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XV LEGISLATURA
Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 28 di mercoledì 19 luglio 2006
Pag. 1PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO LEONI
La seduta comincia alle 9,35.
GIUSEPPE GALATI, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, i deputati Castagnetti e Lion sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati complessivamente in missione sono quarantaquattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Seguito della discussione delle mozioni La Russa ed altri n. 1-00011, Elio Vito ed altri n. 1-00013 e Sereni ed altri n. 1-00014 in materia di missioni italiane all'estero (ore 9,38).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni La Russa ed altri n. 1-00011, Elio Vito ed altri n. 1-00013 e Sereni ed altri n. 1-00014 in materia di missioni italiane all'estero (Vedi l'allegato A - Mozioni sezione 1).
Ricordo che nella seduta del 17 luglio 2006 si è conclusa la discussione sulle linee generali.
PIERFRANCESCO EMILIO ROMANO GAMBA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PIERFRANCESCO EMILIO ROMANO GAMBA. Signor Presidente, non intervengo per anticipare la dichiarazione di voto che, a nome del gruppo di Alleanza Nazionale, svolgerà il collega Briguglio, ma per annunciare il ritiro della mozione La Russa ed altri n. 1-00011, in quanto riteniamo sia assorbita dalla mozione Elio Vito ed altri n. 1-00013.
PRESIDENTE. Ne prendo atto.
(Parere del Governo)
PRESIDENTE. Invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sulle mozioni all'ordine del giorno.
UGO INTINI, Viceministro degli affari esteri. Signor Presidente, il Governo esprime parere favorevole sulla mozione Sereni ed altri n. 1-00014, presentata dai deputati della maggioranza, e parere contrario sulla mozione Elio Vito ed altri n. 1-00013.
(Dichiarazioni di voto)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato La Malfa. Ne ha facoltà.
GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, preliminarmente mi permetta di far osservare che, contemporaneamente ai lavoriPag. 2dell'Assemblea, sono in corso sedute di numerose Commissioni, in particolare della Commissione bilancio, che sta esaminando gli emendamenti al disegno di legge riguardante la materia di cui trattano le mozioni in esame ed io stavo svolgendo un intervento in quella sede.
Il problema riguarda la programmazione dei lavori dell'Assemblea. Capisco la difficoltà, ma si creano ulteriori problemi. Ho dovuto chiedere alla presidenza la cortesia di posticipare il mio intervento. In questi casi, bisognerebbe procedere alla sconvocazione delle Commissioni anche quando non si vota.
PRESIDENTE. La ringrazio per la segnalazione; disporremo immediatamente, dato che siamo in fase di dichiarazioni di voto, la sospensione dei lavori delle Commissioni.
Prosegua pure, deputato La Malfa.
GIORGIO LA MALFA. Non intendo determinare un ritardo dei lavori delle Commissioni ma bisognerebbe invitare i presidenti delle stesse a convocarle in modo tale da evitare il sovrapporsi con i lavori dell'Assemblea.
Signor Presidente, la mozione Elio Vito ed altri n. 1-00013, di cui sono cofirmatario, illustra bene le posizioni della precedente maggioranza sulla politica estera. Constatiamo con grande preoccupazione un progressivo spostamento della politica estera del nuovo Governo anche rispetto alle enunciazioni fatte in campagna elettorale.
In particolare, in questo momento la Commissione bilancio sta esaminando - ed è la ragione del mio ritardo - un emendamento del Governo al disegno di legge relativo alla partecipazione italiana alle missioni internazionali, che prevede l'esclusione dell'uso degli elicotteri Predator nella missione in Afghanistan.
Evidentemente, è intervenuto un accordo successivo alla presentazione del disegno di legge che stabilisce il non impiego di questi elicotteri, inizialmente preso in considerazione, invece, dal Governo. Dobbiamo verificare non solo una politica estera diversa da quella della precedente maggioranza, il che è legittimo, dato il risultato delle elezioni, ma anche uno spostamento progressivo.
Lo abbiamo constatato ieri nel discorso dell'onorevole D'Alema, che giudicare non equilibrato è il minimo, anzi è stato giudicato non equilibrato da buona parte degli esponenti della maggioranza o della Margherita. Quindi, quotidianamente tale politica si sposta verso una specie di pacifismo assoluto: potrà fare piacere ai colleghi dell'estrema sinistra, ma certamente non fa piacere a noi e colloca la posizione dell'Italia nel quadro internazionale in modo molto problematico. Altro che un'Italia più europea, come si è sentito dire! Questa è un'Italia sempre più distante dai suoi impegni internazionali, sia quelli presi in sede di comunità atlantica, sia quelli presi in sede di Unione europea. Rischiamo di creare una posizione che è un unicum, che nemmeno i momenti di maggiore ambiguità degli anni della prima Repubblica avevano visto.
Segnalo tutto questo, e concludo signor Presidente, con enorme preoccupazione. Capisco che vi sono anche settori della maggioranza che si rendono conto del problema, ma prima o poi la questione dovrà essere affrontata politicamente in modo più serio.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Venier. Ne ha facoltà.
IACOPO VENIER. Signor Presidente, onorevoli deputati, oggi siamo chiamati ad approvare una mozione importante che definisce i contorni politici entro i quali dovranno muoversi le nostre missioni militari all'estero. Si tratta di un documento che è il frutto di un dibattito intenso all'interno della maggioranza, un dibattito che - è inutile negarlo - ha avuto anche momenti acuti e difficili. Tutti abbiamo accolto con soddisfazione la decisione del Governo del ritiro totale delle nostre truppe dall'Iraq, anche se noi avremmo voluto e chiediamo ancora tempi più celeri. Le altre missioni militari non vedonoPag. 3una nostra contrarietà, anche se è importante l'impegno assunto dal ministro D'Alema per il Governo ad una verifica puntuale in Parlamento degli esiti e delle prospettive di ogni singola missione.
Detto questo, è però indubbio che è emerso netto nel Parlamento e nel paese un giudizio diverso tra le forze dell'Unione sulla natura e sull'opportunità della missione militare italiana in Afghanistan. Noi del gruppo dei Comunisti Italiani in queste ultime settimane abbiamo cercato di portare informazioni ed argomentazioni a sostegno dell'opinione, che non è solo nostra ma di tanta parte del movimento della pace e del 61 per cento dell'opinione pubblica italiana, che in Afghanistan non è in corso una missione di polizia internazionale, ma una guerra vera e propria. Per noi è, infatti, davvero difficile poter considerare operazione di polizia internazionale un intervento che prevede l'uso dei cacciabombardieri e nel corso del quale, solo nelle ultime settimane, sono morte più di ottocento persone.
In realtà, siamo di fronte ad un'operazione che, seppur nata dopo l'11 settembre come risposta ad un terribile attacco terrorista, ha assunto nel tempo le caratteristiche di una guerra aperta, i cui obiettivi non sono più espliciti. Colpire, infatti, un'organizzazione terrorista non può essere la stessa cosa che combattere intere regioni, contro migliaia e migliaia di persone, causando terribili distruzioni ed enormi perdite nelle popolazioni civili. Tutto ciò, poi, nel nome di una presunta esportazione della democrazia che a Kabul ha fatto veramente pochi passi in avanti, come dimostra la forza che mantengono i macellai che si autodefiniscono «signori della guerra».
In realtà, in Afghanistan si sta consumando uno scontro del tutto diverso, che ha come posta la ridefinizione della geopolitica mondiale, nel nome dell'egemonia USA su un'area strategica che va dal Medio Oriente sino ai confini della Cina. Il Presidente Bush ha chiarito bene quale sia la strategia del Governo USA quando ha dichiarato che questa guerra durerà per un'intera generazione ed è stata dichiarata perché nessuna nascente potenza regionale possa mettere in discussione gli attuali equilibri di forza a livello mondiale. Il tutto per la difesa dell'attuale standard di vita e di spreco dei cittadini statunitensi che essi considerano non negoziabile.
L'Iraq come l'Afghanistan sono, quindi, cruciali per gli Stati Uniti non per l'esportazione della democrazia o dei diritti umani, ma perché fondamentali ai fini del controllo diretto dei principali giacimenti di petrolio e di gas. Come in Iraq anche in Afghanistan, dopo cinque anni di guerra, l'instabilità è ormai una costante e la sicurezza una vera e propria chimera. Ciò che è stato esportato, in realtà, sono le tragedie umanitarie per le popolazioni che, paradossalmente ma non troppo, costituiscono il brodo di coltura ideale per ogni organizzazione fondamentalista e terrorista.
Noi Comunisti Italiani riteniamo che prima l'Italia e l'Europa si differenzieranno completamente da questa guerra scatenata dal Governo statunitense, prima potremo difendere gli interessi veri dei nostri popoli e prima ancora la politica e non la guerra tornerà ad essere la forma del confronto internazionale. Per questo, in modo strutturale riteniamo incompatibile la missione in Afghanistan con l'articolo 11 della nostra Costituzione e con il programma dell'Unione, che vincola tutte le forze della maggioranza. Di questo abbiamo discusso e il confronto tra di noi è oggi parte del dibattito pubblico del nostro paese. Dobbiamo però registrare che, ad oggi, non siamo ancora riusciti a trovare nella maggioranza un'intesa per aprire le porte ad un ritiro dei nostri militari dall'Afghanistan, come invece abbiamo fatto e deciso per l'Iraq. Noi continuiamo e continueremo a sostenere che la soluzione minima necessaria per l'Afghanistan è il ritiro, anche della missione ISAF, e che, tra l'altro, non è sotto il comando ONU ma della NATO.
Siamo convinti che, se oggi il nostro obiettivo non può drammaticamente realizzarsi, in futuro le nostre argomentazioni, come nel caso dell'Iraq, diventeranno patrimonio di tutta la coalizione, di cui lealmente facciamo parte. Detto questo,Pag. 4non possiamo che registrare, senza trionfalismi ma anche con soddisfazione, che la mozione che il Parlamento si appresta ad approvare rappresenta un passo in avanti nel metodo e nel merito.
Nel metodo la mozione indica la necessità che l'Italia si faccia promotrice di un'ampia fase di approfondimento nelle sedi internazionali di tutti gli strumenti con cui le Nazioni Unite e la NATO operano in Afghanistan. C'è inoltre l'impegno fondamentale a non partecipare come paese alla missione Enduring freedom, ma, anzi, a promuoverne il superamento. Nel merito, tra i tanti punti in avanti, mi preme sottolineare il fatto che un emendamento da noi presentato al disegno di legge sulle missioni per l'applicazione del codice militare di pace a tutti i nostri militari all'estero è divenuto emendamento dell'intera maggioranza, con l'impegno del Governo ad accoglierlo.
Centrale risulta per noi la questione dell'indagine sulle tragedie umanitarie ed ambientali prodotte dall'uso di proiettili all'uranio impoverito e dalle bombe al fosforo bianco. L'uso di questi armamenti in Kosovo, come in Iraq e in Afghanistan, si configura infatti come un crimine di guerra che colpisce le popolazioni inermi per intere generazioni. Per questo, noi riteniamo che vadano riconosciuti ai popoli colpiti i danni di guerra e che l'Italia debba promuovere a livello internazionale la messa al bando di questo tipo di armi, che sono, nei fatti, armi di distruzione di massa. Infine, importantissima per noi è la richiesta, che il Parlamento formula al Governo, di una netta separazione tra la cooperazione e gli interventi militari. Il nostro Governo si è mosso secondo questo principio, denunciando pubblicamente le caratteristiche essenzialmente militari di quel Provincial reconstruction team, che la destra voleva mantenere in Iraq per raggirare nei fatti l'impegno al ritiro. Dato però che i PRT sono diffusi in tutto l'Afghanistan, ci aspettiamo che, una volta approvata la mozione, il Governo italiano superi anche in questo paese questo tipo di presenza e punti, invece, sulla vera cooperazione civile, fatta essenzialmente insieme alle ONG locali, come fanno le Nazioni Unite. Ci sono poi vari punti, sia nella premessa che negli impegni, che definiscono il fatto che le missioni militari italiane devono svolgersi sotto il costante controllo del Parlamento, che opererà anche in rapporto con la società civile e il mondo della cooperazione internazionale.
Signor Presidente, onorevoli deputati, il partito dei Comunisti Italiani non è mai stato contrario per principio alle missioni militari italiane all'estero. In relazione alle missioni militari sosteniamo che, come è scritto nel programma dell'Unione e cito testualmente, «l'Italia deve dare un'applicazione rigorosa dell'articolo 11 della Costituzione, che, oltre all'ovvio principio dell'autodifesa, prevede e consente l'uso collettivo della forza soltanto in quanto misura di sicurezza collettiva, come previsto dall'articolo 7 della Carta delle Nazioni Unite, secondo criteri che distinguano la funzione di polizia internazionale dalla guerra, il mandato delle Nazioni Unite, una forza delle Nazioni Unite di natura tale da garantire la terzietà rispetto al paese e agli interessi in campo, la congruità dei mezzi rispetto ai fini perseguiti».
Il programma dell'Unione è ciò che vincola tutti noi e che ci lega al patto elettorale che gli elettori hanno premiato.
Noi faremo ogni sforzo per darvi attuazione.
Signor Presidente, onorevoli deputati, alla luce di tali considerazioni, il gruppo dei Comunisti Italiani voterà, quindi, a favore della mozione presentata dalla maggioranza; voteremo a favore perché un solo punto, anche se importantissimo, di dissenso non può far mancare la nostra fiducia ad un Governo e ad una maggioranza che stanno complessivamente bene operando.
Noi Comunisti Italiani continueremo a batterci, con tutte le nostre forze, per la pace e per il ritiro dall'Afghanistan e perché il nostro paese continui a definire una propria politica estera pienamente autonoma, europea e libera (Applausi dei deputati del gruppo dei Comunisti Italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata De Zulueta. Ne ha facoltà.
TANA DE ZULUETA. Signor Presidente, nel corso della discussione sulle linee generali abbiamo avuto modo di spiegare i motivi per cui ci riconosciamo nella mozione sulla quale il Governo ha espresso parere favorevole; la mozione sottoscritta da tutti i presidenti di gruppo dell'Unione.
Ritengo che questa mozione consenta al Governo di poter sostenere, così come ha fatto il viceministro Intini in Commissione affari esteri, la valenza strategica del disegno di legge in materia di missioni internazionali in quanto primo atto parlamentare della politica estera del Governo Prodi; tale strategia è stata esplicitata nei punti politici più significativi contenuti in questa mozione e, pertanto, noi ci ritroviamo con convinzione nel suo dispositivo.
Vorrei richiamare però l'attenzione su un paio di profili che non abbiamo discusso.
Il primo riguarda l'impegno che noi chiediamo al Governo per un particolare investimento negli strumenti della prevenzione dei conflitti e di mediazione e di accompagnamento dei processi di pace. Risulta che l'Italia sta svolgendo un'azione diplomatica di cui auspico l'efficacia; un'azione che di sicuro sarà utile nel conflitto in atto tra Israele e zone del Libano. Spero che tale intervento italiano abbia successo.
A dire il vero, noi riteniamo che si tratti di un'azione di supplenza perché in questi giorni l'Unione europea non ha un'investitura politica sufficientemente coesa per svolgere un'azione diplomatica forte; alcuni paesi dell'Unione, però, hanno avanzato proposte, sottoscritte anche dal nostro Governo, molto importanti. La prima di queste è la proposta di una forza di interposizione dell'ONU per mettere in sicurezza la frontiera del Libano ed Israele; a tale proposito, spero che tale soluzione possa trovare il sostegno del Consiglio di sicurezza al quale l'Italia, come membro non permanente, parteciperà.
Voglio anche richiamare l'attenzione su talune questioni che possono apparire di dettaglio; quando noi chiediamo al Governo di impostare l'attività di cooperazione giudiziaria dell'Italia con l'Iraq conformemente al diritto penale internazionale e all'acquis della Corte penale internazionale, pensiamo anche al processo in corso contro Saddam Hussein. Quel processo rappresenta un percorso estremamente importante per il popolo iracheno, ma anche per la comunità internazionale che, in qualche modo, lo ha tacitamente «sottoscritto». Se dovesse concludersi, tale processo, con l'impiccagione del dittatore Saddam Hussein, ritengo che noi avremmo reso un pessimo servizio al nostro concetto di diritto e avremmo rafforzato una logica basata sulla vendetta. Spero che ciò non avverrà e che potremo in qualche modo adoperarci in tal senso.
Per quanto riguarda la giustizia in Afghanistan, vorrei ricordare che lì vige la sharia e che noi siamo il paese che in primo luogo sostiene la riforma della giustizia afghana. A mio avviso, dovremmo tentare di avvicinare di più la giustizia afghana, nelle forme in cui si sta concretizzando, ai principi che noi riteniamo essenziali per uno Stato di diritto, a cominciare dal pieno rispetto dei diritti umani.
A questo fine credo che sarà necessario un lavoro un po' diverso e un investimento un po' più sostanzioso nella qualità della giustizia afgana. Non si tratta di un'azione teorica perché in certe zone dell'Afghanistan, dove la giustizia statale non arriva, sta tornando la giustizia come servizio alla comunità fornita dai talebani, che in certe comunità locali non vengono visti come tiranni od oppressori ma come fornitori di sicurezza. Credo che occorra tener conto di tutto ciò e, a nome del gruppo dei Verdi, ribadisco il nostro voto favorevole sulla mozione Sereni n. 1-00014, che spero ci aiuterà a portare avanti una politica estera coesa in giorni estremamentePag. 6difficili per la comunità internazionale (Applausi dei deputati dei gruppi dei Verdi e de La Rosa nel Pugno).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Mancini. Ne ha facoltà.
GIACOMO MANCINI. Signor Presidente, signori del Governo, onorevoli colleghi, la mozione presentata dalle forze dell'Unione di centrosinistra, che la Rosa nel Pugno ha contribuito ad elaborare e che voterà, punta a definire l'azione del Governo rispetto alle missioni internazionali e, più in generale, fissa le traiettorie della politica estera dell'Italia per il presente e per il futuro.
Nel corso del dibattito che ha impegnato in questi giorni il Parlamento, in molti, tra i leader dell'opposizione, hanno tenuto a rimarcare una - a loro detta - sostanziale continuità nell'azione dell'attuale Governo rispetto a quella del passato esecutivo.
Riguardo ai temi di politica estera le grandi democrazie calibrano una linea che è normalmente condivisa da uno spettro di forze più ampio di quelle che compongono la maggioranza parlamentare. È questa una consuetudine che vorremmo si affermasse anche nel nostro paese. Riteniamo, però, che abbia ragione il viceministro Intini, che è intervenuto con puntualità in questo dibattito e che segue con acutezza la crisi in Medio Oriente, quando ha ricordato che la politica estera italiana tradizionale espressa dai Governi guidati dai democristiani e dai socialisti si è sempre basata su due forti pilastri: uno rappresentato dall'Alleanza atlantica, l'altro dall'unità politica dell'Europa.
Il passato Governo ha messo in discussione questa giusta e sperimentata impostazione ed ha preferito sbilanciarsi verso uno soltanto di questi pilastri: l'Alleanza atlantica. Questa determinazione ha costretto l'Italia a coltivare un rapporto quasi esclusivo con Washington e a sostenere acriticamente la dottrina unilaterale di Donald Rumsfeld e a marcare le distanze con quella che veniva sprezzatamente definita la «vecchia Europa».
E proprio qui poggia la differenza o, se si preferisce, la discontinuità che le forze del centrosinistra vogliono imprimere alla nostra presenza nello scacchiere planetario.
La sfida in cui oggi è impegnato il nostro paese, il suo Governo, la sua maggioranza è quella di investire e di far accrescere il ruolo politico dell'Europa con l'obiettivo ambizioso di far diventare l'Unione europea un attore forte e autorevole che potrà spendersi utilmente nella risoluzione delle tante criticità della comunità internazionale.
Da ormai otto giorni il Medio Oriente è sconvolto da venti di guerra. L'attacco del 25 giugno dei miliziani libanesi, Hezbollah, di Hassan Nasrallah, contro il kibbutz di Kerem Shalom, che ha provocato l'uccisione di due soldati israeliani e il rapimento del caporale Shalit, è stata la terribile scintilla che ha provocato la dura reazione di Israele ed ha rappresentato l'inizio di una nuova e terribile escalation di violenze in quella martoriata area del globo.
Il nuovo conflitto rischia di compromettere definitivamente i già difficili negoziati di pace che faticosamente si stavano svolgendo e, conseguentemente, può dare forza ai movimenti fondamentalisti islamici e a quei paesi arabi, con in testa Iran e Siria, che apertamente dichiarano il loro intento di cancellare lo Stato di Israele dalla carta geografica.
In questo drammatico contesto, il dovere della comunità internazionale è quello di impegnarsi in una decisa azione politico-diplomatica finalizzata all'interruzione di questa devastante spirale di violenza. Ieri, il ministro degli esteri ha riferito in Parlamento del suo impegno personale, di quello del Presidente del Consiglio e del Governo. Apprezziamo l'operato e auspichiamo che l'azione sinergica tra Stati Uniti d'America e Unione europea porti ad immediati risultati positivi per la stabilità della comunità internazionale.
L'Italia è chiamata a fare la sua parte. L'ambizione è quella di tornare a svolgere un ruolo riconosciuto e non secondario.Pag. 7La mozione che stiamo votando potrà conferire al nostro paese - ce lo auguriamo - un nuovo slancio in questa difficile sfida (Applausi dei deputati del gruppo de La Rosa nel Pugno).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Del Bue, per un minuto. Ne ha facoltà.
MAURO DEL BUE. Signor Presidente, ho ascoltato la replica puntuale del viceministro Intini seguita al dibattito che si è svolto in quest'aula e voglio solo soffermarmi su due punti di questa replica, dopo l'intervento che ho pronunciato ieri mattina nel corso del dibattito. In primo luogo, è vero che, in altre nazioni, taluni partiti come il partito laburista, il New Labour di Tony Blair, o il partito repubblicano di Bush negli Stati Uniti si dividono su grandi questioni di politica estera, ma è anche vero che esiste in Gran Bretagna come negli Stati Uniti, e come altrove, una maggioranza di Governo omogenea, al di là delle divisioni dei singoli partiti per le scelte importanti di politica estera. Ora, invece, in Italia ci troviamo di fronte ad una maggioranza divisa sui temi di politica estera, condizionata profondamente da un'estrema sinistra che, non condividendo le opzioni di fondo della politica estera italiana, pretende una serie di mediazioni che portano poi alla presentazione di mozioni così generiche come quella presentata nel corso di questo dibattito, in accompagnamento al disegno di legge sulle missioni.
Vengo al secondo punto della replica del viceministro Intini. È vero che maggioranze e minoranze si uniscono spesso in grandi paesi sui grandi temi di politica estera - è vero che questo avviene soprattutto negli Stati Uniti d'America -, ma è anche vero che maggioranza e minoranza si uniscono, come è accaduto in Italia su alucni temi di politica estera in occasione di certe decisioni in passato, senza per questo che la minoranza si sostituisca ad una parte della maggioranza che viene meno. Questo invece è ciò che può accadere in Italia. Dunque, mi pare sia giusto richiamare la particolarità italiana rispetto ai due esempi di Intini.
Noi siamo d'accordo, lo eravamo ieri e lo saremo domani - e concludo -, per quanto riguarda le missioni italiane all'estero; non abbiamo dubbi sulla necessità di proseguire le missioni in Afghanistan e di porre un accento nuovo sull'esigenza di intervenire anche in quelle aree del mondo che sono state fino ad ora ritenute assolutamente marginali, come l'Africa o il Darfur. Riteniamo possibile una partecipazione italiana ad una missione di pace in Libano, purché all'interno di questo conflitto sia chiaro che la responsabilità principale sta nel terrorismo che ha aggredito Israele e la necessità principale è quella di disarmare Hezbollah, secondo la risoluzione dell'ONU (Applausi dei deputati del gruppo della Democrazia Cristiana-Partito Socialista).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cioffi. Ne ha facoltà.
SANDRA CIOFFI. Signor Presidente, onorevoli colleghe, onorevoli colleghi e signori ministri, desidero per prima cosa sottolineare che il voto favorevole sulla mozione Sereni n. 1-00014 relativa al finanziamento delle missioni italiane all'estero è anche un apprezzamento per la politica estera dell'Italia.
Una politica che, nel pieno rispetto dei principi costituzionali in materia di tutela degli interessi politici ed economici del paese, attribuisce all'Italia un grande ruolo quale punto di riferimento internazionale e di promozione dell'equità, della giustizia e della pace.
Proprio per tale motivo, signor Presidente, i Popolari-Udeur non accettano quella politica del muro contro muro che danneggia l'immagine del nostro paese. Nel rispetto del ruolo della maggioranza e dell'opposizione riteniamo che l'interesse dell'Italia sia prioritario.
Abbiamo partecipato fattivamente alla definizione del testo della mozione proposta dalla maggioranza in materia di missioni italiane all'estero e riteniamo che talePag. 8mozione, per quanto ci riguarda, debba costituire anche la linea guida per la futura azione del Governo in politica estera.
A volte, non condividiamo l'eccesso di distinguo emerso anche all'interno della nostra maggioranza. Siamo per una politica estera che tenda sempre a valorizzare il ruolo del nostro paese in una dimensione multilaterale, multipolare e globale, al fine di promuovere una comunità internazionale basata sullo sviluppo e sulla solidarietà tra i popoli.
In questi primi tre mesi del Governo di centrosinistra non si può non rilevare, infatti, un grande impegno per rilanciare la posizione dell'Italia in una dimensione europeista. L'Italia sta finalmente tornando ad essere protagonista, giocando un ruolo attivo non solo per la prevenzione dei conflitti e per il mantenimento della pace, ma anche per la creazione di un assetto più equilibrato non solo in ambito europeo.
Tuttavia, bisogna fronteggiare una serie di gravissimi problemi, a cominciare dalle molteplici minacce alla sicurezza provocate dal terrorismo, che occorre efficacemente contrastare. Pertanto, il ruolo dell'Italia nel rapporto con le grandi organizzazioni sovranazionali - in primis l'ONU - diventa di fondamentale importanza.
Il nostro impegno dovrà anche essere quello di contribuire a rilanciare e ridefinire il ruolo di tali organizzazioni, valorizzando anche un nuovo rapporto tra Europa e Stati Uniti; rapporto che dovrà essere paritario, al fine di consentire un confronto equilibrato rispetto alle diverse problematiche da affrontare, come ad esempio quella relativa all'attuale conflitto tra Libano ed Israele.
Le decisioni assunte dal Governo ci trovano pienamente d'accordo. Riteniamo infatti indispensabile - entro i tempi previsti dall'esecutivo - il rientro del nostro contingente dall'Iraq, concordandone con le autorità irachene i tempi e i modi. Lasciare l'Iraq non dovrà tuttavia significare abbandonare gli iracheni, in quanto riteniamo necessario il contributo del nostro paese dal punto di vista della ricostruzione civile ed economica e dell'aiuto alla formazione; contributo però da non fornire in territorio iracheno.
Per quanto riguarda le altre missioni internazionali nelle quali siamo impegnati - ciò è ben chiaro nella nostra mozione - sono tutte basate su azioni mirate a favorire la sicurezza, la tutela dei diritti umani, la promozione della democrazia, nonché la stabilizzazione e la ricostruzione nell'ambito di operazioni di peace-keeping adottate in sintonia con gli organismi internazionali.
Si tratta di missioni che vedono le nostre Forze Armate fortemente impegnate, anche con grande umanità e professionalità, con risultati eccellenti e apprezzamenti a livello internazionale e da parte delle popolazioni locali.
Proprio per tale motivo, nell'ambito di una politica estera che non sia caratterizzata dal muro contro muro, non possiamo non essere favorevoli anche ad alcuni aspetti - soprattutto per quanto riguarda i Balcani - contenuti nella mozione Elio Vito n. 1-00013.
La missione in Afghanistan ha una diversa caratterizzazione rispetto a quella in Iraq, infatti è stata realizzata in applicazione dell'articolo 5 del Trattato atlantico. Pertanto la nostra presenza è indispensabile per la ricostruzione del paese.
Apprezzando, quindi, il lavoro che l'esecutivo sta svolgendo, dichiaro il voto favorevole del gruppo dei Popolari-Udeur sulla mozione presentata dalla maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo dei Popolari-Udeur).
Chiedo infine che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Onorevole Cioffi, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.
FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, annuncio il votoPag. 9favorevole del gruppo dell'Italia dei Valori sulla mozione Sereni ed altri n. 1-00014.
Tale mozione, volta ad articolare un giudizio sulle missioni di pace, che si accompagna ad un disegno di legge che, con un azzardo verbale, potremmo definire poco più che un atto amministrativo, perché serve soltanto a rifinanziare un impegno che, in taluni casi, portiamo avanti da anni, per non dire da decenni, è volta, tra l'altro, anche a sostenere e a riorientare correttamente il senso delle nostre scelte di politica estera e la nostra collocazione nel quadro delle alleanze internazionali, a partire dalle politiche dell'Unione europea.
Rispetto al dibattito che, in questi giorni, in queste settimane, si è sviluppato dentro e fuori le aule parlamentari, mi ha colpito la divergenza tra chi voleva accentuare il carattere di continuità delle missioni internazionali e chi ne voleva marcare il carattere di discontinuità. Ovviamente, non si tratta di un artificio dialettico. In ogni provvedimento, riguardante soprattutto la politica estera, possiamo riscontrare elementi di continuità e di discontinuità.
Vorrei provare a coniugare questi due momenti da un punto di vista strettamente politico, partendo dall'osservazione acuta del collega Leoluca Orlando, per il quale con questa mozione marchiamo in maniera più forte e più corretta lo spirito dell'articolo 11 della Costituzione e l'elemento di discontinuità rispetto al riferimento improprio all'articolo 11, fatto precedentemente.
Il nostro gruppo, Italia dei Valori, individua un elemento di novità. La vera discontinuità di questo provvedimento si rinviene nel passaggio in cui si afferma che il finanziamento della missione Antica Babilonia è finalizzato al ritiro delle nostre truppe da quel teatro di guerra. Non è una fuga, non è un disimpegno, ma è la coerente conseguenza del riorientamento delle nostre scelte di politica internazionale. Infatti, è importante e significativo ricordare che, in quel teatro di guerra, le nostre truppe, almeno all'inizio, non si trovavano sotto l'egida delle Nazioni Unite. Eravamo al seguito di un'iniziativa sbagliata, di una guerra assolutamente inefficace nella lotta al terrorismo, anzi una guerra che ha prodotto il diffondersi del terrorismo in quella realtà. Per non parlare delle atrocità di cui siamo venuti a conoscenza a seguito di quelle azioni; penso alle condizioni dei detenuti di Guantanamo, a quanto è accaduto d Abu Ghraib, senza dimenticare le operazioni sporche portate avanti dagli 007 a livello internazionale, che hanno coinvolto persino il nostro paese e su cui spero si riuscirà alla fine a fare chiarezza.
Ma la domanda centrale è: può continuare ad essere efficace, se questo era il vero obiettivo, la lotta al terrorismo, immaginando soltanto di bombardare le montagne o le pianure dove si pensa possa essersi nascosto, di volta in volta, Bin Laden o qualche suo adepto, senza colpire le vere centrali che alimentano il terrorismo? Mi riferisco al sistema bancario, al sistema della finanza internazionale, che, questi sì, dovrebbero essere colpiti con efficacia e con interventi mirati. Quindi, cogliamo nel ritiro delle nostre truppe dall'Iraq il primo elemento di discontinuità.
Il secondo elemento di discontinuità lo cogliamo nel provvedimento in esame oggi, laddove mettiamo in discussione la nostra presenza all'interno della missione Enduring freedom, in verità, già ridotta e fuori dal teatro afghano.
Infine, l'ultimo elemento di discontinuità che vogliamo sottolineare, perché è stato proposto, in primo luogo, da un deputato del gruppo dell'Italia dei Valori, è costituito dal superamento del codice penale militare, che era limitato, almeno nella prima stesura del provvedimento, soltanto alle missioni che operano in Afghanistan. A fronte delle numerose proposte emendative e di una disponibilità fin qui affermata dal Governo a rimettere in discussione l'applicazione di questo codice per le sole missioni che operano in Afghanistan, noi cogliamo questo elemento di discontinuità. Con la mozione, quindi, diamo un contributo al Governo, al paese e negli organismi internazionali.Pag. 10
C'è indubbiamente una questione politica di fronte a noi. Su questa votazione si incentra oggi l'attenzione del paese e delle forze politiche, perché la maggioranza è chiamata in primis a sostenere uno sforzo di coesione e di sostegno alle scelte del Governo. Tuttavia, siccome siamo anche in un momento particolarmente difficile (le notizie drammatiche che giungono dal Libano e l'ipotesi che, già dalla prossima settimana, le nostre forze militari possano essere impegnate in una nuova missione di interposizione pacifica), sarebbe quanto mai auspicabile che, ferma restando l'autosufficienza della maggioranza, potessimo riuscire a realizzare quest'oggi un più ampio consenso intorno alla mozione e, soprattutto, al disegno di legge che sostiene il rifinanziamento delle nostre missioni di pace.
Pertanto, confermo il voto favorevole dell'Italia dei Valori (Applausi dei deputati del gruppo dell'Italia dei Valori).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Giancarlo Giorgetti. Ne ha facoltà.
GIANCARLO GIORGETTI. Penso che la prima considerazione da cui dobbiamo muoverci nel votare queste mozioni è che non esiste una maggioranza di Governo in politica estera. Non lo diciamo noi dell'opposizione, ma lo ha già detto molto chiaramente il viceministro Intini, in sede di replica, osservando candidamente che non si tratta di un problema soltanto italiano e soltanto di questa maggioranza, ma che è abbastanza diffuso in tutto il mondo. Egli ha portato esempi illuminanti, come gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, dove i partiti che esprimono il Governo hanno posizioni differenziate al proprio interno.
Quindi, se non c'è una maggioranza nelle scelte di politica estera, cosa importa? L'importante è trovare delle convergenze in Parlamento. Questa è una evidente ammissione della realtà dei fatti. Lo abbiamo riscontrato, anche in questi giorni e in queste ore, negli interventi degli esponenti della maggioranza, fatti a diverso titolo, che si contemperano in una mozione equivoca, che dice tutto e nulla, tanto che possiamo assolutamente affermare che è possibile dire una cosa - lo hanno fatto il collega Venier e, ieri, la collega di Rifondazione Comunista -, scriverne un'altra nella mozione e, poi, nella realtà, farne un'altra ancora quando si tratta di approvare il disegno di legge, che noi voteremo, che proroga le missioni militari internazionali di pace.
In questa situazione di estrema confusione, in cui lo stesso Governo ammette di non avere una maggioranza e confida di trovarne un'altra all'interno della Camera, credo che la chiave di lettura, che ci deve ispirare e guidare nella problematica relativa alle missioni militari di pace all'estero, sia costituita dal principio di immaginazione piuttosto che dal principio della realtà.
Il principio di immaginazione, purtroppo, guida larga parte dell'attuale maggioranza di sinistra, che si rifugia in immagini certamente auspicabili, ma assolutamente irrealistiche.
L'ingerenza umanitaria non violenta - per carità! - è una cosa nobilissima, allorché si attua attraverso le armi della diplomazia, della pressione internazionale e del convincimento. Ma sappiamo perfettamente che queste sono armi spuntate, quando ci troviamo di fronte ai cosiddetti Stati canaglia.
Poi, ci sono le solite frasi ricorrenti, che tirano sempre in ballo l'ONU. Peccato che l'ONU abbia una capacità di intervento limitatissima, essendo sottoposta a veti incrociati, ed una capacità operativa ulteriormente limitata. Quindi, il ricorso ripetuto all'ONU rappresenta, in realtà, soltanto un escamotage per eludere i problemi e, magari prendere tempo in attesa che qualcun altro ci tolga le castagne dal fuoco. Adesso, è tornata di moda l'esigenza di attuare una politica estera europea e - per carità! - questo lo condividiamo anche noi.
Vi sono difficoltà domestiche e non riusciamo a trovare una linea comune: allora, si dice che l'Europa dovrebbe promuovere una politica estera unita e comune,Pag. 11per contrastare le situazioni di crisi che abbiamo di fronte. Peccato che l'Europa non abbia una politica estera comune e peccato che, ad esempio, i vertici del Governo francese sostengano posizioni totalmente diverse rispetto a quelle di altri Governi europei!
Allora, rispetto al principio di immaginazione, che guida la politica estera della maggioranza, credo si debba partire dal principio di realtà, considerando la realtà dei fatti. E la realtà dei fatti è che - come bene si dice nella mozione presentata dalla Casa delle libertà - l'11 settembre ha segnato una svolta. Non si può dire - come anche ieri ha fatto il ministro D'Alema - che la situazione del terrorismo si è, di fatto, incancrenita per colpa degli americani, che sono intervenuti in Iraq e a Baghdad. Dobbiamo partire dal principio di realtà che la forza militare, talvolta, è necessaria, purché ci sia la legittimazione internazionale: lo afferma anche qualche esponente del Governo e lo ha sostenuto più volte l'onorevole Intini. Dobbiamo distinguere tra missioni legittimate dalle risoluzioni dell'ONU e altre missioni che tale legittimazione non hanno ottenuto. Perfetto!
Tuttavia, se ripercorriamo la storia delle missioni rifinanziate dal Governo attraverso il disegno di legge all'esame dell'Assemblea, troveremo missioni di pace, in cui si è ricorso alle forze militari, che inizialmente non erano legittimate da risoluzioni dell'ONU. Non vorrei che la memoria mi tradisse, ma mi trovavo in quest'aula quando l'allora Governo D'Alema partecipò ad azioni di guerra nei Balcani, addirittura senza l'autorizzazione del Parlamento, che è arrivata dopo.
Allora, lo ribadisco: vi sono il principio di immaginazione e il principio di realtà. Certo, in questi anni lo stesso onorevole D'Alema ha dimostrato di avere ben presente il principio di realtà che dovrebbe condurre la politica estera di un paese. È un principio da tenere presente, quando si ha la responsabilità di condurre tale politica.
Ieri, il principio di realtà ha portato l'onorevole D'Alema a dire, in questa sede, che la missione in Iraq è sbagliata e che machiavellicamente si potrebbe affermare che oggi il fenomeno terroristico, anche di marca sciita, si è acuito per il fatto che in Iraq non c'è più Saddam Hussein. Magari, se ci fosse ancora Saddam Hussein, il terrorismo di marca sciita, che evidentemente ispira soprattutto Hezbollah, oggi avrebbe minore forza propellente. Ciò vuol dire che, oggi, sarebbe stato meglio avere ancora Saddam Hussein al Governo dell'Iraq? Lo vogliamo chiedere ai curdi che vivono in Iraq e che, forse, oggi hanno spazi di autonomia e democrazia che sotto Saddam Hussein non avevano mai conosciuto? Chiediamo alla popolazione irachena se è più contenta oggi rispetto a qualche anno fa! Ribadisco che l'onorevole D'Alema ben conosce il principio di realtà, e lo ha dimostrato quando ha deciso di partecipare alla guerra umanitaria nei Balcani.
Oggi, a posteriori, quella guerra fu giusta, ma dobbiamo mantenere nel Kosovo i nostri militari a difendere l'esigua minoranza perseguitata, di cui tutti si dimenticano, di religione cristiana.
PRESIDENTE. Onorevole Giorgetti...!
GIANCARLO GIORGETTI. Concludo, Presidente. Riguardo all'Afghanistan, trovo che nella mozione della maggioranza vi siano cose veramente incredibili. Prima si afferma che «in Afghanistan agli aspetti positivi del risveglio democratico del popolo afghano, visibile in particolar modo nella rinnovata partecipazione femminile alla vita sociale e politica, e all'allontanamento della dittatura integralista dei talebani, si affianca una situazione di evidente criticità, caratterizzata dalla difficoltà di stabilizzazione e di rafforzamento delle istituzioni democraticamente elette, dalla persistenza di aree ancora controllate dai talebani e altri gruppi armati e dalla permeabilità dei confini del paese a infiltrazioni di gruppi terroristici». Dopo aver detto questo, per accontentare non si sa quante componenti della maggioranza, al punto c) del dispositivo si conclude con una valutazione sulla prospettiva di superamentoPag. 12della missione Enduring freedom in Afghanistan, cioè la possibilità di andarcene, permettendo le infiltrazioni terroristiche, così che il consolidamento democratico non avvenga.
Tale difficile conciliazione tra principio di immaginazione e principio di realtà dimostra l'assoluta inconsistenza della politica estera del Governo, che non c'è e che si regge solo su una incerta prospettiva.
Noi del gruppo della Lega Nord, anche se nelle premesse vi sono più parti che non ci convincono pienamente, voteremo convintamente la mozione presentata dalla Casa delle libertà (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mellano. Ne ha facoltà.
BRUNO MELLANO. Egregio Presidente, cari colleghi, è il mio primo intervento in quest'aula e prendo la parola con qualche tremore e difficoltà, poiché intendo ricordare quello che è accaduto l'altra sera al Portico d'Ottavia.
Cari colleghi della sinistra, cari colleghi del Governo, caro viceministro Intini, gli applausi a scena aperta all'ex ministro degli esteri, Gianfranco Fini, al Portico d'Ottavia l'altra sera, dicono qualcosa a me e dovrebbero dire qualcosa a lei. Non possiamo ripercorrere la strada di quel centrosinistra o di quelle coalizioni democristiano-socialiste che hanno portato l'Italia ad essere vicina soltanto ad una parte.
L'amicizia instaurata in questi anni - occorre darne atto - con lo Stato d'Israele e con il Parlamento e le istituzioni israeliane sono una conquista da non disperdere. Credo che, all'interno di una politica estera per molti aspetti orrenda e vergognosa, come quella dell'amicizia con Putin, lo sterminatore dei ceceni, occorre riconoscere al Governo Berlusconi, e io lo faccio, all'ex ministro degli esteri Fini, ed io lo faccio, un'inversione di tendenza nei rapporti con il Governo d'Israele e le istituzioni democratiche israeliane. Partiamo da lì, mettiamo assieme i due aspetti della medaglia, diamo nuova forza a quel percorso accidentato della politica estera italiana, che negli anni Ottanta e Novanta ha portato ad uno sbilanciamento rispetto ad alcune formazioni terroristiche palestinesi ed a una lontananza rispetto alle buone ragioni dello Stato democratico di Israele.
È per questo che valuterò come votare la mozione presentata: sicuramente voterò, almeno su molte parti di essa, a favore, ma intendo segnalare a lei e al Governo l'esigenza di tenere conto di una politica estera che in questi anni è cambiata, per cui non si butti via insieme all'acqua sporca anche il bambino dei nuovi buoni rapporti con lo Stato d'Israele (Applausi dei deputati del gruppo de La Rosa nel Pugno).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Forlani. Ne ha facoltà.
ALESSANDRO FORLANI. Signor Presidente, onorevole viceministro, onorevoli colleghi, nel ribadire le ragioni di assenso alla mozione Elio Vito, La Russa, Volontè ed altri n. 1-00013, dichiaro che il gruppo cui appartengo voterà a favore del provvedimento sul rifinanziamento delle missioni internazionali.
La mozione evidenzia la nostra convinzione della necessità che paesi pervenuti ad un livello avanzato di salvaguardia dei diritti civili, di rispetto delle libertà fondamentali e di garanzia dei diritti umani fondamentali non restino indifferenti alla sofferenza dei popoli, alle violenze di massa, ai soprusi, alle aggressioni tra Stati ed alle violazioni del diritto internazionale.
Il dialogo, la cooperazione economica, tecnologica e culturale, la capacità di cogliere le specificità e le ragioni delle singole crisi devono essere gli strumenti privilegiati per combattere la povertà, che spesso favorisce lo sviluppo dei conflitti e del terrorismo, e per concorrere ad una più equa ripartizione delle risorse. Ma, quando i conflitti sono aperti e le popolazioni sono esposte a rischi di massacri ePag. 13di nuove oppressioni, l'intervento, volto alla deterrenza, all'interposizione ed alla garanzia della ricostruzione morale e materiale, diviene essenziale.
Lasciamo l'Iraq modificando la forma di cooperazione con quel paese, che comunque non abbandoniamo ad un destino di violenza, di terrorismo, di guerriglia, di massacri di civili. I nostri militari possano sentire l'orgoglio di avere servito una comunità sofferente e di aver concorso alla ricostruzione istituzionale di quel paese e all'insediamento di un regime parlamentare democratico. E tutto il nostro paese dovrà sempre onorare la memoria dei militari e civili il cui sangue è stato versato per questa causa. Rimarremo con una missione di cooperazione e di assistenza al popolo iracheno.
Confermiamo le altre missioni, confidando di poter conseguire, nei prossimi anni, la stabilità istituzionale e condizioni di pacifica convivenza nelle aree interessate, alcune delle quali presentano, ancora oggi, una complessità che richiede un supplemento di impegno e di presenza a tutta la comunità internazionale. Mi riferisco, in particolare, a Palestina, Afghanistan e Darfur. Ribadisco la necessità di restare in Afghanistan, dove di fatto è ripresa la guerra civile, e dove vanno mantenuti stretto collegamento e leale solidarietà con le Nazioni Unite, gli alleati della NATO ed il governo Karzai, per evitare, insieme, il ritorno ad un passato di oppressione, di oscurantismo e di lacerazione della comunità nazionale.
Mi auguro - e questo dovrà essere un impegno di tutti noi, di tutte le forze politiche presenti in Parlamento - che sempre più si sviluppi un monitoraggio anche di tipo parlamentare, anche da parte delle competenti Commissioni parlamentari, sull'esito di queste nostre missioni, sulle scelte, sulle azioni, sulle operazioni condotte nei territori interessati, sui risultati della nostra azione, sull'effettiva ricostruzione che sarà realizzata, sulle condizioni di vita di quelle popolazioni, per correggere il tiro, se necessario, e per adottare le scelte conseguenti (Applausi dei deputati del gruppo dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Mantovani. Ne ha facoltà.
RAMON MANTOVANI. Signor Presidente, signori del Governo, colleghe e colleghi, ci stiamo occupando di una mozione dell'Unione e di due mozioni della Casa delle libertà.
La nostra, quella dell'Unione, è una mozione di indirizzo al Governo sulla politica estera e sulla questione delle missioni militari. Noi la consideriamo molto importante per diversi motivi. In primo luogo, sulla questione delle missioni militari, la maggioranza ed il Parlamento forniscono al Governo un indirizzo al quale il Governo si dovrà attenere per tutta la legislatura.
Noi lo consideriamo un fatto importante. Non ci sono mai piaciute l'idea e la logica secondo le quali la politica in materia di missioni militari e, più in generale, la politica estera si debbano delineare all'interno dell'esecutivo e debbano trovare in Parlamento soltanto il voto che avalli decisioni già prese. Quello che abbiamo fatto è importante: si tratta di un vero salto di qualità, di una vera novità.
Avendo riguardo al contenuto della mozione, alcuni punti di essa danno luogo ad una svolta nella politica estera relativa alle missioni militari, rispetto non soltanto al Governo Berlusconi, ma a tutti i Governi che si sono succeduti nel corso degli anni Novanta.
Lo stesso viceministro Intini - e lo ringrazio per la sua replica di ieri, nella quale ha sommato le sue considerazioni sulle mozioni e sul testo del disegno di legge - ha sottolineato questi punti di novità. Il fatto che il Governo italiano si impegni a porre nel Consiglio di sicurezza dell'ONU la questione della formazione di una forza militare permanente sotto il comando del Segretario generale dell'ONU è un elemento ricchissimo di implicazioni. È esattamente l'opposto di quello che gliPag. 14Stati Uniti - e in parte anche la NATO (non tutti i paesi della NATO, a dire il vero, ma gran parte) - avevano voluto, hanno voluto e probabilmente continueranno a volere: cioè che le Nazioni Unite non possiedano una forza militare per svolgere una funzione di polizia internazionale che consenta alle potenze e alle alleanze occidentali di decidere, con la disponibilità o meno di truppe, su richiesta delle Nazioni Unite, che cosa fare.
È una svolta molto importante, così come è importantissimo che il Governo dichiari che la sua priorità nella politica estera, per quanto attiene alla questione dei conflitti, è rappresentata non dallo svolgimento di missioni militari, bensì - come recita la mozione nel suo dispositivo - degli strumenti di prevenzione dei conflitti, di mediazione, di accompagnamento dei processi di pace.
Voglio aprire una piccola parentesi. Per tutti gli anni Novanta, ci siamo sentiti dire che l'importanza dell'Italia derivava dalla sua partecipazione alle missioni militari; noi abbiamo sempre sostenuto un'altra tesi: che l'Italia, per vocazione, per capacità, dovrebbe primeggiare nella promozione dei processi di pace, nell'arte della diplomazia e della mediazione, nell'arte dell'accompagnamento dei processi di pace, prima che nelle iniziative di carattere di stampo militare.
Ciò non evita che vi siano iniziative e missioni militari, ed infatti noi, sulla gran maggioranza di quelle missioni, che oggi o domani voteremo, abbiamo sempre votato a favore...
PRESIDENTE. Pregherei i colleghi di prestare maggiore attenzione agli interventi.
RAMON MANTOVANI. Grazie, Presidente. Ora, anche in questo caso nella mozione presentata dalla maggioranza, per bocca del viceministro, c'è il riconoscimento di un cambio di impostazione. A noi sembra veramente molto importante.
Nella mozione viene cristallizzata una mediazione, un compromesso - e non c'è nessun mistero, tutti lo sanno - su alcune missioni sulle quali ci sono pareri diversi, se non addirittura opposti, nella maggioranza di Governo. Parliamo segnatamente dell'Afghanistan. Mentre nel disegno di legge si voterà l'articolato tecnico della proroga di queste missioni, in questa mozione si consolida la parte politica del compromesso che è stato raggiunto. È vero che non c'è la exit strategy, cioè che non c'è un impegno del Governo a fuoriuscire in tempi brevi o medio lunghi da queste missioni, ma è anche vero che si parla di verifica e di superamento rispettivamente per le missioni ISAF ed Enduring freedom. Confidiamo che la verifica porti ad una rivalutazione e anche ad una exit strategy da quelle missioni. Del resto, le missioni sono prorogate fino al 31 dicembre 2006, non sono prorogate all'infinito, e noi abbiamo previsto, in un'altra parte della nostra discussione, che si costituiranno anche organismi nuovi di monitoraggio e controllo delle missioni e che questi monitoraggi e controlli potranno dar luogo a decisioni politiche. Potremo raggiungerle o meno, ma in ogni caso la questione è aperta; sia nella mozione sia nel disegno di legge non c'è una accettazione da parte nostra della validità di questa missione, c'è il compromesso, per cui si congelano le forze italiane così come sono e si rifiutano le richieste che sono giunte dal Segretario generale della NATO, che peraltro erano riprese nella mozione La Russa n. 1-00011, che è stata ritirata. Quindi, la questione per noi rimane aperta. Non rinunciamo alle nostre posizioni politiche di principio.
In conclusione, noi siamo chiamati a votare la mozione dell'Unione e la mozione presentata dal collega Elio Vito. È stata infatti ritirata, ripeto, la mozione dei colleghi La Russa, Gamba e Briguglio, nei confronti della quale avremmo votato convintamente contro perché prevedeva un aumento delle truppe in Afghanistan ed un maggiore impegno italiano in Afghanistan.
La mozione Elio Vito n. 1-00013 troverà il nostro voto contrario - anche se è scritta in modo tale da poter suscitare alcune convergenze su qualche punto specifico - perché in realtà quella mozione èPag. 15ispirata da una politica estera ben precisa, che è quella che il Governo Berlusconi ha seguito per cinque anni: una politica estera subalterna agli Stati Uniti, plaudente all'unilateralismo degli Stati Uniti e giustificante la guerra in Iraq. Per questi motivi non potrà che trovare il nostro voto contrario, come credo - anzi sono sicuro - troverà il voto contrario convinto di tutte le forze della maggioranza che hanno criticato e non condiviso la politica estera del Governo Berlusconi (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Briguglio. Ne ha facoltà.
CARMELO BRIGUGLIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il gruppo di Alleanza Nazionale voterà per la prosecuzione delle missioni militari all'estero e, quindi a favore della mozione dell'opposizione e contro quella della maggioranza.
Questa è l'occasione solenne per una chiarificazione che serva a smontare due piccole e grandi mistificazioni: la prima riguarda la nostra missione in Iraq ed in particolare - è importante che questo rimanga agli atti di questo Parlamento - la dichiarazione con cui il Presidente Prodi in una sede solenne, quali furono le dichiarazioni programmatiche del nuovo Governo, definì o acconsentì che si definissero truppe di occupazione i contingenti della nostra missione militare in Iraq.
Noi abbiamo il dovere come opposizione, come Alleanza Nazionale, di dire alto e forte che così non è; infatti, le nostre truppe non sono state e non sono truppe di occupazione, sono in missione militare di pace e, quindi, abbiamo una particolare missione che intendiamo svolgere non soltanto dal punto di vista della sicurezza, ma anche dal punto di vista umanitario di ricostruzione civile e morale di quel paese. Credo che sia grave che quelle dichiarazioni non siano state ancora corrette con forza.
La seconda mistificazione è quella del ministro D'Alema, il quale, in sede di esposizione delle linee programmatiche del proprio dicastero, proprio per accentuare una discontinuità che in fondo è un prezzo pagato all'area della sinistra radicale della maggioranza, ha voluto adombrare una sorta di patto segreto fra il precedente Governo di centrodestra e gli Stati Uniti d'America: il ritiro delle truppe che era già stato previsto e la circoscrizione ai soli compiti civili della missione decisa dal precedente Governo, in realtà avrebbe nascosto l'intento, coperto da una sorta di omertà, per cui i nostri soldati sarebbero rimasti quasi integralmente o, comunque, prevalentemente, sotto le mentite spoglie di una missione civile.
Ricordo al ministro D'Alema che, se vi è stata un'occasione di omertà di Stato da parte di un Governo, essa ha riguardato proprio il Governo da lui presieduto, che mise in campo quella che fu definita elegantemente un'operazione di polizia internazionale, ma che era una vera e propria guerra in Kosovo. Ebbene, allora si nascose alla pubblica opinione ed al Parlamento italiano, unico caso in Occidente, che vi era una vera e propria guerra in cui eravamo impegnati in prima persona, con i nostri piloti che duellavano con i piloti della parte avversa e con i nostri aerei che bombardavano il territorio jugoslavo, proprio per difendere le popolazioni inermi dal genocidio (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale). Ciò va detto!
Intendo, inoltre, svolgere una profonda riflessione sulla politica estera dell'attuale maggioranza, la più grande mistificazione che dobbiamo smontare. Il Parlamento deve analizzare e riflettere su ciò. Il Governo non ha una propria maggioranza in politica estera e, quindi, non ha una maggioranza di Governo. Infatti, è arduo ritenere che si possa avere una maggioranza politica in senso complessivo senza averla in politica estera. È una riflessione che dovete fare, perché si tratta di un nodo che presto verrà al pettine. Siamo in un mondo globalizzato in cui irrompono ogni giorno tragedie ed in cui vi sono tensioni internazionali fortissime, come dimostra ciò che sta avvenendo in MedioPag. 16Oriente in questi giorni. Sono fatti ed eventi che non possono essere fronteggiati da un Governo privo di una maggioranza autonoma.
Per questo motivo osserviamo con sospetto le «sirene» che provengono dalla maggioranza, in particolare da settori del centrosinistra e della Margherita, che sostengono sia necessario allargare la maggioranza sulla politica estera. Se ciò si dovesse tentare (dato che da parte nostra vi è un netto rifiuto), se si sentisse la necessità di allargare la maggioranza verso la Casa delle libertà significherebbe che sarebbe già fallito il Governo attuale e la sua maggioranza.
Assistiamo a contorsioni inspiegabili. Non vi era un «Bertinotti-pensiero» ed un «Pecoraro Scanio-pensiero» nella scorsa legislatura, quando fu votata la missione in Afghanistan, missione che addirittura il Segretario generale dell'ONU, venuto in Italia, ci esorta a potenziare se non a mantenere. Ebbene, Bertinotti, non ancora Presidente della Camera, disse che l'incontro tra Polo delle libertà e gran parte del centrosinistra rappresentava per lui la «notte della politica».
Adesso, sono cambiate le condizioni. Non dimentichiamo che vi sono parti della sinistra, una sinistra oggi di Governo, che si sono formate attraverso i luoghi comuni che le hanno influenzate nelle scorse legislature, una sinistra che faceva polemica sulla concessione delle basi militari o che ha espresso contrarietà all'intervento in Albania, in Kosovo, una sinistra che si oppose, nonostante il mandato ONU, a che Saddam Hussein fosse fatto sgombrare dal Kuwait che aveva appena invaso.
È vero che la politica è diventata il luogo della dissolvenza della memoria, ma la sinistra deve riannodare il filo della memoria e capire che la maggioranza ed il Governo si reggono anche sui voti dell'elettorato pacifista, oggi rappresentato soltanto dai dissidenti della maggioranza di centrosinistra, ad iniziare da quei sette o otto senatori che sono stati ripresi in malo modo. Quello è il valore aggiunto dal punto di vista elettorale che vi ha fatto vincere le elezioni ed a cui dovete rendere conto.
Per quanto ci riguarda, faremo il nostro dovere in nome della lotta al terrorismo internazionale e all'interesse nazionale, come abbiamo dimostrato anche nelle scorse legislature, in tempi non sospetti, per far sentire il calore della comunità nazionale ai nostri ragazzi che operano in nome della pace (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Martino. Ne ha facoltà.
ANTONIO MARTINO. Signor Presidente, onorevoli colleghe, onorevoli colleghi, nell'esprimere il voto favorevole sulla mozione Elio Vito ed altri n. 1-00013, compattamente presentata da tutti i gruppi della Casa della libertà, vorrei svolgere qualche piccola considerazione di carattere generale...
PRESIDENTE. Torno a chiedere maggiore attenzione, colleghe e colleghi, per il dibattito in corso.
ANTONIO MARTINO. La ringrazio, signor Presidente.
Il provvedimento sul rifinanziamento delle nostre missioni all'estero arriva in Parlamento con ritardo: dal 30 giugno scorso i nostri militari sono privi di copertura giuridica e finanziaria. Dal provvedimento e dalla mozione che lo accompagna si evince la posizione, la linea di politica internazionale, di questo Governo. Essa ricorda la linea euclidea che, avendo direzione ma non spessore, non è visibile. In effetti, la posizione del Governo è priva di spessore, non è visibile ed è palesemente inadeguata al momento storico attuale. Per illustrarlo consentitemi di ricordare alcuni fatti, peraltro noti a tutti.
È in atto, da anni, una campagna terroristica a livello planetario condotta da estremisti islamici, molti dei quali coordinati da Al Qaeda, contro l'occidente democraticoPag. 17in primo luogo, ma anche contro paesi islamici moderati. I gravissimi attentati che si sono susseguiti a partire da quelli dell'11 settembre 2001 sono lì a dimostrarlo. Denominatore comune di quasi tutte le cellule terroristiche è l'antiebraismo; obiettivo comune a molte di esse è la distruzione di Israele. Inizialmente i terroristi di Al Qaeda, come sappiamo, facevano base nell'Afghanistan governato dai talebani. Quel regime è caduto grazie all'azione congiunta della resistenza afghana e di una coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti d'America ed al suo posto è subentrato un Governo democratico guidato dal presidente Karzai. Tuttavia, talebani e terroristi di Al Qaeda, anche se sconfitti, non sono stati debellati e tentano di riconquistare il paese.
I terroristi venivano addestrati anche dall'Iraq di Saddam Hussein: ci sono prove testimoniali e documentali che 8 mila terroristi di Al Qaeda sono stati addestrati in campi iracheni. Saddam finanziava anche i terroristi suicidi della Palestina che facevano strage di israeliani. Il regime di Saddam è stato sconfitto e, attraverso un processo di transizione esemplare, al suo posto è subentrato un Governo democraticamente eletto, in base ad una Costituzione consacrata dal suffragio popolare. Anche lì nostalgici di Saddam e terroristi di Al Qaeda tentano di far fallire la giovane democrazia irachena con continui attentati a danno della popolazione civile.
Venendo all'Iran, il suo Presidente Ahmadinejad, appena eletto, ha subito negato lo sterminio degli ebrei ad opera del nazismo e dichiarato di porsi come obiettivo prioritario la cancellazione dello Stato di Israele dalla carta geografica. Come se non bastasse, ha proseguito con decisione il programma volto a dotare l'Iran di capacità nucleari, incurante delle proteste della comunità internazionale.
George Santayana sosteneva che chi non ricorda gli errori del passato è condannato a ripeterli. Dovremmo avere imparato dalla storia quanto sia pericoloso non dare peso alle farneticanti minacce dei fanatici. È incomprensibile chi, da un lato, condanna le atrocità commesse dai nazisti e, dall'altro, mostra comprensione, se non indulgenza, per chi vorrebbe ripetere quelle atrocità, ma sembra che il nostro Governo preferisca ignorare le lezioni della storia.
In Palestina le elezioni sono state vinte da Hamas, un movimento che ha giurato di distruggere Israele e che pratica sistematicamente il terrorismo per raggiungere i suoi scopi. Infine, in Libano la Siria continua a controllare la situazione consentendo a Hezbollah, braccio armato dell'Iran, di attaccare Israele, e questo con buona pace della risoluzione n. 1559 delle Nazioni Unite.
Lo Stato di Israele, nelle ultime settimane, è stato sottoposto congiuntamente ad attacchi con razzi provenienti da Gaza a sud e dal Libano meridionale a nord. Evidentemente, Hezbollah da una lato e Hamas dall'altro, con la complicità ed il sostegno di Siria e di Iran, tentano di realizzare il loro proposto esplicitamente e ripetutamente dichiarato: distruggere Israele. Essendo in gioco la sua sopravvivenza, Israele è l'unico Stato sovrano al mondo di cui si è messa in discussione l'esistenza; il Governo israeliano è costretto a difendersi con la forza. Se questo è il quadro della situazione, dovrebbe essere evidente che è in atto una attacco terroristico planetario che mette a repentaglio la sicurezza di tutti, con rischio concreto di una guerra di proporzioni enormi. Tutti, quindi, dovrebbero fare la propria parte, contribuendo a sconfiggere le forze del terrore. Invece, cosa fa il Governo italiano delle sinistre? In meno di due mesi ha dilapidato il patrimonio di affidabilità acquisito nei cinque anni del Governo Berlusconi, ha cancellato la missione civile a guida ONU che c'eravamo impegnati a realizzare in Iraq, ha risposto negativamente alla Nato e all'Unione europea che ci chiedevano maggiori truppe e mezzi in Afghanistan e sta dando vita ad uno spettacolo indecoroso di divisioni sul finanziamento delle missioni militari all'estero.
Con uso sproporzionato della farsa, per illustrare il brillante gioco di parole diPag. 18Ellekappa, il Presidente del Consiglio ha ritenuto di doversi coprire di ridicolo rivolgendosi proprio a Ahmadinejad perché si adoperasse per una tregua. Come prioritaria iniziativa del suo dicastero il ministro degli esteri ha ritenuto necessario precipitarsi a Teheran, abbandonando, forse a malincuore, i suoi quattro sottosegretari e tre viceministri, per rassicurare gli esponenti di quella grottesca teocrazia medievale che egli considera inalienabile il diritto dell'Iran a dotarsi di capacità nucleari a scopi civili. Non contento di ciò, ha ritenuto di doversi rifugiare nella creatività linguistica proclamando la sua «equivicinanza», neologismo di cui non si sentiva il bisogno, fra i terroristi di Hamas e lo Stato di Israele. Infine, in presenza del quadro attuale, non trova di meglio che biasimare la reazione sproporzionata di Israele.
La situazione sarebbe ridicola se non fosse tragica. È come se l'Italia avesse deciso di disertare, di uscire di scena, di cessare di esistere, relegandosi al ruolo di spettatrice impotente della storia del nostro tempo e tutto questo per fare piacere a gruppuscoli estremistici di scalmanati, fra cui quelli che cacciarono l'onorevole Fassino dal corteo pacifista. Evidentemente, l'obiettivo di farlo riammettere a quel corteo è per il Governo delle sinistre più importante dell'onore dell'Italia (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sereni. Ne ha facoltà.
MARINA SERENI. Signor Presidente, onorevole ministro, colleghi e colleghe, prima di motivare il voto favorevole del gruppo dell'Ulivo sulla mozione presentata da tutti i gruppi della maggioranza, vorrei fare una breve premessa. Non siamo tra coloro i quali ritengono che un cambio di segno nella maggioranza di Governo debba necessariamente comportare un cambio di linea in politica estera. La collocazione internazionale di un grande paese come l'Italia non può dipendere, in altre parole, dall'esito di una tornata elettorale. Per queste ragioni, non consideriamo auspicabile che sulle grandi scelte di politica estera si determini una contrapposizione frontale e pregiudiziale tra maggioranza ed opposizione, ferma restando la possibilità di un confronto tra opzioni diverse. Perché questo sia possibile è necessario però che tutti formulino giudizi a partire dalla realtà, dai problemi all'ordine del giorno, dalle proposte e dai primi provvedimenti che il Governo effettivamente sottopone al Parlamento.
Dobbiamo registrare, purtroppo, che il dibattito politico di queste settimane e, ancora ieri, molti degli argomenti e dei toni della discussione sulla grave crisi in atto in Medio Oriente sono stati pesantemente condizionati da una volontà polemica e da strumentalità incomprensibili. Per questo, con molta pacatezza, vorrei dire ai colleghi dell'opposizione che avremmo preferito un confronto di merito, che più limpidamente desse conto all'opinione pubblica degli effettivi elementi di novità che i primi atti del Governo dell'Unione hanno prodotto rispetto al quinquennio precedente.
I riferimenti essenziali delle scelte che in queste settimane il Governo ha compiuto, mi sembrano chiari.
Innanzitutto, la convinzione che l'Italia può e deve tornare ad investire senza riserve nella dimensione europea, superando ogni timidezza e scetticismo rispetto al processo di unificazione politica. Soltanto un'Europa unita e autorevole sul piano istituzionale e politico può avere l'ambizione e la forza per promuovere la pace e contribuire effettivamente a risolvere i conflitti in atto e a costruire un ordine mondiale più giusto ed equilibrato.
In secondo luogo, combattere efficacemente il terrorismo internazionale e le altre gravi minacce che attraversano il pianeta, a cominciare dal sottosviluppo, dalla povertà, dall'assenza di democrazia e diritti che affliggono tanta parte dell'umanità, richiede un serio rilancio del multilateralismo e del ruolo delle grandi organizzazioniPag. 19sovranazionali. Maggiore convinzione nell'Unione europea e riconoscimento del valore delle Nazioni Unite e delle altre organizzazioni multilaterali cui l'Italia partecipa non sono affatto in contraddizione con la lealtà e l'impegno verso l'alleanza con gli Stati Uniti. Anzi, a nostro avviso, proprio sulla base di tali premesse è possibile un rinnovato sviluppo delle relazioni transatlantiche che, fondandosi sui valori che uniscono Europa e Stati Uniti e sulla capacità di un dialogo su basi di pari dignità, faccia compiere un passo avanti nella direzione della pace e della sicurezza.
Tali coordinate rappresentano la continuità o la discontinuità con le linee di politica estera del Governo precedente? Forse, la domanda è mal posta. A me sembra che il Governo Prodi stia sviluppando un'iniziativa indubbiamente caratterizzata da forti elementi di novità, tornando a muoversi lungo il solco della migliore tradizione della politica estera italiana da cui il Governo di centrodestra si era progressivamente e maldestramente allontanato. È all'interno di tali coordinate, comunque, che il Governo ha assunto la decisione di provvedere al rientro, entro l'autunno, del contingente militare italiano dall'Iraq e di mantenere tutte le altre missioni attualmente in corso, dando peraltro seguito ad un programma elettorale ampiamente annunciato.
