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XV LEGISLATURA
Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 256 di mercoledì 12 dicembre 2007
Pag. 1PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FAUSTO BERTINOTTI
La seduta comincia alle 11,20.
SILVANA MURA, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Bonelli, Brugger, Bruno, Galati, Giovanardi, La Malfa, Leoni, Letta, Lion, Lusetti, Migliore, Morrone, Oliva, Palumbo, Piscitello, Ranieri, Scajola e Violante sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantacinque, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Seguito della discussione del disegno di legge: S. 1818 - Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2008 e bilancio pluriennale per il triennio 2008-2010 (Approvato dal Senato) (A.C. 3257-A); Nota di variazioni al bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2008 e bilancio pluriennale per il triennio 2008-2010 (A.C. 3257-bis); Seconda nota di variazioni al bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2008 e bilancio pluriennale per il triennio 2008-2010 (A.C. 3257-ter).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2008 e bilancio pluriennale per il triennio 2008-2010; Nota di variazioni al bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2008 e bilancio pluriennale per il triennio 2008-2010; Seconda nota di variazioni al bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2008 e bilancio pluriennale per il triennio 2008-2010.
LINO DUILIO, Presidente della V Commissione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LINO DUILIO, Presidente della V Commissione. Signor Presidente, vorrei chiederle di rinviare l'inizio dei nostri lavori di un'ora, riconvocando la seduta alle ore 12,30, per consentire al Comitato dei nove di svolgere alcuni approfondimenti relativi alla manovra finanziaria. Chiedo scusa a lei e ai colleghi per tale richiesta.
PRESIDENTE. La sua richiesta è accolta.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle 12,30.
La seduta, sospesa alle 11,25, è ripresa alle 12,40.
Pag. 2Preavviso di votazioni elettroniche.
PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.
Modifica nella costituzione di una Commissione permanente (ore 12,41).
PRESIDENTE. Comunico che nella seduta odierna la XI Commissione permanente (Lavoro pubblico e privato) ha proceduto alla rielezione del deputato Gianni Pagliarini a presidente, già dimissionario in data 29 novembre 2007.
Si riprende la discussione del disegno di legge n. 3257-A.
PRESIDENTE. Riprendiamo il seguito dell'esame del disegno di legge di bilancio e delle relative note di variazioni.
Ricordo che nella seduta dell'11 dicembre si è conclusa la discussione congiunta sulle linee generali ed hanno avuto luogo le repliche.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi relativi al seguito dell'esame è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).
Ricordo che dopo l'esame degli articoli e degli emendamenti ad essi riferiti non procederemo alla votazione finale del disegno di legge di bilancio. L'esame degli ordini del giorno e il voto finale avranno luogo dopo la conclusione dell'esame del disegno di legge finanziaria.
Ricordo che, come di consueto, nel fascicolo degli emendamenti relativi al disegno di legge di bilancio sono stati pubblicati solo gli emendamenti ammissibili presso la Commissione bilancio in sede referente, purché ivi respinti e ripresentati ai fini dell'esame in Assemblea.
(Esame degli articoli - A.C. 3257-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del disegno di legge, nel testo della Commissione.
Avverto che è in distribuzione un fascicolo contenente ulteriori proposte emendative presentate dalla Commissione e dal Governo in mattinata.
Avverto, altresì, che la I Commissione (Affari costituzionali) ha espresso il prescritto parere
(Vedi l'allegato A - A.C. 3257 sezione 1).
(Esame dell'articolo 1 - A.C. 3257-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1, con l'annessa tabella 1 (Vedi l'allegato A - A.C. 3257 sezione 2), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Filipponio Tatarella. Ne ha facoltà.
ANGELA FILIPPONIO TATARELLA. Signor Presidente, intervengo per chiedere al Governo di stralciare immediatamente dal testo della finanziaria approdato in Assemblea il comma 3-quinquies dell'articolo 96 introdotto in Commissione bilancio, così da non inserirlo nel maxiemendamento che il Governo si accinge a formulare e sul quale sta pensando di chiedere la fiducia.
Il comma in questione è stato introdotto per abolire progressivamente, in tre anni, il fuori ruolo previsto per i professori ordinari con anzianità in ruolo dal 1980 o da anni precedenti.
Mi rendo conto che il provvedimento è stato dettato da problemi di natura amministrativa ed economica connessi...
MARCO AIRAGHI. Presidente, il Governo?
PRESIDENTE. Mi scusi, deputato Airaghi, ha ragione. La sua sollecitazione è giusta.Pag. 3
Per favore, venga chiamato il rappresentante del Governo. Deputata Filipponio Tatarella, le chiedo di interrompere il suo intervento (Commenti).
Colleghi, abbiamo interrotto i lavori in attesa che arrivi un rappresentante del Governo.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 13.
La seduta, sospesa alle 12,45, è ripresa alle 13,05.
TEODORO BUONTEMPO. Chiedo di parlare per un richiamo al Regolamento.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, l'articolo 8 del nostro Regolamento recita che il Presidente della Camera è responsabile del buon andamento dei lavori dell'Aula.
Faccio questo richiamo perché, secondo me, questa mattina non stiamo lavorando come prescrive l'articolo 8, perché non si può considerare un buon andamento dell'Aula l'essere stati convocati per le ore 11, adesso sono le 13,05 e, fino a questo momento, l'Aula ha fatto da «intervallo» ai desiderata del Governo.
La funzione della Camera e dell'Aula non è questa, semmai è il contrario! È il Governo, il quale se ne frega altamente...
PRESIDENTE. Scusate, oltre a non essere presente, vorrei che il Governo evitasse anche di produrre disturbo mentre parlano i deputati [Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale e UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)].
TEODORO BUONTEMPO. La ringrazio, signor Presidente.
Mi rendo conto che lei, Presidente, è vittima, come noi, di una situazione difficile, però ognuno ha le sue responsabilità. Lei ha quella di assicurare il buon andamento dei lavori dell'Aula.
Alle 13,05 non si è fatto ancora nulla! Vedo il Comitato dei nove assente, anzi, sta arrivando ora! Non mi pare corretto che l'Assemblea, quindi, debba rimanere convocata, con i suoi deputati, in attesa che la maggioranza risolva i suoi problemi interni e poi si presenti ponendo la questione di fiducia sul disegno di legge finanziaria.
La pregherei, signor Presidente, di sentire il Governo e il presidente della Commissione: se il Governo intende porre la questione di fiducia, evitiamo, per favore, la farsa di stare qui dentro e di fare finta di votare gli emendamenti al disegno di legge finanziaria (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-La Destra e Forza Italia). Ritengo che sia un dovere di ciascun parlamentare assicurare la dignità ai nostri lavori, a prescindere dal gruppo di appartenenza.
Ognuno scelga in maniera più opportuna quello che ritiene di fare, però credo che ci si debba rifiutare di rimanere in aula e fare noi da collante dei pezzi della maggioranza, perché se rimaniamo in aula ad aspettare, significa che aiutiamo la maggioranza a risolvere i suoi problemi.
Quindi, se c'è l'ipotesi, che ormai mi pare quasi acclarata, della posizione della questione di fiducia, sospenda i lavori, signor Presidente, riunisca la Conferenza dei presidenti di gruppo, senta il Governo e ci comunichi - abbiamo il diritto di saperlo! - come si intendono organizzare i lavori della legge finanziaria.
Non possiamo rimanere in aula in attesa dei ricatti, dei condizionamenti e degli aggiustamenti di un Governo che sta paralizzando l'Italia con i trasporti e con il disagio sociale e che paralizza la Camera, perché non sa come andare avanti.
In conclusione, signor Presidente, lei è responsabile del buon andamento dei lavori. So che nella sua coscienza non ritiene che questo sia un buon andamento dei lavori dell'Aula di Montecitorio.
LUCA VOLONTÈ. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, avremmo dovuto iniziare prima, ma iniziamoPag. 4in questo momento - confidiamo di farlo, almeno, e il mio intervento, in questo senso, sarà breve, per evitare di cominciare non alle 13, ma alle 13,30 - le procedure di approvazione del disegno di legge di bilancio.
Lei qualche giorno fa è stato oggetto di feroci critiche istituzionali, che io ho definito «insulti istituzionali», poiché questa era la natura delle critiche che provenivano da un componente del Governo della Repubblica e, peraltro, stranamente, dal sottosegretario con delega ai servizi segreti, chissà per quale ragione espressione della Presidenza del Consiglio. Lei è stato oggetto di questi insulti istituzionali per avere espresso opinioni politiche, l'orgoglio e la difesa di questa istituzione parlamentare.
In questa veste, dunque, non solo come responsabile del buon andamento dei lavori, ma anche come rappresentante istituzionale del ramo del Parlamento in cui siamo chiamati a rappresentare il popolo italiano, le chiedo - e ne faccio voto nei suoi confronti - che le procedure che ci accingiamo ad avviare (con una presenza autorevole del nostro Esecutivo, ma certamente non dei responsabili dei dipartimenti economici) presentino le condizioni migliori per far sì che l'andamento dei lavori e la discussione si possano svolgere in maniera più adeguata rispetto allo scorso anno. Ciò è necessario proprio per quel rispetto che noi abbiamo condiviso con lei, anche a fronte di attacchi francamente fuori luogo ed evidentemente, a mio parere, contrari a quel principio di separazione dei poteri che prevede che l'Esecutivo non «saccheggi» il legislativo, ma proponga ad esso le discussioni.
ANTONIO LEONE. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANTONIO LEONE. Signor Presidente, come è sotto gli occhi di tutti, l'avvio della seduta era previsto per le 11 di stamani: eppure, è l'una e un quarto e non abbiamo ancora cominciato i nostri lavori.
Non voglio essere come chi dice «ve lo avevo detto»; osservo però che, sull'orario di inizio di questa seduta, venerdì scorso vi è stata una febbrile trattativa che mi ha portato infine a dirvi di fare come volevate. Ed era il caso di dirlo, poiché, avendo modestamente suggerito di cominciare leggermente più tardi (alle ore 14), mi era stato posto davanti un muro, obiettando che occorreva invece cominciare alle ore 11. Tant'è, però ancora non abbiamo cominciato i nostri lavori.
Mi riallaccio agli interventi dei colleghi che hanno parlato prima di me: quando vi sono occasioni quali l'esame del disegno di legge di bilancio o del disegno di legge finanziaria, non vale la pena far arrivare i colleghi nottetempo o di mattina presto, per cominciare a votare solo nel pomeriggio, come sistematicamente accadrà anche oggi.
In questo senso, per il futuro mi appello al suo buon senso per evitare questo inconveniente: la mia non è una presa di posizione allo scopo di prendere tempo o di andare oltre certi orari per chissà quali motivi reconditi (così come qualche volta si pensa da parte di qualche collega dell'altra parte politica), ma perché esperienza e buon senso vogliono che si avviino i lavori quando è possibile sapere con sicurezza che non vi saranno intoppi.
Del resto, gli intoppi in questo caso erano prevedibili, poiché se si convoca il Comitato dei nove per esaminare il disegno di legge finanziaria alle 10,30, mi sembra evidente che non sarebbe stato possibile ipotizzare che si potesse iniziare la seduta per le 11. Solo questo desideravo dire: il mio è non un appunto nei suoi confronti, ma un invito ed un appello ad utilizzare in maniera diversa il nostro buon senso per l'andamento dei lavori.
PRESIDENTE. Accoglierei senz'altro le sollecitazioni e le argomentazioni che sono state ragionevolmente poste fin qui. I rappresentanti della Commissione sono ora in aula; presumo che la Viceministro Bastico e il sottosegretario Gianni siano in grado di rappresentare il Governo nel corso dell'esame del disegno di legge di bilancio.Pag. 5Proseguiamo dunque ora con tale esame: successivamente, come è stato sollecitato, affronteremo l'organizzazione dei lavori per l'esame del disegno di legge finanziaria.
Do nuovamente la parola, per dichiarazione di voto, alla deputata Filipponio Tatarella. Prego, deputata Filipponio Tatarella; ha facoltà di parlare.
ANGELA FILIPPONIO TATARELLA. Signor Presidente, intervengo per chiedere al Governo di stralciare immediatamente dal testo del disegno di legge finanziaria approdato in Aula il comma 3-quinquies dell'articolo 96, introdotto dalla Commissione bilancio, così da non inserirlo nel maxiemendamento che il Governo si accinge a presentare e sul quale esso sta valutando di porre la questione di fiducia.
Il comma in questione è stato introdotto per abolire progressivamente in tre anni il fuori ruolo previsto per i professori ordinari con anzianità in ruolo dal 1980. Mi rendo conto che il provvedimento è dettato da problemi di natura amministrativa ed economica connessi al rifinanziamento dei fondi di funzionamento ordinario nelle università. So benissimo che i bilanci delle università non sono rosei, per usare un eufemismo, e che dunque bisogna reperire fondi, ma non credo che il fine, sia pur giusto, giustifichi qualunque mezzo.
Il mezzo prescelto è pragmaticamente inadeguato, e dunque inefficace, a risolvere, sia pure in parte, e significativamente, il problema delle scarse risorse delle università. Giuridicamente esso è in contrasto con il principio di affidamento sul quale, peraltro, vi è una copiosa giurisprudenza della Corte costituzionale.
Il principio di affidamento viene leso in quanto la norma in questione incide sulle posizioni giuridiche soggettive maturate ex ante. Per tale ragione, è prevedibile che sorgerà un contenzioso giurisdizionale. Eticamente non mi sembra corretto penalizzare una categoria di docenti che per lo più ha svolto, proprio per la lunga permanenza nell'università, funzioni e compiti di tutto rispetto e di notevole rilievo. Un po' di esprit de finesse francamente non guasterebbe. Pertanto, riformulo la mia richiesta di non introdurre nel maxiemendamento il comma 3-quinquies dell'articolo 96 (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1, con l'annessa tabella 1.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 458
Maggioranza 230
Hanno votato sì 256
Hanno votato no 202).
Prendo atto che la deputata Meloni ha segnalato di aver erroneamente espresso voto favorevole mentre avrebbe voluto esprimerne uno contrario. Prendo altresì atto che il deputato Attili ha segnalato di non essere riuscito ad esprimere voto favorevole.
Poiché il Governo ha testé presentato un ulteriore emendamento riferito all'articolo 2, sospendo la seduta per consentire l'esame del medesimo presso il Comitato dei nove (Commenti dei deputati dei gruppi Forza Italia e Misto-La Destra). Invito i gruppi a presentare eventuali subemendamenti entro le ore 13,35.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle 13,35.
La seduta, sospesa alle 13,20, è ripresa alle 13,35.
(Esame dell'articolo 2 - A.C. 3257-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 2, con l'annessa tabella 2Pag. 6(Vedi l'allegato A - A.C. 3257 sezione 3) e delle proposte emendative ad esso presentate.
Ha chiesto di parlare il deputato Pedrizzi. Ne ha facoltà.
RICCARDO PEDRIZZI. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo del mio intervento.
PRESIDENTE. Deputato Pedrizzi, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare il deputato D'Ulizia. Ne ha facoltà.
LUCIANO D'ULIZIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei far notare che l'emendamento a mia firma Tab. 2.1 (ex Tab. 2.2) presenta un errore, perché nella versione originale vi era per la competenza «- 15.000» e per la cassa «- 15.000»; dunque, la correzione non poteva essere «- 15.000» per la competenza e «- 15.000» per la cassa, ma in realtà è «+ 15.000» per la competenza e «+ 15.000» per la cassa.
Ciò detto - e pertanto chiedo la correzione formale dell'emendamento a mia firma - voglio far presente, signor Presidente, onorevoli colleghi, che in ordine a tale tema il Governo si è impegnato, non solo con un ordine del giorno, sia in occasione della legge finanziaria per il 2007, sia in altre occasioni, a individuare risorse sufficienti ad implementare la cultura, il metodo e la formazione cooperativa. Non da ultimo, con una mozione approvata dal Parlamento e accolta dal Governo, quest'ultimo si è impegnato ad inserire nel testo del disegno di legge finanziaria le risorse necessarie per la cultura e la formazione cooperativa.
Cari colleghi, la nostra cultura e formazione - come affermo spesso - è unifocale verso il sistema neocapitalistico. Infatti, nelle università e nelle scuole superiori di ogni ordine e grado si insegna che vi è un'unica forma, quella neocapitalistica. Se non spieghiamo ai giovani e agli stessi lavoratori che vi è un'altra forma, che ritengo più valida, più sociale e più seria, non diamo la possibilità, né ai lavoratori né ai giovani, di scegliere una strada diversa, quella del metodo mutualistico, cooperativo, sociale, che sta cercando di porre rimedio agli errori del neocapitalismo.
Signor sottosegretario Sartor, voglio capire come mai accettate una mozione, votata dal Parlamento, accettate gli ordini del giorno e poi in ben due leggi finanziarie non si stanzia una sola lira e il Fondo relativo è praticamente vuoto. Vi è solo il capitolo, ma non ci sono le risorse per implementare la cultura, il metodo e la formazione cooperativa.
Mi rivolgo ai colleghi del centrosinistra: non è un attentato al Governo, sostengo il Governo in ogni situazione, perché credo in questo progetto; ma vi pare giusto privare i giovani e i lavoratori della formazione al metodo cooperativo, dicendo che vi è solo la strada neocapitalistica che tanti danni ha prodotto? Mi rivolgo a Rifondazione Comunista e ai Comunisti Italiani: è questa la cultura che vogliamo dare ai nostri giovani e ai nostri lavoratori?
Per tali ragioni, non ho ritirato l'emendamento di cui sono firmatario. Infatti, esso comporta un'alternativa all'attuale cultura neocapitalistica che tanti danni sta producendo.
Con il sistema cooperativo cerchiamo di riparare, e di dare una speranza ai giovani, agli uomini di buona volontà.
Quindi, cari colleghi, signor sottosegretario, vi prego, cerchiamo di pagarle queste cambiali che avete firmato, e di non dare pareri negativi su questioni importanti che riguardano lo sviluppo del nostro Paese, della nostra società, della nostra economia sociale, perché si riesca a dare delle risposte in termini occupazionali e in termini di sviluppo compatibile.
Pertanto, mi batto affinché questo emendamento, che recepisce gli impegni del Governo e del Parlamento, sia votato non solo dalla maggioranza, ma da tutto il Parlamento italiano.
PRESIDENTE. Avverto che la Presidenza non porrà in votazione l'emendamento Villetti Tab. 2.2, già dichiarato inammissibile in Commissione, la cui dichiarazione di inammissibilità, per un mero errore tipografico, non è stata pubblicata nel relativo resoconto sommario della Commissione. Con riferimento all'emendamento D'Ulizia Tab. 2.1, esso si intende corretto nei termini enunciati dal presentatore: nella parte consequenziale le cifre devono intendersi con il segno «più», anziché «meno».
Nessun altro chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.
ANDREA RICCI, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere contrario sull'emendamento D'Ulizia Tab. 2.1; accetta l'emendamento 2.200 del Governo; raccomanda l'approvazione degli emendamenti Tab. 2.101 e Tab. 2.100 della Commissione; accetta l'emendamento Tab. 2.200 del Governo.
PRESIDENTE. Il Governo?
NICOLA SARTOR, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 2.200 del Governo, accettato dalla Commissione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 463
Votanti 462
Astenuti 1
Maggioranza 232
Hanno votato sì 251
Hanno votato no 211).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento D'Ulizia Tab. 2.1, nel testo corretto, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 467
Votanti 462
Astenuti 5
Maggioranza 232
Hanno votato sì 11
Hanno votato no 451).
Prendo atto che il deputato Borghesi ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tab. 2.101 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 472
Votanti 469
Astenuti 3
Maggioranza 235
Hanno votato sì 255
Hanno votato no 214).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tab. 2.100 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Pag. 8
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 470
Votanti 469
Astenuti 1
Maggioranza 235
Hanno votato sì 255
Hanno votato no 214).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tab. 2.200 del Governo, accettato dalla Commissione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 469
Votanti 467
Astenuti 2
Maggioranza 234
Hanno votato sì 256
Hanno votato no 211).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2, con l'annessa tabella 2, nel testo emendato.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 474
Votanti 473
Astenuti 1
Maggioranza 237
Hanno votato sì 257
Hanno votato no 216).
(Esame dell'articolo 3 - A.C. 3257-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 3, con l'annessa tabella 3 (Vedi l'allegato A - A.C. 3257 sezione 4), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3, con l'annessa tabella 3.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 467
Votanti 465
Astenuti 2
Maggioranza 233
Hanno votato sì 252
Hanno votato no 213).
(Esame dell'articolo 4 - A.C. 3257-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 4, con l'annessa tabella 4 (Vedi l'allegato A - A.C. 3257 sezione 5), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 4, con l'annessa tabella 4.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 473
Votanti 472
Astenuti 1
Maggioranza 237
Hanno votato sì 255
Hanno votato no 217).
(Esame dell'articolo 5 - A.C. 3257-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 5, con l'annessa tabella 5Pag. 9(Vedi l'allegato A - A.C. 3257 sezione 6), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 5, con l'annessa tabella 5.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 473
Votanti 472
Astenuti 1
Maggioranza 237
Hanno votato sì 255
Hanno votato no 217).
Prendo atto che la deputata Zanella ha segnalato che non è riuscita a votare.
(Esame dell'articolo 6 - A.C. 3257-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 6, con l'annessa tabella 6 (Vedi l'allegato A - A.C. 3257 sezione 7), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 6, con l'annessa tabella 6.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 473
Maggioranza 237
Hanno votato sì 254
Hanno votato no 219).
Prendo atto che la deputata Zanella ha segnalato che non è riuscita a votare.
(Esame dell'articolo 7 - A.C. 3257-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 7, con l'annessa tabella 7 (Vedi l'allegato A - A.C. 3257 sezione 8), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 7, con l'annessa tabella 7.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 472
Maggioranza 237
Hanno votato sì 254
Hanno votato no 218).
Prendo atto che le deputate Mistrello Destro e Zanella hanno segnalato che non sono riuscite a votare.
(Esame dell'articolo 8 - A.C. 3257-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 8, con l'annessa tabella 8 (Vedi l'allegato A - A.C. 3257 sezione 9), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 8, con l'annessa tabella 8.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 477
Votanti 476
Astenuti 1
Maggioranza 239
Hanno votato sì 256
Hanno votato no 220).
Prendo atto che la deputata Zanella ha segnalato che non è riuscita a votare.
Pag. 10(Esame dell'articolo 9 - A.C. 3257-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 9, con l'annessa tabella 9 (Vedi l'allegato A - A.C. 3257 sezione 10), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 9, con l'annessa tabella 9.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 479
Maggioranza 240
Hanno votato sì 258
Hanno votato no 221).
Prendo atto che la deputata Zanella ha segnalato che non è riuscita a votare.
(Esame dell'articolo 10 - A.C. 3257-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 10, con l'annessa tabella 10 (Vedi l'allegato A - A.C. 3257 sezione 11), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 10, con l'annessa tabella 10.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 478
Maggioranza 240
Hanno votato sì 259
Hanno votato no 219).
Prendo atto che la deputata Zanella ha segnalato che non è riuscita a votare.
(Esame dell'articolo 11 - A.C. 3257-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 11, con l'annessa tabella 11 (Vedi l'allegato A - A.C. 3257 sezione 12), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 11, con l'annessa tabella 11.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 479
Votanti 478
Astenuti 1
Maggioranza 240
Hanno votato sì 257
Hanno votato no 221).
Prendo atto che la deputata Zanella ha segnalato che non è riuscita a votare.
(Esame dell'articolo 12 - A.C. 3257-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 12, con l'annessa tabella 12 (Vedi l'allegato A - A.C. 3257 sezione 13), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 12, con l'annessa tabella 12.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 480
Votanti 479
Astenuti 1
Maggioranza 240
Hanno votato sì 257
Hanno votato no 222).
Prendo atto che la deputata Zanella ha segnalato che non è riuscita a votare.
(Esame dell'articolo 13 - A.C. 3257-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 13, con l'annessa tabella 13 (Vedi l'allegato A - A.C. 3257 sezione 14), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 13, con l'annessa tabella 13.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 477
Maggioranza 239
Hanno votato sì 256
Hanno votato no 221).
Prendo atto che i deputati Zanella e Fabbri hanno segnalato che non sono riusciti a votare.
(Esame dell'articolo 14 - A.C. 3257-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 14, con l'annessa tabella 14 (Vedi l'allegato A - A.C. 3257 sezione 15), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 14, con l'annessa tabella 14.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 480
Maggioranza 241
Hanno votato sì 258
Hanno votato no 222).
Prendo atto che la deputata Zanella ha segnalato che non è riuscita a votare.
(Esame dell'articolo 15 - A.C. 3257-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 15, con l'annessa tabella 15 (Vedi l'allegato A - A.C. 3257 sezione 16), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 15, con l'annessa tabella 15.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 481
Maggioranza 241
Hanno votato sì 259
Hanno votato no 222).
Prendo atto che la deputata Zanella ha segnalato che non è riuscita a votare.
(Esame dell'articolo 16 - A.C. 3257-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 16, con l'annessa tabella 16 (Vedi l'allegato A - A.C. 3257 sezione 17), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 16, con l'annessa tabella 16.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Pag. 12
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 478
Votanti 477
Astenuti 1
Maggioranza 239
Hanno votato sì 253
Hanno votato no 224).
Prendo atto che la deputata Zanella ha segnalato che non è riuscita a votare.
(Esame dell'articolo 17 - A.C. 3257-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 17, con l'annessa tabella 17 (Vedi l'allegato A - A.C. 3257 sezione 18), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 17, con l'annessa tabella 17.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 481
Maggioranza 241
Hanno votato sì 260
Hanno votato no 221).
Prendo atto che la deputata Zanella ha segnalato che non è riuscita a votare.
(Esame dell'articolo 18 - A.C. 3257-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 18, con l'annessa tabella 18 (Vedi l'allegato A - A.C. 3257 sezione 19), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 18, con l'annessa tabella 18.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 477
Maggioranza 239
Hanno votato sì 255
Hanno votato no 222).
Prendo atto che la deputata Zanella ha segnalato che non è riuscita a votare.
(Esame dell'articolo 19 - A.C. 3257-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 19, con l'annessa tabella 19 (Vedi l'allegato A - A.C. 3257 sezione 20), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 19, con l'annessa tabella 19.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 481
Maggioranza 241
Hanno votato sì 257
Hanno votato no 224).
Prendo atto che la deputata Zanella ha segnalato che non è riuscita a votare.
(Esame dell'articolo 20 - A.C. 3257-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 20
(Vedi l'allegato A - A.C. 3257 sezione 21), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 20.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 478
Maggioranza 240
Hanno votato sì 255
Hanno votato no 223).
Prendo atto che la deputata Zanella ha segnalato che non è riuscita a votare.
(Esame dell'articolo 21 - A.C. 3257-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 21
(Vedi l'allegato A - A.C. 3257 sezione 22), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 21.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 479
Maggioranza 240
Hanno votato sì 257
Hanno votato no 222).
Prendo atto che il deputato Iacomino ha segnalato che non è riuscito a votare.
(Esame dell'articolo 22 - A.C. 3257-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 22, con le annesse tabelle A e B e relativo allegato (Vedi l'allegato A - A.C. 3257 sezione 23), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 22, con le annesse tabelle A e B e relativo allegato.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 483
Maggioranza 242
Hanno votato sì 260
Hanno votato no 223).
(Esame dell'articolo 23 - A.C. 3257-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 23
(Vedi l'allegato A - A.C. 3257 sezione 24), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 23.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 482
Votanti 479
Astenuti 3
Maggioranza 240
Hanno votato sì 258
Hanno votato no 221).
Sospendiamo qui l'esame del disegno di legge di bilancio.
Come già ricordato, l'esame degli ordini del giorno e il voto finale sul disegno di legge di bilancio avranno luogo dopo la conclusione dell'esame del disegno di legge finanziaria.
Sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Al fine armonizzare le varie esigenze riguardanti il seguito dei nostri lavori ritengo che si possa procedere, alla ripresa pomeridiana, alle 15, dapprima allo svolgimento dell'informativa urgente del Governo sul gravissimo incidentePag. 14occorso presso l'acciaieria ThyssenKrupp di Torino. Successivamente si procederà al seguito dell'esame del disegno di legge finanziaria e quindi allo svolgimento dell'informativa urgente del Governo sulla protesta in atto da parte degli autotrasportatori e sui relativi effetti.
Sospendo quindi la seduta, che riprenderà alle 15.
La seduta, sospesa alle 13,50, è ripresa alle 15,10.
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Aprea, Brugger, Fabris, Gasparri, Giovanardi, La Malfa, Lion, Maroni, Mazzocchi, Meta, Piscitello, Sgobio, Soro ed Elio Vito sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantasette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Informativa urgente del Governo sul gravissimo incidente sul lavoro occorso presso l'acciaieria ThyssenKrupp di Torino che ha causato la morte di quattro operai, oltre a diversi feriti (ore 15,12).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento dell'informativa urgente del Governo sul gravissimo incidente sul lavoro occorso presso l'acciaieria ThyssenKrupp di Torino che ha causato la morte di quattro operai, oltre a diversi feriti.
Avverto che, dopo l'intervento del rappresentante del Governo, interverranno i rappresentanti dei gruppi in ordine decrescente, secondo la rispettiva consistenza numerica, per sette minuti ciascuno. Un tempo aggiuntivo è attribuito al gruppo Misto.
(Intervento del Ministro del lavoro e della previdenza sociale)
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, Cesare Damiano.
CESARE DAMIANO, Ministro del lavoro e della previdenza sociale. Signor Presidente, onorevoli colleghi, con riferimento a quanto accaduto presso le acciaierie ThyssenKrupp, desidero intanto esprimere tutto il mio cordoglio, anche a nome del Governo, alle famiglie degli operai coinvolti nell'incidente avvenuto presso le acciaierie torinesi.
Si tratta di una vera e propria strage del lavoro, una strage di persone innocenti. A Torino, venerdì scorso, il mio sgomento è dipeso dalla constatazione che l'incidente è avvenuto in una grande impresa, una multinazionale tedesca, una grande impresa sindacalizzata, con la presenza dei delegati responsabili della sicurezza, non in un'impresa invisibile del sottoscala o del lavoro nero. Ciò accresce il nostro allarme su questi episodi.
È evidente che in questa situazione forse ha giocato anche il fatto che ci siamo trovati di fronte ad una fabbrica che chiuderà i battenti, che è in dismissione, che può avere abbassato il livello di guardia sotto il profilo della tutela della sicurezza e dell'integrità fisica e psichica dei lavoratori. Naturalmente, come tutti sapete, dobbiamo premettere un doveroso riserbo su questi fatti, che è dovuto ogni qual volta siano in corso accertamenti di carattere penale, come nel caso di questo tremendo episodio.
Come sapete, tutte le indagini in corso sono affidate alla competente procura, che ha proceduto a nominare due consulenti tecnici con il compito di ricostruire l'effettiva dinamica dell'incidente. Allo stato attuale, le principali ipotesi ricostruttive dell'evento, descritto «come un'onda di fuoco che si è rovesciata sui lavoratori», riconducono la causa alla rottura di un flessibile, che ha causato la fuoriuscita di olio sotto pressione, un piccolo focolaio alimentatosi con l'acqua. AttualmentePag. 15sono in corso accertamenti su tutta l'impiantistica presente nello stabilimento, salvo la linea interessata dall'incendio che è posta sotto sequestro.
Noi siamo in attesa dell'esito delle indagini in corso da parte della magistratura e della competente ASL, e si è stabilito, in quell'azienda, il fermo produttivo dello stabilimento. Ogni possibile ripresa delle attività produttive è, dunque, subordinata agli esiti del negoziato sindacale delle parti. Anche questa era una precisa richiesta dei lavoratori, ossia di riprendere l'attività soltanto nel caso in cui fosse accertata la messa in sicurezza dell'intero stabilimento.
Come sapete, a Torino si è anche recata, guidata dal senatore Oreste Tofani, la Commissione parlamentare d'inchiesta sugli infortuni sul lavoro. Noi aspettiamo anche l'esito del verbale degli incontri promossi presso la prefettura di Torino. Anche in questa occasione, vogliamo stigmatizzare un fatto: a quel tavolo della prefettura l'azienda non si è presentata.
Tutti questi elementi ci portano a svolgere ancora una considerazione, quando siamo in presenza di simili eventi, che richiamano drammaticamente in causa la condizione dei lavoratori: il richiamo ad una discussione sul lavoro, alla sua perduta centralità, che ormai dura da decenni, che è seguita a poderosi processi di trasformazione dell'impresa e al suo rapporto con il mercato, che ha portato a livello globale, non solo in Italia, ad una logica nella quale le ragioni della competitività schiacciano inesorabilmente le ragioni del lavoro e della condizione umana. Tutto ciò ha portato - non possiamo non coglierlo nel Parlamento e nelle istituzioni - ad un'invisibilità del lavoro, ad una sua solitudine, soprattutto quando si tratta di lavoro operaio.
