Menu di navigazione principale
Vai al menu di sezioneInizio contenuto
XV LEGISLATURA
Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 4 di giovedì 18 maggio 2006
Pag. 1PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FAUSTO BERTINOTTI
La seduta comincia alle 13,35.
MARIZA BAFILE, Segretario, legge il processo verbale della seduta dell'8 maggio 2006.
(È approvato).
Sull'ordine dei lavori.
MARIO PEPE. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MARIO PEPE. Signor Presidente, chiedo la sospensione della seduta in quanto non è presente in aula alcun rappresentante del Governo.
Tra l'altro, ritengo che anche eventuali comunicazioni, avendo valenza politica, debbano essere rese in presenza del Governo.
Dunque, le chiedo di sospendere la seduta in attesa che il Governo sia rappresentato in aula.
PRESIDENTE. Grazie. Ho avviato la seduta per rispetto dell'Assemblea e per rendere alcune comunicazioni che, anche in attesa del Governo, potevano essere fornite, favorendo in tal modo lo svolgimento dei nostri lavori.
Tuttavia, di fronte ad un'esplicita richiesta, non ho alcuna difficoltà ad accoglierla; dunque, sospendo la seduta.
La seduta, sospesa alle 13,40, è ripresa alle 13,45.
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, i deputati Airaghi, Bocchino, Budin, Rigoni e Zacchera sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati complessivamente in missione sono sei, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'Allegato A al resoconto della seduta odierna.
Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'Allegato A al resoconto della seduta odierna.
Annunzio della formazione del Governo e della nomina di sottosegretari di Stato.
PRESIDENTE. Comunico che il Presidente del Consiglio dei ministri ha inviato, in data 18 maggio 2006, la seguente lettera:
«Onorevole Presidente,
La informo che il Presidente della Repubblica, con propri decreti in data 17 maggio 2006, ha accettato le dimissioni rassegnate il 2 maggio 2006 dal Gabinetto presieduto dall'onorevole dottor Silvio Berlusconi ed ha altresì accettato le dimissioni dalle rispettive cariche rassegnate dai sottosegretari di Stato.
Avendo io accettato l'incarico di formare il Governo conferitomi in data 16 maggio 2006, il Presidente della Repubblica mi ha nominato, con proprio decreto in data 17 maggio 2006, Presidente del Consiglio dei ministri.
Con ulteriore decreto in pari data, il Presidente della Repubblica, su mia proposta, Pag. 2ha nominato ministri senza portafoglio l'onorevole dottor Vannino Chiti, il professor Luigi Nicolais, l'onorevole professoressa Linda Lanzillotta, l'onorevole dottoressa Emma Bonino, l'onorevole dottor Giulio Santagata, l'onorevole dottoressa Barbara Pollastrini, l'onorevole dottoressa Giovanna Meandri, l'onorevole dottoressa Rosaria Bindi (detta Rosy), l'onorevole Paolo Ferrero, il professor ingegner Alessandro Bianchi e l'onorevole professor Giuseppe Fioroni.
Sono stati altresì nominati ministri:
degli affari esteri, l'onorevole Massimo D'Alema;
per i beni e le attività culturali, l'onorevole Francesco Rutelli;
dell'interno, l'onorevole professor Giuliano Amato;
della giustizia, il senatore dottor Clemente Mastella;
della difesa, l'onorevole professor Arturo Mario Luigi Parisi;
dell'economia e delle finanze, il professor Tommaso Padoa Schioppa;
delle attività produttive, l'onorevole dottor Pier Luigi Bersani;
delle comunicazioni, l'onorevole dottor Paolo Gentiloni Silveri;
delle politiche agricole e forestali, l'onorevole professor Paolo De Castro;
dell'ambiente e della tutela del territorio, l'onorevole avvocato Alfonso Pecoraro Scanio;
delle infrastrutture e dei trasporti, l'onorevole avvocato Antonio Di Pietro;
del lavoro e delle politiche sociali, l'onorevole Cesare Damiano;
della salute, la senatrice Livia Turco;
dell'istruzione, dell'università e della ricerca, l'onorevole dottor Fabio Mussi.
Inoltre, il Presidente della Repubblica, con proprio decreto in data 17 maggio 2006, adottato su mia proposta e sentito il Consiglio dei ministri, ha nominato l'onorevole dottor Enrico Letta, deputato al Parlamento, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con le funzioni di segretario del Consiglio medesimo.
Con ulteriori decreti in pari data, adottati con la medesima procedura, il Presidente della Repubblica ha attribuito le funzioni di vicepresidente del Consiglio dei ministri al ministro degli affari esteri onorevole Massimo D'Alema, deputato al Parlamento, e al ministro per i beni e le attività culturali onorevole Francesco Rutelli, deputato al Parlamento.
Con mio decreto in data 17 maggio 2006, sentito il Consiglio dei ministri, ho conferito ai ministri senza portafoglio, a norma dell'articolo 9 della legge 23 agosto 1988, n. 400, i seguenti incarichi:
all'onorevole dottor Vannino Chiti i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali;
al professor Luigi Nicolais le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione;
all'onorevole professoressa Linda Lanzillotta gli affari regionali e le autonomie locali;
all'onorevole dottor Giulio Santagata l'attuazione del programma di Governo;
all'onorevole dottoressa Barbara Pollastrini i diritti e le pari opportunità;
all'onorevole dottoressa Giovanna Melandri le politiche giovanili e le attività sportive;
all'onorevole dottoressa Rosaria Bindi, detta Rosy, le politiche per la famiglia.
A seguito dell'entrata in vigore del decreto-legge emanato in data odierna recante disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei Pag. 3Ministeri, il Presidente della Repubblica, con proprio decreto in pari data, ha nominato ministri:
dello sviluppo economico, l'onorevole dottor Pierluigi Bersani;
del commercio internazionale, l'onorevole dottoressa Emma Bonino;
dei trasporti, il professor ingegnere Alessandro Bianchi;
dell'istruzione, l'onorevole professor Giuseppe Fioroni;
della solidarietà sociale, l'onorevole Paolo Ferrero.