Vorrei domandare ai colleghi del centrodestra: vi è differenza tra la scelta che il Governo Prodi sta facendo in Iraq e quanto avrebbe fatto la Casa delle libertà se aveste vinto voi le elezioni?
Il dibattito, in questi giorni, non ha consentito di chiarire tale punto; ricordo però che in campagna elettorale autorevoli esponenti del centrodestra avevano annunciato ripetutamente un imminente ritiro dall'Iraq.
Il nostro ragionamento è semplice e trasparente; l'intervento militare in Iraq è avvenuto al di fuori delle Nazioni Unite e in violazione del diritto internazionale; come opposizione, noi non avevamo condiviso il sostegno, dato dall'Italia, ad un'iniziativa nata sotto il segno della guerra preventiva, che ha diviso l'Europa e la comunità internazionale. Riteniamo che l'intervento in Iraq, e più in generale la filosofia che ispirò allora l'amministrazione Bush, non abbiano affatto indebolito il terrorismo e, anzi, abbiano alimentato il fondamentalismo e l'odio antioccidentale in tanta parte del mondo islamico.
Tuttavia, senza alcun pregiudizio, abbiamo sempre ricercato un rapporto positivo con quelle forze che in Iraq, all'indomani della caduta di Saddam Hussein, da tutti salutata positivamente, hanno cercato di costruire una transizione democratica. Le elezioni in Iraq, l'approvazione della Costituzione, le elezioni del presidente Talabani e l'insediamento del Governo di Nuri al Maliki certamente sono la testimonianza che tanti iracheni hanno scommesso sulla possibilità di costruire un paese libero e democratico. Ma ciò non può nascondere la drammatica difficoltà a raggiungere un'effettiva pacificazione e stabilizzazione, ed anzi il rischio è che, alla violenza terroristica, si sovrapponga una vera e propria guerra civile tra le principali componenti etniche e religiose irachene. Non è un caso se oggi, negli stessi Stati Uniti, molti autorevoli analisti, anche tra coloro che appoggiarono l'intervento militare, esprimono dubbi e critiche sulla conduzione della missione e considerino improrogabile la conclusione della presenza militare straniera in quel paese.
Il rientro dei militari italiani dall'Iraq era stato chiaramente esposto nel programma del centrosinistra; è stato concordato nei tempi e nelle modalità con le autorità irachene ed è stato oggetto di un confronto serio e rispettoso tra il nostro Governo e l'amministrazione USA. Al ritiro del contingente militare non corrisponde affatto un disimpegno dell'Italia verso l'Iraq, poiché assicureremo un forte contributo alla ricostruzione, economica e civile, di quel paese. Perché non riconoscere la serietà e la correttezza di questo percorso? Si può dissentire ovviamente, ma non è accettabile descrivere queste scelte come una fuga vergognosa dall'Iraq.
Quanto alle altre missioni, l'Italia manterrà gli impegni in corso ed anzi dichiaraPag. 20la disponibilità a partecipare ad una nuova missione in Darfur qualora l'ONU si esprimesse in tal senso. Si tratta di un quadro di responsabilità molto vasto e significativo che vede complessivamente impegnate le nostre Forze armate in teatri rischiosi nei quali hanno sempre dato prova di grandi capacità professionali ed umane.
Con la mozione che oggi proponiamo vogliamo ribadire la nostra idea dell'uso della forza e il carattere delle missioni italiane all'estero. Il ricorso allo strumento militare può essere inevitabile di fronte a gravi minacce per la pace e la sicurezza collettiva. Esso dev'essere sempre l'estrema ratio e deve essere esercitato nei limiti e sulla base del diritto internazionale, come prevede peraltro l'articolo 11 della nostra Costituzione. Coerentemente con il dettato costituzionale i nostri militari sono impegnati in azioni di tutela delle popolazioni civili, di ricostruzione, di stabilizzazione, all'interno di una cornice chiaramente multilaterale.
La nostra mozione si sofferma in particolare sull'Afghanistan. Non voglio tacere che ciò derivi anche dall'esigenza e dalla volontà di ricercare un punto di vista condiviso all'interno della maggioranza su una missione che ha visto in passato esprimere opinioni diverse nel centrosinistra. Tuttavia, vorrei che non ci fermassimo a questa spiegazione. Abbiamo, infatti, tutti convenuto sull'utilità di una riflessione più approfondita sulla situazione in Afghanistan a cinque anni dall'intervento militare autorizzato dall'ONU in quel teatro. Non è in discussione il mantenimento degli impegni che l'Italia ha assunto con l'ONU e con la NATO. In Afghanistan sono presenti i principali paesi europei e nessuna decisione potrà essere assunta fuori dalle sedi multilaterali. La caduta del regime dei talebani ha sicuramente aperto una fase di grandi speranze in quel paese: tanti afgani, che erano fuggiti all'epoca dell'invasione sovietica o con l'avvento dei talebani, sono rientrati; le scuole si sono riaperte, si è avviato un processo di partecipazione politica e democratica; in molte aree del paese è iniziato un difficile programma di ricostruzione. Al tempo stesso occorre riconoscere che la capacità militare dei talebani è negli ultimi tempi aumentata, che in alcune aree la stabilizzazione è ancora lontana, che le condizioni di vita materiale di molti sono ancora difficilissime, che i programmi di eradicazione delle colture di oppio hanno aperto nuove contraddizioni.
Non si tratta, dunque, di confrontare dogmaticamente delle certezze e di rimanere fermi al giudizio sull'intervento del 2001. Per queste ragioni riteniamo opportuno che l'Italia si faccia promotrice di una riflessione nelle sedi sovranazionali competenti, che si determino le condizioni per verificare i risultati della presenza internazionale in Afghanistan, che si valuti la possibilità di conclusione della missione Enduring freedom e che si rilanci in ogni caso l'impegno della comunità internazionale per la ricostruzione economica, sociale e civile di quel paese.
PRESIDENTE. Onorevole Sereni, concluda.
MARINA SERENI. Concludo, Presidente, con un'ultima sottolineatura. In questi giorni è tornata alla ribalta una questione che periodicamente attraversa il dibattito sulla politica estera: l'irriducibilità del punto di vista del pacifismo rispetto al realismo della politica. Non ho il tempo per approfondire tale questione ma, tuttavia, non sono convinta che ci si debba arrendere all'idea che una cultura di Governo non possa assumere seriamente e profondamente il valore della pace, della pace come obiettivo alto che include il rispetto dei diritti di ogni essere umano, la libertà, la giustizia.
Un obiettivo per il quale vale la pena mettere in campo politiche e strumenti di cooperazione, di dialogo, di mediazione; un obiettivo che richiede un impegno a fianco delle Nazioni Unite, anche volto a riformare quel sistema che certo risente del momento storico in cui fu fondato...
PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole.
Pag. 21
MARINA SERENI. Un obiettivo che può essere realisticamente avvicinato, valorizzando il lavoro prezioso e quotidiano di tanti civili, volontari e cooperanti, impegnati in luoghi davvero difficili.
Ho illustrato le ragioni per le quali voteremo a favore della mozione della maggioranza. Esprimeremo invece un voto complessivamente contrario sulla mozione Elio Vito ed altri n. 1-00013, perché - al di là di singoli punti pur condivisibili - non possiamo non considerare il contesto politico entro cui questo dibattito si svolge.
«La pace è un concetto astratto» - disse Rabin alcuni decenni fa - «e i governanti tendono a considerare solo gli elementi che formano il quadro generale. Per quanto mi riguarda, io cerco sempre di tradurre il concetto di pace nella vita della gente, uomini e donne in carne ed ossa, con nomi e indirizzi, talvolta quando devo prendere una decisione penso ad alcune persone in particolare e considero la vita che è capitata loro in sorte». Ecco, credo dovremmo seguire l'insegnamento di questo grande uomo di pace, farci guidare da un'idea della politica che abbia il coraggio di andare oltre ciò che appare scontato (Commenti). Una politica che prova a cambiare anche le cose più difficili...
PRESIDENTE. La prego di concludere, per favore.
MARINA SERENI. ...a cominciare dalla richiesta di far cessare il fuoco in Medio Oriente immediatamente, per salvare vite umane innocenti e per ridare voce al negoziato e una speranza al futuro (Applausi dei deputati del gruppo de L'Ulivo, di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e de La Rosa nel Pugno - Commenti dei deputati dei gruppi dell'opposizione).
PRESIDENTE. Colleghi, ho richiamato l'onorevole Sereni, ma - come voi avete visto - non ho richiamato nessun collega che è andato oltre il tempo stabilito, per la semplice ragione che questo è stato un dibattito molto importante e impegnativo.
Preavviso di votazioni elettroniche (ore 11,15).
PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del regolamento.
Si riprende la discussione.
(Ripresa dichiarazioni di voto)
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, il deputato Burgio. Ne ha facoltà.
ALBERTO BURGIO. Signor Presidente, prendo la parola per motivare la mia decisione di votare a favore della mozione d'indirizzo a firma Sereni ed altri n. 1-00014, sulla partecipazione italiana alle missioni internazionali. La decisione di votare a favore discende dal fatto che questa mozione - mi pare - segni un passo in avanti rispetto al disegno di legge del Governo. Penso, in particolare, all'affermazione della priorità di un impegno per la prevenzione dei conflitti armati contenuta nella prima parte e, nel dispositivo, alla previsione di un momento di verifica dei risultati della presenza internazionale in Afghanistan.
Tali considerazioni non impediscono, tuttavia, di rimarcare la persistenza di elementi negativi e preoccupanti. Mi riferisco in particolare al fatto che la mozione parla di un eventuale superamento della sola missione Enduring freedom e, quanto a quest'ultima, esclusivamente in relazione al teatro afghano, mentre la stessa mozione ricorda che le forze italiane sono impegnate nel quadro della missione Enduring freedom nel Golfo arabico. Quest'ultimo, dunque, appare un impegno programmaticamente escluso nella mozione da qualsiasi, pur eventuale, strategia diPag. 22uscita. Nell'annunciare il voto favorevole dell'onorevole Cannavò e mio alla mozione dell'Unione, formulo dunque l'auspicio che le prossime decisioni del Governo vadano in direzione di un completo ritiro del nostro paese dalla guerra in Afghanistan.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, il deputato Pegolo. Ne ha facoltà
GIAN LUIGI PEGOLO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, riguardo alla mozione presentata dall'opposizione, Elio Vito ed altri n. 1-00013, mi esprimerò con voto contrario. Questa mozione, infatti, non solo rilancia l'iniziativa militare in Afghanistan ma teorizza l'intervento militare come mezzo per esportare la democrazia. È una impostazione che giudico pericolosa perché può favorire una escalation della guerra e la crescita della tensione a livello internazionale.
La mozione presentata dalla maggioranza è qualitativamente diversa. Il suo limite è evidente: essa risponde all'esigenza di supplire a quella mancata volontà di discontinuità che caratterizza il disegno di legge vertente sulla medesima materia. In questa mozione, tuttavia, si coglie il proposito di sottoporre a verifica la missione in Afghanistan. In particolare, i richiami al possibile superamento di Enduring freedom, ad una conferenza internazionale sull'Afghanistan e al rafforzamento del ruolo dell'ONU costituiscono elementi positivi: non si tratta di una exit strategy ma di un approccio preliminare. Lasciano, invece, più di una perplessità alcuni cenni da cui si rileva una giustificazione ex post dell'intervento in Afghanistan e un apprezzamento, che a me pare acritico, per il ruolo svolto dai nostri contingenti. In ogni caso, ritengo opportuno valorizzare l'ispirazione del testo laddove esso evoca il superamento dell'intervento in Afghanistan.
Per queste ragioni esprimerò voto favorevole sulla mozione presentata dalla maggioranza.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Bandoli. Ne ha facoltà.
FULVIA BANDOLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, in questi anni non ho mai espresso voto favorevole riguardo a interventi militari di alcun genere, né quando l'intervento in Kosovo fu deciso dal Governo di centrosinistra né quando il Governo di centrodestra decise l'intervento in Afghanistan e, tanto meno, alla partecipazione alla guerra in Iraq, una guerra non solo unilaterale ma fondata su menzogne comprovate.
Ritengo che la guerra non sia una risposta ad alcun conflitto e non mi sembra una risposta efficace al terrorismo; la realtà che abbiamo di fronte lo dimostra. Inoltre, essa provoca sempre un numero di vittime civili che restano, invariabilmente, senza voce. La guerra è la risposta perdente di una comunità internazionale debole e di organismi internazionali sempre meno democratici e rappresentativi. Quando non si ha la forza di risolvere le ingiustizie, di spegnere con la mediazione, la diplomazia e la rinuncia ad alcuni egoismi o ad alcuni territori i molti focolai di odio, allora si sceglie la guerra.
La cultura della non violenza è la mia cultura politica di riferimento da quasi trent'anni. È la mia ma è anche quella di molti milioni di italiani e di europei. La ritengo una scelta difficile ma una scelta forte che, purtroppo, cammina ancora troppo lentamente nel mondo ma è condivisa da tanti milioni di esseri umani. Il provvedimento sulle missioni internazionali che quest'oggi sarà sottoposto a votazione contiene la scelta del ritiro dall'Iraq, una richiesta che il movimento pacifista e non violento formula da oltre cinque anni, prima al Governo della destra, ora a questo esecutivo. Sarebbe molto difficile - come ho detto, giorni fa, ad alcuni miei amici del movimento per la pace - spiegare alla mia coscienza ed al mio senso di responsabilità un voto contrario ad una decisione che aspettavamo da così tanto tempo. Certamente, questo provvedimento affronta anche la questionePag. 23della missione in Afghanistan, che continuo a non condividere e che, pur essendo sotto l'egida dell'ONU, registra risultati politici, economici e sociali tutt'altro che positivi, unitamente ad un prezzo per le popolazioni civili che pesa oramai sulla coscienza del mondo intero.
Non ho mai pensato a scelte di ritiro unilaterale dall'Afghanistan. Chiedo al Governo di farsi promotore di una verifica seria in sede multilaterale sui risultati reali di questa e di altre missioni.
Non si può motivare la continuazione di una missione solo perché è dell'ONU; occorre misurare ogni decisione politica sull'efficacia e sui risultati. Se dopo cinque anni non si agisce in questo modo, allora non è ben chiaro cosa motivi la nostra presenza. E forse anche l'ONU, per essere più autorevole nel mondo, dovrebbe ogni tanto verificare l'efficacia concreta dei suoi interventi.
In conclusione, pur se molto sofferto, il mio voto sarà favorevole, perché il ritiro dall'Iraq è un atto forte, perché esiste un reale impegno a verificare le missioni e perché voglio dare fiducia alla politica estera di questo Governo, che mi auguro sia meno unilaterale e più capace di confronto con l'Europa, diversamente amica, ma non subalterna, della politica estera americana, sempre più isolata e in difficoltà, ma anche capace di confronto con il vasto movimento per la pace, che ha tanti spigoli, molti fondamentalisti, ma anche tante ragioni (Applausi di deputati dei gruppi de L'Ulivo e di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Cacciari. Ne ha facoltà.
PAOLO CACCIARI. Signor Presidente, deputati, perdonate le mie debolezze e le mie paure, ma questa volta la politica non mi aiuta a tenere assieme ragionamento e convinzione. Bobbio avrebbe detto: «L'etica della responsabilità è quella della coscienza». La prima mi dice che la mozione della maggioranza e il conseguente disegno di legge sono i migliori possibili nelle condizioni date; la seconda mi dice che le carneficine in corso in Medio Oriente avrebbero bisogno di una rottura netta ed immediata con le pratiche e con le politiche fin qui condotte dall'Italia, dall'Europa, dalle potenze occidentali. Potremmo non avere a disposizione altri sei mesi per convincerci che non saranno mai gli interventi militari a portare stabilità, sicurezza, pace - per non dire democrazia - né a loro né a noi.
Dal Libano, alla Siria, all'Iran, il passo della spirale si allarga paurosamente. Il nostro è ormai il tempo della guerra; la violenza sotto qualsiasi forma determina altra violenza, lo strumento militare non è adatto a sradicare il terrorismo - come ha affermato un nostro generale - e a poco conta il colore degli elmetti.
I bacini d'odio si prosciugano con altri mezzi. Michael Nagler ha scritto: «Scegliere la via della convinzione, anziché quella della minaccia e del dominio». Tra la partecipazione alle guerre e l'inazione ci sono altre forme possibili di intervento, di interposizione non violenta, di confidence building, di riconciliazione, di creazione di corpi civili di pace, di mobilitazione delle infinite risorse di solidarietà e cooperazione di cui dispone la società civile. Proviamoci, almeno.
Molte persone che stimo, a partire dal Presidente Bertinotti, affermano che gli argomenti del pacifismo di principio non violento in queste aule sono fuori luogo; possono solo fare il gioco oggettivamente delle parti avverse.
Indebolire la mia amata parte politica, mettere in difficoltà questo ottimo Governo sarebbe l'ultimo degli effetti indesiderati generati dal clima di guerra in cui siamo tutti immessi. Per evitare queste conseguenze, colgo di buon grado l'invito a lasciare libero questo seggio al prossimo della lista.
Accetti Presidente questa mia brevissima dichiarazione già come lettera di dimissioni, così che la forza e la compattezza della maggioranza possa essere subito ripristinata. Nel frattempo, non partecipo ai voti sulle mozioni e sul disegno di legge.
PRESIDENTE. Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Per consentire l'ulteriore decorso del termine regolamentare di preavviso, sospendo la seduta.
La seduta, sospesa alle 11,25, è ripresa alle 11,35.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FAUSTO BERTINOTTI
(Votazioni)
PRESIDENTE. Ricordo che la mozione La Russa ed altri n. 1-00011 è stata ritirata dai presentatori.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Elio Vito ed altri n. 1-00013, non accettata dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 540
Votanti 539
Astenuti 1
Maggioranza 270
Hanno votato sì 248
Hanno votato no 291).
Prendo atto che la deputata Frias non è riuscita ad esprimere il proprio voto e che il deputato Gerardo Bianco avrebbe voluto esprimere un voto contrario mentre si è erroneamente astenuto.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Sereni ed altri n. 1-00014, accettata dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 548
Votanti 547
Astenuti 1
Maggioranza 274
Hanno votato sì 298
Hanno votato no 249).
Prendo atto che la deputata Frias non è riuscita ad esprimere il proprio voto.
Sull'ordine dei lavori.
ROBERTO SALERNO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ROBERTO SALERNO. Presidente, questa mattina l'onorevole La Malfa, nel corso del suo intervento, ha rilevato che in Commissione bilancio sarebbero stati approvati degli emendamenti del Governo da cui deriverebbe la dismissione dell'uso degli elicotteri Predator nelle missioni in Afghanistan.
Non so se i colleghi riescono a percepire la gravità di un'operazione di tal genere, perché, se così fosse, si esporrebbero i soldati italiani a rischi gravissimi, in quanto questo sistema di elicotteri ha una notevole capacità operativa, logistica e ricognitiva.
Quindi, credo che sia importante, prima dell'inizio dei lavori, sapere direttamente dal ministro se tale notizia corrisponda al vero e se, quindi, nella missione in Afghanistan non si impiegheranno più questi elicotteri.
PRESIDENTE. Il Governo ha ascoltato e, quindi, sarà in grado, nel corso del dibattito, quando lo vorrà, di intervenire sulla materia.
Pag. 25Seguito della discussione del disegno di legge: Disposizioni per la partecipazione italiana alle missioni internazionali (A.C. 1288) (Discussione degli articoli; votazione degli articoli, degli emendamenti e degli ordini del giorno) (ore 11,40).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge: Disposizioni per la partecipazione italiana alle missioni internazionali.
Ricordo che nella seduta di ieri si è conclusa la discussione sulle linee generali.
(Esame degli articoli - A.C. 1288)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del disegno di legge, nel testo delle Commissioni.
Avverto che le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) hanno espresso il prescritto parere (Vedi l'allegato A - A.C. 1288 sezioni 1 e 2).
Avverto che la Presidenza non ritiene ammissibili gli emendamenti Cossiga 1.15 e 1.16, i quali incidono sul testo dell'intero provvedimento, ridistribuendone gli articoli in un più ampio numero, da 4 a 24.
(Esame dell'articolo 1 - A.C. 1288)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 1288 sezione 3).
Ha chiesto di parlare il deputato Galante. Ne ha facoltà.
SEVERINO GALANTE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, noi voteremo a favore degli emendamenti della maggioranza, come è ovvio, e voteremo contro tutti gli emendamenti dell'opposizione. Lo faremo, in maniera particolare, con favore per quanto riguarda la proposta emendativa che introduce il codice di pace per tutte le nostre missioni, perché essa rappresenta un successo della nostra forza politica e del movimento per la pace, che si esprime nel nostro paese.
Il testo del disegno di legge che ci accingiamo ad approvare è, a nostro giudizio, fortemente apprezzabile. Sull'argomento è stato espresso un giudizio da parte del deputato Venier, che tutti insieme abbiamo condiviso.
Quello del Governo è un impegno a restituire dignità e coerenza agli indirizzi fondamentali della nostra politica estera. Valutiamo l'uso degli strumenti militari e delle scelte di politica di sicurezza all'interno della cornice dell'innovativa politica estera del Governo. Inquadriamo le scelte e la cornice a partire dai fondamenti costituzionali e, in particolare, dalla rete composta dagli articoli 10, 11, 52 e 78 della Costituzione. Sulla base di questi parametri, vi è da parte nostra un alto apprezzamento per la decisione di far rientrare i nostri soldati dell'Iraq. Usciamo dal teatro di una guerra illegittima fatta in spregio del diritto internazionale. Usciamo dal teatro di una guerra che sta producendo effetti opposti a quelli che i suoi autori dichiaravano di perseguire. Dunque, usciamo da una guerra che si avvia ad essere perduta da chi l'ha scatenata.
La consapevolezza di questa scelta politica e, tra virgolette, tecnica in esecuzione di quella politica, rappresenta una vittoria del movimento per la pace. Con essa l'Italia ripudia l'opzione militare irachena compiuta dal centrodestra; quel centrodestra che oggi è costretto a rimangiarsela.
Con questa scelta, le bandiere arcobaleno che, scolorite, sventolano ancora da tanti balconi divengono finalmente indirizzo di Governo. Per questa profonda coerenza tra diritto, volontà popolare e scelte politiche, noi approviamo la decisione del Governo sull'Iraq.
Per lo stesso motivo, perché vi ravvisiamo una profonda incoerenza, continuiamo a non condividere la scelta di proseguire le missioni militari italiane in Afghanistan. Infatti, nessuna delle due missioni ha solide fondamenta nel diritto internazionale, né in quello costituzionale e neppure in quello di altre organizzazioniPag. 26internazionali. Anch'esse sono incardinate in un teatro di guerra in cui si stanno producendo effetti opposti a quelli che si dichiarano di perseguire. Dunque, restare in Afghanistan significa contribuire ad una guerra destinata ad essere persa; e che, anzi, si sta già perdendo.
Si afferma che l'operazione Enduring freedom risponderebbe a tutti i crismi della legalità internazionale. Si è già argomentato nel corso del dibattito in Assemblea che così non è: si tratta di un'operazione che progressivamente è scivolata al di fuori del controllo dell'ONU e di qualsiasi soggetto internazionale, che va contro gli orientamenti di fondo del diritto internazionale. Si afferma che l'Italia parteciperebbe a Enduring freedom perché le nostre navi stazionerebbero lontanissime dal teatro di guerra.
Ministro D'Alema, lei ha usato una battuta nei confronti di un senatore del nostro partito, chiedendogli se sapesse dove sta l'Afghanistan. Capita che io sappia dov'è l'Afghanistan, come è fatto e qual è la sua storia: e possiamo discuterne. Ma spero lei sappia dov'è Tampa: è assai più lontana dell'Afghanistan e del Golfo Persico! Si può negare che essa sia il centro nevralgico della missione che si svolge a decine di migliaia di chilometri dagli Stati Uniti? Si può negare che le navi italiane operanti nel Golfo Persico siano parte integrante del complessivo dispositivo bellico che, partendo da Tampa, arriva, attraverso una serie di passaggi, al soldato che schiaccia il grilletto alle pendici dell'Hindukush o lungo il corso dell'Ural?
Si afferma che la missione ISAF è voluta e autorizzata dall'ONU: questo non lo contesto. Contesto, invece, che quella voluta dall'ONU sia «questa» ISAF che, passaggio dopo passaggio, dal momento in cui si è costituita come coalizione di singole nazioni volenterose, si è via via trasformata in una realtà completamente diversa, infiltrata - se così posso dire - da parte della NATO e trasformata in un organismo politico geneticamente modificato, divenuta cosa completamente diversa da ciò che era alle origini.
Soprattutto, si afferma che bisogna lasciare i soldati italiani insieme a quelli di altri paesi per costruire un nuovo Stato, garantire la sicurezza, eliminare il terrorismo e così via, insomma per vincere la guerra. Si crede davvero che questa guerra si possa vincere? Quale guerra poi, in realtà? Le guerre che si stanno combattendo in Afghanistan sono più di una, sono numerose, e si intrecciano fra di loro. Sono guerre che hanno a che fare con aspetti diversi e molteplici; sono guerre che mettono insieme problemi di sicurezza, di dominio, problemi legati agli scontri tra ideologie e culture, problemi di potenza, legati all'oppio. Si tratta di una miriade di guerre civili dentro le quali anche i nostri soldati vengono via via trascinati, senza avere - ribadisco il concetto - alcuna possibilità di successo. Lo dico, infatti, al ministro degli esteri, lo dico soprattutto al ministro della difesa: le guerre, se si fanno, quando si fanno, si fanno per vincerle.
Vorrei sapere e avere dati certi da parte del Governo circa la possibilità concreta e reale che chi ha scatenato tale guerra o ad essa partecipi abbia effettivamente la possibilità di vincerla. Vincerla significherebbe stabilizzare l'Afghanistan, ma stabilizzare l'Afghanistan è un obiettivo irraggiungibile dopo le sistematiche destabilizzazioni di tanti anni.
Per tale motivo su questo punto sono d'accordo con il senatore Cossiga: Forze armate che non sono in grado di raggiungere gli obiettivi politici loro assegnati dovrebbero farlo capire ai responsabili del Governo e preparare, su loro stessa richiesta, il rientro.
Gli interventi militari come questo, viceversa, producono soltanto effetti devastanti ulteriori. D'altro canto, occorre sottolineare il fatto che l'Afghanistan non è né la culla né l'epicentro dell'instabilità del mondo, della sua insicurezza, né della pace del mondo, e tanto meno dell'insicurezza e della pace del nostro paese.
Non è in Afghanistan che si difende l'interesse nazionale italiano, né l'interesse dell'Unione europea. Ciò che avviene in questi giorni in Medio Oriente è più eloquentePag. 27di un intero trattato di relazioni internazionali circa le origini - uso l'espressione al plurale poiché ve ne sono più d'una - degli sconvolgimenti che investono il mondo attuale. Quella principale sta nella volontà dell'unica iperpotenza rimasta di aumentare, allargare e perpetuare il divario di potenza che squilibra il sistema delle relazioni internazionali.
È questo il punto nodale della situazione, il nodo da sciogliere, quello su cui un Governo responsabile, quale è quello attuale, può e deve agire in tutte le occasioni e in tutte le sedi. Abbiamo cominciato a farlo nel caso iracheno, abbiamo continuato a farlo in queste ore nel caso della Palestina. Noi Comunisti italiani continueremo ad argomentare e ad agire affinché lo si faccia anche in tutti gli altri casi, ad iniziare proprio da quello dell'Afghanistan (Applausi dei deputati del gruppo dei Comunisti Italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Zacchera. Ne ha facoltà.
MARCO ZACCHERA. Signor Presidente, anche dopo aver ascoltato il collega che mi ha preceduto, prendiamo atto che, a questo punto, all'interno della maggioranza vi sono quattro diversi punti di vista.
Innanzitutto, abbiamo quattro anime che si contraddicono profondamente. Prima abbiamo ascoltato il collega Mellano (all'amico Mellano faccio i complimenti per il debutto come deputato), che rappresenta quella parte del centrosinistra che comprende che le missioni costituiscono una necessità, che non fanno piacere a nessuno, ma che, proprio perché sono una necessità, vanno affrontate con senso di responsabilità. Si tratta di persone che, anche nel precedente Governo con la precedente maggioranza, spesso hanno votato a favore proprio di questo tipo di interventi, laddove fossero necessari. Poi, abbiamo un altro tipo di sinistra, quella che, tendenzialmente, è pacifista, ma si rende conto che è cambiata la maggioranza: si è nella maggioranza, bisogna ubbidire, vi sono responsabilità di Governo e, governando la nazione, si votano le missioni.
Poi abbiamo una terza sinistra, quella più estrema, quella rappresentata dal collega, quella che diceva: le bandiere con i colori dell'arcobaleno sventolano, sia pure un po' stinte, perché sono diventate scelte di Governo. Questa sinistra più estrema resta, come abbiamo sentito, profondamente contraria. Allora, va blandita con le parole: si inventano, dunque, mozioni come quella che abbiamo esaminato poco fa, nelle quali si dice di tutto e di più, si allunga il brodo e si mette molta ipocrisia. Tuttavia, le cose scritte nelle mozioni non sono ripetute nel testo che approveremo, con gli emendamenti presentati: nel testo del provvedimento in esame c'è, di fatto, il testo del provvedimento votato dal Parlamento nella precedente legislatura. Questa sinistra estrema va «affrontata», perché è importante e determinante nei numeri, con mozioni come quelle esaminate in precedenza.
Poi abbiamo la quarta parte della maggioranza, quella ancora più estrema. Si tratta di coloro che sono contrari alla guerra senza «se» e senza «ma» (così dicono). Al Senato, dipenderà forse da loro l'esito delle votazioni. Questa è la sinistra che si dimette: mi pare di avere compreso, poco fa, che un collega si dimetterà addirittura da deputato per coerenza. Se tali dimissioni saranno confermate, ci sarà, da parte mia, un segno di omaggio e di riconoscimento della sua correttezza: chi rinuncia a fare il deputato perché crede in qualche cosa, comunque sia, merita rispetto!
Ciò detto, non mi piace, come ho detto ieri, il fatto che questo nuovo provvedimento sia caratterizzato da una notevole ipocrisia. Ad esempio, i colleghi dei Verdi facevano un discorso del seguente tipo: per sette volte, abbiamo votato contro; ora ci siamo pentiti e, siccome è cambiato il fondamento e c'è una discontinuità, stavolta votiamo a favore. Già ieri ho detto che questa mi sembra veramente ipocrisia. La prova più lampante del fatto che il provvedimento è del tutto simile a quelloPag. 28precedente è data dal fatto che la Casa delle libertà ha presentato pochissime proposte emendative: alcune di forma, altre di sostanza, soltanto per puntualizzare alcuni aspetti lasciati nel vago, ma sicuramente non ha presentato proposte emendative contro il disegno di legge (tanto è vero che ci accingiamo ad approvarlo proprio perché esso si pone in esatta continuità con quello precedente).
La grande differenza starebbe nel fatto che è indicata una data di uscita dall'Iraq. Ma che si dovesse uscire dall'Iraq l'avevamo già detto sei mesi fa, quando abbiamo approvato il precedente provvedimento e l'abbiamo ripetuto tutti in campagna elettorale. Insomma, questo era un dato acquisito. Scopriamo ora che il grande cambiamento consiste nel fatto che stavolta c'è scritto: usciremo dall'Iraq prima dell'autunno! A parte il fatto che era molto meglio precisare una data - dire «entro l'autunno», stagione che termina, avendo riguardo al tempo astronomico, il 21 o il 22 dicembre, considerato che il 31 dicembre corrisponde al termine dell'esercizio finanziario dello Stato, è obiettivamente molto demagogico -, rimane pur sempre aperto il problema di sapere cosa si farà dopo il 21 dicembre. Perciò, non prendiamoci in giro e ciascuno si assuma le sue responsabilità: non sosteniamo che la sostanza è cambiata quando, al massimo, è cambiato il titolo di quella parte dell'intervento per quanto riguarda l'Iraq!
Per quanto riguarda, invece, l'Afghanistan, paese in cui la nostra presenza è importante dal punto di vista numerico e della spesa (spendiamo di più per l'Afghanistan che per l'Iraq), indeboliamo moralmente la nostra presenza: non è scritto nel provvedimento, ma temo che sia questo, alla prova dei fatti, il dato più importante. Indeboliamo la presenza, innanzitutto, mettendola a rischio dal punto di vista degli obiettivi e, soprattutto, come ha dimostrato il precedente dibattito sulle mozioni, dando adito a molte interpretazioni diverse.
Allora, io penso che la mozione che abbiamo esaminato stamani non dia effettivamente una linea per gli interventi indicati nel disegno di legge che ci accingiamo a votare: è la situazione sul campo che dà la linea; sono i problemi che danno la linea; sono gli attentati, purtroppo, che danno la linea!
Quando ci si viene a dire che gli interventi vanno bene perché sono nell'ambito dell'ONU, ricordiamoci che la politica estera italiana del Governo Berlusconi, per esempio, ha impedito nel Consiglio di sicurezza dell'ONU l'ingresso della Germania, difendendo la posizione dell'Unione europea e quindi potenzialmente dell'Italia. Questi sono i successi di politica estera che qualche volta ci dimentichiamo. Nello stesso tempo vogliamo renderci conto che o si riforma l'organizzazione delle Nazioni Unite o l'ONU è sempre più impotente? Quali saranno le regole di ingaggio future? Questo è il dibattito politico che dobbiamo svolgere! Quali sono le regole di ingaggio dei contingenti ONU (forse domani anche nel vicino Medio Oriente)?
D'altronde, l'ONU al suo interno - giusto e nello stesso tempo sbagliato - è debole. Le isole Figi votano come l'Italia, contano come l'Italia, il Burkina Faso conta come la Germania; ci rendiamo conto di queste obiettive contraddizioni? Però poi leggiamo che per una parte della maggioranza neppure l'ONU va bene; per esempio, stamattina l' onorevole Cento ha detto che l'ONU non va bene in Libano perché troppo filoamericano.
Tornando al complesso degli emendamenti, penso che vadano approvati e votati quelli proposti dai colleghi del gruppo di Alleanza Nazionale, quelli, per intenderci, che portano al 31 dicembre il termine della missione in Iraq, perché è molto più logico anche dal punto di vista della contabilità dello Stato, rispetto all'autunno che di per se stesso è un dato assolutamente aleatorio. Ma il vero problema, colleghi, è che cosa faremo dopo, come lo faremo, con chi faremo determinate operazioni. Non basta dire che c'è la discontinuità, perché adesso in Iraq ci saranno solo interventi umanitari di stabilizzazione, di ricostruzione e di cooperazione;Pag. 29su questo siamo tutti d'accordo, ma dalla fine dell'autunno o dal 31 dicembre, colleghi della sinistra, l'Italia cosa farà per svolgere concretamente queste operazioni? Rinuncerà alla sua presenza? In questo caso, allora penso che rinuncerà anche alla propria dignità (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e di Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Del Bue. Ne ha facoltà.
MAURO DEL BUE. Signor Presidente, intendo cogliere l'occasione della discussione sugli emendamenti, alla luce dell'intervento del rappresentante dei Comunisti Italiani, per porre non già una questione regolamentare o procedurale, ma una questione di dignità di questo ramo del Parlamento.
Rispetto e ritengo legittima la posizione espressa di assoluta contrarietà alla missione Enduring freedom e alla missione ISAF, all'interno della quale è presente il nostro contingente militare. Quello che non ritengo politicamente accettabile è che da un lato ci si dissoci nel merito in modo così vistoso da queste missioni e dall'altro ci si appresti ad approvare un disegno di legge che le rifinanzia. Questo mi pare assolutamente scorretto politicamente, e, se questo gruppo politico intende manifestare la sua contrarietà rispetto a tali missioni, deve a mio giudizio trarne le logiche conseguenze. Non si può inventare per la prima volta in questo Parlamento il voto dissociato, un voto favorevole per opportunità politica e un voto contrario nel merito del provvedimento! Non ho mai visto il Parlamento della Repubblica affrontare un dibattito che si concluda con una atteggiamento simile. Per cui pongo un problema di dignità e di correttezza all'insieme di questo Parlamento della Repubblica italiana (Applausi dei deputati del gruppo della Democrazia Cristiana-Partito Socialista e di Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato La Malfa. Ne ha facoltà.
GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, intervengo soltanto su un aspetto del complesso degli emendamenti. Pongo al Governo una domanda per sollecitare una risposta che può essere utile nel corso dell'esame degli emendamenti. Questa mattina in Commissione bilancio abbiamo esaminato un emendamento del Governo, il 2.101, che modifica una postazione prevista al comma 1 dell'articolo 2.
La questione che abbiamo esaminato era accompagnata da una nota molto curiosa del Ministero della difesa, che è stata distribuita ai parlamentari, nella quale si spiega che l'emendamento del Governo era dovuto alla correzione di un errore contenuto nel disegno di legge, cioè all'erroneo inserimento della voce di spesa Predator relativamente alla missione ISAF in Afghanistan.
Che cosa sia l'aereo o l'elicottero Predator io non so, ma so soltanto che nei giorni scorsi il Corriere della sera aveva riportato una scambio di opinioni tra il ministro degli esteri e un esponente di Rifondazione Comunista circa l'utilizzazione di elicotteri in Afghanistan e l'espressione era «elicotteri Predator». Non so se si tratti di elicotteri, non so se si tratti di aerei senza pilota, però quello che mi sembra evidente è che non si tratta di un errore tecnico, ma di una decisione politica.
Evidentemente il Governo in una prima fase aveva deciso di inviare in Afghanistan dei velivoli - chiamiamoli così - mentre in una seconda fase ha deciso di non mandare questi velivoli; quindi, questo è l'effetto del negoziato interno alla maggioranza. Presentare una simile decisione come un fatto tecnico o affermare addirittura che si è trattato di un errore nella stesura del disegno di legge mi pare sfidi il buon senso del Parlamento.
Noi abbiamo l'impressione di uno slittamento progressivo delle posizione del Governo sulle posizioni della sua ala pacifista; questo spiega, infatti, la conversione di alcuni voti precedentemente annunziati come voti contrari. Deve essere chiaroPag. 30al nostro paese che la politica estera del Governo si va spostando progressivamente.
Per questo motivo vorrei chiedere al Governo di precisare, al di là di ogni dubbio, che cosa rappresenta l'emendamento 2.101 (Applausi).
PRESIDENTE. Il Governo ha chiesto di intervenire sulle questioni poste in un precedente intervento.
Ha pertanto facoltà di parlare il sottosegretario di Stato per la difesa, Govanni Lorenzo Forcieri.
GIOVANNI LORENZO FORCIERI, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, ringrazio l'onorevole La Malfa che ha sollevato un problema che ci consente di chiarire un equivoco, anzi più di un equivoco, che si è creato su tale questione.
Innanzitutto i Predator non sono elicotteri, ma aerei da ricognizione senza pilota Unmanned Aerial Vehicle (questa è la loro sigla); sono attualmente impegnati in Iraq, ma non è mai stata prevista la loro utilizzazione in Afghanistan. Questi velivoli di sorveglianza stanno svolgendo il loro compito in Iraq e, quindi, è corretto che il relativo onere di spesa sia imputato alla missione irachena e non a quella afghana.
Per errore è stato calcolato questo onere nella missione afghana e il Governo, senza alcuna trattativa interna, senza alcuna richiesta particolare, ma soltanto - lo ribadisco all'onorevole La Malfa - per un errore di contabilizzazione, ha provveduto con un apposito emendamento a riportare l'onere relativo all'utilizzazione di questi velivoli nell'ambito della missione in cui sono impegnati, cioè nella missione irachena.
Non c'è stato alcun tipo di contrattazione, si è trattato soltanto di un errore contabile e abbiamo provveduto a correggerlo con l'emendamento 2.101 che l'onorevole La Malfa ha richiamato.
GIUSEPPE COSSIGA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà, deputato Cossiga.
GIUSEPPE COSSIGA. Signor Presidente, intervengo ai sensi dell'articolo 96-bis e dell'articolo 89 del regolamento in particolare sulla inammissibilità dei miei emendamenti 1.15 e 1.16, e non sul complesso degli emendamenti.
Mi consenta un'annotazione, signor Presidente. Non è la prima volta che intervengo, ma vorrei innovare. Lei mi ha chiamato «deputato», vocabolo legittimo ed innovativo dato che in Assemblea ci si è sempre rivolti ai deputati chiamandoli «onorevoli», termine che apprezzo in Assemblea e non gradisco fuori. Spero che lei non si offenderà, conoscendo la sua sensibilità, se da ora in poi mi rivolgerò alla Presidenza con la definizione di «cittadino Presidente» e non «deputato Presidente» (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale).
Ai sensi dell'articolo 89 del regolamento, gli emendamenti 1.15 e 1.16 a mia firma sono stati dichiarati inammissibili. In realtà, i due emendamenti sono diversi. Il secondo è, in effetti, innovativo e non riproduce integralmente il testo del disegno di legge e vi sono parti sostanzialmente diverse. L'emendamento 1.15, invece, è il testo del disegno di legge presentato dal Governo, che ho inteso ripresentare in Assemblea per sottolineare che siamo, tuttora, in una situazione di estrema anomalia. Esiste un solo precedente in cui un Governo non presenti prima un decreto-legge e poi un disegno di legge. Ricordo che il decreto-legge è stato presentato dopo che in Assemblea sono state fatte osservazioni sulla gravità di questo fatto.
Questa era la ragione per cui ho voluto presentare l'emendamento 1.15, cioè stigmatizzare ancora una volta il fatto che per ragioni politiche il Governo aveva deciso per un determinato periodo di tempo (un giorno, tre o novanta, non ha importanza) di farsi carico, di prendersi il rischio di lasciare senza copertura i nostri soldati impegnati in missione all'estero.Pag. 31
Questa - ripeto - è la ragione per cui ho presentato gli emendamenti 1.15 e 1.16. Non ritengo che le motivazioni addotte, in particolare sull'emendamento 1.16, sulla loro inammissibilità siano corrette. Tuttavia, essendo stati presentati emendamenti che, nella sostanza, riproducono le modificazioni da me considerate nell'emendamento 1.16, per economia di procedura li ritiro entrambi.
PRESIDENTE. La ringrazio per la correttezza con cui si è rivolto a me come Presidente.
Non ho nulla da dire sulle sue valutazioni politiche. Lei riconoscerà le argomentazioni formali con le quali sono stati considerati inammissibili gli emendamenti da lei presentati.
Nessun altro chiedendo di parlare, invito il relatore per la IV Commissione ad esprimere il parere delle Commissioni sugli emendamenti presentati all'articolo 1.
ROBERTA PINOTTI, Relatore per la IV Commissione. Signor Presidente, le Commissioni esprimono parere contrario sugli emendamenti Gamba 1.18 e Cossiga 1.2. Sull'emendamento Paoletti Tangheroni 1.27, abbiamo discusso in seno al Comitato dei nove e vi è la proposta di una riformulazione, che non lede il senso dell'emendamento, ma formalmente si attaglia maggiormente al fatto che stiamo esaminando un disegno di legge.
La formulazione è la seguente: «Gli incarichi ed i contratti di cui al precedente periodo sono affidati ad enti od organismi e stipulati con persone di nazionalità irachena ovvero di nazionalità italiana o di altri paesi, a condizione che il Ministero degli affari esteri abbia escluso che localmente esistono le professionalità richieste».
PRESIDENTE. Mi scusi, la riformulazione va intesa che al comma 5 vadano aggiunte, infine, le parole da lei pronunciate?
ROBERTA PINOTTI, Relatore per la IV Commissione. Sì, signor Presidente.
PRESIDENTE. Il Governo?
UGO INTINI, Viceministro degli affari esteri. Signor Presidente, il Governo esprime parere conforme a quello espresso dal relatore.
GIUSEPPE COSSIGA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE COSSIGA. Signor Presidente, ritiro l'emendamento a mia firma 1.2.
PRESIDENTE. Faccio notare che dobbiamo prima votare l'emendamento Gamba 1.18.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Gamba 1.18, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 525
Maggioranza 263
Hanno votato sì 241
Hanno votato no 284).
Prendo atto che il deputato Bandoli non è riuscito ad esprimere il proprio voto.
Visto il precedente intervento dell'onorevole Cossiga, considero il suo emendamento 1.2 come ritirato.
Passiamo, dunque, alla votazione dell'emendamento Paoletti Tangheroni 1.27.
Ricordo che le Commissioni ed il Governo hanno espresso parere favorevole su tale emendamento purché riformulato nel modo seguente: Al comma 5, aggiungere infine le parole «Gli incarichi e i contratti di cui al precedente periodo sono affidati ad enti od organismi e stipulati con persone di nazionalità irachena, ovvero diPag. 32nazionalità italiana o di altri paesi a condizione che il Ministero degli affari esteri abbia escluso che localmente esistono le professionalità richieste».
Onorevole Paoletti Tangheroni, accetta la riformulazione proposta dal relatore?
PATRIZIA PAOLETTI TANGHERONI. Signor Presidente, su questo emendamento c'è stata una convergenza molto ampia. Si tratta - lei sicuramente se ne rende conto - di un emendamento assai importante perché dà il senso di una vera missione di pace, dato che chiede di utilizzare il personale locale.
Chiedo se sia possibile nella riformulazione accogliere questa precisazione: in luogo delle parole «che il Ministero degli affari esteri abbia escluso» sostituire la dizione «che sia escluso che localmente esistono le professionalità richieste». Vorrei, cioè, che fosse una situazione di fatto acclarata, non che si spostasse la valutazione al Ministero degli affari esteri.
PRESIDENTE. Chiedo al relatore di esprimersi in ordine a questa ulteriore proposta di riformulazione.
ROBERTA PINOTTI, Relatore per la IV Commissione. Il problema sta nella differenza tra gli ordini del giorno e quello che decidiamo, attraverso gli emendamenti, che la legge stabilisca. Se non diciamo chi lo fa, quindi il Ministero degli affari esteri, rimane un'entità indistinta. Si tratta di una formula che potremmo utilizzare in un ordine del giorno, con il quale si chiede genericamente un impegno. Se invece vogliamo inserire la previsione nella legge, cosa più forte, dobbiamo indicare anche chi lo fa. Ritengo pertanto che debba essere confermata la formulazione che ho proposto.
PRESIDENTE. Onorevole Paoletti Tangheroni, accetta la riformulazione proposta dal relatore?
PATRIZIA PAOLETTI TANGHERONI. Sì, signor Presidente, dato che ho presentato un ordine del giorno che precisa le predette richieste.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Forlani. Ne ha facoltà.
ALESSANDRO FORLANI. Signor Presidente, intervengo solo per esprimere il mio consenso all'emendamento Paoletti Tangheroni 1.27 proprio per la validità ed il pregio delle tematiche che introduce ai fini della ripresa economica, occupazionale ed anche psicologica di quelle aree. Dichiaro quindi di voler aggiungere la mia firma all'emendamento stesso.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Paoletti Tangheroni 1.27, nel testo riformulato, accettato dalle Commissioni e dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 545
Votanti 544
Astenuti 1
Maggioranza 273
Hanno votato sì 540
Hanno votato no 4).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1, nel testo emendato.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 555
Votanti 554
Astenuti 1
Maggioranza 278
Hanno votato sì 552
Hanno votato no 2).
(Esame dell'articolo 2 - A.C. 1288)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 2 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 1288 sezione 4).
Ha chiesto di parlare il deputato Bosi. Ne ha facoltà.
FRANCESCO BOSI. Signor Presidente, ho chiesto di intervenire sull'articolo 2 e vorrei riferirmi, in modo particolare, all'emendamento Mattarella 2.50 nel quale si viene ad eliminare, nelle missioni Antica Babilonia, Enduring freedom e ISAF, quindi in Iraq e in Afghanistan, l'applicazione del codice militare di guerra.
A questo proposito già nella scorsa legislatura, in occasione delle missioni, si erano accese discussioni di carattere puramente nominalistico. Come forse i colleghi sanno, l'applicazione del codice militare di guerra non è una licenza che assegna ai contingenti la libertà di agire a loro piacimento, ma, anzi, rappresenta una forma speciale di tutela per la parte non combattente, vale a dire le popolazioni che sono presenti nei teatri delle missioni, che con l'applicazione del codice militare di guerra ricevono, così come prevede la Convenzione di Ginevra, speciale tutela. Quindi, l'eliminazione dell'applicazione del codice militare di guerra non è qualcosa che rende queste missioni più umanitarie; al contrario, le rende più perigliose e rischiose per la parte indifesa della popolazione. Inoltre, ha un altro effetto negativo, quello di sottrarre ad una magistratura esperta e specializzata nei conflitti bellici, com'è la magistratura militare, le eventuali fattispecie di reato che possono verificarsi in occasione delle missioni all'estero per consegnarle alla magistratura ordinaria. Ciò risulta di minor tutela per le formazioni militari, che preferiscono essere giudicate da un ramo della magistratura esperta nei conflitti - cioè la magistratura militare, prevista dalla nostra Carta costituzionale - ed evitare che queste valutazioni siano compiute da una magistratura ordinaria, che non ha la conoscenza delle situazioni meccaniche e delle fattispecie che si possono verificare nel corso delle missioni militari.
Allora, voler modificare e cassare l'applicazione del codice militare di guerra, mentre non ha niente a che fare con le ragioni umanitarie e costituisce un elemento di minor tutela per i contingenti militari, a quale logica obbedisce? Obbedisce semplicemente - ritengo di poterlo dire perché questi discorsi sono già stati fatti, sono stati letti sui giornali e sono stati già esposti nelle precedenti occasioni di rifinanziamento delle missioni all'estero - ad una questione nominalistica, perché nominare la parola guerra per alcuni colleghi significa avere un colpo apoplettico. Credo che un Governo responsabile ed una maggioranza che ne deve supportare l'azione debbano rigettare questo pregiudizio nominalistico, a fronte del quale non corrisponde nulla, anzi corrispondono rischi e quindi necessità di maggior tutela per la popolazione. Il codice militare di guerra del nostro paese - noi siamo fortunati ad avere a Sanremo un istituto di studi dei diritti umani nei conflitti bellici, un istituto internazionale che sicuramente l'onorevole Mattarella conosce perché è stato ministro della difesa, al quale tutti i paesi si rivolgono per formare i quadri militari sul diritto umanitario nei conflitti bellici - recepisce totalmente le indicazioni di Ginevra volte ad attribuire un'attenzione ed una cura speciale ai soggetti deboli nei conflitti bellici.
Volerne eliminare l'applicazione nelle missioni in questione, semplicemente in ossequio a qualche pregiudizio irrazionale, stupido, di carattere puramente nominalistico e ideologico, a mio avviso è atto gravemente irresponsabile, forse utile nella negoziazione interna alla composita maggioranza per ottenere il consenso di qualche parlamentare in più, ma gravemente dannoso per il resto; vorrei pertanto che i relatori e il Governo si pronunciassero in modo chiaro su tale questione. Sappiamo infatti che se l'emendamento MattarellaPag. 342.50 venisse approvato, da domani si avrebbero conseguenze negative che noi non vogliamo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Galante. Ne ha facoltà.
SEVERINO GALANTE. Signor Presidente, devo una risposta al gentile intervento del collega Del Bue, che ha posto un problema di dignità e di correttezza - ha usato parole impegnative - relativo al mio gruppo politico e a me personalmente. Dunque, al collega Del Bue, se non lo ha capito, ed eventualmente anche ad altri, voglio spiegare che un assunto indefettibile guida la politica del mio partito: non esprimeremo mai alcun voto né compiremo mai alcun atto che possano contribuire a riconsegnare il Governo dell'Italia nelle mani della destra, anche nelle mani sue, collega Del Bue.
Tale scelta è nel DNA del nostro partito perché esso segna il suo atto di nascita nel 1998. Lo ricordo a tutti, in modo che non sussistano dubbi al riguardo.
Rammento altresì a tutti che, pur di tenere in vita un Governo di centrosinistra, quello presieduto, allora, dall'attuale ministro degli affari esteri, noi abbiamo subito il peso di una guerra che consideravamo, e ancora consideriamo, sbagliata; una guerra contro la quale ci siamo battuti sia all'interno di quel Governo che la consentiva, sia nella società italiana, sia con un'iniziativa diplomatica di partito, di cui siamo ancora oggi orgogliosi, tesa ad impedire il suo ulteriore aggravamento. Ma abbiamo agito - questo è il punto, collega Del Bue - scegliendo razionalmente e realisticamente il meno peggio e non abbattendo, dunque, quel Governo con il nostro voto, come pure avremmo potuto fare. L'alternativa, infatti, sarebbe stata, anche allora, un Governo di destra, che quella guerra avrebbe portato a ben più drammatiche conseguenze. Tale era e tale rimane il nostro metro di giudizio politico, che nulla ha a che fare con l'etica e con contraddizioni di sorta. Oggi siamo presenti qui, in questa sede, per confermarlo e lo facciamo, come allora, senza infingimenti, dicendo la verità delle cose. Lo facciamo perché i rapporti di forza - ribadisco che siamo dei realisti in politica -, interni ed esterni alla nostra coalizione, non ci consentono di fare diversamente; non ci consentono di fare meglio secondo il nostro punto di vista.
Noi siamo convinti che la scelta del Governo Berlusconi, che è stata «sua» scelta, di inviare soldati in Afghanistan, sia stata sbagliata; non l'abbiamo condivisa e riteniamo sia un errore che il Governo Prodi la confermi. Quindi, noi ribadiamo che non la condividiamo, ma abbiamo firmato un programma che non include una scelta diversa e a quel programma siamo vincolati, noi come tutti gli altri. Sugli altri punti - è un aspetto che voglio sottolineare - chiediamo ed esigeremo che tutti abbiano il nostro stesso senso di responsabilità, facendo prevalere, come noi in questo momento, il primato delle ragioni della coalizione sul primato di quelle di partito.
Ma continueremo a dire e a fare tutto quanto riteniamo giusto e necessario per convincere - badi bene, collega Del Bue: per convincere - la nostra coalizione, che riteniamo la migliore oggi possibile nelle condizioni attuali, a cambiare indirizzo. Serve una politica estera e di difesa di maggiore lungimiranza e di maggiore autonomia strategica e serve altresì un utilizzo delle Forze armate italiane coerente con il ruolo di un paese che non può vedere i propri soldati relegati - andate a verificare concretamente quanto avviene in Afghanistan -, per responsabilità non loro ma politiche, nel ruolo di semplici esecutori subalterni di strategie altrui e, per di più, di strategie fallimentari (Applausi dei deputati del gruppo dei Comunisti Italiani).
PRESIDENTE. Nessuno altro chiedendo di parlare, invito il relatore per la IV Commissione, onorevole Pinotti, ad esprimere il parere delle Commissioni sulle proposte emendative riferite all'articolo 2.
ROBERTA PINOTTI, Relatore per la IV Commissione. Signor Presidente, le ComPag. 35missioni esprimono parere contrario sull'emendamento Gamba 2.29, mentre accettano l'emendamento 2.101 del Governo. Il parere è contrario sugli emendamenti Gasparri 2.1 e 2.2. Si invita il presentatore a ritirare, altrimenti il parere è contrario, l'emendamento Cossiga 2.7.
Il parere è altresì contrario sugli emendamenti Gasparri 2.3 e Cicu 2.4. Le Commissioni invitano il presentatore a ritirare, altrimenti il parere è contrario, l'emendamento Cossiga 2.5. Il parere è contrario sull'emendamento Cannavò 2.19, mentre si invita il presentatore, altrimenti il parere è contrario, a ritirare l'emendamento Cossiga 2.9. Il parere è contrario sull'emendamento Cannavò 2.20.
Le Commissioni accettano l'emendamento 2.100 del Governo a condizione che sia riformulato nei termini che risultano nel parere reso dalla Commissione bilancio.
Per quanto riguarda l'emendamento Mattarella 2.50, le Commissioni esprimono parere favorevole a condizione che lo stesso, come stabilito in seno al Comitato dei nove, sia riformulato nel modo seguente: Sopprimere il comma 26. Conseguentemente, al comma 27, sostituire le parole da: «Al personale militare che partecipa» fino alle parole: «a Cipro» con le seguenti: «al personale militare che partecipa alle missioni di cui alla presente legge». In questo modo, invece di riportare l'elenco di tutte le missioni a cui si applica il codice militare di pace, si prevede che esso si applica a tutte le missioni contenute nel provvedimento in esame.
Infine, le Commissioni esprimono parere contrario sull'emendamento Gamba 2.30.
PRESIDENTE. Il Governo?
GIOVANNI LORENZO FORCIERI, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, il Governo accoglie l'invito a riformulare l'emendamento 2.100, così come richiesto nel parere espresso dalla Commissione bilancio, ed esprime sui restanti emendamenti parere conforme a quello espresso dal relatore per la IV Commissione.
In merito all'emendamento Mattarella 2.50, desidero soltanto aggiungere che il Governo è d'accordo con la riformulazione così come stabilita in sede di Comitato dei nove e riproposta in questa sede dal relatore. Ritengo inoltre giusto fornire alcune spiegazioni con riferimento ad alcuni interventi svolti, in particolare a quello dell'onorevole Bosi. Il Governo aveva ritenuto di confermare il regime finora scelto e condiviso perché non aveva problemi di ordine nominalistico, essendo chiaro che si tratta di missioni di pace e che il codice penale militare di guerra presenta quelle caratteristiche che riguardano gli aspetti umanitari del diritto internazionale che ricordava poc'anzi l'onorevole Bosi.
Il Governo è comunque favorevole ad accogliere la proposta che viene dal Parlamento, proprio in relazione al comportamento e all'attività finora svolta dai nostri militari, che è stata sostanzialmente caratterizzata da una rigorosa correttezza comportamentale e disciplinare che non ha mai visto coinvolti militari italiani in comportamenti contrari al diritto umanitario.
Peraltro, sia in Iraq sia in Afghanistan l'azione delle forze di sicurezza locali sta sempre più estendendosi, per cui riteniamo che, giunti a questo punto, non ci sia difficoltà, lo ripeto, ad accogliere favorevolmente la proposta fatta dal Parlamento.
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Gamba 2.29.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Gamba. Ne ha facoltà.
PIERFRANCESCO EMILIO ROMANO GAMBA. Grazie. Anche per me è la prima occasione per intervenire durante la sua Presidenza effettiva dei lavori dell'aula. Approfitto per manifestarle il dissenso riguardo alla modifica ovvero all'abrogazione, in qualche modo, dell'uso del titolo con il quale anche altri Presidenti si sono rivolti sempre in quest'aula ai singoli deputati. Poiché non condivido né le sue motivazioni ideologiche né l'abrogazione, per l'appunto, di una tradizione ultracentenaria,Pag. 36mi adeguerò al suo modo di rivolgersi: quando lei o il Vicepresidente Leoni presiederanno quest'Assemblea, dovendo intervenire, mi rivolgerò a lei con l'appellativo di deputato Presidente.
Nel merito del mio emendamento 2.29, presentato assieme al collega Briguglio, faccio rilevare che il testo che sottoponiamo al voto dell'aula è assolutamente simile a quello contenuto sul punto nei precedenti provvedimenti che sono stati periodicamente presentati per l'approvazione del rifinanziamento delle varie missioni, da parte del precedente Governo e della precedente maggioranza. Abbiamo inteso in primo luogo modificare l'unico vero punto di diversità esistente nel testo presentato all'esame di quest'Assemblea rispetto a quelli precedenti, cioè quello che si riferisce alla missione Antica Babilonia in Iraq, proponendo di modificare la parte che si riferisce esplicitamente alla conclusione e al rientro del contingente militare italiano entro l'autunno prossimo.
Proponendo la proroga al 31 dicembre e un'adeguata modificazione della voce di spesa conforme a quelle che erano precedentemente indicate nei provvedimenti a cui mi riferivo, riteniamo che, anche nel caso - come pure il Governo Berlusconi aveva preannunciato - si procedesse gradualmente, con modalità concordate con il Governo iracheno e con gli alleati, al progressivo rientro del nostro contingente (cosa che peraltro è già iniziata in termini numerici, come preannunciato dal ministro Martino), ciò non dovrebbe avvenire nei termini e nelle modalità, anche economiche, che sono contenute nel provvedimento all'esame. Infatti, anche il rientro del contingente italiano avrebbe comunque previsto come termine la fine dell'anno in corso e il mantenimento di una forza di protezione costituita da molte centinaia di nostri militari per la protezione dei PRT (Provincial reconstruction team) e di tutte le altre forme d'intervento civile per la ricostruzione, la stabilizzazione e lo sviluppo di quel martoriato paese.
Dunque, al di là della volontà di rientro, riteniamo che la proroga al 31 dicembre sarebbe certamente più opportuna, lasciando la possibilità di un intervento in qualche modo graduato da parte delle autorità di Governo e, ovviamente, commisurando anche le necessità economiche a questa diversa impostazione. Per questo sottoponiamo l'emendamento al voto dell'Assemblea (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Bosi. Ne ha facoltà.
FRANCESCO BOSI. Signor Presidente, io vorrei ringraziare il sottosegretario per aver fatto una precisazione e lo ringrazio anche per aver voluto riconoscere che i nostri contingenti hanno avuto un comportamento esemplare nelle loro missioni in tutti questi anni. Però, francamente, non credo che il sottosegretario - e tanto meno i relatori - abbiano spiegato per quale strano motivo, essendosi i nostri militari ben comportati, non dovrebbero essere giudicati, come previsto dall'emendamento in esame, da una magistratura militare, che - voglio ricordare - non è costituita da militari, ma da magistrati dell'ordine della magistratura ordinaria che superano, certamente, un concorso specifico.
ROBERTA PINOTTI, Relatore per la IV Commissione. Non è così! Non è così!
FRANCESCO BOSI. Quindi sono semplicemente magistrati più specializzati di altri; allora mi dovete spiegare per quale motivo si vuol parlare di codice militare di pace, quasi a sottintendere che se si applica il codice militare di pace quella è una missione di pace, altrimenti no!
Voi sapete bene che questo non è vero. Anzi, non si è nemmeno risposto alla domanda concernente il motivo per cui dovremmo rinunciare all'applicazione delle norme di diritto umanitario che si accompagnano alle missioni militari di guerra.
In queste condizioni, francamente, pur avendo espresso voto favorevole sull'articolo 1, ritengo di non poter preannunciarePag. 37un voto favorevole sull'articolo 2 e non poter esprimere voto favorevole significa non poter andare oltre una astensione.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Gamba 2.29, non accettato dalle Commissioni né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 554
Votanti 540
Astenuti 14
Maggioranza 271
Hanno votato sì 240
Hanno votato no 300).
Prendo atto che il deputato De Cristofaro ha espresso voto favorevole, mentre avrebbe voluto esprimere voto contrario.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 2.101 del Governo, accettato dalle Commissioni.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 550
Votanti 319
Astenuti 231
Maggioranza 160
Hanno votato sì 309
Hanno votato no 10).
Prendo atto che i deputati Buontempo e Martinelli non sono riusciti ad esprimere il proprio voto e che il deputato Romele ha espresso voto favorevole mentre avrebbe voluto astenersi.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Gasparri 2.1
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Gasparri. Ne ha facoltà.
MAURIZIO GASPARRI. Signor Presidente, ho chiesto di intervenire perché questo emendamento propone la proroga al 31 dicembre di quest'anno della missione in Iraq. Infatti, come è stato ricordato nel lungo dibattito che ha preceduto questo confronto in Assemblea, è vero che anche il precedente Governo ipotizzatava la possibilità di un ritiro pur se legata all'andamento delle vicende irachene, dato che il processo di consolidamento della democrazia è tutt'altro che stabilizzato. La presenza italiana, anche militare, è notoriamente volta ad aiutare quel popolo ad avere istituzioni che possano finalmente, in autonomia e in libertà, controllare il proprio territorio ed evitare che il terrorismo detti legge con i suoi attentati, il più delle volte rivolti contro la stessa popolazione irachena. Perciò, questo emendamento propone di proseguire anche la missione militare fino al 30 dicembre 2006, peraltro in coerenza - mi rivolgo, in particolare, al Governo ed ai rappresentanti della maggioranza - con lo stesso disegno di legge che stiamo discutendo e che, all'articolo 1, comma 1, autorizza le spese per la missione umanitaria fino al 31 dicembre 2006. La missione militare, invece, dovrebbe cessare prima.
A nostro avviso, la missione umanitaria dovrebbe proseguire anche oltre quella data e non si capisce bene che cosa accadrà dopo, se proseguirà o meno, se ci saranno o meno stanziamenti e se siamo interessati davvero a fare in modo che in Iraq vincano la democrazia e la libertà e non gli eredi di Al Zarqawi e i seguaci di Al Qaeda. Credo che sia una scelta errata quella di proseguire comunque la missione umanitaria fino al 31 dicembre senza una contemporanea presenza militare. Sappiamo tutti, infatti, che il supporto militare è essenziale dal punto di vista organizzativo e logistico e dell'assistenza tecnica e l'operatività stessa delle missioni umanitarie non avrebbe la possibilità di dispiegarsi senza di esso. Ecco per quale motivo sarebbe logica una contemporaneitàPag. 38delle scadenze. Peraltro, il disegno di legge, all'articolo 1, pone alla fine di quest'anno il termine della missione umanitaria, salvo vedere poi che cosa accadrà. Penso che il disimpegno militare preceda e determini anche la cessazione degli interventi umanitari, che difficilmente potrebbero svolgersi in assenza di quei supporti che solo l'organizzazione militare può da assicurare.
Ecco la ragione di questo emendamento che, chiedendo di prevedere la proroga fino al 31 dicembre 2006 della partecipazione del contingente militare, rende più credibile l'azione italiana creando una simultaneità dell'azione umanitaria e dell'azione militare che notoriamente è di supporto alla prima (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Gasparri 2.1, non accettato dalle Commissioni né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 555
Votanti 554
Astenuti 1
Maggioranza 278
Hanno votato sì 254
Hanno votato no 300).
Prendo atto che il deputato Martinelli non è riuscito a votare.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Gasparri 2.2.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Gasparri. Ne ha facoltà.
MAURIZIO GASPARRI. Signor Presidente, l'emendamento in esame ripropone la medesima questione sollevata dall'emendamento precedente, prevedendo il termine del 31 dicembre 2006; ciò per le stesse motivazioni espresse in precedenza.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Gasparri 2.2, non accettato dalle Commissioni né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 551
Maggioranza 276
Hanno votato sì 253
Hanno votato no 298).
Passiamo all'emendamento Cossiga 2.7.
Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro formulato dal relatore.
GIUSEPPE COSSIGA. Sì, Presidente, lo ritiro.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Gasparri 2.3, non accettato dalle Commissioni né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 556
Maggioranza 279
Hanno votato sì 256
Hanno votato no 300).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Cicu 2.4, non accettato dalle ComPag. 39missioni né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 554
Maggioranza 278
Hanno votato sì 255
Hanno votato no 299).
Passiamo all'emendamento Cossiga 2.5.
Prendo atto che il presentatore accede all'invito al ritiro formulato dal relatore.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Cannavò 2.19.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Burgio. Ne ha facoltà.
ALBERTO BURGIO. Signor Presidente, la motivazione fondamentale che ha indotto i firmatari a proporre questo emendamento risiede nella semplice considerazione di un fatto di per sé dirimente: quella in corso in Afghanistan, da poco meno di cinque anni, è una guerra; una guerra di aggressione e di occupazione.
Questo dato di fatto non è smentito dalla copertura dell'ONU, dal momento che, passando sotto il comando della NATO nell'agosto del 2003, la missione ISAF si è via via sovrapposta e confusa con la missione Enduring freedom.
