dunque di fronte, signor Presidente, onorevoli colleghi, ad una finanziaria che ancora una volta peserà sullePag. 133tasche degli italiani, specialmente di quelli più bisognosi, e sulla nostra finanza pubblica.
Presidente Prodi, la sua maggioranza è ormai alla frutta, è in frantumi, il suo Governo è vittima di una specie di »accanimento terapeutico", anche i cittadini italiani lo hanno capito, soltanto voi non lo capite, o meglio fate finta di non capirlo!
CONSIDERAZIONI INTEGRATIVE DEGLI INTERVENTI DEI DEPUTATI GAETANO FASOLINO, GIORGIO CARTA E LUANA ZANELLA IN SEDE DI DISCUSSIONE CONGIUNTA SULLE LINEE GENERALI DEI DISEGNI DI LEGGE N. 3256-A E N. 3257-A
GAETANO FASOLINO. Un discorso a parte merita il Mezzogiorno. Con le sue iniziative e le numerose omissioni il Governo Prodi ha ulteriormente accentuato le distanze tra le aree storicamente e culturalmente diverse del Paese.
Le regioni meridionali, che figuravano al centro dell'agenda operativa del precedente Governo, si sono viste cancellate tutte le opzioni strategiche.
Il ponte sullo stretto di Messina non è nei programmi dell'attuale Governo.
Senza il ponte viene a cadere la strategia europea che aveva definito l'asse Berlino-Palermo quale corridoio europeo n. 1.
Non è stato accantonato un euro per l'alta velocità nelle regioni meridionali, né per altre infrastrutture. Le sole risorse previste riguardano la metropolitana di Napoli: veramente poco, anzi niente.
Il ritardo infrastrutturale del Mezzogiorno continuerà a viaggiare sui livelli del 40 per cento per cento rispetto alle dotazioni delle aree centro-settentrionali.
Nulla è previsto per porti e aeroporti. Un esempio: l'aeroporto di Pontecagnano, in provincia di Salerno. Alla conclusione dell'esperienza di Governo facente capo a Silvio Berlusconi risultavano appaltate tutte le opere necessarie per l'apertura dello scalo. Sono trascorsi quasi due anni e l'inaugurazione è tuttora incerta e sicuramente lontana.
Ad aggravare la situazione concorrono un costo del denaro superiore al tasso praticato nelle aree del centro-nord, la malavita organizzata, la carenza dei servizi e una scuola largamente inefficiente sul piano formativo.
In questi settori strategici la legge in esame registra i sonni tranquilli dei ministri finanziari e di una maggioranza che preferisce disperdere in mille rivoli le risorse vanificando, senza cogliere alcun obiettivo significativo, i risparmi del Paese. La questione meridionale non è una nebulosa indistinta. Nasce da mali antichi a lungo irrisolti cui si aggiunge la miopia del presente. Si dia ai giovani una buona scuola, competitiva a livello europeo; si doti il territorio di buoni servizi; si combatta la malavita, non le forze dell'ordine oggi private del minimo di operatività e di sussistenza; si guardi dentro ai bilanci delle banche perché finalmente diminuisca il costo del denaro e, infine, si costruiscano porti efficienti, aeroporti, autostrade e linee ferroviarie sicure e veloci. Il Mezzogiorno cesserà di essere un vicolo cieco dell'Europa per divenire il ponte di collegamento con l'Africa e i Paesi del Medio Oriente. Il resto verrà da sé.
I giovani sapranno approfittarne aggiungendo del loro al processo di sviluppo. Purtroppo, con la finanziaria in esame, il centrosinistra sta operando per conseguire l'esatto contrario. Un esempio paradossale: si elargiscono contributi per le vacanze (di chi l'idea?) creando ulteriori sacche di parassitismo incontrollabile. Invece, non si mira a costruire anche cento metri di un'arteria strategica per l'economia di un territorio. È la stessa chiave di lettura che aiuta a capire la dilapidazione del «tesoretto»!