Infine, il Presidente della Repubblica, con proprio decreto in data odierna, adottato su mia proposta e sentito il Consiglio dei ministri, ha nominato i seguenti Sottosegretari di Stato:
alla Presidenza del Consiglio dei ministri: professoressa Chiara Acciarini; signor Pietro Colonnella; professor Gianpaolo Vittorio D'Andrea; signor Elidio De Paoli; professor Fabio Gobbo; onorevole Ricardo Franco Levi; dottoressa Donatella Linguiti; signor Giovanni Lolli; senatrice Beatrice Magnolfi; dottor Enrico Micheli; dottor Paolo Naccarato; dottor Giampiero Scanu;
agli affari esteri: signor Vittorio Craxi; dottor Famiano Crucianelli; dottor Donato Di Santo; dottor Ugo Intini; onorevole Patrizia Sentinelli; senatore Gianni Vernetti;
all'interno: signor Francesco Bonato; signora Marcella Lucidi; onorevole Domenico Minniti (detto Marco); consigliere Alessandro Pajno; professor Ettore Rosato;
alla giustizia: professor Luigi Manconi; senatore Alberto Maritati; dottoressa Daniela Melchiorre; signor Luigi Rigotti; dottor Luigi Scotti;
alla difesa: signor Emidio Casula; dottor Luigi Forcieri; dottor Marco Verzaschi;
all'economia e finanze: signor Antonangelo Casula; onorevole Pier Paolo Cento; signor Alfiero Grandi; dottor Mario Lettieri; senatore Roberto Pinza; dottor Massimo Tononi; onorevole Vincenzo Visco;
allo sviluppo economico: dottor Filippo Bubbico; onorevole Sergio D'Antoni; onorevole Alfonso Gianni; senatore Paolo Giaretta;
al commercio internazionale: dottor Mauro Agostini; professor Milos Budin;
alle comunicazioni: onorevole Giorgio Calò; dottor Luigi Vimercati;
alle politiche agricole, alimentari e forestali: onorevole Stefano Boco; signor Guido Tampieri;
all'ambiente e alla tutela del territorio: professor Bruno Dettori; dottoressa Laura Marchetti; signor Gianni Piatti;
alle infrastrutture: onorevole Angelo Capodicasa; signor Tommaso Casillo; dottor Luigi Meduri;
ai trasporti: onorevole Cesare De Piccoli; avvocato Andrea Annunziata;
al lavoro e alla previdenza sociale: signor Antonio Montagnino; dottoressa Rosa Rinaldi;
alla salute: dottor Antonio Gaglione; signor Gian Paolo Patta; signor Serafino Zucchelli;
all'istruzione: dottoressa Mariangela Bastico; signora Letizia De Torre; dottor Gaetano Pascarella;
all'università e ricerca: professor Nando Dalla Chiesa; professor Luciano Modica;
ai beni e attività culturali: signor Andrea Marcucci; dottoressa Danielle Mazzonis; signora Elena Montecchi;
alla solidarietà sociale: dottoressa Cristina De Luca, signora Cecilia Donaggio.
firmato: Romano Prodi».
Consegna da parte del Presidente del Consiglio dei ministri del testo delle dichiarazioni programmatiche.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la consegna da parte del Presidente del Consiglio dei ministri del testo delle dichiarazioni programmatiche.
Ha facoltà di parlare il Presidente del Consiglio dei ministri.
ROMANO PRODI, Presidente del Consiglio dei ministri. Signor Presidente della Camera, la ringrazio per la cortese accoglienza e le consegno il testo delle dichiarazioni programmatiche da me testé rese al Senato della Repubblica.
PRESIDENTE. La ringrazio, signor Presidente del Consiglio dei ministri. Prendo atto della consegna da parte sua del testo delle dichiarazioni programmatiche da lei rese nella giornata odierna al Senato della Repubblica, che saranno pubblicate integralmente in calce al resoconto della seduta odierna.
Organizzazione del dibattito sulle comunicazioni del Governo.
PRESIDENTE. Comunico che, a seguito della riunione di ieri della Conferenza dei presidenti di gruppo, si è proceduto alla seguente organizzazione del dibattito fiduciario alla Camera, prevedendo un tempo complessivo per la discussione pari a 15 ore, cui si aggiunge un tempo per le dichiarazioni di voto pari a dieci minuti per gruppo, un tempo aggiuntivo per il gruppo Misto e 20 minuti per gli interventi a titolo personale.
La discussione avrà inizio lunedì 22 maggio, alle ore 9, e proseguirà nel corso della giornata, nonché martedì 23 maggio, a partire dalle ore 9. Martedì 23 maggio, alle ore 16,30, con ripresa televisiva diretta, avranno luogo la replica del Presidente del Consiglio dei ministri, le dichiarazioni di voto dei rappresentanti dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo Misto. Seguirà la votazione per appello nominale sulla mozione di fiducia.
Integrazione nella composizione dell'ufficio di presidenza di un gruppo parlamentare e affidamento dei poteri attribuiti dal regolamento nell'ambito dell'ufficio di presidenza del medesimo gruppo parlamentare.
PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data 4 maggio 2006, il presidente del gruppo parlamentare de L'Ulivo, ha reso noto che l'assemblea del gruppo ha eletto, in data 3 maggio 2006, vicepresidente vicario la deputata Marina Sereni e vicepresidente il deputato Gianclaudio Bressa.
Ad entrambi i vicepresidenti è affidato inoltre l'esercizio dei poteri attribuiti dall'articolo 15, comma 2, del regolamento.
Modifica nella denominazione di un gruppo parlamentare.
PRESIDENTE. Comunico che il presidente del gruppo parlamentare UDC (CCD-CDU), con lettera pervenuta in data 17 maggio 2006, ha reso noto che l'esatta denominazione del gruppo medesimo è: UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro).
Modifica nella composizione della Giunta per il regolamento.
PRESIDENTE. Comunico che, a norma dell'articolo 16, comma 1, del regolamento, udito il parere della Giunta per il regolamento nella seduta del 16 maggio scorso, ho integrato la composizione della Giunta medesima chiamandovi a farne parte i deputati Carlo Costantini e Andrea Gibelli.
Pag. 5Annunzio della formazione di una componente politica nell'ambito del gruppo parlamentare Misto.
PRESIDENTE. Comunico che è stata autorizzata, ai sensi dell'articolo 14, comma 5, del regolamento e sulla base della richiesta pervenuta in data 17 maggio 2006, la formazione, nell'ambito del gruppo parlamentare Misto, della componente politica denominata «Movimento per l'autonomia», cui aderiscono i deputati Giovanni Di Mauro, Nicola Leanza, Carmelo Lo Monte, Vincenzo Oliva e Giuseppe Reina.
Richieste di autorizzazione alla costituzione di gruppi parlamentari ed invito alla loro costituzione.
PRESIDENTE. Comunico che l'Ufficio di Presidenza, nella riunione del 17 maggio 2006, a norma dell'articolo 14, comma 2, del regolamento, ha deliberato di autorizzare la costituzione dei seguenti gruppi parlamentari: La Rosa nel Pugno, Comunisti Italiani, Verdi, Popolari-Udeur e Democrazia Cristiana-Partito Socialista.
Tali gruppi parlamentari sono convocati oggi, alle 16, per procedere alla elezione del presidente e degli altri organi direttivi.
Invito inoltre il gruppo Misto, la cui composizione si è conseguentemente modificata, a procedere nuovamente alla propria costituzione.
Comunico, altresì, che nella medesima riunione del 17 maggio 2006, l'Ufficio di Presidenza ha deliberato di non accogliere la richiesta di autorizzazione alla costituzione del gruppo parlamentare Movimento per l'Autonomia.
ANTONIO LEONE. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà, deputato Leone.
ANTONIO LEONE. Signor Presidente, intervengo per un richiamo al regolamento in ordine alle comunicazioni da lei testé rese, che riguardano la costituzione di nuovi gruppi (ben cinque gruppi rispetto a quelli già costituiti).
Abbiamo avuto modo di interessarci della vicenda sia nella Giunta per il regolamento sia nell'Ufficio di Presidenza, manifestando con forza e con veemenza la nostra posizione e la nostra opposizione all'idea di creare nuovi gruppi - cinque gruppi, come lei ha comunicato prima -, sulla base di una serie di considerazioni e motivazioni validissime, che sono state disattese, tra l'altro, nell'Ufficio di Presidenza con un voto proprio in limine, grazie anche al suo stesso voto espresso in quell'occasione. Tengo a rimarcare che ciò mi sembra non sia mai avvenuto, se non molto, molto, ma molto sporadicamente.
Intervengo per rimarcare quelle che saranno le conseguenze di questa decisione dell'Ufficio di Presidenza, da lei avvalorata. Mi riferisco ad una serie di «ricadute» che riguardano l'organizzazione, i lavori, la logistica in sé della Camera. Quando parlo di logistica, mi riferisco proprio ad aspetti materiali, oltre che, naturalmente, all'aspetto economico, visto che ci troviamo in una epoca in cui si tende - così come è stato fatto dallo scorso Governo - a limitare le spese della politica (e questa è politica!).