Quella in corso in Afghanistan è dunque una guerra offensiva sempre più devastante. Nel 2002, le vittime furono 1.500, nel 2005 furono 2 mila, nei primi sei mesi di quest'anno oltre 2.005. Ma la Costituzione della Repubblica non permette né al Parlamento, né al Governo, né ad altre autorità dello Stato di decidere la partecipazione del nostro paese ad una guerra di questo genere.
La realtà dell'Afghanistan, dopo quasi cinque anni dall'attacco americano, non autorizza i giudizi favorevoli ed ottimistici formulati da chi sostiene la prosecuzione della guerra e della nostra partecipazione. La sicurezza fuori da Kabul è inesistente...
PRESIDENTE. Deputato Burgio, lei sa che, parlando a titolo personale, ha diritto ad un minuto. Pertanto, la invito a tenerne conto (Commenti).
ALBERTO BURGIO. Presidente, mi avevano detto che avevo a disposizione cinque minuti per l'illustrazione dell'emendamento.
GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Fallo parlare!
PRESIDENTE. Non ho bisogno delle vostre sollecitazioni! Per me potrebbe parlare assai più a lungo perché mi interessa ascoltare le sue argomentazioni, anche personalmente. Tuttavia, gli uffici mi fanno notare che, parlando a titolo personale, avrebbe diritto solo ad un minuto.
Consentitemi una breve consultazione; intanto mi scuso con il deputato Burgio.
ALBERTO BURGIO. La ringrazio, signor Presidente.
La sicurezza fuori da Kabul è inesistente, la delinquenza comune è in costante aumento e così la tossicodipendenza, la prostituzione e l'AIDS. La popolazione civile, esposta alle violenze del conflitto, vive in condizioni disperanti: mancano strade, acquedotti, scuole, ospedali, elettricità e tutte le infrastrutture di base.
Lo stesso Kofi Annan ha denunciato l'assenza di istituzioni in grado di rispondere ai bisogni basilari della popolazione. In tutto il paese infuria la guerra tra i terroristi, i signori della guerra, i trafficanti d'oppio, i talebani che, non dimentichiamolo - mi rivolgo, in particolare, all'onorevole Gerardo Bianco, del quale ieri ho ascoltato con attenzione l'intervento in discussione sulle linee generali -, furono protetti ed armati dagli Stati Uniti tra il 1987 ed 1992, contro il regime di Najibullah.
A proposito dell'oppio, l'Afghanistan è stato...
PRESIDENTE. La prego, deve concludere.
ALBERTO BURGIO. Presidente, posso concludere anche adesso, dicendo che la nostra richiesta di avviare una strategia di uscita dalla guerra in Afghanistan non sarebbe, secondo noi, presentatori dell'emendamento, soltanto un gesto di coerenza e di rispetto nei confronti della Costituzione repubblicana, ma anche una fondamentale inversione di tendenza della tragica spirale di guerra che, proprio in questi giorni (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale)...
La ringrazio, signor Presidente, e le chiedo di autorizzare la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Deputato Burgio, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Scusate, ma ho sentito svolgere alcune considerazioni di tenore politico che non si possono fare sugli interventi. La mia vicinanza o lontananza dalle tesi, non ha alcuna importanza. In questo caso, siamo chiamati a far sì che le dichiarazioni di voto per ciascun gruppo che lo richieda non superino i cinque minuti. Quando gli interventi sono a titolo personale, per consuetudine, viene concesso un minuto: si può avere una qualche tolleranza, ma questo è richiesto.
Inviterei - e davvero l'invito è molto caloroso ed è rivolto a tutti -, a non esporre il Presidente alla situazione così antipatica di dover intervenire e di togliere la parola ad un deputato, che non dico sia sacra, ma è rilevante per tutti noi. Grazie davvero.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Franco Russo. Ne ha facoltà.
FRANCO RUSSO. Signor Presidente, voterò a favore dell'emendamento in oggetto e traggo la motivazione dall'intervento dell'onorevole Elettra Deiana che ha detto: abbiamo chiesto, come Rifondazione comunista, una discontinuità politica riguardo alla partecipazione italiana alla missione militare in Afghanistan, dove è in atto una vera e propria guerra e dove la NATO fa le prove del suo nuovo ruolo e del suo diritto ad una proiezione militare globale ben al di fuori e lontano da quel perimetro del nord Atlantico che le era stato assegnato dal Trattato del 1949.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Gasparri. Ne ha facoltà.
MAURIZIO GASPARRI. Signor Presidente, vorrei parlare a nome del mio gruppo, Alleanza Nazionale, contro l'emendamento in esame e le valutazioni che lo animano, perché, nell'intervento che abbiamo ascoltato, di fatto, si dà una visione negativa della presenza internazionale in Afghanistan, alla quale si collegherebbe la responsabilità del terrorismo e della diffusione dell'AIDS o di non so quale altro degrado, come se si dimenticasse che la missione internazionale ha posto fine al regime dei talebani, ad uno Stato canaglia che con il terrorismo ha attaccato il mondo occidentale! Questa era la realtà dell'Afghanistan prima delle missioni militari a cui anche l'Italia ha partecipato!
Quindi, la descrizione alla Gino Strada - credo che la citazione fosse letterale - di un'Afghanistan che era persino migliore al tempo dei talebani, dimostrano che all'interno della maggioranza molti la pensano in questo modo.
Riteniamo che portare la democrazia nel mondo sia un dovere della comunità internazionale e, quindi, voteremo convintamente contro non solo l'emendamento, ma anche le motivazioni veramente incredibili che lo hanno animato (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e di Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato La Malfa. Ne ha facoltà.
Pag. 41
GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, ovviamente, non possiamo che votare contro l'emendamento Cannavò 2.19. È un problema della maggioranza riconciliare posizioni così profondamente diverse, come quelle che abbiamo sentito.
La mia impressione, la nostra impressione, è che il Governo abbia già concesso molto, anzi moltissimo, alla, chiamiamola così, componente radicale dello schieramento che ne fa parte, ma certamente questo è effettivamente un punto cruciale. Su tale aspetto il nostro voto contrario è particolarmente significativo sul piano politico.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Giovanardi. Ne ha facoltà.
CARLO GIOVANARDI. Signor Presidente, vorrei ricordare la storia del nostro paese (Commenti), e, per quanto riguarda la nostra parte politica, i ribelli per amore, coloro che imbracciarono le armi durante la Resistenza, perché ritenevano che il regime in Italia, in quegli anni, fosse tale da legittimare anche l'uso della forza, per liberare il nostro paese dall'oppressione.
Se penso all'Italia del 1944, del 1945, ai bombardamenti, alla fame, ai massacri, alle rappresaglie e a quella situazione terribile che il nostro paese ha vissuto, io, che sono nato nel 1950, sono grato a coloro che in Italia - gli angloamericani e i partigiani - hanno imbracciato le armi per liberarmi da quel regime.
Vi sono dei libri terrificanti per quanto riguarda le donne, nel regime dei talebani, ridotte a non aver diritto all'istruzione, trattate come animali e uccise (Applausi dei deputati dei gruppi dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), di Forza Italia e di Alleanza Nazionale). Recentemente, è stata pubblicata una foto di una donna afghana uccisa, con quel terribile vestito che ne umilia la dignità. Bastava poco per essere implicati e uccisi. Testimonianze di arte incredibilmente valide sono state fatte saltare con la dinamite, perché urtavano questa ortodossia. Si tratta di uno dei regimi più brutali e assassini della storia.
Mi domando: gli italiani avevano diritto di ribellarsi al nazifascismo? Gli afghani avevano diritto, con l'aiuto della collettività internazionale, di ribellarsi ad uno dei regimi più infami e terroristici della storia? La dignità delle donne e degli uomini non vale niente? Oppure vogliamo, ad intermittenza, rifarci ad una situazione nella quale, se questo regime fosse reintegrato, decine di migliaia di persone perderebbero la vita, per un terrore di Stato che conculca ogni libertà umana e civile? Cosa vuol dire che vogliamo porre fine a questa esperienza? Vogliamo fuoriuscire dal nostro impegno, abbandonando gli afghani a questo regime terroristico? Ciò vuol dire rinnegare la nostra storia e dare un giudizio negativo di coloro che hanno combattuto per la nostra libertà e ci hanno fatto nascere in un paese libero e democratico! Questo non lo vogliamo! Siamo stati e continuiamo ad essere dalla parte di chi ci ha dato la libertà e riconosciamo e valorizziamo il loro sacrificio, come oggi siamo dalla parte, in tutto il mondo e, in particolare, in Afghanistan di chi vuole vivere in un regime libero e democratico come quello che c'è in Italia (Applausi dei deputati dei gruppi dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Padania)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Del Bue. Ne ha facoltà.
MAURO DEL BUE. Signor Presidente io non voglio ricordare la storia d'Italia, però voglio ricordare una storia. C'era un Governo, presieduto dall'onorevole D'Alema, che aveva deciso, nell'ambito della NATO, di bombardare un paese straniero, e c'era una parte di quel Governo che, dissociandosi da quella decisione, aveva manifestato solidarietà a coloro contro i quali il suo Governo aveva deciso di sganciare le bombe.
Credo che, sul piano della dissociazione nell'ambito della maggioranza, non siamo molto lontani da questa storia, che credo possa essere ancora attuale.Pag. 42
Per questo motivo, dobbiamo dire oggi, con molta chiarezza, che votiamo contro questo emendamento, che siamo dalla parte della democrazia, della libertà e della coerenza politica. Siamo contro tutti i tiranni e tutti i dittatori, religiosi o laici che siano (Applausi dei deputati dei gruppi della Democrazia Cristiana-Partito Socialista, di Forza Italia e dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Provera. Ne ha facoltà.
MARILDE PROVERA. Signor Presidente, per gli interventi fin qui sentiti, oltre che per convinzione personale, chiedo di aggiungere la mia firma all'emendamento Cannavò 2.19 e preannuncio, per il seguente emendamento e per questo, il mio voto favorevole.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Bricolo. Ne ha facoltà.
FEDERICO BRICOLO. Signor Presidente, la Lega Nord esprimerà un voto contrario sull'emendamento in esame, che propone la conclusione della missione in Afghanistan. È giusto, però, evidenziare come, in questo momento, parte della maggioranza che in Parlamento, da quando è stata istituita la missione in Afghanistan, ha sempre chiesto il ritiro da quei territori delle «truppe di occupazione» (come venivano chiamate), sarà costretta, invece, a votare contro questo emendamento che chiede di uscire dall'Afghanistan.
Ricordo quando anche l'attuale segretario di Rifondazione comunista Giordano in aula si infervorava, fino a diventare rosso in volto, chiedendo il ritiro delle truppe di occupazione. Oggi, probabilmente, egli voterà a favore del mantenimento delle truppe in Afghanistan. Ciò a dimostrazione di come, per anni, avete sobillato le piazze e preso in giro i pacifisti che vi seguivano semplicemente perché avevate bisogno di raccogliere voti (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Padania, di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)).
Ora che dovete mantenere le vostre poltrone di potere, fate un giro di valzer e votate contro quanto avete sempre sostenuto. Credo che ciò rechi vergogna a voi, ma soprattutto ai partiti politici che hanno nel tempo solidarizzato con i pacifisti, i quali hanno creduto in buona fede alle vostre battaglie (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Padania e di Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Cossiga. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE COSSIGA. Signor Presidente, personalmente apprezzo la coerenza di alcuni giovani deputati di un gruppo parlamentare da cui sono diviso da profonde differenze politiche, e quasi mi verrebbe voglia non dico di votare a favore di questo emendamento, perché sarebbe un abominio, ma sicuramente di astenermi.
Chiaramente, il mio gruppo esprimerà un voto contrario sull'emendamento in esame, poiché - noi sì! - rimaniamo coerenti.
Ricordo che non molto tempo fa - è una reminiscenza che riguarda anche avvenimenti familiari - questo stesso gruppo non ebbe difficoltà nei fatti a mandare a casa l'allora Governo Prodi, che poi fu sostituito dal Governo D'Alema. Qui ci troveremmo in una situazione simile.
Vedo che D'Alema «val bene una messa»! E, quindi, siete usciti dalla maggioranza. A questo punto, però, non avete il coraggio di rispettare le vostre idee, per una ragione che, purtroppo, è molto chiara. L'unica cosa che tiene compatta questa maggioranza, oltre alle poltrone già citate, è la paura che, con la caduta di questo inutile Governo Prodi, torni nel paese il Governo Berlusconi (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia - Commenti del deputato Giordano).Pag. 43
Questa è l'unica ragione per cui voi, nonostante la vostra storia, esprimerete un voto contrario su questo emendamento ed un voto favorevole sul provvedimento in esame. Questa è la vostra onestà (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e della Lega Nord Padania)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Mantovani, che interverrà a nome del gruppo di Rifondazione Comunista - Sinistra Europea. Ne ha facoltà.
RAMON MANTOVANI. Signor Presidente, soprattutto dopo gli ultimi interventi, vorrei ricondurre il dibattito nell'alveo del merito del provvedimento in esame.
È notorio che siamo avversi alle missioni Enduring freedom ed ISAF. Non condividiamo il giudizio di altre parti della maggioranza su queste missioni e, per tutta la scorsa legislatura, fin dalla istituzione di queste missioni abbiamo espresso un voto contrario sulle stesse.
Nella maggioranza si è svolta una discussione che è partita da due punti di vista contrapposti: noi volevamo la conclusione di queste missioni e un'altra parte della maggioranza, segnatamente esponenti del Governo, volevano un incremento di queste missioni, anche su richiesta del Segretario generale della NATO.
Come gruppo, abbiamo raggiunto un'intesa che si cristallizza nel congelamento delle Forze militari italiane impegnate in Afghanistan e che è appena stata sancita con l'approvazione di una mozione che non esclude - anche se non lo afferma perentoriamente - che queste missioni siano sottoposte l'una a verifica e l'altra a proposta di superamento.
Sono deputato da qualche anno e nella tecnica parlamentare ho visto molte volte capitare in altri gruppi la stessa cosa che sta accadendo oggi al nostro: alcuni esponenti di un gruppo, non essendo d'accordo sul merito del compromesso raggiunto, presentano emendamenti di testimonianza.
Noi, sebbene siamo d'accordo sulla lettera dell'emendamento Cannavò, voteremo contro di esso, poiché, se il nostro gruppo votasse a favore e non avesse assunto questo impegno, temo che altri emendamenti della maggioranza, o magari dell'opposizione, prevedenti un aumento delle forze militari impegnate in Afghanistan, potrebbero trovare un più ampio consenso; in questo modo, attraverso gli emendamenti, si potrebbe cioè stravolgere l'accordo che abbiamo raggiunto.
Rispetto completamente il diritto dei parlamentari a presentare emendamenti personali di testimonianza, così come rispetto le posizioni politiche (Commenti di deputati del gruppo di Forza Italia), ma sia chiaro che il nostro voto contrario, a questo come ad altri emendamenti, non cancella né il tasso di criticità che abbiamo nei confronti di queste missioni, né la nostra intenzione di metterle in discussione, anche alla luce di quelle verifiche che sono state assunte come impegno da parte del Governo.
GUIDO DUSSIN. Pinocchio!
RAMON MANTOVANI. Non ho capito l'ultimo «muggito», mi è sfuggito il significato. Non l'ho capito.
ANDREA GIBELLI. Pinocchio!
RAMON MANTOVANI. Invece, agli esponenti della destra, ad esempio all'onorevole Giovanardi, vorrei ricordare che le donne furono perseguitate in Iraq a partire dalla sconfitta (Una voce dai banchi dei deputati del gruppo di Forza Italia: Ochalan) del regime di allora. Ma fu con l'insediamento dei mujaiddin, onorevole Giovanardi, che vennero promulgate le leggi contro le donne: i talebani, quando conquistarono il potere, trovarono quelle leggi e le applicarono.
Vorrei solo farle notare, onorevole Giovarnardi (I deputati del gruppo di Forza Italia scandiscono reiteratamente: Ochalan)...
PRESIDENTE. Vi prego di lasciare proseguire il deputato Mantovani!
Pag. 44
RAMON MANTOVANI. Mi fa piacere che inneggiate ad un combattente per la libertà di un popolo (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione comunista-Sinistra Europea e dei Verdi - Commenti di deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale)! Volevo solo ricordare che noi siamo sempre stati contrari al regime dei talebani e che non abbiamo applaudito alla sconfitta di un regime che comunque aveva fatto in modo che le donne avessero la maggioranza nella pubblica amministrazione. (Una voce dai banchi dei deputati del gruppo di Forza Italia: Mettiti il burqua!) e nelle università e persino una presenza significativa nell'esercito.
Qualcuno in quest'aula applaudì alla vittoria dei talebani: noi ci siamo sempre opposti con grande coerenza ad essi (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista-Sinistra Europea e di deputati del gruppo de L'Ulivo)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Casini. Ne ha facoltà.
PIER FERDINANDO CASINI. Intervengo a titolo personale, Presidente, solo per dire all'onorevole Mantovani che comprendo i travagli all'interno del suo gruppo. Li capisco, fanno parte della politica e ho grande rispetto per i colleghi dissenzienti che, naturalmente, con un atto di questo tipo, si assumono una responsabilità importante in una fase delicata della vita politica.
Il modo migliore, se mi consente, per rispondere a quel travaglio non è cercare di trascinare il Governo e la maggioranza, che hanno impegni da assumere per conto e in nome dell'Italia, in una fase di confusione come quella che egli ha voluto produrre inevitabilmente con il suo intervento. Qui si tratta di votare o non votare un provvedimento che ha contenuti precisi: tutto il resto, verifiche o non verifiche, ipotesi di superamento, fanno parte delle chiacchere, non fanno parte degli impegni seri che un paese assume nelle sedi internazionali! Per quanto riguarda le donne, onorevole Mantovani, noi stiamo con quelle che hanno sfilato per votare in Iraq come in Afghanistan (Applausi dei deputati dei gruppi dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Padania)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Bianco. Ne ha facoltà.
GERARDO BIANCO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, io penso che i colleghi dell'opposizione dovrebbero apprezzare questa nostra capacità di eseguire una sinfonia con toni dissonanti...
PIERFRANCESCO EMILIO ROMANO GAMBA. Una cacofonia!
GERARDO BIANCO. ... di essere, diciamo così, un'orchestra che suona vari strumenti.
Tuttavia, signor Presidente, vorrei chiedere un chiarimento linguistico. Combinando il testo dell'emendamento Cannavò 2.19 con quello del terzo comma dell'articolo 2, non riesco a capire quale significato esso abbia. Se intendo bene, il testo eventualmente emendato sarebbe del seguente tenore: «In funzione della sua conclusione, è autorizzata, fino al 31 dicembre 2006, la spesa (...)». La locuzione «sua conclusione» si riferirebbe alla «spesa»; ma mi pare che ciò sia in re, perché la spesa si conclude il 31 dicembre!
Quindi, dal punto di vista linguistico, mi pare che la questione debba essere sottoposta ad un esame più attento. Se non vogliamo rispettare certe logiche politiche, almeno rispettiamo la grammatica italiana (Applausi)!
GIANPIERO D'ALIA. Bravo!
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Pag. 45
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emenda-mento Cannavò 2.19, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 532
Votanti 530
Astenuti 2
Maggioranza 266
Hanno votato sì 14
Hanno votato no 516).
Passiamo all'emendamento Cossiga 2.9.
Chiedo al deputato Cossiga se intenda accedere all'invito al ritiro formulato dal relatore per la IV Commissione.
GIUSEPPE COSSIGA. Signor Presidente, il mio emendamento ha, probabilmente, un difetto: quello di essere superfluo.
Voglio soltanto specificare che nella missione ISAF, come in tutte le missioni in cui sono impiegati i nostri militari all'estero, esiste, è sempre presente, un rischio di combattimento: l'autodifesa, per un soldato, consiste nell'impiego delle armi e, quindi, è combattimento.
Non ho voluto appesantire l'emendamento facendo riferimento alla possibilità (che a mio avviso tuttora esiste, ed esisterà, in particolare quando l'ISAF si sposterà nel sud dell'Afghanistan) di un impiego dei nostri uomini su catena di comando che riconosciamo essere tracciata fino al nostro Comando operativo interforze (questo, però, non cambia nulla), ma mi risulta che, in Commissione bilancio, si sia svolto un dibattito sul mio emendamento e che il Governo - mi auguro, a causa di un'errata lettura del testo - abbia addirittura sostenuto che esso comporterebbe oneri.
In altre parole, per i nostri soldati in Afghanistan, combattere, difendersi, in caso di attacco, comporterebbe oneri perché ciò non è previsto. Non è previsto che i nostri soldati si difendano? Vorrei almeno un chiarimento del Governo su questo punto. Grazie (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Democrazia Cristiana-Partito Socialista).
PRESIDENTE. Deputato Cossiga, dovrebbe chiarire se intende accedere all'invito al ritiro.
GIUSEPPE COSSIGA. Signor Presidente, non intendo ritirare il mio emendamento 2.9 ed insisto per la votazione.
PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Cossiga 2.9, non accettato dalle Commissioni né dal Governo, e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 549
Votanti 548
Astenuti 1
Maggioranza 275
Hanno votato sì 247
Hanno votato no 301).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Cannavò 2.20.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Cannavò. Ne ha facoltà.
SALVATORE CANNAVÒ. Signor Presidente, prima che avesse inizio il seguito dell'esame di questo disegno di legge, avevamo espressamente chiesto alla Presidenza di conoscere i tempi a nostra disposizione. Gli Uffici della Camera ci avevano comunicato che disponevamo di cinque minuti, per cui ci siamo attenuti a talePag. 46indicazione. Capisco le previsioni del regolamento, ma capisca anche lei la nostra...
PRESIDENTE. Mi scusi se la interrompo - naturalmente, questo tempo non sarà conteggiato -, ma gli Uffici mi informano che la risposta era stata data per l'ipotesi che parlasse a nome del gruppo. Tutti coloro che intervengono a nome del gruppo hanno cinque minuti a disposizione, per gli interventi a titolo personale, in dissenso dal gruppo, il tempo è di un minuto.
SALVATORE CANNAVÒ. Signor Presidente, l'ho detto solo per chiarire...
PRESIDENTE. Ed io per giustificare il mio comportamento. Prosegua pure.
SALVATORE CANNAVÒ. La ringrazio, signor Presidente.
L'emendamento soppressivo della partecipazione italiana alla missione Enduring freedom costituirebbe un'occasione, per il Governo, per dare un segnale forte di discontinuità senza, per questo, implicare una fuoriuscita dall'Afghanistan.
Quindi, è un emendamento che depotenzia il nostro grado di criticità. L'emendamento costituirebbe infatti un abbozzo di exit strategy da una missione che ha avviato la guerra in Aghanistan. Con buona pace di quello che dicono gli esponenti delle destre e dell'onorevole Giovanardi, in Afghanistan la guerra c'è ancora e, come dimostrano moltissime ONG, non solo quelle di Gino Strada, ma anche quelle che sono favorevoli al mantenimento della missione, non c'è stato nessun miglioramento delle condizioni di vita delle donne e degli uomini in quel paese.
Va detto che c'è un altro aspetto del problema. Il Governo dice che Enduring freedom non è più in Afghanistan, ma non è chiaro a questo punto la missione a cosa serva e cosa rappresenti. Quindi sarebbe necessaria una discussione ex novo su quella missione...
PRESIDENTE. Mi dispiace, ma ha esaurito il tempo a sua disposizione.
SALVATORE CANNAVÒ. Chiedo allora che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. La Presidenza lo consente, in base ai criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Franco Russo. Ne ha facoltà.
FRANCO RUSSO. Signor Presidente, intervengo semplicemente per dire che voterò a favore di questo emendamento e per ricordare che, mentre per quanto riguarda la missione internazionale ISAF esiste un vincolo NATO - spesso il ministro degli esteri ci ha detto che facciamo parte di un'alleanza e che vanno rispettati i vincoli -, nel caso di Enduring freedom vi è semplicemente un accordo tra l'Italia e gli Stati Uniti d'America. Ci potremmo benissimo sottrarre, dando un segno di discontinuità nell'impegno militare verso quell'area.
MASSIMO D'ALEMA, Ministro degli affari esteri. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MASSIMO D'ALEMA, Ministro degli affari esteri. Vorrei invitare a ritirare questo emendamento e offrire un chiarimento. Mi sembra ci sia un equivoco. Noi non partecipiamo alla missione Enduring freedom in Afghanistan e quindi non ci potremmo neanche ritirare, con tutta la buona volontà... Quando fu lanciata la missione Enduring freedom di lotta globale contro il terrorismo, essa comprendeva diverse missioni militari, fra le quali una missione navale denominata Active Endeavour - credo, ma qui il Ministero della difesa potrebbe aiutarmi -, nella quale siamo effettivamente impegnati, della quale anzi adesso abbiamo il comando. Questa missione navale si svolge in parte nel Golfo Persico in parte nel Mediterraneo, ad una distanza di parecchi chilometri dall'Afghanistan,Pag. 47e quindi non partecipa a nessun combattimento contro i talebani. Quindi, credo che la materia non attenga alla missione italiana in Afghanistan, la quale è esclusivamente nell'ambito della missione ISAF e non credo che una missione navale contro la pirateria, che si svolge prevalentemente nel Mediterraneo, costituisca un pericolo di guerra. Sinceramente non vedo come noi, avendone ora il comando, dovremmo ritirare questa nave che abbiamo nel Mediterraneo. Non ha senso. Pertanto pregherei di ritirare l'emendamento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Migliore. Ne ha facoltà.
GENNARO MIGLIORE. Signor Presidente, colleghe e colleghi, non ripeterò gli argomenti che qui sono stati esposti dal collega Mantovani per indicare - nel caso in cui non fosse ritirato l'emendamento - il nostro voto contrario. Vorrei tuttavia approfittare dell'occasione per richiamare l'Assemblea ad una considerazione. L'ex Presidente della Camera, il deputato Casini, ha avuto testé modo di affermare che una mozione parlamentare approvata da questa aula, che quindi impegna anche il Governo in un'attività che è chiaramente rivolta alla discontinuità rispetto all'attività del precedente Governo in materia di missioni militari, è un cumulo di chiacchiere e che invece la disponibilità al voto mostrata sul disegno di legge sia più consona all'importanza di una responsabilità che il nostro Governo dovrebbe assumere in questo momento.
Sinceramente, penso che l'accordo raggiunto nella maggioranza sia volto a conciliare la mozione che abbiamo votato, il voto favorevole rispetto al disegno di legge e l'istituzione del Comitato parlamentare. Per questo ritengo che ogni atto votato in quest'aula che sia impegnativo per il Governo debba essere preso per quello che è, cioè una guida per il Governo, nella funzione di sovrana autorità che rivestono anche dal punto di vista sociale quest'Assemblea e questo Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista-Sinistra Europea).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Casini. Ne ha facoltà.
PIER FERDINANDO CASINI. Onorevole collega - scusi se la chiamo onorevole - le chiedo scusa, ma forse non ci siamo capiti, oppure lei non ha capito o non ha voluto capire. Innanzitutto non ho fatto riferimento ad atti di indirizzo parlamentare, che io rispetto come tutti gli atti di indirizzo parlamentare, ma ho fatto riferimento alle parole (definendole «chiacchiere» non in senso offensivo) che l'onorevole Mantovani aveva appena pronunciato in aula e che inserivano ulteriori elementi di riflessione per il futuro, evidentemente a seguito di legittima autodifesa rispetto a quanto altri del suo gruppo, a titolo personale, avevano sostenuto.
Il duetto tra una parte del suo gruppo e l'altra mi ha portato a dire che il tasso di pressapochismo e di confusione rappresenta un elemento di grande preoccupazione per il futuro, avendo il vostro partito alte responsabilità di carattere istituzionale ed essendo parte integrante della maggioranza.
Io non contesto la vostra legittimità, come maggioranza, di governare, non contesto la vostra legittimità a fare pastrocchi, ma per favore lei non contesti la nostra preoccupazione, perché è un legittimo stato d'animo che io credo sia doveroso esprimere come opposizione in questo Parlamento (Applausi dei deputati dei gruppi dell'UDC (Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro), di Forza Italia e di Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato La Malfa. Ne ha facoltà.
GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, la dichiarazione fatta dall'onorevole Mantovani a nome del gruppo di Rifondazione comunista, che ha avuto il pregio di indicare con chiarezza il punto diPag. 48equilibrio - per così dire - al quale è pervenuta la maggioranza nel prevedere la conclusione di questo dibattito parlamentare e il voto sullo strumento, non può non suscitare una forte preoccupazione in noi che condividiamo il documento finale di questo dibattito, cioè il finanziamento delle missioni internazionali del nostro paese per la parte che non riguarda l'Iraq, su cui siamo ovviamente in dissenso. Questo non può non determinare una preoccupazione, perché se si partecipa ad un'azione militare - io cerco di comprendere pienamente le ragioni che in questi anni hanno portato una parte importante della società italiana e del Parlamento a dissentire - cioè se si giunge alla conclusione di partecipare ad un'azione militare...
PRESIDENTE. La prego, concluda!
GIORGIO LA MALFA. Mi scusi, Presidente, pensavo di avere più tempo. Non si possono mettere troppi limiti al modo nel quale si partecipa ad un'azione militare; infatti, se la NATO o l'ONU chiedono un maggiore impegno in termini di elicotteri, di aeroplani e di uomini, non si può dire che abbiamo trovato un punto di equilibrio.
Questo è molto grave e limita di molto l'efficacia della politica estera del Governo (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Democrazia Cristiana-Partito Socialista).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Mantovani. Ne ha facoltà.
RAMON MANTOVANI. Signor Presidente, intervengo solo per dire al collega Casini che ognuno in quest'aula può attribuire il peso che preferisce alle parole degli altri. Io non avrei mai definito le sue parole mere chiacchiere di contorno con riferimento ad una qualsiasi questione.
Tuttavia vorrei riprendere quanto diceva il collega Migliore, per ricordarle - perché forse lei non se ne è accorto - che le mie chiacchiere erano la citazione di ciò che è contenuto nell'atto di indirizzo che abbiamo votato pochi minuti fa; perciò, mi autoattribuisco un peso certamente superiore a quello che mi ha attribuito lei (Applausi dei gruppi di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e de L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Bondi. Ne ha facoltà.
SANDRO BONDI. Signor Presidente, siamo di fronte, in questo momento, ad un problema assai evidente che riguarda la credibilità politica del Governo e della maggioranza ed anche la sua credibilità personale e politica, onorevole D'Alema, come ministro degli affari esteri e come esponente di spicco del maggiore partito della sinistra nel nostro paese.
Il problema, infatti, come ha giustamente ricordato il Presidente Casini, non è la legittimità delle posizioni politiche dei gruppi di Rifondazione comunista, dei Comunisti Italiani ed anche sue, onorevole Presidente della Camera Bertinotti, che non manca occasione di esprimere, anche pubblicamente, le sue posizioni politiche nonostante ella rappresenti, in questo momento, una delle massime istituzioni del paese (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).
Quello che emerge è un problema politico, cioè il fatto che la maggioranza voti a favore del disegno di legge di rifinanziamento delle missioni all'estero, compresa quella in Afghanistan, offrendo in Parlamento una formale unità politica, ma in realtà si tratta di una maggioranza divisa, come è emerso chiaramente nel corso del dibattito. Ciò che è grave è che si nasconde questa sostanziale divisione di carattere politico sulla politica estera, cioè su un terreno fondamentale dell'azione di un Governo, dietro modalità di espressione parlamentare che non sono dignitose, attraverso testimonianze di carattere personale condivise, però, dagli esponenti politici e dai capigruppo delle forze politiche dell'estrema sinistra.
Vede, onorevole D'Alema, il problema non è il voto favorevole sul disegno diPag. 49legge in esame. Il problema politico, come le è noto, è di sapere, non soltanto noi dell'opposizione ma il paese ed anche i vostri elettori, se avete una comune politica estera, se condividete una politica estera su temi e questioni importanti per il futuro dell'Italia e della comunità internazionale.
Ieri, lei ha dimostrato ancora una volta, su Israele, che a sinistra valgono due verità, due volti. Uno da esibire durante le manifestazioni pubbliche per salvare la propria coscienza, magari in occasione della veglia di solidarietà per Israele, e l'altra verità, l'altro volto da esibire in Parlamento per trovare l'accordo con l'estrema sinistra e per salvare il Governo.
Due verità sono tante, onorevole D'Alema, ma più di due verità sono troppe per mantenere in piedi un Governo, per mantenere e conservare la dignità e la credibilità del Governo e, se mi permette, anche per tutelare la sua dignità e la sua credibilità personale (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)).
MASSIMO D'ALEMA, Ministro degli affari esteri. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MASSIMO D'ALEMA, Ministro degli affari esteri. Intervengo per offrire un chiarimento al Parlamento e anche per ragioni personali, dato che l'onorevole Bondi ha chiamato in causa sette volte la mia dignità e la mia credibilità ed è un pulpito talmente autorevole che merita un breve chiarimento (Applausi dei deputati dei gruppi de L'Ulivo, di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, dell'Italia dei Valori, De La Rosa nel Pugno, dei Comunisti Italiani, dei Verdi, dei Popolari-Udeur - Proteste dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale).
Non credo di avere detto nulla di offensivo (Reiterate proteste dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)).
ELIO VITO. Cosa ridi?
MAURIZIO GASPARRI. Rispetta il Parlamento!
GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Unipol!
MASSIMO D'ALEMA, Ministro degli affari esteri. Non credo di avere detto nulla di offensivo. Rinvio al resoconto (Applausi dei deputati dei gruppi de L'Ulivo, di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, dell'Italia dei Valori, De La Rosa nel Pugno, dei Comunisti Italiani, dei Verdi, dei Popolari-Udeur - Vive proteste dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro))...
ELIO VITO. Non la dai tu la patente di autorevolezza (I deputati del gruppo di Forza Italia escono dall'aula in segno di protesta)!
PRESIDENTE. Vi prego: ogni parlamentare compia la scelta che ritiene opportuna, ma senza danneggiare il dibattito!
Prego, signor ministro degli affari esteri.
GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Unipol!
MASSIMO D'ALEMA, Ministro degli affari esteri. Quando avrete finito, riprenderò il mio dire (Commenti)...
MAURIZIO GASPARRI. Rispetta il Parlamento!
MASSIMO D'ALEMA, Ministro degli affari esteri. Non ho detto nulla che non sia rispettoso nei confronti del Parlamento (Proteste dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale)...
ALFREDO VITO. Non sei al festival dell'Unità!
Pag. 50PRESIDENTE. Vi prego! Coloro che vogliono uscire possono farlo, ma senza interloquire...
ANTONIO GIUSEPPE MARIA VERRO. Sei troppo arrogante!
MASSIMO D'ALEMA, Ministro degli affari esteri. Non ho detto nulla di arrogante...
ANTONIO GIUSEPPE MARIA VERRO. Sì!
MASSIMO D'ALEMA, Ministro degli affari esteri. Ho subìto aggressioni arroganti e, quindi, ho diritto di replica garbatamente.
Innanzitutto, vorrei chiarire al Parlamento che il Governo si ritiene impegnato dalla mozione approvata dalla Camera, come è giusto che sia, dal momento che si tratta di un atto di indirizzo impegnativo che riprende largamente le proposte contenute nel programma con il quale la maggioranza di centrosinistra si è presentata agli elettori e ha ricevuto la fiducia dei cittadini italiani (Applausi dei deputati dei gruppi de L'Ulivo, di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, dei Comunisti Italiani e dei Verdi). Noi non abbiamo mai nascosto l'esistenza di un dissenso sulla missione in Afghanistan: non l'abbiamo mai nascosto né camuffato in alcun modo. Anzi, è noto da diversi anni...
MAURIZIO GASPARRI. Chiedi scusa, prima!
FULVIA BANDOLI. Scusa di che?
PRESIDENTE. Vi prego di lasciar parlare il ministro (Commenti dei deputati La Russa e Gasparri)... Lei avrà modo di intervenire subito dopo il ministro degli affari esteri.
MASSIMO D'ALEMA, Ministro degli affari esteri. Non ho detto nulla di offensivo, nel modo più assoluto. Non devo chiedere scusa a nessuno (Proteste dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale)...
MAURIZIO GASPARRI. Ah, bene!
GIOVANNI CREMA. Stai zitto, balilla!
MASSIMO D'ALEMA, Ministro degli affari esteri. Potrà essere apparso forse ironico...
IGNAZIO LA RUSSA. Beh, ironico...
MASSIMO D'ALEMA, Ministro degli affari esteri. Ho detto che il portavoce di un grande gruppo parlamentare meritava una replica. Non c'è nulla di offensivo, non vedo di cosa debba chiedere scusa (Applausi dei deputati dei gruppi de L'Ulivo, di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, dei Comunisti Italiani e dei Verdi - Vivi commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)).
MAURIZIO GASPARRI. Chiedi scusa!
GIOVANNI CREMA. Gasparri, uomo di Berlusconi!
MASSIMO D'ALEMA, Ministro degli affari esteri. Sono stato insultato da diversi e non chiedo a nessuno le scuse.
Dunque, ci troviamo di fronte al fatto che una forza politica della maggioranza, che ha limpidamente in questi anni - più di una, per la verità, ma ad una in particolare qui ci si è rivolto - votato contro la missione Afghanistan, ha compiuto una scelta di responsabilità.
Questo è il punto: nessuno ha nascosto che vi era un diverso orientamento che, d'altro canto, in questi anni si è manifestato in quest'aula. Chi vi parla e la gran parte dei parlamentari del centrosinistra hanno votato a favore della missione ISAF pur essendo all'opposizione, senza che questo dovesse essere motivo di particolare scandalo né vanto, ma solo per convenzione, ed una parte dell'attuale maggioranzaPag. 51di Governo ha votato contro. Oggi, sulla base di un compromesso, di un'assunzione di responsabilità, quella parte decide di votare a favore: non c'è nessun camuffamento, c'è una scelta di responsabilità che credo debba essere apprezzata e c'è lo sforzo di delineare una strategia di Governo chiara a partire da diversità che in un paese democratico sono normali.
La strategia del Governo è chiarissima: noi ci assumiamo le nostre responsabilità. Se discutessimo in modo meno provinciale sapremmo che nella formazione del contingente NATO in Afghanistan ci sono difficoltà in tanti paesi europei, non soltanto in forze della sinistra radicale.
In Olanda si è aperta una crisi nella maggioranza di Governo, che era una maggioranza di centrodestra, perché la situazione in Afghanistan è effettivamente preoccupante. Tuttavia, la convinzione del Governo è che queste preoccupazioni non possano essere affrontate attraverso una unilaterale exit strategy, ma attraverso un confronto con i nostri alleati nel quadro di un'assunzione delle nostre responsabilità.
Lo abbiamo detto con chiarezza, abbiamo chiesto al Parlamento di essere sostenuti, abbiamo ottenuto di essere sostenuti anche da forze che, sino ad oggi, avevano espresso una posizione contraria. Non c'è alcun camuffamento, non c'è alcun motivo di mettere in discussione la dignità né del Governo né delle persone, vorrei dirlo molto sinceramente a chi si ritiene offeso (Applausi dei deputati dei gruppi de L'Ulivo, di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, dell'Italia dei Valori, de La Rosa nel Pugno, dei Comunisti Italiani, dei Verdi e dei Popolari-Udeur).
C'è stato alla luce del sole un dibattito politico e, alla fine, si è definita una posizione, a partire da posizioni che erano limpidamente diverse, come è avvenuto negli ultimi cinque anni perché non veniamo da un'esperienza di un Governo che abbia avuto questa compattezza sul complesso delle questioni che erano in campo, come avviene normalmente nei Governi di coalizione.
ANDREA RONCHI. Non mi sembra proprio!
MASSIMO D'ALEMA, Ministro degli affari esteri. Allora, innanzitutto voglio esprimere un apprezzamento verso una maggioranza che ha ritrovato una sua coesione dopo una discussione sofferta (Applausi dei deputati dei gruppi de L'Ulivo, di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e dei Verdi).
Voglio dire che il Governo si atterrà agli indirizzi del Parlamento. È del tutto legittimo che il Parlamento voglia monitorare i risultati delle missioni italiane nel mondo. Dal momento che siamo uno dei paesi che si impegna di più con le proprie Forze armate in tante parti del mondo, è ragionevole che si voglia verificare l'effetto e i risultati di questo impegno del paese. Non c'è nulla di drammatico e ritengo sinceramente che la discussione possa svolgersi con maggiore serenità e con toni meno insultanti - ne ho ascoltati tanti - di cui non si avverte il bisogno.
Quando si formò il Governo di centrodestra entrò a far parte di tale esecutivo una forza come la Lega, che del tutto legittimamente all'epoca della guerra nei Balcani vi si oppose e sostenne le ragioni della Serbia di Milosevic. Tuttavia, entrando poi a far parte del Governo, votò sempre a favore delle missioni militari NATO in Kosovo, con un'assunzione di responsabilità contraria alle battaglie che aveva fatto all'opposizione: in ogni caso, nessuno li ha mai insultati per questo. È naturale che chi si assume la responsabilità di governare debba cercare un punto di sintesi con altre forze politiche per definire un'azione di Governo del paese. Questo voglio dirlo per chiarezza ed anche perché la discussione possa svolgersi con maggiore serenità e senza, appunto, questo gioco dell'insulto reciproco, che certamente non è stato né avviato e né del quale mi sento responsabile. A me dispiace che sia avvenuta questa scena, ma, sinceramente, con le cose che abbiamo sentito in quest'aula...! L'idea che si possa abbandonare l'aula perché un parlamentare si alza e dice ad un altro...
IGNAZIO LA RUSSA. Non lo dimentichi, lei è un ministro!
MASSIMO D'ALEMA, Ministro degli affari esteri. È stata messa in discussione la mia dignità, caro La Russa, ed io rispondo con molta pacatezza.
IGNAZIO LA RUSSA. Sei al Governo d'Italia non a Botteghe oscure (Una voce dai banchi dei deputati del gruppo dell'Ulivo: «Basta»)!
Basta? È solo l'inizio!...
PRESIDENTE. Per favore, vorrei che si lasciasse concludere il ministro.
MASSIMO D'ALEMA, Ministro degli affari esteri. Ognuno ha potuto giudicare. Io ci tenevo a dire, primo, che ribadisco la richiesta che si ritiri l'emendamento in votazione, che, secondo me, è privo di senso; secondo, che il Governo si ritiene impegnato dalla mozione approvata dal Parlamento; terzo, ritengo di dover esprimere apprezzamento verso lo sforzo che è stato compiuto per giungere ad una posizione unitaria, a partire da differenze che nessuno ha nascosto, che non sono scandalose e che erano alla luce del sole anche durante la campagna elettorale.
Quindi, i cittadini sapevano che, votando per noi, votavano per una coalizione nella quale era presente una sinistra radicale (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale); si vede che erano talmente preoccupati per quanto vi era prima che, per così dire, hanno preferito correre questo rischio (Applausi dei deputati dei gruppi de L'Ulivo, di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, dell'Italia dei Valori, de La Rosa nel Pugno, dei Comunisti Italiani, dei Verdi e dei Popolari-Udeur - Applausi ironici del deputato La Russa)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato La Russa. Ne ha facoltà.
IGNAZIO LA RUSSA. Onorevole ministro, concordo pienamente con lei su una sola sua affermazione: questo emendamento è privo di senso. Ne siamo così consapevoli che infatti voteremo contro l'approvazione della proposta emendativa. Un emendamento sottoscritto da Cannavò, Bugio e Pegolo - che non mi sembra siano stati eletti nel centrodestra - può essere tranquillamente ritenuto «privo di senso» alla Camera dei deputati; mi augurerei che, se per avventura fossero stati eletti al Senato, lei avesse la stessa possibilità di dire loro: il vostro emendamento è privo di senso.
Caro Cannavò, la tua colpa è di essere alla Camera, e non al Senato; altrimenti, saresti coccolato, inseguito, blandito in ogni modo. Avrebbero cercato di convincerti a votare come loro (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale, di Forza Italia e dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro))!
Vede, caro ministro, le sue parole, anche la battuta finale, appartengono più all'eloquio da Consiglio comunale di Gallipoli che al ruolo di ministro degli affari esteri del Governo e di deputato del Parlamento italiano (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e di Forza Italia - Commenti dei deputati del gruppo de L'Ulivo)! A quell'eloquio appartengono. Lei dimentica che non vi è stato alcun insulto alla sua persona: ho ascoltato benissimo l'intervento dell'onorevole Bondi che anzi, riferendosi a lei, ha detto: ne potrebbe andare di mezzo la sua dignità (Commenti dei deputati del gruppo de L'Ulivo).
GIOVANNI CARBONELLA. E reciprocamente!
IGNAZIO LA RUSSA. Si tratta, comunque, di un'espressione assolutamente accettabile! Da parte di un ministro degli affari esteri, scendere non solo alla bassa propaganda gallipolese (Commenti dei deputati del gruppo de L'Ulivo), ma addirittura fare riferimento ai pulpiti...
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, per cortesia, vorrei che lasciaste svolgere al presidente La Russa il suo argomento.
Pag. 53IGNAZIO LA RUSSA. No, Presidente, non si preoccupi; non mi danno alcun fastidio. Anzi, è un coro di sottofondo utile.
PRESIDENTE. No, penso che tutti abbiano le loro ragioni per svolgere gli interventi senza essere disturbati.
IGNAZIO LA RUSSA. La ringrazio.
Credo che il pulpito cui lei fa riferimento appartenga alla natura politica del movimento per il quale parlava l'onorevole Bondi, anche se mi era sorto il dubbio che facesse riferimento agli antichi trascorsi comunisti in comune tra lei e l'onorevole Bondi. Non ho capito bene a quale pulpito lei facesse riferimento.
MASSIMO D'ALEMA, Ministro degli affari esteri. Glielo potrebbe dire Bondi!
IGNAZIO LA RUSSA. In entrambi i casi, era un intervento sicuramente fuori luogo da parte di un ministro degli affari esteri (Commenti e applausi ironici dei deputati dei gruppi de L'Ulivo, di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e dei Comunisti Italiani)... Bravi, bravi, concordate; lo so che concordate molto spesso con noi: il problema è che non concordate tra di voi (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e di Forza Italia)! Imparate a concordare tra di voi più che concordare con noi!
Caro ministro degli affari esteri, ho apprezzato il suo lodevole tentativo di spiegare ai colleghi della sua maggioranza che il comma 4 che volevano sopprimere è privo di senso perché la nave, oltretutto, nel golfo arabico - ha detto lei - non combatte contro i talebani. Vi è uno sforzo continuo nel tentativo di scusarsi con una parte della vostra maggioranza dell'impegno, tutto italiano, tutto appartenente alla nostra intera comunità, per far capire che noi, in definitiva, in Afghanistan ci siamo, sì, ma, state tranquilli, ci stiamo perché la nave è dall'altro lato. Se, in ipotesi, fosse dal lato opposto, cambierebbe, allora, la conclusione del vostro intervento?
Vede, signor ministro, nella vostra mozione - e spezzo una lancia a favore dell'emendamento «privo di senso» a firma di Cannavaro e soci (Si ride)... Cannavò, Cannavò... Non volevo mischiare le questioni sportive! Nella vostra mozione, alla lettera c) (Commenti)... Chiedo scusa a Cannavò - o a Cannavaro - per averlo chiamato con il nome sbagliato: va bene? Io, quando sbaglio, so chiedere scusa; vi è qualcun altro del quale stiamo ancora aspettando le scuse che non sono arrivate (Commenti)!
Alla lettera c) della vostra mozione è scritto chiaramente che si impegna il Governo ad una valutazione sulla prospettiva di superamento della missione Enduring freedom in Afghanistan. È in virtù di questo preciso impegno che voi avete concordato - a questo si riferisce il ministro degli affari esteri D'Alema quando dice che si è trovata un'intesa - che emerge, correttamente secondo me, come quell'emendamento sia privo di senso.
Se vi impegnate a superare la missione Enduring freedom e se prevedete, dando così un contentino alla sinistra radicale, la costituzione di un incredibile comitato - definito parlamentare - che dovrebbe monitorare ciò che fa il Parlamento e a cui dovrebbero partecipare personaggi che non si sa bene chi siano (in pratica, con tutto rispetto, Strada e soci), che debbono controllare quello che non c'è bisogno sia controllato da persone esterne al Parlamento, allora comprendiamo benissimo che vi è da parte vostra un doppio linguaggio, una doppia politica; una linea cioè che vi costringe a stare insieme solo perché non siete in condizioni di esercitare, quanto meno al Senato, la maggioranza con la forza dei numeri.
Qui, il provvedimento «passerà», ma noi, onorevole ministro degli affari esteri, aspettiamo di sentirla con la stessa protervia, con la stessa arroganza mostrata sia nei nostri confronti sia nei confronti dei suoi colleghi di coalizione al Senato, perché, come si dice, riderà bene, chi riderà ultimo (Applausi dei deputati deiPag. 54gruppi di Alleanza Nazionale, di Forza Italia e dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro))!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Franceschini (Commenti). Ne ha facoltà.
DARIO FRANCESCHINI. Signor Presidente, voglio innanzitutto ringraziare il Governo e, in particolare, il ministro D'Alema per aver riportato in questa sede un'abitudine ormai persa, e cioè quella di avere il ministro e il Governo presenti ai dibattiti importanti - nella passata legislatura ci è capitato di farne molti sullo stesso argomento - e, soprattutto, di recuperare in questa sede la capacità «normale» di dialogare. Evidentemente il disagio di cinque anni di assenza ha portato i colleghi dell'opposizione a scambiare il confronto politico con l'insulto (Applausi dei deputati del gruppo de L'Ulivo).
In questi giorni si è molto parlato della capacità in politica estera di confrontarsi e di dialogare il più possibile fra gli schieramenti in modo da giungere ad avere anche dei punti di incontro. Tuttavia, registro con rammarico come, rispetto a questi appelli e a queste prediche fatte fuori dall'aula, al primo passaggio parlamentare emerga con chiarezza, dalle parole e dai comportamenti, quanto voi avete aspettato con ansia questo momento immaginando che a questo punto della legislatura sarebbe successo chissà che cosa nella maggioranza parlamentare: l'impossibilità, in particolare, di costruire una posizione comune in politica estera.
ANDREA RONCHI. Guarda qua!
DARIO FRANCESCHINI. Ma ciò non è avvenuto! Il nervosismo, questi banchi che si riempiono e si svuotano a seconda del momento, sono la dimostrazione che voi avete aspettato questo passaggio parlamentare non per il bene del paese ma pensando di ricavarne una qualche utilità politica. Però, c'è la tattica e poi ci sono le scelte.
Noi non nascondiamo - anche perché si tratta di una cosa avvenuta in maniera trasparente, ripetuta poc'anzi anche dal ministro D'Alema - che siamo giunti all'inizio della legislatura partendo da posizioni diverse, anche all'interno dell'Ulivo. Sulle missioni militari vi sono state posizioni diverse. Noi abbiamo scritto il programma di Governo con il quale ci siamo presentati agli elettori ed abbiamo vinto le elezioni; poi, in questi giorni, preparandoci a questo passaggio parlamentare, abbiamo costruito, come è normale e fisiologico in un Governo di coalizione, una posizione di politica estera comune. Posizione comune che si traduce, onorevole Casini, non in chiacchiere ma in atti parlamentari con i quali voi dovete confrontarvi. E tali atti parlamentari sono una mozione di indirizzo che è impegnativa per tutti noi che l'abbiamo scritta e sottoscritta ed anche per il Governo che deve attenersi agli indirizzi del Parlamento che esprime chiare indicazioni di politica estera.
Poi c'è il voto al disegno di legge, che esprimeremo questo pomeriggio, ugualmente impegnativo. Allora credo che dobbiate prendere atto che oggi riprende una continuità di politica estera italiana che voi avete interrotto, la quale si è basata sul rispetto dell'articolo 11 della Costituzione - interamente considerato - e sulla volontà di riportare le linee di politica estera italiana attorno ai due capisaldi che vi sono stati per decenni, anche negli anni in cui l'Ulivo ha governato prima di voi: Europa e, contemporaneamente attenzione al Mediterraneo, perché noi siamo nel Mediterraneo.
Queste sono le linee sulle quali abbiamo costruito una sintesi all'interno della coalizione. Con questa sintesi io credo che dovrete confrontarvi, prendendo atto che questa è la nuova politica estera del nostro paese, è la linea sulla quale si muoverà il Governo nelle sedi internazionali e che non solo dovrete rispettare; non solo, ma dovrete anche decidere - civilmente, se possibile - quale atteggiamento tenere rispetto a quello che sarà il comportamentoPag. 55del nostro paese, interamente rappresentato, da domani in poi, in tutte le sedi internazionali.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Casini. Ne ha facoltà.
PIER FERDINANDO CASINI. Onorevole Franceschini, francamente - mi scuserà - ma non ho capito bene. Non capisco questo clima polemico nei confronti dell'opposizione. Forse c'è un clima polemico verso l'opposizione perché lo si ritiene più funzionale per gli interessi della maggioranza, ma se volete prendervela con noi per una ragione interna potete pure farlo! Lei addirittura ha citato l'esempio del Ministro degli affari esteri attuale e mi fa piacere che sia in Parlamento; ma io, essendo stato fino a qualche tempo fa Presidente della Camera, posso dire che sono a disposizione presso la Segreteria generale i dati delle presenze dei ministri degli esteri, che sono sempre venuti puntualmente. Quindi non si è inserito un elemento di novità (Applausi dei deputati dei gruppi dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), di Forza Italia e di Alleanza Nazionale)!
Il presidente Fini, Frattini, Ruggiero e anche Berlusconi nel suo interim, sono sempre venuti in Parlamento. È una cosa importante, non si tratta del question time in cui il Governo non è stato presente. Qui stiamo parlando dei dibattiti di politica estera: D'Alema ha fatto bene ad essere presente, ha fatto il suo dovere.
Non capisco neanche questa continuità in politica estera che sarebbe stata ristabilita, nei termini dei suoi capisaldi. Guardi che gli onorevoli presentatori dell'emendamento 2.20, Cannavò, Burgio e Pegolo, non accettano proprio questo, proprio quei capisaldi della politica estera italiana che noi sottoscriviamo in sede europea (Applausi dei deputati dei gruppi dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), di Forza Italia e di Alleanza Nazionale)! Infatti, l'emendamento di cui stiamo discutendo non è proposto da noi, ma da chi legittimamente - tre deputati della sua maggioranza - se la prende con quei capisaldi a cui lei fa riferimento. Anche in questo caso, se il punto è prendersela con l'opposizione, sarà bene piuttosto essere tutti un po' più sereni.
In questo contesto, nasce la questione che si è appena verificata in aula, e certamente è stato un incidente spiacevole. Debbo dire che, presidente D'Alema, lei ha un carattere complesso - per così dire - ma tra tanti difetti che può avere, nessuno di noi le nega di essere un uomo intelligente. Per questo motivo, non faccia finta di essere Biancaneve che scende dalle nuvole: lei ha fatto una battuta volutamente polemica e umiliante nei confronti dell'onorevole Bondi, che ha la nostra solidarietà per questo (Applausi dei deputati dei gruppi dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), di Forza Italia e di Alleanza Nazionale) ! Lei si è sentito piccato da quanto detto dall'onorevole Bondi e dentro di sé deve aver escogitato di dare «pan per focaccia». Ma lei è ministro degli esteri! Ora, le do un consiglio: non risponda più la volta prossima, perché chi dirige ha il dovere di essere superiore, perchè altrimenti un paese non va avanti (Applausi dei deputati dei gruppi dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), di Forza Italia e di Alleanza Nazionale)!
MASSIMO D'ALEMA, Ministro degli affari esteri. Fossi in Bondi, mi offenderei!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato La Malfa. Ne ha facoltà (Commenti).
GIORGIO LA MALFA. Presidente mi ha dato la parola, vero? Allora cerchi di convincere una parte dell'aula che è illegittimo...
PRESIDENTE. Lei prenda la parola, per favore. Le ho dato la parola, se la prenda, dunque!
GIORGIO LA MALFA. Credo che sia stato utile questo scambio di opinioni chePag. 56si è determinato tra il ministro D'Alema e l'onorevole Bondi perché ha indotto il ministro a parlare della politica estera. Quando il Governo approfondisce i temi di politica estera e approfondisce le sue impostazioni, il Parlamento e l'opposizione posso comprendere meglio. Quindi, l'intervento è stato utile.
Essendo stato anch'io sui banchi del Governo, umilmente credo di poter affermare che i membri dell'esecutivo non debbano fare uso del sarcasmo quando si rivolgono all'Assemblea, perché questo rende la vita più semplice a tutti. Lei, onorevole D'Alema, ha descritto con realismo la situazione della sua maggioranza, una maggioranza complessa come sappiamo. Ha affermato anche, con tono di sfida, che gli italiani, avendola votata, lo dovevano sapere. Benissimo. Tuttavia, il tema su cui è legittimo incalzare il Governo è il seguente: qual è il contenuto del punto di equilibrio che una maggioranza complessa ha trovato? Dalle sue parole di questa mattina, sembrerebbe che il gruppo di Rifondazione Comunista abbia rinunziato alle sue specificità. Lei ha affermato che essi, con senso di responsabilità, sono pervenuti sulle vostre posizioni.
PRESIDENTE. Deputato La Malfa, le ho dato la parola, ma per un minuto.
GIORGIO LA MALFA. Ho poco tempo, come sempre, signor Presidente, quindi concludo.
Del resto, è così! Ed è legittimo che noi rivolgiamo al Governo la seguente domanda: siete sicuri di avere dietro di voi una politica condivisa, per mantenere gli impegni internazionali del nostro paese, oppure no?
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Barani. Ne ha facoltà.
LUCIO BARANI. Signor Presidente, intervengo solamente per affermare che il nostro gruppo, oltre ad esprimere voto contrario su questo emendamento, intende sottolineare che pur essendo intervenuto per due volte, signor ministro, l'Assemblea ha sottolineato il suo intervento la seconda volta. Credo che l'onorevole Bondi abbia espresso un giudizio di dignità politica, sicuramente, e non di dignità personale. Conoscono l'onorevole Bondi perché, quando ero sindaco per il partito socialista, egli era sindaco per il partito comunista in un comune vicino; quindi, lo conosco più di ogni altro (Commenti). Ritengo che il vero intervento a gamba tesa, da cartellino giallo, lei lo abbia fatto la prima volta, signor ministro, quando ha risposto al gruppo di Rifondazione Comunista rendendolo ridicolo. Infatti, lei ha detto ai componenti di quel gruppo che l'operazione Active endeavour era contro i pirati del mare e non hanno capito, nemmeno loro, quello che stavano facendo. Essendo un ministro della Repubblica, essendo anche un mio ministro - tra l'altro, assieme al ministro Chiti è tra i componenti del Governo che io stimo di più - ed avendo giurato sulla Costituzione, lei non può anteporre gli interessi dell'Ulivo o dell'Unione a quelli della nazione italiana. Le ricordo che lei è il nostro ministro degli affari esteri e come tale si deve comportare in questo Parlamento. Se un consiglio le posso dare, è quello di contare fino a dieci prima di rispondere. Sicuramente, se ne gioveranno la sua immagine e la sua figura. Comunque, lei è il nostro ministro e, come tale, la rispettiamo.
GIUSEPPE COSSIGA. Evviva il nostro ministro!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Elio Vito. Ne ha facoltà.
ELIO VITO. Naturalmente non toccherà a me, e tantomeno a lei, ricordare, in questa Assemblea, che non è consentito ad alcuno concedere patenti di autorevolezza al primo partito del nostro paese, perché l'autorevolezza del primo partito, delle sue strutture e del suo gruppo la riconoscono, ormai da dodici anni, gli elettori italiani (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia). Tuttavia, non è su questo che sento di dovere intervenire,Pag. 57signor Presidente, e nemmeno sul tema della continuità della nostra politica estera o dell'assenza di unità della politica estera del nostro Governo, la quale risulta evidente da un fatto.
Fino a pochi mesi fa - quando si discusse e si votò l'ultimo decreto di rifinanziamento delle missioni internazionali - assistemmo ad una drammatica battaglia parlamentare, interna all'opposizione di allora, affinché il provvedimento potesse essere scisso in due parti e assistemmo ad una parte consistente di quella sinistra definita radicale - che ormai è centrale nella maggioranza del nuovo Governo - che espresse un voto contrario sulla missione in Afghanistan. Quella stessa missione che ora contiene un aspetto che viene definito quasi come un dettaglio, una cosa banale e scontata, vale a dire la partecipazione alle operazioni militari nel Golfo arabico e nel mar Mediterraneo di nostre unità navali, sulle quali comunque il partito dell'attuale ministro degli affari esteri espresse un voto contrario. Una bella prova della coerenza e della discontinuità della politica estera!
Noi abbiamo annunciato il nostro voto favorevole e non ci saremmo attesi un comportamento diverso dalla maggioranza e dal Governo. Lo abbiamo fatto e lo faremo perché abbiamo ben presente che, in questa materia, è in gioco qualcosa che va oltre i nostri partiti e le nostre polemiche.
Non è tanto grave o rilevante il fatto che vi siano deputati di Rifondazione Comunista che presentano emendamenti, che tali emendamenti sono definiti dal proprio gruppo come di pura testimonianza, che per votare un provvedimento del Governo ci si deve inventare la strana procedura di una mozione parlamentare sulla stessa materia che vorrebbe in parte contraddire il contenuto di quel provvedimento che sarà posto votazione, quanto il fatto che le polemiche interne ai partiti della maggioranza avvengono su un tema sul quale non è consentito dividersi e sul quale non è consentito dividere il paese (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia)!
Se il ministro non ha presente che l'opera più preziosa di un Governo è quella di rappresentare l'immagine e la credibilità del nostro paese all'estero e di mantenere gli impegni internazionali già assunti - sui quali voi avete espresso un voto contrario, mentre noi esprimeremo un voto favorevole visto che li abbiamo assunti -, non può essere concesso che si utilizzi la politica estera per dirimere conti interni al proprio partito e alla propria maggioranza.
L'immagine del nostro paese con riferimento alla politica estera è un bene prezioso, che non permetteremo sia gestito in modo così superficiale e approssimativo né da questa maggioranza, né da questo Governo e - me lo consenta - neanche da questo ministro degli esteri (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Gibelli. Ne ha facoltà.
GERARDO BIANCO. Presidente, sono le 14!
PRESIDENTE. Mi scusi, deputato Gibelli, vorrei precisare che i nostri lavori dovranno proseguire pressoché ininterrottamente, in quanto alle 15 è previsto lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata e alle 16.30 dovranno svolgersi le dichiarazioni di voto finale con ripresa televisiva diretta. Pertanto, presumo si dovrà proseguire fino ad un orario molto vicino alle 15.
CESARE CAMPA. Ci sono le Commissioni!
PRESIDENTE. Ovviamente, le Commissioni sono sconvocate.
Prego, deputato Gibelli.
ANDREA GIBELLI. Signor Presidente, mi rivolgo al ministro degli affari esteri, Massimo D'Alema, che dovrebbe fare un esercizio di memoria, visto quanto è accaduto durante gli ultimi cinque anni, quando l'ex maggioranza di Governo è stata coperta letteralmente e quotidianamentePag. 58di insulti da parte della maggioranza che oggi sostiene questo Governo!
Uno dei ritornelli più scanditi e, devo dire, fastidiosi dal nostro punto di vista, che negli ultimi anni abbiamo ascoltato dopo ogni azione compiuta dal Governo precedente...
PRESIDENTE. Mi scusi, deputato Gibelli, ma vorrei invitare le deputate e i deputati ad un comportamento che consenta di ascoltare l'intervento in corso. Vorrei ricordare loro che tra pochi secondi si vota.
ANDREA GIBELLI. In questi anni, abbiamo ascoltato un ritornello fastidioso che, ad ogni atto del Governo, veniva scandito: gli italiani devono sapere.
Mi spiace essere banale, ma vorrei ricordare all'onorevole D'Alema che gli italiani devono sapere che noi, a livello internazionale, con queste azioni strumentali e politiche, stiamo perdendo la faccia, dopo che avevamo recuperato dignità a livello internazionale.
Le ricordo che, dietro le sue parole, che ho ascoltato, ossia che esistono posizioni diverse, ma che è stata trovata una coesione, più che una maggioranza a più voci - mi riferisco, soprattutto, all'onorevole Franceschini -, siamo di fronte, dopo il suo intervento, ad una sorta di convergenza parallela di democristiana memoria, perché, in quest'aula, non si è mai vista tanta diversità di opinioni sbandierate nelle piazze e tanta ipocrisia da parte degli interventi della sinistra radicale (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Padania e di Forza Italia)!
Come si fa a sostenere nelle piazze che non ci deve essere alcun intervento militare per dare voce ai pacifisti in quest'aula e oggi votare un provvedimento che continua ad essere in quel solco, dove anche la Lega nord si è inserita, ma dall'11 settembre 2001, dove all'Occidente, ai paesi liberi, è stata dichiarata guerra (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Padania)?
Mi spiace, ma la Lega, avendola lei citata, non è, ahimè per lei, una costola della sinistra, anche perché nel suo intervento avrebbe dovuto citare una questione delicata, non tanto quanto è accaduto in Serbia durante il Governo di centrosinistra, ma cosa sta accadendo ora in Kosovo, alle popolazioni cristiano-ortodosse, a quelle popolazioni che vivono nella paura, dove, senza la presenza dei nostri soldati, viene quotidianamente negata la memoria con distruzione di case, di chiese, di scuole da parte delle truppe musulmane che ancora oggi vengono difese dalla sinistra radicale! Questa è la vera vergogna! Il silenzio di quest'aula (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Padania e di Alleanza Nazionale)!
In conclusione, ricordo che la Lega è sempre stata coerente per un buon motivo. Oggi, siamo qui ad allungare il brodo di una discussione dove emergono alcune esigenze. Vi è quella di garantire ai nostri soldati in missione di pace di difendere se stessi e le popolazioni inermi che, ancora una volta, sono vittime del terrorismo e dell'integralismo. Una parte della maggioranza, l'estrema sinistra, la parte più radicale, alle sue parole, quando, qualche minuto fa, ha detto che piuttosto che votare il centrodestra è toccato votare un centrosinistra così, ha addirittura applaudito. Mi spiace, ma era un messaggio rivolto a loro ed oggi vi è la celebrazione, in questa maggioranza, di un caso di psichiatria politica manifesta (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Padania)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, a titolo personale, la deputata D'Antona. Ne ha facoltà.
OLGA D'ANTONA. Signor Presidente, per il disagio che provo in questo momento, per l'immagine che noi stiamo dando al paese, faccio appello alla responsabilità di tutti noi nel rispetto di tutti, me compresa, di fronte alla gravità, alla drammaticità degli eventi internazionali (la situazione del Medio Oriente, le persone che stanno morendo, militari e civili).
Io credo che si sia dato troppo spazio alle polemiche, che hanno molto di personalePag. 59e poco di politico e che non avrebbero dovuto occupare più dello spazio di una battuta. Tenere bloccata un'aula parlamentare per così lungo tempo su questi temi mentre si stanno svuotando anche i banchi...
PRESIDENTE. Lei concorra, però, perché ha terminato il suo minuto di tempo.
OLGA D'ANTONA. La ringrazio, ma credo che ciò che ho detto sia sufficiente (Applausi dei deputati del gruppo de L'Ulivo).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Cannavò 2.20, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 480
Votanti 479
Astenuti 1
Maggioranza 240
Hanno votato sì 9
Hanno votato no 470).
Prendo atto che il deputato Marinello non è riuscito a votare.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.100 del Governo.