Questo richiama tutte le parti in causa e tutti noi al fatto che, quando consideriamo la qualità dello sviluppo di un Paese, non possiamo non riconoscere il fatto che la qualità dei prodotti è legata in modo stretto alla qualità della risorsa umana e che la qualità della sicurezza non deve essere vista come un costo che grava sulle imprese, ma come una chiave del successo della stessa impresa nella competitività globale. Se non compiremo tale passaggio culturale, che impegna tutti - le istituzioni, la politica, il mondo della cultura, il sistema delle imprese, il sindacato e i cittadini - non riusciremo a dominare questa situazione e a combattere la piaga delle morti e degli incidenti sul lavoro.
Voglio riportare alcuni dati statistici che ci fanno comprendere quale sia l'intensità di questo fenomeno, partendo da anni lontani: se pensiamo - mi riferisco ai dati storici dell'INAIL - al 1963 (eravamo nell'Italia del boom economico), notiamo che in quel periodo furono ben 4.644 i morti sul lavoro. Se ritorniamo ad anni più recenti il dato è sicuramente più ridimensionato, ma non per questo meno drammatico: ancora nel 2002 registravamo 1.481 morti sul lavoro, nel 2006 ben 1.302. Premesso il fatto che per noi anche un solo morto sul luogo di lavoro rappresenta un evento drammatico per quella comunità, per quelle famiglie e per l'intera cittadinanza, è evidente che, se vogliamo intervenire su tali argomenti e se vogliamo porre un freno a tale situazione, dobbiamo dimostrare concretamente, con l'azione politica e con l'azione sociale, la capacità di invertire la rotta.
Il Governo, come sapete, su tali temi ha provveduto ad elaborare un intervento organico, che ha coinvolto in primo luogo il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, il Ministero della salute, le regioni, le parti sociali e la stessa opposizione, per quanto riguarda la definizione di materie su cui insistono molte competenze e necessitano di una maggiore organicità.
Abbiamo cercato di riportare al centro della nostra azione una problematica non sempre affrontata con la dovuta decisione, sovvertendo anche quel senso di rassegnazione, talvolta di accettazione fatalistica, che si è spesso registrato in occasione delle cosiddette «morti bianche».
La sensibilità e la profonda attenzione del Presidente della Repubblica su tale tema costituiscono un conforto ed un impulso nella direzione nella quale tutti ci dobbiamo muovere. Capisco che nella sedePag. 16istituzionale in cui ci troviamo possa apparire perfino superfluo riconsiderare gli interventi normativi adottati, ma ritengo che sia opportuno richiamarli, anche per riportare ad azione e a concretezza le nostre iniziative.
Abbiamo cominciato ad agire su questi argomenti già nel 2006 con la legge n. 248 contenente misure urgenti per il contrasto del lavoro nero e per la promozione della sicurezza nei luoghi dei lavori. Perché contrasto al lavoro nero? Perché contrasto alla precarietà? Perché come tutti sanno, ed è statisticamente provato, vi è un nesso, un legame diretto fra presenza di lavoro nero e precarietà ed infortuni e morti sul lavoro. Vi è un nesso molto stretto che dimostra come questi infortuni gravino in particolare sui più giovani, sugli extracomunitari, su coloro che hanno meno cultura del lavoro accumulato. Per questo noi, in quanto Ministero del lavoro e della previdenza sociale, abbiamo cominciato ad agire per la nostra specifica ed esclusiva competenza sui cantieri dell'edilizia attraverso una norma che ha consentito, già nell'agosto del 2006, di varare un provvedimento di sospensione dei cantieri dell'edilizia in caso di impiego di personale non risultante dalla documentazione obbligatoria in misura pari al 20 per cento. Abbiamo adottato, inoltre, sempre nel settore dell'edilizia, una tessera di riconoscimento, che i lavoratori sono tenuti ad esporre, e l'obbligo della comunicazione antecedente a quella dell'instaurazione del rapporto di lavoro per i datori di lavoro dell'edilizia. Questa norma può apparire secondaria ma in realtà è una norma di forte civilizzazione. Dei circa 180 morti sul lavoro per quanto riguarda l'edilizia ben il 15 per cento, ci dicono le statistiche, risultava assunto nel giorno del decesso: erano assunzioni post mortem. Questa norma, quindi, ha consentito, almeno da questo punto di vista, di impedire un simile atteggiamento che francamente dobbiamo assolutamente combattere. Abbiamo previsto, altresì, anche l'inasprimento delle sanzioni per le omesse iscrizioni ai libri obbligatori dei lavoratori e la reintroduzione di una norma semplice come l'indennità di trasferta a favore del personale ispettivo, abrogata con la legge finanziaria del 2006.
Tutte queste norme, tengo a sottolinearlo, sono state il frutto di un confronto con le parti sociali, con il sindacato unitario dei lavoratori, con i sindacati che rappresentano le imprese, a partire dai sindacati delle imprese delle costruzioni che hanno voluto, insieme al sindacato dei lavoratori e al Governo, combattere il lavoro nero per ottenere un triplice risultato. Il primo risultato è stato quello di avere una trasparenza retributiva; il secondo di non comprimere i costi della sicurezza sui quali, quando vi è il lavoro nero, si cerca di risparmiare, con conseguenti danni che derivano ai lavoratori. Il terzo risultato è stato quello di combattere la concorrenza sleale tra le imprese perché, come tutti sanno, quando c'è lavoro nero c'è concorrenza sleale e il paradosso è che l'impresa sana e trasparente viene messa fuori mercato dall'impresa che non è né sana, né trasparente e utilizza il lavoro nero.
Di fronte ai provvedimenti la domanda che ci facciamo sempre tutti - e che io certamente mi faccio - è se si tratta di provvedimenti utili soltanto sulla carta o di provvedimenti efficaci che cambiano in qualche modo, anche se gradualmente la situazione. Posso portare, al riguardo, un consuntivo che a mio avviso è molto importante: in quattordici mesi dall'entrata in vigore di quel provvedimento, cioè dall'agosto del 2006 all'ottobre del 2007, possiamo dire che il personale ispettivo del Ministero del lavoro e della previdenza sociale ha effettuato sui cantieri più di 33 mila accessi e sono state trovate aziende irregolari per il 57 per cento dei casi. Tutto ciò dimostra la drammaticità della situazione con la quale dobbiamo fare i conti. In quattordici mesi abbiamo sospeso ben 2.829 aziende dell'edilizia che risultavano irregolari. Questo ha significato la revoca di questi provvedimenti per il 40 per cento di queste imprese e ha portato a un risultato occupazionale molto importante. In primo luogo, secondo i dati dell'INAIL nello stesso periodo, sono diventatiPag. 17noti all'istituto ben 189.806 lavoratori dell'edilizia, il 55 per cento dei quali stranieri, il 60 per cento degli stranieri rumeni, e la metà di questo totale è rappresentata da lavoratori che hanno meno di trent'anni.
Vi è stato un impulso positivo all'occupazione nel settore a seguito di queste regolarizzazioni. Sempre in questi quattordici mesi abbiamo un saldo positivo di lavoratori occupati nell'edilizia, pari a 138 mila unità, e un saldo contributivo di più 57 milioni di euro per quanto riguarda l'INPS, dovuto a contributi versati aggiuntivi rispetto al periodo precedente. Nello stesso senso abbiamo agito con la legge finanziaria per il 2007, ad esempio, con l'immissione di 300 unità di personale ispettivo risultato idoneo al concorso pubblico. Abbiamo esteso a tutti i settori produttivi il documento unico di regolarità contributiva, nato nel settore dell'edilizia dopo il terremoto dell'Umbria, che quindi - lo ripeto - è stato esteso a tutte le attività. Abbiamo quintuplicato le sanzioni amministrative già previste per la violazione di norme in materia di lavoro, legislazione sociale, previdenza e tutela della sicurezza e salute nei luoghi di lavoro. Abbiamo introdotto gravose sanzioni in caso di omessa vidimazione e istituzione dei libri obbligatori. Abbiamo previsto misure di emersione dal lavoro nero e di stabilizzazione del lavoro precario per favorire la trasformazione in lavoro subordinato del lavoro a progetto, con un risultato di 22 mila stabilizzazioni soltanto nel settore dei call center. Come previsto infine dai commi 1175 e seguenti dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2007 è stato emanato, il 24 ottobre del 2007, il decreto del Ministero del lavoro e della previdenza sociale relativo alla modalità di rilascio e di contenuti del documento unico di regolarità contributiva. Inoltre, nel luglio del 2007 il Ministero ha provveduto a determinare l'importo destinato al Fondo di sostegno per le famiglie delle vittime di gravi infortuni sul lavoro.
Infine, vorrei ricordare un atto legislativo molto importante. L'atto legislativo n. 123 del 2007, recante «Misure in tema di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e delega al Governo per il riassetto e la riforma della normativa in materia», è stato il frutto di un'azione molto rapida da parte di questo Governo, di confronto con le parti sociali e con l'opposizione. Ciò è dimostrato dal fatto che al momento del voto - rimarco tale circostanza sempre in modo positivo - si è registrata, oltre all'adesione di tutta la maggioranza, anche un'importante astensione dell'opposizione; ciò anche a segnalazione del fatto che quelli della salute, della sicurezza e dell'integrità psicofisica dei lavoratori non sono temi di parte ma devono riguardare l'insieme delle forze politiche e sicuramente la coscienza di un'intera nazione.
Questa legge, composta da dodici articoli, si divide in un primo articolo che prevede un successivo provvedimento d'attuazione della delega, ed altri undici articoli che sono già esecutivi. Su che cosa si eserciterà la delega? La delega si eserciterà intanto estendendo il campo di applicazione della normativa sulla salute e sicurezza sul lavoro, sia in senso oggettivo (riferendosi quindi a tutti i settori di attività) sia in senso soggettivo in virtù dell'estensione di tale legislazione a tutti i lavoratori e le lavoratrici, autonomi e subordinati - si tratta di un importante progresso - nonché ai soggetti ad essi equiparati, indipendentemente quindi dalla qualificazione del rapporto di lavoro (cioè ai lavoratori parasubordinati).
In secondo luogo, la delega prevede la semplificazione degli adempimenti formali in materia di salute e sicurezza, nel pieno rispetto dei livelli di tutela, con particolare riguardo alle piccole e medie imprese, anche andando incontro a quelle richieste di semplificazione burocratica che debbono badare alla sostanza della tutela della sicurezza dei lavoratori. Vi è nella delega la riformulazione, in un'ottica di razionalizzazione, dell'apparato sanzionatorio amministrativo e penale, anche al fine di assicurare maggiore corrispondenza tra l'infrazione e la sanzione corrispondente, tenendo conto dei ruoli di ciascun soggetto obbligato nonché della natura della violazione.Pag. 18
Nella delega sono inoltre previste: la maggiore efficacia della attività di vigilanza da ottenere mediante la razionalizzazione e il coordinamento degli interventi ispettivi; la formazione, intesa come strumento di prevenzione, attraverso la promozione e la divulgazione della cultura della salute e della sicurezza sul lavoro nell'ambito dell'attività scolastica e universitaria; la revisione, infine, della normativa in materia di appalti, con la previsione di strumenti in grado di valutare l'idoneità delle aziende in relazione all'osservanza delle norme in materia di sicurezza sul lavoro, che diventa requisito indispensabile per accedere ad agevolazioni, finanziamenti e contributi pubblici.
Per quanto riguarda lo stato di attuazione degli altri punti che sono operativi, va anche qui rimarcato il fatto che, ad esempio, per la prima volta nell'articolo 3 è stata introdotta la previsione che il datore di lavoro committente, in caso di affidamento dei lavori a impresa appaltatrice o a lavoratori autonomi all'interno della propria azienda, promuove la cooperazione e il coordinamento per l'elaborazione di un unico documento di valutazione dei rischi, da allegarsi al contratto di appalto e d'opera. Si tratta di un fatto innovativo. Tale disposto facilita la realizzazione e il controllo delle misure di sicurezza proprie di ogni lavorazione, responsabilizzando tutti i soggetti coinvolti nel singolo appalto.
Nei contratti di somministrazione, di appalto e di subappalto devono, infine, essere indicati specificamente i costi della sicurezza. A tali dati possono accedere il rappresentante per la sicurezza e le organizzazioni sindacali dei lavoratori. Il datore di lavoro, quindi, è tenuto a consegnare al rappresentante per la sicurezza, su richiesta, copia del documento di valutazione dei rischi aziendali nonché del registro degli infortuni sul lavoro.
Il ruolo dei lavoratori nella elaborazione e gestione della sicurezza in azienda è rafforzato dalla possibilità per il rappresentante territoriale o di comparto dei lavoratori per la sicurezza, di esercitare le attribuzioni disposte dall'articolo 19 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, su tutte le unità produttive del territorio o del comparto di rispettiva competenza. Anche tale previsione allarga ad una sfera di controllo le unità di più piccola dimensione e consente lo svolgimento di un controllo di carattere territoriale.
Nell'articolo quattro si prevede che dall'anno scolastico 2007-2008 siano avviati progetti sperimentali in ambito scolastico nei percorsi di formazione professionale volti a favorire la conoscenza delle tematiche sulla tutela della salute e sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. Si promuove in sostanza un'ampia fase di coinvolgimento culturale sulla sicurezza, rivolta soprattutto alle giovani generazioni.
L'articolo 5 estende a tutti i settori imprenditoriali le misure per contrastare il lavoro irregolare previste per il solo settore dell'edilizia a partire dall'agosto del 2006, nel caso in cui venga riscontrato l'impiego di personale al nero superiore al 20 per cento del totale dei lavoratori regolarmente occupati, ma anche nel caso di reiterate violazioni della disciplina in materia di superamento dei tempi di lavoro o di riposo giornaliero o settimanale.
Inoltre, viene prevista la possibilità di adottare il provvedimento interdittivo anche nel caso in cui vengano riscontrate gravi e reiterate violazioni della disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro.
All'articolo 6 si estende la normativa della tessera di riconoscimento a tutti i lavoratori, di qualsiasi settore, compresi i lavoratori autonomi.
Inoltre, l'articolo 8 modifica l'articolo 86 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, prevedendo che, nell'aggiudicazione di un appalto pubblico, gli enti appaltanti valutino la congruità di un'offerta non solo sulla base del costo del lavoro ma anche di quello della sicurezza, che va indicato in maniera specifica. In sostanza, da una lato, lo scorporo del costo della sicurezza dal valore dell'appalto e, dall'altro, la questione della fissazione delle tabelle di retribuzione, disposta periodicamente dal Ministero delPag. 19lavoro sulla base degli accordi stipulati dalle organizzazioni maggiormente rappresentative, sono la risposta concreta al tentativo, nell'appalto al massimo ribasso, di ridurre e comprimere sia il costo del lavoro sia quello, della sicurezza.
Infine, nell'articolo 9 sono introdotte apposite sanzioni pecuniarie e interdittive per le persone giuridiche i cui dirigenti siano responsabili dei reati di omicidio colposo e lesioni colpose gravi o gravissime, commessi con violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela dell'igiene e della salute sul lavoro.
Come si vede, tutte queste misure, già operative dal mese di agosto scorso, rappresentano un primo passo importante nella direzione del potenziamento delle misure per la salvaguardia e la sicurezza nei luoghi di lavoro.
In conclusione, noi crediamo, come Governo, che non si tratti di promulgare nuove leggi emergenziali, ma che ci si trovi di fronte ad un complesso legislativo - come il decreto legislativo n. 626 del 1994 e la legge n. 123 dell'agosto 2007 - estremamente avanzato e qualificato, fra i più qualificati in Europa. Le leggi vi sono e vanno applicate.
Per quanto riguarda il Governo, nel corso del recente Consiglio dei ministri, si è comunque deciso di procedere ad una forte accelerazione dell'applicazione della delega e tale valutazione è concorde dell'intero Consiglio dei ministri. Riteniamo che entro il mese di gennaio si potrebbe completare la definizione delle deleghe. Si tratta di un iter che ha una sua complessità. Vorrei ricordare che sulla materia della sicurezza non solo vi è una competenza del Ministero del lavoro e della previdenza sociale e di quello della salute, ma vi è una competenza concorrente per quanto riguarda le regioni che esprimono, attraverso le ASL, la loro capacità di intervento e di controllo.
Il Governo ha già provveduto, nei giorni scorsi, ad inviare alle parti sociali un primo documento per la realizzazione di una prima parte della delega. Vi sarà un incontro già il 17 dicembre (lunedì prossimo) e, in base all'esito, siamo impegnati a portarne i risultati in sede di Consiglio dei ministri per un timing di realizzazione dell'intera delega. Allo stesso modo, porteremo al Consiglio dei ministri due decreti del Presidente del Consiglio dei ministri.
Il primo provvedimento riguarda il tema del coordinamento delle attività che è, come sapete, di competenza delle regioni e, soltanto nel caso in cui vi sia non applicazione o negligenza, si prevede un intervento sostitutivo da parte del Ministero del lavoro e della previdenza sociale e di quello della salute.
Il secondo provvedimento ratifica l'accordo già intervenuto il 1o agosto fra il Governo e le regioni, al fine di aumentare le ispezioni a cura delle ASL dalle attuali settantamila all'anno alle previste duecentocinquantamila nel corso del 2008.
Analogamente, sarà nostra cura prevedere, sulla base della sollecitazione avvenuta nella discussione, la possibilità di inserire nell'ambito della delega l'esclusione dalle lavorazioni a rischio di quei lavoratori a termine, di lavoro temporaneo, che non devono essere esposti alla possibilità di incidenti, anche gravi, sui luoghi di lavoro. Questi sono i punti di riferimento ai quali guardiamo con molta attenzione.
Io ritengo - e concludo - che questa discussione e l'attenzione da parte delle istituzioni siano molto importanti. Ribadisco un punto essenziale: è necessario che nel nostro Paese prenda corpo concretamente e fattivamente non solo una forte collaborazione istituzionale, ma una forte capacità di riportare all'attenzione di questo Paese una vera e propria cultura della sicurezza. Ciò significa una nuova comunicazione, una nuova cultura, una nuova capacità di passare da una descrizione dell'irreale alla discrezione del reale, del quotidiano, della fatica di portare a termine la propria vita di lavoro, di arrivare a fine mese, della fatica della retribuzione, della fatica della prestazione, dei rischi e dei problemi di sicurezza che vi sono nei posti di lavoro. Ciò si può fare se sapremo anche rivalutare socialmente il lavoro - soprattutto quello operaio e manuale - ePag. 20se saremo in grado di affermare il principio che i costi della sicurezza non sono un onere che grava sull'impresa, ma una risorsa di investimento che qualifica il sistema produttivo, la vocazione sociale dell'impresa e la possibilità di tutelare adeguatamente l'integrità psicofisica di tutti i lavoratori e di tutte le lavoratrici (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico-L'Ulivo e Verdi).
(Interventi)
PRESIDENTE. Passiamo agli interventi dei rappresentanti dei gruppi.
Ha chiesto di parlare il deputato Marcenaro. Ne ha facoltà.
PIETRO MARCENARO. Signor Presidente, ringrazio il Ministro del lavoro e della previdenza sociale per la sua comunicazione come al solito seria, precisa e dettagliata. Ho ancora nelle orecchie quelle parole «giustizia, giustizia» gridate lunedì mattina dai familiari e dai compagni delle vittime.
Giustizia, in primo luogo, significa accertamento delle responsabilità e dei responsabili, per quello che è capitato. Se anche solo una parte di quanto è stato detto e denunciato a proposito delle condizioni nelle quali si lavorava alla ThyssenKrupp di Torino risultasse provato, ci troveremmo di fronte a responsabilità molto gravi che andrebbero perseguite con il rigore che la legge prevede.
Questo accertamento delle responsabilità è anche un atto dovuto alle vittime, a coloro che non possono più parlare e che qualcuno, con un atteggiamento vergognoso, tenta già di far passare per i colpevoli. Noi ci attendiamo che la magistratura dia rapidamente, con serenità e chiarezza, le risposte che sono necessarie.
Ma quel grido «giustizia» non era rivolto solo ai tribunali. Esso denuncia un'ingiustizia più profonda, parla della nostra società e del lavoro. Morire in una fabbrica destinata a sparire tra pochi mesi è, se possibile, ancora più ingiusto e inaccettabile, e contribuisce a rendere ancora più duro quello che è successo.
Qui vi è una responsabilità sociale, delle imprese e anche - visto che in questa sede discutiamo e parliamo - delle istituzioni e della politica. Questa responsabilità, naturalmente, comincia dal problema della sicurezza e della lotta contro gli infortuni.
Questo Governo - Cesare Damiano, in particolare, ne ha parlato ampiamente - e anche questo Parlamento, con il testo unico sulla sicurezza hanno dato all'Italia, dopo molto tempo, un quadro legislativo tra i più avanzati in Europa. Noi siamo d'accordo con questa decisione del Governo: non si tratta di introdurre nuove norme in nome dell'emergenza, ma di applicare con rigore e serietà quelle leggi e di mettere a disposizione le risorse necessarie per farlo.
Voglio solo dire, a questo proposito, due cose.
In primo luogo, per essere efficace, l'azione della sicurezza deve assumere l'obiettivo «infortuni zero». Non ci si può rassegnare neppure ad una quota modesta di rischio. L'obiettivo di azzerare le morti sul lavoro è un obiettivo realistico: ne esistono tutte le condizioni tecniche ed è possibile costruirne le condizioni sociali.
In secondo luogo, la sicurezza - come la salute - è un bene pubblico e spetta al pubblico presidiarlo. È giusto spingere alla collaborazione e alla concertazione tra imprese e lavoratori, tra imprese e sindacati, ma il principio di sussidiarietà non può spingersi a negare il ruolo pubblico quale garante della sicurezza e della salute.
È un punto che, in particolare, va sottolineato nel confronto col sistema delle imprese, che spesso ha visto con fastidio - quasi come un'interferenza inutile - l'intervento pubblico su tale problema e il presidio da parte delle strutture pubbliche su questo aspetto.
Chi deve svolgere questo ruolo - come ha ricordato il Ministro - è il sistema sanitario che, attraverso le aziende sanitarie locali, ha il compito di organizzare la prevenzione e la verifica delle condizioni di sicurezza nei luoghi di lavoro. Qui vi è un problema che riguarda direttamente iPag. 21piani sanitari regionali e le scelte politiche e di uso delle risorse che, a questo fine, vengono destinate. Tuttavia - ripeto - non è solo un problema di risorse, ma anche di volontà politica, di impostazione e di cultura.
In conclusione, vorrei dire che per noi - per la sinistra riformista - questa vicenda ripropone in modo serio e profondo la questione del lavoro industriale.
Essa testimonia che abbiamo bisogno di un'analisi critica della società e dei rapporti di produzione, perché il lavoro industriale è ancora un luogo fondamentale di produzione della ricchezza, ma rappresenta il punto dove la sfida per i riformisti è più difficile, il luogo dove la contraddizione fra costrizione e libertà, fra lavoro e vita, fra concentrazione del potere e bisogno di democrazia e di partecipazione è più largo e più difficile da ricomporre.
Chi voglia affrontare tali temi, non può farlo semplicemente considerando i lavoratori come oggetti bisognosi di tutela e di protezione, non perché naturalmente sottovalutiamo tale bisogno, ma perché solo riconoscendo i lavoratori come soggetto sociale e politico di una battaglia che non si può vincere senza la loro partecipazione, si apre una fase nuova, si può rispondere a queste domande e si possono affrontare obiettivi così difficili e ambiziosi, se non si vuole rassegnarsi a vivere come nella profezia contenuta nell'opera di Wells La macchina del tempo, in un mondo diviso tra i Morlock costretti a vivere nelle caverne sottoterra, dove si produce, e gli Eloi che vivono illusi nel festoso mondo del consumo.
È con questo animo che, a nome del gruppo del Partito Democratico, esprimo, insieme all'augurio più affettuoso a quanti ancora combattono una difficile battaglia e una difficile lotta per la vita, il nostro dolore, la nostra partecipazione e il nostro impegno ai familiari e ai compagni delle vittime di questa tragedia (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico-L'Ulivo, Verdi, Popolari-Udeur e Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Osvaldo Napoli. Ne ha facoltà.
OSVALDO NAPOLI. Signor Presidente, Forza Italia è vicina alle famiglie che stanno vivendo un momento difficile per il lutto che le ha colpite e, certamente, anche alle famiglie degli operai che ancora oggi lottano contro la morte.
Inoltre, signor Presidente, i parlamentari piemontesi, insieme a tutta Forza Italia del Piemonte e al suo coordinatore regionale Guido Crosetto - che sarebbe voluto intervenire, ma i tempi della discussione in Assemblea non lo consentono - hanno ritenuto di partecipare concretamente a questo lutto attraverso un contributo economico che Forza Italia Piemonte ha voluto donare.
Ebbene, signor Presidente ho ascoltato attentamente quanto è stato detto poc'anzi, sia dall'onorevole Marcenaro, sia dal Ministro prima. Il decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, è stato eluso e vi sono tante responsabilità, dell'azienda, dei sindacati (Ministro, lei stesso nello svolgere la sua relazione, un attimo fa, ha affermato che i sindacati erano parte integrante del controllo e che, forse, anche a loro sono da riferire delle mancanze in relazione a quel tipo di controllo), delle RLS: nessuno è esente da responsabilità.
È ovvio che il Governo non abbia responsabilità. Tuttavia, certamente ve ne sono - vorrei fare riferimento all'onorevole Marcenaro - quando si parla di politica. É stato fatto un lungo elenco. Lei, Ministro, ha fatto un elenco attento di quanto il Governo dovrebbe fare: aveva anche la possibilità di fare qualcosa! La legge è stata approvata in Parlamento e la mancata emanazione dei decreti va considerata certo in termini politici, non in termini concreti. Come ho già detto poc'anzi, il Governo non può avere responsabilità del genere, ma la mancanza dei decreti - in relazione a quanto da lei stesso elencato - è certamente una responsabilità del Governo.
Vi sono anche altri aspetti. Signor Ministro, lei ha fornito al Parlamento un quadro non esatto delle condizioni delPag. 22lavoro in Italia. Lamentarsi, come lei ha fatto, che vi siano pochi controlli in materia di sicurezza, mi permetta, signor Ministro, francamente, è grottesco!
Lei ci ha parlato soltanto del settore dell'edilizia e non ci ha detto che tra i settori certamente più colpiti il primo è l'edilizia, il secondo è quello dei lavoratori domestici, il terzo quello degli agricoltori. Lei non ci ha fornito altri dati.
Il Governo conosce le statistiche totali sugli incidenti sul lavoro? Lei, signor Ministro, conosce quali sono le aree geografiche e quali settori sono più funestati dagli incidenti? Quante sono le ispezioni effettuate dall'INAIL? In che percentuale le imprese hanno violato le norme sulla sicurezza?
Quali sanzioni sono state applicate nei loro confronti? Quanti contratti aziendali o nazionali si sono adeguati ai protocolli di garanzia in materia di sicurezza del lavoro?
Ritiene opportuno, il Ministro Damiano, che la sicurezza sul lavoro sia materia da ricondurre alla diretta ed esclusiva competenza dello Stato sottraendola da quella specie di limbo che è la legislazione concorrente Stato-regioni? Marcenaro, proprio in quanto ex consigliere regionale, ha posto il problema del controllo sulle ASL competenti per il controllo sulle aziende.
In assenza di risposte certe ed in attesa di smentite, si può soltanto affermare che certamente, signor Ministro, il Governo brancola nel buio e lei, questo buio, ce l'ha trasmesso, quest'oggi, facendo una relazione espressamente burocratica.
Avviandomi alla conclusione, faccio notare che i problemi, peraltro, sono anche altri; in Italia non vi è la cultura della sicurezza, lei ci ha detto quest'oggi quanto farà, sotto questo aspetto, vi è anche una mancanza di formazione su tale problema e noi riusciremo a vincere la battaglia se sapremo formare.
È vero che la formazione è competenza delle regioni, ma faccio riferimento a quanto osservato dianzi: il Governo non ritiene importante intervenire sulle regioni perché questa formazione avvenga realmente? Ebbene, tutto ciò, signor Ministro e signor Presidente, suscita in me personalmente e nel gruppo di Forza Italia l'impressione che si predichi bene, ma si razzoli male.
Il Primo Ministro Prodi ha incolpato, in televisione e su tutti i giornali, gli imprenditori senza avere il coraggio, però, di fare un minimo di autocritica.
Credo che sarebbe stato necessario trasmettere anche un'espressione di autocritica, autocritica che è anche mia personale - in quanto rappresentante delle istituzioni -, non soltanto del Governo. Un'autocritica che coinvolge tutti, non soltanto il Governo stesso, e che concerne quanto si è fatto e quanto ritardo si è registrato in questo settore.
Aggiungo, signor Ministro che, oltre all'elenco da lei fornitoci, nel disegno di legge finanziaria non vi è un solo punto in cui si stanzino finanziamenti per la sicurezza nei luoghi di lavoro.
Direi, signor Ministro, che dalle parole è necessario passare ai fatti: se offriamo la dimostrazione alla gente all'esterno, agli operai, ai lavoratori che ciò avviene, daremo concretezza e fiducia nelle istituzioni. Nella sua relazione certamente questo non c'è (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Benedetti Valentini. Ne ha facoltà.
DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, la solidarietà commossa e fraterna del gruppo di Alleanza Nazionale alle vittime di questa sciagura e alle loro famiglie deriva da un'antica e convinta coerenza della mia parte politica. Essa, in tutte le manifestazioni di solidarietà, consacrate anche nei suoi reiterati documenti, ha espresso vicinanza verso coloro che immolano la propria vita o che involontariamente la vedono sacrificata, sia che difendano la comunità con le divise delle forze dell'ordine, sia che contribuiscano alla ricchezza, al benessere e al progresso nazionale con la propria tuta, con il proprioPag. 23camice di lavoro, con tutti coloro che costruiscono la ricchezza, il benessere e la civiltà della nostra convivenza.
Abbiamo ascoltato dunque, con attentissima cura, quanto ci ha riferito il Ministro; una relazione che definirei persino onesta negli intendimenti - non ho difficoltà a darne atto - ma, mi si consenta, non per preconcetto di oppositore, alquanto al di sotto del livello della complessità e della drammaticità del problema.
Il Ministro ha fornito qualche dato che dall'ormai lontano 1963 ad oggi incoraggerebbe a sperare per la diminuzione rilevante del numero degli incidenti mortali, evidentemente frutto di un impegno che non è certo da ascrivere ad un solo Governo, ma ai molti Governi che si sono succeduti e, più che altro, al mettersi al passo con la tecnica, con le innovazioni che, da questo punto di vista, culturalmente avanzano.
Questa strage, però, per modalità e gravità, non può essere accettata sicché bisogna affondare di più il coltello nella piaga delle responsabilità affrontando la situazione di emergenza.
Su alcuni aspetti possiamo essere d'accordo, onorevole Ministro.
Anzitutto, il fallimento - lei non lo ha definito in questi termini, ma io lo chiamo tale! - del sistema delle ASL e delle regioni, regioni che sono avamposti di responsabilità a questo riguardo e che hanno, salvo lodevolissime ma poche eccezioni, fallito completamente sotto tale profilo.
La legislazione concorrente o, addirittura, primaria ha fatto registrare risultati assolutamente inadeguati e chi le parla, onorevole Ministro, è un rappresentante elettivo del popolo umbro. Se volessi speculare sulle parti politiche, quanto mi sarebbe facile!
Abbiamo berciato chissà quanto sulla sensibilità e sulla centralità del lavoro. Ebbene, la regione che mi esprime elettoralmente, l'Umbria, che pure è governata dalla sinistra rosa, da quella rossa e da quella ultrarossa, per non parlare di quella bianca, questa piccola regione, a nostra vergogna, è in testa nelle graduatorie nazionali per infortuni, anche mortali, sul lavoro.
E quando parliamo della ThyssenKrupp - e al riguardo rivendico sempre questa mia qualifica di rappresentante, anche territoriale, dell'Umbria -, sia ben chiaro: anche al colosso ThyssenKrupp, al cui destino, pure, è legata la sorte economica di un grande e vasto territorio, le sorti occupazionali, economiche e sociali di un vastissimo territorio, non abbiamo mai fatto sconti sotto il profilo della sicurezza, che abbiamo anteposto ad ogni altra valenza.
Se consideriamo che oggi quanto viene dismesso nel torinese verrà accorpato nel ternano, vediamo che, anche da un punto di vista dimensionale, il problema sarà ancora più delicato ed incisivo di quanto non sia già oggi.
A fronte di ciò, vedete, non siamo molto interessati, almeno in questo momento, che è di grande lutto, soltanto alla polemica. Sarebbe troppo facile! Vogliamo dare indicazioni, in ipotesi critiche, ma indicazioni ribadite e forti, in positivo.