Si giunge invece a decisioni che porteranno sicuramente ad un aumento consistente delle spese per la politica, quando poi, all'interno dello stesso regolamento e al di fuori del comma 2 dell'articolo 14, si sarebbe potuta tranquillamente prevedere la costituzione di componenti politiche, che possono avere le stesse caratteristiche e le stesse prerogative dei gruppi costituiti come tali, soltanto riferendosi al comma 5 dello stesso articolo 14 del regolamento.
Nonostante la nostra opposizione, nonostante la volontà di una metà precisa del Parlamento, che rispecchia la metà precisa della volontà degli italiani, si è ritenuto di andare avanti tranquillamente, in barba a qualsiasi presa di posizione adeguatamente motivata, per giungere a questa soluzione.Pag. 6
Voglio collegare a questa protesta del gruppo di Forza Italia anche altre considerazioni, che sono del tutto politiche. Infatti, non ci si può venire a dire che si sarebbe dovuto procedere tout court, sic et simpliciter, all'adozione di una simile decisione, sostenendo che si trattava solo di una interpretazione del regolamento, perché lo stesso regolamento attribuisce poteri all'Ufficio di Presidenza, non doveri (l'articolo 14 stabilisce, infatti, che l'Ufficio di Presidenza «può» e non «deve»). Quindi, questa presa di posizione si intreccia con alcune valutazioni di natura politica, che noi vogliamo sottoporre all'attenzione di questa Assemblea - e non soltanto - proprio per fare intendere in quale situazione politica ci siamo venuti a trovare.
Tra l'altro, con riferimento al numero dei gruppi, voglio ricordare che il Parlamento raggiungerà il picco più alto - forse con una sola eccezione - di tutta l'era repubblicana della nostra Italia. Ciò fa intendere ed ha il sapore di un ritorno - perché quel picco risale a moltissimi anni addietro -, di una retrocessione temporale della politica e del modo di fare politica. Non si può non sottolineare che sicuramente tale decisione è stata presa perché connessa con quello che oggi è avvenuto con la presentazione della lista dei ministri e dei sottosegretari.
Tutto ciò, quindi, ci consente di evidenziare che si tratta, anche all'interno di questo Palazzo, di una spartizione cencelliana di quelli che sono, lo dico tra virgolette, gli «appetiti», legittimi o non legittimi a seconda del punto di vista, delle componenti di questa maggioranza.
Si altereranno - e ciò rappresenta l'elemento e la conseguenza più importante di questa decisione - i rapporti tra maggioranza e minoranza; ad esempio, all'interno dell'Ufficio di Presidenza, tanto per dirne una, saranno aumentati a dismisura, in concomitanza con la costituzione dei gruppi parlamentari, anche i componenti di detto Ufficio di Presidenza a seguito della richiesta legittima, perché così deve essere, della elezione di nuovi segretari di Presidenza. Si altererà, pertanto, a dismisura all'interno della Conferenza dei presidenti di gruppo il rapporto tra maggioranza ed opposizione. Si altereranno, quindi, tutta una serie di rapporti tra maggioranza ed opposizione che, in conseguenza di ciò, non saranno più lo specchio del risultato elettorale, cioè un 50 per cento da una parte e un 50 per cento dall'altra.
Era questo che, a nome del gruppo di Forza Italia, volevo rimarcare, non omettendo di evidenziare che, ove mai potesse esserci un ripensamento o la possibilità di procedere ad una rivisitazione della decisione assunta - a questo riguardo mi è giunta voce di alcuni cambiamenti dell'ultima ora -, ciò rappresenterebbe un bene non solo per gli italiani, ma principalmente per il funzionamento e la credibilità di questo Palazzo (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale).
MARCO BOATO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Intende intervenire sullo stesso argomento?
MARCO BOATO. Sì, Presidente.
PRESIDENTE. Prego, ha facoltà di parlare.
MARCO BOATO. Signor Presidente, ritengo doveroso intervenire brevemente in modo che rimanga «traccia» nel resoconto stenografico della seduta odierna della questione posta dal collega Antonio Leone. Desidero prima di tutto darle atto - visto che lei è stato sottoposto poco fa ad un attacco anche di carattere personale inconsueto, per quanto a mia memoria, da sei legislature, anche se legittimo ma, ripeto, del tutto inconsueto -, dell'assoluta correttezza con cui lei si è comportato in questa circostanza e come sicuramente farà sempre in relazione al nostro regolamento che è poi, oltre alla Costituzione, la carta fondamentale a cui noi dobbiamo fare riferimento in questa sede.
Signor Presidente, anche se non era tenuto a farlo, lei ha convocato la neocostituita Pag. 7Giunta per il regolamento per rendere partecipe tale organo consultivo delle proposte che lei avanzava e che poi avrebbe sottoposto all'Ufficio di Presidenza; e ciò è avvenuto non in base ad una sua iniziativa autonoma, ma a seguito di una richiesta formale fatta da quattro componenti politiche del gruppo Misto appartenenti al centrosinistra e da una componente politica, sempre del gruppo Misto, appartenente al centrodestra. Il fatto che io abbia indicato le appartenenze fa capire forse perché vi sia stata una così feroce opposizione da parte del centrodestra; un'opposizione legittima che l'intervento svolto poc'anzi dal collega Antonio Leone ha esplicitato.
Signor Presidente, lei, a mio avviso, aveva non il diritto ma l'obbligo di sottoporre all'Ufficio di Presidenza - ma innanzi tutto lei ha ritenuto di investire la Giunta per il regolamento - la possibile applicazione del comma 2 dell'articolo 14 del regolamento della Camera dei deputati; norma regolamentare che non è mai stata soppressa e che è in vigore dall'anno di grazia 1971 e che - gli esperti di regolamento lo ricordano - era in vigore, in una formulazione pressoché analoga, fin dal 1949.
Il collega Leone avrebbe preferito che ci si richiamasse al comma 5 dell'articolo 14 del regolamento, ma ad esso si è già fatto ricorso. In ogni caso, il comma 5 attiene all'articolazione interna del gruppo Misto - da me presieduto nella scorsa legislatura e all'inizio di quella attuale -, mentre il comma 2 prevede la possibilità di autorizzare la costituzione di un gruppo anche con meno di venti deputati.
Gli uffici della Camera dei deputati, tutti i membri della Giunta per il regolamento - penso anche a quelli che compongono l'Ufficio di Presidenza -, come sempre accade, hanno avuto la cortesia, anche su nostra sollecitazione, di fornirci i precedenti. Vi sono non uno, ma decine di precedenti che riguardano l'autorizzazione da parte dell'Ufficio di Presidenza a costituire gruppi con meno di venti deputati. In questo senso, uno dei primissimi casi, risalente al 1976, fu la costituzione, insieme a gruppi di consistenza superiore, del gruppo radicale - il primo gruppo radicale in quest'aula -, costituito da quattro deputati; vi erano poi il gruppo DP costituito da sei deputati - se non ricordo male -, e vari altri gruppi di consistenza maggiore, ma comunque inferiore ai venti deputati: penso ai liberali, ai repubblicani in altre circostanze, e così via.
ELIO VITO. Di opposizione!