Ricordo che il parere espresso dalle Commissioni è favorevole purché il testo sia riformulato nel senso di sostituire al dispositivo dell'emendamento il contenuto del parere espresso dalla Commissione bilancio. Prendo atto che il Governo accetta tale riformulazione.
Prendo altresì atto che il deputato Bosi, che aveva chiesto di parlare, rinuncia ad intervenire.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 2.100 del Governo, nel testo riformulato, accettato dalle Commissioni.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 516
Votanti 515
Astenuti 1
Maggioranza 258
Hanno votato sì 515).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Mattarella 2.50.
Le Commissioni hanno proposto la seguente riformulazione, rispetto alla quale il Governo è favorevole: Sopprimere il comma 26. Conseguentemente, al comma 27, sostituire le parole da: «al personale militare che partecipa», fino a: «Cipro», con le seguenti: «al personale militare che partecipa alle missioni di cui alla presente legge».
Prendo atto che i presentatori accettano tale riformulazione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Gamba. Ne ha facoltà.
PIERFRANCESCO EMILIO ROMANO GAMBA. Deputato Presidente, onorevoli colleghi, l'emendamento Mattarella 2.50 è particolarmente significativo e costituisce uno di quegli elementi di ipocrisia, da una parte, e di concessione, dall'altra, ossia una sorta di contentino alla sinistra radicale, in ordine all'equilibrio, così difficilmente raggiunto, di cui si è molto parlato questa mattina nel dibattito sul provvedimento.
L'emendamento, però, costituisce un elemento di notevole gravità, perché sopprime quanto era previsto in tutti i precedenti provvedimenti del Governo Berlusconi in ordine all'applicazione delle norme contenute nel codice penale militare di guerra al contingente militare italiano e alle altre entità previste da questaPag. 60normativa per le missioni in Iraq e in Afghanistan, mantenendo, invece, le disposizioni già previste in precedenza, con l'applicazione del codice penale militare di pace alle stesse forze armate per tutte le altre missioni. Il Governo Berlusconi aveva introdotto questa norma in uno dei primi provvedimenti sulle missioni internazionali proprio perché si era vinta l'ipocrisia che in precedenza aveva contraddistinto altri Governi in occasione della partecipazione ad azioni di combattimento, come i bombardamenti già ricordati. In tale occasione, il Governo presieduto dall'onorevole D'Alema aveva previsto, per il contingente militare che svolgeva azioni di combattimento, l'applicazione del codice militare di pace e ciò proprio per offrire un elemento «cosmetico» alla natura dell'intervento, che invece era chiarissima riguardo alle modalità effettive di svolgimento.
Ebbene, le norme del codice penale militare di guerra, pur risalenti ad un tempo lontano e pur necessitanti di un aggiornamento, sono state considerate giustamente le più adatte ad essere applicate al nostro personale militare impiegato in scenari di difficile definizione, che non corrispondono più né alla situazione di pace tradizionale né a quella di guerra «guerreggiata». Tali norme sono state richiamate per la loro maggiore forza e per la necessità di garantire, in uno scenario molto particolare, la maggiore coesione possibile da parte delle strutture militari, nonché una maggiore tutela degli stessi militari, anche in ordine alla maggiore gravità dei possibili reati commessi dalle stesse forze militari in danno dei civili.
Per tutte queste ragioni, molto correttamente, il Governo precedente aveva sempre reiterato l'applicazione del codice penale militare di guerra per le missioni che abbiamo ricordato. Si era, viceversa, avviata un'azione complessiva di revisione dei due codici penali militari, che è stata oggetto di un'ampia discussione in questo Parlamento, anche se poi non si è riusciti ad addivenire ad una conclusione. Quindi, è ipocrita e negativo e costituisce una forma di «contentino» di rilevante gravità l'aver voluto assecondare la richiesta che allora veniva dalla sinistra radicale, sostenendo anche in questa circostanza l'applicazione del codice penale militare di pace in situazioni che certamente sono di difficile governo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Mattarella. Ne ha facoltà.
SERGIO MATTARELLA. Signor Presidente, la richiesta di rimuovere dalle norme che regolano le missioni all'estero la previsione dell'applicazione del codice penale militare di guerra, nei cinque anni precedenti, non è venuta dalla sinistra radicale, bensì dall'intero centrosinistra (Applausi dei deputati del gruppo de L'Ulivo). Anche io più volte in quest'aula ho sostenuto le ragioni che contestavano la previsione dell'applicazione del codice penale militare di guerra. In questa circostanza, l'intera maggioranza di centrosinistra propone, in coerenza con quanto sempre sostenuto, che venga richiamato nelle normative relative alle missioni all'estero il codice militare di pace e non quello di guerra. Non si tratta di una questione nominalistica. Riepilogo la questione...
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego di lasciare svolgere l'intervento.
SERGIO MATTARELLA. I precedenti provvedimenti sulle missioni all'estero e quello presentato dal Governo nei giorni scorsi prevedono la seguente condizione per tutte le missioni: si applica, in materia processuale e per quanto riguarda l'ordinamento giudiziario, il codice penale militare di pace. Ciò vale per tutte le missioni, ivi comprese quelle in Afghanistan e in Iraq.
Per quanto riguarda le norme sostanziali, con riferimento alle missioni che si svolgono in Iraq e a quelle in Afghanistan, si applica il codice penale militare di guerra. Cosa rendeva necessaria, secondo il Governo precedente, questa previsione che definisce chiaramente - e non soloPag. 61nominalisticamente - «di guerra» le missioni che si compiono? Sono due le ragioni che sono state qui ricordate dal collega Bosi.
La prima non è fondata, collega Bosi. Non è vero che, applicando il codice penale militare di pace, i militari andranno a giudizio presso il giudice ordinario: il codice penale militare di pace è di competenza del giudice militare. I reati commessi in base al codice penale militare di pace sono giudicati dal giudice militare. Di conseguenza, non è vero che i comportamenti dei nostri militari andranno ad un giudice diverso da quello militare: semplicemente non è vero!
Vorrei intervenire su due argomenti. Il primo riguarda l'aspetto ricordato poc'anzi dal collega Gamba, che le sanzioni sono più dure e che ciò garantirebbe maggiormente i soggetti deboli, e cioè le popolazioni dei luoghi dove si svolgono le missioni. I nostri militari, però, non hanno mai dato vita a comportamenti che non siano stati rispettosi delle norme di umanità nella loro attività. In questo senso l'emendamento all'esame è un atto di fiducia nelle nostre Forze armate e nei nostri militari e mi sorprende che questo aspetto non venga colto.
La seconda ragione invocata è che il codice penale militare di guerra comporta una maggiore coesione dei corpi militari presenti all'estero; ma i nostri militari, professionalmente preparati, non hanno bisogno di questa coesione rappresentata dalla coercizione del codice penale militare di guerra e, di conseguenza, quelle ragioni non hanno valore: per questo va rimossa tale previsione che qualifica «di guerra» - ripeto che non si tratta di una questione nominalistica - alcune missioni.
Aggiungo alcune bizzarrie che tale previsione comporta. Gli addetti alle comunicazioni, che stanno a Roma e che sono in contatto con le missioni nelle varie parti del mondo, passano più volte nell'arco di una giornata dall'essere sottoposti al codice penale militare di pace all'esserlo al codice penale militare di guerra, secondo una circostanza abbastanza bizzarra, se così vogliamo dire.
Per questi motivi, Presidente, abbiamo presentato l'emendamento in esame - e concludo - e lo sosteniamo con forza e siamo lieti che il Governo lo abbia accolto, perché ciò riporta nella normalità delle discipline il comportamento dei nostri militari e nella esatta qualificazione le missioni che si svolgono all'estero (Applausi dei deputati del gruppo de L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Cossiga. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE COSSIGA. Signor Presidente, rinunzio.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichirazione di voto il deputato Boato. Ne ha facoltà.
MARCO BOATO. Grazie, Presidente, sarò molto breve. Intervengo solo per annunciare ovviamente il voto favorevole dei Verdi all'emendamento Mattarella 2.50, sottoscritto anche dalla collega De Zulueta, e per rispondere brevemente al collega Gamba, il quale ha del tutto legittimamente il diritto di opporsi a questo emendamento, ma non ha diritto di dire il falso rispetto a quello che è avvenuto nella scorsa legislatura.
Come ha ricordato opportunamente poco fa il collega Mattarella, ed io ne ho memoria precisa, nel corso della scorsa legislatura, ogni volta che arrivavano i decreti-legge semestrali in questa materia, l'intero centrosinistra - non la sinistra radicale, collega Gamba, lei ha usato la parola «ipocrita» ma in questa occasione è veramente sbagliata - ha sistematicamente presentato emendamenti perché venisse soppressa la previsione dell'adozione del codice penale militare di guerra e perché venisse introdotta la previsione - che era già stata adottata in passato, come lei qui giustamente ha ricordato - del codice penale militare di pace, in coerenza con le dichiarate finalità di pace delle varie missioni.
Il collega Mattarella ha anche risposto ad altre affermazioni che mi sembra abbiaPag. 62fatto il collega Bosi questa mattina, quando quest'ultimo ha erroneamente dichiarato che i reati commessi in violazione del codice penale militare di pace verrebbero sottoposti alla magistratura ordinaria, anziché a quella militare. Mattarella ha giustamente ricordato che, ovviamente, anche per i reati commessi in violazione del codice penale militare di pace è competente la magistratura militare, come ha anche ricordato la situazione paradossale in cui si sono trovati alcuni reparti che, in alcune circostanze, sarebbero stati qui a Roma sottoposti al codice penale militare di guerra, mentre per altre missioni sarebbero stati alternativamente sottoposti al codice penale militare di pace, con una situazione di vera e propria schizofrenia istituzionale.
Per tali motivi rileviamo con grande soddisfazione l'accoglimento da parte del Governo dell'emendamento in esame presentato dall'intera Unione, nel testo riformulato, e annunzio il voto favorevole del gruppo dei Verdi (Applausi dei deputati del gruppo dei Verdi).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Venier. Ne ha facoltà.
IACOPO VENIER. Signor Presidente, onorevoli deputati, il gruppo dei Comunisti Italiani aveva presentato in Commissione tre emendamenti (li ha anche votati) mediante i quali chiedeva il superamento della missione Enduring freedom, di ridiscutere la missione ISAF e di prevedere l'applicazione del codice penale militare di pace a tutti i militari italiani che operano all'estero.
Due dei predetti emendamenti non sono stati ripresentati in Assemblea perché hanno trovato parziale, ma importante risposta nella mozione che è stata oggi approvata dalla Camera, nella quale ravvisiamo la discontinuità, la ridefinizione della missione ISAF e la possibilità di un ripensamento (fino al superamento), nelle sedi internazionali, della missione Enduring freedom. Il terzo emendamento è diventato (com'era logico, anche avendo riguardo a quanto è avvenuto in passato, alla battaglia comune del centrosinistra quando era all'opposizione) patrimonio della maggioranza, e oggi siamo qui ad esaminarlo e ad esprimere al riguardo un voto favorevole.
Desidero soltanto aggiungere che, politicamente, è estremamente importante stabilire che ai nostri militari che operano all'estero si applica il codice penale militare di pace, in quanto i limiti dell'azione dei nostri militari devono essere riportati - per questo agiremo anche in sede di monitoraggio parlamentare - nell'ambito ristretto della polizia internazionale.
Per questo, simbolicamente, ma anche sul piano del merito, riteniamo molto importante che il Governo abbia dichiarato, in Commissione, di accogliere un emendamento che, oggi, è diventato patrimonio dell'intera maggioranza: si tratta dei punti di progresso, di merito e di metodo, che abbiamo approvato insieme in occasione dell'esame della mozione parlamentare di cui ho detto. Per questo motivo non abbiamo riproposto gli altri due emendamenti in Assemblea, ma sosterremo quest'ultimo, che è dell'intera maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo dei Comunisti Italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bosi. Ne ha facoltà.
FRANCESCO BOSI. Signor Presidente, debbo una brevissima risposta all'onorevole Mattarella. Riferendosi al mio intervento precedente, il collega ha obiettato a quanto sono andato affermando, vale a dire che l'applicazione del codice penale militare di pace permette, in ordine ad alcune fattispecie di reati (ad esempio, per le lesioni personali) l'intervento della magistratura ordinaria. Il codice penale militare di guerra, invece, prevede, in campo umanitario, ma anche per altre situazioni, determinati tipi di reati per i quali è competente sempre la magistratura militare. Questa è la situazione esatta.
Dire che non applichiamo il codice penale militare di guerra perché abbiamoPag. 63fiducia nei nostri contingenti è abbastanza risibile, poetico e, se vogliamo, anche divertente, ma non è questo il problema: il problema è che, nelle situazioni a più alto rischio, a più alta intensità di combattimenti, è giusto prevedere alcune tipologie di reati per i quali è competente la magistratura militare, a tutela tanto dei militari quanto della popolazione civile, che, come ho già detto, viene maggiormente tutelata perché nel codice penale militare di guerra sono contemplate forme di tutela delle parti deboli che costituiscono parte importante e fondamentale del diritto umanitario.
Che il Governo voglia «derubricare» il codice penale militare di guerra per attribuire alle missioni un carattere più pacifista è un'assurdità in termini, perché priva le popolazioni, le parti deboli di una specifica e maggiore tutela. Deve essere chiaro che questo è il punto, onorevole Mattarella; altrimenti, confondiamo le acque e le idee: può servire per tenere unita la maggioranza, ma non rende un servizio alla verità (Applausi dei deputati del gruppo dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro))!
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mattarella 2.50 nel testo riformulato, accettato dalle Commissioni e dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 522
Votanti 517
Astenuti 5
Maggioranza 259
Hanno votato sì 299
Hanno votato no 218).
Prendo atto che il deputato Cancrini non è riuscito a votare.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Gamba 2.30.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Gamba. Ne ha facoltà.
PIERFRANCESCO EMILIO ROMANO GAMBA. Signor Presidente, intervengo sinteticamente solo per fare riferimento ad un emendamento che si aggancia ad una parte del testo in cui si destinano alcuni natanti e unità già della guardia costiera italiana alla guardia costiera irachena per una cessione a titolo gratuito all'Iraq nel quadro della cooperazione complessiva.
A noi sembrava opportuno prevedere insieme alla cessione delle unità anche la predisposizione di un programma di addestramento logistico militare per la ricostituzione e il sostegno della guardia costiera irachena, anche perché di solito così si fa; infatti, l'utilizzo di mezzi necessita anche di un adeguato addestramento da parte del personale che poi andrà ad usufruirne.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Gamba 2.30, non accettato dalle Commissioni né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 523
Votanti 519
Astenuti 4
Maggioranza 260
Hanno votato sì 227
Hanno votato no 292).
Prendo atto che il deputato Rampelli non è riuscito a votare. Prendo atto altresì che il deputato De Cristofaro ha erroneamente espresso un voto favorevole mentre avrebbe voluto votare contro.
Passiamo alla votazione dell'articolo 2.Pag. 64
Avverto che il deputato Cannavò ha chiesto la votazione per parti separati, nel senso di votare prima il comma 1, quindi la restante parte dell'articolo. La richiesta è ammissibile trattandosi di disposizioni aventi autonomo valore normativo.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Cossiga. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE COSSIGA. Signor Presidente, noi voteremo a favore di questo articolo perché, al di là di alcune differenze sulle motivazione di alcune di quelle che il presidente Casini ha definito chiacchiere, ci sembra in assoluta continuità con quanto operato dal Governo precedente.
In particolare, per quanto riguarda l'Afghanistan, tengo a precisare - faccio anche riferimento allo spirito e alle parole dell'intervento dell'onorevole D'Alema - alcuni punti: con questo articolo il Governo italiano conferma la sua partecipazione e, quindi, l'approvazione della missione Enduring freedom che, come sappiamo, è fuori dal contesto ONU ed è una missione di combattimento a cui partecipano unità alleate americane e francesi alle quali noi non mandiamo truppe perché altrimenti questo dispiacerebbe a Rifondazione Comunista.
Con l'articolo 2 viene confermata la nostra partecipazione alla missione ISAF. A tal proposito il Governo non ha voluto chiarire che anche la partecipazione alla missione ISAF espone le nostre truppe al rischio di combattimento e comprendiamo che anche questo non l'ha voluto fare per evitare di dispiacere i Comunisti italiani.
Come ha affermato l'onorevole D'Alema, all'interno della Enduring freedom esistono due missioni navali a cui noi continuiamo a partecipare. Non abbiamo voluto ritirare la nostra nave, come avrebbe voluto l'onorevole Cannavò, perché se lo avessimo fatto poi difficilmente l'onorevole D'Alema avrebbe potuto spiegare ai nostri alleati e a Condoleza Rice cosa diavolo ci stiamo a fare in Afghanistan (Applausi dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale)!
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul comma 1 dell'articolo 2.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 524
Maggioranza 263
Hanno votato sì 524
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla restante parte dell'articolo 2, nel testo emendato.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 528
Maggioranza 265
Hanno votato sì 523
Hanno votato no 5).
Prendo atto che il deputato Osvaldo Napoli ha erroneamente espresso un voto contrario mentre avrebbe voluto esprimerne uno favorevole.
(Esame dell'articolo 3 - A.C. 1288)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 3
(Vedi l'allegato A - A.C. 1288 sezione 5), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 521
Maggioranza 261
Hanno votato sì 517
Hanno votato no 4).
Prendo atto che il deputato Cancrini non è riuscito a votare.
(Esame dell'articolo 4 - A.C. 1288)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 4
(Vedi l'allegato A - A.C. 1288 sezione 6), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 4.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 526
Maggioranza 264
Hanno votato sì 525
Hanno votato no 1).
Prendo atto che il deputato Di Cagno Abbrescia non è riuscito a votare e che avrebbe voluto esprimere voto favorevole.
(Esame degli ordini del giorno - A.C. 1288)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A - A.C. 1288 sezione 7).
L'onorevole Filippi ha facoltà di illustrare l'ordine del giorno Giancarlo Giorgetti n. 9/1288/7, di cui è cofirmatario.
ALBERTO FILIPPI. Signor Presidente, rileviamo con grande apprensione come la principale risorsa, su cui si basa l'economia afghana continui, purtroppo, ad essere la produzione di oppiacei. Ben il 65 per cento, infatti, del PIL di questo paese dipende dal papavero. Inoltre, si rileva come i flussi derivanti dall'oppio si dirigono prevalentemente...
PRESIDENTE. Mi scusi. Invito le deputate ed i deputati che intendono uscire a farlo, in modo che chi svolge il proprio intervento possa parlare.
Il deputato Filippi può proseguire.
ALBERTO FILIPPI. Inoltre, si rileva come i flussi derivanti dall'oppio si dirigano prevalentemente verso i mercati dell'Europa occidentale, percorrendo rotte che spesso attraversano i Balcani. Prendendo atto della reale determinazione mostrata da alcuni paesi nella lotta all'economia legata ai narcotici che si sta sviluppando in Afghanistan, determinazione che ha condotto, ad esempio, la Gran Bretagna ad attribuire ai suoi militari sul suolo afghano il compito di distruggere le coltivazioni di papavero ovunque vengano incontrate, si vuole impegnare il Governo ad associare l'Italia, sia nell'ambito dell'Alleanza atlantica sia in quello delle Nazioni Unite, al novero dei paesi che ritengono che l'Afghanistan non debba trasformarsi in un «narco Stato» dedito principalmente alla produzione ed esportazione di stupefacenti, contribuendo in tal modo all'elaborazione di una strategia complessiva di contrasto che contempli, al tempo stesso, la distruzione delle coltivazioni di papavero esistenti sul suolo afghano e l'incentivazione di colture alternative, finora non adeguatamente sostenuta (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. L'onorevole Cota ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1288/8.
ROBERTO COTA. Signor Presidente, talvolta quando si affrontano materie come quella in esame vi è la tendenza a lasciarsi prendere dalle questioni personali, come è accaduto prima, o da questioniPag. 66di carattere particolare (ed abbiamo visto come le polemiche interne alla maggioranza abbiano preso piede) e si dimenticano o si accantonano i temi più generali che, però, fanno cogliere ciò che sta avvenendo.
La situazione internazionale è caratterizzata da uno scontro che non possiamo negare, uno scontro di civiltà tra l'Occidente, da una parte, che ha una sua identità, e un'avanzata violenza con una matrice pienamente identificata, in questo caso una matrice che si identifica nell'Islam fondamentalista. Se vogliamo difenderci dobbiamo pensare a come frenare questa invasione con riferimento ai nostri confini.
Penso che l'obiettivo prioritario debba essere quello di difenderci all'interno dei nostri confini. Si tratta di difenderci dal terrorismo, di difenderci da altre forme di criminalità molto insidiose, come vediamo dai dati che tutti i giorni riguardano la sicurezza nelle nostre città. Il veicolo che porta terrorismo ed aumento della criminalità è troppo spesso rappresentato dall'immigrazione clandestina.
Noi, con questo ordine del giorno, colleghi, chiediamo che vengano a ciò destinate le risorse che verranno risparmiate dal ritiro delle truppe dall'Iraq, visto che l'avete così sbandierato sia in campagna elettorale, sia in questi primi mesi di attività del Governo. A proposito, tutte queste dichiarazioni e queste polemiche ci fanno scadere assolutamente nel ridicolo, come è stato giustamente detto anche nel dibattito. Allo stesso modo, ministro D'Alema, ci fa scadere nel ridicolo a livello internazionale la pubblicazione delle intercettazioni telefoniche che riguardano l'attività dei nostri servizi di sicurezza e dei verbali dell'interrogatorio davanti ai magistrati. So che avete un atteggiamento accondiscendente nei confronti della magistratura, ma è in ballo la sicurezza del paese, la sicurezza dei nostri cittadini: non si fideranno più a collaborare con i nostri servizi di sicurezza nella lotta al terrorismo se la loro attività verrà sistematicamente pubblicata sui giornali. Anche questo è un aspetto molto delicato quando si parla di questioni internazionali e di lotta al terrorismo.
Ad ogni modo, con questo ordine del giorno, quindi con un atto concreto, chiediamo che le risorse che verranno risparmiate dal ritiro dall'Iraq vengano impiegate nell'azione di contrasto all'immigrazione clandestina e, quindi, nella difesa dei nostri confini. Non dobbiamo dare l'immagine, oltre che di un paese che fa pubblicare sui giornali le intercettazioni relative all'attività dei nostri servizi di sicurezza, anche di un paese colabrodo, che ha i confini assolutamente aperti all'immigrazione irregolare.
Chiedo anche che il Governo si astenga dal far dire certe cose ai propri ministri: andare al centro di permanenza temporanea di Lampedusa ad affermare che tutti quelli che arrivano dalla Libia potranno accomodarsi nel nostro territorio perché verrà concesso loro il diritto di asilo, certamente non è una dichiarazione responsabile, certamente non fa bene all'immagine del nostro paese e non fa bene al contrasto all'immigrazione clandestina (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Il deputato Bricolo ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1288/9.
FEDERICO BRICOLO. Signor Presidente, con questo ordine del giorno impegniamo il Governo a tenere in considerazione le esigenze della politica di sicurezza nazionale non solo nella prosecuzione delle missioni di pace all'estero in quei paesi dove siamo andati a colpire le cellule terroristiche operative che, come abbiamo visto, hanno esportato il terrorismo nel mondo, ma anche nella gestione dell'immigrazione riducendo al minimo, se non eliminando, i flussi di entrata dai paesi dove maggiore risulta l'influenza dei movimenti che si richiamano agli ideali dell'Islam politico radicale più forte. La scopo di questo ordine del giorno è di arrivare a ridurre, se non bloccare, le quote di entrata dai paesi musulmani - pensoPag. 67a quelli nordafricani e del Medio Oriente - che arrivano nel nostro paese. Si tratta di temi che bisogna avere il coraggio di affrontare anche in aula. Molto spesso vi è ipocrisia su tali temi. Noi della Lega, invece, li vogliamo porre all'attenzione dei parlamentari che oggi devono votare questo importante provvedimento.
La maggior parte dei nostri cittadini sono convinti che gli islamici presenti nel nostro paese siano già troppi e che gli islamici considerati moderati non esistano, e lo dimostrano i fatti. Possiamo fare alcuni esempi.
Nel nostro paese, dal 2001 in poi sono state arrestate centinaia e centinaia di persone vicine al mondo dell'eversione terroristica islamica e non esiste, allo stato attuale, una sola denuncia fatta da un islamico nei confronti di altri islamici, ad esempio gli imam che sono stati espulsi o arrestati nel nostro paese (penso a quelli di Carmagnola, di Gallarate, di Firenze, di Cremona, di Roma o alla vicenda della moschea di viale Jenner). Evidentemente, in televisione i leader delle comunità musulmane si dicono moderati, ma nei fatti, quando nelle moschee gli imam non vanno a pregare ma a predicare odio contro l'Occidente e ad inneggiare alla jihad, non c'è nessuno che ha il coraggio di reagire e di denunciare questi intolleranti. Dunque, dato che non esiste una sola denuncia di fronte a centinaia di arresti, è evidente che l'Islam moderato nei fatti non esiste.
Visto che il centrosinistra in questo Parlamento ha portato, oltre a Luxuria, ai vari capetti dei centri sociali e a qualche ex terrorista, anche rappresentanti della religione islamica, mi rivolgo proprio a loro (Commenti del deputato Forgione). È giusto finirla con l'ipocrisia di «vendersi» moderati quando, poi, non si ha il coraggio di denunciare chi conoscete e proteggete nelle nostre comunità. Il cardinale Biffi, prima ancora dell'11 settembre, avvertiva il mondo della politica e diceva: «Non lo sono, ma se fossi un politico starei attento a fare entrare gli islamici nel nostro paese, perché hanno un modo di vita ed un concetto di famiglia che è incompatibile con il nostro; creeranno, appunto, problemi e scontri sociali». Noi questo lo abbiamo evidenziato più volte e credo che, anche nel pericolo di affrontare i problemi del terrorismo nel nostro paese - visto anche le vostre posizioni, che sono quelle di allargare e, dunque, di permettere a chiunque di entrare a casa nostra -, sia importante e fondamentale il controllo delle frontiere e bloccare i flussi migratori dai paesi nordafricani e mediorientali, che importano a casa nostra intolleranti islamici che noi non vogliamo (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. La deputata Carlucci ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1288/4.
GABRIELLA CARLUCCI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, visto che le missioni all'estero sono state sempre caratterizzate dallo spirito di pace, di peacekeeping e, comunque, di supporto alle popolazioni locali, in questo caso noi chiediamo, proprio a supporto dell'intervento dei militari italiani all'estero, di utilizzare - dove sia possibile, nel momento in cui i nostri militari lavorano alla ricostruzione, alla cooperazione e alla stabilizzazione delle attività locali - il più possibile personale locale. Naturalmente, ove non ci siano le professionalità richieste, interverrebbero l'autorità internazionale e gli stranieri. Quindi, dove è possibile, occorre impegnare il Governo a far sì che le personalità locali vengano utilizzate proprio in queste missioni e in queste operazioni di stabilizzazione e di ricostruzione (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).
PRESIDENTE. Il deputato Paoletti Tangheroni ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1288/3.
PATRIZIA PAOLETTI TANGHERONI. Deputata, Presidente...!
PRESIDENTE. Mi scusi.
Pag. 68
PATRIZIA PAOLETTI TANGHERONI. Nessun problema. Mi scuso, ma chiedo al ministro D'Alema un pochino di attenzione. Questi ordini del giorno, come quelli successivi, in realtà sono divenuti tali ma, originariamente, erano emendamenti: quindi, lo abbiamo convenuto insieme. Lo dico perché si valuti ciò con la dovuta attenzione. In particolare, questo ordine del giorno è un po' il corollario dell'emendamento su cui abbiamo espresso voto favorevole, si tratta cioè di utilizzare il personale locale. Questo ordine del giorno prevede che ci siano opportune iniziative, in modo che il criterio dell'utilizzo di personale locale sia inserito in tutti i momenti del monitoraggio e della valutazione ex ante, in itinere ed ex post.
Credo, e la presenza del ministro mi induce a dirlo con forza, che tra quelle previste vi siano anche iniziative legislative. Confido, dunque, che si apra una nuova stagione in cui gli aiuti umanitari e di cooperazione allo sviluppo, che sono per loro natura una risorsa economica, finiscano finalmente a favore delle popolazioni locali.
PRESIDENTE. Il deputato Barani ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1288/1.
LUCIO BARANI. Signor Presidente, i recenti drammatici avvenimenti che insanguinano il Medio Oriente, coinvolgendo Israele ed il Libano, indicano un salto di qualità estremamente preoccupante nella strategia di aggressione da parte delle forze collegate alle centrali del terrorismo; non si tratta, come del resto non si trattava prima, di presunti «resistenti» che reagiscono alla cosiddetta presenza imperialista dell'Occidente, ma di un'alleanza tra alcuni Stati della regione, che organizzano forze irregolari in altri paesi reagiscono con l'unico obbiettivo di assumere il controllo geopolitico dell'intera regione e magari di «autorizzarsi» - di farsi autorizzare dall'ONU - la bomba atomica.
Al fenomeno del terrorismo, come forma di aggressione contro ogni tentativo di sviluppare un assetto democratico quale antidoto al fossato del sottosviluppo e dell'assolutismo politico, l'Europa deve contrapporsi sviluppando un'intensa azione di carattere politico e diplomatico, all'insegna del multilateralismo, accompagnata tuttavia dalla necessaria fermezza sul piano militare, indispensabile per rendere credibile la sua azione in difesa della pace. Una parte, seppure esigua, della maggioranza parlamentare si attarda ancora in visioni del passato che rischiano, al di là di qualsiasi altra considerazione, di trasformarsi - ad avviso dei presentatori dell'ordine del giorno di cui sono primo firmatario - in un sostegno passivo alla strategia terroristica, nel tentativo di confondere le acque e disarmare il paese rispetto ai pericoli più imminenti. Questo equivoco indebolisce l'azione del Governo italiano in un momento in cui la sua capacità di dialogo con tutte le parti coinvolte nel conflitto dovrebbe essere piena ed incondizionata: di conseguenza sostenuta dalla più ampia maggioranza che legittimi gli interessi di tutta la nazione. Date queste considerazioni, appaiono stigmatizzabili - ad avviso dei presentatori - tutti i comportamenti opportunistici, la cui strumentalità appare evidente.
Con il nostro ordine del giorno si impegna il Governo ad insistere nell'azione di politica estera intrapresa, nel solco delle decisioni già assunte, e nel rispetto di quella continuità che caratterizza l'azione dello Stato, che non può coincidere con l'orizzonte più limitato della semplice azione di governo, onde evitare bruschi cambiamenti di direzione ed il ripetersi di errori che, nel passato, hanno minato la credibilità della nazione; a ricercare, in Parlamento, la massima convergenza possibile lasciando ad una sparuta minoranza delle forze politiche italiane la responsabilità di una scelta osteggiata dalla grande maggioranza del Paese; a riferire in Parlamento sugli esiti e gli sviluppi dell'azione diplomatica rivolta a costruire una posizione di pace non sulla base di cedimenti, ma nel rispetto delle regole condivise, che costituiscono il cemento effettivo dellaPag. 69convivenza internazionale (Applausi dei deputati del gruppo della Democrazia Cristiana-Partito Socialista).
PRESIDENTE. Qual è il parere del Governo sugli ordini del giorno presentati?
MASSIMO D'ALEMA, Ministro degli affari esteri. Signor Presidente, esprimerò il parere nell'ordine in cui i documenti di indirizzo sono stati illustrati. Il Governo non accetta l'ordine del giorno Giancarlo Giorgetti n. 9/1288/7. Quest'ultimo è largamente condivisibile; tuttavia, ritengo che l'indicazione conclusiva, che vincola le strategie di lotta alla droga, alla eradicazione e alla distruzione delle coltivazioni di papavero, sia restrittiva ed in contrasto con quanto è scritto nella mozione che il Parlamento ha approvato.
Il Governo non accetta l'ordine del giorno Cota n. 9/1288/8, perché, al di là del valore propagandistico, onestamente non si vede che cosa c'entri «destinare le risorse già destinate ad Antica Babilonia...
FEDERICO BRICOLO. Ma anche gli uomini e i mezzi!
PRESIDENTE. Scusate, ascoltate il parere del Governo.
MASSIMO D'ALEMA, Ministro degli affari esteri. ...gli uomini e i mezzi (...) al potenziamento del dispositivo interforze incaricato di proteggere i confini nazionali dai flussi migratori illegali (...) compito che non è affidato alle Forze armate in termini di controllo normale delle frontiere.
Il Governo non accetta l'ordine del giorno Barani n. 9/1288/1, che contiene dei legittimi attacchi alla maggioranza di Governo, il quale pertanto non può accoglierlo.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Tucci n. 9/1288/2 sul Darfur e i successivi ordini del giorno Paoletti Tangheroni n. 9/1288/3, Carlucci n. 9/1288/4, Licastro Scardino n. 9/1288/5 e Bertolini n. 9/1288/6.
Il Governo, infine, non accetta l'ordine del giorno Bricolo n. 9/1288/9.
GIANCARLO GIORGETTI. Guarda che hai letto male il mio ordine del giorno n. 9/1288/7!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Fiano. Ne ha facoltà.
EMANUELE FIANO. Signor Presidente, voglio riferirmi ad una cosa sola che ho sentito poc'anzi nel corso dell'intervento dell'onorevole Bricolo. Io non ho il piacere di conoscerlo né l'esperienza di quest'aula per poter dare su di lui un giudizio personale. Nel tentativo di impostare un'analisi su questo fatto l'ho sentita affermare, onorevole Bricolo, e segnalare a questa maggioranza che nelle nostre file sono presenti deputati di religione islamica.
GIANCARLO GIORGETTI. È vero!
EMANUELE FIANO. Io penso che il semplice notare questo fatto vada contro la cultura che la nostra Costituzione ha dato a questo paese, nel quale ogni donna ed ogni uomo, a prescindere dalla propria religione, dal proprio credo, dal colore della propria pelle, sono uguali (Applausi dei deputati dei gruppi di maggioranza). Non tirate in ballo in nessun modo, per nessuna ragione tattica o strategica o politica, l'appartenenza di ognuno di noi ad una religione, che sia maggioritaria o minoritaria in questo paese. Infatti, così facendo, offendereste non la minoranza, ma la maggioranza di questo paese, che crede nella nostra Costituzione nella quale tutte le donne e tutti gli uomini sono uguali (Applausi dei deputati dei gruppi di maggioranza).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Forlani. Ne ha facoltà.
ALESSANDRO FORLANI. Presidente, intervengo solo per chiedere di aggiungere la mia firma all'ordine del giorno PaolettiPag. 70Tangheroni n. 9/1288/3, in conformità a quanto dichiarato prima sull'emendamento di analogo contenuto Paoletti Tangheroni 1.27.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Allam. Ne ha facoltà.
KHALED FOUAD ALLAM. Onorevole Bricolo, io mi chiamo Khaled Fouad Allam, un nome di origine araba. Se vuole, posso dirle che sono anche musulmano; però sono italiano e fiero di esserlo, e attualmente sono un rappresentante del popolo italiano! In quest'aula non c'è e non ci sarà mai posto per le discriminazioni e per il razzismo (Applausi dei deputati dei gruppi di maggioranza, dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), di Alleanza Nazionale e di Forza Italia)!
FEDERICO BRICOLO. Ma cosa dici!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Dozzo. Ne ha facoltà.
GIANPAOLO DOZZO. Signor Presidente, inizio col dire che sono anch'io cristiano, di confessione cattolica. Non per questo ci si deve scandalizzare se ci sono in questa Assemblea deputati professanti altre religioni. Nell'intervento dell'onorevole Bricolo non vedo alcun atto di condanna nei confronti di altre religioni. C'è stata soltanto la presa d'atto che in questa Assemblea ci sono parlamentari di religioni diverse (Commenti).
Quindi, non vedo il motivo di questa arrabbiatura da parte dei colleghi. Siamo tutti uguali, con le stesse prerogative, e ciascuno può esprimere ciò che pensa, visto che siamo in uno Stato di libertà e di civiltà (Commenti).
Non mi risulta, però, che in altri Stati, ad indirizzo religioso prevalentemente diverso dal nostro, ci sia questa libertà di espressione della parola (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Padania, di Forza Italia e di Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Chiedo al deputato Barani se insista per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1288/1, non accettato dal Governo.
LUCIO BARANI. Sì, signor Presidente, insisto per la votazione.
Vorrei dire al deputato che ha parlato di (Commenti dei deputati del gruppo dell'Ulivo)...
PRESIDENTE. Deputato Barani, siamo in sede di votazione: lei non ha diritto alla parola.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Barani n. 9/1288/1, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 487
Votanti 484
Astenuti 3
Maggioranza 243
Hanno votato sì 211
Hanno votato no 273).
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione degli ordini del giorno Tucci n. 9/1288/2, Paoletti Tangheroni n. 9/1288/3, Carlucci n. 9/1288/4, Licastro Scardino n. 9/1288/5 e Bertolini n. 9/1288/6, accettati dal Governo.
Prendo atto, altresì, che i presentatori insistono per la votazione degli ordini del giorno Giancarlo Giorgetti n. 9/1288/7, Cota n. 9/1288/8 e Bricolo n. 9/1288/9.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Giancarlo Giorgetti n. 9/1288/7, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.Pag. 71
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 489
Votanti 487
Astenuti 2
Maggioranza 244
Hanno votato sì 210
Hanno votato no 277).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Cota n. 9/1288/8, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 490
Votanti 486
Astenuti 4
Maggioranza 244
Hanno votato sì 209
Hanno votato no 277).
Prendo atto che i deputati Zinzi e Mazzoni non sono riusciti a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Bricolo n. 9/1288/9, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 474
Votanti 466
Astenuti 8
Maggioranza 234
Hanno votato sì 200
Hanno votato no 266).
È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.
Ricordo che le dichiarazioni di voto e la votazione finale, con ripresa televisiva diretta, avranno luogo alle 16,30.
Cessazione dal mandato parlamentare del deputato Nicola Leanza.
PRESIDENTE. Comunico che in data odierna è pervenuta alla Presidenza la seguente lettera del deputato Nicola Leanza:
«Il sottoscritto Leanza Nicola, essendo stato eletto, a seguito delle consultazioni elettorali recentemente svoltesi, quale parlamentare in seno all'Assemblea della regione siciliana ed essendo stato chiamato, parimenti, a ricoprirvi l'incarico di vicepresidente ed assessore ai beni culturali, rassegna, a tutti gli effetti, le proprie dimissioni da deputato al Parlamento nazionale.
Nel compiere tale atto, gli è caro rivolgere un saluto a tutti colleghi unitamente all'augurio di un proficuo lavoro a salvaguardia degli interessi della comunità nazionale ed in direzione dello sviluppo del paese.
Firmato: Nicola Leanza».
Trattandosi di un caso di incompatibilità, la Camera prende atto, a norma dell'articolo 17-bis, comma 2, del regolamento, di questa comunicazione e della conseguente cessazione del deputato Leanza dal mandato parlamentare.
Sospendo brevemente la seduta, che riprenderà con lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.
La seduta, sospesa alle 15, è ripresa alle 15,10.
Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderà il Vicepresidente del Consiglio dei ministri, Massimo D'Alema.
Pag. 72(Posizione del Governo in merito al finanziamento di ricerche sulle cellule staminali embrionali - n. 3-00129)
PRESIDENTE. Il deputato Volontè ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00129 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 1).
LUCA VOLONTÈ. Onorevole Presidente, onorevole Vicepresidente del Consiglio, non è la prima volta che interroghiamo il Governo su tale posizione.
A seguito dell'appello di centinaia di parlamentari del centrodestra e del centrosinistra, riproponiamo tale richiesta, vale a dire se, nell'ambito delle sue prerogative e delle sue responsabilità, garantirà il voto contrario dell'Italia al finanziamento, nell'ambito del VII programma quadro, di ricerche che implichino la distruzione di embrioni umani, coerentemente a quanto stabilito dalla legge n. 40 del 2004 e in ossequio alla volontà popolare espressa con il referendum del 12 giugno 2005. Il popolo, allora, attraverso l'astensione, dichiarò che quella legge garantiva e vietava contemporaneamente la ricerca sugli embrioni umani.
PRESIDENTE. Il Vicepresidente del Consiglio dei ministri, Massimo D'Alema, ha facoltà di rispondere.
MASSIMO D'ALEMA, Vicepresidente del Consiglio dei ministri. Com'è noto, il ministro Mussi ha ritirato l'adesione dell'Italia alla proposta di dichiarazione etica che invita l'Europa, nell'attuazione del VII programma quadro, a non disporre finanziamenti europei per ricerche che prevedano la distruzione di embrioni umani.
Credo che tale iniziativa sia stata certamente opportuna e che abbia tolto il nostro paese da una situazione di evidente difficoltà in quanto l'intenzione di proibire lo svolgimento in altri paesi di ricerche sulla base di quanto stabilito dalla legge italiana era a nostro giudizio non sostenibile ed esponeva l'Italia al rischio di ritorsioni per quanto attiene al finanziamento di ricerche alle quali il nostro paese è particolarmente interessato.
Si deve fare presente, tra l'altro, che nel VII programma quadro vi sarà la possibilità di accesso a finanziamenti significativi per la ricerca sulle cellule staminali adulte che, nei nostri laboratori, è ampiamente sviluppata.
Quindi, è evidente che, così come noi chiediamo sostegno al finanziamento per le ricerche a cui è interessato il nostro paese, non ci possiamo opporre a programmi di ricerca che si sviluppano in altri paesi sulle base delle proprie legislazioni.
Ritengo inoltre che, parlando di ricerche che avvengono in Europa - cioè nell'ambito dell'Unione europea e quindi di quei paesi che sono tenuti a rispettare i principi fondamentali dell'Unione europea -, vi siano sufficienti garanzie per ritenere che le ricerche che si svolgono nei paesi europei non siano contrarie ai principi etici fondamentali - alla difesa dei quali ci sentiamo tutti impegnati - e che tali ricerche non siano lesive della vita e della dignità delle persone.
PRESIDENTE. Il deputato Volontè ha facoltà di replicare.
LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, presidente D'Alema, lei è qui nella veste di Vicepresidente del Consiglio e a queste prerogative richiamo non solo lei, ma anche chi rappresenta in questa sede, ossia il Presidente del Consiglio.
Il Presidente del Consiglio di un paese, di qualunque paese, deve rappresentare all'estero la volontà di quel paese, non deve rappresentare all'estero un'altra volontà. Non è vero, come lei ha affermato e come è noto, che il ritiro della firma dell'onorevole Mussi sia indifferente. Non è indifferente. I paesi europei che ricercano sugli embrioni umani lo possono fare da prima della firma di Mussi, finanziando queste ricerche con i propri fondi. Qual è la novità introdotta dall'onorevole Mussi? Quella di rappresentare, diversamente dalla legge italiana, diversamente dallaPag. 73volontà del popolo italiano, una accettazione del semplice fatto che con i soldi degli italiani e di altri paesi europei si finanzi quel tipo di ricerca che il nostro paese ed il nostro Parlamento ritiene contro i propri convincimenti etici.
Lei ha detto, con belle parole, che ciò era dannoso. Ma forse l'hanno informata male, perché il VII programma quadro già prevedeva il finanziamento sulle cellule staminali adulte. Quindi, questo tipo di finanziamento non era contrattabile per gli altri paesi europei.
Questa occasione grave e la riaffermazione da parte sua, a nome del Presidente del Consiglio, che è lecita la posizione dell'onorevole Mussi ed è intenzione del Governo non contrastare questo tipo di ricerca, lede il rapporto tra il Parlamento, il popolo, che si espresso esplicitamente su questo punto, e l'esecutivo, che non rappresenta in questo modo né la volontà popolare né la volontà del Parlamento.
La ricerca sugli embrioni deve essere vietata, se si vuole rispondere coerentemente e con rispetto alla volontà del popolo italiano e alla volontà di questo Parlamento che, in dieci anni, ha ribadito esplicitamente il divieto alla ricerca sugli embrioni umani (Applausi dei deputati del gruppo dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)).
(Iniziative per promuovere in ambito comunitario e in tutte le sedi la ricerca sulle cellule staminali adulte - n. 3-00128)
PRESIDENTE. Il deputato Pedrizzi, al quale ricordo che ha un minuto di tempo a disposizione, ha facoltà di illustrare l'interrogazione La Russa n. 3-00128 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 2), di cui è cofirmatario.
RICCARDO PEDRIZZI. Signor Presidente, questa interrogazione, grosso modo, è analoga a quella del collega Volontè e vuole ribadire, nel caso in cui il Governo di centrosinistra se ne fosse dimenticato, che, con l'approvazione della legge n. 40 del 2004, confermata dalla volontà popolare espressa a larghissima maggioranza con il referendum del 12 giugno 2005, l'Italia e le sue istituzioni si sono impegnate in favore della difesa della vita umana fin dal suo concepimento e della famiglia.
Vicepresidente del Consiglio, vorrei rivolgerle alcune domande molto precise e vorremmo delle risposte altrettanto precise.
Il Governo italiano garantirà il voto contrario dell'Italia al finanziamento, nell'ambito del VII programma quadro europeo, di ricerche che implichino la distruzione di embrioni umani? Ripristinerà la precedente situazione e riconfermerà l'adesione dell'Italia alla «Dichiarazione dei principi etici»? Si impegnerà a proporre e a promuovere, in ambito comunitario e in tutte le sedi istituzionali e politiche, la ricerca sulle cellule staminali adulte, rinnovando la contrarietà del nostro paese alle sperimentazioni sulle cellule staminali embrionali, nonché a tutelare in ogni caso ed in ogni fase della vita l'embrione umano?
PRESIDENTE. Il Vicepresidente del Consiglio dei ministri, Massimo D'Alema, al quale ricordo che ha tre minuti di tempo a disposizione, ha facoltà di rispondere.
MASSIMO D'ALEMA, Vicepresidente del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, insisto nel dire che il Governo intende, senza dubbio, sostenere, nell'ambito dei programmi europei di finanziamento alla ricerca, la ricerca sulle cellule staminali adulte cui il nostro paese è fortemente interessato.
Il Governo non intende promuovere il cambiamento della legge n. 40 del 2004, che è stata approvata dal Parlamento e che non è stata confermata dalla volontà popolare espressa, in verità, come qualsiasi giurista potrebbe facilmente dimostrare, bensì, semplicemente, il referendum per la sua cancellazione non ha raggiunto il quorum (Commenti del deputato Giovanardi).
È molto difficile considerare, come spiegano i manuali di diritto costituzionale,Pag. 74l'assenza dal voto come volontà popolare espressa.
LUCA VOLONTÈ. È una posizione politica!
MASSIMO D'ALEMA, Vicepresidente del Consiglio dei ministri. Tanto è vero che quando il referendum non raggiunge il quorum sarebbe consentita l'iniziativa parlamentare per cambiare le leggi. Se, invece, ci fosse una volontà popolare espressa, questo sarebbe proibito per un certo numero di anni, come lei sa.
Tuttavia, ciò che il Governo non può fare è imporre il rispetto della legge italiana all'estero.
CARLO GIOVANARDI. Non è vero! Non è così!
PRESIDENTE. Scusate, avrete tempo in sede di replica...
MASSIMO D'ALEMA, Vicepresidente del Consiglio dei ministri. Questo non è nei poteri del nostro Governo. Come è noto, il Governo partecipa alla definizione di un budget complessivo e, pertanto, in tale ambito può accadere che in altri paesi si svolgano ricerche che nel nostro paese non sono svolte o non sono consentite, né noi possiamo pensare di impedire che ciò avvenga.
Questa è la posizione del Governo e credo non si possa chiedere altro al Governo se non, com'è doveroso, di rispettare le leggi del nostro paese, cosa che il Governo intende fare e non mettere in discussione (Commenti).
PRESIDENTE. Il deputato Pedrizzi ha facoltà di replicare.
RICCARDO PEDRIZZI. Io sono assolutamente e completamente insoddisfatto di una risposta speciosa, che si arrampica sugli specchi e che cita addirittura la Costituzione italiana per quanto riguarda il referendum, che prevede il quorum e, quindi, l'astensione come forma di espressione della volontà del popolo elettore. Quindi, a differenza di tutte le leggi e delle altre procedure normative, la Costituzione italiana prevede, appunto, l'astensione dalla votazione. Quell'astensione del 75 per cento mai si era verificata per altri referendum e per altre consultazioni popolari. È stata un'astensione attiva, come la definimmo allora, che ha dato un segnale ed una conferma molto importanti.
Una cosa è certa, signor Vicepresidente del Consiglio: la nostra legislazione e, soprattutto, la volontà del popolo non sono state rispettate, anzi, sono state violate in data 30 maggio allorché il ministro Mussi ha ritirato, con una sua personale iniziativa - altra parte del Governo, altri rappresentanti della sua compagine governativa e della sua maggioranza non hanno condiviso la decisione del ministro Mussi -, il sostegno italiano alla dichiarazione etica sulla ricerca sulle staminali, sottoscritta il 28 novembre 2005, oltre che dall'Italia - glielo ricordo, signor Vicepresidente - da Germania, Polonia, Slovacchia, Austria e Malta. Altri paesi europei hanno assunto il nostro stesso atteggiamento.
I valori della vita, della persona e della famiglia non sono negoziabili, ma nemmeno - voglio ribadirlo con forza, con grande forza - sono in contrasto con la promozione e lo sviluppo della ricerca scientifica, anche quella più qualificata ed avanzata.
PRESIDENTE. La prego...
RICCARDO PEDRIZZI. Ho finito, signor Presidente. Questo soprattutto alle luce delle recenti scoperte della scienza medica, che confermano la notevole importanza delle ricerche condotte sulle cellule staminali adulte, che, a differenza di quelle embrionali, stanno dando risultati importanti ed estremamente soddisfacenti.
La ringrazio per la pazienza, signor Presidente (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)).
(Iniziative del Governo volte a scongiurare l'istituzione, da parte del Governo afgano, di una polizia morale - n. 3-00131)
PRESIDENTE. Il deputato Venier ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00131 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 3).
IACOPO VENIER. Signor Presidente, è giunta la notizia che il Presidente Karzai ha emanato un decreto con cui autorizza la rinascita in Afghanistan della polizia per la prevenzione del peccato, con il compito di vigilare, tra l'altro, sul controllo dell'abbigliamento delle donne e sui programmi radiotelevisivi.
La polizia per la prevenzione del peccato è tristemente nota, perché fu istituita dal regime dei talebani per terrorizzare la popolazione.
Questa notizia si aggiunge ad una serie di fatti gravissimi, come la condanna a morte di un convertito al cristianesimo e la persecuzione della deputata Malalai Joya, minacciata di stupro in pieno Parlamento afghano.
Signor Vicepremier, le chiediamo se il Governo italiano abbia intenzione di intervenire presso il presidente Karzai per esprimere tutta la riprovazione del nostro paese verso decisioni che negano i più basilari diritti di libertà, in particolare, delle donne e della stampa.
PRESIDENTE. Il Vicepresidente del Consiglio dei ministri, Massimo D'Alema, ha facoltà di rispondere.
MASSIMO D'ALEMA, Vicepresidente del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, il Governo afghano effettivamente ha approvato una bozza di provvedimento per il ripristino del dipartimento per la promozione della virtù e la prevenzione del vizio, che dovrebbe essere guidato dal ministro per gli affari religiosi Nematollah Shahrani. Non è, tuttavia, al momento, definito l'ambito di competenze di tale dipartimento che, secondo le dichiarazioni dello stesso Shahrani, si concentrerebbe sulla repressione del consumo di droghe ed alcolici, del crimine e della corruzione.
La bozza di provvedimento dovrà, comunque, essere discussa e approvata dal Parlamento afghano, cui sarà presentata al termine della pausa estiva, e potrà entrare in vigore soltanto una volta ottenuta l'approvazione delle Camere.
Nel caso in cui il provvedimento dovesse entrare in vigore, il Governo italiano, di concerto con i partner europei, non mancherà di vigilare sul rispetto dei diritti umani e delle libertà civili, intervenendo ove necessario presso le autorità afghane e lo stesso Karzai.
Da questo punto di vista, desidero ricordare che, nell'ambito della Commissione dei diritti umani delle Nazioni Unite, l'Italia ha promosso, sin dal 2004, una risoluzione sulla situazione dei diritti umani in Afghanistan. In occasione della sessione della Commissione dei diritti umani del 2005, pur riconoscendosi gli indubbi e sostanziali progressi nel settore delle riforme istituzionali, dei diritti civili e politici e in quello giudiziario, si faceva stato di una serie di gravi violazioni.
In vista della prossima sessione del neocostituito consiglio dei diritti umani, l'Alto commissario per i diritti umani ha predisposto un rapporto sulla situazione in Afghanistan, sottolineando come, nel complesso, il quadro dei diritti umani mostri alcuni progressi, specie in aree importanti, quali il successo rappresentato dalle elezioni parlamentari con la partecipazione della popolazione femminile.
Siamo, comunque, consapevoli che progressi in questo campo non possono imporsi rapidamente. Permangono difficoltà tanto dal punto di vista della sicurezza come da quello del consolidamento di un sistema di governo realmente efficace.
Tuttavia, malgrado innegabili ostacoli, i progressi esistono e vanno sostenuti con forza. In questo spirito l'Italia è impegnata da tempo con un ruolo di primo piano nel settore della riforma della giustizia. Siamo determinati a sviluppare e potenziare il nostro impegno in settori strategici come questo, nella convinzione che ciò contribuisca,Pag. 76fra l'altro, proprio a sensibilizzare le autorità e la popolazione al rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Anche a tal fine, il Governo ha voluto aumentare la dimensione civile del nostro intervento in Afghanistan, con la messa a disposizione di significative risorse finanziarie.
PRESIDENTE. Il deputato Venier ha facoltà di replicare, per due minuti.
IACOPO VENIER. Signor Vicepresidente D'Alema, noi siamo parzialmente soddisfatti per la sua risposta, soprattutto perché ci ha detto che non è stata ancora istituita la polizia morale per la prevenzione del peccato, tristemente nota in Afghanistan, che rappresenta un segnale della continuità di parte del Governo Karzai con i poteri precedenti e che mostra la presenza nelle istituzioni afghane dei signori della guerra, di ex talebani e di una fortissima pressione per il ristabilimento di una violenta repressione nei confronti della stampa e delle donne.
Sono queste le ragioni che ci portano ad esprimere grande preoccupazione per la situazione afghana. Per le stesse ragioni, chiediamo al nostro Governo di accompagnare sempre la denuncia delle violazioni dei diritti umani in Afghanistan alle iniziative che assumerà in sede internazionale per la ridefinizione delle presenze militari e civili della comunità internazionale in questo paese, tema di cui stiamo discutendo in Parlamento in queste ore.
(Misure per contrastare il fenomeno dell'immigrazione clandestina - n. 3-00132)
PRESIDENTE. L'onorevole Bricolo ha facoltà di illustrare l'interrogazione Maroni n. 3-00132 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 4), di cui è cofirmatario.
FEDERICO BRICOLO. Signor Presidente, stiamo assistendo ad una drammatica intensificazione di sbarchi di immigrati clandestini sulle nostre coste.
Solo negli ultimi tre giorni sono stati soccorsi non meno di mille clandestini nelle regioni del sud, in massima parte provenienti dai porti libici. È del tutto evidente che la posizione di questo Governo sull'immigrazione diventa un incentivo per coloro che intendono sfidare la sorte e attraversare il Mediterraneo per entrare nel nostro paese.
Del resto, voi siete l'unico Governo in Europa, compresi quelli di centrosinistra, che ha abbandonato ogni forma di contrasto all'immigrazione clandestina in nome di una politica dell'accoglienza, che non è altro che una resa a un'invasione senza precedenti. Mi sembra evidente il vostro intento: far entrare più immigrati possibili a casa nostra, allo scopo di concedere loro poi il voto per raggiungere quella maggioranza che adesso non avete nel paese.
Chiediamo a questo Governo di cambiare rotta, di intervenire con decisione per contrastare l'afflusso di clandestini e, in particolare, di allestire un efficace dispositivo di sicurezza, tenendo conto anche di quello realizzato dal governo spagnolo del premier Zapatero per difendere le nostre frontiere dalle ondate degli immigrati.
PRESIDENTE. Il Vicepresidente del Consiglio dei ministri ha facoltà di rispondere.
MASSIMO D'ALEMA, Vicepresidente del Consiglio dei ministri. Vorrei rassicurare gli interroganti che vi è una costante attività dei dispositivi di vigilanza e di controllo in mare e che, tuttavia, come già avveniva negli anni scorsi, tale attività non può da sola realizzare un soddisfacente contrasto dell'immigrazione clandestina diretta verso il nostro paese.
È per questo che occorre sviluppare ogni possibile forma di collaborazione con i paesi di origine e di transito dei clandestini. Innanzitutto, ricordo che l'Italia ha sottoscritto 29 accordi di riammissione al fine di conseguire un più agevole rimpatrio o allontanamento degli stranieri rintracciati in posizione irregolare sul territorioPag. 77nazionale, attività che il Governo intende proseguire e che sta proseguendo.
È del tutto evidente, inoltre, che occorre consolidare la cooperazione con i paesi africani e proseguire nell'impegno in favore della Libia (che ha un ruolo cruciale poiché è oggi il paese di transito verso l'Italia della gran parte della immigrazione clandestina), utilizzare le quote d'ingresso attribuendone parte ai paesi che collaborano al contrasto dell'immigrazione clandestina e collaborare con l'Agenzia europea per la gestione operativa delle frontiere esterne, nel cui ambito è stato istituito, a seguito delle decisioni del Consiglio europeo, un gruppo di esperti per lo studio di un sistema integrato delle frontiere marittime, di cui fa parte anche l'Italia.
Vorrei dire poi che, in particolare in queste ultime settimane, si è intensificato un impegno europeo per una cooperazione euroafricana per governare il complesso fenomeno della immigrazione e combattere quella clandestina. Si è tenuto a Rabat un vertice euroafricano per iniziativa della Spagna e del Marocco, a conclusione del quale si è deciso che entro l'anno vi sia una nuova più ampia riunione da tenersi a Tripoli.
La mia convinzione è che l'Europa dovrebbe, in modo più comune, sviluppare una politica dell'immigrazione, una politica dell'accoglienza ed anche, sulla base di criteri comuni, una politica della cooperazione con i paesi di provenienza per prevenire il flusso dei clandestini, anche favorendo processi di sviluppo di quei paesi, una politica di lotta alla immigrazione clandestina e al traffico delle persone.
Siamo alle prese con un grande problema del nostro tempo, che mi pare un po' ridicolo presentare come un complotto del centrosinistra per migliorare la situazione elettorale del nostro paese, con una grande sfida che investe tutti i paesi e che dovrebbe essere oggetto di un impegno comune e non di sterili polemiche di politica interna.
PRESIDENTE. Il deputato Bricolo ha facoltà di replicare.
FEDERICO BRICOLO. Grazie, Presidente. Non mi ritengo assolutamente soddisfatto di questa risposta, ministro D'Alema, vergognosamente ipocrita che, alla fine, non è andata ad affrontare assolutamente il problema.
Da quando siete al Governo, di fatto non fate più rispettare la legge Bossi-Fini: avete bloccato le espulsioni che, grazie soprattutto alla Lega Nord, venivano fatte nella passata legislatura. Ora chi entra nel nostro paese irregolarmente non viene più esplulso, gli è concesso di restarvi liberamente. Dovete però tener conto di una cosa: a nord, in Padania, la gente è stanca, è stufa, e non è più disposta a sopportare nuovi extracomunitari clandestini, marocchini, africani, albanesi, slavi, zingari, nomadi, che vengono nel nostro paese molto spesso per spacciare droga fuori dalle scuole, per sfruttare bambini o prostitute, fare rapine, e rubare nei nostri appartamenti.
Questa gente a casa nostra non la vogliamo; vogliamo e pretendiamo, invece, che gli irregolari vengano di nuovo espulsi!
Per di più, in questi giorni, avete deciso la fuga dalla missione di pace in Iraq. Le nostre coste, come sappiamo, sono un colabrodo: chiunque può accedervi. Ebbene, ora vi chiediamo di usare questi uomini, questi mezzi, questi finanziamenti che si rendono nuovamente disponibili per contrastare chi vuole entrare irregolarmente nel nostro paese. La Spagna di Zapatero già lo fa: nei mesi scorsi, a Ceuta, la Guardia Civil è arrivata all'uso delle armi per contrastare gli immigrati clandestini. Noi non vi chiediamo tanto. Vi chiediamo, però, di affrontare il problema con decisione, di controllare e monitorare le nostre coste con i nostri militari, di impedire alle imbarcazioni cariche di clandestini di entrare nel nostro paese e di costringerle a ritornare da dove sono venute.
È del tutto evidente che ci volete imporre di vivere in una società multietnicaPag. 78e multireligiosa. Noi non siamo in alcun modo disposti ad accettare questo perverso progetto. Noi siamo convinti che la nostra storia, la nostra cultura, la nostra religione, le nostre tradizioni siano beni da difendere a tutti i costi, con decisione e con forza se necessario. In questo modo...
PRESIDENTE. La invito a concludere.
FEDERICO BRICOLO. ... arriveremmo, se le cose non cambieranno, prima o poi, ad uno scontro frontale contro di voi, onorevole D'Alema. E siamo convinti di vincerlo, perché il popolo, la nostra gente, sta dalla nostra parte!
(Iniziative per superare il sistema dei centri di permanenza temporanei - n. 3-00133)
PRESIDENTE. La deputata Provera ha facoltà di illustrare, per un minuto, la sua interrogazione n. 3-00133 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 5).
MARILDE PROVERA. Signor Presidente, signor Vicepresidente del Consiglio, sono in atto, a Torino, opere di allargamento dell'attuale centro di permanenza temporanea di corso Brunelleschi. Tale centro ha una struttura assolutamente inaccettabile ed inadatta ad ospitare - sarebbe meglio dire a «detenere» -, anche solo per un giorno, qualsiasi essere vivente, tanto meno persone. La scusa per il suo allargamento adotta dal prefetto è un miglioramento del centro, che, peraltro, non è possibile, a partire dalla collocazione in pieno centro abitato, che ha visto prese di posizione per la sua chiusura da parte di tutta la popolazione ed anche decisioni in tal senso da parte della circoscrizione (descritte nel testo dell'interrogazione). Peraltro, è di oggi il Libro bianco di parlamentari sui CPTA e l'impegno per il superamento di tali strutture è presente nel programma dell'Unione.
Dunque, l'impiego di tali risorse ad opera prefettizia è quanto meno improvvido ed è uno spreco...
PRESIDENTE. La invito a concludere.
MARILDE PROVERA. ...di energie e di risorse, che vi chiediamo di fermare, in attesa di urgenti provvedimenti per il superamento di tutti i CPT, che vi chiediamo di chiarire. Grazie.
PRESIDENTE. Il Vicepresidente del Consiglio dei ministri ha facoltà di rispondere.
MASSIMO D'ALEMA, Vicepresidente del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, il centro di permanenza temporanea per immigrati di Torino venne aperto nell'aprile del 1999, quando era forte la preoccupazione sociale causata dal repentino aumento dell'immigrazione clandestina nel capoluogo piemontese e nel suo hinterland.
La localizzazione del centro, costruito con prefabbricati e gestito dalla Croce rossa italiana, aveva carattere provvisorio e, quindi, dopo la sua entrata in funzione, il Ministero dell'interno ha più volte tentato di individuare una nuova sede, naturalmente nel rispetto delle competenze degli enti locali interessati. Tuttavia, tali tentativi non hanno avuto successo. Oggi, il centro presenta le problematiche tipiche di una struttura prefabbricata e, anche a causa dei frequenti danneggiamenti operati dagli ospiti, necessita di continui interventi di manutenzione e di ripristino, che il Ministero dell'interno autorizza regolarmente e con tempestività.
Da ultimo, constatata l'impossibilità di individuare una nuova ubicazione, l'amministrazione ha deciso, d'intesa con il comune di Torino, di procedere alla completa ristrutturazione del centro per renderlo più civile ed abitabile.
Per quanto riguarda il superamento del sistema dei CPT, ricordo che il ministro dell'interno ha recentemente nominato un'apposita commissione indipendente, presieduta dall'ambasciatore dell'ONU Staffan dePag. 79Mistura, della quale fanno parte rappresentanti istituzionali ed esponenti dell'associazionismo particolarmente attivi nel settore dei diritti umani e dell'immigrazione. La commissione ha il compito di verificare e valutare le condizioni di tutti i centri attualmente operativi. Questo lavoro dovrà concludersi entro sei mesi ed il rapporto della commissione sarà utilizzato dal Governo per migliorare i centri di permanenza temporanea, gestirli in maniera più aperta ed adeguarli completamente alla loro funzione. Questa - vale la pena di ricordarlo - non è punitiva, ma consiste nel tenere a disposizione delle autorità per un determinato tempo, il più breve possibile, persone che, entrate illegalmente, devono essere identificate, allo scopo di accertare se esse abbiano diritto all'asilo o debbano essere rimpatriate.
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la deputata Provera. Le ricordo che ha due minuti di tempo a disposizione.
MARILDE PROVERA. Signor Presidente, ringrazio il Vicepresidente del Consiglio, ma d'altra parte sono dati noti quelli che ci ha dato in apertura. Mi riferisco alla provvisorietà che doveva avere questo centro, alla ricerca della nuova sede, che se si è dimostrata impossibile, proprio per le caratteristiche delle città. Vorrei sottolineare però soprattutto l'inutilità di tale sede, non solo per quanto è uscito - come dicevo prima - sul Libro bianco oggi - che indica una percentuale del 44,42 per cento delle persone che sono state trattenute nei vari centri e che sono una parte assolutamente minima di ciò che c'è in Italia - , ma anche e soprattutto perché questo centro ha visto passare al suo interno solo l'anno scorso 1500 persone, su 200 mila immigrati che risiedono nella provincia.
Queste 1500 persone, in realtà, provengono anche da altre regioni e da altri siti. Un fallimento della democrazia, quindi, per le condizioni nelle quali è questo centro e nelle quali vivono queste persone detenute illegalmente, perché hanno condizioni peggiori dei detenuti in carcere, oltre ad avere condizioni irricevibili per chiunque. Un fallimento della democrazia, ma un fallimento anche dello scopo per cui erano stati creati.
Vanno chiusi, vanno superati, se si vuole usare questo termine, non solo un po' abbelliti. In particolare, questo centro non è ammodernabile o «imbellettabile». Gli inizi dei lavori che sono stati avviati sono assolutamente insufficienti, proprio perché il centro è collocato in pieno centro cittadino e non consente un miglioramento delle condizioni né di chi è detenuto, né del personale operante nel centro stesso, che lamenta anch'esso forti disagi, né tanto meno dei cittadini che lì attorno vivono.
Invitiamo perciò ad agire per la chiusura di tale centro, ad evitare sprechi di risorse, che sono così poche nel nostro paese in questo periodo, ad utilizzarlo al meglio per risolvere nei fondamenti il problema di una libera e civile convivenza.
(Misure di sostegno a favore delle imprese cooperative - 3-00134)
PRESIDENTE. Il deputato D'Ulizia, al quale ricordo che ha un minuto di tempo a disposizione, ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00134 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 6).
LUCIANO D'ULIZIA. Signor Presidente, onorevole Vicepresidente del Consiglio, gli istituti ricerca e gli organismi costituzionali, come il CNEL - e come istituto di ricerca cito solo il CENSIS -, stabiliscono che il sistema delle imprese cooperative è un sistema di eccellenza, perché creerà quest'anno 103 mila nuovi posti di lavoro, sostanzialmente il 40 per cento della nuova occupazione, darà un contributo dell'8 per cento al PIL nazionale e avrà una funzione di coesione sociale.