Vi diciamo che bisogna stangare (non usiamo giri di parole) le medie e grandi imprese - che avrebbero le risorse e le possibilità tecniche e tecnologiche o, addirittura, scientifiche, in qualche caso, per poterlo fare - che non ottemperano agli standard di sicurezza.
Ma non con luoghi comuni! Sono belle frasi, onorevole Ministro, e non le pronuncia solo lei: dobbiamo convincere le imprese che la sicurezza non è un costo, ma una risorsa... Belle frasi, ma la sicurezza è un costo! È un costo - le chiacchiere stanno a zero -, ma è un costo doveroso.
Essa richiede, più di ogni altro fattore del processo produttivo, che vi siano investimenti congrui e proporzionati allo sforzo produttivo e quantitativo che le imprese vogliono darsi. È un costo - non usiamo perifrasi demagogiche o eleganti - che deve essere affrontato.
Occorre stangare quelle imprese, ma anche assistere le imprese, in particolare medie e piccole, in cui la figura dell'ispettorePag. 24non deve essere soltanto quella dell'ispettore che fiscalmente rileva le deficienze. Le imprese medio-piccole, che sono il tessuto fondamentale del nostro sistema e, come tutti ci ricordiamo l'un l'altro, della nostra capacità produttiva, hanno spesso risorse e tempi inadeguati per potersi mettere al passo. Dobbiamo svolgere un'azione anche di consulenza nell'ottica della prevenzione e questo lo abbiamo detto tante volte.
È qui con me il collega Lo Presti, capogruppo del mio partito, nella passata legislatura rappresentante di gruppo della mia forza politica in Commissione lavoro, che avevo l'onore di presiedere; ebbene, quante volte abbiamo cercato di stimolare il Ministero e le organizzazioni periferiche perché la rete ispettiva svolgesse anche questo compito di supporto nei confronti del sistema delle piccole e medie imprese.
E la campagna della sicurezza! Lo ha detto il Ministro, in verità, ma deve essere una campagna reale, signori del Governo! Non ce la possiamo cavare - stavo per dire all'italiana, ma non voglio usare più questa espressione, ahimé troppe volte abusata a nostra vergogna - con una giornata della sicurezza. Facciamo un rituale, la cerimonia, la consegna di due bei diplomi, più o meno pergamenacei. Non è così che si fa una campagna di informazione, che è educazione quotidiana, quasi un parametro di tutte le nostre decisioni, dei momenti formativi.
Quanto al sistema delle ispezioni, noi prendiamo atto con piacere, onorevole Ministro, che con i provvedimenti di questi giorni si immetterebbero ulteriori 300 unità nell'organico del potenziale ispettivo di cui disponiamo: noi siamo pronti a dare atto di misure che vanno nella direzione giusta sotto questo profilo; ma quali risorse accompagnano tutto ciò? O vogliamo ripetere - ahimè, facile previsione! - quanto è accaduto con le forze dell'ordine, di cui magari incrementiamo in piccola misura l'organico ma senza dare né risorse per la benzina - neppure per effettuare pronti interventi - né strumenti essenziali per poter agire ed adempiere ai propri compiti? E dove sono i denari, le risorse perché questo sistema possa funzionare? E dov'è lo sforzo di razionalizzazione? Anche qui faccio appello e ricorso alla mie esperienze, anche parlamentari da questo punto di vista: questa selva di competenze che si intersecano, aziende che vedono inutilmente sovrapporsi quattro ispezioni, che tormentano i più adempienti e spesso tralasciano coloro che sono inadempienti!
E poi ancora premere e formare i lavoratori, perché essi sono corresponsabili nella propria sorte! Le imprese debbono stare ai loro doveri, e i lavoratori debbono essere fortemente responsabilizzati, perché ciascuno ha un dovere di sicurezza anche verso se stesso nell'applicazione delle misure, sia detto senza demagogia. La mia forza politica, che da sempre si batte per il principio plurivalente della partecipazione dei lavoratori all'interno delle imprese, non è favorevole soltanto alla partecipazione agli utili prodotti o alle più vaste decisioni di strategia aziendale, ma lo è anche e soprattutto in settori che riguardano il morale e il fisico del lavoratore e la sua preservazione. E quindi, partecipazione e coinvolgimento dei lavoratori direttamente là dove, invece, i sindacati hanno largamente parlato e poco concluso.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. E ancora il contrasto al lavoro nero e all'immigrazione irregolare, che sono fonti di queste disgrazie. Ed infine la difesa dalla concorrenza sleale dei Paesi dell'est, i quali non applicano alcuna misura di sicurezza e immettono sul mercato beni che recano contrasto alle nostre imprese che con fatica...
PRESIDENTE. Deve concludere.
DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. ...debbono parametrarsi ai livelli di sicurezza.
Su tutti questi temi noi vi sfidiamo, signori del Governo, a dare con fatti, e non con nuove, inutili o ridondanti leggi, un segno di vera solidarietà in prospettiva aiPag. 25lavoratori italiani e alla loro sicurezza (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Rocchi. Ne ha facoltà.
AUGUSTO ROCCHI. Signor Presidente, signor Ministro, colleghi e colleghe, penso che il modo migliore di esprimere la partecipazione e la solidarietà ai familiari delle vittime di quel tragico incidente sia compiere il nostro dovere, il nostro dovere di varare leggi, fare scelte, compiere interventi che incidano concretamente perché fatti cotali non accadano più.
Per affrontare un problema come questo, bisogna avere il coraggio di guardare in faccia la sofferenza di quel padre che gridava in faccia a tutti noi la solitudine e la perdita di valore sociale di cui si sentivano vittime. Per troppi anni, tanti anni si è cercato di diffondere e si è diffusa in questo Paese l'idea che la centralità dell'impresa fosse al di sopra di tutto; che, anzi, i diritti, le conquiste, le tutele dei lavoratori e delle lavoratrici fossero un orpello rispetto alla possibilità dell'impresa di dispiegare appieno la sua potenza sui mercati e la sua capacità produttiva. Ciò ha portato in tutti questi anni a una distruzione metodica di quell'azione, di quel potere collettivo di difesa dei lavoratori, distruzione di tutela e di conquiste. Vengo da una città come Sesto San Giovanni, in cui ricordo di avere letto il primo volantino, quello di un'organizzazione sindacale che recava la scritta: «La salute non si paga». Era il segno di lavoratori e lavoratrici che avevano acquisito che non si poteva monetizzare tutto, e che la difesa della loro salute e della loro condizione era un bene primario. Possiamo tentare di sostenere, come ho sentito dire anche in Aula da qualcuno, che c'è qualche corresponsabilità di lavoratori e lavoratrici, qualche forma di disattenzione, di sottovalutazione di questi problemi?
Non è invece vero che in tutti questi anni si è costruita ed è divenuta dominante una cultura per la quale i diritti che quei lavoratori rivendicavano a tutela della loro salute vengono dopo la competizione sui costi e sui prezzi e dopo le scelte che l'impresa fa per essere competitiva e produrre profitto? Ne sono derivati turni massacranti, aumento dei carichi di lavoro e molte volte addirittura irrisione nei confronti delle rivendicazioni delle rappresentanze sindacali o dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza.
Qualcuno qui tra noi sa come ha funzionato fino ad oggi il sistema della sicurezza (e speriamo che ciò cambi con il testo unico approvato in luglio)? Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza veniva chiamato dall'impresa e gli si mostrava, in ipotesi, un volume di 500 pagine (vale a dire, il piano della sicurezza sul lavoro), e gli si diceva di guardarlo: ma se il rappresentante domandava di prenderlo per conoscerlo e studiarlo, si rispondeva che non si poteva, perché vi era il segreto aziendale, e il testo doveva quindi restare depositato in quel posto. Non vi era neppure il diritto di comprendere quel documento, perché non c'era la formazione necessaria per poterlo conoscere e per poter intervenire!
Questa cultura ha non solo determinato la perdita di valore del lavoro nella società: ha anche portato con sé un fatto dirompente di modifica culturale più generale. Quanti tecnici ed ispettori della ASL si sentono oggi di svolgere pienamente il loro compito nell'effettuare le ispezioni (fino al punto, se necessario, di fronte a gravi inadempienze, di mettere in discussione o fermare un ciclo produttivo che metta a rischio la condizione dei lavoratori e delle lavoratrici)? Persino nella magistratura del lavoro si è assistito in questi anni ad un'evoluzione che è stata conseguente alla perdita di valore del lavoro (in particolare di quello manuale e operaio) nella nostra società.
Occorre dunque affrontare una battaglia più generale, con la capacità di individuare strumenti che rispondano a questa situazione. Poco tempo fa, è morta una lavoratrice di ventinove anni, schiacciata da una pressa: quella lavoratrice aveva un contratto interinale. Ebbene, per parlarePag. 26di aspetti concreti sui quali intervenire, dobbiamo cominciare stabilendo per legge che nessuna forma di lavoro precario possa essere utilizzata per le lavorazioni pericolose o che implichino rischi: in tali casi, infatti, per i lavoratori e le lavoratrici non vi è alcuna formazione né vi è sedimentazione di conoscenze.
In secondo luogo, dobbiamo stabilire per legge non che non vi siano politiche di sostegno allo sviluppo delle imprese (ci mancherebbe altro!), ma che non si possa dare un euro alle aziende che non dimostrino di applicare tutte le norme sulla sicurezza e di non aver subito né condanne né giudizi per fatti legati a morti o ad incidenti gravi. Insieme a ciò, dobbiamo stabilire che - a fronte dei molti che in quest'Aula hanno parlato del peso della pubblica amministrazione e della necessità di tagliare e smaltire gli organici di ruolo - sia potenziato il ruolo dell'azione preventiva sul territorio da parte degli enti competenti al coordinamento territoriale.
Ancora, ed insisto su questo punto, dobbiamo rendere l'elezione degli RLS (i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza) un fatto di grande civiltà e partecipazione democratica in questo Paese, in modo che essi possano incidere seriamente e con un potere reale nelle scelte dell'impresa.
Queste sono tutte scelte concrete. Certamente, Ministro, io credo - lo dico senza dubbio alcuno - che la legge sulla sicurezza sul lavoro che abbiamo prodotto in luglio sia stato forse il patto più avanzato che questo Governo ha realizzato. Ma per dare ad esso coerenza e applicazione, sono necessarie anche altre scelte: anticipare i tempi della delega e dare vita agli strumenti che prima richiamavo attraverso interventi legislativi anche urgenti e paralleli alla legislazione per rendere efficace questa azione.
Contemporaneamente, occorre agire su tutti gli altri terreni, fare della lotta alla precarietà attraverso gli strumenti legislativi il faro di guida della nostra azione, fare del rinnovo dei contratti di lavoro, della valorizzazione ed anche del riconoscimento salariale del lavoro un punto d'identità politico-sociale di questo Governo e di questa maggioranza. Sono tutte scelte importanti che dobbiamo adottare, ma chiedo che si compia anche un gesto in più: vogliamo finalmente stabilire, anche attraverso l'istituzione di un Fondo nazionale di sostegno ai familiari delle vittime degli incidenti del lavoro, un riconoscimento economico che li sostenga e fornisca loro uno strumento, a volte essenziale, di sostentamento?
PRESIDENTE. Deputato Rocchi, la invito a concludere.
AUGUSTO ROCCHI. Vi sono fondi ingenti - concludo - che dovrebbero essere utilizzati per risarcire gli infortuni sul lavoro (mi riferisco al famoso avanzo dell'INAIL). Credo che potremmo destinare proficuamente tali risorse al riconoscimento di quei tanti e quelle tante che hanno subito ingiustamente - da questa società e da questo modello del lavoro e di sviluppo - un'offesa alla loro vita a causa di incidenti o, addirittura, con la morte (Applausi dei deputati dei gruppi Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, Partito Democratico-L'Ulivo, Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo, Italia dei Valori, La Rosa nel Pugno, Comunisti Italiani e Verdi).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Vietti. Ne ha facoltà.
MICHELE GIUSEPPE VIETTI. Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, anche da parte del gruppo dell'UDC esprimo il cordoglio alle vittime e la solidarietà ai familiari, ai parenti e ai lavoratori ancora in cura e a quelli in via di guarigione (auspicabilmente). Desidero esprimere solidarietà se permettete - lo dico da torinese - anche alla città colpita da questa tragedia, una città che, con la chiusura della ThyssenKrupp, vede tramontare un'orgogliosa tradizione di industria siderurgica, che l'aveva connotata nei decenni passati, e purtroppo la vede tramontare in tale modo, certamente triste. Stiamo parlando di una città - credo vadaPag. 27ricordato - che non è certamente tra le ultime, anzi è tra le prime, quanto a cultura per la sicurezza, forse proprio perché, provata nel passato da eventi tragici di tale genere, si era attentamente attrezzata per un rispetto generalizzato delle norme sulla sicurezza del lavoro. Ha detto il Ministro - non possiamo che convenire con lui - che le responsabilità penali sono oggetto degli accertamenti della magistratura, e ci auguriamo che essi intervengano tempestivamente, dando dimostrazione di selettività nelle priorità dell'esercizio dell'azione penale. Certamente non possiamo non registrare che l'atteggiamento della società tedesca non si è caratterizzato per il massimo di sensibilità anche quanto a tempismo nelle reazioni. Probabilmente non basta solo un nome tedesco per dare garanzia di sicurezza: se è vero ciò che hanno diffuso i mezzi di informazione, le inadempienze erano state rilevate dalla ASL, le prescrizioni erano rimaste inevase e purtroppo - dobbiamo ricordarlo - questo evento tragico si colloca a pochi anni di distanza da uno precedente che già aveva colpito, per fortuna senza vittime, lo stesso stabilimento. Il collega Marcenaro ha ricordato che durante la manifestazione svoltasi a Torino lunedì le vittime ed i lavoratori hanno contestato la presenza dei politici e dei sindacalisti.
Credo che sia nel giusto il Presidente della Camera allorché invita ad ascoltare ed a tacere per riflettere. Penso che non sarebbe opportuno approfittare di un tale evento per compiere strumentalizzazioni che scelgano la via dello scaricabarile in ordine alle responsabilità. Il Presidente del Consiglio, con il suo noto tempismo, è riuscito a diffondere sui mezzi di informazione uno slogan per cui la colpa ricade sulle imprese. Sono rammaricato del fatto che il Ministro Damiano si sia soffermato un po' troppo a lungo nel suo intervento sul tema del lavoro nero, che è certamente rilevante, importante, serio e grave, ma che francamente è del tutto estraneo a quanto accaduto in questa vicenda. Allo stesso modo, il collega di Rifondazione Comunista ha ampiamente parlato del tema del precariato. Le vittime dell'incidente non erano né lavoratori in nero, né lavoratori precari, ma lavoratori subordinati e a tempo indeterminato, in condizioni normali, e pertanto non cerchiamo alibi per parlare d'altro.
Certamente vi sono responsabilità che ciascuno deve assumersi. Vi sono quelle delle imprese, quelle degli amministratori, dei politici e dei sindacalisti. Credo che sia stato onesto il segretario della FIOM di Torino a sostenere - lo scorso lunedì - che l'azione del sindacato non è stata sufficiente. Ritengo che piuttosto che attribuire colpe gli uni agli altri sia invece conveniente fare nostro il monito del Presidente della Repubblica, il quale ha affermato che è necessario un impegno comune di tutte le componenti che concorrono a dare vita al mondo del lavoro. Francamente, ritengo fuori tempo e molto obsoleta una visione ideologica e vetero-classista che compia un ragionamento di contrapposizione di classe basandosi su tali eventi. Il punto è che ciascuno deve fare la sua parte e il settore pubblico deve interpretare il ruolo del controllore. Certamente, la imprudente riforma delle competenze, con la devoluzione alle regioni che ha introdotto nell'ambito di cui si tratta la concorrenza regionale, determina qualche confusione e il coordinamento dei controlli delle ASL e degli ispettorati probabilmente andrebbe registrato meglio. Così si potrebbe discutere non solo delle morti e degli incidenti sul lavoro nel settore industriale o - come il Ministro Damiano ci ha ricordato - di quelli avvenuti nei cantieri in cui la percentuale di irregolarità è molto alta, ma si potrebbe avere la consapevolezza che vi sono vittime in tanti altri settori. Penso a quelle nel settore della sanità e forse sarebbe opportuno che si affrontasse anche tale problema. Infatti, in tale ambito assistiamo ad una situazione contraddittoria, poiché le ASL sono al tempo stesso i controllori e i controllati e spesso applicano a se stesse criteri di controllo molto diversi rispetto a quelli che applicano ad altri soggetti. Forse sarebbe opportuno discutere anche in ordine alla diversaPag. 28misura del rigore del controllo che si applica al piccolo imprenditore, a cui si chiede conto di tutto, mentre forse il controllo è meno rigido qualora si rivolge al grande imprenditore, nei cui confronti talora sussiste una sorta di timore reverenziale.
Signor Ministro temo di aver colto nel suo intervento una sorta di contraddizione inevitabile - o almeno percepita come tale - tra la globalizzazione, la competitività e la sicurezza. Non credo che tale contrapposizione vi sia o perlomeno dobbiamo lavorare perché che non vi sia. La globalizzazione è un dato di fatto così come la competitività sul mercato globale e dobbiamo far sì che tale situazione sia assolutamente compatibile con la sicurezza. Ci riconosciamo in una tradizione di pensiero che ritiene che la ricchezza non sia solo la distribuzione degli utili agli azionisti, ma sia costituita anche da comportamenti virtuosi i quali si traducono nella dignità e nel rispetto del lavoro [Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)].
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Allasia. Ne ha facoltà.
STEFANO ALLASIA. Signor Presidente, signor Ministro, il gruppo Lega Nord Padania fa le condoglianze ed esprime solidarietà alle famiglie colpite, ma questo non è un atto dovuto o ipocrita. La Lega Nord, da quando la ThyssenKrupp è entrata in crisi, ha svolto la propria azione politica, sia a livello parlamentare sia a livello territoriale. Dal primo momento, la Lega Nord si è resa conto che vi era una situazione di discrasia tra enti locali, parti sociali, sindacati, Governo e proprietà. Da ciò, sfortunatamente la scorsa settimana è scaturito un incidente terribile.
Signor Ministro, su una tragedia del genere lei ha svolto una relazione sterile, ha fatto solo propaganda. Infatti, ha parlato per l'ennesima volta di contratti interinali, di precariato e di tutte le situazioni che da sempre voi di sinistra state portando avanti contro le politiche di cui realmente il nostro Paese ha bisogno. Si dovrebbe vergognare parlando, proprio nella sua relazione, di saldo positivo e in attivo della vostra politica sul lavoro e sulla sicurezza. Mi hanno colpito enormemente la situazione e le sue parole sui procedimenti penali. La procura ha sicuramente aperto un fascicolo, andranno avanti la procedura e l'iter della giustizia, ma purtroppo, come abbiamo constatato negli scorsi decenni, in Italia tali procedimenti saranno vanificati dalle tempistiche e dalle lungaggini burocratiche. Inoltre, lo scorso anno, come primo atto, avete compreso nell'indulto l'omicidio colposo per infortuni sul lavoro, perciò tale reato è stato ulteriormente «depenalizzato». Pertanto, ha ben da lavorare la procura di Torino sulle cause che hanno portato all'incidente. Infatti, poi tali lavori saranno vanificati da un eventuale vostro indulto o dall'inefficacia della giustizia a causa delle predette lungaggini. Quindi, nel suddetto atto non vediamo nulla di buono.
Da quando è successo l'incidente, ci è parso molto strano che il livello mediatico si elevasse così ad alto spettro, forse per nascondere i veri colpevoli o per evitare di ricordare le migliaia di persone che ogni anno muoiono sul lavoro, direttamente o indirettamente. Nella sua relazione, signor Ministro, ha portato alla luce un gran numero di dati sui morti sul lavoro, però le ricordo che nel 2006, con il suo Governo, gli incidenti sul lavoro sono aumentati notevolmente. Tali incidenti sono dovuti anche alla vostra politica sull'immigrazione, mi perdoni la digressione. Infatti, facendo introdurre sul nostro territorio immigrati comunitari o extracomunitari che non hanno alcuna coscienza della sicurezza che si impone sul nostro territorio, inevitabilmente gli incidenti aumenteranno. Dal primo momento dopo l'incidente, la Lega Nord si è domandata le motivazioni per cui si è arrivati ad un disastro del genere.
Personalmente ho svolto subito alcune riflessioni e ho posto alcune questioni da portare all'attenzione dei lavoratori e di questa Assemblea. Sicuramente parte della colpa è degli enti locali perché ricordo benissimo che nel 2005 la regione, laPag. 29provincia e il comune di Torino, governati e amministrati dalla sinistra, hanno regalato 72 milioni di euro alla FIAT; perché tali somme non sono state investite nel settore della sicurezza sul lavoro, dato che lei, signor Ministro, ha anche ricordato che si tratta di una competenza regionale? Perché proprio gli enti di controllo regionali (l'ARPA, l'ASL o l'INAIL) non hanno effettuato i controlli e non hanno messo i sigilli alla fabbrica prima che avvenisse il disastro? La domanda sorge spontanea: cosa intende fare il Governo? Signor Ministro, lo dica a noi e non solo ai lavoratori della ThyssenKrupp, ma anche alle migliaia di lavoratori che attendono le vostre leggi sulla sicurezza del lavoro.
Secondo noi, parte attiva di questo disastro sono i sindacati, perché negli ultimi decenni abbiamo osservato che i sindacalisti hanno iniziato a far politica e hanno smesso di tutelare il lavoro e i lavoratori; pensano, piuttosto, a venire a sedere sugli scranni più alti delle due Camere o dei Ministeri e non pensano più ai lavoratori che ormai sono ostaggio dei padroni (come li chiamate voi), ma ancor di più della globalizzazione. Proprio sul tema della globalizzazione anche gli enti locali sono stati latitanti perché hanno consentito che si iniziasse una delocalizzazione verso altre città, in questo caso italiane, della ricordata multinazionale. Dai giornali di oggi abbiamo appreso che proprio i lavoratori scampati al disastro avevano segnalato - lo hanno affermato anche altri colleghi intervenuti prima di me, che forse hanno più coscienza di lei, Ministro, della situazione del lavoro italiano in fabbrica - che da anni nella fabbrica di cui si tratta la sicurezza latitava e avevano denunciato l'inadempienza dell'azienda alle ASL, agli altri organi competenti e ai propri sindacati.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
STEFANO ALLASIA. Ma i sindacati cosa hanno fatto? Nulla, perciò noi continuiamo a ribadire che avete lasciato morire quei lavoratori! Una soluzione ci potrebbe essere e, come è già stato affermato, è relativa ai Fondi di investimento dell'INAIL, che si aggirano intorno ai 12 miliardi di euro e che, ogni anno, sono attribuiti al Ministero dell'economia e delle finanze. Occorrerebbe, invece, sottrarre queste somme a tale Dicastero, per consentire al Ministero competente di riappropriarsene, al fine di reinvestirle nella formazione e nella cultura della sicurezza perché, come si è sottolineato, manca in Italia, nel Bel Paese, la cultura della sicurezza (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Gloria Buffo. Ne ha facoltà.
GLORIA BUFFO. Ciò che è accaduto a Torino è atroce e sono atroci tutte le morti sul posto di lavoro, dove ci si reca per guadagnarsi da vivere e non per morire, come sanno bene le famiglie, gli amici e i colleghi delle vittime e dei feriti, ai quali esprimiamo tutta la nostra solidarietà. Noi però, in questa Assemblea, sapevamo tutto ciò che gli italiani hanno appreso, in molti casi per la prima volta, dalla televisione, ossia che spesso si lavora in condizioni infernali, che se si guadagna poco, si fanno troppi straordinari, che la paura di restare senza lavoro fa accettare condizioni e rischi inaccettabili e, inoltre, che la sicurezza è sulla carta, ma spesso non è nella fabbrica, né nel cantiere.
Poiché lo sapevamo tutti - naturalmente con responsabilità diverse, perché non siamo tutti uguali - chi lavora oggi si sente solo ed esprime una rabbia giustificata. Il Ministro ha affermato che quella di Torino non è un'impresa del sottoscala. È il lavoro che nel nostro Paese, in questi anni, è finito nel sottoscala e a noi spetta, se vogliamo agire in modo serio, di farlo tornare al piano nobile, per il bene dell'Italia.
A noi spetta impedire che questa e tutte le altre vicende che accadono tutti i giorni finiscano all'italiana. Alla legge, che in questa materia è buona, segue una pessima pratica. All'ondata di emozione e di indignazione seguono molte parole e poi il solito tram tram.Pag. 30
Noi di Sinistra Democratica sappiamo bene che il buco nero non sta anzitutto nelle norme in materia di sicurezza. Sui cantieri si è cominciato ad agire molto positivamente in questa legislatura. La normativa generale sulla sicurezza, costituita dal decreto legislativo n. 626 del 1994, doveva essere migliorata e aggiornata, nonostante fosse buona, e il Parlamento lo ha fatto. Inoltre, poiché occorre emanare i decreti attuativi, è bene farlo presto e bene, rafforzando le scelte giuste. In particolare, chiediamo di rendere operative al più presto l'esclusione dei lavoratori precari e degli apprendisti dalle mansioni considerate pericolose nei primi tre mesi di lavoro, l'assunzione di un numero congruo di ispettori delle ASL e del Ministero del lavoro, norme che impongano di indicare i costi della sicurezza in modo distinto nelle gare d'appalto, nonché il rafforzamento del ruolo dei rappresentanti della sicurezza sul lavoro.
Sappiamo bene che non è solo dalla legge su questa materia che dipendono la sicurezza e la salute sul lavoro. Esse dipendono dall'orario. Occorre subito una legge che definisca l'orario massimo giornaliero, oltre che settimanale e mensile. Gli italiani sono rimasti ammutoliti, quando hanno appreso dai telegiornali quante ore lavoravano gli operai della ThyssenKrupp. Sapevamo di aver recepito la norma europea sull'orario di lavoro, senza specificare la necessità di un limite giornaliero.
Ho trovato poco morale che qui qualcuno abbia provato a scaricare sui sindacati responsabilità che non hanno. Signor Ministro, non le nascondo che dai banchi in cui siedo abbiamo giudicato male e contrastato le norme volute dal Governo per favorire gli straordinari. È una scelta che va nella direzione sbagliata, perché non aiuta a redistribuire il lavoro e a qualificarlo.
Comunque, noi lavoriamo costruttivamente, affinché sull'orario di lavoro si approvi un provvedimento impegnativo in tempi rapidi.
Bisogna spingere anche nella direzione di un aumento dei salari e delle retribuzioni, attraverso i contratti da rinnovare, tramite la restituzione del fiscal drag (e bene si è fatto a prenotare l'extragettito del prossimo anno in questa direzione) e chiedendo, in un Paese dove da molti anni i profitti sono molto cresciuti e i salari molto calati, che le imprese, oltre a pretendere gli incentivi, facciano la loro parte sul piano della redistribuzione della ricchezza.
Inoltre, bisogna subito introdurre la responsabilità sociale di impresa verso i lavoratori esternalizzati. Mi riferisco ad una norma della legge n. 30 del 2003. La responsabilità di impresa è un tema moderno, di cui in Italia si discute poco. Si discute moltissimo di tasse, ma pochissimo di responsabilità sociale delle imprese. In questa sede, sarebbe poco dignitoso entrare in polemica sulla legge n. 30 del 2003, ma non sfugge a nessuno che le regole del mercato del lavoro nel nostro Paese non vanno nella direzione giusta. Esse non scoraggiano a sufficienza il contrasto agli incidenti e non si occupano di promuovere adeguatamente la qualità del lavoro, oltre che la dignità delle persone. Allo stesso modo, è nemico dei lavoratori il ritmo massacrante e, come affermavo prima, l'orario senza limiti chiari, perché ciò rende più debole anche la contrattazione.
Per tagliare le gambe alle morti bianche bisogna aprire un'altra stagione in cui porre al centro la condizione di lavoro, la salute e la qualità, messe in secondo piano da anni di deregulation ma anche di timidezza del centrosinistra e di subalternità diffusa, per esempio nei mezzi di comunicazione, ad una cultura dove la competitività consisteva e consiste ancora nello «stringere» il lavoro, anziché investire in un sistema produttivo e della conoscenza degni di un Paese moderno.
Quando parliamo di tutela e dignità del lavoro, valori assoluti e beni pubblici, non stiamo parlando di qualcosa di diverso dal «caso italiano», perché il declino passa anche da qui: un ruolo residuale dell'Italia nell'economia internazionale e in quella europea è anche figlio del trattamento misero riservato al lavoro.Pag. 31
È positivo il fatto che il Consiglio dei Ministri abbia discusso le proposte avanzate dai Ministri della Sinistra Arcobaleno. Vorremmo sapere se quelle proposte diventeranno fatti - riguardo all'orario, ai rami d'azienda, agli straordinari - perché ciò gioverebbe all'Italia, non ad una parte politica.
Per voltare pagina occorre un salto visibile, che resti e produca frutti.
Infine, esprimo una notazione amara: Mediaset ha interamente dedicato una trasmissione al tema (mi riferisco alla trasmissione di Matrix); la RAI ha promesso, annunciandolo anche nei telegiornali, un'intera puntata di Ballarò, che nei fatti, ieri sera, per tre quarti si è concentrata sul chiacchiericcio politico di giornata (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo).
Il servizio pubblico, di cui siamo editori, è chiamato a ben altro ed il Parlamento dovrebbe ricordarglielo. Anche ciò rientra nei nostri doveri (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e Comunisti Italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Pedica. Ne ha facoltà.
STEFANO PEDICA. Signor Presidente, anche il gruppo Italia dei Valori esprime la propria solidarietà ai familiari e il cordoglio per le vittime. Ringrazio il Ministro per l'attenta esposizione.
Oggi ci troviamo a discutere e a confrontarci sul tema della sicurezza nei luoghi di lavoro, a seguito dell'ennesima tragedia che ha colpito alcuni lavoratori nel nostro Paese.
Purtroppo non è la prima volta che accade e se non vogliamo che il dettato costituzionale, secondo il quale l'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro, diventi una formula per un vacuo esercizio di pura retorica, è giunto il momento di agire presto ed in maniera efficace.
Ritengo doveroso riportare in quest'Aula alcuni brevi e significativi estratti di una lettera dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza dell'acciaieria della ThyssenKrupp di Torino, inviata al nostro partito, Italia dei Valori, e pubblicata nel nostro sito www.Italiadeivalori.it, che sintetizza egregiamente la questione.
Onorevoli colleghi, chiedo di riflettere su quanto sto per leggere: è una lettera autografa e ci deve far riflettere, tutti, su quanto non abbiamo fatto, considerato che proviene dai lavoratori.
Cito testualmente per estratto: «Sappiamo che questi operai lavoravano ininterrottamente da dodici ore e che la fabbrica era in dismissione, anche se vi lavoravano ancora duecento operai. La cosa ancora più grave è che, in uno stabilimento di un'azienda come la ThyssenKrupp, vi fossero tre estintori vuoti, gli idranti rotti, e che non funzionasse nemmeno il telefono interno per l'emergenza. Ci chiediamo: ma dove sono i controlli?». La lettera continua: «Noi lavoratori lo andiamo ripetendo da tempo, peccato che nessuno ci ascolti: mancano i controlli, perché i tecnici della prevenzione delle ASL sono meno di duemila in tutta Italia...». Signor Ministro, lo scrivono gli operai! «...E con tante aziende da controllare manca la cultura della sicurezza del lavoro; manca la formazione e l'informazione ai lavoratori; manca la certezza della pena».
Un collega prima ha fatto riferimento a volumi di cinquecento pagine secretati: questa è un'altra vergogna che bisogna mettere davanti ai nostri occhi, come egli ha sostenuto.
«Concordiamo pienamente» continuano a scrivere «con il discorso del Capo dello Stato: "Non basta fare le leggi ma occorre che le norme vengano applicate. Conta molto anche l'impegno delle imprese, dei sindacati e degli stessi lavoratori che devono essere sufficientemente in grado di difendere se stessi dai rischi sul lavoro". Lo andiamo dicendo da tempo che non basta solo la legge n. 123 del 2007 per risolvere i problemi della mancata sicurezza sul lavoro che ci sono nelle aziende. Concludiamo con questa proposta: perché, per iniziare, non si sbloccano le assunzioniPag. 32dei tecnici della prevenzione così da poterne assumere degli altri? Attendiamo risposte».