Il centrosinistra parte da un'impostazione strategica errata: ritiene di creare sviluppo soddisfacendo prima le sacche del bisogno parassitario. La priorità, invece, tocca allo sviluppo che rappresenta il vero motore della solidarietà, che solo così potrà dispiegarsi in modo vasto e capillare.
In provincia di Salerno insiste un tratto viario non protetto che strozza le percorrenze su gomma nel tratto Pontecagnano-Pag. 134Battipaglia-Paestum dilatandone a dismisura i tempi di fruizione sia per i residenti che per i numerosissimi turisti, con particolare riguardo ai fine settimana e ai mesi estivi. La ricaduta economica è drammaticamente negativa per gli operatori dell'area archeologica e di tutto il Cilento. Anzi le negatività si ripercuotono sull'intero sistema-Paese.
La finanziaria per il 2008 ha dunque preferito le clientele allo sviluppo.
Attenzione, però: il peso delle responsabilità sul Mezzogiorno non ricade solo sugli amministratori e sulla politica del passato, ma entra pienamente nella sfera di competenza del nostro presente. È il tempo di dire la parola fine all'alibi permanente.
Veniamo a qualche problema particolare. Non ci credo, ma mi auguro ancora che la maggioranza batta un colpo. Almeno qualche colpo!
Al momento in cui si svolge l'attuale dibattito non mi sembra facile, ma basterebbe ad alleviare ingiustizie e sofferenze anche un semplice segnale di disponibilità nei confronti di alcuni settori e di alcune categorie. Avanzo qualche proposta: il completamento della metanizzazione per le aree sottosviluppate nella provincia di Salerno, con il Cilento, e nelle province di Benevento e di Avellino; la continuazione delle opere di ricostruzione successive al sisma del 1980; l'eliminazione dei provvedimenti per comunità montane e consorzi di bonifica, che potranno essere successivamente inserite in un più razionale riordino complessivo del settore. Bisogna perseguire il raggiungimento di un adeguato quoziente di funzionalità senza sconvolgere competenze e preesistenze consolidate e produttive.
Per le Forze dell'ordine è necessario rivedere tutta l'impostazione fin qui tenuta dalla maggioranza e dal Governo. Bisogna inserire nel provvedimento al nostro esame finanziamenti cospicui per rendere efficiente la loro presenza sul territorio oltre a corrispondere ai singoli il giusto riconoscimento per il loro impegno in difesa della civile comunità.
Infine, un provvedimento di giustizia per le aziende italiane che hanno operato in Libia senza ricevere, per volontà di quel Governo, le remunerazioni spettanti.
Non si possono lasciare sul lastrico imprese che hanno onorato all'estero il nostro Paese. Potrebbe essere utile anche un piano mediato nel tempo.
Comunque, nella situazione in cui versa il Paese, di crisi profonda e di arretramento civile, il Governo e questa maggioranza hanno un solo dovere: liberare gli italiani dalla loro presenza e rassegnare immediate e irrevocabili dimissioni.
GIORGIO CARTA. Tra le tante istanze di maggiori finanziamenti pervenute nelle scorse settimane alle Commissioni bilancio del Parlamento ve ne sono alcune che non solo andrebbero respinte al mittente, ma dovrebbero addirittura far ridurre quanto fino ad oggi è stato erogato all'istante.
Un caso fra i tanti è quello dell'Istituto nazionale di statistica, l'Istat, che da anni in occasione della discussione sulla legge finanziaria, minaccia di sospendere importanti indagini statistiche se il contributo statale non verrà aumentato.
Anche quest'anno, il rito si è ripetuto e la richiesta è stata di 190 milioni di euro. Già, 190 milioni, una somma pari al danno che, secondo la Procura regionale della Corte dei conti del Lazio, amministratori e direttori dell'ente avrebbero arrecato all'erario per non avere mai applicato le sanzioni di legge nei confronti di quanti, soprattutto imprese, sono soliti cestinare i questionari statistici, anziché compilarli correttamente.