Il sistema cooperativo, quindi, assolve ad una funzione anticiclica: mentre l'economia ristagna, l'economia cooperativa sviluppa tutto il suo potenziale.Pag. 80
Chiediamo al Governo, in particolare all'onorevole Vicepresidente D'Alema, che cosa voglia fare il Governo per incrementare ed incoraggiare un fenomeno sociale altamente positivo.
PRESIDENTE. Il Vicepresidente del Consiglio dei ministri ha facoltà di rispondere.
MASSIMO D'ALEMA, Vicepresidente del Consiglio dei ministri. Condivido innanzitutto pienamente il suo giudizio, onorevole D'Ulizia, circa il ruolo che il movimento della cooperazione svolge nel nostro paese ed il grande peso economico e sociale che vi ha. Penso che innanzitutto il Governo intenda valorizzare e difendere questa funzione del movimento cooperativo rispetto ad ingenerosi attacchi, che di tanto in tanto si succedono contro questa grande realtà dell'economia e della società italiana.
Analizzando i dati più recenti si registra che nell'ultimo decennio (dal 1995 al 2005) il numero delle nuove cooperative che sono nate rispetto a quelle che hanno cessato la loro attività segna un incremento di 23.886 imprese cooperative. Il che conferma, nel lungo periodo, la vivacità e la forza di questo settore, che ci appare non già un residuo del passato, ma una realtà economica viva ed in forte espansione. Il Ministero per lo sviluppo economico è ben consapevole di questa realtà e vede con favore la crescita di tale movimento.
Per ciò che riguarda eventuali interventi per riconoscere il positivo ruolo della cooperazione, sembra utile distinguere due piani: quello normativo e quello delle politiche attive. Sul piano normativo riteniamo che il quadro della disciplina delle società cooperative sia sostanzialmente completo: in primo luogo la riforma del diritto societario in vigore dal 1o gennaio 2004 ha riguardato da vicino anche le società cooperative aggiornandone la disciplina e introducendo la distinzione tra cooperative a mutualità prevalente e cooperative a mutualità non prevalente. Inoltre è stato emanato alla fine del 2005 il regolamento che introduce la vigilanza mutualistica anche sulle banche di credito cooperativo a partire dal prossimo 1o gennaio 2007 ed è stata data attuazione al regolamento dell'Unione europea in materia di società cooperative europee in modo che dal prossimo 18 agosto 2006 la società cooperativa europea potrà localizzarsi anche in Italia nel pieno rispetto dei termini temporali previsti dal regolamento stesso. L'ambiente normativo italiano è dunque del tutto idoneo affinché le società cooperative possano crescere di dimensione e svilupparsi ulteriormente.
Sul piano delle politiche attive si ritiene che le attuali agevolazione previste dalla legge in favore delle società cooperative - essenzialmente agevolazioni fiscali e previdenziali - debbano essere mantenute in quanto corrispondenti al dettato costituzionale e in quanto previste a fronte di una serie di divieti nella distribuzione di dividendi a soci, nella ripartizione degli utili e del capitale finale tipici delle società cooperative e non esistenti per altre tipologie di imprese.
Per quanto concerne incentivi e finanziamenti all'attività delle società cooperative, riteniamo che le cooperative, essendo soltanto un modo diverso di fare impresa con finalità mutualistiche e non lucrative, ma pur sempre impresa, debbano essere trattate alla stregua della generalità delle imprese. Difatti le società cooperative possono concorrere al pari delle altre imprese e di quelle lucrative in particolare alla ripartizione delle previdenze ...
PRESIDENTE. La prego di concludere.
MASSIMO D'ALEMA, Vicepresidente del Consiglio dei ministri. ...stabilite dalla legge a favore di soggetti economici.
Occorre dunque mantenere e difendere le prerogative che la legge prevede per le cooperative e considerarle imprese come le altre ai fini della politica di incentivo e di sviluppo.
PRESIDENTE. Il deputato D'Ulizia ha facoltà di replicare, per due minuti.
LUCIANO D'ULIZIA. Ringrazio il Vicepresidente del Consiglio D'Alema e mi dichiaro soddisfatto; credo, però, che il Governo dovrebbe approfondire ulteriormente il fenomeno, ovvero il sistema delle imprese cooperative, in quanto vi sono degli aspetti che non sono stati sufficientemente approfonditi.
In particolare mi riferisco agli aspetti sociali; infatti, là dove la struttura pubblica viene meno - assistenza agli anziani, assistenza ai meno fortunati di noi, assistenza agli emarginati - il sistema delle cooperative sociali surroga la funzione pubblica. Mettere, quindi, alla pari l'impresa cooperativa con l'impresa profit per alcuni aspetti non è da noi accettabile.
Infatti, l'impresa cooperativa pur rimanendo impresa assolve ad una funzione che sarebbe demandata al pubblico, allo Stato.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
LUCIANO D'ULIZIA. Chiediamo quindi pur dichiarandoci soddisfatti, che il Governo approfondisca la funzione cooperativa ed esalti quella parte di cooperazione che ha anche un risvolto di tipo umano.
PRESIDENTE. La prego...
LUCIANO D'ULIZIA. È, infatti, diverso per gli anziani, per i meno fortunati di noi avere un'impresa cooperativa, un'impresa sociale che li assiste e che attraverso i propri volontari fa sentire l'afflato e la solidarietà.
Quindi, la ringrazio ed invito il Governo ad approfondire gli aspetti sottolineati.
PRESIDENTE. Invito gli interroganti ed il ministro che replica a mantenersi nei tempi stabiliti, dato che abbiamo la ripresa televisiva in diretta cui mantenere fede.
(Apposizione del segreto di Stato su atti concernenti la vicenda del sequestro di Abu Omar - n. 3-00135)
PRESIDENTE. La deputata De Zulueta ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00135 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 7).
TANA DE ZULUETA. Signor Presidente, il 27 giugno ho partecipato alla votazione dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa sulle prigioni segrete della CIA in Europa e sulla politica delle extraordinary rendition, i sequestri utilizzati per portare in altri luoghi persone sospettate di terrorismo.
In questa sede è stata approvata a larga maggioranza una raccomandazione ai Governi membri di indagare a fondo sui casi che si fossero verificati nei loro paesi. Uno di questi, il sequestro di Abu Omar, è avvenuto in Italia.
Pertanto, penso che l'opposizione del segreto di Stato ad un'eventuale indagine non farebbe altro che ostacolare la piena luce e la ricerca della verità su un episodio che è tra i più deprecabili, ma anche uno dei meglio documentati in materia di extraordinary rendition.
PRESIDENTE. Il Vicepresidente del Consiglio dei ministri, Massimo D'Alema, ha facoltà di rispondere.
MASSIMO D'ALEMA, Vicepresidente del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, innanzitutto vorrei ricordare che la normativa in materia di segreto di Stato prevede procedure molto precise che escludono la possibilità che il Governo possa annunciare le sue determinazioni in un dibattito in Assemblea. Infatti, è previsto il controllo dello specifico Comitato parlamentare (il COPACO) e, per di più, in questo caso, si tratta di una vicenda che afferisce a rapporti tra il Governo e l'autorità giudiziaria, nel corso di un'indagine aperta rispetto alla quale esistono particolariPag. 82ragioni di riservatezza. Quindi, senza entrare nel dettaglio delle questioni proposte, posso limitarmi ad indicare un indirizzo generale.
Il Governo intende collaborare con la magistratura nel pieno accertamento dello svolgimento dei fatti che hanno interessato il nostro paese, perché abbiamo interesse a conoscere la verità e che sia fatta giustizia. Naturalmente, sarà anche cura del Governo, nel liberare i funzionari dei servizi segreti dall'obbligo - perché per essi è un obbligo - di rispettare il segreto di Stato, di farlo in modo da evitare divulgazione di notizie, la cui pubblicità possa arrecare grave nocumento al funzionamento dei servizi e, dunque, alla sicurezza del paese.
In questo caso, dobbiamo muoverci lungo un difficile ma possibile equilibrio tra l'esigenza di conoscere la verità e l'esigenza di evitare uno smantellamento di strutture (basti pensare alla vicenda della liberazione di Giuliana Sgrena) che, in questi anni, hanno servito il paese in modo efficace, contribuendo a difenderlo dal terrorismo.
PRESIDENTE. La deputata De Zulueta ha facoltà di replicare.
TANA DE ZULUETA. Nella mia interrogazione ho chiesto al Governo in che modo intenda dare seguito alla raccomandazione del Consiglio d'Europa che, essendo stata votata con più di due terzi dei componenti l'Assemblea, è vincolante. In tale raccomandazione, i paesi nei quali deprecabili episodi hanno avuto luogo sono impegnati a compensare ed a chiedere scusa alle vittime di tali atti. Il cittadino Abu Omar è attualmente in prigione in Egitto e, che io sappia, l'Italia non ha mosso alcun passo per farlo ritornare nel nostro paese dove era sotto inchiesta penale per reati.
Occorre ricordare che il sequestro di Abu Omar ha danneggiato un'indagine in corso contro il terrorismo internazionale e, pertanto, si è rivelato controproducente. Questo sequestro è stato operato, secondo le notizie a nostra conoscenza e che sono state rese disponibili al relatore del Consiglio d'Europa, da agenti della CIA, i servizi segreti americani, con l'ausilio, fin qui apparentemente accertato, di qualche ufficiale dei servizi segreti italiani. Questi ufficiali hanno danneggiato un'indagine contro il terrorismo, non contribuendo alla lotta al terrorismo.
Per questo motivo ritengo che ci vorrebbe una maggiore rapidità nella reazione del Governo al segreto opposto da Nicolò Pollari, comandante del Sismi, e soprattutto maggiore chiarezza riguardo alle attività del Sismi stesso che, secondo notizie di stampa non smentite, ha anche operato a danno della libera stampa, pubblicando notizie false.
(Ipotesi di intervento di una forza di interposizione ONU nel sud del Libano - n. 3-00136)
PRESIDENTE. Il deputato Turci, al quale ricordo che ha un minuto di tempo a disposizione, ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00136 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 8).
LANFRANCO TURCI. Signor Presidente, signor Vicepresidente del Consiglio, devo darle atto che, dal momento che questa interrogazione è stata scritta in precedenza, nella sua relazione di ieri ella ha già inquadrato in modo chiaro, almeno per alcuni aspetti, le questioni sollevate nel nostro atto, in particolare per quanto riguarda il «cessate il fuoco» che potrebbe intervenire solo dopo la liberazione dei militari sequestrati. La questione che devo sottoporre è il rapporto tra eventuali interposizione di forze dell'ONU e la liberazione della zona sud del Libano dalla presenza delle milizie Hezbollah, dal momento che esiste già una precedente risoluzione dell'ONU che non è mai stata applicata. È chiaro che se non ci fosse questa garanzia la missione dell'ONU, probabilmente, incontrerebbe difficoltà insormontabili, ma è chiaro anche che se questa fosse la garanzia dobbiamo pensarePag. 83ad una missione dell'ONU fortemente impegnata sul terreno militare perché, certo, i miliziani Hezbollah non si fanno scoraggiare semplicemente da qualche moral suasion.
PRESIDENTE. Il Vicepresidente del Consiglio dei ministri, Massimo D'Alema, ha facoltà di rispondere.
MASSIMO D'ALEMA, Vicepresidente del Consiglio dei ministri. Vorrei, innanzitutto, cogliere l'occasione per tornare ad insistere, anche alla luce delle notizie che si susseguono, sulla grande preoccupazione con cui il Governo segue l'evolversi del conflitto nel Medio Oriente, un conflitto di fronte al quale ribadiamo i cardini della nostra posizione. Mi riferisco al riconoscimento della legittimità della reazione di Israele agli attacchi terroristici che ha subito e, nello stesso tempo, tuttavia, all'invito ad un'azione proporzionata, all'appello ad una moderazione che si rende sempre più necessaria di fronte alla crescita delle vittime civili, delle distruzioni ed al rischio di una completa destabilizzazione del Libano. Dico questo perché l'equilibrio di tale posizione, che non è un'invenzione del Governo italiano, ma il senso della posizione europea, sembra essere particolarmente incomprensibile nel nostro paese, l'unico paese europeo nel quale l'appello alla moderazione di fronte ai bombardamenti suscita polemiche sul cui significato e sulla cui origine non c'è che da rimanere perplessi. Detto questo, noi abbiamo raccolto l'ipotesi, affacciata nella dichiarazione conclusiva del G8, di un impegno delle Nazioni Unite nel sud del Libano per una vera e propria forza di interposizione - quindi, un qualcosa di molto diverso rispetto alla missione di monitoraggio che si è svolta sin qui -, una forza militare consistente, con un nuovo mandato delle Nazioni Unite a far rispettare la risoluzione n. 1559.
Questo è il senso dell'iniziativa di cui si discute in questo momento, un'iniziativa volta a garantire, nello stesso tempo, la sicurezza di Israele e l'integrità territoriale e la sovranità del Libano. Un'iniziativa che comporta, naturalmente, che vi si arrivi dopo il «cessate il fuoco» e con l'intesa delle parti interessate. In queste ultime ore si registra qualche significativa apertura da parte del Governo israeliano. Anche nel corso dell'incontro proprio di qualche ora fa tra il rappresentante dell'Unione europea, Javier Solana, e il ministro degli esteri israeliano qualche ipotesi di questo tipo si è affacciata. C'è qualche apertura anche da parte libanese; l'Europa - lo speriamo e siamo convinti - farà il suo dovere nell'ipotesi di una missione delle Nazioni Unite e torniamo a sottolineare la disponibilità italiana.
In questo momento una simile proposta può, forse, aiutare la cessazione delle ostilità, nel momento in cui, lo ripeto, tali ostilità destano in noi via via preoccupazione ed angoscia per l'aumento delle vittime civili e delle distruzioni.
PRESIDENTE. Il deputato Turci ha facoltà di replicare, per due minuti.
LANFRANCO TURCI. Ringrazio il Vicepresidente D'Alema e prendo atto con soddisfazione della conferma del carattere forte che dovrebbe avere questa missione dell'ONU, a cui l'Italia giustamente è pronta a partecipare. Forte nel senso che dovrebbe dare attuazione alla risoluzione n. 1559 e, quindi, inevitabilmente scontrarsi con le resistenze, certo non facili, che gli Hezbollah e i loro alleati in qualche modo contrapporrebbero ad una tale iniziativa.
A proposito della polemica sulla moderazione dei bombardamenti, premesso che i bombardamenti non sono mai un'azione di per sé raccomandabile, vorrei sottolineare che è difficile trovare la misura della proporzionalità di iniziative militari ancor più di bombardamenti. Una cosa è certa, l'analisi che lei stesso ci ha proposto ieri lascia intravedere con nettezza un asse che, da un lato, ha il limite degli Hezbollah come capo estremo e, dall'altro, la Siria e l'Iran.
Quindi, l'intervento, oggi quello di Israele o domani di «pacificazione» dell'ONU, deve comunque colpire in qualche modoPag. 84questo asse, deve indebolirlo, deve metterlo in condizione di non nuocere, altrimenti resteremmo in un campo di buoni propositi che ci condurrebbero in tempi brevi a situazioni più gravi di quelle con cui ci misuriamo in questo momento.
(Riconoscimento della legittima istituzione di tutte le otto province sarde - n. 3-00130)
PRESIDENTE. Il deputato Satta ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00130 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 9), per un minuto.
ANTONIO SATTA. Presidente D'Alema, mi dispiace riportarla dai vertici dell'ONU, della Nato e della politica internazionale ad alcuni problemi terreni di casa nostra, ma questa è una vicenda italiana singolare.
MASSIMO D'ALEMA, Vicepresidente del Consiglio dei ministri. Fortunatamente, in Sardegna non si spara!
ANTONIO SATTA. Avviene che, a distanza di molti anni dall'istituzione delle quattro nuove province in Sardegna, per il Ministero dell'interno questo non sarebbe avvenuto. Pare che per il Ministero dell'interno ciò sia, quantomeno, un fatto interno della regione Sardegna, che la rende giuridicamente incapace di avere rapporti istituzionali con lo Stato. Tutto nasce dalla vicenda del personale del servizio escavazione porti chiusi, che era dello Stato, personale trasferito provvisoriamente al comune di Olbia, in attesa di essere trasferito alla provincia con un decreto del Presidente del Consiglio. Tutti i pareri sono forniti dai ministeri interessati, tranne che dal Ministero dell'interno. Qual è la motivazione?
PRESIDENTE. La prego di concludere.
ANTONIO SATTA. La rende nota addirittura l'assessore regionale alla riforma, dove si dice che la provincia di Olbia, essendo stata costituita non con legge statale, ma solo con legge regionale, ed avendo conseguentemente rilevanza all'interno della regione sardegna (scritto minuscolo), non potrebbe avere titolo a ricevere dallo Stato le citate competenze economiche.
Auspico che il Governo a ciò voglia porre rimedio.
PRESIDENTE. Il Vicepresidente del Consiglio dei ministri, Massimo D'Alema, ha facoltà di rispondere.
MASSIMO D'ALEMA, Vicepresidente del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, i problemi connessi al funzionamento delle nuove province della Sardegna sono già all'attenzione del Governo che considera attentamente i disagi e le incertezze che possono derivare ai cittadini dall'attuale situazione. Ciò, anche perché, nelle province di nuova istituzione, vi è una diversa collocazione dei comuni rispetto alle circoscrizioni statali.
L'articolo 11 della legge regionale prevede che le amministrazioni delle province preesistenti trasferiscano alle province di nuova istituzione personale, beni, strumenti e risorse finanziarie adeguati. Tali operazioni avrebbero dovuto essere poste in essere dai commissari regionali appositamente nominati entro il termine perentorio di 45 giorni; successivamente, il comma 30 dell'articolo 20 della legge regionale n. 4 dell'11 maggio 2006 ha autorizzato l'amministrazione regionale a concedere contributi a favore delle province che, sulla base di intese sottoscritte entro il 31 dicembre 2006, dispongano il trasferimento di personale a favore delle province di nuova istituzione.
Quanto alle risorse finanziarie - e questa mi pare la questione cruciale -, l'attuale normativa sui trasferimenti erariali può essere applicata solo alle province istituite a suo tempo con legge statale. Per poter attribuire alle quattro nuove province sarde tali risorse, occorre procedere ad un'intesa con la regione Sardegna e gli enti locali interessati perPag. 85mettere a punto una norma di legge specificamente volta a disciplinare la ripartizione dei trasferimenti statali in questione tra province madri e quelle di nuova istituzione. Per la soluzione di tale complesso problema - che, appunto, ha il suo fondamento in una carenza legislativa - si è costituito, presso il dipartimento della funzione pubblica, un tavolo tecnico che sta affrontando la questione della piena operatività e del mancato trasferimento di personale alle province di nuova istituzione. Al tavolo, nel quale il Governo è presente attraverso i sottosegretari di Stato per le riforme, l'innovazione, la pubblica amministrazione, l'interno e l'economia e le finanze, sono stati convocati anche i presidenti delle nuove province. Un primo incontro si è svolto il 12 luglio scorso; sono stati affrontati già alcuni problemi ed il Governo intende continuare a lavorare con solerzia per affrontare le questioni e colmare il vuoto legislativo che impedisce una piena soluzione.
Quanto, poi, alla specifica questione dell'assegnazione del personale in servizio presso il nucleo operativo del servizio escavazione porti di Olbia agli enti locali, la direzione del personale dell'ex Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha richiesto la proroga, fino al 31 dicembre 2007, del protocollo di intesa stipulato con il comune di Olbia, in attesa di potere emanare il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che darà definitiva e stabile collocazione al personale provvisoriamente allocato presso l'amministrazione comunale.
PRESIDENTE. L'onorevole Satta ha facoltà di replicare, per due minuti.
ANTONIO SATTA. Presidente D'Alema, per certi versi mi ritengo soddisfatto; però, voglio far notare un aspetto della questione.
La regione sarda istituisce le province perché, in base alla statuto, ne ha la competenza giuridica, così come avviene per la regione Sicilia; analogamente avviene per i comuni che, quindi, ricevono poi automaticamente dallo Stato tutte le relative risorse stanziate nel bilancio. Quindi, non si capisce perché, per le province, che costituiscono un caso simile a quello dei comuni in quanto la competenza è analoga, si debba ricorrere ad una nuova legge con un prolungamento dei tempi senza che si dia certezza del diritto agli enti stessi. Enti provvisti del riconoscimento giuridico, uguali alle province che prima istituiva lo Stato.
Quindi, è davvero singolare tale disparità di trattamento tra enti locali che hanno le stesse e identiche capacità giuridiche; per questo il problema si è posto e noi auspichiamo che il tavolo di lavoro cui faceva riferimento il presidente D'Alema porti ad un risultato in tempi molto rapidi.
(Iniziative normative in tema di intercettazioni telefoniche - n. 3-00137)
PRESIDENTE. L'onorevole Barani ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00137 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 10), per un minuto.
LUCIO BARANI. Signor Presidente, signor Vicepresidente del Consiglio dei ministri, il dilagare incontrollato di intercettazioni telefoniche pubblicate dai mass media ha ormai raggiunto livelli tali da poter essere definito un sistema diffuso di illegalità istituzionale, sostenuto dalla collusione tra magistratura e giornalismo. La vicenda di «calciopoli», con sentenze pubblicate in anteprima da La Gazzetta dello Sport, le password degli uffici giudiziari in mano ai giornalisti, come denunciato dal ministro dell'interno, il continuo linciaggio pubblico di persone, che spesso non sono nemmeno indagate, il fatto che venga pubblicato continuamente in modo arbitrario ciò che non può essere reso pubblico mettono in dubbio il fondamento stesso della democrazia e della libertà in Italia.
Come afferma l'onorevole Paolo Cirino Pomicino, da tempo c'è in Italia un uso delle intercettazioni telefoniche anomaloPag. 86per quantità, pubblicazione ed omissioni, fenomeni che rappresentano tutti insieme una grande questione democratica. Le Camere non possono non dare alla società nazionale un'oggettiva raccolta di informazioni e un'altrettanto oggettiva valutazione indicando eventuali possibili rimedi.
Secondo il sottoscritto, da troppo tempo ormai viene stravolto il concetto stesso di giustizia, con esponenti della magistratura inseriti in un sistema di illegalità costituito dall'abuso quantitativo e temporale di uno strumento investigativo eccezionale, che permette e alimenta il linciaggio pubblico. Chiediamo, quindi, al Governo che cosa intenda fare.
PRESIDENTE. Il Vicepresidente del Consiglio dei ministri, Massimo D'Alema, ha facoltà di rispondere.
MASSIMO D'ALEMA, Vicepresidente del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, condivido la preoccupazione espressa dall'onorevole interrogante. Penso anch'io che abbiamo avuto episodi abbastanza intollerabili di violazione dei diritti delle persone attraverso la pubblicazione di atti coperti da segreto e la divulgazione di brani di conversazioni telefoniche di persone estranee alle indagini. E ciò è avvenuto senza possibilità di difesa da parte delle persone e, quindi, con grave turbamento della vita di molti cittadini italiani e delle loro famiglie. Per questi motivi ritengo che si debba agire contro questo abuso.
Il ministro della giustizia sta elaborando l'ultimazione di un disegno di legge per la modifica della disciplina processuale delle intercettazioni che sarà presentato nei prossimi giorni. Spero che su tale disegno di legge si possa registrare un consenso parlamentare ampio. Si tratta di un provvedimento che, pur confermando la necessità di un indispensabile mezzo di ricerca della prova, prevede che siano utilizzabili processualmente soltanto le conversazioni intercettate ed effettivamente rilevanti ai fini probatori. Esso introduce, inoltre, adeguate sanzioni per il caso di pubblicazione illegittima di atti coperti dal segreto di indagine dando così attuazione alla legge sulla privacy e ponendosi in sintonia con le iniziative assunte anche dall'ufficio del Garante.
PRESIDENTE. Il deputato Barani ha facoltà di replicare.
LUCIO BARANI. Signor Vicepresidente del Consiglio dei ministri, mi ritengo ovviamente soddisfatto della sua risposta ma ciò non toglie che vi sia preoccupazione di fronte a questi fenomeni di chiara collusione tra il potere mediatico (la TV, la radio e giornali) e il potere giudiziario. Siamo preoccupati perché abbiamo paura che questo potere sia quello che si sceglie i politici, le amministrazioni, che gestisce l'economia e, soprattutto, le banche.
Per tutti questi motivi, chiediamo con forza l'istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno delle intercettazioni telefoniche in modo che il Parlamento possa dare risposte certe in tempi rapidi all'opinione pubblica sulle violazioni delle libertà personali causate dall'abuso giuridico di tale strumento, essenziale per le indagini giudiziarie, e dalla pubblicazione illegale delle medesime.
(Iniziative per contrastare il fenomeno della diffusione dei contenuti di intercettazioni telefoniche - n. 3-00138)
PRESIDENTE. L'onorevole Santelli ha facoltà di illustrare l'interrogazione Elio Vito n. 3-00138 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 11), di cui è cofirmataria.
JOLE SANTELLI. Signor Presidente, prendo atto della risposta che il Vicepresidente del Consiglio dei ministri ha dato all'interrogazione del collega Barani. Aggiungo, tuttavia, alcune considerazioni.
In primo luogo, nonostante l'estrema gravità e l'eccezionalità dello strumento delle « investigazioni telefoniche» in Italia siamo passati dai 15 mila decreti del 1992 ai 178.154 del 2005. Tale strumento è, quindi, importante.Pag. 87
Teniamo conto che negli Stati Uniti d'America sono 1.190. Quindi, forse, c'è un uso ulteriore rispetto all'eccezionalità che la legge riserva.
Per quanto riguarda le fughe di notizie, lo strumento sostanziale delle intercettazioni telefoniche è utilizzato come nuova gogna mediatica su cui far finire non solo l'indagato, ma anche terze persone estranee ai fatti. Purtroppo, le indagini della magistratura spesso prontamente aperte sono finite quasi sempre nel nulla.
Io chiederei al Vicepresidente del Consiglio, oltre agli impegni sul disegno di legge, se è previsto o s'intende prevedere qualche norma sulla limitazione dell'uso - o perlomeno sul suo controllo - e, in secondo luogo, se sono state previste ispezioni ministeriali per accertare cosa accada in relazione ai cosiddetti rapporti impropri tra procura e giornalisti, denunciati dal Ministero dell'interno.
PRESIDENTE. Il Vicepresidente del Consiglio dei ministri, Massimo D'Alema, ha facoltà di rispondere.
MASSIMO D'ALEMA, Vicepresidente del Consiglio dei ministri. Ribadendo che l'intera materia sarà oggetto di un disegno di legge - e quindi ci sarà su questo un ampio confronto parlamentare - volto a precisare e limitare la possibilità di ricorso a questo delicato strumento d'indagine e, nello stesso tempo, anche a rafforzare il sistema sanzionatorio nei casi di divulgazione e di diffusione indebita di questi materiali, con danno per la dignità delle persone, ritengo che si debba sottolineare che già oggi la pubblicazione di atti segreti è un reato, ai sensi dell'articolo 684 del codice penale. Oltretutto, questo è un reato ancora più grave in caso di violazione del segreto delle indagini, punito dall'articolo 326 del codice penale.
Non c'è dubbio che bisogna lamentare che il perseguimento di tali violazioni da parte della magistratura non sempre avviene in modo efficace e puntuale. Bisogna evidenziare che, allorché è stato ritenuto necessario, il ministro della giustizia si è avvalso dei poteri ispettivi che gli competono, delegando all'ispettorato generale indagini conoscitive finalizzate a verificare la regolarità delle procedure con le quali sono state effettuate intercettazioni telefoniche successivamente divulgate alla stampa.
Credo che, tuttavia, una discussione più approfondita sull'uso anche dello strumento ispettivo meriterà di essere condotta con il ministro della giustizia e non quindi con il Vicepresidente del Consiglio, che non ha poteri in materia.
Non posso che ribadire l'auspicio che su tale delicata questione si possa trovare un'intesa ampia in Parlamento per una normativa più efficace e che garantisca un grado maggiore di civiltà e di rispetto delle persone nel nostro paese.
PRESIDENTE. Il deputato Pecorella, cofirmatario dell'interrogazione, ha facoltà di replicare.
GAETANO PECORELLA. Signor Vicepresidente del Consiglio, non possiamo non prendere atto delle buone intenzioni che ella ha espresso, ma non possiamo essere soddisfatti di ciò che è accaduto fino ad oggi, perché i dati che ci ha fornito sono assolutamente carenti. Non siamo assolutamente in grado di sapere se vi sono procedimenti in corso e quali essi siano.
Ci pare che questa materia venga trattata come se fosse una delle molte questioni di cui si deve occupare il Governo, che ha ritenuto di intervenire con decreti-legge in materie che avevano certamente ragioni di urgenza assai minori. Noi crediamo che qui si tratti, viceversa, di mettere in discussione l'essenza stessa della democrazia. Lei sa bene, onorevole D'Alema, che la democrazia non consiste nei numeri che prevalgono, ma nel sapere garantire i diritti fondamentali delle persone che vivono in una società. Ebbene, in una società nella quale non è consentito parlare con amici se non anche con amanti, con il rischio di vedersi pubblicati sui giornali, credo che i diritti fondamentali, cioè il diritto ad essere lasciati soli, come dicono gli anglosassoni, il diritto allaPag. 88riservatezza e alla propria onorabilità, non siano in alcun modo garantiti. Soprattutto, questo fenomeno del «grande orecchio» e della violazione della privacy si è allargato progressivamente giorno per giorno. Credo che lei conoscerà il pensiero di un grande studioso americano il quale afferma che è più probabile che il popolo sia privato della propria libertà da graduali e silenziosi abusi di chi detiene il potere piuttosto che da una repentina e violenta usurpazione. Ebbene, ciò che Madison ha pensato noi lo vediamo realizzarsi progressivamente, oggi, nel nostro paese. Noi chiederemmo a questo Governo un intervento rapido ed efficace, per constatare chi possa essere l'autore di queste violazioni.
PRESIDENTE. Onorevole Pecorella...
GAETANO PECORELLA. A noi pare che un provvedimento immediato, anche nella forma del decreto-legge, sarebbe estremamente opportuno (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).
(Iniziative per evitare l'emergenza nel rifornimento del gas e nel funzionamento del sistema energetico - n. 3-00139)
PRESIDENTE. L'onorevole Ruggeri ha facoltà di illustrare l'interrogazione Quartiani n. 3-00139 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 12), di cui è cofirmatario.
RUGGERO RUGGERI. Innanzitutto, signor Vicepresidente del Consiglio dei ministri, colgo l'occasione per dirle che mi fa personalmente piacere rivederla tra i banchi del Governo.
La questione che le poniamo riguarda l'approvvigionamento del gas naturale per affrontare le emergenze invernali. Le domando che cosa abbia in programma di fare il nostro Governo per affrontare le criticità del sistema, costituite dalla sottocapacità di stoccaggio e anche dal mancato potenziamento dei gasdotti internazionali.
PRESIDENTE. Il Vicepresidente del Consiglio dei ministri, Massimo D'Alema, ha facoltà di rispondere.
MASSIMO D'ALEMA, Vicepresidente del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, la materia è davvero importante e il Governo intende fare molte cose. Perciò, dovrei chiedere scusa perché è necessario un certo tempo per esporle. Si tratta, infatti, di affrontare un delicato problema da cui dipende anche la sicurezza energetica del paese e il riscaldamento delle famiglie italiane.
Il Governo si è attivato con grande anticipo per valutare gli scenari della domanda e dell'offerta di gas per il prossimo periodo invernale e per esaminare i possibili rischi del sistema nazionale del gas. Le diverse ipotesi sono state oggetto di riunioni dell'apposito comitato tecnico di emergenza e monitoraggio del sistema del gas naturale istituito presso la Direzione energie e risorse minerarie del Ministero dello sviluppo economico e sono state rese pubbliche nel corso di una conferenza stampa che si è svolta il 22 giugno 2006. È stata individuata una serie di misure sia per la soluzione strutturale delle situazioni di emergenza del sistema gas sia per affrontare nuove possibili situazioni di emergenza per i prossimi due inverni. Si ritiene infatti che, a partire dall'ottobre 2008, l'entrata in esercizio dei potenziamenti dei gasdotti di approvvigionamento dalla Russia e dall'Algeria e del terminale di rigassificazione di GNL al largo delle coste adriatiche dovrebbe garantire un livello di approvvigionamento sufficiente a riequilibrare, per alcuni anni, i margini di sicurezza del sistema. Quindi, prevediamo che, sostanzialmente, ci sia una emergenza sino alla fine del 2008.
L'elenco delle misure di tipo strutturale è stato anch'esso reso noto e consiste in un piano per incrementare le disponibilità di stoccaggio comprendente l'incentivo ad effettuare investimenti in nuovi stoccaggi di gas mediante l'emanazione di una disciplina per il rilascio ai soggetti che investono in nuove capacità di stoccaggio di una esenzione parziale dall'obbligo di accessoPag. 89di terzi alle capacità di stoccaggio realizzate. In secondo luogo, è prevista l'attuazione dei programmi per l'aumento delle capacità di stoccaggio dei giacimenti già impiegati a tale scopo. In terzo luogo, l'accelerazione della realizzazione di nuovi campi di stoccaggio che dovranno essere operativi dal 2009.
Inoltre, vi è un piano per incrementare le immissioni di gas in rete, comprendente azioni del Ministero dello sviluppo economico e dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas per accelerare il potenziamento dei gasdotti di importazione di gas dall'estero, la promozione della realizzazione di nuovi terminali di rigassificazione e la promozione dello sviluppo di nuovi gasdotti di interconnessione con la Grecia, per l'importazione di gas dall'area del Caspio attraverso la Turchia (progetto IGI), e con l'Algeria (progetto GALSI).
Sono altresì previste misure per aumentare la sicurezza del sistema del gas consistenti nella emanazione del decreto legislativo per il completo recepimento della direttiva europea n. 67 del 2004 sulla sicurezza degli approvvigionamenti mediante la delega contenuta nel disegno di legge approvato dal Consiglio dei ministri il 9 giugno 2006 e attualmente all'esame del Parlamento. Infine, l'adozione di piani di emergenza gas coordinati a livello europeo.
Tali misure si inquadrano nella politica del Governo per accrescere la sicurezza degli approvvigionamenti a lungo termine.
PRESIDENTE. Vicepresidente del Consiglio, dovrebbe concludere.
MASSIMO D'ALEMA, Vicepresidente del Consiglio dei ministri. A ciò seguirebbe - dico seguirebbe perché il Presidente, giustamente, mi richiama - una dettagliata indicazione delle politiche di lungo termine che il Governo intende condurre che, chiedendo scusa agli interroganti, trasmetto loro, in modo che abbiano attraverso la lettura una più completa soddisfazione, senza interferire drammaticamente con lo svolgimento delle dichiarazioni di voto sul disegno di legge relativo alle missioni internazionali.
PRESIDENTE. Il deputato Quartiani ha facoltà di replicare.
ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, signor Vicepresidente del Consiglio, la sua risposta all'interrogazione presentata dal gruppo dell'Ulivo ci rassicura sul fatto che il Governo italiano si sta adoperando per affrontare l'emergenza gas per i prossimi inverni, diversamente da quanto fece il Governo di centrodestra lo scorso anno. Allora, l'esecutivo fece ricorso a due decreti-legge che costarono al paese - attraverso le bollette pagate dalle famiglie e dalle aziende italiane - più di 400 milioni di euro.
Oggi prendiamo atto - e di ciò siamo soddisfatti - che il Governo è in campo per prevenire gli effetti di una diminuzione della capacità di afflusso di gas russo in Italia. L'impegno dell'esecutivo è importante non solo per garantire la disponibilità del gas per usi civili o per il riscaldamento, ma anche per il fatto che, essendo l'energia elettrica in Italia prodotta per il 60 per cento con il gas metano, viene così garantita la continuità del servizio elettrico per i consumatori oltre al contenimento dei costi dell'energia a favore delle famiglie e delle aziende italiane.
Pertanto, siamo certi che, se procederà il processo di liberalizzazione dei servizi, se si potenzieranno i gasdotti internazionali, se aumenterà la capacità di stoccaggio, se si potenzieranno le reti e le infrastrutture - tra le quali i rigassificatori per il trasporto di gas -, nel nostro paese sarà garantito il regolare funzionamento del sistema energetico.
(Decorrenza della nuova normativa fiscale sulle cessioni di immobili - n. 3-00140)
PRESIDENTE. Il deputato Zeller ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00140 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 13).
KARL ZELLER. Il decreto-legge n. 223 del 2006 - il cosiddetto decreto Bersani - è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 4 luglio.Pag. 90
Com'è noto, in tale decreto è stato stabilito un nuovo e diverso regime per la trattazione fiscale della cessione di immobili. Il problema nasce dal fatto che la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale è avvenuta solo nella tarda serata del 4 luglio.
Pertanto, chiediamo quali misure il Governo intenda adottare - ad esempio, attraverso uno strumento interpretativo - al fine di chiarire come si debba procedere nei confronti di coloro che hanno perfezionato i contratti nella mattinata e nel pomeriggio del 4 luglio, fidandosi dell'applicazione del regime previgente.
PRESIDENTE. Il Vicepresidente del Consiglio dei ministri, Massimo D'Alema, ha facoltà di rispondere.
MASSIMO D'ALEMA, Vicepresidente del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, il Governo sarà brevissimo.
Innanzitutto, la ringrazio. Sono in grado di comunicare che il Governo intende esprimere un parere favorevole su un suo emendamento all'articolo 41 del disegno di legge n. 741, che chiarisce la questione e che risolve questo inconveniente. Quindi, credo che, con il suo emendamento, la questione si risolva positivamente.
PRESIDENTE. La ringrazio, Vicepresidente del Consiglio, per tutte le risposte fornite alle interrogazioni presentate.
Il deputato Zeller, al quale ricordo che ha due minuti di tempo a disposizione, ha facoltà di replicare.
KARL ZELLER. Signor Presidente, ringrazio il Vicepresidente del Consiglio e mi dichiaro totalmente soddisfatto della sua risposta.
PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.
Proclamazione di un deputato subentrante.
PRESIDENTE. Comunico che, resosi vacante un seggio attribuito alla lista n. 11 - Lega Nord-Movimento per l'Autonomia nella XXV circoscrizione (Sicilia 2), a seguito della cessazione dal mandato parlamentare del deputato Nicola Leanza, di cui la Camera ha preso atto nella seduta odierna, la Giunta delle elezioni - ai sensi dell'articolo 86, comma 1, del testo unico delle leggi per l'elezione della Camera dei deputati, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361 - ha accertato che il candidato che nella stessa lista, nell'ambito della medesima circoscrizione, segue immediatamente l'ultimo degli eletti nell'ordine progressivo di lista risulta essere Sebastiano Neri.
Do atto alla Giunta di questa comunicazione e proclamo quindi deputato, a norma dell'articolo 17-bis, comma 3, del regolamento, nella XXV circoscrizione (Sicilia 2), Sebastiano Neri.
Si intende che da oggi decorre il termine di 20 giorni per la presentazione di eventuali ricorsi.
Modifica nella composizione di un gruppo parlamentare.
PRESIDENTE. Comunico che il deputato Sebastiano Neri, proclamato in data odierna, ha dichiarato di aderire alla componente politica MpA-Movimento per l'Autonomia costituita all'interno del gruppo parlamentare Misto.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 16,40, con le dichiarazioni di voto finale sul disegno di legge in materia di missioni internazionali per le quali è prevista la ripresa televisiva diretta.
La seduta, sospesa alle 16,30, è ripresa alle 16,40.
Pag. 91Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, i deputati Albonetti, Boco, Brugger, Capezzone, Cento, Chiti, Duilio, Folena, Galante, Lanzillotta, Maroni, Migliore, Mura, Oliva, Piscitello, Pisicchio, Ranieri e Violante sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati complessivamente in missione sono quarantasei, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Votazione finale del disegno di legge: Disposizioni per la partecipazione italiana a missioni internazionali di pace (A.C. 1288).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la votazione finale del disegno di legge: Disposizioni per la partecipazione italiana alle missioni internazionali.
Ricordo che nel corso della mattinata la Camera ha proceduto all'esame degli articoli, degli emendamenti e degli ordini del giorno. Dobbiamo passare ora alle dichiarazioni di voto finale.
Ricordo altresì che, in base a quanto convenuto nel corso della Conferenza dei presidenti di gruppo, avrà luogo una dichiarazione di voto per ciascun gruppo, per dieci minuti (cinque minuti per le componenti politiche del gruppo Misto).
Essendo prevista la ripresa televisiva diretta, invito, in particolare, gli oratori ad attenersi rigorosamente ai tempi di intervento stabiliti, in modo che la seduta possa svolgersi ordinatamente a vantaggio di tutte e di tutti.
(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 1288)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Reina, del Movimento per l'Autonomia. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE MARIA REINA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, credo che, dopo il lungo e, per molti versi, esaustivo dibattito al quale abbiamo assistito sull'argomento posto alla nostra attenzione, rimangano da esprimere ben poche considerazioni finali.
In ogni caso, noi, come Movimento per l'autonomia, riteniamo di esprimere il nostro assenso e il nostro voto favorevole rispetto all'atto che il Parlamento è chiamato a compiere, nella convinzione che esso sia utile alla salvaguardia e al mantenimento della pace nel nostro pianeta e, soprattutto, perché costituisce, simbolicamente, a nostro avviso, un atto di continuità rispetto alla politica estera del nostro paese.
È opportuno che, al di là delle discussioni e delle schermaglie che oggi si sono registrate in quest'aula, ciascuno di noi ricordi che un paese è tanto più grande quando riesce ad essere univoco e continuo sul piano della politica estera. Diversamente, ben difficilmente riesce ad essere identificato nella comunità internazionale come un soggetto credibile, che può portare un contributo vero al superamento dei conflitti.
Per queste ragioni di fondo, noi esprimeremo un voto favorevole, ma ricordiamo che questo non è sufficiente. Non è sufficiente la continuità della nostra presenza in Afghanistan per garantire la pace. È, invece, necessario che si rafforzi il ruolo dell'ONU. Occorre che venga riconsiderato il ruolo dell'ONU nel mondo e che sia rimessa in ordine questa grande organizzazione, che deve dare stabilità, sicurezza e certezza di futuro alle popolazioni della terra, in modo che possa essere realmente autorevole e non schiava delle esigenze e delle nequizie di questo o di quell'altro grande Stato, che riescono molto spesso a prevalere sull'interesse generale.Pag. 92
Quindi, confermo il nostro voto favorevole sul provvedimento in esame (Applausi dei deputati del gruppo Misto- Movimento per l'Autonomia.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Catone, del gruppo Democrazia Cristiana-Partito Socialista. Ne ha facoltà.
GIAMPIERO CATONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, a nome del gruppo della Democrazia Cristiana- Partito Socialista, preannuncio il nostro voto favorevole sul disegno di legge per il rifinanziamento delle missioni internazionali. Attraverso questo voto ci atteniamo ad un impegno di coerenza nella politica estera. Ricordiamo, infatti, che la partecipazione a molte di queste missioni internazionali è nata durante il Governo Berlusconi ed è armonica e coerente con gli impegni e le posizioni assunte da quel Governo in politica estera. Esprimendo un voto favorevole sul provvedimento in esame, oggi, molto semplicemente, confermiamo la nostra linea di politica estera, la stessa linea che era propria del Governo precedente.
Le relazioni internazionali - si sa - sono materia delicata, ed è importante dimostrare agli Stati partner una serietà e una continuità nelle politiche e nei comportamenti del nostro paese, perché è proprio a partire da questi fattori che veniamo giudicati nella comunità internazionale. Le sfide che oggi il contesto internazionale ci pone sono sempre più grandi e complesse e impongono a tutto il nostro paese un impegno sempre più pressante e una coerenza sempre più ribadita.
Noi manifestammo la stessa coerenza, anche quando, durante precedenti Governi di centrosinistra, votammo a favore di provvedimenti di politica estera che, invece, avevano fatto venire gravi mal di pancia alla maggioranza che li sosteneva. Oggi quella situazione si ripropone in modo diremmo eclatante, con esponenti dell'attuale maggioranza che si distinguono per i distinguo.
Siamo, tuttavia, arrivati alla curiosa situazione - come, peraltro, alcuni colleghi hanno fatto già notare - che l'appoggio a questo provvedimento giunge in modo chiaro e coerente dai partiti dell'opposizione, mentre avviene esattamente il contrario per quanto riguarda i partiti della maggioranza.
Ricordiamo, per dovere di cronaca, che questo disegno di legge è proposto dal Governo e dovrebbe, pertanto, essere approvato dalla sua maggioranza, come avviene - per citare il Vicepresidente D'Alema - nei paesi normali.
Ci preme, tuttavia, sottolineare, in via preliminare, come la situazione di ambiguità e di debolezza in cui si trova il Governo in questo frangente non ci rende felici. Non ci sembra, insomma, un'opportunità per le sorti dell'opposizione. Ciò perché riteniamo siano in gioco interessi superiori: gli interessi del paese e il suo prestigio internazionale.
Ci sembra anche che sia in gioco il ruolo che le forze italiane di pace svolgono in modo così importante in così tante parti del mondo. Se un paese sovrano decide di inviare truppe all'estero per operazioni di mantenimento della pace, non può poi comportarsi in modo ondivago e indeciso e ritirare le sue forze, senza aver prima posto le premesse per un superamento della situazione che aveva determinato l'invio di quelle truppe. Si tratta di rispettare, prima ancora che un principio di coerenza e di prestigio nelle relazioni internazionali, le esigenze pressanti delle popolazioni.
Non si può fornire protezione militare per il mantenimento della pace a popolazioni indifese e, poi, andarsene così sportivamente, a cuor leggero, lasciando drammaticamente quelle popolazioni e i giovani Governi scaturiti da quelle trasformazioni in balia degli eventi e, probabilmente, delle vendette, delle rappresaglie, della recrudescenza dei conflitti, che proprio la nostra presenza militare contribuiva ad evitare. Non ci sembra moralmente giusto fare questo. Una simile decisione rappresenterebbe, inoltre, uno spreco insensato delle risorse e dei sacrifici spesi fin qui.
In riferimento alle risorse e ai sacrifici, vorrei rivolgermi, prima di tutto, alle nostre Forze armate, cui va il nostro rispetto,Pag. 93il nostro omaggio e il nostro ringraziamento per gli sforzi, i sacrifici e l'abnegazione dimostrati nell'adempimento del dovere.
Vogliamo ricordare con immenso affetto tutti i soldati che, nel corso di queste missioni di pace, sono stati feriti o sono caduti. Dobbiamo avere tutti grande considerazione per i nostri militari, perché ad essi chiediamo una cosa grave e assolutamente inusuale per i cittadini - quali essi sono - di una moderna e democratica potenza occidentale.
Chiediamo loro di usare in certe condizioni la forza, che deve necessariamente essere proporzionata al pericolo attuale per le persone, proprio in ragione dello scrupolo circa l'uso della forza, che siamo certi pervade la stragrande maggioranza del popolo italiano e delle forze politiche che lo rappresentano. Non possiamo accettare certo pacifismo ad oltranza, che, più che pacifismo, sembra piuttosto una dichiarazione di estraneità, un chiamarsi fuori dalla realtà del mondo attraverso la reiterata enunciazione di astratte formule ideologiche, un modo usato talvolta per lavarsene le mani, mentre noi riteniamo che i problemi vadano affrontati.
Sentimenti e apprezzamenti differenti fanno parte, beninteso, della dialettica della democrazia e proprio per questo vorremmo soffermarci brevemente sulla nostra missione in Afghanistan.
È stato sostenuto che, anche in questa circostanza, i nostri soldati sarebbero poco legittimati a stare a Kabul e che, comunque, i risultati delle missioni di mantenimento della pace in quel paese stanno dando pochissimi frutti; anzi essa è completamente fallita. Questa missione sta aiutando la popolazione e il nuovo Governo in un'operazione di stabilizzazione e progresso, aumentando il tasso di sicurezza, quindi lo sviluppo di quel paese.
Il nostro paese, con la sua nota capacità di interazione e interpretazione dei bisogni delle popolazioni dei territori in cui opera, potrebbe svolgere un ruolo importante di cerniera e di mediazione per aiutare l'Afghanistan. Tutto ciò naturalmente presuppone che l'Italia mantenga una capacità di partnership, una coerenza e una credibilità presso gli alleati.
Vogliamo sottolineare il legame esistente tra presenza militare e opportunità di miglioramento sociale ed economico: ciò vale, prima di tutto, per l'Afghanistan, ma è tuttavia un principio, e una preoccupazione, che da sempre accompagna le nostre missioni internazionali e che fa onore al nostro paese.
Questo legame sottrae ulteriore argomento ai pacifisti ad oltranza presenti nell'attuale maggioranza. Lasciare oggi l'Afghanistan potrebbe significare contribuire a far precipitare di nuovo quel paese nel dramma e nel buio di una crisi senza sbocchi. Il dovere del nostro paese deve essere, invece, quello di porsi l'obiettivo di come contribuire a svolgere un ruolo propulsivo e propositivo con gli altri alleati per affrontare e superare i problemi dell'Afghanistan, del dopo talebani e giungere ad una stabilizzazione certa e irreversibile.
L'invio di missioni militari obbedisce allo scopo di creare le precondizioni per la pace e per il progresso sociale per i paesi in difficoltà. L'uso dello strumento militare non può essere fine a se stesso, ma deve rappresentare una misura di emergenza inevitabile, finalizzata ad ulteriori interventi che facciano perno sulla politica, sul consenso, sullo sviluppo. Ci pare che questo legame sia sempre stato chiaro nella politica estera italiana e che costituisca la ragione di base del nostro voto favorevole.
In quest'ottica vorremmo spendere una parola per i drammatici problemi del Darfur, per i quali vorremmo porre all'attenzione di tutte le istituzioni una proposta da rivolgere alla comunità internazionale per una missione di pace a sostegno di quelle popolazioni.
Leggiamo sui giornali questi giorni che il Presidente del Consiglio confida nel voto favorevole della coalizione. Apprendiamo sempre dalla stampa che il Presidente Prodi ha proposto una forza multinazionale ONU, che svolga in qualche modo un ruolo di interposizione tra Libano e Israele. I due argomenti sono ovviamentePag. 94legati fra di loro e il loro raffronto genera nell'osservatore politico un senso di smarrimento e sconcerto.
Come è possibile che il premier italiano sia costretto a confidare nel consenso della sua maggioranza? Certo, l'autorevolezza del suo Governo ne esce praticamente a pezzi. In un contesto di debolezza come questo, come è possibile che il Presidente del Consiglio si spinga a proporre alla comunità internazionale una forza per il Libano? E con quale coerenza e credibilità, se trova difficoltà a far passare nel suo paese il rinnovo delle missioni già in corso? Sospettiamo che la proposta di Prodi per il Libano altro non sia che un escamotage, una fuga in avanti per tentare di aggirare le problematiche e gli scogli politici oggi alla nostra attenzione. Come potrebbe darsi una partecipazione italiana ad una forza in Libano ed un nostro contemporaneo ritiro dall'Afghanistan?
Dalla stessa maggioranza attuale sono giunte recentemente autorevoli riflessioni sul fatto che essa non sarebbe in grado, non avrebbe numeri e la forza per poter governare un'intera legislatura. Osserviamo allora che i nodi, da noi da tempo segnalati, sembrano venire al pettine.
Lo stesso Presidente della Repubblica ha osservato che, qualora i voti dell'opposizione dovessero risultare rilevanti ai fini dell'approvazione delle missioni internazionali, la cosa non potrebbe essere priva di conseguenze.
Ecco allora riemergere prepotentemente il problema, da noi sempre denunciato e finora sprezzatamente respinto, della debolezza intrinseca di questo Governo e di questa maggioranza. Tale problema viene alla ribalta proprio in occasione di questo importante appuntamento sulla politica estera nelle nostre missioni internazionali. Vogliamo lavorare e dare il nostro contributo affinché le incertezze dell'attuale maggioranza non provochino indirettamente un arretramento delle posizioni del nostro paese in politica estera.
In politica estera deve prevalere, al di là dello svolgersi della dialettica e della lotta politica interna, una logica che consideri prioritario il nostro interesse nazionale. Per noi è sempre stato così. Quindi, coerentemente, sarà così anche oggi, in occasione del voto sul rinnovo nelle nostre missioni internazionali (Applausi dei deputati del gruppo della Democrazia Cristiana-Partito Socialista).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Fabris, per il gruppo Popolari-Udeur. Ne ha facoltà.
MAURO FABRIS. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, colleghe, colleghi, con il voto che esprimeremo oggi sul disegno di legge all'esame di questa Assemblea la maggioranza ha l'occasione di dimostrare di essere, appunto, tale, cioè una coalizione di forze politiche che, in base ad un programma elettorale condiviso, si sono presentate agli italiani, ottenendo da loro la maggioranza per governare.
Noi dell'Udeur abbiamo sempre sostenuto che la politica estera è la cartina di tornasole della credibilità della maggioranza di fronte agli italiani, di fronte ai nostri tradizionali alleati internazionali e di fronte al mondo intero. Quello di oggi è, dunque, un voto di straordinaria importanza, perché investe il ruolo che il nostro paese, guidato da una maggioranza di centrosinistra, intende esercitare nei rapporti multilaterali a livello internazionale.
Di per sé, il contenuto del testo al nostro esame è molto semplice, anche perché, se contiene, indubbiamente, alcune discontinuità rispetto ad analoghi provvedimenti approvati dai precedenti Governi Berlusconi, tratta di rifinanziare la partecipazione italiana alle missioni internazionali di pace e di stabilizzazione dei conflitti, nonché di rafforzamento dei processi democratici in tante parti del mondo in cui l'Italia, da più legislature e sotto la guida di Governi diversi, si è impegnata. Non c'è, dunque, soltanto la missione italiana in Iraq o quella in Afghanistan, di cui tanto si discute: sono ben ventiquattro le missioni italiane nel mondo che si intende rifinanziare oggi. Certo, nonPag. 95sfugge ad alcuno come, in particolare, siano proprio le missioni in Iraq ed in Afghanistan quelle attorno alle quali si è discusso di più nella maggioranza, al punto che il voto che ci accingiamo ad esprimere costituisce un banco di prova decisivo per il centrosinistra per poter continuare a governare.
Allora, parliamo di Iraq e di Afghanistan. Nel programma con cui ci siamo presentati agli elettori era chiaramente previsto il rientro delle nostre truppe dall'Iraq, dove esse si sono distinte per lo spirito di grandissima professionalità e sacrificio con cui hanno assolto il mandato che il Parlamento aveva loro affidato. Anche nella precedente legislatura, l'Udeur, pur essendo forza di opposizione, ha sempre votato a favore della partecipazione italiana alle missioni in Iraq, pur condannando la guerra preventiva ed ingiusta voluta da Bush, che, come ricordava ieri il ministro D'Alema, ha aggravato, e non risolto, la questione del terrorismo e del fondamentalismo religioso in quell'area del mondo.
Noi vogliamo, proprio oggi, ripetere quanto siamo orgogliosi di come i nostri soldati si sono comportati nell'operazione Antica Babilonia. Ancora una volta, sentiamo il dovere di esprimere loro il nostro «grazie» e, soprattutto, la nostra solidarietà e la partecipazione al dolore delle famiglie dei soldati italiani caduti in Iraq nell'adempimento del loro dovere di servitori del nostro paese. Ma in Iraq non ha più senso rimanere, come abbiamo scritto nel programma dell'Unione e, dunque, è giusto prevedere il finanziamento del loro rientro, ordinato e concordato con i nostri alleati e con il legittimo Governo iracheno. Peraltro, il rientro è stato annunciato per il settembre 2006 anche dall'ex capo del Governo, Berlusconi, di fronte al fatto che gli iracheni percepiscono la presenza di soldati stranieri sul loro territorio come forze di occupazione più che di pace. Certo, gli iracheni non vanno lasciati soli. Infatti, l'attuale Governo ha previsto azioni di rafforzamento di iniziative civili e di sostegno ad iniziative internazionali utili a pacificare quel paese.
Cosa diversa è la nostra partecipazione alla missione in Afghanistan. La presenza italiana con l'ISAF è stata decisa in seguito a quattro precise risoluzioni dell'ONU, a partire da quella del 2001, con le quale l'ONU stesso ha delegato la NATO ad espletare le azioni previste dall'articolo 41 della Carta delle Nazioni Unite (ovvero il possibile ricorso alla forza) per ripristinare la democrazia e contrastare il terrorismo internazionale. In questo scenario, operiamo, insieme ad altri trenta paesi, a partire dal gennaio 2002. Diverso discorso riguarda l'operazione Enduring freedom, nata sempre con riferimento alla situazione afghana, alla quale l'Italia partecipa sulla base di un accordo diretto con gli Stati Uniti, ma per la quale forniamo solo due unità della Marina militare, con lo scopo di pattugliare alcune zone di mare fuori dal territorio afghano.
Questa è la situazione con riferimento all'Iraq e all'Afghanistan.
Ora si dice, specialmente da parte di alcuni nel centrosinistra e da parte di alcuni dei cosiddetti movimenti che si autodefiniscono pacifisti: bene per l'Iraq, ma in Afghanistan tutto è cambiato; c'è la guerra e, dunque, l'Italia deve venire via anche da lì (perché, appunto, ci sarebbe la guerra).
Rimango sempre stupito di fronte a questo tipo di pacifisti che si arrogano il diritto di parlare a nome di tutti in quanto si credono gli unici depositari della verità, gli unici abilitati a stabilire quando c'è guerra e quando non c'è, gli unici - a sentire loro - con una conoscenza e una sensibilità che li porta certissimamente a scegliere ciò che è giusto e ciò che non è giusto, ciò che bene e ciò che è male, anche rispetto a quanti vivono, soffrono e muoiono nelle aree dove c'è la violenza di pochi contro il diritto dei molti a vivere in pace.
Noi non abbiamo queste loro incrollabili certezze. Intanto, vogliamo dire loro che il movimento pacifista italiano è ben più articolato di quanto essi vogliano far credere; basterà pensare al prezioso apporto che ad esso è stato dato dall'associazionismo cattolico, che ha garantito unaPag. 96larga presa sull'opinione pubblica italiana delle ragioni della pace, ad esempio in occasione della guerra ingiusta, come la definì Giovanni Paolo II, quella guerra ingiusta definita invece da Bush la guerra preventiva scatenata contro l'Iraq.
Sappiamo che la pace, la democrazia, la giustizia sociale, non sono mai date una volta per sempre, ma vanno costruite e difese giorno per giorno. Nel mondo, non da parte nostra, non da parte dell'Europa, non da parte dei nostri alleati, non da parte dell'ONU, è stata scatenata una guerra terroristica in gran parte basata su un fondamentalismo religioso, che vorrebbe scardinare i fondamenti del mondo libero. Noi stiamo con la stragrande maggioranza degli italiani che vogliono la pace nella sicurezza, nella giustizia, contro il terrorismo. Noi stiamo con l'Europa che si è sempre schierata contro il terrorismo internazionale e che già nell'ottobre del 2001 si era espressa in favore dell'instaurazione in Afghanistan di un governo stabile e legittimo. Noi stiamo con i tanti paesi europei oggi presenti in Afghanistan, tra cui la Spagna del tanto celebrato, laicissimo e progressista premier Zapatero che ha addirittura dichiarato di voler rafforzare la sua presenza in Afghanistan. Noi stiamo con i nostri alleati, che in base all'articolo 5 del Trattato NATO hanno deliberato il 30 ottobre 2001 di intervenire in Afghanistan sulla base della risoluzione ONU n. 1368. Stiamo infine con l'ONU, una istituzione sicuramente debole e da riformare - ma è ciò che abbiamo - , che ci ha chiesto con Kofi Annan un rafforzamento della nostra presenza in Afghanistan, dopo averci chiesto di intervenire con le risoluzioni prima ricordate. Ecco perché voteremo convintamente il disegno di legge del Governo. Siamo convinti, come ha scritto il quotidiano cattolico Avvenire, che la pace ha bisogno talora della forza per difendere i più deboli contro i genocidi che avvengono sotto i nostri nostri occhi e ancora che la pace oggi esige un nuovo diritto internazionale, che preveda, tra l'altro, l'ingerenza umanitaria di fronte al palese non rispetto dei diritti dei popoli e delle persone.
Vogliamo però, prima di chiudere, aggiungere che, pur rispettando tutte le posizioni, non comprendiamo il fare minaccioso e i contenuti dell'azione parlamentare di alcuni colleghi di maggioranza, che, dimenticando l'impegno assunto quando sono candidati, oggi minacciano sulla nostra presenza in Afghanistan di far cadere addirittura il Governo e minacciano al tempo stesso di farlo ugualmente cadere, anche se in Parlamento, nonostante il loro voto contrario, si manifestasse comunque una maggioranza a sostegno delle missioni italiane all'estero. Due minacce opposte e contrarie sullo stesso tema francamente ci sembrano eccessive, ma non ci spaventano. In tutte le coalizioni stare insieme non è facile, ma noi pensiamo che l'attuale maggioranza possa ritrovarsi unita a sostegno di una sua autonoma linea di politica estera, su cui, pur con sottolineature diverse, possiamo marcare la nostra discontinuità con la politica estera delle «pacche sulle spalle» praticata prima dai Governi Berlusconi.
Ci auguriamo che l'Unione tutta approvi questo provvedimento in modo da irrobustire la nostra credibilità internazionale e influenzare la politica estera dell'Unione europea e dell'ONU. In politica non ci si può affidare all'utopismo facile e vuoto e a volte da furbettini, ma alla profezia del possibile da tradurre in scelte politiche coerenti e concrete. Qui in Parlamento, certo, serve un po' di utopia, ma soprattutto bisogna decidere, scegliere e governare se si è capaci.
L'Udeur votando sì al rifinanziamento delle nostre missioni all'estero sceglie responsabilmente di sostenere la lotta al terrorismo internazionale a cui contrapporre la costruzione di una comunità internazionale basata sulla libertà e la giustizia per i popoli e per le persone, sullo sviluppo e sulla solidarietà (Applausi dei deputati del gruppo dei Popolari-Udeur).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Bonelli, per il gruppo dei Verdi. Ne ha facoltà.
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ANGELO BONELLI. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, colleghi e colleghe siamo oggi chiamati ad un voto molto importante e difficile nello stesso tempo perché drammatica è la situazione in cui si trova una parte del nostro pianeta a causa delle guerre che devastano nazioni e popoli.
Il disegno di legge di rifinanziamento delle missioni militari non può che essere letto congiuntamente insieme alla mozione di indirizzo che abbiamo votato stamane in materia di missioni militari. Una mozione che rappresenta un impegno solenne, vincolante per il Governo, e non chiacchiere, come il deputato Casini ha oggi affermato.
Il Governo Prodi ha avviato una nuova fase in politica estera, recuperando lo storico ruolo di dialogo nei rapporti con i paesi del mondo arabo e del Mediterraneo. Dico «recupero» perché il Governo Berlusconi ha contraddistinto la sua azione in politica estera da notaio, ovvero si è limitato alla ratifica di decisioni prese da altri. L'Italia ha rinunciato alla sua autonomia a favore di quelle decisioni unilaterali che hanno segnato la politica degli ultimi anni e che si è rivelata fallimentare.
Partiamo dalla guerra in Iraq, decisa e costruita sulla base di una menzogna e fuori dalla legalità internazionale; infatti, ci hanno raccontato di armi di distruzione di massa che poi gli stessi Stati Uniti d'America hanno verificato che non sono mai esistite. Al contrario, milioni di tonnellate di bombe sono state sganciate sulla base di una menzogna. Sino al 16 luglio 2006, secondo il sito Iraq Body Count, sono morti 45 mila iracheni, 2.543 americani e 226 cittadini di altre nazionalità, tra cui nostri militari e civili.
Il precedente Governo ci ha detto che tutto ciò sarebbe servito a portare ed esportare democrazia, realizzando un effetto domino; invece, tutto ciò non solo non è accaduto, ma quell'area è ancor più instabile ed insicura. Questa è stata sicuramente una guerra per il controllo geopolitico di un'area e dei suoi pozzi di petrolio. Non si porta la democrazia e non si tutelano i diritti umani con i bombardamenti; questa è pura follia, una follia che questo Governo ha il dovere di fermare attraverso una nuova politica estera.
Sappiamo che il terrorismo è un pericolo che va contrastato, ma noi sappiamo che il terrorismo si nasconde dietro la guerra ed è per questo che dobbiamo contrastare la guerra per sconfiggere anche il terrorismo.
In coerenza con il programma dell'Unione, votato dai cittadini e che ha portato questa maggioranza al governo del paese, oggi decidiamo il ritiro dei militari italiani dall'Iraq. C'è chi li aveva inviati in un'area di guerra, c'è chi invece, come noi dell'Unione, i militari li riporta a casa. Questo è un grande risultato dovuto anche alla mobilitazione della popolazione italiana contro la guerra in Iraq.
Noi Verdi ci poniamo di fronte ad un grande ed impegnativo quesito, ovvero quando può e se deve essere legittimato l'uso della forza. Un quesito a cui abbiamo il dovere di dare una risposta. L'uso della forza deve essere sempre un'ultima risposta e, se applicata, deve essere proporzionata a garantire la tutela dei popoli da pericoli che ne minacciano la loro incolumità e la pace. Questa per noi deve essere coerente con l'articolo 11 della Costituzione e con il primato delle Nazioni Unite.
È molto importante che la mozione approvata stamane preveda che il Governo italiano promuova presso l'ONU la costituzione di un contingente militare di pronto intervento, sotto le strette dipendenze dell'ONU, per garantire pace e sicurezza internazionale.
Prevediamo, inoltre, l'avvio di un monitoraggio ambientale per verificare i livelli di inquinamento bellico ed avviare i piani di bonifica; infatti, nessuno fino ad oggi si è mai preoccupato delle condizioni di vita di una popolazione che è sottoposta a inquinamento bellico da uranio impoverito, cioè un inquinamento che sta condizionando e condizionerà la vita delle future generazioni di quei popoli.
Affronto una questione che molto fa discutere, che ha fatto discutere e che non è certamente semplice: noi Verdi siamoPag. 98stati contrari alla guerra in Afghanistan, abbiamo votato contro quell'intervento ed esprimiamo, ancora oggi, la nostra valutazione negativa su quell'intervento; abbiamo, però, insieme a tutta la coalizione dell'Unione raggiunto una sintesi, un punto di incontro: il ritiro dall'Iraq, un impegno forte in Darfur, più fondi alla cooperazione. Nel disegno di legge abbiamo innanzitutto ottenuto che vi fosse il congelamento della presenza militare italiana in Afghanistan, ovvero il non aumento delle nostre truppe, il non invio di bombardieri e il non spostamento delle truppe nel sud del paese, ma avviamo contestualmente la verifica della missione per valutarne l'efficacia ed una riflessione sulla strategia politica sino ad oggi attuata; inoltre, porremmo presso gli organismi internazionali il superamento della missione Enduring freedom.
Vogliamo ringraziare il Governo che, questa mattina, ha precisato che nell'ambito di Enduring freedom l'Italia non ha avuto, non ha e non avrà alcuna presenza in territorio afgano.
Infine, il Parlamento sarà impegnato a realizzare un Comitato parlamentare per il monitoraggio permanente delle missioni militari. Siamo consapevoli, noi Verdi, che realizzare una politica di pace è difficile ed è per questo che siamo tenaci e pazienti, perché riteniamo che tale politica si costruisca, se lo vogliamo veramente, tassello dopo tassello, azione dopo azione, su un percorso che vogliamo il più breve possibile.
Questo è quello che abbiamo previsto per l'Afghanistan: una via che indica un percorso diretto al disimpegno militare, a favore di un sempre più forte impegno civile per il bene del popolo afgano, che non merita certamente di tornare sotto il regime dei talebani, che ha violato i diritti umani e delle donne. I talebani, oggi, sono alleati con il narcotraffico e attraverso le colture di oppio finanziano la propria guerra. Ecco perché abbiamo previsto un piano di riconversione delle colture di oppio.