Questa è una lettera che sicuramente sarà arrivata anche al signor Ministro. È una lettera, signor Ministro, che non ha bisogno di commenti ma che ci deve impegnare tutti. Nessun partito si deve sentire escluso da questa responsabilità e ci dobbiamo sentire partecipi di queste disgrazie se non variamo una legge che preveda delle tutele. Ha fatto bene il Governo a riferire immediatamente in Aula sull'accaduto ma ovviamente ciò non basta e non deve bastare. Il rispetto, onorevoli colleghi, per il mondo del lavoro ci impone una responsabilità che deve unire tutti i rappresentanti delle istituzioni al di là degli schieramenti politici, sia i rappresentanti dei Governi di oggi sia quelli del passato; deve unire sia l'attuale opposizione che la maggioranza per recuperare il ritardo accumulato in materia di sicurezza sul lavoro che è indegno in un Paese civile. Su questo aspetto è necessario compiere ogni sforzo nella direzione dell'affermazione di una piena legalità. Vanno svolti controlli e vanno controllati i controllori, perché purtroppo alcuni si fanno pagare, si fanno corrompere e questo rappresenta un altro disastro.
Quante morti sul lavoro conosciamo? Troppe! Ma quante non sono mai, né mai verranno conosciute, signor Ministro? Onorevoli colleghi, ricordo che abbiamo votato in fretta la legge sulle morti bianche per farla applicare subito e per inviare gli ispettori a controllare immediatamente l'applicazione delle misure di sicurezza. Oggi, inoltre, apprendiamo positivamente la notizia dei 200 o 300 ispettori in più. Malgrado ciò, gli ispettori sono pochi, sono troppo pochi per le tante aziende che lavorano. Noi vogliamo che questi ispettori vengano a controllare immediatamente l'applicazione delle misure di sicurezza. Oggi, invece, siamo qui a constatare che proprio l'assenza di questi ispettori e la mancata applicazione della legge ha provocato quest'ultima strage che segue quella di Cassino, di pochi giorni fa, quella precedente di Mantova e innumerevoli altri episodi. Noi stiamo piangendo dei morti e le condoglianze rappresentano sempre un atto di vergogna che ci dobbiamo responsabilmente accollare sulle nostre spalle. È necessario mettere in campo una serie di controlli di cui è fondamentale accettarne i costi: la vita dei lavoratori non è una questione di compatibilità economica. Dai controlli deve seguire l'accertamento delle responsabilità e successivamente l'applicazione di sanzioni e pene severe ma soprattutto certe. Avevo invocato l'intervento in Parlamento del Governo e registro - lo ripeto - con soddisfazione il suo pronto intervento, onorevole Ministro, ma abbiamo bisogno, l'Italia, il nostro Paese ha bisogno urgentemente, da subito, da ieri, da sempre, di più ispettori che diano un senso alla legislazione che ritengo adeguata e che deve solo essere applicata. Tutto ciò è quello che dobbiamo alle vittime del lavoro, ai loro familiari, alla collettività di un Paese che vuole ritenersi civile (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Turci. Ne ha facoltà.
LANFRANCO TURCI. Signor Presidente, signor Ministro, il gruppo de La Rosa nel Pugno si associa, innanzitutto, al cordoglio per le vittime dell'incidente sul lavoro alla ThyssenKrupp di Torino ed esprime solidarietà alle famiglie, ai compagni di lavoro. Anche noi, tuttavia, non vogliamo sottrarci ad illustrare alcune considerazioni avviate con l'introduzione del Ministro Damiano. Si potrebbe dire in prima battuta che siamo di fronte ad un altro grano di quel rosario infinito di vittime del lavoro che ogni giorno, ogni settimana, ogni mese, dobbiamo elencare nei nostri bollettini più tristi.
In questo senso si potrebbe anche fare una considerazione storica - come ci ha proposto il Ministro Damiano - valutando i dati storici dei morti sul lavoro, dagli oltre 4.600 del 1963 ai 1.303 del 2006. Tuttavia, si tratta sempre di una tragica e triste statistica a cui non possiamo rassegnarci, perché, se è vero che in quel caloPag. 33storico dei morti sul lavoro vi è il segno di un progresso sociale, civile e anche tecnologico, è pur vero che, ancora oggi, il numero di morti è assolutamente inaccettabile, date le possibilità che vi sono in termini tecnologici, sociali e legali per contenere in modo molto più significativo questo dato che accompagna la nostra vita economica e sociale.
Ciò che ha colpito, più di ogni altro aspetto, nella vicenda di Torino è il contesto in cui questo incidente si è svolto. Torino è per tutti noi, per tutti gli italiani la capitale storica dell'industria moderna italiana anche se certamente la stessa ha vissuto la trasformazione in una città prevalentemente terziaria, e vi sono stati tutti i cambiamenti che conosciamo. La ThyssenKrupp è un gruppo a livello mondiale tra i più forti nella produzione dell'acciaio che vanta di posizionarsi sulla frontiera più avanzata della tecnologia in tale settore (basti vedere il sito Internet di questo gruppo multinazionale). Per di più il Ministro Damiano ci ha ricordato che l'impianto di Torino non è, appunto, il sottoscala dove si producono, magari in nero, prodotti di lusso per i grandi marchi della moda mondiale, e non è neanche uno dei tanti cantieri edili sui quali meritoriamente il Governo, il Ministro e il Ministero del lavoro e della previdenza sociale hanno svolto un'attività proficua nell'ultimo anno sulla base dei dati che ancora oggi sono stati ricordati.
Non è così. In questo caso si tratta di un'azienda e di un'impresa storica torinese sindacalizzata, con lavoratori non in nero e con lavoratori non precari; tuttavia, in questo contesto, è avvenuto un incidente così drammatico che, per alcuni aspetti, per la sua dinamica, nonché per le inadempienze che ha messo in evidenza è assolutamente inaccettabile e incredibile.
In questo bel contesto che abbiamo ricordato e dietro questi nomi così altisonanti vi è un capannone industriale che per molti aspetti ci ricorda più un'azienda cinese, di quelle che vediamo quotidianamente nei documentari sulla vita industriale del miracolo economico cinese di questi anni, piuttosto che un'azienda di quelle che dovrebbero essere classiche nell'industria storica e tradizionale dell'Italia, dell'Europa, in particolare di quella moderna.
Come è possibile tutto questo? Mi viene in mente di parafrasare un vecchio titolo: La Cina è vicina. Ma quello era il titolo di un film con aspirazioni rivoluzionarie, mentre qui non stiamo evocando la Cina della rivoluzione, ma quella della sua rivoluzione industriale con dati così gravi in termini di libertà sindacali, di condizioni del lavoro e di vita delle masse popolari di quel Paese. Pertanto, credo che - per commentare questa situazione, colleghi - il problema non si risolva continuando a scrivere pagine di letteratura sulla scomparsa della centralità del lavoro, in particolare di quello dipendente, e del lavoro industriale. Questo è un dato di fatto che ha che fare con i cambiamenti sociali, con il passaggio dal secondario al terziario, e con tutte le condizioni che conosciamo. Difficilmente evocando quella letteratura, degli anni Settanta e Ottanta, possiamo trovare una risposta a questi problemi.
La questione, al di là della centralità o meno del lavoro e del lavoro industriale, ha a che fare, forse in termini più modesti ma più significativi, con il problema della responsabilità d'impresa. Non possiamo accettare che le imprese si misurino unicamente sul valore e sulla produzione del valore per i loro investitori, per i loro azionisti e sugli stipendi multimiliardari che si pagano ai loro manager. Un'impresa, prima di tutto, ha una responsabilità sociale verso coloro che la animano e che vivono all'interno di quell'impresa e che la fanno vivere e produrre. È significativo che, per esempio, oggi sui giornali noi possiamo leggere questa stessa valutazione dal punto di vista di due autori fra di loro molto diversi. Da un lato il professor Gallino, un critico notoriamente di sinistra della realtà industriale e sociale del nostro Paese, che ci ricorda però che l'aspetto centrale della questione ha a che fare con la cultura manageriale, tecnica e dirigenziale, e con la sensibilità o meno della suddetta nei confronti dei temi dellaPag. 34sicurezza sul lavoro. Un altro commento, nel quale troviamo gli stessi concetti espressi con parole diverse, proviene da un autore diverso come Cipolletta, che è cresciuto nel mondo della Confindustria. Egli tuttavia offre una valutazione davvero analoga a quella appena illustrata, quando oggi, per esempio, dichiara: «Abbiamo una legislazione che appare adeguata, abbiamo organi di controllo, abbiamo la capacità di elaborare procedure per la prevenzione degli incidenti, ma non vi è abbastanza cultura nel testare queste procedure, che spesso non sono prese sul serio come si dovrebbe. In altre parole in Italia è carente la cultura di avversione al rischio, spesso considerato un prodotto del caso più che un prodotto dei comportamenti umani».
Credo che, se ci concentriamo su tali valutazioni, abbiamo la chiave per rispondere ai problemi drammatici che la vicenda di Torino sta evocando e che ci richiama alla nostra sensibilità e anche alla nostra responsabilità.
Voglio ricordare che il gruppo Thyssen, il 4 dicembre scorso, ha fornito i dati di bilancio dell'ultimo anno. Ebbene la ThyssenKrupp, nell'ultimo anno, ha aumentato del 27 per cento i suoi profitti e dell'8 per cento il giro d'affari. Bisogna capire quante situazioni come quella di Torino sono celate dietro questi dati. Spero che siano poche; ma anche se fosse l'unica situazione di questo genere, è inaccettabile.
È inaccettabile che un'azienda, solo perché è destinata ad essere traslocata, viva gli ultimi anni della sua vita trattando i suoi lavoratori e gli stessi impianti come lo strofinaccio per lavare i piatti. Non è assolutamente accettabile in termini di civiltà del lavoro e di civiltà di impresa.
È ciò che dobbiamo ribadire con forza e con nettezza alla luce della tragedia di Torino per esprimere non solo la solidarietà morale e anche materiale dovuta alle vittime di quell'incidente, ma anche per cercare tutte le vie d'uscita, chiamando in causa prima di tutto le responsabilità sociali relative.
Bene fa il Ministro Damiano a dare attuazione anche più tempestiva alla recente legge di riordino di tutte le norme sulla sicurezza del lavoro, ma chiamiamo in causa le responsabilità, prima ancora dei controlli pubblici, e le responsabilità imprenditoriali e dirigenziali che si manifestano in casi come questo (Applausi dei deputati del gruppo La Rosa nel Pugno).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Vacca. Ne ha facoltà.
ELIAS VACCA. Signor Presidente, la rabbia dei lavoratori e dei parenti delle vittime è stata indirizzata non soltanto verso l'impresa che scelleratamente ha consentito che quelle morti e quei ferimenti si verificassero, ma è stata indirizzata anche al sistema della politica e alle rappresentanze degli stessi lavoratori. Quella protesta e quella rabbia dimostrano che la misura è colma e che si sta rompendo qualcosa anche nel rapporto tra i lavoratori e chi ne ha la rappresentanza nella sede politica e nella sede sindacale.
Adesso non è pensabile che dai banchi dei Comunisti Italiani giunga un intervento limitato al cordoglio ed al rammarico per la strage consumata alla ThyssenKrupp di Torino. Non è pensabile che accada né sarebbe conseguente alla nostra azione in questo anno e mezzo di partecipazione all'azione di Governo.
Mentre altri, anche all'interno della stessa maggioranza - dando conto e seguito a ciò che mediaticamente appariva sui provvedimenti che hanno dato il massimo della popolarità al Governo e alla maggioranza stessa - si occupavano del progressivo spostamento dell'attenzione dai temi del lavoro salariato e del lavoro nelle fabbriche a quelli della tutela del consumo, si andavano costruendo i presupposti per tragedie come quella di Torino.
Mentre la politica, inseguita o forse alimentata dal sistema mediatico, si preoccupava un po' troppo delle ricariche dei telefonini, si andava costruendo la tragedia che è accaduta a Torino. Si costruiva passo dopo passo, nella iniquità di norme:Pag. 35alcune proposte per fortuna - come dirò - non giunte ad approvazione, altre lasciate galleggiare nel brodo di coltura di una società che si preoccupa molto e sempre di più di come si debba disciplinare la spendita del denaro e molto meno si preoccupa del sudore e anche del sangue versato per guadagnare quel denaro.
Ci si è preoccupati, ad esempio, di detassare lo straordinario: vorrei ricordare che gli operai che sono morti erano alla quarta ora di straordinario, cioè alla dodicesima ora di lavoro in quella giornata. In questo modo l'impresa potrà assumere meno lavoratori e potrà far lavorare di più quelli che ha in forza, i quali, a loro volta, saranno felici di poter arrotondare un salario il cui potere di acquisto è ridotto quasi della metà rispetto a un decennio fa.
Arrotonderanno il salario lavorando oltre i limiti della ragionevolezza e oltre i limiti dell'umanamente possibile per sopravvivere e per cercare di impedire che i loro figli debbano vivere il loro stesso destino. Svolgeranno quel lavoro a rischio - tutto a loro carico - della loro salute e della loro vita nel tentativo di rendere migliore il destino dei loro figli o di renderli semplicemente orfani.
Come gruppo dei Comunisti Italiani abbiamo operato nel concreto. Vorrei ricordare, per esempio, che con il concorso di tutti i deputati delle forze della sinistra vi abbiamo indotto a modificare radicalmente una norma: l'articolo 19, al Capo II recante Ulteriori misure per le imprese, del cosiddetto decreto Bersani-bis, dove si prevedeva perfino che la possibilità di attestare la conformità e la sicurezza di impianti fosse affidata ad un professionista e all'autocertificazione dell'impresa. Cosa avremmo da dire oggi se avessimo approvato quella norma di fronte alla tragedia della ThyssenKrupp? Che l'impresa era stata particolarmente affidabile nell'autocertificarsi la sicurezza degli impianti o che si erano serviti di qualche professionista particolarmente illuminato?
Noi ci siamo sempre opposti a questo tipo di cose e lo abbiamo fatto in tempi non sospetti, quando le tragedie ancora non si erano consumate. Abbiamo denunciato il pericolo insito nell'affidamento ai privati di tale potere di certificazione; abbiamo operato anche sul Protocollo welfare per cercare di non limitare il diritto al prepensionamento dei lavoratori usurati; abbiamo chiesto più risorse per gli ispettori del lavoro e per gli ispettori tecnici del lavoro; abbiamo lavorato con tutta la maggioranza per giungere al punto più alto - come ha già affermato qualche collega prima di me - e cioè all'approvazione della legge che contiene anche deleghe al Governo in materia di sicurezza sul lavoro.
Noi abbiamo fatto di questi temi la cifra della nostra azione politica. Quante cose i Comunisti Italiani hanno dovuto ingoiare (come si dice in questi giorni), pur di portare al centro dell'attenzione le tematiche relative al lavoro! In ogni occasione opportuna, abbiamo portato al centro dell'agenda politica il tema delle condizioni materiali dei lavoratori. E il tema legato al loro salario e alle condizioni materiali della loro vita è legato anche a quello della sicurezza, perché non è accettabile che una questione sia legata all'altra in termini di proporzionalità inversa. Vuoi avere più soldi per campare i tuoi figli e la tua famiglia? Devi accettare di fare quattro ore di straordinario! Devi accettare che la tua impresa, che non vuoi che chiuda, operi in condizioni di insicurezza! Devi accettare le condizioni di lavoro che in quell'impresa ti sono imposte! Puoi anche lasciare le mani sotto la pressa, ma questo evidentemente fa parte delle regole del gioco!
A proposito di regole del gioco: considerato che, a fronte di un incremento dell'8 per cento del volume d'affari - come ricordava poc'anzi il collega Turci - vi è stato un incremento del 27 per cento dei profitti, sarei proprio curioso di sapere se questo incremento dei profitti è stato investito per caso in pubblicità, piuttosto che in sicurezza, e a quali logiche di mercato certe aziende devono rispondere.
Anche personalmente, ho sempre contestato la definizione di «datore di lavoro» in capo a chi fa impresa avvalendosi del lavoro. Anche appropriarsi in questoPag. 36modo selvaggio del linguaggio è un cattivo servizio al mondo del lavoro. Nella nostra cultura politica di comunisti, il lavoro lo danno gli operai, gli altri lo prendono, lo organizzano e lo utilizzano per produrre profitti in un sistema di mercato. Gli operai danno il lavoro e sono gli stessi operai che, quando la politica si distrae e non realizza le condizioni cogenti per l'impresa, insieme al lavoro, purtroppo, qualche volta danno anche la loro vita.
Vi è, evidentemente, un conflitto di interessi forte e pesante nella nostra società e il Governo e il Parlamento devono assumersi la responsabilità di ristabilire condizioni che, prima della legge n. 30 del 2003, erano previste costituzionalmente ed applicate con legge ordinaria. La legislazione sul lavoro, quella in materia di turni, di orario di lavoro, di straordinario, infatti, è sottratta - e deve essere sottratta - alla disponibilità dei lavoratori e della contrattazione. Non esiste una contrattazione vera, non è un mercato vero, perché vi sono una parte forte e una debole. E la parte forte, a volte, impiega lavoratori immigrati - che hanno, in questo modo, l'unica possibilità di garantirsi il soggiorno in Italia - e crea un mercato del lavoro distorto, in cui la gente è disposta a lasciare le mani sotto le presse sempre di più, perché queste sono le condizioni e il rapporto fra il mondo dell'impresa e il mondo del lavoro in questo Paese.
Noi non accettiamo in alcun modo di limitarci al semplice cordoglio. Svolgiamo semplicemente un rilievo e un'osservazione: esistono modi, anche a seguito dell'approvazione di quella legge, attraverso i quali il Governo può fare più in fretta e deve fare più in fretta.
Lo ricordo perché, in questi giorni, stiamo valutando il cosiddetto «pacchetto sicurezza»: un immigrato rumeno uccide una donna e si attuano le espulsioni di massa dei rumeni presenti in questo Paese; nelle fabbriche muoiono una o più persone al giorno ma, evidentemente, questo non è altrettanto motivo di urgenza. Noi non siamo in questo Governo né in questa maggioranza per tollerare questo stato di cose (Applausi dei deputati dei gruppi Comunisti Italiani e Rifondazione Comunista-Sinistra Europea)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Pellegrino. Ne ha facoltà.
TOMMASO PELLEGRINO. Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, a nome dei Verdi esprimo cordoglio alle famiglie degli operai coinvolti negli incidenti di Torino e la nostra vicinanza ai feriti, ai quali auguriamo una pronta guarigione. Ringrazio il Ministro per la puntuale relazione.
Si tratta dell'ennesima strage sul lavoro di persone innocenti. Ci troviamo di fronte all'ennesima violazione criminale delle norme. Il fenomeno degli incidenti sul lavoro raggiunge, in Italia, livelli elevati e drammatici. I morti sul lavoro sono circa 1.300 l'anno (774 solo nei primi nove mesi di quest'anno), mentre gli inabili al 100 per cento - a causa di infortuni avvenuti in anni precedenti - sono quasi 8.000. Viaggiamo, insomma, ad una media di tre morti sul lavoro ogni giorno.
Sono d'accordo con lei, signor Ministro: dobbiamo aprire una seria riflessione sul ruolo della centralità del lavoro e soprattutto della qualità della sicurezza nei luoghi di lavoro. Il Parlamento ha approvato leggi importanti in materia di sicurezza sul lavoro, ma evidentemente non sono state sufficienti o, quanto meno, ci dobbiamo preoccupare maggiormente di far rispettare quelle leggi che tante e troppe volte vengono eluse.
Tutto questo perché il tema della sicurezza sul lavoro, per molte aziende, non rappresenta una priorità, ma soltanto una voce di costo e un investimento economico eccessivo. Bisogna intensificare i controlli perché occorre far radicare, nella mentalità delle aziende, la cultura della tutela del lavoratore. Tale tutela non può più essere discrezionale, ma dev'essere un dovere, un impegno e, soprattutto, una certezza per il lavoratore. Trovo inaccettabile che il personale delle ASL, addetto al controllo della sicurezza sul lavoro, abbia la possibilità - come purtroppo accade -Pag. 37di avere contratti di consulenza con le stesse imprese che dovrebbe controllare.
Signor Ministro, le chiedo che il Governo si adoperi immediatamente per eliminare questo vergognoso fenomeno. Penso che sia arrivato il tempo di essere concreti e coerenti, soprattutto sui temi che riguardano la tutela dei lavoratori. Basta con l'arroganza di talune grandi aziende come la ThyssenKrupp! Nel mondo del lavoro esistono diritti che non possono essere discrezionali e il rispetto di questi diritti dev'essere sacrosanto! Basta con la logica del profitto, che mette in secondo piano il rispetto della persona umana e il rispetto dei diritti del lavoratore.
Non possiamo far finta di nulla di fronte all'arroganza e alla minaccia di perdere il lavoro per tanti giovani e tanti cittadini, che si trovano costretti ad accettare tutto. Il nostro dovere - in qualità di istituzioni - dev'essere quello di aiutare questi giovani, questi cittadini, per far sì che i diritti fondamentali non continuino ad essere calpestati.
Tutto questo, chiaramente, dev'essere accompagnato anche dalla certezza del lavoro, che non significa nient'altro che avere certezze per il proprio futuro. Trovo assurdo che, nonostante in passato si siano verificati incidenti simili, la ThyssenKrupp sia rimasta completamente indifferente, senza investire nulla - lo ripeto: nulla! - per la sicurezza dei lavoratori.
Certamente, questo Governo si sta muovendo con molta determinazione per mettere un freno a questa inaccettabile strage continua: è aumentato il personale ispettivo, così come i controlli, e si sta lavorando in modo concreto per l'emersione del lavoro nero. Tuttavia, è necessario muoversi in tempi più rapidi e in modo più incisivo, in quanto è evidente che tutto ciò che finora è stato messo in campo, è ancora insufficiente.
Bisogna costringere le imprese ad investire in sicurezza. Servono maggiori risorse finanziarie ed umane. È indispensabile inasprire le sanzioni in presenza di criminali violazioni delle norme. Bisogna rafforzare e rendere più capillari i controlli nei luoghi di lavoro, occorre combattere il lavoro nero e la precarietà del lavoro, così come è indispensabile rivedere tutta la normativa sugli appalti e sui subappalti, che consente di aggirare le norme contrattuali e quelle sulla sicurezza.
Questo Governo e questa maggioranza hanno compiuto un passo decisamente importante con l'approvazione del Testo unico sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. La legge è strutturata con norme in parte già operative e in parte rinviate ad una delega al Governo. Si rende necessaria un'azione per accelerare e rendere operative le parti rinviate alla delega.
In particolare, occorre introdurre una norma tesa ad escludere i lavoratori apprendisti e precari da tutte le mansioni considerate pericolose entro i primi tre mesi di lavoro; rendere operative le attività di coordinamento e controllo attraverso l'assunzione di ispettori delle ASL e l'ulteriore assunzione, laddove necessario, di ispettori del Ministero del lavoro; occorre l'istituzione di un coordinamento di tutti i soggetti che operano sul territorio in capo ai presidenti delle province, in materia di prevenzione e repressione, al fine di razionalizzare e rendere efficienti le attività di controllo; occorre rendere operativa, quanto prima, la norma relativa alla disciplina sugli appalti che impone l'indicazione dei costi della sicurezza in modo distinto e trasparente all'interno della gara; occorre rendere immediatamente operativo il sistema sanzionatorio, rafforzare il ruolo e la competenza dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, stabilire l'incompatibilità, per i medici, tra compiti di vigilanza e consulenza per le aziende.
È necessario, altresì, che il Governo vari un provvedimento che definisca l'orario massimo di lavoro su base giornaliera, settimanale e mensile. In assenza di misure in materia, le parti sociali impegnate nella contrattazione lavoreranno molto per porre dei limiti e, di conseguenza, intervenire sul rapporto tra orari e sicurezza.Pag. 38
È, inoltre, eccessiva la precarietà e la deregolamentazione dei rapporti di lavoro che comporta inevitabilmente la poca preparazione e professionalità del personale, in quanto molte volte, non adeguatamente formato e informato.
Indubbiamente, la precarietà e il lavoro nero rappresentano un terreno fertile per gli incidenti sul lavoro. Ecco perché in Italia bisogna intensificare il contrasto al lavoro precario e al lavoro sommerso. Queste, per noi, rappresentano priorità per poter affrontare la piaga degli infortuni sul lavoro e delle morti bianche.
Il nostro auspicio è che la magistratura faccia chiarezza, al più presto, sulle responsabilità dell'accaduto. Per chi viola le leggi in materia di sicurezza sul lavoro, bisogna adottare delle pene severe. Il nostro impegno deve essere quello di adoperarci, tutti, affinché non si verifichino più tali tragedie e contemporaneamente, realizzare interventi a sostegno delle famiglie delle vittime, che non devono in alcun modo sentirsi abbandonate dalle istituzioni (Applausi dei deputati del gruppo Verdi - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Capotosti. Ne ha facoltà.
GINO CAPOTOSTI. Signor Presidente, onorevole Ministro, onorevole rappresentante del Governo, onorevoli colleghe e colleghi, certamente, a nome del mio gruppo, Popolari-Udeur, non posso che associarmi alle dichiarazioni di cordoglio per le famiglie delle vittime e al senso generale di frustrazione e impotenza che, oggi, mi sembra serpeggiare e accomunare un po' tutti in quest'Aula, in presenza di un fenomeno luttuoso di siffatte proporzioni.
Ringrazio il Governo per la relazione oggettivamente puntuale e precisa, che mi permetterei di collegare, in un certo qual modo, all'ultimo rapporto del Censis sullo stato socioeconomico del Paese e che ritengo debba essere letta in una prospettiva più ampia.
Oggi, viviamo in un Paese difficile, in cui la finanza guadagna somme immense, la privatizzazione dei servizi pubblici locali si è trasformata, anch'essa, semplicemente in un'operazione di finanza (con un aggravio di costi a carico dei cittadini e dell'utenza di oltre il 30 per cento, senza nessuna maggiore efficienza, anzi). Viviamo una realtà sociale in cui un artigiano, dopo quarant'anni di lavoro usurante (qualsiasi cosa possa dirsi, conosco tanti muratori e si tratta di un lavoro usurante), va in pensione con 750 euro; viviamo una realtà in cui il lavoro per i giovani è spesso visto - come afferma lo stesso rapporto - semplicemente come un ostacolo alla spinta principe, una realizzazione sociale che si può determinare mediante fenomeni diversi. Abbiamo assistito al cosiddetto fenomeno dei «furbetti del quartierino» e viviamo la grande spinta verso alcune prestazioni televisive - esprimiamoci così - che garantiscono grandi possibilità finanziarie.
È dunque evidente che viviamo in una realtà in cui c'è una distonia profonda tra capitale e lavoro, tra finanza e produzione. Il tema è caro anche alla letteratura cattolica; ricordo che San Tommaso, ad esempio, risolveva il problema in modo molto semplice: vietando il prestito di denaro (e quindi vietando che la finanza, di per sé, fosse remunerativa) costringeva il capitale ad impiegarsi nella produzione e quindi faceva in modo che profitto e guadagno fossero la stessa cosa.
Certamente non possiamo tornare al Medioevo, però, dobbiamo guardare, alla luce delle considerazioni e dell'esperienza che ci viene dal passato, a ciò che stabilisce la Carta costituzionale. Essa celebra il lavoro come fenomeno e mezzo per l'elevazione - liberazione, direi - del soggetto, per la sua piena realizzazione e per una libera esistenza dignitosa per sé e per i propri familiari.
È allora evidente che dobbiamo fare un'operazione radicale nel recuperare giustamente quella che viene definita una cultura del lavoro, un riposizionamento, direi, ontologico nel sistema per stabilire che il lavoro è l'unico effettivo quadro,Pag. 39perno, cardine del nostro sistema; l'unica modalità che consenta alle persone di liberarsi.
Dunque non credo si tratti - lo dico con una discreta cognizione di causa: vengo da Terni, città sede della ThyssenKrupp; quindi, conosco bene la dirigenza e la situazione della multinazionale - di cedere all'onda emotiva oggi e magari, tra tre o quattro giorni, dimenticarsi della vicenda. Occorre piuttosto prendere atto di un fenomeno, non tanto seguire l'onda punitiva, atteso che abbiamo una legislazione che penso sia ormai tra le più puntuali e anche severe d'Europa; non si tratta di punire, ma di prevenire e ciò deve avverarsi mediante un recupero di funzione.
L'apprendistato non è un peccato mortale, è solo una modalità con la quale i giovani vengono avvicinati al lavoro. È evidente che si presta a doppie interpretazioni perché può essere sfruttato, o in chiave economica per lucrare, o correttamente, in chiave sociale, per avviare un soggetto al lavoro e per insegnargli a destreggiarsi tra difficoltà e rischi.
Si tratta di un piccolo esempio di ciò che vorrei intendere con il concetto di recupero della centralità del lavoro. Tutto il nostro sistema è costruito sul tema della libertà e della solidarietà; le persone si liberano realizzandosi nel lavoro, conseguendo, quindi, anche una dimensione sociale ed economica diversa.
È evidente che dobbiamo, quindi, riportare nei fatti la finanza alla produzione e, in quell'ambito virtuoso, recuperare una giusta soddisfazione economica anche per i dipendenti.
Non credo, signor Ministro, che il problema riguardi in larga parte le multinazionali: l'85 per cento della forza economica nazionale è rappresentata, infatti, da un sistema di piccole e medie imprese. Conosco le multinazionali, so che hanno bilanci organizzati e vedremo cosa deciderà la magistratura, ma non credo esista un peccato originale tale da far sì che un consiglio di amministrazione di un'azienda di dimensione ultra nazionale decida di risparmiare 50 euro su un estintore o su quant'altro.
Il pensiero, però, va a quell'insieme gigantesco di piccole e medie imprese in cui non esiste un consiglio di amministrazione, un addetto alla sicurezza, un capo del personale, la sindacalizzazione, la struttura fissa. Se possono accadere tragedie come questa a questo livello, cosa può mai accadere a livelli meno garantiti? Quindi, insisto: non si tratta di punire ferocemente dopo, ma, atteso che le responsabilità vanno appurate dalla magistratura e che esiste una legge severa che va applicata senza sconti (ci mancherebbe!), si tratta di recuperare una funzione gioiosa del lavoro, una funzione di libertà.
Ho letto che la stragrande maggioranza degli incidenti sul lavoro si verifica di lunedì.
È evidente che tale dato significa che la domenica si avverte la necessità e l'esigenza quasi di stordirsi, per dimenticare qualcosa cui si torna il lunedì in condizioni difficili. Si tratta di spie di un sistema in difficoltà, orientato diversamente rispetto agli orizzonti fissati dalla Carta costituzionale.
Ringrazio ancora il signor Ministro per l'ottima relazione, che condivido assolutamente. Lo invito a prendere atto di tutti gli elementi che compongono il sistema nazionale e del fatto che occorre assolutamente, per conseguire un risultato efficace, rimettere in discussione i criteri intorno al fenomeno del lavoro.
Non è possibile che il sogno dei diciottenni sia fare il «furbetto del quartierino», anziché realizzarsi nel lavoro. Grazie per l'attenzione e buon lavoro (Applausi dei deputati del gruppo Popolari-Udeur)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Barani. Ne ha facoltà.
LUCIO BARANI. Signor Ministro, a differenza dei miei colleghi non mi associo al ringraziamento per la buona relazione che ha fatto. Ha reso un'informativa che giudico insufficiente, che «boccia», di fatto, questo Governo proprio nel campoPag. 40della prevenzione, perché la prevenzione non va confusa con leggi repressive. È tutt'altra cosa!
Lei ha ragione su un punto, signor Ministro, quando dice che occorre la cultura della prevenzione. Ma quest'ultima non si impone ritenendo tutti uguali, con l'abbassamento dei livelli lavorativi in Italia, ma va vista proprio attraverso l'innalzamento e la diversificazione, favorendo la meritocrazia, la professionalità, gli aggiornamenti, l'attitudine al singolo lavoro.
Non ci scandalizziamo per le ore di straordinario, quando sono necessarie, se fatte da personale competente e capace professionalmente. Ci scandalizziamo quando si fanno fare a degli incompetenti e a degli incapaci delle ore di straordinario con le quali mettiamo a rischio la loro salute ed incolumità.
Guardi, signor Ministro, che questo Governo, nel momento stesso in cui, anche tramite il Ministro Di Pietro, afferma che tutte le gare di appalti pubblici devono essere fatte al massimo ribasso, espone i lavoratori al rischio. E guardi che il rischio non emerge solo da quanto rappresenta la punta dell'iceberg ovvero dalle morti: vi è anche quel milione di infortuni che vengono denunciati ogni anno all'INAIL. È questo il grosso «tumore», che esiste, della mancanza di prevenzione in Italia.
Se invece le gare di appalto venissero svolte sulla base di un capitolato serio, basato sulla prevenzione, che premiasse chi presenta il progetto di prevenzione migliore, questo sì vorrebbe dire avere una cultura della prevenzione.
Gli stipendi dei lavoratori e degli operai andrebbero diversificati, in modo che chi si aggiorna, sta attento, si adopera a rispettare nei processi lavorativi le norme e le leggi, e quindi non mette a rischio la sua incolumità e quella dei compagni di lavoro, sia premiato anche da un punto di vista salariale.