Una inerzia gravemente colposa da parte dei vertici dell'Istat che è già stata portata all'attenzione del Parlamento con l'interpellanza urgente n. 2-00621 di giovedì 21 giugno 2007, della quale il sottoscritto è stato primo firmatario.
Un atto ispettivo al quale il Governo ebbe a fornire risposte non esaustive né soddisfacenti, condividendo l'atteggiamento lassista degli amministratori dell'ente e lasciando di fatto tutto inalterato. Ora ci ha pensato la Corte dei conti a censurare un comportamento omissivo chePag. 135negli ultimi cinque anni ha privato le casse dello Stato di somme varianti da un minimo di 775 milioni di euro a un massimo di 7,5 miliardi, perché a tanto ammontano le sanzioni che l'Istat, in palese violazione di legge (decreto legislativo n. 322 del 1989, articoli 7 e 11) non ha mai applicato nei confronti degli inadempienti (circa 350 mila l'anno) agli obblighi statistici.
Il tutto nel silenzio e nell'inerzia degli organi di vigilanza, in particolare della Commissione di garanzia dell'informazione statistica, il cui presidente siede nel consiglio di amministrazione dell'Istat, dando vita a una palese anomalia, dato che egli è nel contempo controllore e controllato.
Alla luce di quanto sopra, erogare un solo euro in più rispetto al passato a un ente che da anni arreca danno alle casse dello Stato, suonerebbe come un insulto non solo alle amministrazioni virtuose ma soprattutto ai cittadini onesti che pagano le tasse e avrebbero diritto di vedere ben speso il loro contributo.
LUANA ZANELLA. Vengono fortemente incentivati i meccanismi indispensabili a favorire l'utilizzo di fonti energetiche alternative.
Viene prevista, ai fini del rilascio del permesso di costruire, la certificazione energetica dell'edificio nonché, per quelli di nuova costruzione, l'installazione di impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili.
Al fine di incentivare il risparmio e l'efficienza energetica è istituito un fondo per finanziare campagne informative per la riduzione dei consumi energetici, con particolare riguardo all'avvio di una campagna per la progressiva e totale sostituzione delle lampadine incandescenti con quelle a basso consumo; inoltre dal 2011 viene proibita l'importazione, la distribuzione e la vendita delle lampadine ad incandescenza.
Viene altresì istituito un fondo per incentivare la ricerca italiana sull'idrogeno e sulle tecnologie ad esso collegate.
In campo ambientale viene disposta l'istituzione del fondo per la potabilizzazione e microfiltrazione delle acque di rubinetto, finanziato con l'istituzione di un contributo di 0,5 centesimo di euro per ogni bottiglia di acqua minerale o da tavola in materiale plastico venduta; viene previsto inoltre un fondo per la ristrutturazione delle reti idriche nazionali, nonché un fondo per la demolizione delle opere abusive e il ripristino del paesaggio.
Si prevede l'adozione, da parte del Ministro dell'ambiente, d'intesa con le regioni e gli enti locali interessati e tenendo conto dei piani di bacino, di piani strategici di intervento contro il rischio idrogeologico.
Viene istituito un fondo di 20 milioni di euro per la riduzione della produzione di rifiuti e lo sviluppo di nuove tecnologie di riciclaggio.
Vengono stanziati 5 milioni di euro per la protezione dell'ambiente marino e costiero.
Viene istituito un fondo di 50 milioni di euro per ciascun anno per la forestazione e la riforestazione al fine di ridurre le emissioni di anidride carbonica, per realizzare aree verdi urbane e periurbane nei comuni a maggiore crisi ambientale e per tutelare la biodiversità.
Viene istituito il fondo «un centesimo per il clima», alimentato dalla contribuzione volontaria di un centesimo di euro per ogni litro di carburante acquistato, e finalizzato al finanziamento delle politiche per la mobilità sostenibile e per la riduzione di CO2 e al sostegno delle politiche di contrasto ai cambiamenti climatici.