Vengo a un dunque politico. Noi Verdi abbiamo un grande senso di responsabilità, innanzitutto nei confronti dei cittadini italiani che ci hanno votato e poi nei confronti del popolo afgano, che reclama diritti e che non intendiamo lasciare solo. Ma, proprio questa consapevolezza e responsabilità ci fanno comprendere, anche oggi, che una maggioranza diversa da quella attuale, senza i Verdi, farebbe arretrare ed indebolirebbe le ragioni di chi vuole la pace, di chi vuole contrastare la guerra ed applicare, per il bene del paese, il programma elettorale, diventato poi di governo, dell'Unione.
Sappiamo che, oggi, dalla destra qualcuno sperava in un nostro voto contrario sul disegno di legge, in esame, ma uscirete delusi perché questo regalo non solo non lo faremo, ma noi Verdi, oggi, siamo la garanzia dentro la coalizione dell'Unione che le ragioni della pace, della tolleranza e del dialogo saranno sempre più forti contro l'industria della guerra e della sopraffazione dei popoli.
La destra, oggi, ha annunciato di votare a favore di un provvedimento che prende decisioni diverse da quelle realizzate nella precedente legislatura. È un vostro problema di coerenza, ma è evidente la vostra strumentalità. Questo attiene alla vostra coscienza e alla vostra coerenza.
La coalizione dell'Unione è, politicamente, per noi Verdi un bene primario e ci batteremo affinché essa non sia stravolta, perché sarebbe un atto di slealtà nei confronti dei milioni di italiani che il 9 e 10 aprile ci hanno votato. Per queste ragioni, signor Presidente, preannuncio il voto favorevole dei Verdi sul disegno di legge in esame (Applausi dei deputati dei gruppi dei Verdi e de La Rosa nel Pugno - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Diliberto, a nome del gruppo dei Comunisti italiani. Ne ha facoltà.
OLIVIERO DILIBERTO. Signor Presidente e colleghi, l'intervento di ieri del ministro degli affari esteri in Assemblea ha facilitato il mio compito di oggi. È stata illustrata, infatti, non solo la giusta posizionePag. 99italiana sulla crisi libanese, ma anche le linee fondamentali della nuova politica estera del nostro Governo, che condividiamo.
Ritiro dall'Iraq e critica di quella guerra irachena come principio dell'attuale gravissima crisi internazionale, ma più in generale critica della guerra come arma efficace contro il terrorismo (che, infatti, come tutti sappiamo, è aumentato in ogni parte del mondo); lavoro, invece, in favore della pace israelo-palestinese, per uno Stato della Palestina indipendente come garanzia anche della sicurezza di Israele, sino a giungere a proporre truppe di interposizione di pace dell'ONU a Gaza.
Assistiamo, dunque, con favore alla ripresa di un'autonoma, ancorché nell'ambito delle alleanze internazionali, politica attiva dell'Italia nel bacino del Mediterraneo, nostra tradizionale vocazione storica, geografica e politica, un'Italia vista non più come il sud dell'Europa ma come il centro del Mediterraneo, fonte di cooperazione e di pace tra l'Unione europea ed i paesi rivieraschi, dal Maghreb sino al Vicino Oriente.
Ed ancora, vi è il rifiuto delle sanzioni economiche all'Iran, ma pressioni diplomatiche e, infine, ruolo convintamene europeista dell'Italia. Insomma, torniamo alla politica estera, abbandonando il più umiliante vassallaggio verso l'amministrazione americana degli ultimi cinque anni.
È in questo quadro che discutiamo oggi le missioni, un quadro profondamente mutato nel contesto, come riconosciamo positivamente al Governo, e ci attendiamo che, a novembre, a Riga, al Vertice della NATO, il Governo italiano, come è stato anche suggerito dal Presidente emerito Francesco Cossiga, certo non sospettabile di antiamericanismo, l'Italia proponga una rinegoziazione complessiva delle missioni e rivaluti quali siano, oggi, le ragioni stesse del Patto atlantico, impegnato in territori evidentemente ben distanti da quelli per i quali era sorto.
Sull'Afghanistan - si sa - manteniamo invece opinioni diverse rispetto a pezzi della maggioranza. Non riuscirete a convincerci che si tratti di una missione umanitaria o di pace. È in corso, viceversa, una guerra ed un'occupazione sanguinosissima, pericolosissima, anche per i nostri soldati. Per giunta, ritengo si tratti di una guerra destinata comunque ad essere drammaticamente perduta dalla stessa NATO.
Cercherò di spiegarmi: i talebani hanno spostato le proprie forze in Pakistan, dove gli americani non possono attaccarli, perché il Pakistan è governato da un golpista - spero che questo mi venga riconosciuto - di nome Musharraf, alleato degli americani. Inoltre, oggi i talebani sono dotati di armi molto più sofisticate di prima, procurate dagli emissari sauditi di Al-Qaeda, ma evidentemente anche l'Arabia Saudita non può essere toccata perché alleata degli Stati Uniti. La guerra, dal canto suo, ha accresciuto le reclute del terrorismo: ogni caduto provoca nuove adesioni. Popolazioni di diverse province, un tempo ostili ai talebani, oggi li vedono come nemici dell'invasore e, dunque, nuovi amici. I civili sono sempre più spesso coinvolti nelle azioni di guerra, con un'infinità di morti e di feriti il che, come è ovvio, aumenta l'odio antioccidentale.
Si è infine creata, grazie all'invasione, un'inedita alleanza tra talebani, da una parte, ed i produttori e i trafficanti di oppio, dall'altro. L'87 per cento della produzione mondiale di oppio proviene dall'Afghanistan e serve, come è noto, a reinvestire questi enormi profitti nel conflitto stesso. I signori della guerra non sono stati minimamente disarmati: Karzai controlla a mala pena Kabul. Gli aiuti umanitari sono ridicoli ed è tornata la polizia religiosa, quella degli ulema, come ai tempi dei talebani: controlleranno la moralità delle donne, i programmi della scuola, i programmi televisivi. Vi prego, nessuno mi venga a parlare di guerra per i diritti umani o per la democrazia! È l'esito della guerra cosiddetta al terrore che ci ha portato più terrore, le storture di Abu Ghraib, le prigioni di Guantanamo ed a noi italiani ha portato l'uccisione di Nicola Calipari, che voglio ricordare in quest'aula con deferenza.Pag. 100
Questa guerra non può essere vinta, e non c'è bisogno di scomodare nella guerra afgana il ricordo del fallimento militare sovietico. Non c'è riuscito nemmeno Alessandro Magno a conquistare l'Afghanistan, non ci riuscirà oggi David Richards, comandante NATO.
In Afghanistan si sta giocando una partita enorme, di cui spero abbiamo tutti contezza: è il primo teatro di operazioni della NATO fuori dal suo teatro naturale, quello euroatlantico. L'Italia potrebbe, dunque, giocare un ruolo fondamentale se proponesse agli alleati un ripensamento complessivo dei compiti e della natura stessa della NATO. Allora, distinguere le nostre responsabilità, signori del Governo, da questa guerra sarebbe un atto giusto - perché la guerra è contraria alla Costituzione -, ma anche saggio, di buon senso, di realismo politico, di lucidità.
In ogni caso, resta ferma e chiara la nostra contrarietà, quella dei Comunisti Italiani. L'Italia non è e non sarà in guerra in Afghanistan in nostro nome. Si sono raggiunti alcuni risultati proprio grazie alla nostra posizione di fermezza, di coerenza, spesso - lo dico con rammarico - molto isolata. Tali risultati sono da valorizzare perché si tratta di diversità sostanziali rispetto al Governo precedente: codice penale militare di pace e non di guerra, impegno in sede internazionale a rinegoziare complessivamente la missione, ruolo dell'ONU e non dei soli Stati Uniti. Abbiamo lavorato per un compromesso - sì, per un compromesso - perché facciamo parte di una coalizione e a noi stanno a cuore la tenuta ed i destini del Governo Prodi e non vorremmo mai, neppure involontariamente, fare un regalo alla destra, e non lo faremo.
Da qui, da questo compromesso si può ora lavorare affinché nel prossimo futuro si possa ritirare anche il contingente italiano dall'Afghanistan. Se, viceversa, malauguratamente il Governo non avesse la maggioranza, sarebbe una sciagura proprio per il movimento della pace perché, dopo questo Governo, non potrebbe che esservene un altro molto ma molto più atlantico di questo. Noi interpretiamo, dunque, questo voto come un voto di fiducia al Governo a tutti gli effetti, ad iniziare dalla politica estera che ci sembra complessivamente forte e convincente, ed abbiamo fiducia che il Governo, dal canto suo, sarà rispettoso di quanti ci hanno votato, consentendoci oggi di avere la maggioranza e di governare. Si tratta di donne e di uomini, cari colleghi della maggioranza, che desiderano la pace e vorrebbero un'Italia fuori da ogni conflitto, da tutti i conflitti, compreso quello afgano (Applausi dei deputati del gruppo dei Comunisti Italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Crema, a nome del gruppo de La Rosa nel Pugno. Ne ha facoltà.
GIOVANNI CREMA. Signor Presidente, signor ministro, onorevoli colleghi, i deputati della Rosa nel Pugno voteranno a favore del disegno di legge che autorizza il proseguimento delle missioni internazionali delle Forze armate e delle Forze di polizia nei Balcani, in Iraq, in Afghanistan e, tra le altre, dà il via a tre nuove missioni, due in Congo ed una in Darfur. In questo contesto si prevede anche la conclusione della nostra partecipazione militare in Iraq. Ribadiamo che il rientro da questa missione non significa la rinuncia a garantire da parte dell'Italia un sostegno significativo al processo di ricostruzione e riorganizzazione istituzionale e civile dell'Iraq: quindi, la nostra missione umanitaria di stabilizzazione e ricostruzione deve proseguire.
Per quanto riguarda l'Afghanistan, la sconfitta del regime talebano ha aperto una stagione difficile di ricostruzione delle istituzioni e di una forma accettabile di convivenza civile. Non possiamo non riconoscerlo e saremmo in grave errore se non rimarcassimo tutte le difficoltà che permangono nella fase di stabilizzazione.
I talebani controllano tuttora ampie zone del paese, l'economia dipende ancora al 50 per cento dalla produzione di oppio e la convivenza civile non può dirsi degna di una democrazia tradizionale. Una seriaPag. 101ed approfondita riflessione è necessaria, da parte dei paesi e delle forze impegnate in questa missione di stabilizzazione e di pace, sulle difficoltà e sugli ostacoli che hanno impedito fino ad oggi il raggiungimento degli obiettivi che erano stati prefissati. Anche per questo a noi appare chiaro che sarà necessario che l'Europa e, in generale, le grandi democrazie aumentino le risorse da impiegare per favorire la riconversione della locale economia verso attività legali capaci di produrre un reddito certo e più elevato: senza il sostegno economico e militare esterno in Afghanistan si precipiterebbe nel caos.
Probabilmente, ci vuole più equilibrio tra la presenza militare e gli interventi civili; probabilmente, le operazioni militari debbono essere più legate alla società afghana, con pratiche di rispetto dei diritti dei cittadini residenti. Noi ribadiamo oggi che siamo per gli impegni multilaterali, e le missioni militari di peacekeeping lo sono. Siamo per missioni sotto l'egida diretta delle Nazioni Unite e partecipiamo a quelle sotto comando NATO e dell'Unione europea che siano promosse dalle Nazioni Unite, come - voglio rimarcarlo - è avvenuto per l'Afghanistan.
Così, invece, non è stato per l'Iraq ed anche per questo oggi ci ritiriamo. Rinnoviamo il sostegno al Governo del nostro paese che, coerentemente, si ritira dall'Iraq e rimane, invece, in Afghanistan. Il motivo è semplice, perché in Iraq l'intervento è avvenuto, per la prima volta nella storia della nostra Repubblica, fuori da tutte le alleanze internazionali tradizionali, dalle Nazioni Unite alla NATO e all'Unione europea.
In Afghanistan siamo invece intervenuti come parte della NATO e dell'Unione europea, insieme ai nostri tradizionali alleati, e non con un impegno singolo ed unilaterale; dobbiamo e vogliamo mantenere la solidarietà collettiva.
Ha ragione il viceministro, onorevole Intini, a ricordarci che da sempre la nostra politica estera si è basata su due pilastri: da un lato, l'Alleanza atlantica; dall'altro, l'Unione europea. Due pilastri che ci consentono di avere con gli Stati Uniti un rapporto di reciproco rispetto ma paritario. Il Governo Berlusconi ha rotto questo equilibrio e ha scelto un solo interlocutore, l'amministrazione degli Stati Uniti, indebolendo e sbilanciando la nostra politica estera. Gli Stati uniti peraltro, con l'amministrazione Bush, si sono sempre più allontanati da una valutazione complessiva in sede ONU e dai propri alleati, fino alla decisione del ricorso unilaterale alla forza in Iraq. Inopinatamente, l'Italia si è fatta politicamente coinvolgere in questa avventura e oggi paghiamo un pesante isolamento da parte delle cancellerie del nostro continente.
Ci poniamo però una domanda: perché mai in Iraq si dovrebbe chiedere all'Italia un impegno diverso e maggiore di quello di Francia, Germania, Spagna e di tutti i paesi dell'Europa, Regno Unito escluso? L'Italia è isolata in Europa; infatti, oggi, noi non siamo protagonisti della tradizionale e coerente politica estera del nostro paese; ma questa tradizionale e coerente politica estera noi vogliamo recuperare.
La sfida in cui oggi sono impegnati il nostro paese, il Governo e la sua maggioranza è quella di investire e di fare accrescere il ruolo politico dell'Europa, con l'intento di far diventare il nostro continente un attore forte, con una voce che diventi sempre più unitaria, così da essere sempre più autorevole; una voce che dovrà spendersi per la risoluzione delle crisi nella comunità internazionale.
Ieri ed oggi, gli interventi dei colleghi onorevoli Villetti, D'Elia e Mancini hanno con precisione delineato la nostra posizione in merito alle missioni di pace e sulla pesante e drammatica situazione in Medio Oriente. Ne ricaviamo una certezza, che il terrorismo fondamentalista islamico ci impegnerà, come fu per decenni la guerra fredda, per un lunghissimo periodo, richiedendo uno sforzo eccezionale che dobbiamo compiere tutti insieme; dobbiamo farlo senza riprodurre schemi ideologici e divisioni politiche che ci hanno lacerato nel secolo scorso.
Signor Presidente, nel ribadire il voto favorevole sul presente disegno di legge, i parlamentari della Rosa nel Pugno rivolgonoPag. 102un affettuoso saluto ed un riconoscente ringraziamento a tutti i nostri soldati, di ogni arma e grado, che, con professionalità e dedizione, garantiscono in tutte le missioni gli alti ideali di pace e convivenza civile (Applausi dei deputati dei gruppi de La Rosa nel Pugno, dell'Italia dei Valori e dei Verdi).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoluca Orlando, a nome del gruppo dell'Italia dei Valori. Ne ha facoltà.
LEOLUCA ORLANDO. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, colleghi deputati, siamo giunti alla votazione finale del disegno di legge sulle missioni all'estero; i deputati tutti dell'Italia dei Valori voteranno a favore dell'approvazione di questo disegno di legge così come abbiamo espresso un voto favorevole, questa mattina, sulla mozione unitaria presentata e approvata dall'intera coalizione dell'Unione.
Ho ricordato la mozione con riferimento a questo disegno di legge perché essa ne costituisce la cornice e offre la chiave di lettura per comprendere le posizioni politiche della coalizione di maggioranza che sono sottese al provvedimento.
È la prima volta che questa Camera ed il nuovo Parlamento deliberano su pace, su guerra e sul contrasto al terrorismo, così come sul ruolo e sulla credibilità internazionale dell'Italia. Il disegno di legge presentato dal Governo è del tutto coerente con il programma dell'Unione quale esplicitato nella mozione appena approvata e vuol dare un contributo all'interpretazione, oggi, nel mutato scenario internazionale (dopo la caduta del muro di Berlino), dell'articolo 11 della Costituzione. Tale articolo - è noto, ma credo giovi sempre ricordarlo - afferma che «l'Italia ripudia la guerra» e afferma altresì, fino a pervenire alla limitazione della sovranità nazionale, in condizioni però sempre di reciprocità, il multilateralismo ed il ruolo delle organizzazioni internazionali, in primo luogo quella delle Nazioni Unite.
La legalità internazionale definita nelle sedi di cui l'Italia fa parte - ONU, UE e NATO - e la legalità nazionale, quale definita con la nostra legislazione, devono stare in armonia. Sta in questo principio di corrispondenza tra legalità internazionale e legalità nazionale la vera continuità della scelta del Governo e della nuova maggioranza dell'Unione. Una continuità con i principi costituzionali - in primo luogo, l'articolo 11 della Costituzione - che taluno rileva essere una discontinuità e che noi dell'Italia dei Valori siamo convinti rappresentare una discontinuità necessaria a fronte di talune scelte, quelle sì discontinue, rispetto all'articolo 11, del Governo passato e della precedente maggioranza parlamentare.
È pertanto una scelta di continuità costituzionale quella di concludere la missione Antica Babilonia in Iraq nata in conseguenza di un intervento militare deciso in violazione di quella legalità internazionale che la Costituzione all'articolo 11 e l'attuale maggioranza ritengono invece essere la bussola della nostra stessa legalità nazionale sino al punto di prevedere limitazioni - contenute in quell'articolo - alla sovranità in condizione però di reciprocità. Se quelle limitazioni di sovranità non sono accettate, come talora è accaduto nell'esperienza dell'ultimo Parlamento e dell'ultimo Governo, in condizione di reciprocità finisce il multilateralismo e diamo luogo ad un'impostazione dei rapporti internazionali che noi rigorosamente rifiutiamo.
È ancora una scelta di continuità costituzionale rispetto all'articolo 11 l'affermazione ribadita dall'Unione e dal ministro degli affari esteri che in territorio afghano l'Italia non è più in alcun modo impegnata militarmente nell'ambito della missione Enduring freedom, essendo ormai il contributo italiano a questa iniziativa limitato alla presenza di unità navali nel Golfo arabico.
È una scelta di continuità costituzionale rispetto all'articolo 11 la volontà espressa dall'Unione e dal Governo diPag. 103procedere ad una valutazione sulla prospettiva di superamento della missione Enduring freedom in Afghanistan.
È ancora una scelta di continuità costituzionale rispetto all'articolo 11 il multilateralismo e l'impegno militare dell'Italia nei limiti posti nelle sedi internazionali delle quali l'Italia fa parte (ONU, UE, NATO).
Tale continuità costituzionale rispetto all'articolo 11 è, al tempo stesso, il modo legittimo - l'unico modo costituzionalmente legittimo - ma anche il modo più efficace per costruire cultura di pace e per contrastare il terrorismo dilagante, vera e propria non terza guerra mondiale ma piuttosto vera e propria guerra mondiale del terzo millennio.
Il gruppo dell'Italia dei Valori sollecita, così come nella mozione dell'Unione accoglie, una legislazione organica sulle missioni perché in futuro esse, così ricche di professionalità e di impegno dei militari e dei civili, non siano disciplinate e confinate entro aride elencazioni di autorizzazione di spesa.
È ancora una scelta di continuità costituzionale rispetto l'articolo 11 la scelta accolta dalla maggioranza e dal Governo, proposta e sollecitata anche a firma mia e di altri colleghi dell'Italia dei Valori, di superare il richiamo al codice penale militare di guerra e di richiamare invece l'applicazione del codice penale militare di pace.
È ancora una scelta di continuità costituzionale rispetto all'articolo 11 la scelta di confermare e di rafforzare interventi di cooperazione allo sviluppo da tenere distinti dai pur necessari interventi di sicurezza e di polizia internazionale.
Nel preannunciare il voto favorevole dei deputati dell'Italia dei Valori, ritengo opportuno sottolineare l'importanza della scelta del Governo in favore della pace e del rispetto della legalità internazionale in tutte le missioni all'estero. Questo impegno di pace e di legalità internazionale dell'Italia siamo certi il Governo italiano saprà confermare in ogni futura ipotesi, anche nel Medio Oriente, costruendo nelle sedi internazionali, e non con scorciatoie e fuori da esse, la vera credibilità delle Nazioni Unite, e dell'Italia in esse, e la vera credibilità dell'Unione europea, e dell'Italia in essa.
Con queste parole, nel confermare il voto favorevole dei deputati del gruppo dell'Italia dei valori, desidero esprimere sempre a nome degli stessi e a nome mio personale, il pieno apprezzamento per i militari e i civili impegnati all'estero, per tenere alta la cultura della pace e al tempo stesso la credibilità del nostro paese (Applausi dei deputati del gruppo dell'Italia dei Valori e de L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, il deputato Bricolo, a nome del gruppo della Lega Nord Padania. Ne ha facoltà.
FEDERICO BRICOLO. Signor Presidente, la proroga delle missioni di pace sino al 31 dicembre 2006 non è questa volta un passaggio di rito. Noi per cinque anni - possiamo dirlo - abbiamo votato in modo granitico tutte le proroghe delle missioni di pace, senza alcuna eccezione da parte dei parlamentari del centrodestra. Invece oggi il centrosinistra arriva in quest'aula diviso, spaccato, cercando mille compromessi per riuscire ad arrivare ad un voto unitario. Dunque, diventa importante fare alcune premesse e considerazioni sulle missioni di pace già in atto.
Continua, e continuerà ancora a lungo, il nostro impegno militare in Kosovo, questo è certo. Tutti gli analisti concordano sul fatto che l'uscita da quel teatro non è all'orizzonte. La causa in parte è nell'impasse in cui si trova la diplomazia internazionale. In Kosovo, infatti, risulta difficile prevedere se e quando si giungerà ad una soluzione politica definitiva concernente lo status giuridico finale della provincia, che non è più serba e non tornerà a Belgrado, ma la cui indipendenza in questo momento non interessa più a nessuno. Non è un caso che le cose abbiano preso questa piega. In molti temono, infatti, che un Kosovo indipendente crei uno Stato musulmano nel quadro dei Balcani, magari aperto alle infiltrazioni jihadiste,Pag. 104con il tempo capace di assumere iniziative per dare vita ad una grande Albania; scenario al quale noi della Lega Nord Padania non siamo assolutamente favorevoli, in quanto fatto - a nostro avviso - non compatibile con l'interesse del nostro paese.
Bisogna essere conseguentemente molto fermi nel creare ostacoli a questo tipo di percorso; dobbiamo impedire a tutti i costi che la grande Albania diventi un paese in quest'Europa. È giusto ricordare anche che l'UCK, che in questo momento ha il potere in Kosovo, ebbe relazioni politiche ed economiche con lo stesso odioso regime dei talebani.
Per quanto riguarda l'Afghanistan, da questo paese non possiamo scappare. Karzai lo ha detto apertamente: se si perde in Afghanistan il terrorismo tornerà ad insanguinare impunito l'Occidente. Occorre quindi chiarezza e dire che si resterà in quel paese tutto il tempo necessario a riportare un successo certo, incontrovertibile e definitivo, senza scappatoie e senza sotterfugi, se il profilo della missione diventerà più elevato, riguardo sia alla lotta ai neotalebani, sia alla lotta ai trafficanti di droga. Ebbene, il nostro paese deve accettare questa sfida e deve portarla avanti a tutti i costi, e non certo come vuole evidentemente fare il centrosinistra. Per favore - lo diciamo sempre ai colleghi del centrosinistra e soprattutto al Governo - smettetela di appellarvi all'Europa nella scelta della vostra politica estera. L'Europa difatti in politica estera non c'è mai stata e non c'è, e lo dimostra la posizione che sta tenendo sulla crisi in Medio Oriente.
Faccio alcuni esempi: di rientro da un viaggio-lampo a Beirut, l'alto rappresentante della politica estera europea, Solana, ha affermato l'assoluta necessità di arrivare ad una de-escalation della situazione in Israele e a non entrare in una dinamica di azione e reazione. Il Consiglio degli affari generali dell'Unione europea del 17 luglio scorso, a cui peraltro il ministro d'Alema non ha nemmeno preso parte, è riuscito a comporre una dichiarazione finale assolutamente originale: ha chiesto solennemente, infatti, la fine delle ostilità. Questa non è la prima volta che citiamo dichiarazioni e posizioni dell'Unione europea che colpiscono solo per l'assoluta superficialità e inadeguatezza, per la palese ipocrisia dei capi di Stato europei, che sono uniti solo nelle foto di gruppo, ma poi non hanno intenti comuni. Ma le soglie del ridicolo sono ormai state superate troppe volte: pazienza, finchè si approvavano normative europee assurde su questo o su quel genere alimentare, o su questo o su quel modulo di certificazione di un attrezzo o qualcos'altro; pazienza, finchè si perdono i mesi e i milioni in discussioni sullo «zero virgola» dei budget che gli Stati devono dare all'Europa; pazienza! Ma la stupidità di questa Europa senz'anima diventa offensiva quando essa pretende di risolvere in due frasette di circostanza la sorte di essere umani, che siano israeliani o libanesi o iracheni o anche europei stessi, che rischiano ogni giorno di morire sotto le bombe del terrorismo e del conflitto etnico-religioso.
Dov'era l'Europa quando la Danimarca è stata messa a ferro e fuoco per due vignette? Che cosa ha saputo fare l'Europa quando la Spagna e la Gran Bretagna sono state dilaniate dalle bombe islamiche? Ha mai saputo dire una parola chiara, che fosse una, contro il fondamentalismo islamico, contro una religione che, per sua stessa definizione, non può contenere né Islam moderato né interlocutori che vogliano dialogare con l'Occidente? No, l'Europa ha sempre sostenuto acriticamente il mondo arabo pur di ritagliarsi una posizione definita solo in quanto antitesi rispetto agli Stati Uniti. Ha finanziato esponenti palestinesi di comprovata disonestà, ha pagato la propaganda antioccidentale, perfino nei libri di testo delle scuole e non ha mai voluto spendersi per una politica di controllo dell'immigrazione che ci proteggesse, almeno dalla violenza, se non dal declino culturale e identitario. Prendiamo atto del fatto che le Cancellerie europee si giocano interessi nazionali e non interessi comuni, che i grandi paesi europei hanno una loro tradizione di rapporti di interessi internazionali ed hanno una storia ed una eredità che ne segnano le scelte e che le posizioniPag. 105di Parigi e di Berlino, espresse a Bruxelles, sono soltanto abili giochi politici ad uso della propria politica interna, ben consapevoli - come sono - che qualunque cosa sia espressa e portata avanti in sede europea danno non farà, perché concretamente non produrrà alcunché.
Anche per il nostro paese la politica estera, nel vuoto comunitario, potrebbe almeno essere strumento di promozione e valorizzazione del nostro prestigio nazionale, della nostra immagine economica, politica e, addirittura, morale. Se la politica estera europea non è mai nata - e certo non nascerà a breve - che almeno ci sia una politica estera di questo paese che faccia dell'Italia un attore della scena e non l'ultimo degli ospiti. L'ossessione comunitaria di Prodi sta facendo in modo che alla chimera di una Europa che giace nei suoi sogni sia sacrificata ogni ambizione di prestigio dell'Italia; il nostro Presidente del Consiglio rincorre le Cancellerie europee che contano per rassicurarle che l'Italia non creerà problemi, anzi seguirà ogni proposta multilaterale dove non occorre, peraltro, assumere responsabilità di scelte difficili, non si opporrà alla richiesta di un seggio tedesco al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e rispetterà il patto di stabilità, come il primo della classe che fa un compito, a costo di «strozzare» il paese con le tasse. È persino un peccato che tanta paziente tessitura rischi di essere mandata in frantumi dalla vostra variopinta maggioranza, che in uno o nell'altro dei suoi esponenti riesce sempre a trovare qualcosa contro cui alzare barricate. Per fortuna, sono barricate di carta, facilmente annullabili al momento opportuno, di fronte al supremo bene della tenuta del vostro Governo e del suo tentacolare organigramma di ministri, viceministri, sottosegretari di Stato e ruffiani vari. State insieme solo per mantenere i vostri posti di potere: questo dobbiamo dirlo ai cittadini che ci stanno ascoltando in questo momento. Queste barricate sono sempre fastidiose e obbligano, oggi, ad annunciare alcune cose per contraddirle domani. Per salvare capre e cavoli, siete costretti a clamorose svolte che, di fatto, penalizzano l'immagine del nostro paese.
Ma c'è un «ma». I giornali italiani non li leggiamo soltanto noi e le televisioni occidentali sono seguite, con ben altri occhi, nel mondo islamico. Il concetto di ritiro dall'Iraq espresso da questo Governo è stato letto come una fuga, come un cedimento, come vigliaccheria da tutti i siti islamici e integralisti. Stiamo permettendo loro di pensare che hanno vinto, stiamo alimentando l'orgoglio del fanatismo, stiamo offrendo sostegno alla propaganda terrorista, che citerà anche l'Italia quando farà il lavaggio del cervello ad un nuovo kamikaze, e stiamo mettendo ulteriormente a repentaglio la sorte degli eserciti che hanno deciso di restare. Mi sembra un prezzo troppo alto da pagare per salvare i due o tre voti dei Verdi, di Rifondazione Comunista o dei Comunisti Italiani che vi sono indispensabili per non cadere clamorosamente al Senato.
Ci tenevo, signor Presidente, a concludere il mio intervento con un pensiero che non è politico ma che ha, prima di tutto, una dimensione umana. Mi rendo conto che, dopo avere visto segretari di partito che partecipano ai funerali di Stato dei nostri militari ridendo e scherzando, qualunque considerazione sull'operato dei nostri militari da parte di questa Assemblea possa sembrare loro più un insulto che un sostegno (Applausi dei deputati dei gruppi, della Lega Nord Padania, di Forza Italia e di Alleanza Nazionale).
Ognuno dei nostri soldati che parte in missione fa una scelta, ognuno ha un motivo diverso e delle aspettative, ma tutti indossano una divisa e sentono di rappresentare il paese.
Chi progetta, scrive e vota provvedimenti di questo tipo non sempre ha ben chiara davanti agli occhi la situazione dei ragazzi che, in ogni parte del mondo, sono impegnati in queste missioni di pace, che vedono tragedie che noi non vediamo e che lavorano per i nostri interessi. Sanno di correre rischi e noi - lo dico molto chiaramente - non permetteremo più che qualcuno di voi dica che i nostri soldatiPag. 106stavano lì per errore, per una missione che non era importante, che non era necessaria.
Che nessuno si permetta ancora di affermare che siamo noi i cattivi; che nessuno giustifichi e difenda chi fa saltare sulle bombe i nostri militari. Noi non ve lo permetteremo più (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Padania, di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro))!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Casini, a nome del gruppo dell'UDC. Ne ha facoltà.
PIER FERDINANDO CASINI. Signor Presidente, vorrei iniziare questo intervento a nome del mio gruppo esprimendo un pensiero deferente, che si indirizza ai nostri militari e, in particolare, ai caduti e alle loro famiglie. Vorrei dire loro una cosa molto semplice, ma importante: il loro sacrificio non è stato vano, il loro sacrificio è motivo di orgoglio per tutta la nazione.
Signor Presidente della Camera, ministro della difesa, rappresentanti del Governo, in ogni vicenda della vita ci sono grandi e piccoli uomini e in ogni area del mondo ci sono grandi paesi e piccoli paesi e non credo che i termini «grandi» e «piccoli» abbiano attinenza solo con la geografia (a volte non ce l'hanno affatto).
È un grande paese quello che coltiva la consapevolezza della continuità delle sue istituzioni. Gli uomini passano, ma le istituzioni rimangono; ciò vale per la Presidenza della Camera, ciò vale per la direzione del Governo di un grande paese come il nostro.
Un grande paese sono gli Stati Uniti, dove Hillary Clinton, in pieno dissenso con Bush forse anche sulla guerra in Iraq, sa esprimere al Presidente americano la condivisione di un sentimento e non lo lascia solo. Un piccolo paese - geograficamente si tratta di un grande paese, ma non si è dimostrato tale -, un paese che amo, è la Spagna che prima, con il suo Primo ministro Aznar si reca alle Azzorre con Blair e Bush, mentre dopo qualche mese, con Zapatero, abbandona precipitosamente l'Iraq.
Piccole scelte che pongono in uno stato di disorientamento anche l'opinione pubblica che, al di là delle nostre piccole o grandi beghe politiche e partitiche, ha davanti l'immagine del proprio paese; e quando il tricolore si alza, non penso che ci possano essere distinzioni di parte.
Ebbene, esprimeremo un voto favorevole sul disegno di legge in esame e lo facciamo con spirito di continuità con la politica estera. Questo è un valore, come lo è il multilateralismo simboleggiato nell'ONU, la scelta atlantica dell'Italia e la nostra scelta europea. E l'Europa - onorevole Diliberto - è in Afghanistan, non è fuori dall'Afghanistan! L'Europa, anche quell'Europa «zapateriana» che voi citate, non ha nostalgia dei talebani, è in Afghanistan a combattere i talebani (Applausi dei deputati dei gruppi dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), di Forza Italia e di Alleanza Nazionale)!
Valorizzare la discontinuità in nome di un pacifismo velleitario può essere funzionale a consolidare la maggioranza, ma è deleterio per l'Italia e le istituzioni.
Noi votiamo a favore del disegno di legge in esame, e lo facciamo anche se vi sono parti più convincenti e parti che lo sono meno. Votiamo a favore del presente provvedimento perché non intendiamo abbandonare i militari che abbiamo mandato in Afghanistan, e non vorrei deludere una parte dell'attuale maggioranza nel ricordare che fu proprio il precedente ministro della difesa, onorevole Martino, ad anticipare il ritiro dei nostri militari dall'Iraq.
Dunque, mi dispiace, ma c'è un principio di continuità al di là e al di sopra delle chiacchiere che ritroviamo in questo disegno di legge!
In questa Assemblea sono stati ascoltati discorsi inaccettabili, ma la nostra solidarietà va - come ha detto questa mattina l'onorevole Giovanardi - agli uomini ed alle donne che, in Iraq e in Afghanistan,Pag. 107hanno fatto la coda per votare. Non credo che l'Italia sia stata estranea a tale scelta di libertà e di democrazia: l'Italia l'ha favorita, e noi siamo orgogliosi di averlo fatto, pur con tutte le drammatiche difficoltà che quei paesi vivono (Applausi dei deputati dei gruppi dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Padania)!
Quando noi abbiamo votato a favore dell'intervento in Kosovo, onorevole D'Alema, non ci siamo chiesti se ci conveniva o meno, poiché non ne abbiamo fatto una questione di opportunismo politico. Noi oggi non votiamo a favore del presente disegno di legge per compiacere, favorire o sfavorire il Presidente del Consiglio: queste valutazioni ci sono estranee! Noi, invece, voteremo a favore di questo provvedimento nello spirito di continuità con la politica estera dell'Italia.
Non c'è stata una «legislatura d'ombra»; non ci sono state «le tenebre» in questi cinque anni: ci sono state decisioni anche discutibili, ma compiute tutte in nome della scelta atlantica ed europea del nostro paese (Applausi dei deputati dei gruppi dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), di Forza Italia e di Alleanza Nazionale)!
Nutriamo preoccupazione per il futuro. Ci domandiamo, infatti, se un Governo che ha manifestato, in quest'aula, una preoccupante disomogeneità a proposito delle coordinate della politica estera possa essere all'altezza del mondo terribile in cui viviamo. Qualcuno, infatti, ha parlato con disinvoltura della nostra partecipazione alla formazione di un contingente delle Nazioni Unite in Medio Oriente.
Ma io chiedo alla parte di questa maggioranza che ha dimostrato tutti questi «mal di pancia» e tutte queste perplessità: vi rendete conto di cosa ciò significherà in futuro? In questa legislatura, infatti, siamo partiti dall'Iraq per rimettere in discussione la nostra presenza in Afghanistan. L'attuale legislatura si è aperta con una parte della maggioranza che chiedeva il disimpegno dall'Iraq e che, una volta ottenutolo, ha riversato i suoi «mal di pancia» su una scelta, come la presenza in Afghanistan, sulla quale l'intera Unione europea si trova in sintonia. Vorrei peraltro ricordare ai «zapateristi» nuovi e vecchi che la Spagna, dopo il suo ritiro dall'Iraq, ha rafforzato il proprio contingente in Afghanistan.
Allora, cari colleghi, ribadisco che noi voteremo a favore del provvedimento in esame proprio con questo spirito di continuità. La pace non è l'obiettivo di una sola parte di quest'aula: vogliamo solamente ricordarvi che non esiste pace vera senza libertà. Sulla pace, possiamo avere ricette diverse sul modo per raggiungerla, ma la vogliamo tutti.
La vogliamo in spirito di continuità non solo con la nostra Costituzione, ma anche con le grandi scelte che sono state sempre compiute, in Europa e nel mondo, dal nostro paese. Comprendo il disagio della parte estrema della maggioranza, nonché il suo fastidio.
Il fastidio si manifesta in mille modi: con le battute, con le frasi, con le prese in giro, con il disinteresse degli uomini di Governo e con i sorrisi che, in realtà, dovrebbero lasciare il posto alla sobrietà, perché stiamo parlando di questioni che riguardano la vita e la morte di migliaia di persone, ed anche dei nostri militari (Applausi dei deputati dei gruppi dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), di Forza Italia e di Alleanza Nazionale)!
Io capisco tutto, perché capisco la politica, e il ragionamento che qualcuno di voi fa mi è chiaro: più diviso è un paese su questo tema, più, per alcuni di voi, è forte la maggioranza. Ma questa è una logica tutta partitica, che spinge qualcuno, ma che non fa onore al nostro paese.
È chiaro che la mancata autosufficienza al Senato della vostra maggioranza aprirebbe problemi politici enormi, come hanno ricordato i ministri degli esteri e della difesa e come ha autorevolmente detto il Presidente della Repubblica. Vorrei concludere dicendo che questo non ci interessa; il tema non è questo. È un problema vostro. Noi, oggi, non votiamo per il Governo: votiamo per l'Italia e perPag. 108gli italiani (Applausi dei deputati dei gruppi dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Democrazia Cristiana-Partito socialista - Congratulazioni)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Giordano, a nome del gruppo di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea. Ne ha facoltà.
FRANCESCO GIORDANO. Signor Presidente, dopo anni di mobilitazione democratica e pacifista, l'Italia ritira le proprie truppe dall'Iraq. Questo avevamo promesso al paese, questo avevamo scritto nel nostro programma e questo è ciò che il Governo dell'Unione concretamente dispone. Non resterà nessun nostro militare in quella terra martoriata dalla guerra e dal terrorismo. Mi creda, presidente Casini, ne siamo ben lieti. Dico sinceramente, da un punto di vista democratico, che, finalmente, quella di oggi, la sua, è un'autocritica sulla politica estera del Governo precedente.
Sa qual è la differenza tra noi e voi? Voi, ogni mese, annunciavate il ritiro delle truppe dall'Iraq. Questo Governo, oggi, viene in aula e lo fa concretamente con un disegno di legge (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e de L'Ulivo).
Si pone fine - questa è una vera discontinuità - alla subalternità del nostro paese ad una guerra dolorosa e crudele. Ci differenzia anche il nostro giudizio su quella guerra. Come tutte le guerre è crudele, ma è anche una guerra che ha fallito tutti gli obiettivi per i quali era stata proclamata. Si sono alimentati i bacini dell'odio in cui, in modo perverso, sono cresciuti il fondamentalismo e il terrorismo. È diventata sempre più vicina la precipitazione nel baratro del conflitto tra civiltà. La politica è stata annichilita dal fragore delle armi e da una semina di morte e di distruzione che ha desertificato la partecipazione dei popoli e la costruzione della democrazia.
Tutta la regione mediorientale è stata destabilizzata. Questo è il fallimento della politica americana e della strategia della guerra permanente di Bush. Ha avuto ragione ieri, il ministro D'Alema, ad affermare esattamente tutto ciò.
C'è una crisi come non accadeva dal 1990 tra Israele e Palestina. Il Libano è sull'orlo di una guerra civile ed è stato invaso da Israele. Siria ed Iran sono al massimo della tensione nelle relazioni della regione con il mondo. La Palestina è allo stremo.
Stiamo pagando un prezzo altissimo per le scelte del Governo Bush. Ora, bisogna fermare il conflitto, far cessare il fuoco, riaprire la via negoziale, fermare l'offensiva israeliana, rilasciare, per questa via, prigionieri ed ostaggi. L'interposizione dell'ONU deve essere finalizzata alla sola protezione dei civili e dei confini, peacekeeping ai confini tra il Libano ed Israele, a Gaza e in Cisgiordania. Tutti devono essere coinvolti alla costruzione del negoziato. Basta con gesti ed azioni unilaterali.
Il movimento per la pace si è opposto, dentro l'onda lunga del movimento contro la globalizzazione neoliberista, a questa drammatica escalation di distruzione e di arretramento politico e culturale e ci ha proposto la vera alternativa al precipizio della guerra di civiltà. La nostra internità a questo movimento e il contemporaneo riconoscimento della sua autonomia e della forza della sua cultura politica ci fanno dire che niente può giustificare una guerra, poco importa se fatta unilateralmente o in forma multilaterale. È questo per noi il valore straordinario dell'articolo 11 della nostra Costituzione.
Questo Governo ha ereditato un paese già coinvolto in diversi scenari di guerra. Noi ci stiamo battendo per avviare processi di pace.
Non abbiamo condiviso e non condividiamo la guerra in Afghanistan: lo ha ribadito limpidamente in questa sede il ministro degli affari esteri D'Alema e lo vogliamo ringraziare. La nostra opzione politica resta quella del ritiro delle truppe.Pag. 109Oggi, sappiamo che questa opzione è prevalente nella società italiana e non solo nel movimento pacifista.
Ma nell'Unione vi sono opinioni diverse, contrastanti. Per questo motivo, abbiamo lavorato limpidamente al raggiungimento di una mediazione che rifiutasse il prevalere di una logica di maggioranza all'interno dell'alleanza di Governo o la semplice riproposizione della logica bipartisan anche in materia di politica estera.
Proprio sulla politica estera vogliamo dare il segno del rinnovamento e della discontinuità, un rinnovamento che ci è richiesto dalla società italiana. È una mediazione dalla quale far ripartire l'iniziativa del movimento della pace. Questa nostra mediazione ha impedito lo scambio, che pure è stato proposto all'Italia dagli Stati Uniti d'America e dalla NATO, dopo l'uscita dall'Iraq, di dislocare più mezzi e uomini in Afghanistan. In fondo, aveva fatto così anche Zapatero, il cui ritiro dall'Iraq è stato unanimemente apprezzato nel mondo pacifista.
I nostri militari non sposteranno la loro area di intervento al sud, dove il conflitto si fa sempre più aspro e pericoloso, non muteranno la regole di ingaggio e sarà adottato il codice penale militare di pace al posto di quello di guerra.
Per la prima volta, compare uno stanziamento per il Darfur, paese in cui è in corso una tragedia umanitaria e che non riesce ad avere una centralità nella comunità internazionale solo perché lì non si concentrano gli interessi geopolitici statunitensi.
Con la mozione, che è parte integrante di questo accordo di maggioranza, abbiamo provato a tracciare le linee programmatiche delle nostre missioni, in particolare quelle in Afghanistan, con la costituzione di un comitato parlamentare di monitoraggio al quale associare organizzazioni non governative e pacifiste in grado di stimare l'evoluzione concreta della situazione afgana, valutando l'ipotesi di un superamento di Enduring freedom e la possibilità di ridiscutere nelle sedi internazionali la nostra presenza in quel territorio. Si profila, così, l'avvio di un'altra politica estera del paese, diversa e alternativa a quella del Governo precedente. Bisogna continuare su questa strada, e andare oltre.
In questi giorni, abbiamo interloquito nel pieno rispetto delle autonomie con il variegato arcipelago pacifista. Ma è anche il Governo, in tutte le sue articolazioni, che deve sentire questa interlocuzione come la bussola della propria iniziativa, come il riferimento costante di una nuova grammatica di relazione tra i popoli e gli Stati.
Come potrebbe, d'altronde, il nostro paese non usare questo vocabolario di pace, immerso così com'è nel mare Mediterraneo, crocevia di ricche relazioni con i paesi che si affacciano sull'altra sponda? Sono la stessa posizione geografica, la nostra storia, la nostra identità culturale, che i Governi delle destre hanno cercato di stravolgere e snaturare, che ci hanno fatto contrastare ogni dissennata pretesa di primazia della civiltà occidentale, preludio culturale dello scontro di civiltà.
Colleghi delle destre, in questi anni avete sistematicamente (e ne abbiano avuto echi anche or ora in quest'aula) costruito la paura del nemico esterno - l'Islam, i migranti e tutto quello che vi appariva diverso - per costruire un'identità regressiva e conservatrice sul piano culturale e sul piano politico e una totale subalternità agli interessi americani.
Noi investiamo sulla pace per costruire una società solidale e alternativa sul piano culturale e rivendicare l'autonomia e la dignità del nostro paese. Noi speriamo e lavoriamo affinché l'agenda politica di questo paese sia cambiata radicalmente, e sia cambiata dalle iniziative di pace. Chiediamo a questa agenda politica che al primo posto ci sia scritta proprio quella parola: la parola pace (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e de L'Ulivo - Congratulazioni)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Ronchi, a nome del gruppo di Alleanza Nazionale. Ne ha facoltà.
Pag. 110
ANDREA RONCHI. Signor Presidente, signor ministro, onorevoli colleghi, il gruppo di Alleanza Nazionale voterà a favore del rifinanziamento delle nostre missioni all'estero, in profonda coerenza con i principi che hanno guidato la politica estera del nostro Governo di centrodestra.
Il ministro degli esteri D'Alema ha sempre auspicato che l'Italia diventasse un paese normale, nel senso che avesse tra l'altro una vita politica e istituzionale normale, come quella delle grandi democrazie occidentali. Per quanto possiamo dargli atto di questi suoi tentativi, oggi stiamo assistendo, proprio sul campo, onorevole ministro D'Alema, della politica estera, alla assoluta anormalità della nostra Italia, con un Governo sempre più ostaggio e condizionato da una sinistra massimalista pacifista e radicale, nel senso deteriore del termine, che certamente sta portando anche in queste ore la nostra Italia in una condizione di difficoltà e di marginalità nello scacchiere internazionale.
Il voto sulle missioni all'estero delle nostre Forze armate è stato preceduto da un dibattito aspro con toni particolarmente accesi, non tanto tra maggioranza ed opposizione, come sarebbe giusto che fosse, ma proprio all'interno della vostra, della sua maggioranza. Basta ascoltare. Abbiamo sentito poco fa gli interventi dell'onorevole Diliberto e dell'onorevole Crema, totalmente in antitesi, l'uno profondamente diverso dall'altro: bella maggioranza!
Nel tentativo di eliminare questa anomalia, i partiti della maggioranza di centrosinistra hanno chiesto aiuto all'ONU. Kofi Annan e il rappresentante delle Nazioni Unite a Kabul, il tedesco Koenigs, sono venuti a Roma per sostenere la bontà della scelta fatta - pensa un po'! - dal governo Berlusconi, e cioè che in Afghanistan, onorevole Giordano, siamo per una missione di pace, sì per una missione di pace, e non possiamo sottrarci alle nostre precise responsabilità, bensì dobbiamo rispondere positivamente alle richieste della NATO, che opera sul terreno per conto delle Nazioni Unite, che chiede proprio un rafforzamento del nostro apporto militare.
Abbiamo così assistito alle contestazioni di Annan e di Koenigs da parte di coloro che la bandiera delle Nazioni Unite hanno sempre sventolato, invocandola come insostituibile, per qualsiasi operazione militare internazionale di pace o di lotta al terrorismo. Nel caso dell'Afghanistan ora questo - pensate - non vale più, e da certa sinistra è stato ripreso il tema secondo il quale la legittimazione internazionale dell'ONU, negli interventi di cui stiamo parlando, è necessaria, ma, guarda un po', non più insostituibile. Alla prova dei fatti - ricordiamoci drammaticamente del Rwanda e di Srebrenica - le Nazioni Unite, purtroppo, hanno spesso fallito e, dal punto di vista operativo, sono state costrette a ricorrere, come nel caso dell'Iraq, ad una forza multinazionale, che è stata ripetutamente avallata dal Consiglio di sicurezza e, nel caso dell'Afghanistan, formalmente gestita dall'ONU.
Abbiamo assistito, e stiamo assistendo, ad un indecoroso e ridicolo dibattito su come ridurre l'impegno, su come camuffarlo, su come evadere le richieste della NATO. Pensate, siamo arrivati al punto di decidere di non mandare gli elicotteri Predator, che chiamandosi così non sono conciliabili con una missione di pace: ministro D'Alema, è una politica estera seria? È una politica estera credibile? Noi crediamo che questa non sia una seria politica estera credibile di un grande Stato, di una grande Italia!
Sono le stesse dichiarazioni del ministro degli esteri, che denuncia un ritiro dall'Afghanistan come unilateralismo suicida, che danno la misura delle vostre profonde contraddizioni; e nonostante le acrobazie volte a salvare un Governo dal naufragio parlamentare, specialmente al Senato, le vostre contraddizioni ci sono, restano solide e non sono superabili, non foss'altro perché sulla sinistra esiste una componente tardo-ideologica che, legittimamente certo, ha una visione del mondo non diversa, ma che noi definiamo antitetica, non soltanto alla nostra, ma anchePag. 111a certi partiti centristi proprio della sua maggioranza di centrosinistra dell'Unione.
Per aggirare e coprire queste vistose e profonde contraddizioni, avete coniato addirittura due neologismi politici: discontinuità ed equivicinanza.
Che cosa significa? A sentire voi, una rottura con l'operato proprio del Governo Berlusconi. E per quanto riguarda l'equivicinanza, invocata per la situazione in Medio Oriente? Vi dovreste vergognare, perché voi vorreste un'Italia equamente vicina ad Israele ed ai terroristi di Hamas; ma questo noi non ve lo permetteremo mai, perché noi saremo sempre e comunque, senza «se» e senza «ma», contro ogni forma di terrorismo!
Cosa è avvenuto? Cosa sta avvenendo? Nel caso dell'Afghanistan, il Governo è stato costretto, nella realtà e non nelle formulazioni bizantine di documenti dettati e formulati in nome di un compromesso, a rivendicare la continuità della politica proprio del Governo Berlusconi, in perfetta sintonia con i rappresentanti delle Nazioni Unite: questa è la sostanza della scelta! Mi dispiace per l'onorevole Giordano e per l'onorevole Diliberto, ma questa è la realtà dei fatti di oggi! I riferimenti alla discontinuità, ai limiti della missione, e i capziosi correttivi dialettici sono stati escogitati per salvare la faccia di chi, alla fine, obbedisce e sta obbedendo alla logica del potere e non a quella delle idee e dei propri convincimenti. In queste ore, però, gli italiani si stanno rendendo conto delle vostre grandi contraddizioni, delle vostre contrapposizioni e delle assurdità che caratterizzano, ora dopo ora, la maggioranza di centrosinistra e l'Unione. Cosa vuol dire, altrimenti, la discontinuità?
Vede, ministro D'Alema, nel nostro paese, la politica estera obbedisce, da oltre cinquant'anni, ad alcuni punti fermi sui quali non ci può, non ci deve e non ci dovrà mai essere discontinuità: l'Alleanza atlantica, l'Europa, la democrazia come grande valore di civiltà, il rapporto con gli Stati Uniti e, più recentemente, la lotta al terrorismo. Quali sono i vostri? Vede, onorevole Giordano, le vorrei ricordare che noi non siamo subalterni a nessuno, ma siamo fieramente contro il terrorismo. E noi combatteremo, politicamente, culturalmente e moralmente, il terrorismo! Aspettiamo da voi i fatti veri, per sapere cosa fate e cosa farete per combattere, in Europa, il terrorismo!
Il nuovo Governo intende operare una soluzione di discontinuità su questi punti? A sentire quanto sostengono certi esponenti del vostro Governo, la risposta è «sì»: la NATO non avrebbe più ragione di esistere! Abbiamo ascoltato, in queste ore, che gli Stati Uniti sono sempre e comunque una potenza imperialista.
Allora, è lecito chiedersi: come può definirsi e come può essere credibile una politica estera così fragile e così contraddittoria? È lecito anche chiedersi come si possano lanciare appelli affinché l'opposizione possa muoversi in maniera responsabile, tenendo presenti gli interessi superiori della nazione italiana, quando poi voi siete così frastagliati e contraddittori.
Discontinuità ed equivicinanza, signor ministro, non reggono proprio alla prova dei fatti e delle realtà! Il tentativo di porre sullo stesso piano l'unica, vera, credibile democrazia del Medio Oriente, Israele, con gruppi terroristici come Hamas, che vogliono proprio la distruzione dello Stato di Israele, è politicamente sbagliato e moralmente inaccettabile, perché Hamas non è Abu Mazen, al quale proprio l'ex ministro degli esteri, onorevole Fini, portò il sostegno dell'Italia e dell'Europa per la creazione di uno Stato palestinese capace di vivere in pace con quello ebraico.
Come per l'Afghanistan, ma, forse, ancor più per il Libano e Gaza, abbiamo assistito al solito scontro tra le tante vostre anime, con partiti orientati a comprendere le ragioni di Israele ed altri, invece, che parteggiano per Hamas.
Il presidente Fini ha ampiamente illustrato le ragioni di questa crisi e perché la democrazia israeliana debba essere garantita nella pace, nella tranquillità e nella sicurezza. Quel che intendiamo ribadire adesso è che, pur nelle diverse situazioni dei problemi, c'è un grande filo conduttore che va dal Golfo al Mediterraneo: è quelloPag. 112della lotta al terrorismo, contro ogni forma di terrorismo. A questo proposito, vorrei ricordarvi che proprio l'amministrazione Clinton, a voi così cara, approvò ed applicò l'intervento umanitario per giustificare guerre spesso preventive.
Alleanza Nazionale ritiene che la lotta al terrorismo in tutte le sue manifestazioni, resti una priorità che non può e non deve consentire discontinuità. Ed è questo il caso dell'Afghanistan. I nostri soldati si trovano in quel paese nel quadro di un impegno militare internazionale che, iniziatosi con l'obiettivo di privare del santuario talebano Al Qaeda, prosegue adesso per dare senso e prospettiva a questa missione, per portare pace, libertà, sviluppo e democrazia.
Nel caso dell'Iraq, infine, abbiamo un altro esempio di quanto la vostra discontinuità non abbia senso e sia pericolosa. L'attuale Governo ha dovuto soltanto prendere atto di quanto aveva deciso quello precedente - il ritiro dei nostri soldati entro quest'anno -, e ha cercato di presentare come discontinuità la fissazione di un calendario già imposto...
PRESIDENTE. La prego di concludere...
ANDREA RONCHI. ...da necessità operative e logistiche, criticando una missione di cui in questo momento e in questo contesto rivendichiamo la giustezza e che ha come protagonisti i nostri soldati, i soldati italiani, portatori e costruttori di pace, quella vera (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale, di Forza Italia e dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Berlusconi, a nome del gruppo di Forza Italia. Ne ha facoltà.
SILVIO BERLUSCONI. Signor Presidente, signori del Governo, signori deputati, purtroppo la drammatica realtà di queste ore è di nuovo la guerra in Medio Oriente. Israele esercita il suo diritto a difendersi attaccando le infrastrutture del terrore, che hanno portato morte e distruzione nella sua terra, nelle sue città, e che minacciano la sua stessa esistenza. La reazione di Israele è direttamente proporzionale alla provocazione che preme ai suoi confini con il metodo odioso della presa di ostaggi e del lancio di razzi sulle abitazioni civili. «Immaginatevi se piovessero missili dall'Italia o dalla Svizzera sulla terza città più importante della Francia» - ha detto il senatore democratico di New York Chuck Schumer, in polemica con quegli europei che parlano di un uso sproporzionato della forza da parte di Israele. Anche il ministro degli esteri italiano, in quest'aula, ieri, ha riconosciuto che l'iniziativa armata è partita dai radicali islamisti di Hezbollah e di Hamas, incoraggiati e protetti e finanziati e armati dai regimi di Damasco e Teheran.
L'onorevole D'Alema, nonostante il suo curioso senso delle proporzioni, sa bene che ogni causa ha il suo effetto e che la guerra di Israele al terrorismo islamista ha una ferrea base di legittimità, impossibile da disconoscere. Dietro i razzi di Hamas e degli Hezbollah c'è il regime cugino di Saddam Hussein a Damasco ed uno Stato come quello iraniano, il cui capo nega le camere a gas di Auschwitz, predica la distruzione dello Stato di Israele, lavora per la sua cancellazione dalla carta geografica e si sottrae nel contempo al dovere di osservare il trattato di non proliferazione nucleare, raggirando da anni le diplomazie di tutto il mondo.
Una politica estera e di sicurezza seria misura su questi dati il suo senso delle proporzioni. Da qui si parte per esercitare le arti della diplomazia e della mediazione, che fanno parte di una visione realistica della politica, non si parte dalla negazione della realtà o dalla sua edulcorazione. Abbiamo sentito di molte telefonate partite da Palazzo Chigi in questi giorni verso il Medio Oriente, ma non abbiamo ascoltato una parola chiara di severità contro gli aggressori e di sincera solidarietà (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale, dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e deiPag. 113Democristiani di Centro) e della Lega Nord Padania) nei confronti del paese, nei confronti di Israele, nuovamente aggredito dal partito del terrore che si maschera dietro le insegne del partito di Dio.
Ma, come ha detto al Knesset il premier israeliano Ehud Olmert, nella vita di una nazione vi sono momenti di purificazione, in cui le dispute politiche e partigiane, che ci separano, vanno sostituite da un senso di responsabilità comune. E questo vale, deve valere anche per noi, dal momento che il voto sulla missione in Afghanistan dovrà essere la prova che la posizione dell'Italia nel mondo, la sua lealtà verso i propri compiti di grande paese occidentale, la sua capacità di stare in campo per una pace duratura nella battaglia contro il terrorismo e contro l'offensiva fondamentalista non sono cose che cambiano ad ogni evento elettorale, ma radici profonde del nostro modo di essere e di agire nella comunità internazionale.
Voteremo, quindi, compatti, dal primo all'ultimo deputato e senatore dell'opposizione, a favore del rifinanziamento della nostra missione a Kabul. Chi ha restituito agli afghani il diritto di vivere liberi dall'oppressione dei fanatici, chi ha smantellato le basi di Bin Laden e i suoi campi di addestramento, chi ha portato quel popolo consegnato da secoli al dominio dei signori della guerra ad eleggere democraticamente un proprio Parlamento ha il diritto di avere tutto l'appoggio che un paese come l'Italia può dare all'interno delle sue alleanze internazionali.
Nei cinque anni in cui ho presieduto il Governo ho sempre sollecitato, purtroppo invano, la formazione di maggioranze, le più larghe possibili, per sostenere le missioni militari di pace in cui ci siamo impegnati. Quando eravamo all'opposizione, ai tempi della guerra contro il nazional-comunismo serbo, che aggrediva le popolazioni albanesi e musulmane del Kosovo, ci comportammo alla stessa maniera.
Il senso del nostro voto non è dunque quello di una tattica parlamentare, o peggio di una «gherminella» per scompaginare una maggioranza - di suo diciamo piuttosto fragile - sui temi decisivi della politica estera e delle alleanze dell'Italia. Il senso del nostro voto incondizionato e libero è un'altro: crediamo che l'Italia non possa permettersi di tornare alla pratica del rovesciamento di fronte e del tradimento delle intese stipulate con il beneplacito e l'incoraggiamento delle Nazioni Unite e della NATO (Applausi dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale, dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), della Lega Nord Padania e della Democrazia Cristiana-Partito Socialista).
Siamo convinti, siamo assolutamente sicuri che in questo Parlamento ci sarà sempre una maggioranza atlantica, occidentale, capace di far fronte alla guerra contro il terrorismo e capace di operare per l'ampliamento della democrazia nei paesi arabo-islamici che è poi la premessa, l'unica effettiva premessa, di una vera pace.
Noi siamo oggi l'opposizione costituzionale, votiamo di regola contro le scelte della maggioranza che abbiamo il mandato di controllare e di contrastare, proponendo soluzioni alternative che scaturiscono dal nostro programma e dalla fiducia che metà degli italiani ci hanno espresso con il proprio voto.
Sulle questioni che riguardano l'identità del paese, i suoi principi, votiamo in coerenza con le nostre idee, sicuri del fatto che anche questo fa parte del mandato ricevuto dagli elettori.
La maggioranza di regola dovrebbe essere politicamente autosufficiente in entrambe le Camere ed in particolare nell'ambito decisivo della politica estera e di sicurezza; se questo non fosse sarà vostra responsabilità, signori del Governo, indicare una strada seria per uscire dalla crisi. Un paese privo di una maggioranza stabile in politica estera sarebbe uno strano animale mitologico, un ircocervo senza capo né coda che la comunità internazionale guarderebbe con un misto di compassione e di ilarità. Un paese ridicolo che non possiamo permetterci (Applausi dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale, dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani ePag. 114dei Democratici di Centro), della Lega Nord Padania, della Democrazia Cristiana-Partito Socialista e del deputato La Malfa - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Fassino, a nome del gruppo de L'Ulivo. Ne ha facoltà.
PIERO FASSINO. Signor Presidente, signori del Governo, colleghi deputati, il nostro dibattito si svolge mentre immagini di guerra entrano nelle nostre case e ci testimoniano la sofferenza e il dolore che la popolazione civile israeliana, palestinese e libanese anche questa volta paga sulla propria pelle.
Anche in questa sede uniamo la nostra voce a quella del Governo italiano e a quella dell'intera comunità mondiale nel sollecitare le parti ad una tregua che arresti l'escalation bellica e consenta un'azione internazionale di mediazione per la liberazione dei soldati israeliani rapiti e la sospensione di tutte le attività militari, sia le incursioni degli Hezbollah e di Hamas contro Israele sia le operazioni dell'esercito israeliano a Gaza e in Libano.
Naturalmente, non può e non deve essere negato ad Israele il diritto a difendersi contro chi ne insidia e ne minaccia l'esistenza e la sicurezza. E di fronte ai ripetuti attacchi di Hezbollah e di altri gruppi islamici la nostra solidarietà ad Israele ed al suo popolo è piena.
Chi, in questi giorni, guarda con inquietudine alla durezza della risposta israeliana a quegli attacchi e richiama un criterio di proporzionalità nell'uso della forza, non lo fa per un pregiudizio antiebraico o per sottovalutazione dei rischi a cui Israele è esposta. Preoccupano le conseguenze che, prima di tutto, sulla sicurezza di Israele possano ricadere ed il rischio che, ancora di più, si pregiudichino i residui spiragli di un percorso negoziale di pace e si riducano gli spazi di azione politica per Abu Mazen e quei settori della dirigenza palestinese che vogliono la pace con Israele. Insomma, l'impegno del Governo e della maggioranza è volto a favorire ogni atto che possa spezzare la spirale dell'odio e riaprire il dialogo, il confronto, il negoziato.
Per questo ci auguriamo che la disponibilità manifestata dal Segretario generale delle Nazioni Unite ad inviare una forza multilaterale di interposizione dell'ONU sia accolta dalle parti come la condizione per interrompere la spirale di atti terroristici e di azioni militari, a favore della ricerca dell'unica soluzione di pace possibile, quella fondata sul riconoscimento reciproco, sul consenso e sulla parola.
Proprio guardando al Medio Oriente, possiamo constatare la coerenza del disegno di legge che il Parlamento sta esaminando. Esso muove da una consapevolezza: il mondo ha bisogno di pace, perché solo nella pace potranno essere perseguite le soluzioni alla povertà, all'ingiustizia, alle ineguaglianze e alle tanti contraddizioni che affliggono, ancora, tanta parte del pianeta. Ma la pace ha bisogno di stabilità e di sicurezza, tanto più di fronte ad un terrorismo che, dall'11 settembre 2001 ad oggi, ha funestato il mondo intero mettendo a rischio la vita di milioni di uomini e la stessa convivenza civile.
Non solo, ma proprio perché viviamo in un mondo globale e interdipendente non esistono più quelle che, una volta, chiamavamo «guerre locali», perché ogni conflitto, ovunque avvenga, incide sulla vita del pianeta e ci riguarda tutti. Dunque, sconfiggere il terrorismo, fermare le guerre, prosciugare le paludi dell'odio, far prevalere le ragioni della parola sulla violenza delle armi è responsabilità di ogni paese.
Ma ciò significa mettere in campo strategie e mezzi adeguati, significa abbandonare definitivamente la strada dell'unilateralismo, cioè l'illusione che una nazione, da sola, sia in grado di garantire la sicurezza del pianeta. Non è così! Nessun paese, neanche il più potente del mondo da solo può riuscire ad assicurare pace, sicurezza e stabilità. Questi obiettivi si possono conseguire se si coinvolge ogni nazione, rendendola responsabile di azioni comuni e condivise, e questo significaPag. 115riconoscere alle istituzioni multilaterali in cui la comunità internazionale si riconosce tutta, a partire dall'ONU, la responsabilità di guidare la risoluzione dei conflitti.
Non è ciò che è avvenuto in Iraq, dove invece si è scelta la strada unilaterale di una guerra decisa senza legittimità internazionale e sulla base di motivazioni (lo smantellamento degli arsenali militari di Saddam Hussein) che si sono rivelate artificiose. Si è trattato, soprattutto, di una guerra percepita, non solo dalla popolazione irachena ma dall'intero mondo islamico, come un atto di ostilità dell'Occidente, con la conseguenza nefasta che una guerra che avrebbe dovuto rendere il mondo più sicuro ha, in realtà, scavato un solco di diffidenza ed incomunicabilità ancora più profondo tra Occidente ed Oriente, ha alimentato il diffondersi di pericolosi umori antioccidentali nel mondo islamico, ha indebolito l'isolamento del terrorismo e l'azione di contrasto alle sue organizzazioni criminali.
È questa la ragione per cui abbiamo sempre manifestato contrarietà alla guerra in Iraq e abbiamo sollecitato più volte gli Stati Uniti e la comunità internazionale ad adottare una strategia del tutto diversa nella transizione alla democrazia in quel paese. È per questo che oggi, in coerenza con gli impegni assunti con gli elettori, predisponiamo il rientro dei soldati italiani dall'Iraq, accompagnando tale decisione con un programma di aiuti per lo sviluppo economico e di assistenza per la ricostruzione civile e politica di quel paese. Questo proprio perché il rientro dei soldati italiani dall'Iraq non vuole essere e non è una riduzione dell'impegno dell'Italia che, invece, intende assumersi tutte le responsabilità necessarie ed utili nella lotta al terrorismo e nel sostegno alla soluzione dei conflitti ed ai processi di stabilità, di pace e di democratizzazione.
Lo abbiamo fatto e lo facciamo nei Balcani, dove da dieci anni la consistente presenza militare italiana contribuisce in maniera decisiva alla stabilità ed alla pace in un'area devastata per anni dalla pulizia etnica, dagli stupri di massa e dalla guerra. Lo abbiamo fatto e lo facciamo in Afghanistan, dove i nostri soldati sono presenti insieme a contingenti militari di tutti i paesi europei sulla base di una decisione dell'ONU, volta a sostenere il consolidamento democratico in quel paese ed impedire il ritorno dei talebani e del loro regime dispotico. Lo abbiamo fatto qualche anno fa a Timor Est concorrendo, insieme ad altri paesi europei ed asiatici, a garantire una pacifica transizione verso l'indipendenza di quella nazione. Siamo pronti a farlo, come ancora ieri ha ricordato il ministro D'Alema, nel Darfur per contribuire alla soluzione di un tragico conflitto troppo a lungo rimosso e dimenticato. Siamo pronti a farlo in Medio Oriente, dove già oggi i soldati italiani sono presenti su mandato ONU al passo di Refah e sul confine tra Libano e Israele, contribuendo ad una forza di interposizione che arresti la spirale tragica di queste settimane, tuteli la sicurezza di Israele, riapra la strada al negoziato.