Invece, chi disattende le norme abitualmente, non solo va ripreso, ma va retrocesso, anche dal punto di vista economico; analogamente, con riferimento a tutte quelle imprese e aziende che hanno troppi infortuni sul lavoro, non vanno inflitti soltanto una semplice multa o anni di reclusione al datore di lavoro. Proviamo a impedire a tali aziende, dopo un certo numero di infortuni, di partecipare a gare pubbliche e proviamo, quindi, ad attribuire loro degli indici negativi per partecipare alle gare di appalto.
In questo modo, signor Ministro, si radica la cultura della prevenzione, che è diversa. Signor Ministro, lo sa che tutti gli studenti italiani sono considerati lavoratori dal decreto legislativo n. 626 del 1994?
E lei lo sa che questi «lavoratori» che sono i nostri figli, lavorano ovvero studiano in scuole non idonee, l'80 per cento delle quali dovrebbero essere chiuse? È quindi addirittura lo Stato che si concede le deroghe per permettere agli studenti di continuare a frequentare quel tipo di istituti che sono, potrebbero essere causa di danno per la mancanza delle più elementari misure di sicurezza. Quindi è lo Stato stesso che dovrebbe essere condannato e additato per non avere cultura di prevenzione; e come fa lo Stato e questo Governo, che non hanno questa cultura, a dire alle aziende che devono averla? Ma basterebbe fare applicare il decreto legislativo n. 626 del 1994! Signor Ministro, sono specialista in medicina del lavoro, e gli ispettori del Ministero e le ASL non applicano il decreto legislativo n. 626 da nessuna parte, è inapplicabile! È inapplicabile perché manca questo tipo di cultura, e chi ha una cultura massimalista non può capire la cultura riformista di prevenzione tipica della mentalità socialista, riformista e liberale, che cerca di diversificare nel senso di valorizzare i meriti e i bisogni! È in questo che noi riteniamo di dover contribuire in questo momento. Certo, proviamo dolore per le famiglie che hanno subito i quattro decessi, ma anche per le famiglie che devono aspettare con ansia il famoso diciottesimo - circa - giorno, perchè le morti da incidente di questo tipo, si hanno nelle quarantotto ore o dopo quindici-diciotto giorni.Pag. 41
Noi siamo vicini a queste famiglie. Ovviamente, non vogliamo fare di ogni erba un fascio, ma diciamo che va portata avanti la cultura della prevenzione. Le dico, signor Ministro, che se in quel momento, quando è successo l'incidente, ci fossero stati tutti gli estintori funzionanti, se in quel momento ci fossero stati i vigili del fuoco con le pompe pronte per spegnere l'incendio, l'incidente, che è stato causato da un tubo flessibile rotto che ha avuto un getto di fuoco, di olio minerale, sarebbe successo ugualmente. Bisognava quindi verificare perché quel tubo si fosse rotto, eppure al controllo per la prevenzione erano presenti anche le organizzazioni sindacali, che dovevano controllare. Quindi, ciò significa che si è trattato veramente di un incidente che doveva essere evitato, ma da una prevenzione condotta sul materiale, sul ciclo lavorativo, sull'ammodernamento degli impianti. E allora i fischi alle organizzazioni sindacali, la marcia di operai e lavoratori con la rabbia e la disperazione per le vittime sono da ritenersi propedeutici, per chi deve recepirli, a che si riconosca di dover cambiare marcia e di non doversi adagiare solamente sulle semplici parole di cordoglio senza varare leggi di prevenzione vere e senza applicare quelle esistenti. Si deve cercare di favorire in ogni modo, anche dal punto di vista salariale, tutti coloro che rispettano le normative e le disposizioni, e punire, anche dal punto di vista salariale, anche col licenziamento, coloro che non rispettano questo tipo di disposizioni. Altrimenti, è poi inutile piangere: è meglio essere impopolari - ma sapere che si è tutelata la sicurezza sul lavoro dei nostri padri, dei nostri fratelli, dei nostri figli - che non poi fare dei cortei e piangere ed essere disperati.
È questo il contributo che noi socialisti del gruppo DCA-Democrazia Cristiana per le Autonomie-Partito Socialista-Nuovo PSI le abbiamo voluto dare, perché non ci vogliamo piangere addosso ma la invitiamo a compiere tutti gli step, ad assumere tutte le iniziative normative per portare avanti una cultura della prevenzione.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
LUCIO BARANI. Quindi, se Rifondazione Comunista, signor Ministro, l'ha rimandata a gennaio per la verifica, noi invece la «bocciamo» subito nel campo della prevenzione.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Salerno. Ne ha facoltà.
ROBERTO SALERNO. Signor Presidente, La Destra si unisce al dolore delle famiglie, dei parenti e degli amici dei lavoratori della fabbrica torinese. Essa «boccia» la relazione del Ministro, il quale - ahimè! - con tale relazione ha assunto un altro mestiere: anziché quello del Ministro, quello del giornalista. Noi non abbiamo bisogno di sentirci dire quali sono i problemi ampi e globali della mondializzazione del lavoro: abbiamo bisogno, invece, che il Ministro risolva i problemi concreti dei lavoratori.
Da qualsiasi angolazione la si guardi, la strage di Torino non può passare come una fatalità o una disgrazia: i lavoratori sono morti per circostanze che potevano e dovevano essere evitate e prevenute; sono morti per responsabilità che - lo vedremo - saranno gravi e rilevanti. Non è accettabile che vi siano notizie secondo le quali gli estintori erano vuoti e le bocchette antincendio non erano collegate all'acquedotto: ciò è straordinariamente vergognoso. La Destra chiede e vuole giustizia.
Come al solito, ciò ci porta a rilevare un dato quasi endemico in Italia. Quei lavoratori, signor Presidente, erano gente umile: e molto spesso tale umiltà colloca queste persone nel dimenticatoio, poiché esse non contano nulla o contano poco (le sarei grato, signor Presidente, se mi prestasse attenzione, perché parlo di lavoratori caduti sul posto di lavoro). E se così è, purtroppo anche le tutele, la dignità e quindi le sicurezze divengono solamente un fatto formale.
La Destra ha presentato in proposito un'interpellanza urgente che chiediamo venga trasformata in interrogazione a risposta immediata: vogliamo sapere se iPag. 42controllori erano anche consulenti dell'impresa, se erano amici degli amici degli amici, se - come si suol dire - hanno chiuso un occhio. Poiché, signor Presidente, noi non ammettiamo che si possa morire in questa maniera così inaccettabile.
Concludo con una riflessione molto amara. L'acciaieria ThyssenKrupp si trova nel pieno centro di Torino (lei lo sa perché è venuto a visitarla, signor Presidente); è straordinario collegare questa fabbrica ad una città che da sempre è governata dai comunisti e dai post-comunisti, in una provincia che da sempre è governata dai comunisti e dai post-comunisti, in una regione anch'essa governata dai comunisti e dai post-comunisti. Mi chiedo per quale ragione simili realtà totalmente amministrate da queste forze politiche siano quelle che vedono sempre la povera gente e i lavoratori non avere la dignità e alla fine pagare anche con la vita questa mancanza di attenzione.
Infine, un messaggio, signor Presidente. Ho letto una dichiarazione di un esponente del Partito Democratico il quale avrebbe lanciato un appello affinché venga conservato o dato un lavoro alle vedove di questi lavoratori. Mi domando come non ci si vergogni a rilasciare tali dichiarazioni; dopo che hanno pagato un prezzo umano così enormemente alto, si pretende anche di mandare al lavoro le vedove! Si vergogni, questo esponente, e ritiri quello che ha detto, lui e magari tutto il Partito Democratico!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Spini. Ne ha facoltà.
VALDO SPINI. Signor Presidente, come istituzioni dobbiamo sentirci sfidati: il Presidente della Repubblica si è mosso in modo molto autorevole; si è mosso lei, Presidente Bertinotti; il ministro Damiano ha compiuto atti conseguenti. Ciononostante, siamo nella situazione per cui in una fabbrica moderna mancano gli estintori e le bocchette dell'acqua non sono collegate.
Di fronte a questa sfida che viene lanciata nei confronti delle istituzioni, noi dobbiamo reagire incrementando non soltanto i nostri interventi legislativi e normativi, ma anche la nostra presenza. So benissimo che le fabbriche sono domicili privati, ma domando: perché le nostre Commissioni parlamentari non vi intensificano le visite? Perché non suonano il campanello? Perché non creano un clima di vigilanza su questo aspetto? L'Italia ha una Costituzione che non solo presenta un articolo 1 che recita «L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro», ma ha anche un articolo 35 che comincia con «La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni». Ebbene, è evidente che siamo di fronte ad una clamorosa violazione della Costituzione, la legge fondamentale che ci deve regolare.
Sappiamo molto bene che se non si impone e non si afferma una cultura della sicurezza anche le leggi perfette possono diventare «grida». Ma siamo di fronte anche ad un altro dato: quanto si dice e quanto si sottolinea circa l'inviolabilità della vita umana e la difesa della vita, ma poi ci si trova di fronte a fenomeni che mettono in difficoltà ed in pericolo la stessa ed uccidono dei lavoratori! Esse devono costituire veramente un elemento di grandissima priorità per tutti noi. Credo allora che questo dibattito certamente ha senso proprio se partiamo da ciò che concretamente è avvenuto. Non è pensabile che in una città industriale come Torino, presso un'acciaieria che ha il nome celebrato e noto della ThyssenKrupp, mancassero e non fossero in efficienza i più elementari momenti di prevenzione e di intervento antinfortunistico.
Dobbiamo allora affermare con molta chiarezza - lo dico con franchezza, anche se certamente ciò è impopolare - che vanno benissimo il decentramento ed il federalismo, ma occorre allora anche la capacità di assumersi le responsabilità da parte delle autorità decentrate e delle autorità locali. Per carità, non rimpiango i vecchi enti nazionali di protezione infortuni, ma vorrei sapere con chi prendermela quando avvengono eventi simili, ePag. 43vorrei anche che il Governo non avesse soltanto il potere delle parole o dell'iniziativa normativa, ma anche quello di controllo sostitutivo che si possa affermare in condizioni e situazioni di emergenza di tal genere. Credo veramente che oggi, in quest'Aula, dobbiamo sapere che ogni volta che ripetiamo un dibattito di questo genere esso certamente diventa meno credibile. Vorrei allora che tale dibattito non fosse un rituale, ma che da parte nostra attivassimo tutti gli strumenti di conoscenza, di controllo e di intervento sul territorio che producano veramente quella scossa che anche lei, signor Ministro, chiedeva.
PRESIDENTE. Deputato Spini, deve concludere.
VALDO SPINI. È in qualche modo paradossale che un Ministro debba chiedere l'affermazione di una cultura della sicurezza: la cultura della sicurezza deve scaturire dalla base del nostro Paese e responsabilizzarci tutti. Forse anche come Camera dei deputati dovremmo porci il problema, nell'ambito delle nostre possibilità e delle nostre attribuzioni, di farci sentire sul territorio, di fare di più e di affermare anche noi il nostro contributo alla cultura della sicurezza.
PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento dell'informativa urgente del Governo.
Sull'ordine dei lavori (ore 17,30).
PRESIDENTE. Dovremmo ora passare all'esame del disegno di legge finanziaria per il 2008. Ha tuttavia chiesto di parlare il presidente della Commissione bilancio, deputato Duilio.
LINO DUILIO, Presidente della V Commissione. Signor Presidente, intervengo per chiedere una sospensione di un'ora e mezza dei nostri lavori perché, a seguito della conclusione dei lavori del Comitato dei nove, vi è bisogno di svolgere alcuni approfondimenti in relazione a quanto emerso in seno allo stesso Comitato dei nove con il Governo.
LUCA VOLONTÈ. Ancora? Ma non è possibile!
RICCARDO PEDRIZZI. Basta!
LINO DUILIO, Presidente della V Commissione. Chiedo, pertanto, di aggiornare i nostri lavori tra un'ora e mezza.
LUCA VOLONTÈ. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, lei conosce il mio rispetto per le istituzioni, nonché il mio rispetto personale nei confronti del presidente della Commissione bilancio. Sappiamo tutti però, senza alcun infingimento, che la predisposizione dei tre maxiemendamenti è cominciata il giorno stesso in cui si è aperta la discussione generale in Commissione bilancio (Commenti). Indipendentemente dall'attenzione dei rappresentanti del Governo e del presidente della Commissione, mi affido veramente...
PRESIDENTE. Per cortesia, vorrei invitare i colleghi a prestare attenzione agli interventi che riguardano precisamente l'argomento che è stato sollevato. Grazie.
LUCA VOLONTÈ. Evitiamo di irridere con tale modo di lavorare questo ramo del Parlamento. Sappiamo tutti che vi è il bisogno e la necessità che il Governo attenda ancora un'ora e mezza o due - sottosegretario D'Andrea, ce lo dica lei -, ma evitiamo di inventare che vi sono approfondimenti che sappiamo bene non essere ancora stati svolti (e che non saranno svolti) dalla Commissione fino a quando il Governo non avrà scritto i tre maxiemendamenti e questi ultimi non verranno depositati e sottoposti al vaglio di ammissibilità, e domani, nel tardo o nel primo pomeriggio, verrà posta la questione di fiducia, alla faccia della discussione ePag. 44dell'approfondimento sui temi! Signor Presidente, valuti la richiesta del presidente Duilio, ma valuti anche il decoro della nostra istituzione che, come mi ero permesso di sottolineare stamani, non può essere prima insultato con ingiurie istituzionali e poi calpestato con una procedura che, francamente, mette in imbarazzo il più puro tra noi a favore di questa maggioranza.
GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Signor Presidente, ho ascoltato esterrefatto la richiesta del presidente Duilio e voglio rendere noto solo un fatto. Quest'anno ho partecipato, dal primo all'ultimo minuto, all'intera settimana di lavori (ma appellarli in tale modo è per certi versi un eufemismo) della Commissione bilancio. Lei sa benissimo che il ritmo dei lavori non è stato né altalenante né a singhiozzo: si è trattato di un ritmo di non lavoro, caratterizzato da lunghe e ingiustificate pause. Per usare un termine latino che proviene dalla mia professione, che evidentemente non ho dimenticato, si è trattato molto spesso di una sorta di mintio interrupta.
Signor Presidente, lo scorso 4 dicembre - esattamente otto giorni fa - ho assistito ad una serie di vicende e ho ascoltato una serie di interventi, anche in modo casuale, e ho provveduto a denunziarli. Ho dichiarato in tale data, come è riportato nel bollettino dei lavori delle Commissioni, che era già in atto la materiale stesura del maxiemendamento e già se ne percepivano i movimenti. Denunziai allora che si stava svolgendo una pseudo-riunione nella Sala del mappamondo, cui assistevano i deputati e i giornalisti del Paese, ma nel frattempo la vera Commissione stava lavorando. Qualche autorevole membro della maggioranza - mi riferisco, facendo nomi e cognomi, al presidente del gruppo più consistente rappresentato in questa Camera, ossia al capogruppo del Partito Democratico - si dava un gran da fare, andando e venendo, con i documenti in mano e interpellando diversi deputati per capire come ammannire le richieste principali. Allora denunziai tale fatto e le agenzie di stampa lo riferirono regolarmente. Devo aggiungere che il mio amico nonché parlamentare del mio stesso gruppo, onorevole Crosetto, ebbe - con fare incredulo - a smentirmi, affermando che mai e poi mai avrebbe ritenuto veritiera una simile vicenda, tanto più che il Presidente della Repubblica era già intervenuto in merito, ammonendo di non ricorrere alla questione di fiducia in questa occasione.
Tuttavia, devo aggiungere, per onestà intellettuale, che il presidente Duilio affermò in tale data di non essere assolutamente a conoscenza dei fatti, smentendo così che si potesse arrivare ad un esito di tal genere. Ora sembra di capire che invece tutto ciò che avevo denunziato otto giorni fa si sta regolarmente verificando e risponde esattamente al vero. Signor Presidente, chiamiamo le cose con il loro nome! È inutile chiedere rinvii di un'ora o di un'ora e mezza al fine di permettere improbabili riunioni del Comitato dei nove, che non condurranno ad alcun risultato.
Inoltre, mi consenta di svolgere un'ultima considerazione. Poiché si parla tanto dei costi della politica e della necessità di risparmiare anche le spese di funzionamento del nostro Parlamento si sarebbe potuto evitare l'esborso di quattrini per pubblicare gli emendamenti che sono - così come è giusto che sia - a disposizione di tutti. Sarebbe stato meglio se gli emendamenti fossero rimasti su un dischetto, per imperitura memoria, poiché credo che questa farsa sia durata fin troppo a lungo!
TEODORO BUONTEMPO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, non a caso stamattina mi ero riferito all'articolo 8 del nostro Regolamento,Pag. 45appellandomi proprio al Presidente della Camera, quale garante del decoro e del buon andamento dei lavori parlamentari. Signor Presidente, indipendentemente dalla sua volontà, ritengo che presiedere una Camera così ridotta e così trattata dal Governo non sia né piacevole né gradevole e credo che vi sia amarezza, specialmente in chi ha fatto della politica il primato della sua vita. I nostri interventi possono apparire di rito ed inutili. Credo, invece, che non sia mai inutile richiamare ciascun parlamentare alla responsabilità della propria funzione.
Sono indignato non poco nel constatare come il vertice di questa Camera consenta che vengano trattati i deputati della Repubblica, gli eletti dal popolo per garantire legalità nel nostro Paese. Un cittadino comune sa che il nostro Paese è paralizzato dallo sciopero del personale delle società di trasporto privato, è allarmato dal fatto che nel terzo millennio si possa morire sul posto di lavoro come un secolo fa (è avvenuto in America e a Marcinelle), sente sulla propria pelle il pericolo di una emergenza dell'ordine pubblico che lo Stato sembra impotente a fronteggiare. Di fronte a ciò, vede le immagini di questa Camera, da questa mattina prigioniera di un Governo inetto ed incapace, che sta creando solo danni al nostro Paese. La Presidenza della Camera non può essere complice! Il Governo può essere di qualunque colore politico, ma l'autonomia della sede legislativa e del Parlamento è una ricchezza della democrazia, che va e deve andare oltre le coalizioni politiche. Ho svolto interventi del genere anche quando al Governo vi era il centrodestra e quando osservavo che si esagerava nel trattare i deputati come fossero dipendenti del Governo. Oggi il Governo è giunto in questa Assemblea in maniera veramente scomposta. Ha messo a disagio tutti, non si voleva incattivire il dibattito per il nostro decoro.
Signor Presidente, lei sa bene che questo era un programma già fatto e la Presidenza della Camera non doveva consentirlo! Non ci sono ragioni, non ci sono precedenti, non c'è prassi che tenga, perché la prassi non può umiliare il Parlamento. Quindi, siccome si sa che questo ulteriore rinvio non va a beneficio dei lavori parlamentari, la Presidenza dovrebbe respingere tale richiesta, che serve solo allo scopo che sapete: non ci sono ancora i testi, i maxiemendamenti sembra che siano tre, non si capisce bene in quale momento verrà posta la fiducia. Probabilmente, tra qualche momento lei si troverà a farci giocare - uso il termine più nobile possibile - sulle proposte emendative, sapendo che poi, domani mattina, la fiducia non sarà dovuta all'ostruzionismo, né all'opposizione che impedisce di governare, né al fatto che i gruppi di opposizione fanno la loro parte. La fiducia verrà richiesta perché questo Governo ormai è un'emergenza politica di ordine pubblico e porterà il nostro Paese a scontri sociali nelle piazze! I cittadini, infatti, vedono un Governo tutto ripiegato nella tutela del proprio potere! Ho concluso, signor Presidente. Mi auguro che ancora una volta lei faccia qualcosa per svincolare la Presidenza della Camera da questa morsa a tenaglia fatta dal Governo sulle istituzioni.
ALBERTO GIORGETTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ALBERTO GIORGETTI. Signor Presidente, anche il gruppo di Alleanza Nazionale intende denunciare questa situazione particolarmente grave, proprio alla luce delle considerazioni svolte su altri provvedimenti (in particolar modo, penso al decreto-legge collegato al disegno di legge finanziaria) proprio dal presidente Duilio, da diversi esponenti della maggioranza e dell'opposizione. Lei stesso, signor Presidente Bertinotti, sulla posizione della questione di fiducia proprio sul recente decreto-legge, ha richiamato alla necessità di avviare comunque una nuova fase, affermando che il sistema bicamerale veniva di fatto messo in discussione, attraverso un ricorso alla posizione della questione di fiducia da parte del Governo eccessivamente frequente, oserei dire spregiudicato.Pag. 46Quindi, signor Presidente, abbiamo svolto l'esame in Commissione, seppure in tempi molto ristretti. L'opposizione, come lei ben sa, ha sollevato più volte, durante il dibattito e la discussione in Commissione, la necessità di estendere i tempi, di poter approfondire un testo organizzato su un numero di articoli veramente imponente. Più volte ha posto a lei, signor presidente Bertinotti, tale questione. Lei è stato chiamato in causa relativamente alla necessità di approfondire in Commissione in maniera adeguata un testo ancora oggi al nostro esame.
Signor Presidente, francamente non comprendiamo la richiesta del presidente Duilio di sospendere i lavori dell'Assemblea quando la stessa è stata convocata da tempo per iniziare il dibattito sul disegno di legge finanziaria e, come abbiamo sempre fatto in passato, è possibile iniziare a istruire gli articoli e a discutere in Aula. Riteniamo, infatti, che questa sia la sede per il popolo italiano in cui discutere della legge finanziaria e di tutti i provvedimenti di legge. Presidente, l'impressione è chiara: vi è una difficoltà da parte della maggioranza nell'affrontare l'Assemblea, e a fronte di tale difficoltà si chiede la sospensione dei lavori in attesa - è evidente - di un maxiemendamento che il Governo dovrebbe presentare tra pochi minuti o forse tra qualche ora. Signor Presidente, ciò per noi è inaccettabile e chiediamo che si prosegua con l'esame del disegno di legge finanziaria; vogliamo affrontare l'esame degli articoli, ascoltare il parere del relatore e del Governo sugli emendamenti e cominciare ad entrare nel merito delle questioni anche perché ognuno si deve assumere le proprie responsabilità. Se il Governo ha la necessità (e ritiene quindi di assumersene la responsabilità) di porre la questione di fiducia, nonostante i richiami del Presidente della Camera e del Presidente della Repubblica, se ne assuma la responsabilità, ma noi non vogliamo e non possiamo rinunciare ad un ruolo che rivendichiamo e che oggi, nel nostro sistema democratico e costituzionale, è un ruolo necessario.
Presidente non è mai accaduto che si interrompano i lavori ancora prima di iniziarli, in attesa che accada qualcosa di cui tutti stanno dibattendo e di cui tutti ormai sanno, e che concretamente si rinunzi a svolgere la funzione per la quale ci troviamo in questa sede, pagati ed eletti dai cittadini per svolgere il nostro compito. Dunque, signor Presidente, la richiesta è chiara: si cominci dall'esame dell'articolo 1, si affronti il testo di questo disegno di legge finanziaria, si dia il parere sugli emendamenti e si inizi a discutere in quest'Aula; in caso contrario è evidente che è inutile continuare ad appellarci al senso di responsabilità quando poi, quando si presentano le occasioni per affermare fino in fondo un ruolo di dignità del Parlamento, e in particolar modo della Camera dei deputati, anche nel confronto con il Senato, si rinuncia a svolgere tale funzione.
LUCA VOLONTÈ. Bravo!
ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, credo che a fronte della richiesta del presidente della Commissione bilancio di un breve supplemento di tempo per affrontare le ultimissime questioni aperte in relazione alla definizione del testo conclusivo del disegno di legge finanziaria che verrà sottoposto all'Aula, dobbiamo anzitutto considerare - devo dire positivamente - il fatto che, rispetto allo scorso anno, abbiamo avuto (così come abbiamo ora) la possibilità di confrontarci anche con l'opposizione. È ciò che è stato fatto nei giorni scorsi e nelle scorse settimane in Commissione di merito, in relazione al mandato conferito al relatore di riferire all'Assemblea su un testo che è stato ampiamente discusso e modificato, con emendamenti presentati non solo dai colleghi della maggioranza ma anche da quelli dell'opposizione che sono stati fatti propri dalla CommissionePag. 47bilancio; quindi, a differenza dello scorso anno, possiamo discutere su un testo compiuto. Inoltre, non si è fatto ricorso ad alcuna delle modalità che rischiavano di diventare una tradizione non proprio positiva, seguite nella scorsa legislatura, nel periodo di vigenza di una maggioranza diversa dall'attuale...
TEODORO BUONTEMPO. Vergognatevi!
ERMINIO ANGELO QUARTIANI. ...modalità con le quali si è dovuto prendere coscienza di una condizione specifica del Parlamento che da anni è costretto a discutere di manovre finanziare in vigenza di una legge di bilancio che nessuna maggioranza e nessun accordo di carattere bipartisan è sinora riuscito a cambiare.
Abbiamo più volte tentato un accordo anche con l'opposizione per cercare di accelerare il processo di modifica dei regolamenti e delle norme che presiedono alla sessione di bilancio. Non ci siamo riusciti e oggi sono ancora vigenti un Regolamento antiquato e una condizione di discussione e di votazione delle leggi finanziaria e di bilancio che dura tre mesi, che si trascina nel tempo, fatta più di azioni emendatarie che di responsabilità del Governo di fronte al Parlamento e del Parlamento di fronte al Governo, affinché siano evidenti le scelte e gli indirizzi che devono essere compiuti di fronte al Paese.
Tuttavia, credo che dobbiamo apprezzare il fatto che quest'anno la conduzione della sessione di bilancio abbia consentito di approdare ad una manovra composta da un decreto-fiscale, da un disegno di legge che ha consegnato al Paese, facendolo proprio, il Protocollo sul welfare, che è stato oggetto di discussione e di accordo tra il Governo e le parti sociali e da un disegno di legge finanziaria assai impegnativo, che, peraltro, per la prima volta, non impone sacrifici a carico di una serie di categorie, ma è in grado di determinare condizioni di sviluppo per il Paese, a favore delle famiglie, delle imprese e anche di un'azione di carattere redistributivo nel Paese.
LUCA VOLONTÈ. Non è un comizio questo, però!
ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Penso che questi aspetti debbano essere apprezzati insieme all'apprezzamento che, da parte mia e del mio gruppo - e credo anche di tutta l'Aula - non può non andare al modo in cui la Presidenza della Camera ha gestito questi lunghi tre mesi di discussione e di confronto, che ci hanno consentito di giungere - siamo in dirittura d'arrivo - a formulare e discutere un disegno di legge finanziaria e altre norme incluse nel pacchetto complessivo della manovra finanziaria, che consegneranno al Paese una condizione sicuramente più avanzata, sul piano sia del bilancio dello Stato sia delle condizioni economiche in cui versano la nostra società e la nostra economia.
LUCIO BARANI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCIO BARANI. Signor Presidente, non intendevo intervenire, ma l'intervento di mera ipocrisia del collega Quartiani, che abbiamo appena ascoltato, non può che trovarci in disaccordo e provocare disappunto.
Signor Presidente, se ciò che abbiamo ascoltato fosse propedeutico ad una discussione della manovra economica, qualunque essa sia, in Parlamento - non dimentichiamo che la manovra finanziaria è stata presentata in Parlamento dal Governo, quindi se la dicono, se la fanno e se la modificano - potremmo concedere anche due, tre o quattro ore. Tuttavia, in ascensore, due ore fa, ho avuto la sfortuna di imbattermi in tre blocchi di maxiemendamento del Governo. Li ho toccati e, alla domanda che ho rivolto sul perché vi fossero tre blocchi, mi è stato risposto: perché intendiamo porre tre questioni di fiducia.
Io sono un neofita, ma mi sembra un paradosso, visto che ho assistito de visu a questo oltraggio perpetrato ai danni del Parlamento. Sento questa filippica dall'onorevolePag. 48Quartiani, secondo cui si pensa al Paese, quando invece troviamo un Paese in ginocchio, discutendo fino a poco fa anche di morti. Egli ci viene a dire che si vuole continuare l'accanimento terapeutico su un Governo che non ha più la maggioranza nel Paese e che cerca di tenere insieme i cocci per una mera questione di divisione del potere. Noi lo respingiamo completamente. Sarebbe stato apprezzato e apprezzabile se non vi fosse l'intenzione di porre la questione di fiducia, ma mi dicono addirittura che vi saranno tre voti di fiducia. A questo punto, chiedo al Presidente della Camera di salire sul colle e di recarsi dal Presidente della Repubblica per comunicargli che in Parlamento non esiste più la maggioranza a favore di questo Governo, perché la manovra finanziaria non l'abbiamo proposta noi.
Quindi i maxiemendamenti non riguardano nostre, ma vostre proposte, su cui non vi trovate d'accordo; d'altronde, tutto il Paese non è d'accordo con voi.
PRESIDENTE. Assistono ai nostri lavori gli allievi e gli insegnanti dell'Istituto di Arcevia, in provincia di Ancona, che saluto e ringrazio per la loro presenza (Applausi).
IGNAZIO LA RUSSA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
IGNAZIO LA RUSSA. Onorevole Presidente e onorevoli colleghi, da qualche anno sono parlamentare, per volontà degli elettori - naturalmente, si dice così - e tante volte ho assistito alla posizione della questione di fiducia in occasione dell'approvazione della manovra finanziaria; quindi, so che ogni volta l'opposizione protesta, si scandalizza e la maggioranza sostiene che la pone per evitare l'ostruzionismo dell'opposizione: il voto di fiducia si è verificato molte volte.
Anche questa volta si sarebbe potuta muovere una critica serrata, maggiore di quella mossa in passato, perché il Presidente della Repubblica aveva affermato che non avrebbe più consentito voti di fiducia di tale genere, ma alla fine tutto si sarebbe svolto nella normalità dell'anormalità delle discussioni sulla manovra finanziaria.
Stavolta vi è qualcosa di nuovo però, signor Presidente: lo testimonia la richiesta di sospensione dei lavori.
La verità è che l'attuale maggioranza non intende passare all'esame degli articoli: normalmente si avvia la discussione sugli articoli e poi ad un certo punto il Governo decide di presentare uno o più maxiemendamenti e si interrompono i lavori per consentire agli uffici di verificare l'ammissibilità di tale maxiemendamento.
Questa volta, tuttavia, non siamo neanche nella condizione di partire con il normale esame degli articoli e, nel frattempo, assistiamo ad una vera e propria pantomima di un Governo morto e sepolto, incapace di presentare - ormai da cinque ore! - una benché minima parvenza di maxiemendamento.
Sappiamo - lo sanno tutti - che i maxiemendamenti saranno tre; sappiamo che dovremmo cominciare a votarli venerdì, ma così facendo il ritardo non dipenderà da un ostruzionismo che non c'è o da altri lavori che non vi sono: dipende solo da un'inconsistenza totale dell'attuale Governo.
Dunque, signor Presidente, apprezzo il suo desiderio di non lasciarci in Aula a «menare il can per l'aia» (infatti è ciò che stiamo facendo, da oggi, naturalmente con l'eccezione delle drammatiche notizie sulle quali ha riferito il Governo).
Credo che, anziché sospendere, l'azione migliore da compiere sia quella di passare immediatamente e anticipare il momento dell'informativa del Governo relativa alla vicenda dello sciopero degli autotrasportatori: se non altro, ci occupiamo di un problema serio e importante, accomunato alla manovra finanziaria dall'incapacità del Governo di affrontarlo e risolverlo (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Ciò mi sembra molto saggio.
LINO DUILIO, Presidente della V Commissione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LINO DUILIO, Presidente della V Commissione. Signor Presidente, visto che siamo all'inizio del percorso che ci porterà ad esaminare il lavoro svolto in Commissione, voglio innanzitutto dare atto a tutti i colleghi dell'opposizione del lavoro che è stato compiuto, anche dall'opposizione, cioè dare atto del lavoro di collaborazione che si è sviluppato. Sostengo inoltre che è proprio per valutare opportunamente il lavoro cui siamo pervenuti che ho chiesto una procrastinazione.
PRESIDENTE. Poiché il presidente Duilio ribadisce la richiesta di rinvio di un'ora e trenta e il deputato La Russa ha avanzato la proposta di passare allo svolgimento dell'informativa urgente del Governo, mi pare che entrambe le proposte possano essere accolte.
Informativa urgente della Governo sulla protesta in atto da parte degli autotrasportatori e sui relativi effetti (ore 18).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di un'informativa urgente del Governo sulla protesta in atto da parte degli autotrasportatori e sui relativi effetti.
Avverto che, dopo l'intervento del rappresentante del Governo, interverranno i rappresentanti dei gruppi in ordine decrescente, secondo la rispettiva consistenza numerica, per cinque minuti ciascuno. Un tempo aggiuntivo è attribuito al gruppo Misto.
Naturalmente vale ciò che ho prima accennato, vale a dire che il rinvio richiesto fa sì che alle 19,30 riprenderà la discussione sul disegno di legge finanziaria.