MARCO BOATO. Forse è bene che resti traccia di tutto ciò, perché poi queste cose si studiano, si scrivono libri sui gruppi parlamentari. Vi è anche un libro di un funzionario della Camera dei deputati, di grande interesse, sulla storia e sulla funzione dei gruppi parlamentari.
Bisogna ricordare come è cambiata la funzione del gruppo Misto - che storicamente è sempre stato un gruppo «residuale» (lo dico tra virgolette), essendo composto da cinque, sei, sette o dieci deputati - con l'avvento del sistema maggioritario, introdotto dopo il referendum del 18 aprile 1993 attraverso la cosiddetta legge Mattarella, approvata dal Parlamento della XI legislatura.
Il collega Leone - con il quale dialogo un po' polemicamente, ma con assoluto rispetto ed amicizia (come lui sa) - afferma che vi è un antico precedente; esso però riguarda l'XI legislatura, l'ultima nella quale vi è stato il sistema proporzionale prima dell'introduzione del sistema prevalentemente maggioritario.
Nell'XI legislatura vi erano tredici gruppi, quanti ve ne saranno in questa legislatura; quindi, non si tratta di una cosa antichissima: stiamo esattamente parlando dell'ultima legislatura prima dell'avvento del nuovo sistema elettorale.
Il nuovo sistema elettorale, prevalentemente maggioritario, prevedeva la quota proporzionale soltanto per la Camera dei deputati: non a caso, l'unica autorizzazione ai sensi dell'articolo 14, comma 2, è stata concessa nella scorsa legislatura, quando Presidente della Camera dei deputati era Pier Ferdinando Casini, a cui noi abbiamo portato rispetto dal primo Pag. 8all'ultimo giorno, e ciò a prescindere che convenissimo o dissentissimo dalle sue decisioni. Si tratta forse di un vecchio, antico stile, a cui però mi richiamo poiché ho rispetto verso le istituzioni e verso chiunque venga chiamato pro tempore a rappresentarle.
Nella scorsa legislatura, è stata concessa l'autorizzazione in deroga ad un solo gruppo poiché era l'unico che aveva superato la soglia del 4 per cento nella parte proporzionale per la Camera dei deputati: se non ricordo male, tale gruppo era costituito da 11 deputati. I gruppi da lei citati sono composti, ad esempio, da 17 deputati - la Rosa nel Pugno ne avrà 18 fra pochi giorni -, 16 ne hanno i comunisti, 16 i Verdi, 14 l'UDEUR e, se non ricordo male, proprio un gruppo appartenente al centrodestra (DC-PS) ha un numero inferiore di deputati; in ogni caso, tale gruppo, del tutto legittimamente, ha avanzato una sua richiesta che, del tutto legittimamente, è stata autorizzata.
Con uno spirito di garanzia per tutti, a cui ho sempre ispirato la mia modesta funzione istituzionale, prendo atto con soddisfazione della perfetta equanimità a cui lei, Presidente, si è richiamato.
Ora, non lei, signor Presidente, e non chi parla, né lo schieramento politico a cui appartengo, cioè quello dell'Unione, ha modificato la legge elettorale. Il centrodestra negli ultimi mesi della scorsa legislatura, con un vero colpo di mano istituzionale - come io l'ho chiamato più volte - e a stretta maggioranza, ha imposto il ritorno al sistema proporzionale (Commenti dei deputati del gruppo di Forza Italia).
Quindi, il ritorno alla piena attualità dell'applicazione dell'articolo 14, comma 2 - che è sempre stato in vigore, ma che era stato, per così dire, congelato, dopo un parere della Giunta per il regolamento, a seguito dell'entrata in vigore del nuovo sistema elettorale -, è stato determinato dalla scelta, effettuata dallo schieramento a cui appartiene legittimamente il collega Leone, di avere imposto, ovviamente con i numeri, legalmente, il nuovo sistema elettorale, un sistema elettorale proporzionale che ha riportato in vita la possibilità di applicare l'articolo 14, comma 2.
ELIO VITO. Però, ne hai beneficiato!
MARCO BOATO. Cosa che lei, signor Presidente, in Ufficio di Presidenza, ha fatto con assoluta correttezza.
ANTONIO LEONE. C'è conflitto di interessi ...
MARCO BOATO. Di ciò vorrei darle atto pubblicamente, signor Presidente, e concludo, perché non vorrei che rimanesse traccia soltanto di una polemica che ritengo un po' pretestuosa e strumentale (Applausi dei deputati dei gruppi de L'Ulivo e dell'Italia dei Valori).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, immagino sullo stesso argomento, il deputato Giachetti. Ne ha facoltà.
ROBERTO GIACHETTI. La ringrazio, signor Presidente.
Onorevole Leone, non parli lei di conflitto di interessi perché (Commenti del deputato Leone)...
ELIO VITO. Come no?
ROBERTO GIACHETTI. In questa legislatura, vedremo, ma nella precedente ne abbiamo parlato più volte - ahimé! - e raramente abbiamo ottenuto risultati adeguati.
Signor Presidente, anche alla luce delle considerazioni svolte dal collega Boato, impiegherò pochi minuti soltanto per esprimerle la nostra gratitudine per la correttezza con la quale ha operato, convocando dapprima la Giunta per il regolamento e, in seguito, l'Ufficio di Presidenza per assumere decisioni che, come ha ricordato il collega Boato, si sono rese necessarie per la semplice ragione che, essendo stata modificata la legge elettorale, l'applicazione (Commenti del deputato Leone). .. Il collega Leone è «frizzante»...!
MARCO BOATO. Un po' di intolleranza ...!
PRESIDENTE. Invito tutti i deputati ad ascoltare, per favore, gli interventi che si succedono. Grazie.
Prosegua pure, onorevole Giachetti.
MARCO BOATO. Abbiamo ascoltato il collega Leone in religioso silenzio!
ROBERTO GIACHETTI. Ma non vi preoccupate! Sono in perfetta continuità: tanto stavano zitti prima, tanto parleranno adesso ...! Noi non abbiamo alcun problema; anzi, siamo felici - prima o poi - di poterli ascoltare ...
Signor Presidente, per evitare di perdere ulteriore tempo, dico semplicemente che siamo assolutamente d'accordo con le decisioni assunte da lei e dall'Ufficio di Presidenza e, anzi, la ringraziamo per la correttezza della procedura con la quale ha voluto risolvere anche la questione alla nostra attenzione.
PRESIDENTE. Le ho dato la parola, signor deputato Leone, pur non potendo il suo intervento - lo riconoscerà - essere tecnicamente definito come richiamo al regolamento, poiché la decisione che lei ha sottoposto alla sua valutazione costituisce prerogativa dell'Ufficio di Presidenza; tuttavia, considerato il rilievo politico della questione, le ho dato senz'altro la parola; e così ho fatto, poi, con i deputati Boato e Giachetti, che ringrazio per i loro interventi.
Come loro sanno, la competenza all'autorizzazione della costituzione di gruppi in deroga è dell'Ufficio di Presidenza ed esclusivamente di tale organo. Come è stato ricordato anche in questa occasione, tale prerogativa è stata esercitata in numerosissimi casi nelle legislature precedenti.
Per scrupolo, il Presidente della Camera ha fatto ricorso ad una richiesta di parere alla Giunta per il regolamento: per scrupolo, non essendo tale parere strettamente richiesto. Trattandosi di materia delicata, ho preferito attingere ad una discussione e ad un parere della Giunta per il regolamento, la quale, sul terreno tecnico-scientifico ed interpretativo, ha fornito un orientamento prevalente nella sua discussione - insisto - come parere rivolto al Presidente.