Tutto questo non è in contraddizione con l'articolo 11 della Costituzione. Al contrario, è perfettamente coerente con quell'articolo nel quale c'è scritto, sì, che l'Italia ripudia la guerra come strumento di risoluzione dei conflitti, ma anche che l'Italia è pronta a concorrere, anche con le sue Forze armate, alle iniziative promosse dalle istituzioni internazionali multilaterali per il mantenimento della pace e della democrazia. Insomma, l'articolo 11 della Costituzione dice «no» alla guerra, ma dice «no» anche al terrorismo e dice «no» alla negazione dei diritti universali di libertà, impegnando il nostro paese a difenderli contro chi li viola, li nega e li opprime. Peraltro, una considerazione intellettualmente onesta sull'uso della forza, che in politica è un'eventualità estrema ma possibile, non può negare quanto sia forzato e deviante rappresentare come guerra azioni ed interventi che, in realtà, hanno il carattere di polizia internazionale a tutela di valori, diritti e principi essenziali per la pace e la sicurezza nel mondo.
Sono queste le ragioni per le quali noi dell'Ulivo sosteniamo con convinzione il disegno di legge che il Governo ci ha presentato e chiediamo a tutte le forzePag. 116politiche presenti in questo Parlamento di sostenerlo. Lo chiediamo prima di tutto a tutte le forze di maggioranza, che hanno il dovere di manifestare solidarietà e coesione in una materia così delicata e strategica per la vita del nostro paese e del mondo intero. Anche chi può avere dubbi, che naturalmente rispettiamo, non necessariamente deve tradurli in un voto contrario. Si può benissimo rendere esplicito un dissenso e, al tempo stesso, farsi carico di non incrinare nel voto la coesione della maggioranza di Governo. Senza imbarazzi chiediamo il voto favorevole anche alle forze dell'opposizione perché, non da oggi, siamo convinti che su grandi temi che riguardano il destino dell'Italia, la sua collocazione internazionale, la sua sicurezza sia necessario realizzare la più ampia condivisione sia per consentire alle nostre Forze armate di assolvere alle loro missioni forti del consenso della nazione intera, sia perché quanto più larga sarà la condivisione di scelte così impegnative tanto più il ruolo di pace dell'Italia, un ruolo che ancora una volta qui riconfermiamo, sarà efficace e riconosciuto (Applausi dei deputati dei gruppi de L'Ulivo, dell'Italia dei Valori, de La Rosa nel Pugno, dei Verdi e dei Popolari-Udeur - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale a nome dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo Misto.
Avranno ora luogo, al di fuori della ripresa televisiva diretta, alcuni interventi, della durata massima di due minuti ciascuno, per dichiarazione di voto a titolo personale.
Prendo atto che il deputato Armani, che aveva chiesto di parlare, vi ha rinunziato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Cannavò. Ne ha facoltà.
SALVATORE CANNAVÒ. Signor Presidente, spiace dover produrre una dichiarazione di voto in dissenso dal proprio gruppo e dal proprio partito. Tuttavia, il provvedimento che in questa sede oggi votiamo, nonostante contenga la previsione dell'importantissimo ritiro dall'Iraq, frutto della battaglia di uno dei più imponenti movimenti per la pace, conferma la missione in Afghanistan; una missione che non solo chi vi parla ma la stessa NATO, che guida le operazioni, considera di guerra e che, tra l'altro, non ha risolto nessuno dei problemi di quella popolazione.
Si tratta, quindi, di una missione che viola l'articolo 11 della Costituzione e che, non a caso, non è stata contemplata nel programma dell'Unione: mai, quindi, è stata sottoposta al giudizio ed al mandato degli elettori i quali, per il 61 per cento, chiedono il rientro in patria dei nostri soldati.
Su tale missione, le forze della sinistra radicale e pacifista si sono sempre espresse in modo contrario, a differenza di quei partiti del centrosinistra che hanno invece votato con le destre e con il Governo Berlusconi (Commenti del deputato Fabris).
Oggi, questa unità bipartisan viene ricomposta in un modo che mi sembra innaturale; suonano quindi irricevibili le pressioni indebite scagliate contro chi vuole mantenere una coerenza nel voto; alcune di queste pressioni sono, esse sì, davvero anacronistiche.
Il «no» alla guerra rappresenta un elemento costitutivo della politica, e non può contemplare l'ipotesi di un'illusoria riduzione del danno. Manterrò quindi il voto contrario su questo provvedimento senza che ciò comporti la delegittimazione della maggioranza o una sfiducia al Governo (Commenti dei deputati del gruppo di Forza Italia).
Avrei preferito esprimere il voto separatamente sulle diverse missioni, come indicato dal programma dell'Unione. Programma che, come è evidente, viene violato non da chi rivendica un legittimo dissenso ma da chi della guerra non vuole discutere davvero e fino in fondo (Commenti dei deputati del gruppo di Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Burgio. Ne ha facoltà.
ALBERTO BURGIO. Signor Presidente, il mio voto contrario sul disegno di legge è coerente con le motivazioni che mi hanno indotto a sottoscrivere due proposte emendative al provvedimento in esame poc'anzi respinte dall'Assemblea.
A quanti considerano un voto in dissenso su questa materia un vulnus per la maggioranza, mi permetto di ricordare che la possibilità di esprimere un dissenso, soprattutto se è in discussione la partecipazione del paese ad una guerra, è un cardine dell'istituzione parlamentare, è un valore fondamentale per il corretto svolgimento della funzione di ciascuno di coloro che siedono in questa aula.
VALENTINA APREA. Certo, ma ha conseguenze politiche!
ALBERTO BURGIO. Non è certo un caso che tale possibilità sia contemplata nel regolamento di questa Camera. La decisione del Governo di far votare unitariamente le ventinove missioni italiane all'estero, in deroga a quanto previsto nel programma dell'Unione, mi costringe ad esprimere un voto contrario sull'intero provvedimento in esame. È un voto che per quanto mi riguarda non compromette il mio rapporto di lealtà nei confronti della maggioranza che sostiene il Governo e del gruppo parlamentare al quale appartengo (Commenti e applausi ironici dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Pegolo. Ne ha facoltà.
GIAN LUIGI PEGOLO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, nel corso di questi giorni si sono abbattuti giudizi assai pesanti sui parlamentari del centrosinistra che hanno espresso il loro parere negativo sul disegno di legge in esame; perfino autorevoli cariche dello Stato sono intervenute per lanciare un grido di allarme sulla possibile crisi della maggioranza di Governo.
Tutto questo allarmismo non si è manifestato quando il centrodestra ha annunciato il voto favorevole sul disegno di legge in esame, segno che, se si è paventata la crisi della maggioranza, non ci si è preoccupati però di un emergente consociativismo in materia di politica estera che a me pare sconcertante (Commenti).
Nel merito, la mia riserva sul disegno di legge che ratifica a tempo indeterminato la missione in Afghanistan resta netta. Non vi dovrebbe essere alcun dubbio che in Afghanistan è in corso una guerra e che tale guerra muove dall'esigenza di tutelare e consolidare il ruolo internazionale degli Stati Uniti in un'area di indubbia rilevanza strategica e che senza una soluzione politica non vi sarà fine a quella tragedia.
Per questa ragione voterò contro questo disegno di legge. Il rifiuto della guerra non può essere un optional a cui si ricorre solo quando si è all'opposizione. Si pone, quindi, almeno per me, un problema di coscienza e di coerenza politica che non può essere eluso.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Franco Russo. Ne ha facoltà.
FRANCO RUSSO. Signor Presidente, non c'è nessuna divisione del gruppo di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea sui principi pacifisti: la nostra comune stella di orientamento è l'articolo 11 della Costituzione. Comune in Rifondazione Comunista-Sinistra Europea è la volontà di porre fine al sistema di guerra permanente e preventiva.
La guerra ora infiamma e devasta Gaza e il Libano e, come sempre, uccide i civili senza sconfiggere il terrorismo. Corre tra noi di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea solo una diversa valutazione politica su come costruire la via d'uscita dell'Italia dalle guerre per far divenire il nostro paese un'attiva forza di pace.
Un primo positivo risultato è la fine della missione militare in Iraq. La mozionePag. 118di indirizzo che ho votato rende possibili più incisive iniziative istituzionali e politiche e apre spazi per l'intervento dei movimenti pacifisti. Occorrono però atti e non solo propositi per porre alla NATO il drammatico problema della guerra in Afghanistan, dove l'Alleanza nordatlantica opera addirittura contro il suo statuto violando i suoi compiti, dichiarati sulla Carta essere sempre difensivi.
Se in Parlamento si fossero votate le singole missioni, come previsto dal programma dell'Unione, avrei votato «sì» alla fine della missione in Iraq e «no» alla prosecuzione di quella in Afghanistan. Per esprimere il mio dissenso con le scelte complessive sulle missioni militari non parteciperò alla votazione.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato La Malfa. Ne ha facoltà.
GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, intervengo per dichiarazione di voto a nome dei deputati repubblicani in attesa di costituire una componente politica in seno al gruppo Misto.
I colleghi che mi hanno appena preceduto manifestano un disagio politico molto forte rispetto all'orientamento prevalente della maggioranza e del Governo. Ciò pone un problema se non qui alla Camera certamente al Senato, dove i numeri sono diversi. Ma vi è un problema politico più ampio che questo importante dibattito ha messo in luce. Mi riferisco al fatto che si può constatare una profonda differenza di posizioni tra il discorso che ha tenuto or ora l'onorevole Fassino o quelli che hanno tenuto i rappresentanti del Governo e le posizioni argomentate e meditate che hanno espresso gli onorevoli Giordano, Bonelli e Diliberto, ciascuno dei quali ha rivendicato una visione della politica internazionale che esclude una presenza italiana in Afghanistan.
Questo è il vero problema politico che è emerso, non si tratta, quindi, tanto del dissenso manifestato da alcuni dei parlamentari di Rifondazione Comunista quanto, appunto, la coesistenza all'interno di una maggioranza di posizioni politiche diverse.
Noi voteremo il disegno di legge in esame presentato dal Governo con il quale si prevede il finanziamento, fino alla fine dell'anno, della missione in Iraq e la continuazione di quella in Afghanistan. Lo facciamo per le ragioni illustrate dai colleghi, in particolare, da ultimo, dall'onorevole Berlusconi. Ma voi, onorevoli Prodi, D'Alema e Fassino, non potete ignorare che vi è un problema più ampio del dissenso dei colleghi che oggi esprimono il loro voto contrario o la loro astensione. Con una maggioranza così profondamente divisa e lacerata si pone, infatti, il problema di assicurare al paese, in una situazione internazionale così complessa e difficile, un'efficace guida in materia di politica estera (Applausi dei deputati dei gruppi della Democrazia Cristiana-Partito Socialista, di Forza Italia e di Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Provera. Ne ha facoltà.
MARILDE PROVERA. Colleghe e colleghi, signore e signori del Governo, alla luce dei contenuti definiti dalla mozione votata oggi, in particolare per la parte degli impegni, per il percorso che intende fare il mio gruppo (percorso riaffermato poc'anzi dal nostro segretario Giordano e chiaramente illustrato non con chiacchiere, ma con precisione, da Ramon Mantovani in successivi interventi), particolarmente rispetto alla volontà di continuare ad agire per il rientro della missione di guerra in Afghanistan, in aggiunta al risultato pieno ottenuto già ora per quella irachena, che si conclude con questo provvedimento; per questa possibilità, per questo continuo agire reso possibile dalla mozione, il cui risultato viene prefigurato e lasciato trasparire come ipotizzabile dalla dichiarazione del Vicepresidente del Consiglio D'Alema, in questa sede di dibattito oggi; dunque per la prospettiva attesa e ribadita nel dibattito - anche grazie alla ricca discussione resa possibilePag. 119dai due emendamenti a prima firma Cannavò -, dibattito che vede peraltro il Governo affermare di non essere impegnato di fatto nella missione Enduring freedom afghana; dibattito che rende pensabile non trovarsi con questa identica e difficile decisione fra sei mesi, che - per quel che mi riguarda - non potrà avere ulteriori appelli; per l'insieme di questi motivi che pongono accanto al senso di responsabilità di Rifondazione Comunista - sottolineo: accanto, non dopo - la determinazione manifestata da tutto il mio gruppo parlamentare di affermare una pace vera, non armata, in ottemperanza reale ai fondamenti dell'articolo 11 della Costituzione, voterò - per questa volta - a favore del provvedimento in esame.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Volontè. Ne ha facoltà.
LUCA VOLONTÈ. Presidente, il mio è un breve invito rivolto al Presidente del Consiglio a prendere atto di questo dissenso che, per le parole usate da alcuni deputati che lo hanno manifestato in quest'aula, significa crisi della maggioranza. Inoltre, invito a prendere atto del fatto che questi 4 o 5 voti contrari sono solo un anticipo di quello che - lo abbiamo già letto sul giornale - accadrà al Senato, sollecitandolo a trarne le conseguenze a partire dal voto che si terrà tra qualche minuto.
GIOVANNI CARBONELLA. Siamo alla Camera!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la relatrice per la IV Commissione, Roberta Pinotti, per un ringraziamento. Ne ha facoltà.
ROBERTA PINOTTI, Relatore per la IV Commissione. Presidente, intervengo soltanto per ringraziare, anche a nome dell'onorevole Ranieri, tutti i deputati delle Commissioni esteri e difesa. Sono state tre settimane di lavoro molto serrato. Voglio, altresì, ringraziare gli uffici che ci sono stati veramente vicini nella necessità di approfondimento, aiutandoci anche ad organizzare una teleconferenza con Kabul e Herat che credo sia stata molto utile per approfondire i temi in discussione.
(Coordinamento formale - A.C. 1288)
PRESIDENTE. Prima di passare alla votazione finale, chiedo che la Presidenza sia autorizzata al coordinamento formale del testo approvato. Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).
(Votazione finale ed approvazione - A.C. 1288)
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge n. 1288, di cui si è testé concluso l'esame.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
«Disposizioni per la partecipazione italiana alle missioni internazionali» (1288):
Presenti e votanti 553
Maggioranza 277
Hanno votato sì 549
Hanno votato no 4
(La Camera approva - Vedi votazioni).
Prendo atto che gli onorevoli Forlani, Turco e Aurisicchio non sono riusciti a votare e che avrebbero voluto esprimere voto favorevole.
Prendo altresì atto che il dispositivo di voto degli onorevoli Leoni, D'Elia e Di Gioia non ha funzionato.
Discussione della domanda di autorizzazione a eseguire la misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti del deputato Adolfo (Doc. IV n. 2-A) (ore 18,51).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della domanda di autorizzazione ad eseguire la misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti deputato Vittorio Adolfo (Doc. IV, n. 2-A).
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi sarà pubblicato in calce al resoconto della seduta odierna.
(Discussione - Doc. IV, n. 2-A)
PRESIDENTE. Passiamo alla discussione della relazione della Giunta per le autorizzazioni, che propone di restituire gli atti all'autorità giudiziaria.
Dichiaro aperta la discussione.
Ha facoltà di parlare il relatore, deputato Paniz.
MAURIZIO PANIZ, Relatore. Chiedo anzitutto alla Presidenza di autorizzare la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.
PRESIDENTE. La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
MAURIZIO PANIZ, Relatore. La relazione scritta che consegnerò consentirà ai colleghi di valutare in dettaglio l'ipotesi che è stata esaminata dalla Giunta. Mi limiterò, pertanto, ad alcune considerazioni sintetiche.
La Giunta riferisce su una domanda di autorizzazione ad eseguire nei confronti del deputato Vittorio Adolfo la misura cautelare personale restrittiva degli arresti domiciliari, avanzata dal GIP del tribunale di Sanremo. La procura della Repubblica di Sanremo, infatti, sta conducendo una vasta indagine per fatti di corruzione, concussione e truffa in danno dello Stato e turbativa d'asta a carico di diversi soggetti. Tra questi soggetti, un imprenditore a nome Giuseppe Bianchi e il deputato Adolfo.
In particolare, il ruolo del deputato Adolfo, all'epoca assessore regionale nella regione Liguria, sarebbe consistito nel collegare l'impresa di Giuseppe Bianchi con diversi comuni della provincia ligure nei cui territori occorreva svolgere lavori di ripristino ambientale, stradale ed urbano. Il costruttore Bianchi è stato oggetto della misura custodiale. È ricorso al tribunale del riesame di Genova, il quale ha provveduto ad emettere un provvedimento dal quale risulta totalmente infondata l'accusa che era stata mossa al deputato Adolfo. Ciò emerge chiaramente dal fatto che il tribunale del riesame non ha ritenuto corredata da elementi probatori sufficienti la serie di accuse che erano state mosse, soprattutto, in sede di esame testimoniale. A fronte di questo rilievo, la Giunta ha ritenuto opportuno chiedere la trasmissione del provvedimento del tribunale del riesame stesso e, una volta esaminato, ha ritenuto opportuno proporre all'Assemblea di deliberare la restituzione degli atti all'autorità giudiziaria istante.
Deve essere sottolineato, peraltro, che il relatore aveva effettuato un esame completo del carteggio a disposizione con esito ampiamente tranquillizzante per il deputato Adolfo, peraltro in linea con le valutazioni che in parte qua erano state effettuate dal tribunale del riesame, non apparendo esistere prova del prospettato reato corruttivo. Al più, potrebbe esserci prova del reato di abuso di ufficio che, come è noto, non consente la misura cautelare custodiale.
Per questi motivi, conformemente a precedenti analoghi, la Giunta, all'unanimità, propone che l'Assemblea deliberi di restituire gli atti all'autorità giudiziaria istante.
PRESIDENTE. Non vi sono iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione.
Pag. 121(Dichiarazioni di voto - Doc. IV, n. 2-A)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Frassinetti. Ne ha facoltà.
PAOLA FRASSINETTI. Signor Presidente, nell'esaminare il caso in esame è emersa, innanzitutto, nel merito, una incrinatura del castello accusatorio. Infatti, le prove si sono rivelate comunque insufficienti sia per discrasie temporali sia per palesi contraddizioni nelle dichiarazioni delle persone coinvolte nelle indagini. Conseguentemente, la Giunta ha preso atto anche del problema procedurale, cioè della sopravvenuta inutilità del giudizio sull'inchiesta.
Pertanto, siamo concordi con le conclusioni del relatore e della Giunta, che all'unanimità, propone che l'Assemblea deliberi di restituire gli atti all'autorità giudiziaria istante.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Nucara. Ne ha facoltà.
FRANCESCO NUCARA. Signor Presidente, noi esprimeremo, ovviamente, un voto in senso contrario all'autorizzazione all'arresto. Chi vi parla aveva chiesto, all'inizio del 1993, che la Camera concedesse l'autorizzazione all'arresto. Negli anni 1992 e 1993, la Camera fu pervasa da una condizione di inagibilità politica. Credo che sia stato un errore l'abolizione della immunità parlamentare.
Credo che, come io ho pagato per sei anni una condanna mai avuta, in quanto sono stato assolto, oggi spetta all'onorevole Fitto espiare una condanna che non c'è (Commenti). Quindi, ritengo che la Camera...
PRESIDENTE. Mi scusi, stiamo discutendo un'altra questione: lei forse si è distratto. La questione cui lei si riferisce verrà esaminata successivamente.
FRANCESCO NUCARA. Mi scuso, Presidente.
(Votazione - Doc. IV, n. 2-A)
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta della Giunta di restituire gli atti all'autorità giudiziaria.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 474
Votanti 471
Astenuti 3
Maggioranza 236
Hanno votato sì 469
Hanno votato no 2).
Prendo atto che i deputati Vichi e De Angelis non sono riusciti a votare.
Discussione della domanda di autorizzazione a eseguire la misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti del deputato Fitto (Doc. IV, n. 3-A) (ore 18,55).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della domanda di autorizzazione ad eseguire la misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti del deputato Fitto (Doc. IV, n. 3-A).
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi sarà pubblicato in calce al resoconto della seduta odierna.
(Discussione - Doc. IV, n. 3-A)
PRESIDENTE. Passiamo alla discussione della relazione della Giunta per le autorizzazioni, che propone di denegare l'autorizzazione.
Dichiaro aperta la discussione.Pag. 122
Ha facoltà di parlare il relatore, deputato Giovanardi, presidente della Giunta per le autorizzazioni.
CARLO GIOVANARDI, Relatore. L'indagine ha per oggetto due episodi di pretesa corruzione, il secondo dei quali di scarsa rilevanza. L'onorevole Fitto avrebbe promosso l'indizione di un appalto regionale per la concessione a privati della gestione di alcune residenze sanitarie assistenziali. Tale appalto avrebbe avuto numerosi profili di illegittimità: il fatto che - secondo gli inquirenti - l'ente regionale che ha svolto la gara non avrebbe potuto farsi stazione appaltante, anche se risulta dagli atti che il suddetto ente sta svolgendo la medesima funzione anche con la giunta Vendola; il fatto che la gara sarebbe stata vinta dall'impresa che offriva le condizioni meno vantaggiose; che successivamente l'onorevole Fitto avrebbe tentato di estenderne gli effetti anche dopo aver perduto il confronto elettorale con l'onorevole Vendola senza una nuova gara.
Secondo gli inquirenti, l'impresa beneficiaria avrebbe ricompensato l'onorevole Fitto attraverso contributi alla sua lista elettorale, che comunque risultano registrati a norma di legge.
Il secondo episodio sarebbe invece relativo a contratti pubblicitari per poche migliaia di euro, stipulati dall'ente aeroportuale pugliese in favore di una televisione locale, che avrebbe riservato un trattamento privilegiato alla campagna elettorale dell'onorevole Fitto nel 2005.
La magistratura adduce, a sostegno della propria ipotesi accusatoria, essenzialmente una serie di intercettazioni di conversazioni, riscontri bancari e documentazioni amministrative, tutti elementi che i componenti la Giunta hanno potuto consultare e valutare.
In estrema sintesi, si può esporre che l'autorità giudiziaria ha allegato intercettazioni telefoniche da cui risultano frequenti contatti tra l'onorevole Fitto e i vari funzionari regionali anche dopo le elezioni regionali del 2005; la documentazione comprovante le risposte dei vari direttori generali delle aziende sanitarie locali alle domande del presidente della giunta regionale sulla funzionalità operativa delle RSA; i movimenti bancari che attesterebbero i contributi in denaro.
La richiesta di autorizzazione agli arresti domiciliari dell'onorevole Fitto è pervenuta il 20 giugno 2006. Il relativo esame è iniziato nella seduta del 28 giugno 2006 ed è proseguito in quella del 5 luglio 2006 per poi concludersi il 12 luglio.
L'onorevole Fitto è intervenuto due volte, nelle prime due delle sedute citate, offrendosi alle domande dei componenti e facendo presente che si era avuto medio tempore uno sviluppo processuale consistito nella revoca dell'ordine di detenzione domiciliare per uno dei due coimputati. Con lettera del 28 giugno 2006, il relatore ha chiesto l'acquisizione di tale documento, il quale tuttavia è pervenuto alla Giunta solo in esito a una nuova richiesta avanzata il 5 luglio.
In data 12 luglio - devo rendere noto anche ciò all'Assemblea -, l'onorevole Fitto ha indirizzato al sottoscritto relatore una lettera con cui, in definitiva, ha chiesto che l'autorizzazione sia concessa.
È evidente che tale lettera non ha alcuna efficacia giuridica: secondo il costante indirizzo delle Camere (esistono numerosissimi precedenti al riguardo), le prerogative parlamentari appartengono agli organi a tutela della funzione e dell'autonomia di questi (principio stabilito anche dalla Corte costituzionale) e non sono nella disponibilità del singolo parlamentare.
I membri della Giunta hanno, dunque, proceduto ad un esame ampio e approfondito della richiesta pervenuta. Di tale esame e delle posizioni che sono emerse è opportuno, in questa sede, dar conto nel modo più neutro e fedele possibile, e dunque si allegano alla presente relazione (per chi la volesse consultare) anche i resoconti delle sedute in cui l'esame stesso si è svolto, anche per dar conto delle risposte fornite dall'onorevole Fitto.
Il massimo comune denominatore emerso nella discussione è, tuttavia, che - per ammissione, in fondo, dello stesso magistrato richiedente - manchino realiPag. 123esigenze cautelari a supporto della misura custodiale. È noto, al riguardo, che le esigenze cautelari richieste dal codice di procedura penale sono il pericolo d'inquinamento delle prove, la possibilità di fuga ed il timore di reiterazione del reato.
È lo stesso giudice per le indagini preliminari di Bari che esclude, esplicitamente, la sussistenza delle prime due esigenze: non vi sarebbero, infatti, né il pericolo di fuga, né il rischio d'inquinamento delle prove. Egli sostiene, invece, che esisterebbe un immanente pericolo di reiterazione del reato. Ma - ad unanime avviso dei membri della Giunta - un simile pericolo non appare motivato.
Per un verso, la circostanza che l'onorevole Fitto non sia più al vertice dell'amministrazione regionale inficia notevolmente le sue possibilità di incidere sulle procedure amministrative che - in ipotesi - hanno costituito l'occasione per la perpetrazione dei reati di cui è accusato.
Per altro verso - e credo che ciò possa interessare particolarmente i colleghi parlamentari -, il fatto che egli possa intrattenere rapporti altolocati, e dunque stabilire relazioni personali con persone deputate alle scelte politico-amministrative della regione Puglia, prova troppo: se ne dovrebbe concludere che quasi tutti i parlamentari, per tale unica qualità, vale a dire proprio per il fatto stesso di essere parlamentari, potrebbero essere oggetto di un giudizio di pericolosità sociale.
Il provvedimento di revoca degli arresti del Pagliaro, inoltre, fa riferimento espresso al carattere irripetibile degli accordi pretesamente corruttivi tra il Fitto e il Pagliaro medesimo. Ma se tali accordi sono irripetibili, è con ciò stesso escluso il pericolo di reiterazione del reato.
Per questi motivi, la Giunta, all'unanimità, propone che l'Assemblea deliberi di negare l'autorizzazione richiesta.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Fitto. Ne ha facoltà.
RAFFAELE FITTO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, non avrei mai immaginato di prendere la parola per la prima volta, in quest'aula, per difendermi da una richiesta di arresto avanzata nei miei confronti.
Vorrei fare una premessa al mio intervento. Sono pienamente consapevole della delicatezza e dell'importanza del ruolo di parlamentare, e so bene quanto siano importanti le prerogative collegate allo status stesso di parlamentare. Non è mia intenzione, quindi, metterle in alcun modo in discussione.
Tutto ciò, anzi, mi ha consentito, sino ad oggi, di difendermi, nonché di essere presente oggi, in Assemblea, per spiegare le mie ragioni. Si tratta, cioè, di ciò che un cittadino normale non avrebbe, nella stessa situazione, potuto fare. Proprio tutto questo, però, mi impone di svolgere una riflessione seria e profonda in un momento molto particolare della vita democratica del nostro paese.
Ho letto diverse volte gli atti dell'indagine condotta nei miei confronti: 17 faldoni e 150 mila intercettazioni telefoniche (quelle depositate).
Sarebbe, però, da parte mia, un gravissimo errore entrare nel merito dettagliato dell'inchiesta in questa circostanza. Mi limiterò, quindi, a citare degli episodi che sono accaduti e che sono oggettivamente incontestabili.
Il fascicolo che mi riguarda è datato 2001, cinque anni fa. Potrei fare una battuta: è un'intera legislatura!
Sono state autorizzate intercettazioni telefoniche per un reato e per delle persone che nulla hanno a che vedere con i contenuti, le persone e il reato dell'ordinanza di custodia cautelare. Si tratta di intercettazioni a rete, non per la ricerca di un reato noto, ma che hanno dato la possibilità di individuare delle ipotesi di nuovi reati.
Nel maggio 2006 mi sono state notificate, insieme, due proroghe per un avviso di garanzia delle indagini, ad oltre un anno dalla data di iscrizione del sottoscritto nel registro degli indagati. Il 20 giugno mi è stata notificata l'ordinanza di custodia cautelare. Questi sono i fatti. Quindi, 150 mila intercettazioni. Qualche amico mi ha detto che ho battuto il recordPag. 124anche delle indagini più note, che si fermano a 80-100 mila, non a 150 mila!
Chi mi conosce bene sa che non ho mai parlato in vita mia senza conoscere gli atti e le situazioni ed è per questo che, in questi giorni, mi sono assunto l'onere di leggere per intero tutti gli atti dell'inchiesta che mi viene contestata. Ho anche letto tutti i brogliacci delle 150 mila telefonate. Vorrei, quindi, sottoporre a quest'aula alcune riflessioni molto serene, ma penso di grande attualità per il futuro civile e democratico del nostro paese.
Febbraio-maggio 2005: il sottoscritto era presidente di una regione, eletto democraticamente cinque anni prima dai cittadini. Candidato in carica del mio schieramento, vengono messi sotto intercettazione i miei cellulari, i miei fax, i numeri delle mie segreterie, dei miei comitati, dei miei collaboratori e del mio portavoce. Quindi, una campagna elettorale interamente monitorata e registrata.
Gennaio 2006, dopo una pausa di sette mesi: fase preliminare, ancora una volta, alle elezioni politiche. Io ero coordinatore regionale - e lo sono ancora - del mio partito, Forza Italia. Vengono messi sotto intercettazione, ancora una volta, tutti miei cellulari e i telefoni delle mie segreterie.
In questi giorni ho letto tutte le intercettazioni e, dopo aver letto tutti gli atti e le intercettazioni, sono ancora più sereno del 20 giugno mattina, perché ho avuto modo di verificare nel merito qual è stata la linearità del comportamento che ho avuto.
Però, in questa occasione, vorrei rivolgere ai colleghi una riflessione, della quale appropriarvi un solo momento per lasciarla stare subito dopo. Vorrei che, per un solo momento, ognuno di voi si mettesse nei miei panni, che, cioè, ognuno di voi pensasse all'idea di svolgere una campagna elettorale con le modalità con le quali ho svolto la mia.
Ho letto tutte le conversazioni, private e politiche, alcune delle quali, come oramai è consuetudine, sono state pubblicate dai quotidiani, con un lavoro molto intelligente di taglio, che attribuisce alla frase un senso totalmente differente da quello che emerge dall'ascolto delle intercettazioni e dalla lettura integrale degli atti.
Ebbene, cosa dirvi? Resta in me, dopo questa lettura, tanta amarezza personale e tanta indignazione.
Veniamo alle contestazioni. Quella più grave è la corruzione. Ho letto i giornali il giorno dopo: tangenti sulla sanità, tangenti a Fitto.
Parliamo di finanziamenti regolarmente versati, tramite bonifico bancario, iscritti nei rispettivi bilanci, comunicati con dichiarazione congiunta alla Presidenza della Camera dei deputati e, laddove non previsto, comunicati alla presidenza del consiglio regionale e alla corte d'appello di Bari. Sono stati regolarmente spesi, così come risulta dalla documentazione nella disponibilità della Camera dei deputati e del consiglio regionale, per la campagna elettorale a sostegno del sottoscritto e di una lista che ha partecipato alla campagna elettorale, che ha raccolto oltre il 9 per cento dei voti e che ha eletto cinque consiglieri regionali.
Qui sorge spontanea un'altra domanda: se esistono leggi sul finanziamento ai partiti e queste ultime vengono rispettate, il reato contestatomi temo sia diffusissimo in questo paese.
Alla luce di quanto sta accadendo in questi giorni - ossia la verifica di ogni singolo contributo di ogni singolo cittadino o impresa che ha partecipato alla mia campagna elettorale - penso che una riflessione vada fatta. Infatti, non si insegue un reato e si cerca una verifica. Si viene alla Camera dei deputati, si prende l'elenco dei finanziatori e, a ritroso, si verifica se quel finanziamento è stato dato chissà per quale ragione.
A questo punto, la domanda successiva che sorge spontanea è quella che, sinceramente, ho in testa dal 20 giugno. Forse, ho commesso un grande errore: non ho riscosso tangenti! Infatti, paradossalmente, se avessi percepito le tangenti che mi vengono imputate non starei qui a spiegare le ragioni di questa indagine, non starei qui a difendermi da questo impianto accusatorio.Pag. 125
Non solo: dalla lettura dei brogliacci delle intercettazioni un'altra domanda mi viene spontanea: perché telefonate dello stesso contenuto sono reato se fatte da Raffaele Fitto e, invece, non sono tali se fatte da altra persona? C'è un problema che riguarda il telefono, per cui si definiscono i reati in base a chi parla al telefono?
Ecco perché non ho ascoltato la sollecitazione di tanti colleghi, di tutti coloro i quali dal 20 giugno, anche non conoscendomi - e li ringrazio - mi hanno espresso la loro solidarietà, mi hanno chiesto di mantenere un profilo basso e mi hanno spiegato, giustamente, che all'interno di questa Assemblea vi è una prassi consolidata che suggerisce di lasciar perdere, anche perché il voto sarà comunque in una direzione. Io questo non lo posso accettare! Non lo posso accettare per una ragione molto semplice. Innazitutto, devo esprimere un doverosissimo ringraziamento nei confronti di tutti i colleghi componenti della Giunta per le autorizzazioni, di tutti i partiti. Infatti, ho avuto da loro la dimostrazione della serenità, della correttezza con la quale hanno voluto seguire questa vicenda, in base alla quale hanno espresso il loro giudizio. Quindi, come ho già detto, non sono in discussione il ruolo di parlamentare, né tanto meno le sue prerogative.
Noi, però, oggi, in quest'aula, rischiamo di dare una risposta sbagliata ad un grave problema che esiste in questo paese. La risposta è ancora più sbagliata, se non ci poniamo il problema di tutti quei cittadini che, non essendo parlamentari, non hanno la possibilità di spiegare le loro ragioni innanzi a una tribuna così autorevole e vivono quotidianamente una condizione nella quale un errore o un atteggiamento differente rischia di rovinare definitivamente la vita di una persona e di una famiglia (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale, dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), della Lega Nord Padania, de La Rosa nel Pugno, della Democrazia Cristiana-Partito Socialista e di deputati de L'Ulivo).
Però, cari colleghi, se in questo paese è possibile che un'indagine duri oltre cinque anni, se è possibile che il presidente di una regione, con tutti i suoi collaboratori, faccia la sua campagna elettorale intercettato, se è possibile autorizzare le intercettazioni per un motivo che nulla a che vedere con i reati e le persone interessate dall'ordinanza di custodia cautelare, se è possibile parlare di corruzione e di tangenti per contributi regolarmente dichiarati in base alle leggi vigenti e senza alcuna contestazione di merito nella gara (come ha ricordato il presidente Giovanardi), se è possibile - e lo dico con grande rispetto per la magistratura - che un magistrato in un'intervista su un quotidiano nazionale, rilasciata solo due giorni dopo la firma dell'ordinanza di custodia cautelare nei miei confronti (intervista smentita solo la sera, dopo una lunga serie di dichiarazioni polemiche, ma confermata autorevolmente dallo stesso quotidiano), affermi che una persona è a capo di una cupola e che usa metodi più espliciti dei «pizzini», signori, se tutto ciò è possibile in questo paese, deve essere possibile anche che io vada agli arresti domiciliari (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale)!
Ecco perché chiedo oggi all'aula di votare a favore di questa richiesta, chiedo all'aula di concedere gli arresti nei miei confronti perché infatti il codice prevede che una persona possa essere arrestata se vi è rischio di fuga, dell'inquinamento delle prove o di reiterazione del reato. In realtà non mi viene contestato alcuno di questi casi specifici salvo quello della reiterazione, non collegata a questo reato, bensì a tutti i rapporti che, in virtù della mia pericolosità sociale e della fondamentale capacità che avrei di delinquere, quotidianamente sviluppo in tutti i contatti da me tenuti.
Allora, se tutto questo è possibile, respingere la richiesta di autorizazzione all'esame non basta: vorrebbe dire non comprendere realmente quello che sta accadendo nel paese.Pag. 126
Per le stesse ragioni altre persone hanno dovuto subire una misura, che è la più grave in assoluto: infatti, quella della privazione della libertà personale era un'idea che, superficialmente, avevo sempre visto come un problema degli altri. Questi problemi li puoi comprendere fino in fondo solamente quando ti ritrovi, dalla mattina alla sera, in modo incomprensibile in una dimensione di questo tipo: solo così una persona può capire quali siano i grandi limiti di una grande democrazia come quella nella quale viviamo.
Penso che sia molto importante non polemizzare con la magistratura. Mi rendo conto che sino ad oggi non sono entrato nel processo: ho dovuto difendermi dal processo, soprattutto quello mediatico, ma da domani mattina io entrerò, come un cittadino normale, nel processo, portando grande rispetto, per la mia cultura personale e politica, verso le istituzioni. È per questo che domani mattina i miei legali presenteranno l'istanza di revoca nei confronti dei magistrati. Entrerò, però, in questo processo nella totale consapevolezza della mia estraneità ai fatti a me contestati.
Ho diritto però di capire in quale paese vivo, ho diritto di capire per quale motivo sia possibile una situazione del genere, pur portando un grande rispetto a quest'aula. Non vorrei, infatti, neppure lontanamente, che anche un solo parlamentare potesse immaginare che in questo mio intervento vi sia una mancanza di rispetto per il ruolo o lo status del parlamentare: me ne guarderei bene, sono cosa troppo piccola per poter mettere in discussione la valenza e la rilevanza di uno status e di un'istituzione quale quella del Parlamento italiano. È evidente, però, che nella vita vi sono delle priorità: allora, il rispetto per l'Assemblea, il rispetto per il Parlamento, il rispetto per lo status di parlamentare non sono in discussione!
Signor Presidente e signori colleghi, mi consentirete oggi, nel richiedere di procedere all'arresto nei miei confronti, di anteporre all'Assemblea e al ruolo di parlamentare una sola cosa, che per me è la più importante e che non è in alcun modo barattabile con nulla: la mia onorabilità (Applausi - Molte Congratulazioni)!
PRESIDENTE. Grazie, deputato Fitto.
Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione.
(Dichiarazioni di voto - Doc. IV, n. 3-A)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Antonio Pepe. Ne ha facoltà.
ANTONIO PEPE. Signor Presidente, il gruppo di Alleanza Nazionale voterà a favore della proposta del presidente Giovanardi e, quindi, esprimerà il suo «no» all'autorizzazione ad eseguire la misura cautelare nei confronti del collega Fitto. Non sussiste il pericolo di fuga; non sussiste il pericolo di inquinamento delle prove; non sussiste il timore di reiterazione del reato.
Lo stesso magistrato ha escluso la sussistenza dei primi due elementi. Quanto al terzo elemento, quello della reiterazione del reato, occorre rilevare che Fitto non è più membro del consiglio regionale pugliese, per essersi da tempo dimesso, prima ancora della notifica della domanda di autorizzazione (questo è un elemento importante). Quindi, è evidente che non sussiste neppure questo timore. Infatti, non può motivarsi in termini generici, senza argomentazioni, la sussistenza di tale pericolo. Fitto non può più intervenire sulle procedure amministrative regionali, né può più incidere sulla capacità decisionale dei dirigenti. Quindi, è evidente che, con tranquillità, può parlarsi nel caso in esame, di fumus persecutionis.
Non voglio entrare nel merito delle accuse rivolte all'onorevole Fitto. Sono certo che la stessa magistratura accerterà, in breve tempo, la completa estraneità di Raffaele Fitto alle accuse mossegli. Voglio soltanto osservare che, a favore della capacità giuridica dell'Aris di essere stazionePag. 127appaltante - tema, questo, di natura amministrativa e non penale - parlano non soltanto le gare che ancora oggi, con una giunta di centrosinistra, vengono da essa appaltate, ma anche la circostanza che mai detta capacità è stata disconosciuta, neanche da coloro che non si sono aggiudicati le gare medesime. Inoltre, i finanziamenti elargiti alla componente politica «Puglia prima di tutto» sono stati tutti regolarmente registrati; e penso che anche questa circostanza vada evidenziata.
Ma, e mi avvio a concludere, compito del Parlamento non è quello di entrare nel merito delle accuse: sarà il magistrato - ne sono certo - ad escludere la responsabilità di Fitto. Colleghi, mentre la richiesta di Fitto di rinunziare all'immunità parlamentare non può essere accolta, perché non viene in questione un bene rinunziabile, pur se comprendo il dramma umano che ha spinto l'onorevole Fitto ad avanzare una simile richiesta (egli vuole che il suo procedimento arrivi subito alla conclusione), oggi, accertato che non vi sono i presupposti per eseguire misure cautelari, si può tranquillamente aderire alla proposta del relatore.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Brigandì.
MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, dopo le parole dell'onorevole Fitto, occorre essere telegrafici.
Intanto, solleciterei la Presidenza ad intervenire affinché si addivenga ad un'uniforme interpretazione dell'articolo 68 della Costituzione da parte delle due Camere. Lo dico perché la Corte costituzionale «gioca» sulla questione, svuotando, di fatto, l'articolo 68 o, comunque, il potere di determinare, da parte delle Camere, l'ambito della sua applicazione. Faccio un esempio per facilitare la comprensione di ciò che dico. Per il Senato, l'applicazione dell'articolo 68, primo comma, è una attività ufficiosa e, quindi, tale ramo del Parlamento procede, in qualunque modo venga a conoscenza dell'esistenza di un processo; per la Camera, invece, il meccanismo è attivabile ad istanza di parte. Quindi, rivolgo una sollecitazione in tal senso alla Presidenza.
La seconda questione - ma, dopo le parole dell'onorevole Fitto, sarebbe pleonastico affrontarla - è che bisogna tenere presente che il giudizio della Camera non riguarda la valutazione, positiva o negativa, dell'ordinanza di rinvio a giudizio. In altre parole, noi non dobbiamo valutare se l'ordinanza di rinvio a giudizio sia fondata o meno: noi non siamo il giudice d'appello di Bari, ma semplicemente dobbiamo verificare se vi sia fumus persecutionis.
Il fumus persecutionis c'è, ed è enormemente rilevante, perché lo stesso giudice adduce come principale elemento per motivare la pericolosità del Fitto il fatto che egli è avvocato.
Concludo rassicurando l'onorevole Fitto e tutti i colleghi della minoranza. In campagna elettorale, l'esistenza di un partito, del partito dei giudici, è una realtà che dobbiamo tutti valutare: si tratta di un «partito» che si presenta - per così dire - in tutte le campagne elettorali, al fine di far vincere una parte e far perdere l'altra.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Mantini. Ne ha facoltà.
PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, abbiamo sempre avuto estrema attenzione nel contrasto di tutte le forme di corruzione e di illegalità e anche il dovuto equilibrio e rigore nell'uso delle prerogative parlamentari. Naturalmente, il discorso che abbiamo ascoltato dal collega Fitto merita rispetto e già nella Giunta per le autorizzazioni abbiamo espresso un voto unanime contrario alla concessione dell'autorizzazione all'arresto.
Il quadro che emerge da quelle carte desta varie preoccupazioni. Vi è una preoccupazione generale, che sarà affidata all'esito del processo, che parla di ingerenze tra politica e amministrazione nella decisione di fare appalti di servizi, che parla anche di finanziamenti legittimi alle forze politiche, ma dati in epoche e con modalità piuttosto curiose, anche oblique,Pag. 128con strane triangolazioni. Sono fatti che dovranno essere oggetto di accertamento nel processo, però mancano senz'altro gli elementi per concedere la misura dell'arresto, della custodia cautelare, mancano per le ragioni che ha già esposto il presidente Giovanardi, come relatore: manca il rischio di reiterazione del reato, perché Fitto non è più presidente della giunta, perché lo stesso giudizio è stato espresso dalla stessa magistratura nei confronti dei coimputati presunti corruttori, Pagliaro e Angelucci, e dunque mancano le motivazioni perché possa esservi una reiterazione del reato. Manca, per il vero, persino una contestazione sulle irregolarità di questa gara.
Dunque siamo del tutti concordi con le conclusioni espresse dal relatore e siamo anche preoccupati per la vastità dell'uso del mezzo delle intercettazioni telefoniche, così com'è emerso in questo caso.
Vi è spazio per l'intervento del legislatore su questo tema; non lo diciamo da oggi; siamo per una giustizia efficiente e giusta e per un impegno riformatore, che deve riguardare l'intero Parlamento. Da tanto tempo diffidiamo - come già diceva Nietzsche - di chi ha troppo forte l'istinto a punire i cittadini, a punire gli uomini politici, ma anche a punire la magistratura. Per questo, con serenità, esprimiamo un voto contrario alla misura dell'arresto richiesto e quindi un voto favorevole alle conclusioni espresse dal relatore, anche con un auspicio favorevole ad una iniziativa di riforme su questo terreno, che veda il Parlamento concorde.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Neri. Ne ha facoltà.
SEBASTIANO NERI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, raramente in quest'aula si è avuto modo di sentire un discorso di nobile profilo, come quello fatto dal collega Fitto, condivisibile in ogni sua parte, ad eccezione delle conclusioni, con le quali ci chiedeva di rimuovere il divieto che, in assenza di una nostra autorizzazione, osta al suo arresto.
Difettano, come è stato già evidenziato da chi è intervenuto prima di me, i requisiti tecnico-giuridici fondanti la legittimità di una richiesta di autorizzazione all'arresto.
Il merito del processo non è di competenza di questa Assemblea, dovrà essere trattato nella competente sede giudiziaria.
Il problema che si pone, però, è un problema che da troppo tempo ci trasciniamo in questo paese, cioè il rapporto tra i poteri dello Stato. È per questo motivo che la richiesta fatta in conclusione dal collega Fitto non può, a mio avviso, trovare accoglimento perché egli non discute di un diritto personale all'immunità; l'immunità gli spetta in quanto componente di questo Parlamento che è la sede primaria dell'esercizio della democrazia e le cui prerogative non sono legate alle figure personali dei singoli deputati, ma sono connesse alla funzione che ciascuno di noi è chiamato ad espletare. Quello delle prerogative dell'immunità del parlamentare non è un diritto disponibile, ma è un diritto fondamentale di libertà che riguarda l'intero Parlamento.
È per questo motivo che, apprezzando enormemente ciò che egli ha detto, anche in relazione alla specialità che ciascuno di noi si trova a vivere qualora sia coinvolto in un processo rispetto ai comuni cittadini, ritengo non possa essere accolta la richiesta che, in fondo, era quella di essere trattato come un comune cittadino; infatti, nel momento in cui i comuni cittadini gli hanno chiesto di fare parte del Parlamento, egli non può più disporre di questa sua posizione personale e deve consentire a questo Parlamento di riaffermare il suo diritto primario al rispetto di fronte ad ogni altro potere dello Stato.
Quello dell'equilibrio tra i poteri, e del rapporto tra i poteri stessi, credo che sia un nodo che dovremo comunque andare a sciogliere, perché queste situazioni sono l'evidenza di una patologia che non può più essere ignorata.
Io credo di poter con convinzione aderire alla proposta della Giunta per le autorizzazioni a procedere di respingere la richiesta di autorizzazione all'arresto delPag. 129l'onorevole Fitto, perché è evidente nei fatti, nelle procedure, nella inesistenza dei presupposti, che c'è in termini assoluti un fumus persecutionis che non può essere assolutamente giustificato (Applausi della componente Misto-Movimento per l'Autonomia e del gruppo della Democrazia Cristiana-Partito Socialista).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Leone. Ne ha facoltà.
ANTONIO LEONE. Signor Presidente, siamo giunti in quest'aula con una decisione unanime all'interno della Giunta per le autorizzazioni a procedere, anche se con alcune diversità e sfaccettature sulle motivazione che hanno indotto il relatore prima e la Giunta poi a condividere quelle stesse conclusioni. Il fatto che siamo giunti anche a questa conclusione, con sfaccettature diverse evidentemente fa intendere che la platea di motivazioni a supporto di una decisione che è stata presa nel senso detto dal relatore è ampia e vi sono altresì consistenze per giungere ad una soluzione, così come richiesto dal relatore.
Dico questo perché è difficile, è un'occasione che deve far pensare e che deve portare a non strumentalizzare le parole del collega Fitto, ma a far sì che da quelle parole si possa partire - come diceva anche il collega Mantini - per avviare una stagione di riforme su questo argomento che, per la verità, è scottante non solo e soltanto per questa specifica vicenda, ma anche per tutta un'altra serie di cose, che sono sotto i nostri occhi e sono sotto gli occhi di tutti i cittadini italiani.
Giungere a dire che vi è comunque sostanzialmente una sorta di fumus persecutionis in questa vicenda è di tale facilità perché sono gli stessi magistrati, che chiedono la misura cautelare nei confronti del collega Fitto, a mettercelo praticamente su un piatto d'argento.
Nel momento in cui si escludono almeno due dei tre elementi previsti dalla norma al fine di applicare una misura cautelare (e cioè il pericolo di fuga ed il pericolo di inquinamento delle prove), nel momento in cui si aggancia il terzo elemento, il pericolo di reiterazione del reato, alla pericolosità sociale e criminale del collega Fitto, perché egli, pur non essendo più presidente della regione Puglia, pur essendosi dimesso da consigliere regionale quando è stato eletto alla Camera, potrebbe per le sue conoscenze altolocate continuare a reiterare il reato, il fumus persecutionis si rinviene da queste stesse affermazioni, come dalle affermazioni di chi, a due giorni dalla richiesta, in conferenza stampa ha parlato di Raffaele Fitto come fosse a capo di una cupola mafiosa.
Tutto ciò, cari colleghi, viene infarcito da considerazioni che non hanno nulla a che vedere con indizi e prove interne al processo, al capo di imputazione, alle intercettazioni telefoniche, all'impianto accusatorio.
Non dobbiamo entrare nel merito, ma queste considerazioni debbono servire a giungere ad una considerazione, cioè, caro Raffaele Fitto, a respingere la richiesta di autorizzazione a procedere. Non possiamo raccogliere la tua istanza, l'istanza di chi all'interno del Parlamento si sente perseguitato e si chiede, addirittura, in quale paese viva con queste regole o, meglio, non regole. Non riteniamo che la nostra decisione debba servire solo alla libertà personale di Raffaele Fitto; essa non deve servire alla libertà personale del singolo deputato ma alla libertà, alla libertà di questa istituzione.
Per questo, annuncio il nostro voto favorevole sulla proposta della Giunta (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Boato. Ne ha facoltà.
MARCO BOATO. Signor Presidente, ritengo inopportuno che ciascuno di noi che prende la parola in Assemblea lo faccia formalmente a nome dei gruppi di cui è parte, perché in questo momento e in questa funzione siamo chiamati, 630 deputati, a pronunciare il nostro giudizio edPag. 130il nostro voto uti singoli, ciascuno singolarmente, a prescindere dal gruppo di appartenenza, almeno sul piano formale. Spero, comunque, che le mie considerazioni possano incontrare anche la piena condivisione del gruppo dei Verdi, di cui faccio parte, ma anche di molti altri colleghi dei diversi schieramenti che non avranno occasione di intervenire.
Vorrei, in primo luogo, esprimere un grande rispetto e qualcosa di più, una sincera gratitudine nei confronti del collega Fitto per il modo in cui si è pronunciato nel suo intervento (Applausi). Non era facile per lui, credo. Vi avrà riflettuto a lungo, ma avrà senz'altro riscontrato, lui e chiunque è stato in aula durante il suo intervento, la religiosa, in senso laico, attenzione con cui l'intera Assemblea, dall'estrema destra all'estrema sinistra, lo ha ascoltato. E ciò, in un'epoca di grandi scontri, di grandi difficoltà, qualche volta anche di cattiverie reciproche, è un grande segno di maturità politica, di civiltà del diritto ed anche - mi si consenta di dirlo - di grande umanità.
Tutti noi, e da ultimo il collega che mi ha preceduto, abbiamo apprezzato la richiesta rivolta dal collega Fitto.
Il collega Fitto ha chiesto esplicitamente all'Assemblea di respingere la proposta unanime della Giunta per le autorizzazioni che propone a sua volta di respingere la richiesta di arresto. Credo sia molto coraggiosa la richiesta che Fitto ci ha fatto. Ho memoria personale della mia prima legislatura, in cui osai richiedere all'Assemblea l'autorizzazione a procedere per un processo che mi pendeva addosso da dodici anni e l'Assemblea me la respinse: aspettai quattro anni per essere assolto definitivamente. Lei, però, non dovrà subire questo percorso - glielo auguro, ovviamente - perché l'autorizzazione a procedere non esiste più. Le auguro sinceramente di poter documentare ed acclarare la sua estraneità in tempi rapidi e compatibili con la sua attività parlamentare.
Quindi, collega Fitto, le ripeto il mio grande apprezzamento per la sua richiesta nobile, ma condivido la proposta unanime - questo è importantissimo e succede raramente - della Giunta di respingere la richiesta degli arresti da parte dell'autorità giudiziaria. Se dovessimo entrare nella tecnicalità giuridica, come hanno già detto i colleghi, non c'è pericolo di fuga, di reiterazione del reato, di pericolosità sociale, ma mi vergogno persino a dirlo in questo momento. C'è sicuramente quello che nella giurisprudenza costante di questa Camera è il cosiddetto fumus persecutionis. Non dobbiamo, e non lo farò certo io, fare un'imitazione del processo penale in quest'aula. L'unica cosa che posso fare è di augurarle veramente di concludere il più rapidamente possibile in senso positivo questa vicenda.
Però, colleghe e colleghi, se non vogliamo essere ipocriti, dobbiamo prendere atto di una serie di problemi che in questa occasione sono stati più esplicitamente che nel passato rilevati politicamente ed anche umanamente denunciati dal collega Fitto. Li cito conclusivamente, sono tre: il primo è quello che riguarda la gogna mediatica che anticipa la condanna attraverso i mass media qualunque sia l'esito del processo. Una decina d'anni fa uscì un bellissimo volumetto pubblicato dall'edizione Liberilibri di Macerata intitolato Il circo mediatico giudiziario. Lei (non è il primo e temo che non sarà neanche l'ultimo) sta subendo sulla propria pelle questo circo mediatico giudiziario, che è una vera vergogna per la civiltà giuridica di qualunque paese e del nostro in particolare (il libretto che ho citato si riferiva anche alla Francia).
La seconda questione è quella non della possibilità di utilizzare in processi di particolare rilevanza e gravità le intercettazioni telefoniche - questo non credo lo metta in discussione nessuno - ma riguarda l'uso abnorme delle intercettazioni telefoniche non solo nella qualità, ma anche nelle finalità. Il terzo ed ultimo argomento è quello che emerge dalla citazione dell'intervista sulla cupola mafiosa e sui «pizzini» e riguarda la questione del protagonismo indebito di qualche magistrato inquirente. Anche questa è una distorsione dello Stato di diritto che va aPag. 131danno direttamente della persona indagata, ma anche a danno della possibilità di garantire comunque le regole di un giusto processo.
Per questo le esprimo la mia e nostra solidarietà, apprezzo la sua richiesta, ma annuncio il voto favorevole alla proposta della Giunta (Applausi).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Casini. Ne ha facoltà.
PIER FERDINANDO CASINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei che rimanesse agli atti - perché questi dibattiti hanno pure un valore che prescinde dalla formalità con cui li affrontiamo - la mia personale solidarietà e stima al collega Fitto che per conoscenza diretta, ma oggi credo di tutta l'Assemblea, è uno dei dirigenti politici più seri e preparati del centrodestra. Mi auguro per questo di non incorrere negli strali dei magistrati che, a mio parere, con questo atto stanno perseguendo un disegno chiaro di intimidazione politica nei confronti di una parte dello schieramento politico pugliese.
Ringrazio i colleghi della Giunta, in particolare quelli della maggioranza - l'onorevole Boato ce ne ha dato testimonianza - e li ringrazio perché hanno riconosciuto, con obiettività, l'esistenza di un fumus persecutionis. Vorrei sollecitare i colleghi, tutti, soprattutto quelli che non conoscendo Fitto, magari non hanno letto gli atti che ci sono stati allegati: vi consiglio e vi chiedo sentitamente una lettura di tali atti, perché dai medesimi emerge una preoccupante visione della nostra attività politica, una visione di chi vorrebbe inibire o sindacare i parlamentari e i dirigenti politici in relazione ai loro contatti con qualsivoglia realtà sociale, sia ecclesiale sia imprenditoriale sia associativa.
Segnalo ciò che è stato già detto dall'onorevole Fitto: alcuni partiti chiamati in causa hanno scrupolosamente applicato le norme che regolano la nostra attività, denunziando i contributi finanziari ricevuti. La pratica delle intercettazioni denunciata dal collega Fitto è aberrante e conferma questo teorema perseguito dai magistrati. Mi auguro che il ministro della giustizia non receda dai propositi di regolamentare la materia, perché non è accettabile una violazione sistematica di questo tipo della privacy e della nostra libera attività politica.
Onorevole Fitto, il gruppo cui mi onoro di appartenere non può evidentemente aderire alla sua richiesta, ne capisce le motivazioni ed il travaglio autentico, ma vorrei dirle che lei, questa sera, non ha dato solo voce a suoi sentimenti di dignità violata: lei ha fatto una denuncia politica, una grande denuncia politica. Possiamo far finta, come altre volte è capitato, di non vedere? Possiamo ritenere più conveniente accontentarci del voto che l'Assemblea, a breve, esprimerà? Credo che, così facendo, perderemmo un'ulteriore occasione. La nostra attività è costellata, come ogni esperienza umana, anche da episodi di malcostume e d'illegalità. Ho sempre contrastato l'idea che la questione morale sia tutta una finzione. La questione morale esiste, ma quando parti della magistratura, in spregio all'onore del proprio stesso corpo, si trasformano in persecutori senza scrupoli di dirigenti politici, allora la democrazia è veramente malata!
Infine, vorrei chiamare in causa il Presidente Bertinotti. Lei, signor Presidente, ci rappresenta tutti. Tutti ci sentiamo vincolati nei suoi confronti da questo riconoscimento. Una parte dell'Assemblea l'ha votata ed un'altra parte non l'ha votata, ma nel momento in cui si è seduto al suo seggio lei, come è giusto che sia, sa che rappresenta tutta la Camera dei deputati. Affinché questo dibattito non sia inutile, chiedo formalmente al Presidente della Camera, che tutti ci rappresenta, di tutelare, nei modi e nelle forme che riterrà opportuni, l'attività dei parlamentari e l'essenza della nostra vita democratica. Mi auguro che ciò avvenga, perché questo significa difendere la moralità delle istituzioni, ma anche l'autonomia della politica (Applausi dei deputati dei gruppi dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), di Forza Italia, diPag. 132Alleanza Nazionale, della Lega Nord Padania e di deputati dei gruppi de L'Ulivo, de La Rosa nel Pugno e dei Verdi).
BRUNO TABACCI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Deputato Tabacci, prima di darle la parola, vorrei raccogliere la sollecitazione che il Presidente Casini mi ha rivolto, condividendola interamente, e ripromettendomi di studiare le forme più opportune per far sì che la sua indicazione venga tradotta in una iniziativa (Applausi).
Prego, deputato Tabacci, ha facoltà di parlare.
BRUNO TABACCI. Signor Presidente, sarò molto breve. Poiché sono rimasto particolarmente colpito dall'intervento del collega Fitto, che ha riproposto una lettura tragica dei rapporti tra la politica e la magistratura, chiedo formalmente a lei, Presidente - e in questo senso, proseguo il ragionamento svolto dal collega Casini - di trasmettere gli atti di questa discussione e le determinazioni conseguenti al Consiglio superiore della magistratura perché siano adottati, ove venga riconosciuta l'esistenza del fumus persecutionis, gli atti conseguenti (Applausi dei deputati dei gruppi dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), di Forza Italia e di Alleanza Nazionale) nei confronti di un magistrato che sembra caratterizzare la sua azione non certo per serenità politica. Questo è il modo, non solo formale ma anche sostanziale, con il quale il Parlamento, rivendicando le sue prerogative, evidenzia il rispetto per le prerogative degli altri ma dà un segnale molto preciso sulle responsabilità dei singoli magistrati (Applausi dei deputati dei gruppi dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e di Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Nucara. Ne ha facoltà.
FRANCESCO NUCARA. Signor Presidente, nel corso della campagna elettorale del 1992, il professore Ettore Gallo, Presidente emerito della Corte costituzionale, era candidato in Calabria con una lista di sinistra di cui facevano parte anche i repubblicani; egli mi disse che la legge è uguale per tutti, ma non tutti sono uguali per la legge.
Ebbene, l'onorevole Fitto ci ha detto che vuole essere considerato come un cittadino comune: mi dispiace contraddirlo, ma l'onorevole Fitto non è un cittadino comune perché, se fosse stato tale, noi non avremmo mai saputo di questa vicenda in quanto non avrebbe avuto l'onore della gogna mediatica, come ha osservato l'onorevole Boato. Quindi, l'onorevole Fitto non è un cittadino comune e non può chiederci di esprimere un voto che conceda l'autorizzazione all'arresto perché non è nelle sue facoltà. Si tratta, infatti, di una prerogativa del Parlamento, e non dell'onorevole Fitto.
Dal 1983, tralasciando quei pochi anni nei quali non sono stato su questi scranni, ho sempre votato contro le richieste di autorizzazione all'arresto, di qualsiasi deputato; oggi, non ci resta che respingere anche la richiesta che riguarda l'onorevole Fitto.
Noi riteniamo che la Camera ed il Parlamento debbano riaffermare la loro superiorità politica gerarchicamente rispetto ad altri organi e ad altri poteri dello Stato (Applausi del deputato Barani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Di Gioia. Ne ha facoltà.
LELLO DI GIOIA. Signor Presidente, La Rosa nel Pugno esprimerà un voto favorevole sulla proposta della Giunta; riteniamo infatti che gli elementi che hanno portato il GIP a richiedere l'autorizzazione per eseguire la custodia cautelare non siano assolutamente sufficienti ma siano, anzi, completamente insufficienti.
Noi comprendiamo il sentimento dell'onorevole Fitto; comprendiamo, in particolare, il suo dramma, quella che lo stesso ha definito, con molta sincerità, unaPag. 133questione di dignità. Come Giunta per le autorizzazioni a procedere però siamo chiamati a valutare con molta attenzione e responsabilità gli elementi che ci consentono di esprimere un parere. E noi il parere l'abbiamo espresso con grande onestà intellettuale, sicuramente non suggestionati da questioni politiche né tantomeno da possibili indicazioni diverse da quelle che potevano essere date. E ciò l'abbiamo fatto con estrema serenità. Abbiamo valutato attentamente e con puntualità sia le questioni poste alla nostra attenzione, sia anche le ragioni che ci hanno indotto ad audire l'onorevole Fitto e, alla fine, siamo addivenuti al convincimento, profondo e sincero, che non vi erano le necessarie condizioni per proporre all'Assemblea di votare a favore della richiesta di procedere all'autorizzazione agli arresti domiciliari nei confronti dell'onorevole Fitto.
Noi, come gruppo della Rosa nel Pugno, siamo profondamente convinti che sia necessario sviluppare nel corso di questa legislatura, in quest'Assemblea, un dibattito forte sul ruolo sia della politica sia della magistratura. Riteniamo, inoltre, che quella odierna non può essere l'occasione per dibattere di questo problema o dei problemi che attraversano lo Stato di diritto nel nostro paese. Non è questa nemmeno l'occasione per fare delle considerazioni che, pur legittime, possono e debbono essere fatte in questa sede nell'ambito di una sessione ad hoc.
Siamo, altresì convinti, che vi sono delle situazioni anomale come, ad esempio, quelle relative alle intercettazioni. Non è un caso che come gruppo della Rosa nel Pugno vogliamo conoscere quali siano le discrasie che da esse discendono. A questo fine, abbiamo presentato una proposta di legge in tema di intercettazioni. Pertanto, quando tale proposta di legge sarà calendarizzata per l'Assemblea si potrà svolgere su tale problematica una discussione importante, forte, serena e scevra da qualsiasi condizionamento, al fine di poter giungere ad elaborare una legge quadro che consenta di limitare le brutture di tali intercettazioni che, al momento, sono sistematicamente riversate sui quotidiani nazionali.
Noi voteremo «no» alla concessione dell'autorizzazione agli arresti domiciliari nei confronti del deputato Fitto. Al di là di quello che l'onorevole in questione ha evidenziato nel suo intervento, noi siamo però convinti che non possa essere prerogativa di un parlamentare decidere delle prerogative del Parlamento. Proprio per questo motivo, cioè per fare in modo che le prerogative del Parlamento non siano intaccate anche se vi è una dignità da difendere o un dramma che oggettivamente colpisce il parlamentare in quanto tale, in questo caso l'onorevole Fitto, il nostro sarà un voto a favore della proposta della Giunta per le autorizzazioni.
In conclusione, il gruppo della Rosa nel Pugno, lo ripeto, voterà a favore della proposta della Giunta per le autorizzazioni a procedere (Applausi dei deputati del gruppo de La Rosa nel Pugno).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Capotosti. Ne ha facoltà.
GINO CAPOTOSTI. Signor Presidente, l'onorevole Fitto ha sollevato argomentazioni toccanti sul piano umano, che sicuramente hanno indotto l'intera aula a riflettere. Però, mi corre l'obbligo di significare all'onorevole Fitto che il piano delle garanzie non attiene esclusivamente alla sua vicenda personale. Esso nasce storicamente con le assemblee elettive, per garantirle dalle invasioni di altri poteri.
Con il piano delle garanzie, con l'immunità e con tutte le prerogative connesse allo status parlamentare, si è creata anche la separazione dei poteri. Tale separazione ci fa presumere - vorrei dirlo al presidente Casini - che ci sia una buona fede, sia per quanto attiene all'onorevole Fitto, ma anche con riferimento al lavoro dei magistrati.
Fermo restando che questa non è la sede per entrare nel merito di un provvedimento poiché non stiamo celebrando un processo, ma semplicemente pronunciandociPag. 134su un parere di autorizzazione a procedere, è chiaro che, in ossequio a quelle garanzie che stabiliscono la democrazia, non potremo che conformarci al parere della Giunta e, quindi, votare contro l'autorizzazione a procedere per il deputato Fitto.
Certamente, il problema delle intercettazioni e del loro uso abnorme è molto sentito. Anche oggi, in Commissione giustizia, ci siamo pronunciati stabilendo la calendarizzazione dei provvedimenti in materia. Su tale problema, in tempi non sospetti, in molti - incluso il sottoscritto - hanno presentato proposte di legge che certo a breve andremo a riesaminare (Applausi dei deputati del gruppo de la Rosa nel Pugno).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Daniele Farina. Ne ha facoltà.
DANIELE FARINA. Signor Presidente, colleghi deputati, vi ricordo che l'atto della Giunta per le autorizzazioni a procedere che siamo chiamati a votare non entra nel merito dell'inchiesta che coinvolge l'onorevole Fitto, né potrebbe farlo. Il merito appartiene all'autonomia della magistratura in senso generale e ai magistrati titolari dell'inchiesta, in particolare. Noi ci siamo pronunciati esclusivamente sull'insussistenza delle motivazioni con le quali si è richiesto l'arresto dell'onorevole Fitto. In particolare, la reiterazione del reato sembra assai difficile possa essere una valida motivazione, non soltanto perché l'onorevole Fitto non è più presidente della regione Puglia, ma in quanto appare mutato complessivamente il contesto politico in cui quella vicenda si è inserita.