Sempre presso il Ministero dell'ambiente si istituisce il fondo nazionale per la fauna selvatica, a favore di quei soggetti che gestiscono i centri per la cura e il recupero della fauna selvatica, e il fondo per la repressione dei reati in danno agli animali.
Un insieme di misure, quindi, che finalmente entrano a far parte degli strumenti a disposizione di un Governo che intende misurarsi con la necessità di ripensare il modo di produrre, di consumare e, si spera, di lavorare.
La tragedia della morte atroce degli operai di Torino impone, a questo proposito,Pag. 136alla politica una riflessione profonda e una precisa assunzione di responsabilità.
TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEL MINISTRO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE TOMMASO PADOA SCHIOPPA IN SEDE DI REPLICA SUI DISEGNI DI LEGGE N. 3256-A E N. 3257-A
TOMMASO PADOA SCHIOPPA, Ministro dell'economia e delle finanze. Signor Presidente, onorevoli deputati, all'inizio dei lavori della Commissione bilancio, lo scorso 21 novembre, ho ribadito quanto il Governo ritenga importante il passaggio parlamentare della manovra di bilancio, come spazio per la discussione e il miglioramento di quella che costituisce la maggior sintesi delle politiche del Paese. Ringrazio il presidente Duilio, il relatore sul disegno di legge di bilancio Andrea Ricci e quello sul disegno di legge finanziaria Ventura per l'impegno profuso in queste settimane e per aver favorito un ampio dibattito.
Accogliendo le osservazioni dei più alti vertici istituzionali, il Governo si era impegnato quest'anno a licenziare una finanziaria snella e più leggibile, di limitare il numero degli emendamenti e di sottoporli al Parlamento in maniera più ordinata. Tali impegni sono stati rispettati e chi ha avuto responsabilità di Governo sa quanto ciò possa essere stato difficile. Anche grazie alla disciplina che i Ministri si sono imposti, il testo della finanziaria e del bilancio arrivano in quest'aula dopo che la Commissione competente ha potuto esprimere un voto.
Ho seguito con interesse la discussione, anche se la giornata di lavoro non mi ha permesso la stabile presenza nell'aula. La mia replica toccherà alcuni aspetti generali per poi riprendere alcune questioni più puntuali sorte durante il dibattito.
Debbo iniziare ricordando il notevole sforzo dal lato dei conti pubblici compiuto dal Governo da quando è in carica.
Nel 2005 l'Italia, dopo anni di finanza indulgente e creativa era stata posta sotto procedura di deficit eccessivo dal Consiglio dei Ministri economici e finanziari dell'Unione europea. Addirittura, da Bruxelles veniva evidenziato come avessimo avuto per tutta la scorsa legislatura, eccetto un anno, un deficit superiore al 3 per cento del PIL.
Il debito pubblico aveva ripreso a salire dopo un decennio, l'avanzo primario era stato azzerato, la spesa primaria corrente era cresciuta di 2,4 punti di PIL durante i cinque anni precedenti, raggiungendo il livello record del 40 per cento del PIL. Neanche nei primi anni novanta la spesa primaria corrente aveva toccato tali livelli.
Queste erano le condizioni quando il Governo si insediò. Vi era un'emergenza che occorreva affrontare in maniera risoluta, per non penalizzare ulteriormente le giovani generazioni e dare prospettive di stabilità all'intera economia. Ringrazio l'onorevole Vannucci per aver posto l'accento sulle future generazioni, che considero riferimento costante dell'azione di politica economica in cui il Governo è impegnato.
Ora, a distanza di meno di due anni, il deficit pubblico è stato riportato ampiamente sotto la soglia del Trattato di Maastricht, e senza ricorrere a misure temporanee. Misure temporanee che, voglio ricordarlo, nel periodo 2002-2005 erano state pari a 64 miliardi di euro, più di quattro punti di PIL. Lo ricordo soprattutto all'onorevole Della Vedova e all'onorevole Ceroni che oggi hanno l'ardire di criticare una politica economica (la nostra) che ha ridotto in due anni il deficit strutturale (al netto degli effetti del ciclo economico e delle una tantum) dal 4,1 per cento del 2005 al 2,3 per cento stimato per quest'anno.