(Intervento del sottosegretario di Stato per i trasporti)
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il sottosegretario di Stato per i trasporti Andrea Annunziata.
ANDREA ANNUNZIATA, Sottosegretario di Stato per i trasporti. Signor Presidente, onorevole deputati, il fermo in corso dei servizi dell'autotrasporto, previsto dal 10 al 14 dicembre di quest'anno, è stato proclamato dalle seguenti associazioni: Cna Fita e Confartigianato trasporti. Per riassumere le ultime fasi della vertenza è bene rammentare i passaggi che seguiranno. Con comunicazione del 14 novembre scorso le associazioni suddette hanno proclamato il fermo dei servizi. Con lettera del 20 novembre il Ministro convocava tutte le associazioni dell'autotrasporto per un incontro avente per oggetto il disegno di legge finanziaria per il 2008, ma con una missiva del 21 novembre le associazioni Cna Fita, Confartigianato trasporti, Fai, Fiap L, Sna Casartigiani e Unitai hanno presentato una piattaforma di rivendicazioni, rendendosi indisponibili a partecipare all'incontro organizzato presso il Ministero dei trasporti e chiedendo una convocazione presso la Presidenza del Consiglio.
A seguito dell'incontro avvenuto in data 23 novembre 2007 tra il Governo e le altre associazioni dell'autotrasporto che non sostengono il fermo, il Ministero, con lettera del 27 novembre e pubblicata sul sito istituzionale, ha illustrato l'attività del Governo per il settore in ottemperanza agli impegni assunti con la categoria in occasione del protocollo del 7 febbraio del 2007 (tra l'altro si rammenta che delle associazioni che hanno presentato la nuova piattaforma solo la Cna Fita ha siglato il Protocollo del 7 febbraio 2007). Con lettera del 29 novembre le associazioni firmatarie della Piattaforma, nel non dichiararsi soddisfatte sia dello stato del settore che della politica del Governo, ribadiscono la richiesta di un incontro a Palazzo Chigi, denunciando una scarsa attenzione per i problemi dell'autotrasportoPag. 50e segnalando che eventuali trattative si sarebbero dovute concludere entro il giorno 4 dicembre 2007 per evitare il fermo. Con lettera del 6 dicembre il Ministro Bianchi dà un aggiornamento delle ultime iniziative governative - in particolare per il costo del gasolio - riguardanti le ulteriori risorse per il settore da inserire con un emendamento alla legge finanziaria nonché del documento di trasporto previsto nel decreto collegato alla manovra finanziaria 2008.
In data 7 dicembre il Governo ha convocato tutte le associazioni dell'autotrasporto per il giorno 11 dicembre; il 10 dicembre alle ore 00.00 le associazioni firmatarie della Piattaforma hanno iniziato il fermo dei servizi, considerando tardiva la convocazione per arrestare la macchina organizzativa. Ricordo a tal proposito che le stesse organizzazioni erano già state convocate per il giorno 20 novembre. Il giorno 11 dicembre solo le associazioni firmatarie della piattaforma hanno abbandonato i lavori che proseguono nel frattempo con le altre associazione di categoria. Lo stesso 11 dicembre il Ministro dei trasporti, per delega del Presidente del Consiglio, accertata la gravità del pericolo per la collettività derivante dalle manifestazioni degli autotrasportatori che spesso in alcuni casi hanno violato non solo il codice di autoregolamentazione, ha ordinato la fine del fermo nazionale dei servizi di autotrasporto dalle ore 24 di questa notte.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
PIERLUIGI CASTAGNETTI (ore 18,02)
ANDREA ANNUNZIATA, Sottosegretario di Stato per i trasporti. Pur risultando una certa adesione al fermo, è risultato che le denuncie avanzate dalle altre associazioni di autotrasporto che hanno proseguito la trattativa con il Governo circa l'esistenza di azioni intimidatorie nei confronti degli autotrasportatori si sono rivelate veritiere come dimostrano i vari fermi effettuati dalle forze dell'ordine, tra cui quello di un presidente di un'associazione del settore. A dimostrazione che i problemi che gravano sul settore sono ben noti vi è da dire che ancor prima dell'inizio dei fermi è stato approvato un emendamento al disegno di legge finanziaria per la sterilizzazione dell'accisa sul prezzo del carburante.
In estrema sintesi le richieste della piattaforma di rivendicazioni, da parte di queste associazioni che hanno richiesto e determinato il fermo, sono: aumento delle risorse finanziarie per il settore, da utilizzare anche per i costi di esercizio, sino alla cifra di 575 milioni di euro; mantenimento dell'attuale regime di accesso alla professione che scade il 31 dicembre 2007; fissazione di termini temporali tassativi per il pagamento dei servizi.
Le risorse finanziarie previste invece nel disegno di legge finanziaria per il 2008 sono: 120 milioni di euro per agevolazioni fiscali, deduzioni forfetarie; 80 milioni di euro per sconti sul costo dell'assicurazione degli autoveicoli; 77 milioni di euro per il trasporto combinato strada-mare; 20 milioni di euro per il trasporto combinato strada-rotaia. Inoltre, dalla piattaforma di proposte che il Governo ha offerto alle associazioni che hanno proclamato il fermo vi è, tra le altre misure che elencherò successivamente, la possibilità - credo che sarà prevista in un maxiemendamento che verrà presentato alla Camera alla legge finanziaria - di stanziare 30 milioni di euro, sempre per i pedaggi, 20 milioni per la riforma, e una somma calcolata di quasi 100 milioni per le accise.
Come affermavo, dal 12 dicembre si è aperto il tavolo di confronto, e ciò ha consentito al Governo di proporre, in data odierna, alle associazioni che hanno proclamato il fermo la piattaforma che sto per illustrare. Devo dire che sugli stessi punti stiamo lavorando da tempo anche con la Consulta dell'autotrasporto dove, negli ultimi tempi, qualche associazione ha fatto mancare il numero legale.
Le proposte del Governo sono le seguenti: rendere obbligatoria l'adozione di schemi di contratto di riferimento per i diversi tipi di rapporto tra vettore e committente; riservare la possibilità di stipularePag. 51contratti continuativi ad aziende che forniscano il servizio con almeno il 30 per cento di veicoli propri; attivare presso la Consulta un osservatorio sull'andamento dei costi con funzioni terze che produca report trimestrali; introdurre, nell'ottica di una liberalizzazione regolata e sulla base delle risultanze dell'osservatorio sull'andamento dei costi, una tariffa minima antidumping per la tutela della sicurezza e della legalità da rispettare nello schema di contratto di cui al primo punto, e che garantisca il vettore dagli aumenti del prezzo del gasolio e dei costi di produzione dei servizi; dettagliare il contenuto delle norme del «Collegato trasporti» su scheda di trasporto, prezzo del gasolio in fattura e accesso alla professione delle imprese con veicoli al di sotto delle 3,5 tonnellate; emanare un decreto del Ministro dell'interno su modalità e qualità dei controlli, con particolare attenzione alle procedure applicative nei confronti di vettori stranieri; regolare entro la fine dell'anno le modalità di accesso al mercato secondo lo schema che vi descriverò successivamente; garantire alla categoria la fruizione dei benefici derivanti dall'applicazione delle norme in materia di riduzione dell'accisa sui carburanti per effetto del maggior gettito IVA derivante dall'andamento del prezzo del greggio in euro, introdotto dall'articolo 9-bis del disegno di legge finanziaria approvato dalla V Commissione (Bilancio); garantire che i benefici di cui al punto precedente siano aggiuntivi rispetto alle attuali agevolazioni previste per il settore in tema di accise sul gasolio; in particolare, ove il cumulo delle agevolazioni sull'accisa dovesse superare il limite massimo di agevolazione consentita dalla normativa europea, la differenza sarà destinata a rendere strutturale la riduzione dei pedaggi autostradali; garantire inoltre la certezza della disponibilità delle risorse dell'albo; attivare un tavolo tecnico presso la Presidenza del consiglio per la riforma dell'autotrasporto, che definisca regole certe e misure finanziarie strutturali per il sostegno e lo sviluppo del settore; anticipare la revisione dei nuovi studi di settore.
Le associazioni, al momento, fermo restando aperto il tavolo di confronto, hanno richiesto una pausa di riflessione. Per quanto riguarda l'allegato al quale facevo riferimento vi sono le seguenti proposte: le imprese che intendono esercitare la professione di autotrasportatore di cose per conto terzi, in possesso dei requisiti di onorabilità, capacità finanziaria e capacità professionale ed iscritte all'albo degli autotrasportatori per conto terzi, sono tenute a dimostrare di aver acquisito per cessione di azienda altra impresa di autotrasporto o l'intero parco veicolare, purché composto di veicoli di categoria non inferiore ad Euro 3, di altra impresa che cessa l'attività di autotrasporto per conto terzi, oppure di avere acquisito e immatricolato, nelle forme previste dalla legge, singolarmente o in forma associata, veicoli di categoria non inferiore ad Euro 3 adibiti al trasporto di cose aventi massa complessiva a pieno carico non inferiore a 80 tonnellate.
Signor Presidente, signori deputati, ribadisco che in questo momento è ancora in corso, almeno fino a pochi minuti fa, il tavolo di confronto e che le associazioni che hanno proclamato il fermo hanno richiesto una pausa di riflessione per, eventualmente, revocarlo.
(Interventi)
PRESIDENTE. Passiamo agli interventi dei rappresentanti dei gruppi.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Uggè, che ha scambiato il suo turno con l'onorevole Lovelli a seguito di un accordo tra i gruppi. Ne ha facoltà.
PAOLO UGGÈ. Signor Presidente, a me correrebbe l'obbligo di ringraziare il rappresentate del Governo per l'informativa, se non avessi ascoltato un lungo elenco di impegni assunti nei vari mesi durante i quali si è svolto il confronto tra la categoria degli autotrasportatori e le loro associazioni, da un lato, e il Governo, dall'altro.Pag. 52
Purtroppo, al di là di questo lungo elenco di impegni, quando ho sentito il sottosegretario Annunziata elencare i nuovi impegni che il Governo ha preso, sono andato a rivedermi l'accordo del 7 febbraio di quest'anno e, ancora prima, l'accordo del 20 ottobre 2006. Potrei leggere al sottosegretario e ai colleghi gli stessi impegni assunti in quell'occasione, dove il Governo si impegnava ad aprire tavoli, a verificare le opportunità, ad approfondire e ad identificare le vie di uscita con riferimento ai temi riguardanti questo settore.
Mi pare che il Governo stia rappresentando una situazione che, tra l'altro, non tiene conto di quanto sta accadendo nel Paese. Forse il sottosegretario e il Ministro non ascoltano i telegiornali e non leggono i giornali, ma il Paese praticamente è paralizzato.
Qualcuno può, forse, pensare che questa iniziativa di grande adesione sia solo il frutto di taluni facinorosi, come il sottosegretario ha tentato di farci credere? Oppure non è, invece, il frutto di una condivisione forte da parte delle imprese? Infatti, sono coinvolte due associazioni del mondo dell'artigianato, tra cui la CNA-Fita - altro che iniziative di carattere politico! - che notoriamente non ha comunione di idee con i partiti di centrodestra. Inoltre, nello stesso senso, in una lettera e in un documento sottoscritto, le critiche della Lega delle Cooperative hanno chiaramente evidenziato al signor Ministro che il rispetto del Protocollo sottoscritto il 7 febbraio era fallimentare.
Alla luce di queste osservazioni quelle associazioni hanno dichiarato il fermo. Altre che rappresentano le imprese hanno preferito consultarsi con le realtà associate; dopodiché, solo dopo aver constatato che da 40 giorni il Governo non cercava di governare un conflitto che poteva esplodere, hanno invitato le loro imprese associate ad aderire all'iniziativa proclamata dalla CNA-Fita e dalla Confartigianato trasporti. Il risultato che ne è venuto fuori è sotto gli occhi di tutti: basta vedere le autostrade che sono praticamente sgombere di mezzi pesanti e che dimostrano che c'è l'adesione, e certamente non è il frutto di quei gruppi a cui il sottosegretario faceva riferimento.
Il sottosegretario mi pare che abbia le idee un po' confuse rispetto a quella che è stata la conclusione del confronto, che non è di pochi minuti fa e non è ancora in corso, ma è di due o tre ore fa. Infatti, un comunicato riportato da un'agenzia di stampa delle ore 16,29 del segretario generale della CNA-Fita, Maurizio Longo, afferma: «Le categorie dell'autotrasporto lasciano Palazzo Chigi» - sono ritornate, signor sottosegretario? - «confermando il blocco dei TIR e riservandosi di valutare il documento presentato oggi dal Governo». Lo ha affermato Maurizio Longo della CNA-Fita conversando con i giornalisti al termine dell'incontro con l'Esecutivo a Palazzo Chigi.
Tale incontro ha dimostrato, ancora una volta, quale sia il reale interesse di questo Governo: non di governare i conflitti né di cercare le soluzioni che evitino al Paese, all'economia e a tanti cittadini di essere coinvolti nelle conseguenze di un'azione indubbiamente dirompente, ma che avviene nel rispetto delle regole del codice di autoregolamentazione in senso generale. Alcuni episodi condannabili si sono verificati e certamente non vi è la copertura per quelle iniziative. Mi rivolgo a coloro - e in questa sede sono molti - che nella propria esperienza precedente hanno svolto attività sindacale.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
PAOLO UGGÈ. Non ritengo che sia un modo di aprire un confronto positivo in una situazione del genere, presentarsi alle associazioni, mettere loro in mano un documento e dire: guardatelo e valutatelo, se lo firmate va bene, altrimenti arrivederci, e poi andarsene lasciando l'incontro. Signor sottosegretario, questo è forse un nuovo modo di concertare? È questo il significato della parola concertazione? Mi sembra che sia un modo singolare di affrontare le questioni tra parti sociali, soprattutto quando siamo in presenza di una determinata situazione che si aggrava ora dopo ora. Credo che probabilmente...
Pag. 53PRESIDENTE. La prego di concludere.
PAOLO UGGÈ. ...il senso di responsabilità delle associazioni degli autotrasportatori sarà dimostrato, ancora una volta, a questo Governo, che si è limitato solo a dare delle indicazioni, e tralascio la ridicola precettazione, prima annunciata dal Ministro e poi smentita questa mattina in una trasmissione televisiva. Così voi pensate di confrontarvi con il mondo dell'autotrasporto e delle piccole imprese, che non hanno altri strumenti che farsi...
PRESIDENTE. Deve concludere.
PAOLO UGGÈ. Queste sono le ragioni per le quali esprimiamo grande delusione sul comportamento del Governo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Lovelli. Ne ha facoltà.
MARIO LOVELLI. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario per l'informativa che ha reso all'Assemblea anche perché - come sappiamo - non bisogna dimenticare, in una circostanza come questa, che, dall'inizio dell'attuale legislatura, l'attenzione del Governo e della maggioranza parlamentare in materia di trasporti e di infrastrutture è stata indubbiamente rilevante sia in termini di interventi finanziari che normativi. Tra questi ultimi, è utile ricordare il recente decreto-legge sulla sicurezza stradale e il disegno di legge sempre in materia di sicurezza stradale, tuttora in discussione in IX Commissione, che ha riflessi rilevanti anche in materia di autotrasporto.
Sul piano finanziario, basterebbe ricordare che il rifinanziamento dei cantieri ANAS e ferroviari è stato uno dei punti iniziali di questa legislatura, insieme al rifinanziamento del piano nazionale per la sicurezza stradale, contenuto nella legge finanziaria per il 2007 e che è uno dei temi di quella per il 2008.
Affermo ciò per ricordare all'Assemblea che nella legge finanziaria in corso, i cui effetti attuativi devono ancora essere del tutto dispiegati, sono stati stanziati complessivamente a favore del settore dell'autotrasporto 790 milioni di euro, cioè 90 milioni di euro in più rispetto allo stanziamento dell'anno precedente, mentre la legge finanziaria per il 2008 ha già dato risposte importanti. Per ragioni di brevità, senza entrare nel dettaglio, ricordo in particolare l'articolo 62 e gli emendamenti che sono stati oggetto di discussione in IX Commissione, tra i quali quelli presentati, in particolare, dal nostro gruppo potranno trovare un'allocazione definitiva - come il sottosegretario ha già anticipato - nel maxiemendamento che sarà presentato dal Governo. Mi riferisco, in particolare, all'aumento dei fondi che riguardano sia la questione dei pedaggi sia quella dell'ammodernamento del sistema.
D'altronde, anche per quanto riguarda il disegno di legge collegato alla legge finanziaria, su cui sono state svolte osservazioni, vorrei ricordare che, naturalmente, il confronto parlamentare, quando inizierà, permetterà di ottenere ulteriori risultati e di approfondire le questioni aperte.
Pertanto vorrei dire, prima di tutto, a chi oggi protesta, che al Governo e alla maggioranza parlamentare sono ben note le problematiche e le ragioni di un disagio che riguarda questa categoria. Si tratta di una categoria di 120 mila operatori, con più di 600 mila veicoli iscritti all'albo e che fa fronte all'85 per cento del traffico merci nel nostro Paese.
Tuttavia, proprio per questo, è necessario che le questioni sul tappeto vengano affrontate con un programma a medio e lungo termine, che affronti le problematiche strutturali del sistema, e con interventi a breve termine, che diano risposte immediate (come quelle misure che ho già ricordato e che sono comunque contenute nel disegno di legge finanziaria).
Tanto per ricordare le cifre - affinché non vengano sottovalutate - è evidente che 77 milioni di euro per l'ecobonus per i prossimi tre anni, 85 milioni di euro per il trasporto combinato, così come 200 milioni di euro di sgravi fiscali e assicurativiPag. 54rappresentano un dato di fatto che va ricordato nel momento in cui affrontiamo la questione.
E vorrei dire questo anche al collega Uggè (mi dispiace che abbia abbandonato l'Aula), perché abbiamo lavorato in modo spesso unitario in Commissione e ora non si può giocare il doppio ruolo...
PRESIDENTE. La prego di concludere.
MARIO LOVELLI. Mi avvio alla conclusione, signor Presidente. Come dicevo, non si può giocare il doppio ruolo, da una parte, di presidente di un'associazione di categoria, e dall'altra, di parlamentare che poi viene in quest'Aula a «soffiare sul fuoco» della contestazione sociale.
Questo non è corretto, non è ammissibile e, a nostro avviso, non è accettabile. Noi pensiamo che si debba lavorare (se possibile, anche con un'assunzione di responsabilità da parte di tutte le forze politiche) per affrontare una situazione che è diventata di emergenza, ma su cui il Governo credo abbia fatto, in buona parte, il suo dovere.
Oggi richiamo tutte le parti in causa, affinché si assumano la responsabilità di far cessare una protesta che ha assunto caratteri inaccettabili dal punto di vista della sicurezza collettiva e della serenità sociale...
PRESIDENTE. La prego di concludere.
MARIO LOVELLI. ...per affrontare poi insieme - e sono certo che, dalla concertazione a Palazzo Chigi, ciò potrà avvenire - i nodi di un sistema che possono essere affrontati, concretamente e in modo risolutivo, nelle sedi parlamentari e istituzionali (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Moffa. Ne ha facoltà.
SILVANO MOFFA. Signor Presidente, onorevole sottosegretario, colleghi, l'autotrasporto italiano è ormai allo stremo, non possiede risorse autonome, è pesantemente indebitato con il sistema bancario e non può neppure uniformarsi alle esigenze di sicurezza e di rispetto ambientale.
All'origine di questa crisi non vi è soltanto (come qualcuno, questa sera, tenta di sostenere) una rivendicazione di natura economica, sia pure importantissima, ma una presa di posizione molto chiara e netta rispetto a quella che è stata la politica della grande committenza, dalle imprese manifatturiere alla grande distribuzione.
La verità è che il tema delle imprese di autotrasporto, fino ad oggi, è stato sempre esaminato su un versante ben definito, dimenticando la ricaduta negativa che oggi stanno soffrendo queste categorie.
Signor sottosegretario, ho ascoltato con attenzione la sua relazione, ma lei non ha detto una cosa importantissima: cioè che il Governo ha incominciato in qualche modo a svegliarsi soltanto dopo il fermo da parte degli autotrasportatori. Io voglio ricordare, soprattutto a me stesso, che quando - durante il precedente Governo Berlusconi - vi fu una minaccia di questo tipo, fu condotto un negoziato a oltranza presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, proprio perché si era consapevoli delle conseguenze che il fermo avrebbe determinato sull'economia generale del Paese, nei confronti dei cittadini e dei consumatori.
Si era consapevoli, cioè, che si trattava di un negoziato che avrebbe dovuto essere affrontato con grande serietà, riconoscendo le ragioni portate a quel tavolo dagli autotrasportatori. Inoltre, ricordo che, in quella circostanza, soprattutto da parte della sinistra, è stato sollecitato il confronto con le categorie.
La verità è che, dopo due anni, non soltanto non avete svolto una verifica seria rispetto alla riforma che ha riguardato la cosiddetta liberalizzazione dell'autotrasporto, ma non avete affrontato i temi specifici che la categoria ha posto sul tavolo mediante un confronto serio, sfatando anche alcuni luoghi comuni, come quello in base al quale si attribuisce all'autotrasporto, cioè ai cosiddetti padroncini, la responsabilità di un costo finale del prodotto eccessivo (invece sappiamo benissimoPag. 55che l'incidenza del trasporto è minima rispetto al costo definitivo del prodotto), mentre si metteva in campo - come è giusto che sia - un sistema di regole certe per evitare l'abusivismo e la concorrenza sleale, che oggi proviene soprattutto dai mercati e dall'autotrasporto dell'est, che viene praticato a basso costo e che non viene controllato da un Paese che, invece, dovrebbe essere molto attento, per tutelare le oltre 140 mila imprese presenti.
Se andiamo a verificare l'anagrafe delle imprese in tale settore, ci rendiamo conto di come, negli ultimi anni, vi sia stata una grande sofferenza proprio perché non si è stati capaci di intervenire sull'intermediazione, di fare in modo che vi sia grande rispetto per chi lavora.
Qui c'è un Governo che sta considerando gli autotrasportatori dei delinquenti e questo è inaccettabile! Un Governo di sinistra! Il Ministro Bianchi in un'intervista si permette di ricordare che, soltanto attraverso le multe, in qualche modo, si può riportare ordine nel Paese! Questa è la sinistra che ha sensibilità sociale e che fa il paio con chi, oggi, sul giornale, addirittura chiede alla magistratura di sequestrare i TIR come corpo del reato!
Ritengo che un Governo serio abbia il dovere di sedersi ad un tavolo, non per imporre delle scelte, bensì per dialogare, perché questo è un settore terribilmente in crisi e i nostri autotrasportatori non ce la fanno più a reggere, rispetto non soltanto al costo del gasolio, ma anche alla situazione che ho cercato di illustrare nel corso del mio breve intervento.
Allora, muoviamoci, perché quello che sta succedendo è molto grave ed è indecente il comportamento del Ministro, il quale soltanto adesso ha aperto un tavolo di confronto!
Per queste ragioni, con forza, chiediamo che, laddove il Governo non sta riuscendo, debba intervenire la Commissione. Poc'anzi abbiamo chiesto al presidente della IX Commissione di tenere un'audizione con i rappresentanti di categoria, perché il Parlamento deve essere messo in condizione di intervenire in maniera concreta, rispetto ad un settore che è stato fortemente penalizzato soprattutto negli ultimi tempi (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Mario Ricci. Ne ha facoltà.
MARIO RICCI. Signor Presidente, signor sottosegretario, colleghe e colleghi, credo che quanto sostenuto dal Governo nella sua esposizione, in merito alle vicende che stanno paralizzando il nostro Paese, vada richiamato e sottolineato. Tuttavia, a noi preme partire da un punto molto importante e centrale della vicenda.
Ieri, nel corso della discussione sul disegno di legge finanziaria, intervenendo sulla parte importante relativa alla politica dei trasporti del nostro Paese, insieme al mio gruppo, ho richiamato la necessità di avviare, finalmente, con investimenti massicci, una politica alternativa all'attuale modalità di trasporto delle merci nel nostro Paese.
La vicenda aperta, che evoca una grande questione democratica, a prescindere dal merito, sottolinea con forza questa necessità, perché non vorrei che domani, attraverso il solito compromesso sul piano della distribuzione remunerativa rispetto ad alcuni importanti aspetti, attraverso lo stanziamento di risorse in finanziaria, la questione si chiudesse e magari fra un anno ci ritrovassimo nella stessa condizione.
Si è parlato, sulla stampa e anche nei dialoghi fra colleghi, di una vicenda che quasi si vorrebbe accostare al diritto di sciopero, diritto che ha, in qualche modo, tracciato la storia di emancipazione e la storia sociale del nostro Paese. Questa agitazione degli autotrasportatori, a prescindere dalle questioni serie e complesse che attraversano il settore, non assomiglia per niente ad uno sciopero: è una vera e propria serrata che sta mettendo sotto schiaffo il Paese e sta bloccando produzioni, servizi e il diritto alla mobilità dei cittadini sul territorio!
Altro che accostamento alle agitazioni del movimento dei lavoratori! Dio ce nePag. 56guardi! Se i metalmeccanici avessero occupato, per alcune ore, per un giorno intero (come stanno facendo gli autotrasportatori) le autostrade, o avessero interrotto il rifornimento di materie prime in luoghi sensibili come gli ospedali, sarebbero stati arrestati - come è già accaduto - e probabilmente ci sarebbero state anche condanne penali. È, infatti, ovvio che gli autotrasportatori rappresentino una pistola carica per i motivi che ho elencato prima. Non hanno bisogno di «bucare il video» perché hanno una grande capacità di contrattazione determinata, appunto, dal fatto che le merci, nel nostro Paese, transitano su gomma per l'86 per cento del totale. Non vi è, anche sul piano del merito, una motivazione tale da mettere a soqquadro il Paese. Stiamo affrontando un problema serio, ma, se il Paese ci ascolta, non vuole sentire chiacchiere: è un Paese in ginocchio! Quando, la mattina o nel pomeriggio, i lavoratori rientrano, incontrano disagi; i luoghi sensibili, come ho detto prima, sono messi a repentaglio nel loro funzionamento. Esiste, insomma, una rivolta che ha dell'assurdo e che va fatta rientrare con determinazione e con fermezza, usando gli strumenti democratici.
Rivolgiamo due richieste al Governo proprio al fine di evitare quel compromesso sulle risorse che sana una situazione ma ci farà tornare nell'emergenza tra un anno, a ridosso della nuova manovra finanziaria. Non sto a richiamarle, le cifre sono quelle: il disegno di legge finanziaria per il 2008 assegna 516 milioni al settore degli autotrasportatori, con uno storno per il 2009-2010. Il Governo deve agire con determinazione, con fermezza e non deve condurre la trattativa...
PRESIDENTE. Onorevole Ricci, concluda.
MARIO RICCI... e quindi effettuare la convocazione del tavolo con la permanenza del blocco e di questa agitazione.
La seconda questione è che il Governo, per uscire dall'emergenza, deve guardare oltre, anzi deve prendere esempio da questa vicenda, che evoca una questione democratica, per imprimere un'accelerazione ad un processo di riforma del settore, ma soprattutto per imprimere un'accelerazione nella determinazione di nuove modalità di trasporto nel nostro Paese, investendo massicce risorse sul trasporto su ferro e via mare. Saremo così in grado, per così dire, di scaricare la pistola e di garantire, anche in questo settore molto importante, una coesione, un segno di civiltà ed un'emancipazione, anche attraverso una riconversione del settore ....
PRESIDENTE. Onorevole Ricci, la prego di concludere.
MARIO RICCI. ...la ricollocazione di figure che, appunto, in questo bailamme di settore, rappresentano forme di sfruttamento e di autosfruttamento (Applausi dei deputati del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.
MARIO TASSONE. Signor Presidente ho ascoltato con la dovuta attenzione e considerazione le comunicazioni rese a nome del Governo da parte del sottosegretario. Devo ringraziarlo in quanto, in questo momento, non poteva che riferirsi ai fatti che sono sotto gli occhi di tutti e che stanno riempiendo, ovviamente, le pagine dei giornali e dei notiziari televisivi. Tuttavia, signor Presidente - mi rivolgo a lei, Presidente e mi scuso di averla disturbata - dovremmo evitare che queste comunicazioni si risolvano in un rituale pressoché inutile.
Il sottosegretario - o il Ministro, quando l'Aula è fortunata e ha il privilegio particolare di avere il Ministro - interviene e, quindi, ogni gruppo prende la parola: chi è della maggioranza auspica, ma si ritiene soddisfatto; chi è dell'opposizione, invece, assume una posizione diversa o, quanto meno, esprime una posizione diversa.
Signor sottosegretario, la situazione è drammatica e molto pesante. Non vorrei rifarmi, così come faceva qualche commentatorePag. 57in queste ore, alla vicenda del Cile nel 1972: l'autotrasporto ha sempre rivestito un ruolo fondamentale, come tutti i trasporti, nel mondo. In tutti i Paesi del mondo ci sono stati fatti significativi ed importanti: certo, oggi, la paralisi dell'autotrasporto rischia di inginocchiare il nostro Paese. Questo è il dramma!
Questa situazione non può essere considerata o interpretata da parte del Governo, signor Presidente, come normale amministrazione o come una vertenza che si sta consumando nei meandri di Palazzo Chigi o del Ministero dei trasporti (peraltro, la vicenda coinvolge anche il Ministero dell'economia e delle finanze per le cifre che sono state comunicate da parte del Governo).
Il sottosegretario ci doveva spiegare perché c'è stata una contestazione da parte delle categorie nei confronti del Ministro dei trasporti, perché le rappresentanze della categoria hanno richiesto un colloquio e un confronto con Palazzo Chigi e perché questa trattativa non va avanti.
Avremmo anche voluto capire se questa situazione si fosse complicata per via di un riferimento rispetto ad una politica del passato; questa vicenda, manifestatasi da febbraio in poi, era già prima, infatti, in fase di incubazione, ma è stata lasciata senza controllo, senza una risposta e senza un indirizzo.
Certo, tutto questo evidenzia l'assenza di una politica dei trasporti all'interno del nostro Paese. L'ho detto parecchie volte in quest'Aula: ancora non si è capito chi sia il reale Ministro dei trasporti, se il Ministro delle infrastrutture o il Ministro dei trasporti. Non si è capito! Certamente, manca una strategia di politica dei trasporti sia nelle aree urbane sia nelle grandi direttrici della viabilità sia, ovviamente, nella modalità del trasporto e del combinato strade-ferrovie e strade-mare per quanto riguarda il trasporto delle merci.
Signor sottosegretario, mancano, ovviamente, una prospettiva e l'anima! Perché nel passato, nella scorsa legislatura, non c'è stata un'ora di blocco dell'autotrasporto? Non perché non esistessero i problemi, perché i problemi degli autotrasportatori esistevano, ma, ovviamente, qualcuno si è presa la briga di convocarli, di accompagnare anche le loro indicazioni, che non sono soltanto di una categoria. L'autotrasporto, infatti, evidenzia una situazione sociale brutta, perché ci sono 120 mila di padroncini, perché c'è una vita certamente precaria e invivibile.
Non è un problema di soldi, signor sottosegretario! Lei ha fatto riferimento, come un mio collega, ai soldi. Non si tratta solo di soldi, altrimenti perché soltanto questa allocazione di risorse non ha soddisfatto e non soddisfa la categoria? Vuol dire che c'è un malessere profondo, molto più consistente, che riguarda anche l'identità di questa categoria, che richiede regole, strategie e prospettive.
Se la gente è scesa in piazza...
PRESIDENTE. Onorevole Tassone, la prego di concludere.
MARIO TASSONE. Concludo, signor Presidente. Se la gente è scesa in piazza, come si suole dire, è perché mancano le prospettive. Certamente, non siamo né per le violenze né per queste posizioni estremizzate provenienti dai manifestanti, che ricadono sull'utenza e sui cittadini, ma siamo perché una categoria possa vedere risolti i propri problemi, in virtù anche delle esigenze complessive del Paese; il Paese, infatti, risolvendo questo tipo di problemi, risolverà anche molti dei suoi problemi [Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)].
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bodega. Ne ha facoltà.
LORENZO BODEGA. Signor Presidente, i problemi di una categoria particolare gli autotrasportatori sicuramente non nascono da ieri, né dell'altro ieri e neppure da mesi fa, ma si sono sommati negli anni per politiche generali sbagliate la cui responsabilità deve essere attribuita, a mio avviso, a chi ci ha governato negliPag. 58ultimi decenni. Non voglio quindi togliere alcuna responsabilità ai vari Governi che nell'arco di questi ultimi anni si sono succeduti alla guida del Paese; però, la responsabilità di questo Governo sicuramente è quella di aver lasciato andare una situazione esplosa poi in questa manifestazione di massa «violenta», che ha causato non pochi problemi all'intero sistema-Paese. E l'informativa da lei resa, signor sottosegretario, a me ha dato l'impressione di essere stata data così, un po' freddamente: una descrizione di come stanno le cose e un'elencazione di quanto il Governo offre: o così o così, prendere o lasciare. È la mia impressione; può anche essere sbagliata, ma penso che non lo sia.