L'esigenza di ricorrere ad un elemento di orientamento interpretativo è stata resa necessaria dal fatto che - come, del resto, in precedenti occasioni - il regolamento si trovava ad interagire in una condizione nuova, determinata dall'innovazione prodotta dalla legge elettorale. Questo elemento richiedeva necessariamente, per procedere all'applicazione, un'interpretazione.
Questa interpretazione, sul terreno giuridico, è stata fornita - insisto - in base ad una opinione prevalente, di cui il Presidente si è avvalso; ma la facoltà di decidere era diritto, dovere e prerogativa assoluta dell'Ufficio di Presidenza, il quale, essendo titolare di questa decisione politica, l'ha assunta, con piena libertà.
Le assicuro - del resto, lei lo sa, signor deputato Leone - che le argomentazioni che lei ha qui illustrato sono state diffusamente svolte, diffusamente ascoltate, si è interloquito e le stesse sono state ponderate, prima di decidere. La decisione è stata assunta - e con questo concludo la mia breve replica - perché c'è un «prevalente». Così ha ritenuto l'Ufficio di Presidenza, ed io con esso. Il «prevalente» è che la domanda di rappresentanza delle soggettività politiche che, secondo il regolamento, hanno diritto a manifestarsi in gruppi organizzati nel Parlamento, ha una priorità. Gli stessi temi che lei ha sollevato, di funzionalità dell'Assemblea e persino di costi, devono essere resi compatibili con questa esigenza primaria, che attiene alla democrazia e, dunque, alla rappresentanza - naturalmente, quando è resa possibile dal regolamento il quale, in questo caso, la rende possibile - delle soggettività politiche che si sono presentate alle elezioni. Io penso che sarà compito dell'Ufficio di Presidenza, anche ricorrendo al contributo assai prezioso dei deputati questori - i quali, sempre all'unanimità, hanno deciso in termini di Pag. 10bilancio della Camera -, realizzare una politica di contenimento delle spese, la quale è negli auspici e nei programmi di questa Presidenza come, penso, di tutta l'Assemblea. Per questo, così abbiamo deciso, così ha deciso l'Ufficio di Presidenza, e penso che sia stata una decisione saggia.
ELIO VITO. A meno che non si esageri!
Per un richiamo al regolamento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Fontana. Ne ha facoltà.
ELIO VITO. Ma non si chiamano più onorevoli? Si chiamano deputati?
MARCO BOATO. Ricordati la Pivetti: deputati..., senatori..., la stessa cosa!
GREGORIO FONTANA. Signor Presidente, intervengo per un richiamo al regolamento ed alle funzioni di sua stretta competenza.
Desidero avere da lei un immediato chiarimento e una informazione sul lavoro che la Camera, tramite i suoi uffici, sta già svolgendo in ordine a quanto prescritto dal testo unico delle leggi elettorali, che prevede l'invio alla Camera dei deputati, da parte degli uffici circoscrizionali, del materiale relativo ai seggi ed, in particolare, dei verbali dei seggi stessi, delle tabelle di scrutinio e di tutte le schede bianche e nulle.
Come lei sa, l'articolo 8 del regolamento della Giunta delle elezioni prevede che gli uffici della Camera provvedano alle operazioni di controllo preliminare di tale documentazione preparando i prospetti per la Giunta. Non sfugge che, di fronte a una situazione delicata quale quella che si è venuta a determinare con il risultato delle ultime elezioni politiche, nelle quali si è visto prevalere uno schieramento sull'altro per poche decine di migliaia di voti, questi controlli sono particolarmente importanti. Sono controlli che noi vogliamo portare avanti nel rispetto della Costituzione, della legge e dei regolamenti di quest'Assemblea. Per effettuare tali controlli sono necessari essenzialmente due elementi fondamentali: innanzitutto, i dati; inoltre, è necessario che la Giunta delle elezioni sia costituita.
Per quanto riguarda i dati, un primo aspetto paradossale e incredibile è costituito dal fatto che oggi, ad oltre un mese dalle elezioni, non esiste ancora un dato di per sé fondamentale per effettuare questi controlli: non si conosce, cioè, il dato esatto relativo alle schede bianche ed alle schede nulle. Questo dato non c'è. Non c'è perché non è stato fornito dagli uffici circoscrizionali; non c'è perché non è stato fornito dall'ufficio centrale nazionale. È compito, quindi, degli uffici della Camera effettuare al più presto questa verifica.
Nella scorsa legislatura, questa operazione era stata eseguita, con la massima trasparenza, dagli uffici della Camera dei deputati e dalla Giunta delle elezioni, la quale era stata immediatamente insediata ed aveva avuto notizia, mano a mano che il lavoro veniva svolto, delle procedure e dei dati parziali che, progressivamente, emergevano direttamente dalla Segreteria generale.
È evidente a tutti che, non essendo ancora costituita ad oggi la Giunta delle elezioni - che abbiamo chiesto, in più occasioni, di nominare -, nessuno ha la possibilità di conoscere quale sia lo stato di fatto delle procedure che gli uffici della Camera hanno avviato.
Non pongo - e, nel fare questa mia affermazione, vorrei essere chiaro - un problema di correttezza: do per scontato, ritenendolo un dato certo, che gli uffici della Camera svolgono dette operazioni con la massima correttezza e professionalità, come è stato fatto in passato.
Oggi, invece, vi è un problema di trasparenza perché, in assenza della nomina della Giunta delle elezioni, questi uffici agiscono senza una procedura e senza un'interfaccia definita. Pertanto, tale problema oggi non sussisterebbe se lei avesse proceduto, come avevamo chiesto, alla costituzione della citata Giunta, che avrebbe tenuto un continuo collegamento con la Segreteria generale e con gli uffici della Pag. 11Camera, venendo così informata, mano a mano, dell'esito di queste operazioni.
Avendo pertanto deciso di non nominare ancora la Giunta delle elezioni, oggi si pone un problema di trasparenza e di pubblicità dei dati elettorali. Tali dati, infatti, mano a mano che emergono e che le operazioni di scrutinio e di verifica di questi verbali vengono svolte dagli uffici della Camera dei deputati, sono fino a questo momento totalmente sconosciuti. Ripeto che si tratta di dati fino ad oggi completamente sconosciuti poiché il numero delle schede bianche e nulle, a differenza di quello dei voti validi, non è mai stato reso pubblico.
Le chiedo pertanto con la massima urgenza, signor Presidente, di rendere pubblici tali dati (nelle more della mancata nomina della Giunta delle elezioni), nonché di valutare le forme di pubblicità dei medesimi.
Ribadisco, inoltre, la richiesta principale che le avanziamo da tempo: nominare al più presto la Giunta delle elezioni (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).
PRESIDENTE. Hanno chiesto di parlare i deputati Boato e Strizzolo, immagino sullo stesso argomento.
MARCO BOATO. Sì, signor Presidente.
PRESIDENTE. Prego, ha facoltà di parlare.
MARCO BOATO. Signor Presidente, mi dispiace intervenire due volte, in via incidentale, nel corso della stessa seduta, ma lo faccio solo perché qualcun'altro lo ha già fatto prima. Non voglio entrare nel merito di tutte le valutazioni riguardo ai risultati elettorali e via dicendo: non è questa la sede per farlo, ed un apposito organo affronterà tale materia.
Mi chiedo, signor Presidente, se vi sia qualche connessione tra chi rappresenta ciascun gruppo nell'ambito della Conferenza dei presidenti di gruppo ed i colleghi che dovessero eventualmente intervenire in sede di Assemblea, visto che parlano a nome di un gruppo parlamentare.