Il debito pubblico è ora in discesa. L'avanzo primario, un tempo azzerato, ora viene ricostituito. Ciò è il risultato di più fattori: una crescita economica maggiore che nel passato più recente; un ritorno di disciplina da parte dei contribuenti indotto anche dalle politiche del Governo; una attenzione alla spesa corrente che ha rallentato - non ancora fermato - il treno in corsa della spesa pubblica.Pag. 137
La legge finanziaria dello scorso anno e quella oggi in discussione vanno guardate in prospettiva, inserite cioè nella realtà dei conti pubblici che abbiamo dovuto affrontare e degli obiettivi che si impongono per i prossimi anni. Non daremo nessun futuro ai giovani se non abbatteremo il debito e se non libereremo risorse per più e migliori beni e servizi pubblici: migliori strade, miglior insegnamento, migliore ricerca, maggiore sicurezza, giustizia più rapida, migliori mezzi di trasporto. La crescita e la maggiore equità sociale che il Governo ha perseguito con le sue scelte di politica economica si stanno progressivamente materializzando anche grazie alla decisione di portare il bilancio in pareggio entro la fine della legislatura.
L'opera non è compiuta. Un compito nello stesso tempo arduo ed entusiasmante ci attende per i tre anni che rimangono di questa legislatura: portare a termine il risanamento strutturale della finanza pubblica e il rilancio della crescita in un contesto di progressiva riduzione dell'ineguaglianza sociale. Il buon andamento delle entrate e il controllo sulla spesa pubblica ci fanno essere ottimisti, e il 2007 potrebbe chiudere anche meglio di quanto previsto nella Relazione previsionale e programmatica di fine settembre. Ma non ci saranno risorse aggiuntive da distribuire: le risorse dovremo trovarle senza ingrossare il bilancio. Sulla base delle valutazioni in corso, nel triennio 2009-2011 dovremo fare correzioni strutturali del saldo dei conti pubblici per circa 8-10 miliardi l'anno rispetto al suo andamento tendenziale. Tale correzione dovrà avvenire dal lato della spesa corrente attraverso un progressivo adeguamento di tutta la pubblica amministrazione alle realtà migliori che già esistono nel Paese. Ciò imporrà un forte impulso all'ammodernamento degli uffici pubblici, concentrando risorse umane e finanziarie lì dove c'è maggiore carenza e promuovendo l'efficienza.
Vengo ora alla finanziaria in discussione.
Essa è stata predisposta tenendo presente la molteplicità di esigenze di cui questo Governo ha inteso farsi carico: carenza di capitale materiale e immateriale, enorme debito, eccessiva ineguaglianza sociale e territoriale. A questi si è aggiunta con forza la questione dei cosiddetti costi della politica e la necessità di semplificare il rapporto tra il cittadino ed il fisco.
La manovra di bilancio - che quest'anno comprendeva anche un decreto-legge con alcune misure urgenti e il disegno di legge delega su previdenza e lavoro - si propone di tenere insieme questi elementi in un quadro strategico che favorisca crescita, stabilità macroeconomica, uguaglianza sociale.
La manovra conferma e rafforza gli obiettivi posti per il 2008: un deficit al 2,2 per cento del PIL; un debito in discesa dal 105 al 103,5 per cento; la stabilizzazione della pressione fiscale.