La magistratura ci ha prospettato - ecco una sintesi del merito doverosa per un pronunciamento - un falso ideologico e materiale, commesso in regione Puglia sulla materia sanitaria, tendente ad attribuire surrettiziamente, seppur tramite gara, alcune residenze sanitarie ed assistenziali - undici per la precisione - ad un imprenditore. Costui - ecco il reato di corruzione che la magistratura vorrebbe identificare - si sarebbe poi concretizzato in un passaggio assolutamente limpido e legale di denaro ad un movimento politico. Questo è un caso che - credo - potremmo riscontrare in diverse regioni italiane con maggioranze diverse. È un problema che interroga la politica; ogni formazione politica dovrebbe su questo avviare la propria riflessione, ma - lo ribadisco - nulla ci dice sul merito dell'inchiesta, sulle accuse che vengono mosse all'onorevole Fitto e ai suoi coimputati sui quali la magistratura, con la sua autonomia e con i suoi tempi, si esprimerà.
Pertanto, non giudico positivamente il fatto che in quest'aula vi siano stati colleghi che sono entrati, invece, nel merito dell'inchiesta probabilmente senza conoscerla e dando un giudizio di merito, di colpevolezza o di innocenza, ad un collega, la qual cosa non spetta a loro, ma esclusivamente ai quei magistrati che sono titolari dell'inchiesta.
Certo, anche altre problematiche interrogano la politica: veniva ricordato il tema delle intercettazioni telefoniche. Il Governo ha annunciato la presentazione di un disegno di legge; tutti i gruppi parlamentari o quasi hanno presentato un proprio progetto di legge. Tramite un disegno di legge del Governo o attraverso l'autonomia specifica del Parlamento, vedrà la luce una nuova forma di regolamentazione di ciò che appare certamente scandaloso a molti, con riferimento a diverse tematiche.
Non credo che in questa Assemblea siano possibili lezioni di garantismo da parte di un gruppo ad un altro e da parte di un deputato ad un altro. Tuttavia, non posso aderire - mi rivolgo a lei, onorevole Fitto - alla sua richiesta di esprimere voto contrario sulla proposta formulata dalla Giunta per le autorizzazioni, all'unanimità, e dal suo presidente, nella relazione; mi scuserà per questo. Non credo che sia il caso, non credo che sia giusto e penso, anzi, che sarebbe abnorme.
Pertanto, il gruppo di Rifondazione Comunista esprimerà un voto favorevole sulla relazione della Giunta, un voto favorevole sulla proposta della Giunta e contrario alla concessione dell'autorizzazionePag. 135ad eseguire l'arresto dell'onorevole Fitto (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Del Bue. Ne ha facoltà.
MAURO DEL BUE. Desidero esprimere anch'io alcune brevi valutazioni sulla questione attorno alla quale tutti i gruppi parlamentari hanno inteso pronunciarsi. Quest'oggi, dobbiamo decidere se acconsentire o meno alla richiesta di concessione degli arresti domiciliari per l'onorevole Fitto ed anche a noi pare che non sussistano i requisiti - su questo sono perfettamente d'accordo con l'onorevole Daniele Farina, che mi ha preceduto - per poter concedere tale autorizzazione. Voglio esprimere all'onorevole Fitto anche affetto, stima e partecipata solidarietà umana a nome del gruppo che rappresento e che ho consultato uti singuli, come prima ha ricordato l'onorevole Boato. L'onorevole Fitto ha voluto denunciare una assurda persecuzione che non è la prima e non sarà l'ultima. Essa rimanda alla necessità di una profonda modifica del rapporto tra magistratura e cittadini e, in particolare, alla necessità di una nuova normativa per ciò che concerne le intercettazioni telefoniche. Sono stato deputato nel cosiddetto biennio giudiziario, tra il 1992 ed il 1994, e mi rallegra il fatto che il clima che si respira, oggi, in questa Assemblea sia così diverso da quel cupo clima di giustizialismo che si respirava allora. Ciò vuol dire che anche il paese, e non solo il Parlamento, è cambiato ed è cambiato in meglio (Applausi dei deputati del gruppo della Democrazia Cristiana-Partito Socialista).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Vacca. Ne ha facoltà.
ELIAS VACCA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi sia consentito, almeno per stemperare il clima, di dire che, avendo parlato, prima di me, il collega Del Bue, e dal momento che io mi chiamo Vacca, non vorrei che chiedesse di parlare anche il collega Pecorella, perché saremmo veramente un bel trio (Si ride)...
Per tornare dal faceto al serio, intendo rivolgermi, anzitutto, oltre che agli onorevoli colleghi, direttamente al collega Fitto. Ho rappresentato il gruppo dei Comunisti Italiani nella Giunta per le autorizzazioni e preannuncio fin d'ora che il voto del mio gruppo sarà conforme alla relazione del presidente. Quindi - lo dico ai colleghi e lo dico al collega Fitto - il nostro voto sarà favorevole alla relazione del presidente e conseguentemente contrario alla richiesta di arresto. Debbo aggiungere ulteriormente che ho avuto modo - non ho pudore a dirlo - di apprezzare il contegno e l'estrema dignità con la quale il collega Fitto si è presentato alla Giunta. In quella sede, ha mostrato di sapere ricoprire, con saldezza di principi e con fermezza nonché con assoluta lucidità e dignità, quel difficilissimo ruolo di indagato per il quale è stato richiesto l'arresto. Nel rivolgermi al collega Fitto mi rivolgo, ulteriormente, agli altri colleghi deputati per dire che noi non dobbiamo commettere l'errore di utilizzare questa vicenda per scatenare un ingiustificato e ingiustificabile processo ed una ripresa di ostilità fra la politica e la magistratura.
Intendo sottolineare con assoluta serenità che, al di là delle questioni politiche, sono convinto del fatto che ci fosse molto di pregiudiziale e di apodittico nel giudizio sulla base del quale si chiedevano gli arresti domiciliari per il collega Fitto. Sono convinto che fosse non solo impossibile, ma irragionevole parlare di una possibilità di reiterazione della condotta delittuosa e sono altresì convinto che fosse ferma volontà del collega Fitto difendersi nel merito nel processo e non dal processo. E, proprio alla luce di tali considerazioni, ho espresso il mio voto anche in sede di Giunta.
Se, al di là del dibattito, utilizzassimo una vicenda che riguarda uno di noi, un parlamentare, come scaturigine delle necessarie e indispensabili riforme sulle intercettazioni telefoniche, sull'uso della custodiaPag. 136cautelare, non solo non renderemmo un grande servizio al collega Fitto - che anche in quest'aula si è difeso dignitosamente -, ma non renderemmo un grande servizio al paese e non contribuiremmo a ripristinare rapporti sereni tra la politica e la magistratura.
Come sappiamo che esistono nel nostro paese episodi gravi e diffusi di corruzione - in ordine ai quali mi auguro che il collega Fitto saprà dimostrare la sua estraneità -, alla stessa maniera non possiamo consentire la generalizzazione secondo la quale un giudizio sbagliato e un atteggiamento inopportuno tenuto dal singolo magistrato in una vicenda portino a generalizzare un discorso sulla magistratura. Ciò non giova né alla difesa né alla posizione del collega Fitto.
È evidente che, per anni, si è fatto un uso mediatico assurdo non solo delle intercettazioni, ma anche del contenuto dei fascicoli processuali. Fatto sul quale, prima di indignarmi da deputato, mi sono indignato da avvocato. Tuttavia, mi sono abituato a parlare del merito delle singole questioni, delle singole violazioni e dei singoli episodi e, in qualità di avvocato, ho presentato anche esposti al Consiglio superiore della magistratura.
Chiedere però che da questo singolo caso scaturisca una reazione dell'intero Parlamento, a mio giudizio, si presterebbe alla ritorsione per la quale, molto facilmente anche sotto il profilo mediatico, si potrebbe affermare che il Parlamento si sveglia solo se le violazioni riguardano uno di loro.
Pertanto, nell'auspicare che presto le riforme invocate si realizzino, auguro la miglior fortuna al collega Fitto perché si difenda nel processo, come ha dimostrato di voler fare, e preannuncio che non accoglierò il suo invito ad autorizzare il suo arresto. Onorevole Fitto, non lo dico nel suo interesse, ma nell'interesse del plenum di questa Assemblea, che ha bisogno di tutti i deputati (Applausi).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Marcenaro. Ne ha facoltà.
PIETRO MARCENARO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo per affermare che, per quanto mi riguarda, condivido e voterò secondo le indicazioni e le decisioni della Giunta per le autorizzazioni.
Ho applaudito l'intervento del collega Fitto, trovando in quel discorso un'espressione convincente non solo dal punto di vista politico, ma anche della dignità personale. Pregherei tutti i colleghi di non trasformare questa discussione in un processo alla magistratura, perché ciò deformerebbe il senso della nostra decisione (Applausi).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Moroni. Ne ha facoltà.
CHIARA MORONI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, desidero che rimanga agli atti di questa Assemblea la mia personale solidarietà, vicinanza e stima nei confronti dell'onorevole Fitto.
Oggi, non possiamo accettare la richiesta del collega Fitto e il suo intervento costituisce la migliore risposta a quell'uso politico della giustizia a cui assistiamo ininterrottamente in questo paese dal 1992.
I processi mediatici non sono degni di un paese civile e garantista quale tutti noi vorremmo fosse il nostro. Non posso non ricordare che, in altri momenti della storia recente del nostro paese, altri deputati tentarono di difendersi dai processi in quest'aula con parole pronunciate personalmente o lasciate per iscritto.
Si trattava di grida di dolore non solo per sé stessi, ma per tutto il nostro paese e per il ruolo della classe politica, quotidianamente sotto accusa. Allora quelle parole caddero nel vuoto: non cadano nel vuoto oggi le parole dell'onorevole Fitto, che parla anche per chi non lo può più fare.
Facciamo in modo che le sue parole possano servire ad evitare che altri, in futuro, debbano finire nella situazione in cui si trova egli oggi ed altri ieri (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e della Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Palomba. Ne ha facoltà.
FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei ricordare che rappresento il gruppo dell'Italia dei Valori nella Giunta per le autorizzazioni e che non ho avuto alcuna difficoltà a votare assieme agli altri deputati, all'unanimità, contro la domanda di autorizzazione ad eseguire la misura cautelare richiesta.
Ho apprezzato la relazione, molto oggettiva, svolta dal relatore, e provo altresì comprensione per l'amarezza espressa dal collega Fitto, al quale riconosco la dignità del suo comportamento.
A dire il vero, tuttavia, la Giunta aveva esplicitamente evitato di entrare nel merito della vicenda. Ritenevamo, infatti, che il Parlamento non dovesse ergersi né a «giudice dei giudici», né a giudice del processo, perché questo è un paese retto da regole costituzionali secondo le quali ogni potere esercita le proprie prerogative nella piena indipendenza rispetto agli altri.
Mi dispiacerebbe, quindi, se si fosse creata un'occasione per entrare nel merito di questa vicenda, dividendo l'Assemblea tra innocentisti e colpevolisti (ricordo, peraltro, che tutti siamo contrari all'esecuzione della misura cautelare in oggetto) e, soprattutto, facendo diventare quest'aula un luogo in cui processare altri poteri dello Stato.
Vedete, onorevoli colleghi, a mio avviso non si può entrare nel merito di una vicenda rispetto alla quale, con pieno garantismo, tutte le forze politiche hanno ritenuto non sussistere gli estremi per eseguire la misura cautelare nei confronti del deputato Fitto.
Vorrei ricordare, signor Presidente, che, in sede di Giunta per le autorizzazioni, avevamo esplicitamente escluso l'esistenza del fumus persecutionis oggettivo; lo stesso giudice per le indagini preliminari, inoltre, aveva escluso che vi fossero altre due esigenze cautelari (andando, quindi, contro la richiesta avanzata dal pubblico ministero).
Vorrei concludere il mio intervento rilevando come questa Assemblea non possa accentuare la conflittualità tra i poteri dello Stato: generalizzare, infatti, è veramente sbagliato.
Signor Presidente, oggi ricorre l'anniversario della strage che uccise Paolo Borsellino. Paolo Borsellino era un magistrato che, assieme alla stragrande maggioranza dei giudici, ha compiuto il proprio dovere ed ha onorato la magistratura. Dobbiamo evitare, dunque, che questa sede diventi una tribuna per riaccendere conflittualità e per generalizzare i problemi.
In tal senso, signor Presidente, auguro le migliori fortune al collega Fitto ed annuncio il voto favorevole del gruppo dell'Italia dei Valori alla proposta avanzata dalla Giunta per le autorizzazioni.
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.
(Votazione - Doc. IV, n. 3-A)
PRESIDENTE. Prima di porre in votazione la proposta della Giunta, vorrei chiedervi un po' di attenzione. Immediatamente dopo tale votazione, infatti, l'ordine del giorno della seduta odierna prevede il seguito della discussione del disegno di legge n. 1041, concernente l'abrogazione delle norme in materia di partecipazione in società operanti nel settore dell'energia elettrica e del gas naturale.
Se voi foste d'accordo, mi permetterei di suggerire, subito dopo la votazione, di procedere con «snellezza» nella trattazione di tale punto.
Ricordo che la proposta della Giunta è nel senso di negare l'autorizzazione ad eseguire la misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti del deputato Fitto. Dunque, chi è contro la richiesta degli arresti domiciliari deve votare «sì», mentre chi è a favore della richiesta degli arresti domiciliari deve votare «no».
Passiamo ai voti.Pag. 138
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta della Giunta.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Applausi) (Vedi votazioni).
(Presenti 462
Votanti 458
Astenuti 4
Maggioranza 230
Hanno votato sì 457
Hanno votato no 1).
Prendo atto che la deputata Capitanio Santolini non è riuscita a votare.
Seguito della discussione del disegno di legge: Abrogazione delle norme in materia di partecipazioni in società operanti nel settore dell'energia elettrica e del gas naturale (A.C. 1041) (ore 20,20).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge: Abrogazione delle norme in materia di partecipazioni in società operanti nel settore dell'energia elettrica e del gas naturale.
Ricordo che nella seduta di ieri si è conclusa la discussione sulle linee generali.
(Esame dell'articolo unico - A.C. 1041)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge (Vedi l'allegato A - A.C. 1041 sezione 1), nel testo della Commissione, identico a quello del Governo, al quale non sono stati presentati emendamenti.
Avverto che, consistendo il disegno di legge in un solo articolo, si procederà direttamente alla votazione finale.
Se possibile, vorrei invitare fin d'ora le deputate e i deputati che hanno chiesto di svolgere dichiarazioni di voto finale ad allegare al resoconto della seduta il testo dei loro interventi.
(Esame di un ordine del giorno - A.C. 1041)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'unico ordine del giorno presentato (Vedi l'allegato A - A.C 1041 sezione 2).
Qual è il parere del Governo?
PAOLO NACCARATO, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Il Governo accetta l'ordine del giorno Provera n. 9/1041/1, purché si sopprima l'ultimo comma della premessa e riformulando il dispositivo nel seguente modo: «impegna il Governo a varare un piano energetico nazionale coerente con le disposizioni del protocollo di Kyoto, in cui, tra l'altro, si delineino le iniziative, anche normative, volte a definire in tempi rapidi i nuovi strumenti idonei a garantire la difesa dell'interesse nazionale ed il mantenimento e la crescita dell'industria nazionale del gas e dell'energia».
PRESIDENTE. Prendo atto che la presentatrice accetta la riformulazione e non insiste per la votazione del suo ordine del giorno.
(Votazione finale ed approvazione - A.C. 1041)
PRESIDENTE. La Presidenza autorizza la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna, sulla base dei criteri costantemente seguiti, del testo delle dichiarazioni di voto finale dei deputati Greco, Ferdinando Benito Pignataro, Allasia e Affronti, che ne hanno fatto richiesta.
Passiamo alla votazione finale.
Pag. 139
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge n. 1041, di cui si è testé concluso l'esame.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Abrogazione delle norme in materia di partecipazioni in società operanti nel settore dell'energia elettrica e del gas naturale) (1041):
(Presenti 444
Votanti 259
Astenuti 185
Maggioranza 130
Hanno votato sì 238
Hanno votato no 21).
Prendo atto che i deputati Capitanio Santolini, Borghesi e Balducci non sono riusciti ad esprimere il proprio voto e che quest'ultima avrebbe voluto esprimere un voto favorevole.
Ordine del giorno della seduta di domani.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.
Giovedì 20 luglio 2006, alle 9:
Svolgimento di interpellanze urgenti.
La seduta termina alle 20,25.
DICHIARAZIONE DI VOTO DEL DEPUTATO SANDRA CIOFFI SULLE MOZIONI LA RUSSA ED ALTRI N. 1-00011, ELIO VITO ED ALTRI N. 1-00013 E SERENI ED ALTRI N. 1-00014
SANDRA CIOFFI. Signor Presidente, onorevoli colleghe, onorevoli colleghi, desidero, per prima cosa, sottolineare che il voto favorevole alla mozione di rifinanziamento delle missioni italiane all'estero è anche un apprezzamento ad una politica estera dell'Italia, una politica che, nel pieno rispetto dei principi costituzionali in materia e a tutela degli interessi politici ed economici del paese dà all'Italia un grande ruolo come punto di riferimento internazionale di promozione dell'equità, della giustizia e della pace. Ci teniamo perciò a precisare che non condividiamo la politica «muro contro muro», in quanto nella politica estera è in ballo l'immagine del nostro paese, per cui, pur nel rispetto del ruolo della maggioranza e dell'opposizione deve essere posto in primis l'interesse ed il ruolo dell'Italia. Abbiamo partecipato fattivamente alla definizione del testo della mozione, proposto dalla maggioranza, in materia di missioni italiane all'estero. E riteniamo che tale mozione, per quanto ci riguarda, deve costituire una linea guida per le future azioni del Governo in politica estera. Non ci sono piaciuti, teniamo a precisarlo, eccessi di distinguo nell'ambito della maggioranza, di cui non comprendiamo le motivazioni.
Pensiamo ad una politica estera che tenda sempre a valorizzare il ruolo del nostro paese in una dimensione multilaterale, multipolare e globale per promuovere una comunità internazionale basata sullo sviluppo e sulla solidarietà tra i popoli.
In questi primi mesi del Governo di centrosinistra non si può non rilevare, infatti, un grosso impegno per rilanciare la posizione dell'Italia in una dimensione europeista; l'Italia sta, finalmente, tornando ad essere protagonista, giocando un ruolo attivo non solo per la prevenzione dei conflitti e per il mantenimento della pace, ma anche per la creazione di un assetto più equilibrato non solo in ambito europeo.
Ci troviamo, però, purtroppo a dover fronteggiare una serie di gravissimi problemi da affrontare a cominciare dalle molteplici minacce alla sicurezza provocate dal terrorismo che si deve efficacemente contrastare.Pag. 140
Ecco quindi che il ruolo dell'Italia nel rapporto con le grandi organizzazioni sovranazionali, in primis l'ONU, diventa di fondamentale importanza.
Nostro impegno dovrà anche essere quello di contribuire a rilanciare e ridefinire il ruolo di tali organizzazioni favorendo anche un nuovo rapporto fra Europa e Stati Uniti, rapporto che deve essere alla pari, per confrontarsi in maniera equilibrata davanti alle diverse problematiche che si dovranno affrontare come, per esempio, quella di questi giorni drammatici di conflitto tra Libano ed Israele.
Le decisioni prese dal Governo ci trovano perfettamente d'accordo. Riteniamo, infatti, indispensabile, entro i tempi previsti dal Governo, il rientro del nostro contingente dall'Iraq, concordandone con le autorità irachene tempi e modi. Lasciare l'Iraq non dovrà, però, significare abbandonare gli iracheni, in quanto riteniamo necessario il contributo del nostro paese dal punto di vista della ricostruzione civile ed economica e dell'aiuto alla formazione, contributo però da non dare in territorio iracheno.
Per quanto riguarda le altre missioni internazionali in cui siamo impegnati - questo è ben chiaro nella nostra mozione - esse sono tutte basate su azioni mirate a favorire la sicurezza, la tutela dei diritti umani, la promozione della democrazia e la stabilizzazione e la ricostruzione nell'ambito di operazioni di peace keeping adottate in sintonia con gli organismi internazionali.
Si tratta di missioni che vedono le nostre Forze armate fortemente impegnate anche con grande umanità e professionalità, con risultati eccellenti e apprezzamenti a livello internazionale e da parte delle popolazioni locali per cui, proprio nell'ambito di una politica estera che non veda muro contro muro, non possiamo non condividere il capoverso che riguarda i Balcani nell'ambito della mozione Vito, anche se è evidente l'intento strumentale dell'atto di indirizzo.
È il caso della nostra missione italiana in Afghanistan, paese in cui non c'è guerra come in Iraq, che è da considerarsi effettuata nell'esercizio di autotutela collettiva in applicazione dell'articolo 5 del trattato Nord Atlantico, il cui obiettivo è «Capitolazione del regime dei Talebani» e «Pacificazione e stabilizzazione del paese». Si tratta di una missione in cui il nostro paese sta contribuendo fortemente, con la sua presenza ed il ruolo determinante, a promuovere la ricostruzione dello Stato afghano su basi democratiche.
Ci fa piacere ricordare che l'Italia ha già fatto parte del «BOARD» il direttorio che coordina la ricostruzione dell'Afghanistan assumendo la leadership nel settore della riforma della giustizia dell'Afghanistan, tra cui il Ministero della giustizia, la Corte Suprema e alla Procura generale.
La presenza italiana sta portando un grande contributo per risollevare un paese in gravissima difficoltà dopo anni di regime talebano, basato su continue violazioni dei diritti umani con particolare riferimento a quelli delle donne e dei bambini.
Si è trattato e si tratta di continuare a combattere un regime che ha sempre sostenuto il terrorismo e le azioni violente da questo perpetrate anche a livello mondiale.
Nonostante l'impegno della comunità internazionale vi è, infatti, una recrudescenza del terrorismo da parte dei talebani per cui riteniamo che tale missione può continuare a contribuire a garantire condizioni di maggiore sicurezza anche per combattere la criminalità collegata alla produzione dell'oppio. Riteniamo necessario in questo ambito una verifica sull'impegno internazionale in Afganistan che ci consenta anche una valutazione su un eventuale superamento della missione Enduring freedom.
Per ciò che concerne le altre missioni, esse danno il senso del ruolo dell'Italia come forza di promozione della pace, della democrazia e della libertà, ed il nostro paese deve essere sempre pronto ad intervenire quando sono messi in gioco questi valori.
Proprio per questo ribadiamo la necessità di svolgere un forte ruolo anche perPag. 141portare avanti un'azione che rafforzi il ruolo delle organizzazioni internazionali a partire dall'ONU perché ciò potrà maggiormente contribuire a portare un contributo per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale.
Non possiamo, però, trattando di missioni italiane all'estero, non parlare della gravissima crisi Libano Israele, dove in pochi giorni stiamo vedendo morti di civili, distruzione e dramma di popolazioni inerti.
Ieri l'informativa resa dal ministro D'Alema ci ha dato ancora una volta il senso del grande impegno del nostro paese per attivarsi con rapidità ed autorevolezza affinché si scongiuri un allargamento delle ostilità nell'area.
Ribadiamo ancora una volta che così come comprendiamo l'autodifesa, al tempo stesso condanniamo qualsiasi reazione spropositata nei confronti di un paese, ed in questo caso parliamo del Libano, che, tra l'altro, ha un governo fragile che si trova a convivere con gli estremisti di Hezbollah.
È quindi, giusto che il nostro paese intervenga in modo da non permettere che il Medio Oriente venga spinto da alcun tipo di estremismo e da attentati terroristici nel caos più profondo. Proprio per questo riteniamo necessario prevedere un contingente più massiccio che svolga non solo alla frontiera libanese, ma anche nella striscia di Gaza, come proposto da D'Alema, una operazione di pace, una vera e propria forza di peace keeping. E ciò è in perfetta sintonia con i contenuti della nostra mozione.
L'Italia deve continuare, così come ha fatto il nostro Premier al G8, a cercare di contribuire a creare le basi per un dialogo che arresti questa escalation di violenza che potrebbe non solo colpire Libano ed Israele, ma allargarsi.
Siamo quindi d'accordo con le decisioni prese dal nostro Governo e, con soddisfazione, non si può non rilevare che l'Italia sta dimostrando che ha ripreso, con vigore, l'iniziativa in politica estera, senza alcuna subordinazione. Ciò significa che il centrosinistra sta dimostrando, con vigore, con concretezza, una sua propria ed autonoma linea di politica estera, in discontinuità con il precedente Governo. Una politica estera innovativa e propositiva in sintonia con il programma dell'Unione, nel quale, pur con diverse sottolineature, tutti i partiti della maggioranza si riconoscono.
Apprezzando, quindi, il lavoro che l'Esecutivo sta facendo, dichiaro il voto favorevole del gruppo dei Popolari-Udeur, sulla mozione presentata dalla maggioranza.
DICHIARAZIONE DI VOTO DEL DEPUTATO ALBERTO BURGIO SULL'EMENDAMENTO CANNAVÒ 2.19 RIFERITO AL DISEGNO DI LEGGE N. 1288
ALBERTO BURGIO. La motivazione fondamentale che ha indotto i firmatari a proporre questo emendamento risiede nella semplice considerazione di un fatto, di per sé dirimente: quella in corso in Afghanistan da poco meno di cinque anni è una guerra, una guerra di aggressione e di occupazione.
Questo dato di fatto non è smentito dalla copertura dell'ONU, dal momento che, passando sotto il comando della NATO nell'agosto del 2003, la missione ISAF si è via via sovrapposta e confusa con la missione Enduring freedom.
Quella in corso in Afghanistan è dunque una guerra offensiva sempre più devastante (nel 2002 le vittime furono 1.500; nel 2005, 2.000; nei primi sei mesi di quest'anno, oltre 2.500). Ma la Costituzione della Repubblica non permette né al Parlamento né al Governo né ad altre autorità dello Stato di decidere la partecipazione del nostro paese a una guerra di questo genere.
Non bastasse, la realtà dell'Afghanistan, dopo quasi cinque anni dall'attacco americano, non autorizza i giudizi favorevoli e ottimistici formulati da chi sostiene la prosecuzione della guerra e della nostra partecipazione.
La sicurezza, fuori da Kabul, è inesistente; la delinquenza comune in costante aumento, e così la tossidipendenza, laPag. 142prostituzione, l'Aids. La popolazione civile - esposta alle violenze del conflitto - vive in condizioni disperanti. Mancano strade, acquedotti, scuole, ospedali, elettricità e tutte le infrastrutture di base. Lo stesso Kofi Annan ha denunciato la «assenza di istituzioni in grado di rispondere ai bisogni basilari della popolazione».
In tutto il paese infuria la guerra tra i terroristi, i signori della guerra, i trafficanti di oppio e i talebani, che, non dimentichiamolo (e mi rivolgo in particolare all'onorevole Gerardo Bianco, del quale ho ascoltato con attenzione ieri l'intervento nella discussione generale), furono protetti e armati dagli Stati Uniti, tra 1'87 e il '92, contro il regime di Najibullah).
A proposito dell'oppio, l'Afghanistan è stato da ultimo autorevolmente definito un narco-Stato. Oggi l'Afghanistan rifornisce circa 1'80 per cento del traffico mondiale di eroina. L'affare dell'oppio coinvolge massicciamente funzionari e membri del governo in carica, e circa un quarto dei 249 deputati del Parlamento di recente eletto: un Parlamento nel quale i signori della guerra e della droga possono invocare lo stupro di una deputata che osa denunciare la corruzione e la violenza dei nuovi governanti.
Quanto alla condizione delle donne - spesso evocata come prova di un processo di democratizzazione in atto - la verità è piuttosto che la loro assoluta sottomissione è stata riprivatizzata: esse sono state sottratte all'autorità dei mullah e restituite al dominio dei capifamiglia. A quanti è noto che nell'Afghanistan di Karzai si applica la sharia?
Di fronte a questo stato di cose, non credo ce la si possa cavare con il facile argomento che proprio questo quadro imporrebbe la prosecuzione delle missioni. Di questa situazione le missioni militari - cinque anni di una guerra devastante - sono le principali responsabili.
C'è ancora un'altra ragione che raccomanda, a giudizio di chi presenta l'emendamento che sto illustrando, di porre fine a questa guerra: la sua dirompente pericolosità.
Questa guerra non è diversa da quella irachena, per il semplice fatto che è un capitolo di una stessa strategia, come riconoscono tanti imparziali osservatori: un tassello del «nuovo grande gioco americano», come ha scritto da ultimo (su La Stampa di domenica scorsa) Barbara Spinelli, che non credo possa essere tacciata di dogmatismi o ossessioni antiamericane.
Questa guerra non è diversa dalla guerra irachena, ma è forse ancor più pericolosa di essa, per la collocazione geografica dell'Afghanistan, per la rilevanza geopolitica dell'area (nel cuore di una regione strategica per il controllo delle risorse energetiche e per il contrasto verso le maggiori potenze euroasiatiche: la Cina, l'India, la stessa Russia). Non è un caso che dopo cinque anni questa guerra si estenda e si radicalizzi, né che i vertici politici e militari che la propugnano e dirigono dichiarino a chiare lettere che essa durerà ancora molto a lungo.
E del resto i più recenti sviluppi del conflitto dimostrano che qualsiasi previsione sui suoi esiti sarebbe un azzardo. Le ultime notizie sono di ieri, anche se non figurano ancora sui giornali. Da fonti presenti in Afghanistan (l'organizzazione Peacereporter) apprendiamo che ieri ha avuto luogo una forte offensiva talebana nel sud. I talebani sono arrivati sino a 5 chilometri da Lashkargah (sede di un quartier generale delle forze inglesi). In seguito a duri scontri, i talebani hanno costretto le forze internazionali a ritirarsi e hanno conquistato due distretti. La reazione della NATO e delle forze della missione Enduring freedom, affidata a bombardamenti pesanti, ha colpito insediamenti civili, provocando un numero imprecisato di vittime.
In questo drammatico contesto, la fine della partecipazione italiana alla guerra in Afghanistan non sarebbe soltanto un gesto di coerenza e di rispetto nei confronti della Costituzione repubblicana, ma anche una fondamentale inversione di tendenza della tragica spirale di guerra che proprio in questi giorni conosce in Medio Oriente un'accelerazione foriera - temo - di inquietanti sviluppi.Pag. 143
Mentre il mondo assiste col fiato sospeso all'aggravarsi e al dilagare del conflitto mediorientale, credo che l'annuncio della volontà del nostro paese di cessare dalla partecipazione a questa guerra sarebbe non già un semplice disimpegno, bensì un'attiva testimonianza di pace e un forte gesto di speranza.
DICHIARAZIONE DI VOTO DEL DEPUTATO SALVATORE CANNAVÒ SUL SUO EMENDAMENTO 2.20 RIFERITO AL DISEGNO DI LEGGE N. 1288
SALVATORE CANNAVÒ. L'emendamento soppressivo della partecipazione italiana alle missioni Enduring freedom costituirebbe un'ottima occasione, per il Governo, di dare un segnale forte in direzione di una reale discontinuità senza implicare la fuoriuscita dall'Afghanistan.
L'emendamento soppressivo costituirebbe un abbozzo di exit strategy, mettendo fine alla partecipazione italiana a quella missione che ha dato vita alla guerra in Afghanistan perché in Afghanistan con buona pace dell'onorevole Giovanardi, è in corso una guerra che non ha migliorato le condizioni di vita delle donne e degli uomini di quel paese, come confermano le Organizzazioni non governative.
Si tratta di una missione decisa sulla base della presunta correità del regime di Kabul con gli attentati alle torri gemelle, correità mai dimostrata sul piano del diritto internazionale e che quindi rende quella guerra, non solo inaccettabile come tutte le guerre, ma anche illegittima.
Confermando la partecipazione a quella missione internazionale, a totale guida statunitense, l'Italia non solo viola la propria vocazione di pace ma non spezza la propria internità al meccanismo della guerra unilaterale, cioè la guerra voluta prepotentemente dagli USA e imposta ai propri alleati; guerra che pure viene interrotta, con il ritiro dall'Iraq, frutto - va ricordato - di una grande mobilitazione del movimento pacifista.
Va detto, in secondo luogo, che le dichiarazioni del Governo sulla missione la rendono sempre più indefinita e indecifrabile. Il Governo, infatti, nega che l'Italia sia coinvolta in una missione (Enduring freedom), che non riguarda il territorio afgano. Ma allora non si capisce più a cosa partecipiamo, sulla base di quale discussione e di quale decisione. Il pattugliamento avviene nel Mar Arabico, al largo dell'Afghanistan - e quindi in una posizione di supporto logistico all'intervento USA che sembra difficile da negare - ma potrebbe riguardare anche altre aree geografiche e altre direttrici strategiche. Sarebbe opportuno discutere a fondo di questa situazione così come sarebbe bene che il Parlamento italiano discutesse di cosa significhi, e cosa comporti per il nostro paese, partecipare a operazioni di contenimento della pirateria internazionale e di prevenzione del terrorismo. Le modalità che qui vengono proposte non ci convincono non solo per il modo in cui sono state ideate ma anche per le finalità che si intendono perseguire.
Va detto che il finanziamento di una missione di questo tipo vanifica, ai fini degli impegni internazionali che l'Italia sta per assumere, il dettato della mozione che la maggioranza ha approvato laddove viene indicato il superamento di Enduring freedom per quanto riguarda l'Afghanistan. Certo, si lavora ad un superamento in Afghanistan ma il resto, se questo emendamento non viene approvato, rimane in piedi nelle forme imprecise e ambigue sopra ricordate.
È chiaro che questo emendamento allude a una visione più generale, allude in particolare alla necessità di operare una discontinuità che a parole lo stesso Governo dice di voler praticare ma che sarebbe realizzata solo in presenza di atti concreti capaci di renderla davvero operativa. Il punto resta sempre lo stesso: in Afghanistan c'è una guerra e l'Italia partecipa a una missione di guerra.
Non siamo solo noi ad affermarlo ma gli stessi analisti militari e financo la stessa NATO quando si appresta a portare i suoi uomini da nove a diciottomila con l'apporto di aerei ed elicotteri che, se non provengono dal contributo italiano, verrannoPag. 144dalle disponibilità di altri paesi alleati. È chiaro quindi che se si vuole operare una discontinuità bisogna partire dall'impostazione di una reale exit strategy come quella suggerita dal nostro emendamento che intacca solo una parte residuale delle energie impiegate dall'Italia in quella zona e che costituirebbe un gesto di disponibilità che il Governo potrebbe mostrare non solo a qualche parlamentare «dissidente» ma a tutto il movimento pacifista.
TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE SUL DOC. IV, N. 2-A
Onorevoli Colleghi! La Giunta riferisce su una domanda di autorizzazione a eseguire nei confronti del deputato Vittorio ADOLFO la misura cautelare personale restrittiva degli arresti domiciliari, avanzata dal Gip di Sanremo ai sensi degli articolo 68, secondo comma, Cost. e 4, comma 1, della legge n. 140 del 2003.
Ipotesi accusatoria. La procura della Repubblica di Sanremo (Imperia) sta conducendo una vasta indagine per fatti di corruzione, concussione, truffa in danno dello Stato e turbativa d'asta a carico di diversi soggetti a vario titolo protagonisti dello svolgimento degli appalti per l'affidamento dei lavori di ricostruzione e messa in sicurezza di zone della provincia d'Imperia colpite da eventi naturali.
Secondo gli inquirenti, il ruolo dell'Adolfo sarebbe consistito nel collegare l'impresa di tale Giuseppe Bianchi con diversi comuni della provincia ligure nei cui territori occorreva svolgere lavori di ripristino ambientale, stradale e urbano. In pratica, nella sua qualità di assessore regionale pro tempore ai lavori pubblici e ai trasporti, l'Adolfo - dietro la corresponsione illecita di danaro - avrebbe favorito un'impresa del Bianchi nell'assegnazione degli appalti da parte dei comuni.
Più in particolare, secondo il capo d'accusa d), l'Adolfo avrebbe illegittimamente fornito al Bianchi e per incarico di questi a tale Gavinelli, gli elenchi dei comuni che avevano richiesto i contributi statali per le opere di ripristino e i nomi dei funzionari comunali da avvicinare, contestualmente preavvertendo i sindaci e i funzionari medesimi che il Bianchi o il Gavinelli li avrebbero contattati. Tali condotte erano, secondo l'accusa, preordinate a favorire la Bianchi Costruzioni Generali srl.
A monte di questa attività l'on. Adolfo avrebbe predisposto un decreto della Giunta regionale della Liguria del 27 luglio 2001 cui poi sarebbe seguita una capillare attività di informazione e sensibilizzazione presso sindaci, vice sindaci e segretari comunali in favore della ditta BIANCHI COSTRUZIONI GENERALI srl. In tale contesto l'Adolfo avrebbe suggerito ai predetti soggetti quali imprese invitare alla gara e quali entità delle offerte stabilire e quindi, in definitiva, avrebbe predeterminato l'esito delle gare stesse.
Secondo la pubblica accusa (capo f) le menzionate condotte avrebbero cagionato allo Stato e alla regione un rilevante danno giacché l'irregolare affidamento degli appalti non avrebbe consentito il regolare svolgersi della concorrenza sul mercato delle imprese edili e dunque il normale confronto delle offerte.
Fonti di prova. La magistratura adduce, a sostegno delle propria ipotesi accusatoria, essenzialmente una serie di intercettazioni di conversazioni e le dichiarazioni rese nel corso di interrogatori da parte del Gavinelli, factotum del Bianchi.
Il Gavinelli ha reso infatti dichiarazioni di chiamata in correità l'8 aprile e il 6, 11 e 20 maggio e 12 luglio 2005. In tali dichiarazioni egli ha descritto l'assidua frequentazione tra l'Adolfo e il Bianchi e il meccanismo delle indicazioni che quello dava a questo. In particolare, nella deposizione del 6 maggio 2005 al Gavinelli viene contestato il contenuto di una telefonata del 29 agosto 2003 nella quale egli chiarisce il significato di un'espressione apparentemente sibillina («cantare al festival»). Tale espressione significava, secondoPag. 145il Gavinelli, che si trattava di aver approfittato dell'opera di intermediazione dell'Adolfo, al quale il Bianchi in precedenza aveva elargito tangenti.
In un'occasione ancora antecedente, l'8 aprile 2005, il Gavinelli aveva riferito di una visita dell'Adolfo negli uffici del Bianchi nel corso della quale il primo si era lamentato con il secondo del fatto che il Gavinelli stesso sapesse del pagamento delle tangenti. Secondo il Gavinelli nell'occasione l'Adolfo uscì dall'ufficio del Bianchi portando con sé un sacchetto di colore rosso simile alle confezioni di profumeria recante il denaro.
Quanto alle intercettazioni telefoniche la pubblica accusa ne porta diverse a pretesa riprova degli accordi illeciti ripetutamente stretti tra l'Adolfo e il Bianchi.
In particolare, il 27 dicembre 2003 il Bianchi promette ad Adolfo che il suo «regalo di Natale sarà poi in campagna elettorale» ciò di cui l'Adolfo ringrazia; in altre telefonate tra Gavinelli e altri soggetti ci si riferisce all'assidua frequentazione tra Adolfo e Bianchi e alla capacità del primo di «aprire tutte le porte». Nella telefonata tra Adolfo e tale Gabriella De Filippi del 18 maggio 2003 il primo espone alla seconda di aver provveduto a sensibilizzare chi di dovere per l'esito delle gare per il ripristino dei danni subiti dai comuni di Pornassio e Armo e che gli esponenti di tali comuni dovevano essere incontrati insieme al fine di favorire la ditta ICOSE. Dalle indagini del Servizio Centrale Operativo dei Carabinieri risulterebbe poi che effettivamente la ICOSE avrebbe vinto una gara e la Bianchi Costruzioni ne avrebbe vinto un'altra, mentre altre ditte invitate alla gara non hanno presentato offerte.
In una conversazione del 4 dicembre 2003, intercettata nell'automobile del Bianchi, questi dice a tale De Iulis che in definitiva sopporta lui il rischio delle operazioni poiché è lui che provvede alle dazioni.
In conclusione, secondo gli inquirenti, le intercettazioni di conversazioni e le deposizioni del Bianchi si confermerebbero a vicenda e troverebbero poi riscontro negli accadimenti materiali e amministrativi attinenti ai lavori di ripristino relativi ai danni di eventi naturali succedutisi dal 2000 in poi.
Procedura. La richiesta di autorizzare gli arresti domiciliari dell'onorevole Adolfo è pervenuta il 10 maggio 2006, quando la Giunta non era ancora costituita. Nella seduta del 30 maggio 2006, il Presidente della Giunta - onorevole Giovanardi - ha comunicato la pendenza dell'affare. Il medesimo onorevole Giovanardi, nella seduta del 14 giugno 2006 ha rappresentato alla Giunta che l'Adolfo aveva trasmesso copia di un'istanza con cui aveva chiesto al Gip di Sanremo di revocare la misura cautelare o - in subordine - di trasmettere alla Giunta copia di un provvedimento emanato il 22 maggio 2006 dal tribunale del riesame di Genova su ricorso del Bianchi. Nella stessa seduta - su proposta del sottoscritto relatore - la Giunta ha deliberato di acquisire senz'altro tale ultimo provvedimento, che in effetti è stato trasmesso dal Gip di Sanremo il 17 giugno 2006.
Nella seduta del 28 giugno 2006 l'on. Adolfo è stato ascoltato e la Giunta ha proseguito e concluso l'esame.
Esito dell'esame e conclusioni. I membri della Giunta non hanno proceduto a un esame specifico degli allegati alla richiesta pervenuti il 10 maggio 2006. L'elemento di novità costituito dalla decisione del tribunale di Genova sul ricorso de libertate di Bianchi è stato infatti ritenuto pregiudiziale e decisivo. È a questo che quindi si deve far riferimento nella presente relazione.
Il tribunale del capoluogo ligure ha infatti emanato un provvedimento che si articola in due parti ben distinguibili: una che concerne i reati addebitati esclusivamente al Bianchi, nella quale ritiene la chiamata in correità del Gavinelli credibile e riscontrata e rispetto alla quale quindi il ricorso viene respinto; e una nella quale invece ha riguardo per i reati che il Bianchi avrebbe asseritamente commesso in concorso con l'on. Adolfo. Rispetto aPag. 146questi reati il tribunale non ritiene le deposizioni del Gavinelli suffragate da sufficienti riscontri esterni o - comunque - idonei a far configurare gli indizi di colpevolezza per il reato di corruzione, rimanendo tutt'al più astrattamente possibile ravvisare nei fatti l'abuso d'ufficio (cfr. pag. 43 dell'ordinanza del Riesame), ipotesi per cui non è prevista l'applicabilità delle misure cautelari.
E infatti: secondo il tribunale, la pubblica accusa non sarebbe riuscita a «vestire» le nude indicazioni del Gavinelli con riscontri probatori precisi e concordanti.
Per esempio, le intercettazioni dalle quali si otterrebbe la conferma del perdurante patto corruttivo tra Adolfo e Bianchi sono in realtà di molto successive alle procedure d'appalto su cui il primo sarebbe intervenuto a favore del secondo, dietro illecito compenso (cfr. pagg. 45 e 46 dell'ordinanza del Riesame).
Altro esempio: il fatto che l'Adolfo abbia dato indicazioni precise al Bianchi e al Gavinelli sulle persone da contattare presso i vari comuni che avrebbero svolto licitazioni private per i lavori di ripristino e che si sia interessato da vicino al seguito delle relative vicende non significa ancora che per tale attività - che il tribunale considera contraria ai doveri d'imparzialità - l'Adolfo abbia percepito compensi illeciti, posto che lo stesso Gavinelli non riesce con precisione a indicare tempi e importi di tali compensi (cfr. pag. 37 dell'ordinanza del Riesame).
Ancora: che l'Adolfo suggerisse agli esponenti dei comuni quali imprese invitare alla gara e quali entità delle offerte stabilire e quindi, in definitiva, predeterminasse l'esito delle gare stesse è ipotesi che non può ritenersi provata. Non ne sono infatti indizio sicuro la deposizione della segretaria della MEGA s.r.l. (asserita partecipe al gioco delle offerte incrociate di favore); né il fatto stesso che le licitazioni di svolgessero con il sistema del massimo ribasso, il quale statisticamente non è poi cosi raro da atteggiarsi ad anomalia sospetta (cfr. ancora pag. 37 e pag. 38 dell'ordinanza del Riesame).
In conclusione, il tribunale di Genova ha confermato la misura custodiale per il Bianchi per i capi d'imputazione suoi in via esclusiva mentre l'ha annullata per i capi d'imputazione concorsuali. Da questo è ragionevole ricavare che se la misura contro l'on. Adolfo fosse stata eseguita e poi impugnata, il tribunale l'avrebbe annullata. Di qui, nell'opinione unanime dei componenti intervenuti, la sopravvenuta inutilità di un giudizio di merito sull'inchiesta - che peraltro il relatore aveva effettuato con esito ampiamente tranquillizzante per l'Adolfo, in linea con le valutazioni in parte qua del tribunale del riesame, non apparendo esistere prova del prospettato reato corruttivo - e la perdita di attualità della domanda del Gip di Sanremo.
Per tali motivi, conformemente ai precedenti analoghi (v. doc. IV, n. 8/A - XIII legislatura e doc. IV, nn. 4/A e AR e 13/A - XIV legislatura), la Giunta all'unanimità propone che l'Assemblea deliberi di restituire gli atti all'autorità giudiziaria istante.
Maurizio PANIZ, relatore
DICHIARAZIONI DI VOTO FINALE DEI DEPUTATI SALVATORE GRECO, FERDINANDO BENITO PIGNATARO, STEFANO ALLASIA E PAOLO AFFRONTI SUL DISEGNO DI LEGGE N. 1041
SALVATORE GRECO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, annuncio sin d'ora la decisione del gruppo dell'UDC di astenersi nella votazione sul disegno di legge che prevede l'abrogazione delle norme in materia di partecipazioni in società operanti nel settore dell'energia elettrica e del gas naturale. Ciò perché, se questa duplice abrogazione di decreti-legge l'uno del 2001, del Governo Amato, l'altro del 2005 del Governo Berlusconi, è resa necessaria al fine di evitare le pesanti sanzioni europee che attenderebbero l'Italia ove non si adeguasse alla sentenza del 2 giugno 2005 della Corte di giustizia europea, d'altro canto il Governo, pur se è stato ripetutamente richiesto (in X commissionePag. 147e in aula) di far sapere cosa ne sarà della politica energetica del nostro paese all'indomani del varo di questo provvedimento, con particolare riferimento ai rapporti con la Francia, ha puntualmente evitato di rispondere.
Il nostro paese vive una schizofrenia tra la situazione interna, che riguarda per esempio i costi che le famiglie e le aziende sopportano per acquistare energia a tariffe troppe volte doppie rispetto a concorrenti paesi europei, e il contesto continentale dove in tema di privatizzazioni nel settore dell'energia elettrica non abbiamo da prendere lezioni da nessuno, essendo stati zelanti perfino per stessa ammissione della Commissione europea. Se da un lato la privatizzazione non ha avuto un effetto diretto sulla riduzione delle tariffe - nell'immediato perlomeno - dall'altro ci vede con un passo più svelto rispetto ad altri Stati europei che su questo cammino sono più indietro di noi e sono oggetto di messe in mora da parte dell'Unione europea.
Questa schizofrenia - e vengo al motivo per il quale l'UDC si asterrà - è aggravata dall'inerzia che sembra soffocare la politica del Governo Prodi in questo ambito, in particolare. Val la pena di ricordare che le norme che sono oggetto di questa proposta di abrogazione sono nate per garantire non un anacronistico protezionismo nazionale nei confronti dei francesi, quanto condizioni di reciprocità che assicurassero al nostro paese di non perdere in competitività sul mercato europeo per il sol fatto di essere stati zelanti nel cammino delle privatizzazioni. È successo infatti che l'Edf, che Oltralpe è sostanzialmente monopolista dell'energia, abbia acquistato partecipazioni di notevole entità dell'italiana Edison spa, sfruttando - va detto - la posizione di comodo di cui Edf gode nel suo paese: può sfruttare le risorse finanziarie che le vengono dalla rendita monopolista e, non avendo azionariato privato, non ha obblighi di distribuzione dei dividenti tra gli azionisti. È stato questo il motivo di quei due provvedimenti legislativi che si vogliono oggi abrogare: assicurare il rispetto di un accordo bilaterale Italia-Francia volto a favorire l'ingresso di nostre società nel mercato dell'energia francese.
Qual è stato il risultato e qual è il rischio che corriamo se saremo costretti a patire l'inerzia del Governo? Abbiamo visto cos'è successo quando Enel ha tentato l'Opa su Suez: la Francia s'è messa di traverso per il tramite di Gaz de France, facendo fallire l'acquisto. Per converso, abrogando le norme in parola, consentiremo alla Francia di dispiegare tutta la «forza azionaria» che le viene dalle quote di partecipazione nella società.
Per questo, signor Presidente, il centrosinistra voti pure per l'abrogazione di queste norme censurate in sede europea. Ma la nostra astensione sta lì, responsabilmente, a sottolineare che non staremo a guardare mentre il Governo lascerà che il paese perda in competitività senza alcuna garanzia di reciprocità. Non staremo a guardare mentre il Presidente Prodi, distratto da qualche provvedimento di facciata in tema di liberalizzazioni, lascerà che l'Italia venga colonizzata da società estere senza almeno garanzie in ordine alle necessarie condizioni di pari opportunità mercatistiche per le nostre aziende. Perché da questo deriverà ulteriore danno per le famiglie e per il tessuto produttivo italiano. Il ricordo del blackout di due anni fa o la crisi che lo scorso inverno abbiamo vissuto a proposito dell'approvvigionamento del gas è ancora troppo vivo perché si possa fare a meno di tenere presente che l'interesse del nostro paese va oltre il semplice smarcarsi dal rischio di pagare una sanzione.
FERDINANDO BENITO PIGNATARO. Signor Presidente, colleghi deputati, rappresentanti del Governo, i Comunisti Italiani voteranno a favore del disegno di legge n. 1041, presentato dal Governo, che prevede l'abrogazione di due provvedimenti normativi in tema di partecipazioni a società operanti nel mercato dell'energia elettrica e del gas.
Si tratta di un atto, a nostro avviso dovuto, in quanto i provvedimenti da cancellare sono stati ritenuti illegittimi dallaPag. 148Corte di giustizia della Comunità europea, che nel giugno 2005 con propria sentenza n. 54 ha dichiarato la violazione dell'articolo 56 del Trattato europeo, riguardo al primo provvedimento, ovvero la legge n. 301 del 2001; successivamente il 4 aprile 2006 la Commissione europea ha chiesto allo Stato italiano di conformarsi alla sentenza n. 54 della Corte, pena l'applicazione di pesanti sanzioni pecuniarie, non ritenendo sufficiente la nuova disciplina adottata dal Governo con il decreto-legge n. 81 del 2005 a superare il contrasto con i principi richiamati dalla stessa sentenza in relazione alla violazione dell'articolo 56 del Trattato in materia di libera circolazione di capitali.
Il 4 giugno scorso sono scaduti i termini per l'adempimento dell'Italia agli obblighi comunitari; ha fatto bene il Governo, per evitare la comminatoria di una pesante sanzione pecuniaria, a norma dell'articolo 228 del Trattato della Comunità europea, ad adottare le procedure d'urgenza, da noi ritenute necessarie e che abbiamo immediatamente condiviso.
Detto questo, non vi è dubbio che si sente la necessità di una discussione più approfondita sulle questioni che riguardano l'energia.
Avremo modo di farla quando affronteremo il disegno di legge più vasto del ministro delle attività produttive, già approvato dal Consiglio dei ministri, dal quale, tra l'altro, è stato stralciato, per i motivi d'urgenza già detti, il provvedimento che discutiamo oggi.
Però, già il dibattito in merito al disegno di legge n. 1041 ci consegna alcune riflessioni sui processi di liberalizzazione del mercato energetico e sulle ricadute sul mercato nazionale.
La prima consiste nel fatto che non c'è alcun dubbio che il processo di liberalizzazione nel settore energetico in Italia è stato molto più forte e pesante, a differenza di altri paesi europei, come la Francia, che hanno chiaramente dimostrato nei fatti di non gradire interventi di compagnie non nazionali e si sono mosse e si muovono in senso protezionistico.
Certo questo si è reso possibile da una situazione di minore indebitamento pubblico di questi paesi europei, che hanno, quindi, potuto proteggere meglio le imprese nazionali, non essendo costretti a pesanti dismissioni delle imprese pubbliche.
In Italia non è stato così, per l'assenza totale in questi anni di governo delle destre di adeguate politiche industriali e di sostegno al sistema di imprese, soprattutto nei settori strategici.
Questa situazione ci fa correre un rischio serio: l'assalto alle imprese italiane, che invece di un mercato liberalizzato ci darebbe un quadro della produzione e del mercato dell'energia consegnato nelle mani di oligopoli stranieri.
Occorre, ma lo esamineremo prossimamente, una politica energetica più adeguata e convinta, che faccia del ruolo della reciprocità un elemento fondamentale per la salvaguardia dell'interesse nazionale.
Quindi, e concludo, una nuova politica dell'energia del nostro paese dovrà fondarsi su scelte e principi condivisi: rispetto pieno degli obiettivi del Protocollo di Kyoto; approvazione del Piano energetico nazionale; aumento e salvaguardia della produzione di energia italiana; sviluppo della rete delle fonti energetiche alternative; un ruolo più forte del nostro paese in Europa; affermazione del «bene comune», quindi la scelta che le reti restino di proprietà pubblica.
Insomma, una nuova strategia di salvaguardia dell'interesse nazionale nel rispetto delle normative comunitarie, di un posizionamento più adeguato dell'Italia in un settore strategico per lo sviluppo, in una logica migliore e più lungimirante della sostenibilità.
STEFANO ALLASIA. Signor Presidente e onorevoli colleghi, il presente disegno di legge in materia di mercato dell'energia elettrica e del gas non risolve i problemi del settore energetico italiano: la curva dei consumi continuerà a crescere e gli interventi programmati rischiano di non fornire sufficienti garanzie in relazione alla disponibilità delle quantità di energia necessariaPag. 149per coprire il fabbisogno; occorre, inoltre, creare le condizioni per permettere alle nostre imprese di partecipare con successo alle iniziative di collaborazione che dovessero presentarsi in altri paesi, soprattutto in riferimento all'ambito europeo.
Il decreto-legge, ora abrogato, si collocava in tale contesto. In particolare, esso era finalizzato a rimuovere, in presenza di determinate garanzie e condizioni, i limiti all'esercizio del diritto di voto e dei diritti d'acquisto o sottoscrizione introdotti con il decreto-legge n. 192 del 2001 per i soggetti controllati direttamente o indirettamente da uno Stato membro dell'Unione Europea che assumessero partecipazioni superiori al 2 per cento nel capitale di società operanti nel settore dell'energia elettrica e del gas.
Come si ricorderà, si trattava di una misura finalizzata a predisporre meccanismi che garantissero il mercato dell'energia italiana dal rischio di abuso di posizioni dominanti e da comportamenti predatori di imprese estere.
La Commissione europea ha aperto una procedura d'infrazione nei confronti dello Stato italiano per violazione delle norme comunitarie in materia di circolazione dei capitali, ma indubbiamente nel momento di adozione del provvedimento la scarsa omogeneità nei processi di liberalizzazione in corso nei singoli Stati europei e la presenza di forti asimmetrie nei mercati interni di riferimento avevano pienamente giustificato l'adozione di misure di tutela.
Nella situazione attuale sembravano maturate le condizioni per modificare tale impostazione. Il decreto in esame proponeva pertanto che i limiti non fossero applicati alle imprese controllate direttamente o indirettamente da Stati dell'Unione europea per le quali fossero già state avviate le procedure di privatizzazione e quotazione nei mercati finanziari regolamentati, nel caso in cui vi fossero intese tra il Governo italiano e il Governo dello Stato membro interessato.
Tali accordi avrebbero dovuto garantire la sicurezza degli approvvigionamenti energetici e la piena realizzazione di condizioni di reciprocità nell'accesso ai rispettivi mercati.
Le restrizioni avrebbero continuato ad essere applicate alle imprese controllate da Stati non appartenenti all'Unione europea e comunque nel caso in cui non ricorressero le condizioni sopra indicate.
Dal punto di vista concreto, la predisposizione di un quadro normativo condiviso e la definizione di garanzie simmetriche dovrebbero facilitare la partecipazione delle imprese italiane ai programmi esteri e creare le condizioni per un loro riposizionamento competitivo sui mercati internazionali, con evidenti ricadute positive in termini di sicurezza degli approvvigionamenti e di contenimento dei costi energetici.
Come già accennato in precedenza, tali problematiche non sembrano ancora risolte. Sicuramente un impulso positivo verrà dalla piena applicazione della legge di riforma del settore energetico, per la quale sono ancora in via di definizione le norme attuative.
In relazione poi al problema della forte dipendenza dall'estero del nostro sistema energetico rispetto agli idrocarburi, appare indispensabile proseguire e intensificare gli sforzi per la diversificazione delle fonti energetiche. È necessario pertanto continuare a favorire l'aumento del consumo di elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili e, parallelamente, compiere una riflessione sull'utilizzazione del nucleare.
Dovrebbe essere un approfondimento pacato, lontano da impostazioni ideologiche, che consenta di valutare gli aspetti positivi del ricorso all'energia nucleare in termini di efficienza e riduzione dei costi, senza trascurare le problematiche relative alla sicurezza, alla salvaguardia ambientale, allo smaltimento delle scorie.
In tale ottica, deve essere valutata positivamente la notizia dell'accordo, sottoscritto ieri, tra ENEL ed EDF per la partecipazione dell'azienda italiana al programma francese per la realizzazione di reattori nucleari di nuova generazione. Si tratta di un evento importante, che potràPag. 150costituire il presupposto per il pieno inserimento dell'ENEL nel mercato energetico francese, con ricadute estremamente positive in termini di avanzamento tecnologico, competitività internazionale, contenimento dei costi energetici.
Appare superfluo aggiungere che la conclusione di tale accordo non pregiudica lo svolgimento di un dibattito serio ed equilibrato sul nucleare come scelta strategica nazionale. Come già evidenziato, si tratta di un problema complesso, da valutare in tutte le sue implicazioni, non solo in termini di capacità di produzione energetica, ma anche di sostenibilità ambientale e finanziaria.
La preoccupazione massima è quella che deriva dall'atteggiamento sempre subalterno alle decisioni che arrivano da Bruxelles; mentre gli altri Stati europei, consci dell'importanza di salvaguardare la massa critica delle loro aziende che si occupano di energia, agevolano fenomeni aggregativi, l'Italia reputa essere fondamentale spezzettare l'unico campione nazionale nel settore energetico, aprendo la porta alla colonizzazione straniera di un settore strategico per l'economia.
PAOLO AFFRONTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, i Popolari-Udeur ribadiscono quanto già espresso in sede di discussione sulle linee generali del disegno di legge ed in particolare auspicano che tale provvedimento possa essere la premessa di un dibattito che affronti in modo sistematico ed organico la questione del riordino delle politiche energetiche nazionali. Ridiscuteremo presto di tale questione nell'ambito più complessivo del disegno di legge a firma del ministro Bersani, già deliberato dal Consiglio dei ministri.
Durante il dibattito di ieri si è determinato sempre più un clima di adesione, ma, nello stesso tempo, di riserva. Anche gli interventi che si sono succeduti da parte dei rappresentanti della minoranza hanno lasciato intravedere una serie di problematiche che si possono determinare in riferimento a questa materia.
A noi non sfugge la delicatezza dell'argomento e l'importanza del tema. Questo provvedimento nasce dall'esigenza di rispondere al giudizio di non compatibilità comunitaria espresso in sede europea nei confronti della normativa esistente che ci apprestiamo ad abrogare. Non sfugge tanto da poter ritenere che le norme da abrogare erano state introdotte con una volontà, come si usa dire, bipartisan, per impedire una posizione dominante e, quindi, che le stesse non sono riducibile ad un atteggiamento di carattere protezionistico.
Daremo un voto convinto, anche perché dobbiamo al più presto agire nel settore dell'energia per calmierare il mercato che proprio in queste ore ha raggiunto nuovi record in rialzo: basti pensare al livello raggiunto dal prezzo della benzina, per farci dire che dobbiamo agire in fretta e con soluzioni strategiche. Per consentire alle tariffe di scendere occorre quindi un'apertura del mercato. Ecco, anche questo segnale importante, significativo, ovviamente ci fa alzare l'attenzione sul tema, ma nello stesso tempo ci fa e ci deve far favorire un processo di liberalizzazione, che va attuato con prudenza, garantita da norme ancora in vigore.
Ecco il motivo per il quale i Popolari-Udeur voteranno in modo favorevole, certi e convinti che questa normativa determinerà non un punto d'arrivo, ma un passaggio di grande attenzione su un tema che riguarda un settore molto delicato della nostra economia.
ORGANIZZAZIONE DEI TEMPI DI ESAME DEI DOC. IV, NN. 2 E 3
Doc. IV, n. 2 - Domanda di autorizzazione a eseguire la misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti del deputato Adolfo
Tempo complessivo: 3 ore (*)
Relatore | 15 minuti |
Richiami al regolamento | 5 minuti |
Tempi tecnici | 5 minuti |
Interventi a titolo personale | 29 minuti (con il limite massimo di 2 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato) |
Gruppi | 2 ore e 6 minuti |
L'Ulivo | 26 minuti |
Forza Italia | 18 minuti |
Alleanza Nazionale | 12 minuti |
Rifondazione Comunista-Sinistra Europea | 9 minuti |
UDC-Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro | 9 minuti |
Lega Nord Padania | 7 minuti |
Italia dei Valori | 7 minuti |
La Rosa nel Pugno | 7 minuti |
Comunisti Italiani | 7 minuti |
Verdi | 7 minuti |
Popolari-Udeur | 6 minuti |
Democrazia Cristiana-Partito Socialista | 5 minuti |
Misto | 6 minuti (Minoranze linguistiche: 3 minuti; Movimento per l'Autonomia: 3 minuti) |
(*) Al tempo sopra indicato si aggiungono 10 minuti per il gruppo di appartenenza del deputato interessato.
Pag. 152Doc. IV, n. 3 - Domanda di autorizzazione a eseguire la misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti del deputato Fitto
Tempo complessivo: 3 ore (*)
Relatore | 15 minuti |
Richiami al regolamento | 5 minuti |
Tempi tecnici | 5 minuti |
Interventi a titolo personale | 29 minuti (con il limite massimo di 2 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato) |
Gruppi | 2 ore e 6 minuti |
L'Ulivo | 26 minuti |
Forza Italia | 18 minuti |
Alleanza Nazionale | 12 minuti |
Rifondazione Comunista-Sinistra Europea | 9 minuti |
UDC-Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro | 9 minuti |
Lega Nord Padania | 7 minuti |
Italia dei Valori | 7 minuti |
La Rosa nel Pugno | 7 minuti |
Comunisti Italiani | 7 minuti |
Verdi | 7 minuti |
Popolari-UDEUR | 6 minuti |
Democrazia Cristiana-Partito Socialista | 5 minuti |
Misto | 6 minuti (Minoranze linguistiche: 3 minuti; Movimento per l'Autonomia: 3 minuti) |
(*) Al tempo sopra indicato si aggiungono 10 minuti per il gruppo di appartenenza del deputato interessato.
VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO
INDICE ELENCO N. 1 DI 3 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13 | ||||||||||
---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|
Votazione | O G G E T T O | Risultato | Esito | |||||||
Num | Tipo | Pres | Vot | Ast | Magg | Fav | Contr | Miss | ||
1 | Nom. | Moz . Elio Vito ed a. 1-13 | 540 | 539 | 1 | 270 | 248 | 291 | 30 | Resp. |
2 | Nom. | Moz . Sereni ed a. 1-14 | 548 | 547 | 1 | 274 | 298 | 249 | 29 | Appr. |
3 | Nom. | ddl 1288-A - em. 1.18 | 525 | 525 | 263 | 241 | 284 | 28 | Resp. | |
4 | Nom. | em. 1.27 | 545 | 544 | 1 | 273 | 540 | 4 | 28 | Appr. |
5 | Nom. | articolo 1 | 555 | 554 | 1 | 278 | 552 | 2 | 28 | Appr. |
6 | Nom. | em. 2.29 | 554 | 540 | 14 | 271 | 240 | 300 | 29 | Resp. |
7 | Nom. | em. 2.101 | 550 | 319 | 231 | 160 | 309 | 10 | 28 | Appr. |
8 | Nom. | em. 2.1 | 555 | 554 | 1 | 278 | 254 | 300 | 27 | Resp. |
9 | Nom. | em. 2.2 | 551 | 551 | 276 | 253 | 298 | 27 | Resp. | |
10 | Nom. | em. 2.3 | 556 | 556 | 279 | 256 | 300 | 27 | Resp. | |
11 | Nom. | em. 2.4 | 554 | 554 | 278 | 255 | 299 | 27 | Resp. | |
12 | Nom. | em. 2.19 | 532 | 530 | 2 | 266 | 14 | 516 | 27 | Resp. |
13 | Nom. | em. 2.9 | 549 | 548 | 1 | 275 | 247 | 301 | 26 | Resp. |
F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.
INDICE ELENCO N. 2 DI 3 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 26 | ||||||||||
---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|
Votazione | O G G E T T O | Risultato | Esito | |||||||
Num | Tipo | Pres | Vot | Ast | Magg | Fav | Contr | Miss | ||
14 | Nom. | em. 2.20 | 480 | 479 | 1 | 240 | 9 | 470 | 26 | Resp. |
15 | Nom. | em. 2.100 rif. | 516 | 515 | 1 | 258 | 515 | 26 | Appr. | |
16 | Nom. | em. 2.50 rif. | 522 | 517 | 5 | 259 | 299 | 218 | 26 | Appr. |
17 | Nom. | em. 2.30 | 523 | 519 | 4 | 260 | 227 | 292 | 26 | Resp. |
18 | Nom. | articolo 2 prima parte | 524 | 524 | 263 | 524 | 26 | Appr. | ||
19 | Nom. | articolo 2 seconda parte | 528 | 528 | 265 | 523 | 5 | 26 | Appr. | |
20 | Nom. | articolo 3 | 521 | 521 | 261 | 517 | 4 | 26 | Appr. | |
21 | Nom. | articolo 4 | 526 | 526 | 264 | 525 | 1 | 26 | Appr. | |
22 | Nom. | odg 9/1288/1 | 487 | 484 | 3 | 243 | 211 | 273 | 27 | Resp. |
23 | Nom. | odg 9/1288/7 | 489 | 487 | 2 | 244 | 210 | 277 | 27 | Resp. |
24 | Nom. | odg 9/1288/8 | 490 | 486 | 4 | 244 | 209 | 277 | 27 | Resp. |
25 | Nom. | odg 9/1288/9 | 474 | 466 | 8 | 234 | 200 | 266 | 27 | Resp. |
26 | Nom. | ddl 1288-A - voto finale | 553 | 553 | 277 | 549 | 4 | 23 | Appr. |
INDICE ELENCO N. 3 DI 3 (VOTAZIONI DAL N. 27 AL N. 29 | ||||||||||
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Votazione | O G G E T T O | Risultato | Esito | |||||||
Num | Tipo | Pres | Vot | Ast | Magg | Fav | Contr | Miss | ||
27 | Nom. | Doc. IV n. 2-A | 474 | 471 | 3 | 236 | 469 | 2 | 22 | Appr. |
28 | Nom. | Doc. IV n. 3-A | 462 | 458 | 4 | 230 | 457 | 1 | 20 | Appr. |
29 | Nom. | ddl 1041 - voto finale | 444 | 259 | 185 | 130 | 238 | 21 | 22 | Appr. |