Ritengo che rapidamente si possa addivenire a delle soluzioni condivise che possano immediatamente far togliere il blocco messo in atto dagli autotrasportatori. Anche questa volta consentitemi di dire che il Governo mantiene con coerenza la sua disciplina preferita, che è farsi almeno un nemico al giorno. L'Italia è nella morsa dei TIR; ciò è il frutto di una fragilità, come ho detto dianzi, della maggioranza, che un giorno assiste, sempre per restare ai temi della strada, alla protesta dei taxisti e un altro, anzi esattamente in questi giorni, assiste un po' impotentemente allo sciopero degli autotrasportatori esasperati dai continui rinvii e dalle promesse mancate. Dico che occorre dividere bene oggi le responsabilità: bisogna evitare di pervenire a soluzioni, a conclusioni qualunquistiche e ad atti di accusa emotivi e strumentali. L'Italia è paralizzata, e questo sciopero sta generando danni incalcolabili. Non sto ad elencarli, ma è facile immaginare cosa significhi per un Paese con le ferrovie antidiluviane assistere al blocco delle merci su tutta la rete viaria nazionale. Del resto, non c'è sciopero che non produca disagi, ma forse si sta andando oltre l'asticella della tolleranza. Tra l'altro questo sciopero fa balzare in tutta evidenza la povertà delle nostre infrastrutture e, aggiungo, la cultura del «no» che la sinistra in modo particolare sbandiera da Messina fino alla TAV.
E allora diciamo che i tempi e il metodo non ci paiono più corretti, anche se reggono molte delle motivazioni evidenziate, e sono molteplici le questioni in campo; alcune vengono da lontano, come abbiamo detto, altre sono figlie di questa stagione politica incapace di interpretare le esigenze legittime delle varie categorie. Quindi la tensione sale, e la precettazione, l'ordinanza, chiamatela come volete, firmata dal Ministro dei trasporti non ha trovato accoglienza nella rappresentanza degli autotrasportatori, che hanno deciso, nonostante abbiano «mollato» un po' la presa dall'ultimo tavolo di questo pomeriggio, di proseguire nella loro agitazione. Hanno capito di avere il coltello per il manico, se solo si pensa ai beni essenziali che non possono essere recapitati e all'80 per cento dei benzinai senza carburante. Tra l'altro, mentre era aperto l'ultimo tavolo delle trattative, vi è stato scontro anche all'interno del sindacato, nel quale vi è chi contesta le modalità di uno sciopero senza precedenti, che non rispetta i servizi di pubblica utilità e non garantisce i diritti di tutti cittadini. Sta degenerando anche la situazione dell'ordine pubblico, con arresti e con episodi che di ora in ora si vanno aggravando.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
LORENZO BODEGA. Concludo, signor Presidente. A margine di questa vicenda corrono tutti i nodi propri delle situazioni borderline a cavallo tra lecito e illecito, tra regolare e sommerso; insomma, quella giungla della strada che è la sintesi di un Paese in confusione totale.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Attili. Ne ha facoltà.
ANTONIO ATTILI. Signor Presidente, credo che i fatti di questi giorni, estremamente gravi e preoccupanti, siano i frutti amari di diversi anni di «non politica» nel settore. Francamente, è singolare che l'onorevole Uggè, che in questa commedia ha svolto almeno tre parti (quella di segretario di una delle organizzazioni che ha indetto gli scioperi, quella di sottosegretarioPag. 59del Governo Berlusconi, oggi quella di parlamentare di sinistra), e che continua a blandire e a giustificare comportamenti assolutamente inaccettabili, venga qui a tenerci lezioni. Ciò davvero non è accettabile.
Il problema è che questa forma di lotta, che è legittima purché avvenga all'interno delle regole, avviene - singolarmente e stranamente - a qualche giorno dall'approvazione di un disegno di legge finanziaria che, per la prima volta dopo dieci anni, dà al settore risposte importanti: non solo di carattere finanziario, poiché non c'è solo questo nella legge finanziaria, ma anche di carattere normativo, nel senso dell'avvio di una riforma dell'autotrasporto. È questo l'elemento che più colpisce. Il Governo e la maggioranza, infatti, potranno anche aver commesso degli errori (anche se, per la verità, molte scelte le abbiamo fatte insieme in Commissione trasporti); ma quanto è incomprensibile sono i tempi e le modalità di questa forma di lotta, che non sono giustificabili.
Su tali questioni, il Governo deve dunque intervenire con la massima severità, e con una severità vera. Noi - e parlo come esponente di un gruppo della sinistra - non siamo certo contro le lotte dei lavoratori (ci mancherebbe!): ma vi sono lotte e lotte. Come ha detto l'onorevole Mario Ricci, vi sono regole e regole: e quelle vanno fatte rispettare.
Il problema vero è che occorre guardare in avanti: bisogna avere il coraggio di affrontare quei nodi strutturali che altrimenti ci fanno perdere la visione globale del problema e ci spingono a concentrarci su interventi di breve periodo, necessari per affrontare l'emergenza, ma non risolutivi. Questa, lo voglio dire, è una posizione di tutta la sinistra, ed è una posizione avanzata. Sono due anni che - sia rispetto alle infrastrutture, sia rispetto alla politica dei trasporti - stiamo cercando di mettere sul tappeto i veri nodi del trasporto italiano; tali nodi sono quelli di un'intermodalità ormai inesistente. Quando si dice che vi sono 140 mila piccole aziende che fanno autotrasporto, dobbiamo capire che questa non è una ricchezza: è la patologia del sistema Italia. Pensiamo che la Germania, con 80 milioni di abitanti e con un'economia più forte della nostra, non ha neppure la metà delle aziende che abbiamo noi. Questo è il punto vero; bisogna dunque portare avanti tutte quelle azioni e quelle riforme vere e strutturali nel medio e lungo periodo che diano una risposta a questa patologia.
Grosso modo, molte considerazioni sono state svolte; desidero però aggiungerne alcune. Bisogna sicuramente svolgere una nuova riflessione sulle norme per incentivare gli accorpamenti delle aziende; se ne parlò qualche tempo fa; ora occorre verificare cosa non ha funzionato e perché. Bisogna poi lottare seriamente contro l'abusivismo e l'illegalità, che sono forti e presenti, e contro il lavoro nero, che mette fra l'altro a rischio la vita di tanti lavoratori e cittadini. Soprattutto, bisogna fare un ragionamento serio di politica generale dei trasporti: l'intermodalità va riequilibrata. In questo senso, concordo pienamente con quanto detto dall'onorevole Mario Ricci: se vogliamo risolvere il problema dell'autotrasporto, dobbiamo puntare sul trasporto su aria, acqua e ferro. Non c'è altro da fare. Un Paese in cui l'83 per cento delle merci viene trasportato su gomma dà a 140 mila aziende una forza contrattuale; questo lo capiamo e lo sappiamo tutti. Vi sono settori in cui bastano pochissimi lavoratori per bloccare il Paese; penso ad esempio ai controllori del trasporto aereo: ecco, questo è un caso simile.
È su questo punto che dobbiamo intervenire, e mi avvio alla conclusione, signor Presidente.
È - ripeto - un ragionamento che esiste nella consapevolezza del Governo, che deve sicuramente portare avanti ormai una trattativa seria, serrata e senza interruzioni per giungere al risultato con la severità necessaria, ma onestamente non si può dire che esso non abbia tenuto in considerazione i problemi dell'autotrasporto e che nel disegno di legge finanziaria non siano contenute risposte. Le risposte ci sono e i risultati si vedranno; oggi si tratta di tamponare, ma il problemaPag. 60vero, come dicevo, riguarda la strategia complessiva della politica del trasporto (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Di Gioia. Ne ha facoltà.
LELLO DI GIOIA. Signor Presidente, in questi giorni stiamo vivendo una situazione drammatica nel nostro Paese che incide, ovviamente, sulle questioni primarie dei cittadini italiani. Stiamo ricevendo, in questi giorni, telefonate, fax, e-mail di tanti comuni, di tanti ospedali e di tanti asili che non hanno più vettovagliamenti e, tanto meno, gasolio da riscaldamento. Ciò incide in modo forte soprattutto nelle zone alpine, dove ormai le temperature sono scese sotto lo zero e il trasporto ha bloccato il rifornimento del gasolio per il riscaldamento. Credo che dobbiamo guardare con attenzione a questi problemi per dire che, pur essendo legittime le rivendicazioni (e noi, come socialisti, siamo profondamente convinti che bisogna riconoscere legittimità alle iniziative di manifestazione dei lavoratori), in questo caso vi è la necessità di intervenire con grande determinazione. Non credo, infatti, che si possa giungere a limitare i diritti e le esigenze e ad aggravare i problemi che i cittadini italiani oggi hanno. È per tale ragione che noi siamo dell'avviso che alcuni interventi devono essere assolutamente adottati, per rimettere in sesto l'Italia e dare una risposta, appunto, a quei cittadini che oggi hanno grandissime difficoltà. Basta porre attenzione, come dicevo in precedenza, alle zone alpine per capire i disagi che, di giorno in giorno e di momento in momento, si stanno verificando. Siamo perfettamente convinti che bisogna cominciare a guardare con attenzione alla cosiddetta politica nuova dei trasporti.
I colleghi del centrodestra - e, soprattutto, l'onorevole Tassone - me lo permetteranno, ma vorrei semplicemente ricordare molto sommessamente che non mi pare che fino a qualche anno fa (quando l'onorevole Tassone era Viceministro dei trasporti della Repubblica italiana) i problemi che oggi vengono sollevati dagli autotrasportatori avessero trovato, nella scorsa legislatura, un punto di risoluzione. Basta ricordare, cioè, che anche nella scorsa legislatura gli autotrasportatori hanno affrontato con grande determinazione alcuni problemi che oggi sono ancora sul tappeto - ed ovviamente ciò ci dispiace, perché il Governo di centrosinistra deve risolvere tali questioni -, ma non mi pare, come dicevo, che quel Governo abbia dato risposte sia alla politica degli autotrasportatori sia per ciò che riguarda la questione più in generale del trasporto nel nostro Paese. Ricordo, inoltre, che lo stesso sottosegretario Uggè all'epoca non diede, credo, risposte in positivo alle rivendicazioni che gli autotrasportatori stavano portando avanti. Mi pare, quindi, che non si possa avanzare oggi una rimostranza, affermando che questo Governo non trova soluzione ai problemi degli autotrasportatori ed alle questioni che riguardano il trasporto più in generale. Certo, dobbiamo affrontare tali problemi ma credo, signor sottosegretario, che un Paese funzioni bene nel momento in cui i trasporti funzionano bene. Oggi abbiamo una grave difficoltà la cui soluzione comporta, ovviamente, l'aumento del trasporto su gomma (un collega in precedenza faceva riferimento al numero oggi elevatissimo delle imprese, 149 mila, che determina di conseguenza difficoltà soprattutto nel settore del trasporto su gomma). Si deve quindi rideterminare la condizione per ciò che riguarda il trasporto su ferro, così come bisogna rivedere gli interventi per quanto concerne le cosiddette autostrade del mare.
In buona sostanza, occorre costruire un sistema intermodale e integrato che vada a determinare un ridimensionamento del trasporto su gomma a vantaggio di quello su rotaia e per mare, che comporti anche una maggiore sicurezza per i cittadini italiani. In conclusione, siamo dell'avviso che bisogna intervenire rapidamente perché si possa sbloccare la vertenza degli autotrasportatori che vogliamo difenderePag. 61in modo legale. Tuttavia, siamo anche dell'avviso che bisogna assumere tutte le iniziative necessarie per dare certezze ai cittadini italiani.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.
ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, riteniamo che la vicenda relativa agli autotrasportatori vada affrontata dal Governo con tutta la fermezza necessaria poiché è intollerabile che - qualunque siano le motivazioni, che possono essere, sotto certi profili, anche giustificate - si metta in ginocchio un Paese, si impedisca alle merci di raggiungere i consumatori, si blocchino le arterie e si interrompano tutti i servizi pubblici connessi alla circolazione. Riteniamo che tale problema andava affrontato per tempo perché corrisponde esattamente a quanto avvenuto nella distribuzione commerciale, dove il frazionamento eccessivo e i piccoli esercizi negli anni Settanta costavano al nostro Paese il tre per cento in più nel prezzo dei prodotti al consumo. L'attuale vicenda ripete esattamente quanto già avvenuto, ma tale situazione va affrontata senza subire ricatti. Poiché precedentemente ho ascoltato interventi di alcuni colleghi, ritengo che questa sia una posizione bipartisan e, a tal fine, ricordo le parole dell'ex sottosegretario del Ministero del lavoro, Sacconi, che sono state molto dure. Occorre creare un clima politico bipartisan per introdurre il concetto di tolleranza zero nei confronti di tutte le violazioni del diritto alla mobilità dei cittadini.
Inoltre, voglio ricordare al collega Uggè, precedentemente intervenuto e che ha ricoperto la carica di sottosegretario del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con delega alla logistica nel precedente Governo, che il risultato del suo lavoro è stato un piano nazionale della logistica, preparato da una certa Consulta nazionale dell'autotrasporto, di cui egli era presidente, composta da 41 persone (una serie di consulenti) con un costo, per il solo anno 2005, di due milioni di euro. Tale piano si è rivelato un documento privo di qualunque contenuto realmente significativo per affrontare il problema. Non so se alcune parti politiche utilizzeranno questa vicenda in modo cileno, ma credo che l'Italia sia un altro Paese, dove le istituzioni democratiche sono forti ed in grado di reagire alle ricordate azioni. Invito il Governo ad una grande fermezza. È possibile discutere, trattare, ma è evidente che non possiamo immaginare di mantenere in piedi 120 mila o 140 mila imprese, spesso costituite da un solo mezzo e da una sola persona, perché il costo a livello complessivo non è più accettabile. È necessario che le imprese crescano di dimensioni e credo che occorra modulare i benefici che il Governo riterrà di concedere a tale settore, costringendo così le piccole imprese a fondersi in entità di maggiori dimensioni, come avviene nel resto d'Europa. Senza interventi o azioni simili il settore non potrà raggiungere un livello di efficienza in grado, da un lato di contrastare e di concorrere con i competitori internazionali e, dall'altro di mantenere ad un livello accettabile i costi dei servizi di trasporto.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bonelli. Ne ha facoltà.
ANGELO BONELLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, negli ultimi giorni e soprattutto in queste ore il nostro Paese è in ginocchio. L'economia è sotto scacco e tale situazione è determinata da una protesta (intervengo per tale motivo) che, al di là delle motivazioni, che possono anche avere un qualche grado di legittimità, intendiamo condannare senza mezzi termini e in maniera esplicita. I servizi del 118 e dei pronto soccorso sono al limite. Gli ospedali sono in difficoltà, così come le scuole. I servizi nel settore agroalimentare sopportano gravi danni, così come il settore produttivo del nostro Paese.
Ciò francamente è inaccettabile e - noi del gruppo dei Verdi, lo vogliamo dire senza alcun tipo di articolazione o di linguaggio politichese - lo condanniamo. Infatti, i cittadini italiani in questo momento sono sbigottiti. Il punto non è tantoPag. 62la questione della politica dei trasporti, perché debbo chiedere all'onorevole Tassone, ex Viceministro del Governo Berlusconi, intervenuto poc'anzi, cosa hanno fatto per evitare che ciò accadesse. Ciò che lascia veramente sbigottiti in questo momento è sentire in Parlamento autorevoli esponenti dell'opposizione, in particolar modo di Forza Italia - in questo caso, l'ex sottosegretario Uggè - ergersi a paladini di una protesta che ha messo sotto scacco e in ginocchio l'Italia e milioni di famiglie italiane, che in questo momento stanno subendo disagi notevoli su servizi essenziali alla persona, anche per quanto attiene l'apparato produttivo del nostro Paese. Penso che anche tali posizioni siano irresponsabili e che non tengano conto dell'interesse generale del Paese. Ciò ci dà anche la misura e il senso di dove siamo arrivati e di ciò che il Governo deve fare in termini di politica dei trasporti. È ovvio che il gruppo Verdi si augura che la trattativa si concluda al più presto e che il Paese torni alla normalità. Tuttavia, mi pare che, nonostante la disponibilità del Governo, non ci sia stata altrettanta disponibilità a togliere i blocchi da parte dei sindacati di categoria.
Infatti, un Paese non può essere bloccato e messo in ginocchio perché migliaia di TIR bloccano le autostrade. La procura interverrà, ma il punto - concludo - che dobbiamo assolutamente affrontare è che l'80 per cento del trasporto delle merci nel nostro Paese avviene su gomma. Fin quando non risolveremo questa problematica e non avvieremo un piano forte di ristrutturazione e di riconversione, coinvolgendo ovviamente coloro i quali oggi trasportano su gomma e facendo sì che il trasporto si riconverta sulla rotaia, saremo sempre sotto il ricatto di coloro i quali - attraverso il blocco dei propri camioncini, TIR ed altro - metteranno in ginocchio l'Italia. Non è più possibile continuare in questo modo. Un'Italia moderna, civile - quanto sta accadendo in queste ore, infatti, non è tale - non può assolutamente meritarsi tutto ciò. Non accade né in Francia, né in Germania, dove la riconversione ha portato a trasferire quote sempre più importanti del trasporto delle merci su rotaia. Ovviamente, ci sentiamo di sollecitare il Governo sul fatto che un piano forte di riconversione non può che contenere questa caratteristica: riportare parte consistente del trasporto delle merci sulla rotaia, al fine di evitare che gli italiani debbano subire nei prossimi anni quel che oggi stanno vedendo, uno spettacolo indecoroso, che non fa onore all'Italia e che sta facendo subire tanti danni e disagi agli italiani (Applausi dei deputati dei gruppi Verdi, Popolari-Udeur e Misto-Socialisti per la Costituente).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Rocco Pignataro. Ne ha facoltà.
ROCCO PIGNATARO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Sottosegretario, questo ho appreso sin da bambino: «Ricordati che i tuoi diritti e le tue libertà finiscono là dove iniziano quelle degli altri». Questa, a mio parere, dovrebbe essere la stella polare in un Paese democratico. Quindi, per quanto noi Popolari-Udeur siamo sensibili alle motivazioni alla base delle rivendicazioni delle associazioni degli autotrasportatori, tuttavia riteniamo fondamentale, in prima istanza, chiarire che, anche per noi, la situazione di disagio e paralisi di un intero Paese non solo è insostenibile, ma non è in alcun modo né giustificabile, né accettabile. Per carità, le richieste degli autotrasportatori sono legittime, ma ciò non può tradursi in una lesione dei diritti del cittadino. L'appello del gruppo Popolari-Udeur è ritrovare nel nostro Paese un senso di responsabilità. Ci si può avvalere di un diritto fondamentale e costituzionalmente garantito, quale il diritto allo sciopero. Tuttavia, non si può scadere nelle prevaricazioni e nell'abuso di tale diritto che, utilizzato come arma di ricatto, non risolve i problemi della categoria, ma semmai li acuisce, inasprendo il confronto che, seppur duro tra le parti sociali, non può e non deve in alcun modo divenire sleale o, peggio ancora, tradursi in comportamenti illegali.Pag. 63
Vorrei ricordare che è in vigore un codice di autoregolamentazione varato nel 2001 con cui si stabilisce che lo sciopero non può intralciare la circolazione, ma che di fatto in questi giorni viene sistematicamente violato. Vi è di più: una forma di protesta come quella che il Paese sta subendo, per quanto condivisibile nei suoi presupposti fondamentali, si trasforma non solo in un temporaneo disagio per i cittadini, ma anche in un vero e proprio pericolo per gli stessi e, quindi, impone a tutta la classe politica, e non solo al Governo, una risposta ferma e univoca; vale a dire l'assoluta non tolleranza di simili ricatti. Abusare di forme di protesta al punto da mettere in ginocchio l'economia di un Paese, costringendo le imprese a fermare il proprio ciclo di produzione e a ricorrere alla cassa integrazione per il mancato arrivo delle materie prime nelle fabbriche (ipotesi che si sta già prospettando alla FIAT che oggi, ad esempio, ha lasciato a casa 22 mila operai, o per la Bauli, nella quale circa 5 mila operai sono rimasti fermi), nonché abusare al punto di rischiare la paralisi dei servizi essenziali per il cittadino (come accade per il servizio sanitario a causa della mancanza di ambulanze), è inaccettabile! Un caso che oggi mi ha particolarmente colpito è quello dell'appello, dovuto al fermo di quattro ambulanze ormai sprovviste di carburante, lanciato dalla venerabile Arciconfraternita fiorentina affinché riceva un aiuto per trasferire i bambini nella nuova struttura Meyer, in modo da garantire l'assistenza sanitaria urgente.
Bloccare le strade fino al punto di ledere i diritti del cittadino - tale è, infatti, la libertà di circolazione - e fino al punto di provocare al settore agroalimentare, così importante per la mia Puglia, danni per 200 milioni di euro al giorno, è semplicemente da irresponsabili! Nessun diritto, inoltre, autorizza atti di intimidazione e vandalismo come quelli perpetrati nei confronti di alcuni trasportatori che hanno deciso di non aderire allo sciopero. Ciononostante, vogliamo comunque fare appello al senso di responsabilità degli autotrasportatori affinché le rivendicazioni che animano la loro protesta possano trovare una giusta soluzione ricorrendo al confronto e non allo scontro, al dialogo con il Governo e non ad un ricatto che, tenendo in ostaggio l'intero Paese, finisce con l'avere come unica vittima reale il cittadino.
In conclusione, vorrei anche ricordare quanto realizzato dal Governo per questo settore; penso, ad esempio, agli incentivi per 70 milioni di euro stanziati per il ricambio dei veicoli, ai 116 milioni di euro stanziati per la logistica, alle agevolazioni fiscali per gli autotrasportatori, all'aumento dei controlli sui mezzi pesanti che circolano sulle strade italiane e a quelli per il rispetto delle norme sulla concorrenza. Quindi, ancora una volta, rivolgo un appello a fare ricorso alla concertazione per risolvere le crisi dei trasporti; il Parlamento è qui e noi siamo qui per ascoltare gli autotrasportatori, però ricordiamoci che nessun diritto si afferma sulle macerie di altri diritti (Applausi dei deputati dei gruppi Popolari-Udeur e La Rosa nel Pugno)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Barani. Ne ha facoltà.
LUCIO BARANI. Signor Presidente, anche il gruppo DCA-Democrazia Cristiana per le Autonomie - Partito Socialista - Nuovo PSI vuole dare il proprio contributo all'informativa resa dal sottosegretario che, ovviamente, non condividiamo, anche perché riteniamo che il Ministro Bianchi, in questi diciotto mesi, abbia «bucato» un po' in tutti i campi. Lo ha fatto con l'Alitalia, con la viabilità sulle strade e con le ferrovie. Credo, quindi, che emerga chiaramente che l'Italia di questa Unione non è modernizzata nelle sue infrastrutture; è sufficiente un blocco di TIR, anche se numerosi, per metterci in ginocchio in un momento abbastanza critico. Noi socialisti siamo per garantire il diritto allo sciopero, mentre ho ascoltato una pseudo-sinistra che ha soltanto protestato e contestato questi «padroncini»; non avevamo dubbi che ciò accadesse dal momento che non è stata la «triplice» a organizzare laPag. 64protesta e, quindi, bisognava dar loro contro! È certo che si tratta di un diritto costituzionalmente garantito e che gli autotrasportatori avevano bisogno di appellarsi ad esso e di sensibilizzare l'Italia e gli italiani ai loro problemi.
Non dimentichiamo che in Italia, in questi anni, non è stata posta in essere una politica energetica, bloccando la modernizzazione di tutte le infrastrutture. Non dimentichiamo ciò che è accaduto riguardo al ponte sullo stretto di Messina e all'alta velocità in Val di Susa. Non dimentichiamocene! Non dimentichiamo il Corridoio n. 5, perché altrimenti saremmo smemorati.
Consideriamo, ad esempio, ciò che avviene in Francia, dove vi è un Presidente del Consiglio forte con i forti e debole con i deboli e non come il nostro Governo, che, viceversa, è forte con i deboli e debole con i forti.
Dunque, a fronte dell'esercizio di un diritto, al quale bisognava rispondere con un tavolo aperto e con una trattativa volta a offrire garanzie, si è deciso di snobbare i manifestanti, perché considerati lavoratori di serie B. Ciò ha portato, quindi, alla degenerazione. Come socialisti, condanniamo la degenerazione che è emersa dai blocchi e dai giorni di mobilitazione, che non sono più fisiologici. Una manifestazione nata per sensibilizzare è degenerata, perché il Governo non è all'altezza.
Se vi fosse stato un Governo forte, avrebbe impedito sin dall'inizio che si degenerasse nell'esercizio di un diritto che è riconosciuto dalla Costituzione.
Dunque, sorge spontaneo affermare che, in questo momento, il Governo ha completato la sua opera: ha fatto finire sotto un TIR babbo natale, le festività natalizie e l'epifania, la familiare befana. Sono stati proprio spazzati via, perché è l'economia del Paese ad aver subito, in un momento così importante, un blocco che sta pesando notevolmente.
Bisogna che ciò ci faccia riflettere sulla mancata modernizzazione delle infrastrutture e sul fatto che l'80 per cento del nostro trasporto è su gomma, mancando l'alternativa, per quanto riguarda la mobilità, delle vie del mare o del trasporto su rotaie, e soprattutto una riserva energetica.
Per l'amor di Dio, non diciamo che le ambulanze sono a secco e che i nostri ospedali sono in difficoltà. Ci fa riflettere il fatto che dopo 48 ore gli ospedali non abbiano più autonomia. Se in Italia dovesse verificarsi una calamità naturale, saremmo tutti in ginocchio. Quindi, manca la prevenzione. Questo ci fa riflettere sulla mancanza di una politica che vada un po' più in là della punta del naso.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
LUCIO BARANI. Dunque, concludo, dicendo che, quando un Governo fa andare sotto un TIR babbo natale, ci toglie anche la gioia delle festività natalizie. Quindi, vi saranno un Natale e un anno nuovo molto tristi per l'Italia e gli italiani.
ANDREA ANNUNZIATA, Sottosegretario di Stato per i trasporti. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANDREA ANNUNZIATA, Sottosegretario di Stato per i trasporti. Signor Presidente, credo sia utile perché...
SEBASTIANO NERI. Signor Presidente, avevo chiesto di parlare!
ANDREA ANNUNZIATA, Sottosegretario di Stato per i trasporti. Intervengo solo per una comunicazione. Non intendo svolgere alcuna considerazione, anzi ringrazio...
PRESIDENTE. Il sottosegretario mi ha anticipato che si tratta solo di una comunicazione. È evidente che chi ha chiesto di parlare ne avrà facoltà.
ANDREA ANNUNZIATA, Sottosegretario di Stato per i trasporti. È giusto che voi sappiate subito che da pochi minuti ilPag. 65fermo è stato revocato (Applausi di deputati dei gruppi Forza Italia e Popolari-Udeur). Quindi...
PRESIDENTE. La prego di limitarsi alla comunicazione.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Neri. Ne ha facoltà.
SEBASTIANO NERI. Signor Presidente la comunicazione del sottosegretario circa la revoca del fermo dell'autotrasporto è una notizia certamente positiva e attesa da questo Parlamento, nonché da tutti gli italiani a casa, perché i disagi erano ormai veramente rilevanti; ciò consente di proseguire il dibattito sull'informativa con una serenità maggiore di quella che vi sarebbe stata, pur non avendo notato toni accesi, sebbene gli argomenti siano stati trattati con determinazione. È un peccato che questo dibattito non sia stato trasmesso in diretta televisiva, perché il tema era ed è di massimo interesse per la comunità nazionale.
All'insediamento nella mia prima legislatura, nell'ormai lontano 1994, quando qualcuno mi chiese che impressione avessi ricavato della Camera dei deputati, risposi che mi sembrava la pancia della balena di Pinocchio: tutto bello, organizzato, funzionale, ti accoglie nel suo ventre, dove si sta bene, ti coccola, poi però ti accorgi che a volte ti fa perdere il contatto con la realtà.
Dalla Camera dei deputati, quando non si ha la capacità di proiettarsi in mezzo alla gente comune, si osserva tutto attraverso una lente che distorce la realtà.
Il dibattito di stasera, in alcuni momenti, è sembrato proprio il fulcro di questa distorsione ottica che, a volte, affligge a turno un po' tutti.
È chiaro che le modalità arrabbiate ed estreme della protesta degli autotrasportatori suscitano la critica e il dissenso da parte di tutti: non è possibile pensare di ricattare un intero Paese per ottenere il riconoscimento delle proprie ragioni.
D'altro canto, però, ci si deve chiedere se questo atteggiamento sia assolutamente ingiustificato, e quindi, per molti aspetti, illegale - nel qual caso bisogna intervenire con grande determinazione, perché con l'illegalità preordinata non si può trattare - oppure sia il frutto dell'esasperazione di chi, invano, ha cercato di far ascoltare le proprie ragioni, anche quando tali ragioni andavano poi mediate e contenute in un ragionevole compromesso, che consentisse quindi di giungere ad una soluzione del problema.
La verità è quella che è emersa - e concludo, signor Presidente - vale dire che, mancando una strategia della politica dei trasporti, si rimane ostaggio di un sistema che è anche antieconomico ed irrazionale, perché il trasporto su ferrovia viene penalizzato dalla riduzione degli stanziamenti e la capacità di creare le autostrade del mare viene penalizzata dalla scelta del Governo di azzerare l'intervento infrastrutturale nel Paese.
Dunque, prima di condannare chi magari protesta in modo sbagliato...
PRESIDENTE. La prego di concludere.
SEBASTIANO NERI. Concludo, signor Presidente, cerchiamo di comprendere che il Governo è ancora una volta inadempiente per quanto riguarda il principale dovere di saper ascoltare i problemi del Paese, per poi indicarne le soluzioni.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Garnero Santanchè. Ne ha facoltà.
DANIELA GARNERO SANTANCHÈ. Signor Presidente, ho ascoltato con attenzione le parole del sottosegretario e di alcuni esponenti della maggioranza e dagli interventi si evince soltanto la volontà del Governo di criminalizzare quanto sta accadendo in questi giorni e la protesta.
Devo dire che la notizia appena comunicataci dal sottosegretario, relativa al fermo del blocco, fa capire ancora meglio come fosse il Governo il responsabile di quanto stava accadendo nel Paese: il Governo è responsabile del blocco dei camionisti.
Infatti, quando ci si siede ad un tavolo di confronto e si cerca di capire ciò che chiedono i lavoratori, poi il confronto porta anche ad una soluzione.Pag. 66
Le parole del sottosegretario mi fanno rimanere male, perché non ci si deve ricordare dei lavoratori quando muoiono e commemorarli, ma ci si dovrebbe ricordare di non mettere i lavoratori nella condizione di morire per lavorare: è ciò che state facendo proprio in questo settore.
Infatti, cosa ci chiedono, in fondo, i camionisti? Ci chiedono di lavorare semplicemente nel rispetto delle regole; ci chiedono di venire difesi da una concorrenza sleale degli stranieri, che sappiamo bene non essere soggetti alla regolamentazione della patente a punti; ci chiedono di poter rispettare le regole, di non essere costretti a non rispettare le prescritte ore di guida.
Pertanto, voglio semplicemente affermare che secondo La Destra vi è un'assoluta responsabilità del Governo e il Parlamento non dovrebbe ricordarsi dei lavoratori solo per commemorarne la morte (Applausi dei deputati del gruppo Misto-La Destra).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Spini. Ne ha facoltà.
VALDO SPINI. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, credo che bisogna ricordare agli smemorati che la radice delle difficoltà che stiamo vivendo affonda in un processo di liberalizzazione delle tariffe che è stato condotto durante il Governo Berlusconi cui non seguirono e non corrisposero un minimo di garanzie per gli autotrasportatori. Nelle parole del sottosegretario Annunziata abbiamo appreso quello che il Governo sta cercando di fare e che ulteriormente farà per venire incontro a queste difficoltà. Ritengo, quindi, che da questo punto di vista siamo in grado di rispondere ai colleghi dell'opposizione che non è concretamente il caso di operare strumentalizzazioni.
Detto ciò e felicitatomi per la competenza e l'intelligenza dimostrata dal sottosegretario Annunziata vorrei, da parlamentare sperimentato, affermare qualcosa che si sarebbe potuto fare a fronte delle dimensioni che questo blocco rappresentava per un Paese che non sta crescendo economicamente. Se quest'Aula fosse stata onorata della presenza del Presidente del Consiglio o di un gruppo di Ministri si sarebbe forse dato plasticamente al Paese il senso di un rapporto istituzionale e quindi anche di Governo più solido, più forte e più autorevole. Per fortuna, comunque, durante il dibattito è arrivato l'annuncio felice che il blocco è stato tolto e che quindi verranno sollevate le condizioni dei cittadini italiani che soffrivano le conseguenze di una economia così colpita.