Posta entro questi argini, la manovra prevede un'importante riqualificazione della spesa pubblica, contiene un piano di razionalizzazione dell'utilizzo degli immobili pubblici e una revisione dei criteri per il mantenimento di alcune tipologie di residui nel bilancio dello Stato. Inoltre, i Ministeri hanno iniziato un riesame dei propri bilanci, mentre sono in via di completamento l'analisi e la revisione della spesa pubblica avviate in seguito alle norme contenute nella finanziaria dello scorso anno. Viene potenziata l'opera di riqualificazione della scuola e dell'università. Pur con accenti diversi, la finanziaria introduce il principio che l'efficienza vada premiata: nell'università subordinando parte delle risorse al raggiungimento di certi livelli di eccellenza nella didattica e nella ricerca; nella scuola avviando un'importante sperimentazione organizzativa che, attraverso la cooperazione di livelli di governo diversi, mira ad una diversa allocazione delle risorse pubbliche e al conseguente miglioramento della qualità del servizio.
Sui costi della politica si interviene su diversi fronti, coinvolgendo le amministrazioni centrali e locali. Credo sia ormai forte nei cittadini e nella classe politica la consapevolezza della necessità di procederePag. 138in questa direzione, non con interventi di pura facciata ma agendo in profondità per riportare sobrietà nell'azione di rappresentatività politica.
Si inizia la restituzione fiscale tramite la riduzione dell'ICI e delle imposte sugli affitti. Si attua una consistente semplificazione d'imposta per le imprese, soprattutto quelle piccole.
Viene data certezza finanziaria agli interventi su pensioni e mercato del lavoro. La complessità delle norme e della discussione ha richiesto un intervento normativo specifico, la cui attuazione è resa possibile dalle risorse reperite con questa finanziaria.
Vi è un consistente gruppo di norme a tutela dell'ambiente, che è stato potenziato e migliorato in sede di discussione al Senato. Continua l'azione di ricapitalizzazione del Paese, come sottolineato anche dall'onorevole Misiti. Risorse nuove e modalità più efficienti sono previste per lo sviluppo del Mezzogiorno. L'onorevole Piro ha ricordato come per il prossimo triennio vi siano 44 miliardi di euro immediatamente spendibili (erano 33 miliardi nel triennio precedente).
Mi soffermo ora brevemente su alcune delle modifiche apportate meritevolmente dalla Commissione bilancio, alcune, come ha sottolineato l'onorevole Piro, anche con l'apporto dell'opposizione.
Un'importante innovazione riguarda il trasporto pubblico locale. Già in Commissione il 21 novembre avevo sottolineato come un'azione in questo campo avrebbe potuto qualificare il passaggio alla Camera della manovra finanziaria. La norma che arriva in aula dà attuazione al Titolo V della Costituzione riconoscendo alle regioni a statuto ordinario la compartecipazione al gettito per l'accisa sul gasolio per autotrazione. Ciò non avviene solo per un anno, ma diventa una condizione permanente che permetterà alle amministrazioni locali di programmare i necessari interventi di sviluppo del settore.
L'intervento tocca la dotazione infrastrutturale a favore della mobilità locale, ma anche aspetti di tipo sociale ed ambientale perché permetterà di sostenere la mobilità dei cittadini meno abbienti e di favorire l'utilizzo del trasporto pubblico a scapito di quello privato.
Un'altra importante novità, ricordata in quest'aula dall'onorevole Iacovino, riguarda il fisco. Nella formulazione modificata in Commissione dell'articolo 1, comma 4, si destinano alla riduzione della pressione fiscale sul lavoro dipendente le maggiori entrate strutturali, non solo quelle derivanti dalla lotta all'evasione fiscale. Questa nuova formulazione dà garanzia ai cittadini e al Parlamento che non solo non aumenteranno le tasse sul lavoro dipendente, ma che si ridurranno conseguentemente le spese pubbliche. Solo così infatti sarà possibile ridurre la pressione fiscale e al contempo il deficit pubblico.
Desidero citare almeno altri due contributi della Commissione, che meglio qualificano la manovra di bilancio di quest'anno. Diventano permanenti le disposizioni a favore dei soggetti danneggiati in ambito sanitario, dando così una risposta certa e definitiva a quei cittadini che hanno instaurato un'azione di risarcimento.