Debbo darle atto che, nella penultima Conferenza dei presidenti di gruppo - anche perché, per me, sono state le ultime riunioni cui ho partecipato in tale veste, poiché da oggi non vi sarò più -, lei, signor Presidente, ha esplicitamente affrontato la questione che le ha sottoposto il collega Fontana.
Ricordo che, in quella sede, profilandosi l'ipotesi (poiché tale era in quel momento) di un'immediata costituzione, all'inizio della legislatura, di nuovi gruppi parlamentari - i quali avrebbero avuto il diritto di proporre a lei, signor Presidente, una presenza all'interno della Giunta delle elezioni (osservo che ciò non ne altera la consistenza numerica: semplicemente, anziché il gruppo Misto, procederanno alle relative nomine i singoli gruppi che oggi, alle 16, si costituiranno) -, tutti noi avevamo convenuto, su suo suggerimento, di indire la costituzione di tale Giunta immediatamente dopo.
La questione è stata nuovamente sollevata (del tutto legittimamente) dal collega Elio Vito, del gruppo di Forza Italia - per questo mi domando se vi sia un raccordo tra Conferenza dei presidenti di gruppo ed Assemblea -, nella riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo svoltasi ieri. Ricordo che io stesso e la collega Sereni, che eravamo presenti anche a nome dei gruppi appartenenti alla maggioranza, abbiamo immediatamente aderito a tale sollecitazione.
Lei stesso ha risposto ufficialmente e pubblicamente che, appena costituiti i gruppi, si sarebbero dovute presentare a lei le proposte di nomina (perché di questo si tratta) per la Giunta delle elezioni, che sarà immediatamente costituita in occasione della prima seduta utile. Lei stesso lo ha affermato ieri, in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo, e lo voglio ricordare all'Assemblea.
Sono un po' sconcertato (starei per dire allibito) per quanto si fa pur di muovere qualche critica: vedo instaurarsi questa prassi, che spero si concluda nel giro di pochi giorni, finite le fibrillazioni post-elettorali. Che si elabori il lutto! Nel 2001, io ho elaborato il lutto in un giorno: ho Pag. 12preso atto che avevamo perso le elezioni, sono tornato in quest'aula da oppositore ed ho rispettato il Presidente della Camera Casini dal primo all'ultimo minuto!
Spero che l'elaborazione del lutto non duri troppo a lungo e che sulle questioni procedurali si possano stabilire rapporti di rispettiva correttezza e rispetto; tali rapporti, spesso, vi sono stati e spero continuino ad esservi.
Comunque, le do atto che quanto le è stato chiesto poco fa, lei lo aveva già considerato ieri, in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo.
GREGORIO FONTANA. Sulla trasparenza non si è mai detto nulla!
ELIO VITO. Non è stata ancora convocata...!
MARCO BOATO. Non agitatevi! Eppure, vi ascoltiamo sempre...
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il deputato Strizzolo.
IVANO STRIZZOLO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, innanzitutto, anch'io vorrei ringraziare il signor Presidente, che mi ha concesso la parola. Il collega Boato ha già affrontato, in parte, un aspetto del mio intervento e, quindi, risparmio ai colleghi qualche minuto del loro tempo.
Vorrei riferirmi ad un altro elemento. Forse, siamo ancora legati ad un clima post-elettorale, che tarda a concludersi. Tuttavia, ritengo che l'atteggiamento dei colleghi del centrodestra - quasi una sorta di accanimento terapeutico rispetto al risultato elettorale - debba cessare...
DONATO BRUNO. Non hai capito niente!
GREGORIO FONTANA. Se non mi ascolti...!
IVANO STRIZZOLO. La Presidenza andrà avanti seguendo le procedure previste (Commenti dei deputati del gruppo di Forza Italia)... Ho ascoltato in silenzio, cari colleghi, e, se farete altrettanto, dimostrerete di essere colleghi a pieno titolo, come tutti noi, con diritto di parola e diritto di ascolto!
GREGORIO FONTANA. Hai ascoltato, ma non hai capito!
IVANO STRIZZOLO. Insistere in questo tentativo di insinuare ancora nell'opinione pubblica dubbi in ordine a brogli e ad una mancata trasparenza e chiarezza del risultato elettorale non danneggia questo o quel gruppo politico: ciò, alla fine, danneggia l'immagine e la credibilità complessiva di questa istituzione e del nostro paese.
Pertanto, credo che il Presidente e l'Ufficio di Presidenza, per le ragioni che il collega Boato ha esposto un attimo fa, andranno avanti e procederanno a costituire tutti gli organismi necessari.
Mi auguro che questo refrain sulla chiarezza dei risultati non duri per tutta la legislatura.
GREGORIO FONTANA. Mi scusi, signor Presidente, vorrei chiarire...
PRESIDENTE. Lei è già intervenuto, la prego...
GREGORIO FONTANA. Ma si è sviluppato un dibattito...!
PRESIDENTE. Lei ha svolto un intervento ed ha avuto modo di esporre la sua tesi. Vi sono stati altri interventi ed ora concludiamo la discussione.
A tal proposito, ricordo che ho posto io stesso, già nella prima riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo - come è stato rilevato - la questione della tempestiva formazione delle Giunte delle elezioni e per le autorizzazioni a procedere.
Essendosi completato il quadro dei gruppi parlamentari, procederò a richiedere le relative designazioni dei gruppi, in modo tale che le Giunte medesime possano essere costituite al più presto, io Pag. 13ritengo entro la giornata di martedì 23 maggio (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
Do lettura dell'ordine del giorno... Mi si dice che il deputato Iannarilli ha chiesto di parlare. Potrei sapere su quale argomento?
ANTONELLO IANNARILLI. Rinuncio, signor Presidente.
PRESIDENTE. Sta bene. La ringrazio.
Ordine del giorno della prossima seduta.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.
Lunedì 22 maggio 2006, alle 9:
Discussione sulle comunicazioni del Governo.
La seduta termina alle 14,35.
DICHIARAZIONI PROGRAMMATICHE DEL GOVERNO
Signor Presidente della Camera, onorevoli colleghe e onorevoli colleghi, l'inizio del cammino del Governo che oggi si presenta a voi per chiedere la fiducia ha coinciso con il termine di un settennato presidenziale e l'elezione di un nuovo Presidente della Repubblica.
Sono certo di interpretare i vostri sentimenti, e quelli di tutti gli italiani, se avverto innanzi tutto il bisogno di rivolgere un pensiero di gratitudine al Presidente Ciampi, per il modo esemplare con cui ha interpretato il Suo ruolo di garante di tutti;
per la sensibilità e misura con cui in ogni circostanza ha saputo farsi interprete del comune sentire degli italiani;
per la passione con cui ha alimentato il sentimento dell'unità nazionale;
per la forza con cui in ogni occasione ci ha ricordato come l'Italia sia parte viva dell'Unione Europea.
Grazie, Presidente Ciampi. Le italiane e gli italiani Le sono e Le saranno sempre legati da affetto e gratitudine.
Allo stesso tempo, voglio rivolgere un saluto deferente e un caldo augurio al nuovo Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.
Al momento della Sua elezione tutti, anche chi non ha ritenuto di votarlo, hanno sentito il dovere e il piacere di testimoniarGli la stima e il rispetto che ha saputo meritare lungo un percorso personale e politico sempre ispirato ad autonomia di giudizio, grande equilibrio, attaccamento alle istituzioni repubblicane, passione e fiducia nella democrazia e nella libertà, senso dello Stato.