Credo, tuttavia, che una vicenda di questo genere ci debba portare intransigentemente a ribadire la verità sull'impegno di questo Governo ma anche a chiedergli di saperla comunicare meglio, assumendoci proprio in quest'Aula tutti insieme le proprie responsabilità.
PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento dell'informativa urgente del Governo.
Sospendo la seduta che riprenderà alle 19,30.
La seduta, sospesa alle 19,20, è ripresa alle 19,40.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FAUSTO BERTINOTTI
Sull'ordine dei lavori.
LINO DUILIO, Presidente della V Commissione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LINO DUILIO, Presidente della V Commissione. Signor Presidente, vorrei comunicare, sentito anche il Governo, che vi sono ancora alcune questioni da approfondire; pertanto, sinceramente non mi sento di chiedere un'ulteriore procrastinazione degli odierni lavori dell'Assemblea,Pag. 67ma le chiedo di valutare l'opportunità di aggiornare i lavori della Assemblea stessa a domani mattina.
ANTONIO LEONE. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANTONIO LEONE. Signor Presidente, non voglio sollevare polemiche, ma le chiedo di prendere in considerazione il fatto di conferire più tempo sia al Governo sia alla Commissione. Invece di aggiornare i lavori a domani mattina alle 9, potremmo tranquillamente rinviare l'esame del provvedimento a lunedì.
Saremmo comunque nei tempi perché, considerato che il calendario dei lavori prevede la conclusione dell'esame del disegno di legge finanziaria per il 18 dicembre prossimo, la proposta che ho appena illustrato comunque rispetterebbe i tempi. Poiché invece mi è giunta voce di un'accelerazione che il Governo vorrebbe imprimere - è esattamente il contrario di quello che sta accadendo - per consentire l'esame del decreto sicurezza in maniera più ampia per un dibattito più approfondito, non riesco più a capire come possiamo andare avanti. Non sono soltanto io a non capire, e faccio appello a lei Presidente, perché i colleghi sono «sbandati». Sono stati convocati questa mattina alle 11. Oggi, nel giro di mezz'ora, abbiamo dato luogo a tutte le votazioni previste per la legge di bilancio. Non riusciamo ad andare avanti, e se volete chiediamo lo svolgimento di qualche altra decina di informative, così impegniamo il tempo per evitare di tenere aperta l'Aula senza lavorare.
Signor Presidente, le chiedo di intervenire in maniera piuttosto massiccia e di considerare la possibilità di prendere tutto il tempo che si vuole. Nulla quaestio su una decisione simile, ma occorre evitare di tenere i colleghi inchiodati qui, in transatlantico, a perdere tempo, in attesa che il Governo sottoponga alla sua attenzione, se ho ben capito, i maxiemendamenti, prima di porre la questione di fiducia.
TEODORO BUONTEMPO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, che questo sia un Parlamento composto da deputati nominati, e non eletti, lo dimostra oggi il comportamento dei parlamentari. Un Parlamento che fosse stato eletto, e non nominato, non avrebbe consentito questa umiliazione della Camera dei deputati.
Ancora domani mattina, dopo la pazienza da tutti espressa nel corso di questa giornata, dovremo tornare in questa sede per vedere cosa accadrà. Esprimo solidarietà al presidente della V Commissione, che, con il passare delle ore, si rimpicciolisce sempre di più, perché ogni uomo ha una dignità e lui è una persona per bene, e credo che senta sulla sua pelle la vergogna di quello che anche lui sta facendo. Infatti, anche un presidente di Commissione può dire: «Ora basta! Vi è la dignità di uomo e di parlamentare; ho rispetto delle istituzioni, e non potete utilizzarmi in questa maniera indecente».
È chiaro che il Presidente della Camera a tali questioni risponda, affermando che l'andamento dei lavori attiene alle decisioni dei partiti, ma non sono d'accordo, Presidente, perché vi è un limite oltre il quale i partiti non possono utilizzare la Camera dei deputati come un self service per chi dispone della maggioranza, altrimenti non si eleggerebbe il Parlamento e verrebbe eletto l'Esecutivo con poteri di governo e poteri legislativi. Considerato che i nostri costituenti hanno voluto questa forte separazione dei poteri, ritengo che il Governo debba tutelare se stesso, mantenere compatta la maggioranza; quindi, in sostanza deve governare, ma lo deve fare nel rispetto delle regole.
Signor Presidente, se tutto continuerà così, credo che questa Assemblea si trasformerà. Il nostro stile, l'educazione, il rispetto che si deve all'istituzione che rappresentiamo, il rispetto dei luoghi devono essere tutti presenti. Ma deve essere garantita anche la tutela della funzione delPag. 68parlamentare. Nel momento in cui si continuasse su questa strada, credo che le regole si romperebbero per tutti. Anche l'autorevolezza e il nostro rispetto nei confronti della Presidenza, la quale anch'essa vive un momento di difficoltà, non può essere inferiore al rispetto che dobbiamo alla nostra funzione, riconosciuta e regolamentata dalla Costituzione. Abbiamo assistito ad una pagina indecorosa e vergognosa: questo Governo presenterà tre questioni di fiducia, non una. Perché tre? Perché su ognuna delle parti del disegno di legge finanziaria vi è una parte della maggioranza che non è d'accordo. Se si votasse con un solo voto di fiducia, le parti della maggioranza in dissenso si potrebbero unire in un voto diverso o essere assenti al momento della votazione. Quindi, si ricorre ad un escamotage - non ne ricordo un altro da quando sono in questa Camera - delle tre fiducie, perché su ognuna di quelle tre questioni di fiducia vi è un pezzetto della maggioranza che non voterà.
Il Governo si assicura comunque l'approvazione. Signor Presidente, chiedo a lei e chiedo agli uffici quali precedenti vi sono e quali sono le motivazioni per giustificare tre questioni di fiducia su un unico provvedimento quale il disegno di legge finanziaria. Quest'ultimo è un corpo unico, signor Presidente. Non è un insieme di leggi, una separata dall'altra, che si sommano insieme. La legge finanziaria è il documento unico che il Governo presenta per la governabilità del Paese, per le spese che intende affrontare, per i servizi che servono ai cittadini. Per quale motivo, signor Presidente, accetta che domani si ponga la fiducia per tre volte, quando avranno terminato tutti i possibili aggiustamenti, che si venga in Assemblea a chiedere a noi parlamentari che si voti separatamente la legge finanziaria? Ritengo che i maxiemendamenti non sono accettabili nel numero di tre. Vi è un disegno di legge finanziaria e se il Governo intende modificarlo bisogna tener conto del fatto che è stato presentato dal Governo, non dall'opposizione, né dai deputati della maggioranza. Nel momento in cui il Governo ritiene di emendare il suo provvedimento lo deve fare con un unico emendamento, sul quale può porre la questione di fiducia, come indicano i precedenti di diversi Governi. In questo caso, signor Presidente, vi è l'aggravante che neanche si dà inizio al dibattito sugli articoli del disegno di legge finanziaria. La questione di fiducia deve essere posta, al limite, quando è in atto l'ostruzionismo o vi è una battaglia con la quale si vuole impedire al Governo di approvare il provvedimento essenziale per la vita del Paese. In questo caso rischiamo di procedere al voto sulla questione di fiducia prima ancora che il Parlamento si sia potuto esprimere e si sia verificata la disponibilità dei presentatori degli emendamenti a ritirarli. Mi dica lei...
PRESIDENTE. Onorevole Buontempo, la prego di concludere.
TEODORO BUONTEMPO. Capisco che il tempo a mia disposizione è esaurito, ma qui si sta...
PRESIDENTE. Onorevole Buontempo lei sta parlando da due minuti oltre il tempo a sua disposizione.
TEODORO BUONTEMPO. Sì, è vero, capisco bene l'esigenza di rispettare il tempo e concludo. Signor Presidente, non si arrabbi...
PRESIDENTE. Onorevole Buontempo, non mi arrabbio, le sto soltanto dando un'informazione. Come vede, non sono per nulla...
TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, anche noi siamo abbastanza arrabbiati per come si svolgono i fatti. Sto concludendo, solo altri dieci secondi. Le chiedo, signor Presidente, se è possibile, e in quale momento, che i parlamentari possano ritirare i loro emendamenti, nel caso ritengano di doverlo fare perché sono troppi. Questo momento deve essere assicurato all'Assemblea. Signor Presidente, la ringrazio e le dico sinceramente che nonPag. 69mi aspettavo che lei supinamente subisse questa arroganza del Governo e della maggioranza.
PRESIDENTE. Vorrei semplicemente dire che, al contrario di ciò che ha testé sostenuto il deputato Buontempo - naturalmente non ho la possibilità di intervenire su una cosa che non esiste - posso comunicare che, preventivamente a ogni possibile atto del Governo, ho rappresentato al medesimo che non avrei considerato ammissibile la presentazione di un unico maxiemendamento, che accorpasse l'intero testo, visto che il provvedimento è costituito da diverse parti normative e da tabelle.
NICOLA BONO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
NICOLA BONO. Signor Presidente, non posso non esprimere il mio sconcerto e quello del gruppo cui ho l'onore di appartenere per questo modo di procedere dei nostri lavori. Dopo gli interventi degli onorevoli Giorgetti e La Russa, pensavamo di aver dato un'ampia dimostrazione dell'opinione di Alleanza Nazionale circa le modalità con cui si dovesse procedere. Non comprendiamo, signor Presidente, né riteniamo che la sua reazione sia rispettosa del ruolo delle istituzioni. Non comprendiamo perché la Camera debba essere mortificata nel suo ruolo istituzionale, rispetto al dovere di entrare nel merito di un provvedimento già pronto. Non comprendiamo perché il presidente della Commissione, per due volte di seguito, oggi si sia assunto la responsabilità di chiedere il rinvio, senza che il Governo dichiarasse ufficialmente e pubblicamente in Aula il suo intendimento. Cos'è questa forma di sostituzione da parte della presidenza della Commissione bilancio rispetto alla responsabilità politica che ha il Governo, che deve venire a riferire cosa vuole fare? Nel momento in cui non riesce a concretizzare il suo intendimento, deve spiegarci qual è il problema, perché davanti ad una spiegazione possiamo anche capire, comprendere ed evitare anche questo dibattito che rischia di diventare ozioso.
Signor Presidente cosa sta accadendo? Sta accadendo che viene mortificata la Camera, perché la Commissione bilancio ha esaurito l'esame della legge finanziaria. Noi abbiamo già votato il bilancio dello Stato, dovevamo entrare nel merito degli emendamenti e siamo pronti a farlo! Che il Governo decida di mettere la fiducia senza averlo ufficializzato, senza averlo detto, solo perché si tratta di voci di corridoio o perché i lanci delle agenzie di stampa lo dicono, non è rispettoso del ruolo e delle funzioni del Parlamento! Che il Governo, che è un organo costituzionale, non venga a chiedere il rinvio, sulla base di dati concreti e che si avvalga della disponibilità - a mio avviso gratuita - del presidente della Commissione bilancio, lo reputo un fatto grave ed offensivo, che lede la nostra funzione e la nostra dignità!
Signor Presidente, siamo forse commissariati dal Governo? Perché se così è, le chiedo di verificare l'opportunità di toglierci questo commissariamento, perché non possiamo essere succubi e proni alle esigenze di un'entità che non ha neanche la capacità di scrivere tre emendamenti che dovrebbero ricalcare quanto già fatto in Commissione bilancio! Che i colleghi lo sappiano: la Commissione bilancio non solo ha esaurito il suo lavoro, ha fatto anche di più. In due riunioni, che si sono tenute oggi, il Comitato dei nove ha definito anche aspetti di dettaglio dell'eventuale manovra finanziaria. Che neanche davanti a questi fatti il Governo sia ancora pronto - dopo ore e ore - è scandaloso! Abbiamo utilizzato le informative urgenti per fare i «tappabuchi» all'incapacità del Governo di venire in quest'Aula. Signor Presidente, la invito ad organizzare la disponibilità di uno spettacolo di intrattenimento per la Camera, perché in futuro, mancando le informative, almeno potremo fare un balletto o uno spettacolo di cabaret e intrattenere i deputati. Non è possibile che si possa procedere in questo modo!Pag. 70Concludo esprimendo un giudizio assolutamente di condanna rispetto a questo modo di procedere.
Le chiedo, signor Presidente, di difendere le prerogative della Camera e di salvaguardare il diritto che ha, questo organismo, di entrare nel merito dei provvedimenti. Avremmo dovuto già affrontare l'esame dell'articolo 1 e delle proposte emendative ad esso riferite. Quando il Governo avesse ritenuto di essere pronto con la sua proposta, avrebbe potuto venire in aula a presentare i tre maxiemendamenti. Dove mai si è visto un Parlamento bloccato, per un'intera giornata, sul nulla, in attesa di un evento che viene solo ventilato e di cui si fa carico il presidente della Commissione bilancio il quale, in tutta questa vicenda, non ha alcun motivo di assumersi la responsabilità di chiedere il rinvio! Per questo motivo le chiedo, signor Presidente, uno scatto di orgoglio e una difesa oggettiva e soggettiva di questo Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale)!
PAOLO CIRINO POMICINO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PAOLO CIRINO POMICINO. Signor Presidente, intervengo molto brevemente. Devo dire che la caratteristica di queste settimane - come ella sa e come, peraltro, ho avuto modo diretto di rappresentare anche al Presidente del Consiglio dei ministri - è stata l'assenza totale del Governo, almeno come presenza dei Ministri. Non un solo Ministro, neanche per un minuto, è stato presente durante i lavori della Commissione.
Tuttavia, detto ciò (che appartiene alla polemica che svolgeremo nell'ambito delle successive dichiarazioni) il dato vero - e anche in questo caso mi dispiace essere in disaccordo con il presidente della Commissione bilancio - è che io non chiedo al Presidente né scatti di orgoglio né altro, pur sapendo che ne è abbondantemente dotato, bensì chiedo al Governo, per cortesia, di informarci sul momento in cui ritiene di poter iniziare i lavori dell'Assemblea.
Certamente l'Assemblea non può non prendere atto dell'esigenza che il Governo ci rappresenta, purché parli, perché ci troviamo nell'ambito di una situazione «virtuale», nella quale parliamo tra di noi, ma il Governo non è presente.
Pertanto, cortesemente vorrei soltanto chiedere al Governo e a chi lo rappresenta di farci sapere quando ritenga di poter iniziare i lavori dell'Assemblea. Successivamente, in quel momento, ci dirà se ritiene di iniziare la discussione articolo per articolo o se invece - come ha detto l'onorevole Buontempo - ritiene di presentare due, tre o quattro maxiemendamenti e porre la questione di fiducia.
Questa è la regolarità dei lavori dell'Assemblea! Ora vorrei pregare - in questo senso sperando e affidandomi anche alle mie preghiere - che il Governo riacquisti l'uso della parola e ci dica, esattamente, cosa vuole fare.
PRESIDENTE. Grazie. Ho ascoltato con attenzione i loro interventi - cui aggiungo anche il suo - riguardanti questioni assai delicate e veramente impegnative relative alle prerogative dell'Assemblea.
Penso che quanto da lei ora affermato, deputato Cirino Pomicino, sia da tenere molto in considerazione ed è per questo che, accogliendo la richiesta del presidente della Commissione bilancio, deputato Duilio, che ha fatto presente l'impossibilità di poter riprendere immediatamente i lavori, ed accogliendo anche il suo implicito suggerimento per un elemento di saggezza volto a non trascinare ancora per qualche ora questa attesa, propongo di aggiungere la seduta a domani mattina alle ore 9,30, confidando che, a quell'ora, il Governo e la Commissione saranno in grado di consentire all'Assemblea di procedere all'esame del provvedimento e che, in ogni caso, il Governo potrà essere presente per dar conto delle sue intenzioni.
Approvazione in Commissione (ore 19,57).
PRESIDENTE. Comunico che nella seduta di oggi, mercoledì 12 dicembre 2007, la VII Commissione (Cultura, scienza e istruzione), ha approvato, in sede legislativa, la seguente proposta di legge:
PISICCHIO ed altri: «Modifica all'articolo 32 della legge 3 febbraio 1963, n. 69. Introduzione dell'uso dell'elaboratore elettronico (personal computer) nello svolgimento della prova scritta di idoneità professionale per l'accesso alla professione di giornalista» (3237).
Modifica nella composizione dell'ufficio di presidenza di un gruppo parlamentare e affidamento dei poteri attribuiti dal Regolamento nell'ambito del medesimo gruppo parlamentare (ore 19,59).
PRESIDENTE. Comunico che il presidente del gruppo parlamentare DCA-Democrazia Cristiana per le Autonomie-Partito Socialista-Nuovo PSI ha reso noto, con lettera in data odierna, che il deputato Lucio Barani è stato nominato vicepresidente vicario del gruppo, in sostituzione del deputato Giampiero Catone.
Al vicepresidente Lucio Barani è stato inoltre affidato l'esercizio dei poteri attribuiti in caso di assenza o impedimento del presidente, secondo quanto previsto dall'articolo 15, comma 2, del Regolamento della Camera.
Ordine del giorno della seduta di domani.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.
Giovedì 13 dicembre 2007, alle 9,30:
Seguito della discussione del disegno di legge:
S. 1817 - Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2008) (Approvato dal Senato) (3256-A).
- Relatore: Ventura.
La seduta termina alle 20.
INTERVENTO DEL DEPUTATO RICCARDO PEDRIZZI SUL COMPLESSO DEGLI EMENDAMENTI RIFERITI ALL'ARTICOLO 2 DEL DISEGNO DI LEGGE N. 3257-A
RICCARDO PEDRIZZI. Una breve considerazione di carattere procedurale. L'esperienza dell'esame parlamentare della legge finanziaria per il 2008 ha ancora una volta rivelato, se ce ne fosse stato bisogno, evidenti aspetti problematici legati soprattutto alla difficoltà di circoscrivere l'ambito contenutistico degli interventi della stessa legge di bilancio.
Tali difficoltà sono legate, senz'altro, alle interpretazioni non sempre univoche delle disposizioni della legge n. 468 del 1978.
Cosicché, la manovra di alleggerimento della legge finanziaria, anche attraverso l'utilizzo dei cosiddetti provvedimenti «collegati», che ultimamente hanno assunto la veste di decretazione d'urgenza non ha avuto successo, venendosi a riproporre uno schema di legge finanziaria omnibus che si voleva invece superare.
Come si vede, alla luce dell'esperienza, purtroppo negativa, degli ultimi anni maturata sia dai Governi di centrodestra che da quelli di centrosinistra occorrerebbe veramente non solo aprire un grande dibattito per adeguare finalmente la nostra tecnica legislativa alle necessità urgenti del sistema Italia, ma prendere decisioni definitive.
Anche quest'anno c'è una distanza stratosferica tra i documenti di questa sessione di bilancio ed il DPEF che il Governo ha approvato qualche mese fa.
Anche quest'anno il DPEF ha predicato bene e la finanziaria razzola male. IlPag. 72DPEF lo scrivono professori scelti dal Ministro mentre la finanziaria la scrivono funzionari guidati dai politici. Negli ultimi due anni è solo cresciuta la qualità del DPEF: quello approvato il 28 giugno è di 154 pagine ricche anche di cose intelligenti sulla crescita sostenibile e sull'equità sociale. Ma anche le 160 pagine di un anno fa erano ben descritte, eppure servirono assai poco alla manovra successiva. La finanziaria 2007 doveva essere tutta dedicata al risanamento ottenuto tagliando le spese. È successo il contrario. La finanziaria 2008 doveva essere tutta dedicata a «spendere meglio» a parità di spesa totale. Ma siamo su una strada completamente diversa. Per il terzo anno consecutivo, si aumenta la spesa pubblica e si mantiene un significativo deficit, nonostante l'economia cresca a un tasso prossimo a quello potenziale. Non vi è dunque giustificazione macroeconomica di quella spesa (e di quel deficit), come sarebbe se il finanziamento venisse dall'aumentato reddito generato dallo stimolo alla domanda dato da quella spesa. Stiamo invece spendendo soldi il cui conto necessariamente passiamo a figli e nipoti. È quindi questo l'unico criterio rilevante per valutare la bontà di questa finanziaria: la maggior spesa prevista è davvero nell'interesse di chi prima o poi pagherà quei conti; serve cioè a darci un Paese migliore di cui i nostri figli e nipoti godranno? Sarkozy ha dato al bilancio pubblico francese per i prossimi anni un deficit solo perché si finanziano riforme politiche che producano crescita.
Da noi scuola, liberalizzazioni, infrastrutture e ambiente mancano.
Maggiori spese a favore della crescita e della formazione del capitale umano non ci sono.
Da noi troviamo molta spesa con chiara finalità redistributiva: si dice per motivi di equità, tanta spesa sociale in più. Ma è corretto finanziare tutto ciò con debiti che pagheranno i nostri figli e nipoti?
Il secondo problema irrisolto da questa finanziaria è ancora più grave: anche quest'anno, aumentiamo la spesa più che l'efficienza della sua gestione e in finanziaria non abbiamo sufficienti incentivi affinché si spenda meglio.
Nell'impostare la manovra per il 2007, il nuovo Governo Prodi scelse di puntare tutto su aumenti delle entrate, rinviando a un secondo tempo il nodo della spesa. Oggi scontiamo le conseguenze di quella impostazione. Come era facile prevedere, l'abbondanza di risorse ha consentito di eludere le riforme sul Iato della spesa che crescerà più del previsto. I proventi inattesi del 2007 alimentarono nuove spese per un totale di circa 13 miliardi, quasi l'1 per cento del PIL.
Tra il 2005 e il 2007 la pressione fiscale è salita di oltre due punti e mezzo del PIL, come tra il 1995 e il 1997 quando si decideva l'ingresso nell'euro. Negli obiettivi originari, lo sforzo richiesto al Paese doveva essere minore e temporaneo: la pressione fiscale avrebbe dovuto scendere al 42,6 per cento nel 2008. Come evidenziato nel DPEF di luglio, a legislazione vigente.
Invece, nel 2008, la pressione fiscale sarà del 43 per cento e l'obiettivo di indebitamento netto sarà abbassato.
La rinuncia ad affrontare il nodo della spesa è grave non solo perché allontana il rientro dal disavanzo e sottrae risorse all'economia, ma anche perché si continua a spendere male. La cosiddetta «riqualificazione» della spesa pubblica prevede nel prossimo triennio maggiori spese per oltre 5 miliardi in seguito alla controriforma delle pensioni, 3 miliardi per i contratti del pubblico impiego, un miliardo di trasferimenti alla Fs, e così via. E i tagli? Se tutto va bene, verranno da ipotetici miglioramenti nella gestione degli immobili e fantomatiche «razionalizzazioni» nei ministeri e nel bilancio dello Stato.
Gli ultimi cadeaux valgono un miliardo (quasi il 10 per cento dell'intera manovra).
Rigore, equità, sviluppo erano i capisaldi strategici della finanziaria pensata con l'aspettativa di un ciclo economico ancora espansivo, con mercati finanziari non turbolenti, con un petrolio non a 100 dollari.
Nel complesso alle misure di sviluppo vanno 1,8 miliardi, a quelle di assistenza 6.Pag. 73
Quanto al rigore, il bilancio esce appesantito. La spesa continua a essere inattaccabile; anche se nel prossimo futuro non ci sarà più il salvagente di un extragettito da 10 e più miliardi.
Di tagli ce ne sono stati pochi. E quei pochi sono finiti sacrificati come costo del consenso dell' «ultimo miglio». La sinistra ha preteso l'aumento degli assegni assistenziali, l'abolizione dei ticket, le immissioni di massa dei precari. I costi pubblici sono aumentati, le coperture sono aleatorie come dimostra il conflitto tra Ragioneria e Ministero dell'economia.
I tagli dei costi della politica restano una chimera. Per il ministro Giulio Santagata produrranno risparmi per un miliardo: sono cifre-annuncio, molte delle quali contestate, si vedrà a fine anno.
Ci sono poi le spese nascoste: come oltre 4 miliardi in due anni per la copertura dei contratti pubblici. In bilancio non ci sono queste risorse.
È evidente poi come sia una furbizia contabile quella di aver inserito come una tantum sia l'aumento del bonus incapienti, sia gli sconti ICI. La struttura della spesa non cambia, quella corrente cresce ancora, la pressione fiscale rimane inchiodata intorno al 43 per cento, record storico.
L'equità resta il tema politicamente più spendibile: 150 euro agli incapienti e le misure sull'ICI che è un'entrata a gamba tesa. Sugli enti locali resta nell'ombra l'impatto (in peggio) che avrà sui contribuenti la revisione degli estimi catastali, sull'autonomia fiscale e comunale. Che ha costretto, tra l'altro, a ridurre fondi per gli asili nido, una spesa strutturale che alla lunga renderebbe al sistema lavoro femminile, doppi stipendi, più consumi, più ricchezza.
La parte fiscale della manovra è consistente ma neutra. Le riduzioni di Ires e Irap sono recuperate come manutenzione della base imponibile.
Guardando più in dettaglio la manovra, sono tre gli aspetti su cui misurarne la qualità: la finanza pubblica, la spesa e la pressione fiscale.
Il pareggio appare lontano e verrà raggiunto, secondo la tabella di marcia che il Governo stesso si è dato, nel 2011. Le tendenze spontanee lo farebbero scendere più velocemente con gli extra-gettiti. La Germania, che partiva da un disavanzo negativo quanto quello italiano, lo azzera sostanzialmente già da quest'anno. Il debito, la cui riduzione è «il primo investimento a favore dei giovani», resta ben oltre il 100 per cento del PIL, un livello senza eguali negli altri Paesi europei.
I tagli di spesa sono una delusione annunciata, i risparmi continuano a dare un apporto limitato.
Alcuni dei capitoli importanti sono stati lasciati fuori dalla partita (in primis, il pubblico impiego); inoltre va considerata la maggiore propensione genetica a spendere dei governi di coalizione.
Le entrate continuano ad andare bene.
Ma continua a salire la pressione fiscale, anche senza variazioni delle aliquote, con le riduzioni di Ires e Irap, che consegue il taglio del cuneo varato l'anno scorso, non bastano a porre l'Italia in testa alla graduatoria della competitività fiscale, ma solo evitando di perdere ulteriori posizioni, poi, probabilmente non riusciranno a impedire alla pressione fiscale di salire ancora.
Fitch è deluso dal fatto che l'extra-gettito non sia stato destinato interamente per velocizzare la riduzione del deficit e del debito pubblico, preoccupato per il rischio che il buon andamento delle entrate sia temporaneo e che l'extra-gettito si riveli ciclico quando la crescita sarà minore del previsto già nel 2008: «La manovra è deludente, è una occasione mancata e l'ambizione di risanare i conti pubblici sta scemando», «l'uso dell'extra-gettito è un azzardo perché queste entrate potrebbero rivelarsi non permanenti». «Questa finanziaria è un esercizio di contenimento e non un vero e proprio tentativo di portare le finanze pubbliche su una base sostenibile di miglioramento».
Critica anche la lettura della manovra fornita da Moody's: per l'agenzia internazionale di rating l'Italia «avrebbe dovuto tagliare la spesa nel lungo termine». «Nel lungo termine potrà rivelarsi difficile affrontare il disavanzo di bilancio senzaPag. 74intervenire sulla spesa pubblica di natura strutturale». «Il consolidamento fiscale nel 2007 è stato generato in larga misura dalle entrate».
Da mesi sapevamo quali sarebbero stati i difetti della finanziaria. Non c'è alcun tentativo di tagliare la spesa pubblica. E le maggiori entrate fiscali sono state utilizzate per finanziare nuove spese, anziché per fronteggiare le difficoltà che verranno, come suggerisce qualsiasi manuale di finanza pubblica (e il senso comune).
Questo perché ci sono due tipi di ministri nel Governo attuale. Alcuni, tra cui il Ministro dell'economia, operano da anni a contatto con gli ambienti produttivi e finanziari nazionali e internazionali, e comprendono e accettano il mercato. Ma se lo sono dimenticato. Molti altri invece si sono formati in anni e ambienti in cui era obbligatorio citare Marx e Gramsci, e da quella esperienza hanno derivato una diffidenza istintiva per il mercato, che peraltro non comprendono e tantomeno accettano.
L'Italia è ancora un Paese con spesa pubblica da Paese socialista, e con servizi pubblici di poco migliori; e non sarà questo Governo che cambierà la situazione. Due extra-gettiti sono stati dissipati, e ci avrebbero fatto comodo ora che la crescita probabilmente diminuirà. Su tante questioni, dalla sanità al Sud, dall'impiego pubblico all'istruzione a tutti i livelli, anche i ministri più «illuminati», sembrano ancora incapaci di scostarsi da una mentalità statalista e dirigista.
VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO
INDICE ELENCO N. 1 DI 3 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13 | ||||||||||
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Votazione | O G G E T T O | Risultato | Esito | |||||||
Num | Tipo | Pres | Vot | Ast | Magg | Fav | Contr | Miss | ||
1 | Nom. | ddl 3257-A - articolo 1 | 458 | 458 | 230 | 256 | 202 | 65 | Appr. | |
2 | Nom. | em. 2.200 | 463 | 462 | 1 | 232 | 251 | 211 | 63 | Appr. |
3 | Nom. | Tab. 2.1 | 467 | 462 | 5 | 232 | 11 | 451 | 63 | Resp. |
4 | Nom. | Tab. 2.101 | 472 | 469 | 3 | 235 | 255 | 214 | 63 | Appr. |
5 | Nom. | Tab. 2.100 | 470 | 469 | 1 | 235 | 255 | 214 | 63 | Appr. |
6 | Nom. | Tab. 2.200 | 469 | 467 | 2 | 234 | 256 | 211 | 63 | Appr. |
7 | Nom. | articolo 2 | 474 | 473 | 1 | 237 | 257 | 216 | 63 | Appr. |
8 | Nom. | articolo 3 | 467 | 465 | 2 | 233 | 252 | 213 | 63 | Appr. |
9 | Nom. | articolo 4 | 473 | 472 | 1 | 237 | 255 | 217 | 63 | Appr. |
10 | Nom. | articolo 5 | 473 | 472 | 1 | 237 | 255 | 217 | 63 | Appr. |
11 | Nom. | articolo 6 | 473 | 473 | 237 | 254 | 219 | 63 | Appr. | |
12 | Nom. | articolo 7 | 472 | 472 | 237 | 254 | 218 | 62 | Appr. | |
13 | Nom. | articolo 8 | 477 | 476 | 1 | 239 | 256 | 220 | 62 | Appr. |
F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.
INDICE ELENCO N. 2 DI 3 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 26 | ||||||||||
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Votazione | O G G E T T O | Risultato | Esito | |||||||
Num | Tipo | Pres | Vot | Ast | Magg | Fav | Contr | Miss | ||
14 | Nom. | articolo 9 | 479 | 479 | 240 | 258 | 221 | 62 | Appr. | |
15 | Nom. | articolo 10 | 478 | 478 | 240 | 259 | 219 | 62 | Appr. | |
16 | Nom. | articolo 11 | 479 | 478 | 1 | 240 | 257 | 221 | 62 | Appr. |
17 | Nom. | articolo 12 | 480 | 479 | 1 | 240 | 257 | 222 | 62 | Appr. |
18 | Nom. | articolo 13 | 477 | 477 | 239 | 256 | 221 | 62 | Appr. | |
19 | Nom. | articolo 14 | 480 | 480 | 241 | 258 | 222 | 62 | Appr. | |
20 | Nom. | articolo 15 | 481 | 481 | 241 | 259 | 222 | 62 | Appr. | |
21 | Nom. | articolo 16 | 478 | 477 | 1 | 239 | 253 | 224 | 62 | Appr. |
22 | Nom. | articolo 17 | 481 | 481 | 241 | 260 | 221 | 62 | Appr. | |
23 | Nom. | articolo 18 | 477 | 477 | 239 | 255 | 222 | 62 | Appr. | |
24 | Nom. | articolo 19 | 481 | 481 | 241 | 257 | 224 | 62 | Appr. | |
25 | Nom. | articolo 20 | 478 | 478 | 240 | 255 | 223 | 62 | Appr. | |
26 | Nom. | articolo 21 | 479 | 479 | 240 | 257 | 222 | 62 | Appr. |
INDICE ELENCO N. 3 DI 3 (VOTAZIONI DAL N. 27 AL N. 28 | ||||||||||
---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|
Votazione | O G G E T T O | Risultato | Esito | |||||||
Num | Tipo | Pres | Vot | Ast | Magg | Fav | Contr | Miss | ||
27 | Nom. | articolo 22 | 483 | 483 | 242 | 260 | 223 | 62 | Appr. | |
28 | Nom. | articolo 23 | 482 | 479 | 3 | 240 | 258 | 221 | 62 | Appr. |