Si potenziano le dotazioni della Polizia e del Corpo dei Vigili del fuoco con ulteriori risorse oltre a quelle già previste nel testo licenziato al Senato, come ricordato dall'onorevole Incostante e dall'onorevole D'Elpidio. Credo, onorevole Santelli, che le sue critiche siano legittime, ma poco informate. Il Governo pone la questione della sicurezza al centro della sua azione, sia aumentando le dotazioni umane e strumentali delle forze dell'ordine, sia puntando alla maggiore efficienza. Lei sa che il Ministero dell'Interno è uno dei cinque ministeri - insieme, onorevole Mazzoni, al Ministero della giustizia - scelti dal Presidente del Consiglio per l'analisi e la revisione della spesa, proprio per migliorare il servizio ai cittadini. Lei poi ci ricorda i debiti della Polizia di Stato. Dovrebbe chiedere a chi ha preceduto il sottoscritto e il Ministro Amato come e quando si siano formati questi debiti.
Vi sono poi molti - purtroppo ancora troppi - micro interventi che non dovrebberoPag. 139essere presenti in una Legge finanziaria. Auspico per i prossimi anni che si possa continuare nel percorso intrapreso di maggiore utilizzo del disegno di legge di bilancio o delle vie amministrative per individuare le risorse necessarie a soddisfare richieste di tipo particolaristico.
Le iniziative della Commissione Bilancio non alterano l'impianto della manovra impostata dal Governo. Come ho più volte sottolineato, il dibattito parlamentare ha permesso di porre l'accento su istanze sociali ed economiche cui il Governo, nella prima stesura del documento, non aveva forse posto l'adeguata attenzione.
Tra queste, avrei voluto vi fosse anche una estensione al 2010 delle risorse necessarie per finanziare il 5 per mille. Il testo della Finanziaria approvato dal Consiglio dei Ministri prevedeva l'aumento da 250 milioni a 400 milioni dello stanziamento per l'anno 2008, adeguando sostanzialmente l'importo a quello già previsto per l'anno 2007 dopo che tali risorse erano state azzerate dal Governo precedente. Con uno sforzo finanziario rilevante, un emendamento del Governo presentato in Commissione bilancio del Senato stanziava 100 milioni di euro per il 2009. Credo sia necessaria una riflessione se vi siano interventi a cui si può rinunciare per finanziare anche il 2010 e dare stabilità alle risorse per il 5 per mille.
La manovra di bilancio uscita dalla Commissione è coerente con gli obiettivi di finanza pubblica. Il rigore dei conti pubblici ed il rispetto delle regole del gioco sono le condizioni sine qua non della discussione parlamentare e rappresentano un compito fondamentale del Ministro dell'economia. A questo proposito, come sottolineato dal Sottosegretario Sartor in Commissione, il Governo si riserva - nel corso dei lavori in Assemblea - una valutazione sulla correttezza della stima degli oneri e dell'adeguatezza delle coperture e delle compensazioni relativamente ad alcune disposizioni su cui l'esame della Commissione non è stato sufficientemente approfondito per mancanza di tempo.
Mi soffermo infine su alcune questioni specifiche sollevate durante il dibattito.
All'onorevole Verro, che suggerisce una modifica dei Regolamenti parlamentari disciplinanti la sessione di bilancio, non posso che confermare la mia personale disponibilità. Mi permetto di rinviare al mio intervento alla Commissione Bilancio (di cui egli è autorevole membro) del 13 febbraio 2007: da allora il Governo ha operato la riclassificazione del bilancio, ha presentato un bilancio e una finanziaria per missioni, ha avviato la spending review, ha pubblicato il Libro verde sulla spesa pubblica. Sulla modifica dei Regolamenti - materia di esclusiva competenza del Parlamento - passi avanti sarebbero utilissimi e sono ormai maturi.
L'onorevole Milana lamenta che alla riduzione dei costi della politica contribuiscano solo i consiglieri comunali. Mi permetta di non essere d'accordo: le norme sono molte e complesse, hanno superato resistenze burocratiche e chiamano tutti - amministratori locali e del Governo centrale - a contribuire al contenimento dei costi.