A Lei, Presidente Napolitano, gli italiani guardano con grande attesa certi che saprà rappresentare l'Italia ovunque con la dignità e lo stile ben noti a chi la conosce, e che tutti impareranno ben presto ad apprezzare.
Se mi è consentita infine una notazione personale, è per me motivo di grande orgoglio che il Presidente Ciampi e il Presidente Napolitano siano stati entrambi valorosi ministri del mio primo Governo. Mi lega al primo il ricordo dell'azione svolta insieme affinché l'Italia fosse nel gruppo di testa dei paesi dell'euro. Mi lega al secondo anche il ricordo dell'azione svolta nelle istituzioni europee perseguendo, in ruoli diversi, la stessa idea di Europa.
Signor Presidente della Camera, onorevoli colleghe e onorevoli colleghi, il Governo che oggi si presenta a voi per chiedere la vostra fiducia è quello che gli elettori italiani hanno voluto con il loro voto il 9 e 10 aprile scorsi, al termine di una campagna elettorale che noi tutti avremmo voluto migliore per la qualità del dibattito e che da tutti è stata combattuta con passione, anche se a tratti con qualche asprezza verbale di troppo.
Tuttavia si è trattato pur sempre di una normale campagna elettorale, di una comPag. 14petizione che ogni paese democratico maturo, come il nostro, vive periodicamente.
Dico questo perché, facendo leva anche sulla esiguità del vantaggio che ha consegnato la vittoria alla coalizione da me guidata, si vuole dare talvolta una lettura drammatizzante della situazione scaturita dalle urne. Taluni coltivano l'immagine di una comunità nazionale lacerata, spaccata, irrimediabilmente divisa.
Non è così. Consentitemi di dire che chi si attardasse in questa lettura non renderebbe un servizio al paese, e neppure ai propri elettori.
L'Italia è sicuramente un paese con tante diversità e con distinzioni anche forti, che tendono a esprimersi all'interno di una contrapposizione bipolare che i cittadini hanno fatta propria, e di cui accettano le implicazioni con ammirevole maturità. Maturità di cui è prova anche l'altissima partecipazione al voto.
Ma distinzione non è eguale a divisione, se la politica non la rende intenzionalmente tale, se la politica non sceglie di viverla e propagandarla come tale.
Sicuramente non è e non sarà questa la scelta del Governo e della maggioranza che lo sostiene, espressa dagli elettori che hanno dimostrato di apprezzare il nostro programma e la nostra proposta di governo.
E noi realizzeremo il nostro programma, con l'obiettivo di coinvolgere anche chi non ci ha dato il suo consenso, non certo con l'intento di punire chi l'ha negato.
Non ci sono nemici, ne in quest'aula, ne fuori. Ci sono solo, qui e fuori, italiani che amano l'Italia come l'amiamo noi, ma che legittimamente coltivano priorità e auspicano scelte diverse dalle nostre.
Non c'è un paese da pacificare. C'è, invece, un paese da mobilitare in tutte le sue componenti, con un costruttivo spirito di concordia.
Non può e non deve esservi spazio per comportamenti ispirati ad una volontà di rivincita, ad un esasperato desiderio di marcare ad ogni costo le differenze, alla voglia di segnare vistosamente un nuovo inizio, quasi che un cambio di maggioranza e di Governo all'interno di una fisiologica e salutare alternanza tipica di una solida democrazia dovesse significare una frattura nella storia del paese.
Noi ricercheremo la concordia, il che non significa annullamento delle diversità, né tantomeno il perseguimento di intese non limpide che stravolgerebbero il significato del voto.
Noi la ricercheremo per lo spirito con cui intendiamo operare. E vorremmo che lo stesso spirito animasse l'opposizione.
Noi siamo qui, di fronte a voi, non solo per chiedere la vostra fiducia, ma per dirvi che noi sentiamo il bisogno e il dovere di guardare al Parlamento come alla sede naturale del confronto democratico fra maggioranza e opposizione, tutte e due a pari titolo rappresentative di parti importanti del nostro popolo.
All'opposizione e ai suoi leader non faremo mai mancare il rispetto che la democrazia esige.
A loro chiedo la disponibilità ad una attenta considerazione di quello che verremo proponendo, misurandolo sulla rispondenza agli interessi generali del paese.
Lo chiedo perché io credo che a nessuno di noi sfugga la serietà della situazione internazionale e interna in cui ci troviamo ad operare.
Lo chiedo perché sono profondamente convinto che o usciamo dalle difficoltà e andiamo avanti tutti insieme, o andiamo irrimediabilmente indietro tutti insieme.
Signor Presidente della Camera, onorevoli colleghe e onorevoli colleghi, il mondo in cui viviamo è ancora carico di rischi, di tensioni e di paure: le varie forme di terrorismo, le guerre e le povertà. Tante, e purtroppo crescenti, sono le ragioni di forte preoccupazione, e troppo spesso di serio allarme. E fra queste segnalo anche il rischio della ripresa della proliferazione nucleare.
Occorre un forte e costante impegno nella lotta al terrorismo internazionale, che minaccia l'insieme delle società del mondo contemporaneo.
Nei confronti del terrorismo affermiamo la nostra ripulsa morale e politica.Pag. 15
Siamo fermamente convinti che la lotta al terrorismo vada condotta con strumenti politici, di intelligence e di contrasto delle organizzazioni terroristiche e che vada condotta senza comprimere mai né le nostre libertà né i nostri diritti, n'è tantomeno indulgendo alle suggestioni di fondamentalismi di segno opposto, che predicano crociate e, annullando ogni distinzione, propugnano scontri di civiltà.
È in primo luogo sul piano politico, sociale ed economico che dobbiamo battere il disegno del terrorismo, prosciugando il serbatoio degli adepti.
Nella politica globale per la lotta al terrorismo noi saremo partecipi convinti, con i nostri valori e le nostre risorse, anche militari, ogni qual volta esse siano legittimamente mobilitate dalle organizzazioni internazionali a cui apparteniamo.
In ogni evenienza risponderemo con prudenza, con equilibrio e, quando necessario, con fermezza.
Saremo guidati da scelte precise nella nostra politica estera: scegliamo l'Europa ed il processo di integrazione europea come ambito essenziale della politica italiana.
Scegliamo di mettere la vocazione di pace del popolo italiano e l'articolo 11 della Costituzione al centro delle decisioni in materia di sicurezza.
Scegliamo il multilateralismo, inteso come condivisione delle decisioni e costruzione di regole comuni.
Scegliamo una politica preventiva di pace che persegua attivamente l'obiettivo di equità e giustizia sul piano internazionale, favorendo la prevenzione dei conflitti e il prosciugamento dei bacini dell'odio.
Scegliamo la legalità come chiave per affrontare i conflitti e per la costruzione di un ordine internazionale fondato sul diritto.
Scegliamo di mettere al centro dell'azione dell'Italia la promozione della democrazia, dei diritti umani, politici, sociali ed economici, a cominciare dai diritti delle donne.
È per questi valori e questa visione del mondo che, così come in alcuni casi abbiamo ritenuta legittima e doverosa la partecipazione militare dell'Italia a importanti missioni di pace, delle quali andiamo orgogliosi, non abbiamo invece condiviso la guerra in Iraq e la partecipazione dell'Italia.