L'onorevole La Malfa si chiede che cosa faccia la finanziaria per lo sviluppo. Una domanda forse retorica, a cui risponderei così: in primo luogo, non è una finanziaria che può risolvere un problema strutturale di bassa crescita, problema per la cui soluzione il ruolo della politica economica è comunque centrale ma non risolutivo. In secondo luogo ricordo quattro linee di fondo messe in atto dal Governo: liberalizzazioni, semplificazione fiscale, investimenti infrastrutturali, riduzione dell'aliquota marginale di prelievo sulle imprese. Se solo si fosse proceduto seriamente lungo queste linee nella passata legislatura, forse non soffriremmo oggi di un divario di crescita rispetto agli altri partners europei.
L'onorevole Schietroma non è soddisfatto di ciò che la finanziaria prevede per favorire il reinserimento nel mercato del lavoro dei collaboratori a progetto. Ricordo però che proprio la Commissione bilancio ha introdotto un sistema sperimentale per riqualificare tali lavoratori. Auspico che vi siano seri controlli e valutazioni del programma per poter poiPag. 140decidere, con dati fattuali, se estendere o meno la sperimentazione. In questo campo il confine tra lo spreco di risorse e l'effettiva efficacia dell'intervento non è ancora marcato con chiarezza.
L'onorevole Pelino critica questa finanziaria per essere «contro le donne». Mi sembra una estremizzazione ingenerosa. Ricordo l'importante norma che equipara il figlio adottivo a quello biologico per ciò che concerne il diritto al congedo di maternità e la destinazione di ingenti risorse per asili nido stabilita dalla Commissione bilancio.
L'onorevole Garavaglia teme che il rallentamento del ciclo economico e gli effetti sulle entrate siano sottovalutati. Assicuro che il Governo ha tenuto conto di tutti gli elementi disponibili e ha fatto stime prudenti del tasso di crescita dell'economia per il prossimo anno. A fronte del peggioramento del contesto internazionale - relativamente all'andamento del prezzo del petrolio, del cambio dollaro/euro e delle turbolenze sui mercati finanziari - le stime contenute nel DPEF per il 2008 sono state prudenzialmente riviste al ribasso (dall' 1,9 per cento del DPEF all' 1,5 per cento della nota di aggiornamento al DPEF a fine settembre). Le previsioni della Commissione europea per il 2008 - basate su un set informativo maggiore in quanto rese disponibili un mese dopo la Relazione previsionale e programmatica - confermano sostanzialmente le nostre.
All'onorevole Giudice, che auspica la fine della legge finanziaria, ricordo i miei interventi presso la Commissione di cui egli è membro. Lo invito a lavorare con noi nei prossimi mesi per porre nuovamente al centro della politica economica il Bilancio dello Stato.
Signor Presidente, onorevoli deputati, la legge finanziaria quest'anno non si discosta dal destino delle precedenti: quello di essere criticata nella fase della discussione parlamentare. Quest'anno ho sentito più voci: c'è chi la considera di eccessivo rigore e chi invece la considera poco attenta alla tenuta dei conti pubblici. In quest'aula ho sentito molti interventi dell'opposizione chiedere al contempo più spese, meno tasse ed un risanamento più rapido. Devo però deludervi: al mio arrivo al Ministero dell'economia non ho trovato, dimenticata da qualche mio predecessore, nessuna bacchetta magica. Ho rinvenuto soltanto un deficit pubblico superiore al 4 per cento del PIL ed un debito in aumento.
Il fatto che vi siano critiche ed opinioni così divergenti fa supporre che sia stata almeno tentata una corretta sintesi delle diverse istanze ed esigenze del Paese. La politica economica di un Governo va valutata nel medio lungo periodo: il percorso di legislatura delineato nel primo DPEF presentato da questo Governo compie, con questa legge finanziaria, un ulteriore, importante passo.