Consideriamo la guerra in Iraq e l'occupazione del paese un grave errore. Essa non ha risolto, anzi ha complicato, il problema della sicurezza. Il terrorismo ha trovato in Iraq una nuova base e nuovi pretesti per azioni terroristiche interne ed esterne ai conflitti iracheni. Quella guerra, come ha ammesso recentemente l'ambasciatore americano a Bagdad, ha scoperchiato un vaso di Pandora che rischia di far deflagrare l'intera regione.
È perciò intenzione del Governo proporre al Parlamento il rientro dei nostri soldati, anche se siamo orgogliosi della prova di abilità professionale, di coraggio e di umanità che essi hanno dato e stanno dando.
Abbiamo purtroppo dovuto piangere numerosi caduti. Noi tutti siamo vicini alle loro famiglie, noi tutti siamo riconoscenti per il sacrificio che i loro cari hanno fatto.
Il rientro del contingente italiano avverrà nei tempi tecnici necessari, definendone anche in consultazione con tutte le parti interessate le modalità affinché le condizioni di sicurezza siano garantite.
Ho già accennato che l'Europa e il processo di integrazione europea rappresentano l'ambito essenziale della politica italiana. L'Europa è la carta sulla quale l'Italia, uscita distrutta dalla guerra, ha scommesso il proprio avvenire. Fino a quando ha fatto questa scommessa ha vinto.
Ma anche l'Europa conosce una fase di crisi, che noi non sottovalutiamo. E l'Europa ha bisogno di noi. Ha bisogno di un'Italia che si rimetta nel solco della sua grande tradizione. Dobbiamo dare subito un nuovo slancio al processo di integrazione, attraverso iniziative ed azioni concrete che diano risposte tangibili alle attese di centinaia di milioni di europei.
Penso alla necessità di dotare l'unione monetaria di un vero governo economico e Pag. 16sociale, allo sviluppo di una nuova politica comune dell'energia, al sostegno alla ricerca e all'innovazione tecnologica, all'immigrazione, alla sicurezza, al ruolo dell'Europa nel mondo e, in particolare, in tutta la regione a noi vicina, a Est e a Sud.
Si tratta di azioni che possiamo attuare subito, con una più forte volontà politica e sfruttando pienamente i trattati in vigore. Sapendo però che buone e nuove politiche necessitano di buone e nuove istituzioni.
Per questo dobbiamo rilanciare il processo costituzionale, perché la nostra Europa ha un forte bisogno di una nuova Costituzione. Il mio Governo lavorerà con determinazione, assieme agli altri governi impegnati in tal senso e alle istituzioni europee, per trovare una soluzione all'altezza delle sfide che l'Europa deve affrontare.
Una soluzione che va trovata prima delle elezioni europee del 2009, per permettere a tutti i cittadini di far sentire la propria voce.
Il Governo è impegnato a fare tutto quanto è in suo potere affinché l'Europa diventi un soggetto forte e unito nello scenario internazionale.
Anche per consolidare e arricchire, su un piano di mutuo rispetto e di reciproca dignità, la storica alleanza con gli Stati Uniti d'America: finalità cui mi sono sempre ispirato nella mia azione anche a livello europeo, tanta è l'importanza che attribuisco alla saldezza di questo legame. E infine per contribuire a rafforzare l'autorità delle Nazioni Unite e la stabilità dell'ordine mondiale.
È nostra convinzione che interesse nazionale e interesse europeo siano una cosa sola. È nostra convinzione che l'Italia conti, anche nei rapporti con il grande alleato, solo se conta in Europa. E noi lavoreremo per ricollocare l'Italia tra i paesi guida dell'Europa.
L'Italia non guarderà solo all'Europa. Il Governo si farà parte attiva per rilanciare una politica per il Mediterraneo che avrà come obiettivo di fondo la costruzione di una grande area, in cui pace e prosperità possano affermarsi. Lo faremo attraverso una azione politica mirata e supportata dall'intensificarsi degli scambi commerciali e culturali.
Penso alla banca del Mediterraneo, penso ad università comuni fra paesi della sponda nord e della sponda sud. Anche il più lontano continente latino americano, che però ci è più vicino per la considerevole quantità di nostri concittadini che là vivono, ha bisogno di rinsaldare il legame con il nostro paese. È quello che faremo cercando di cogliere le grandi trasformazioni che stanno caratterizzando tutti i paesi di quell'area.
Infine la nostra responsabilità verso i paesi poveri dovrà concentrarsi prevalentemente sul continente africano in questi anni troppo spesso dimenticato L'Africa è sulle nostre spalle, sulle spalle dell'Italia e dell'Europa.
Complessivamente accompagneremo la politica estera del Governo con un grande sforzo per affermare la cultura italiana nel mondo, una cultura di pace e di grandi tradizioni e valori universali e indivisibili.
Lo strumento che utilizzeremo e valorizzeremo per questo scopo è la capillare rete consolare ed il rapporto con le regioni.
Signor Presidente della Camera, onorevoli colleghe e onorevoli colleghi, il mondo del XXI secolo non è solo però un mondo carico di rischi e di paure. È anche un mondo carico di straordinarie opportunità, nel quale un terzo dell'umanità si è svegliato, è uscito dall'isolamento e ha trovato la strada di un formidabile sviluppo economico. Nel quale, tra la Cina e l'India, oltre due miliardi di persone stanno scoprendo e provando che la povertà e la miseria non sono una maledizione eterna.
Un mondo che sta imparando a conoscere il valore della tutela dell'ambiente. Un mondo al quale i progressi della scienza, della medicina, delle biotecnologie schiudono nuovi orizzonti e nuove speranze di vita.
E, tra rischi e opportunità, l'Italia vive un momento di grande difficoltà e incertezza.Pag. 17
La nostra gente sembra più occupata a difendere il benessere residuo che a costruire per sé e per la collettività nuove occasioni di sviluppo e di crescita, mentre si allarga l'area delle vecchie e nuove povertà.
I nostri giovani sembrano costretti a una vita segnata dalla provvisorietà, dall'incertezza sul proprio futuro professionale e di vita.
Il nostro sistema produttivo sta perdendo colpi, si stanno erodendo le nostre quote di mercato nel commercio mondiale. Scivoliamo indietro in tutti gli indicatori più importanti.
Le ragioni per cui questo avviene sono profonde. Il mondo è cambiato, sono cambiati i modi di produrre, e sono cambiati i fattori indispensabili per accrescere la competitività del sistema Italia.
Oggi vince chi riesce a restare sulle frontiere della innovazione. Una innovazione fatta di ricerca, di scuola, di università, di mercati aperti all'ingresso di nuovi protagonisti, e che trova la propria condizione di successo in una grande capacità organizzativa.
Anche le infrastrutture rappresentano un fattore critico di successo per la competitività del paese. Proseguiremo nell'azione che già in precedenza i Governi di centrosinistra avevano avviato, completando cioè gli assi Nord-Sud ed Est-Ovest che interconnettono l'Italia alla grande rete infrastrutturale europea.
Effettueremo, compatibilmente con le risorse disponibili, investimenti infrastrutturali mirati, in una logica di sistema integrato, piuttosto che di singole grandi opere.
E in questa grande partita globale, noi rischiamo di restare ai margini. Ma restare ai margini non significa star fermi, che già sarebbe grave. Significa andare indietro, inesorabilmente.
Io non uso a cuor leggero la parola declino. Ma neppure posso ignorare che negli ultimi anni tutti gli indicatori sono peggiorati, a cominciare da un tasso di produttività ormai prossimo allo zero.
Oggi è necessario dare spazio all'azione di governo per affrontare i problemi e cogliere le opportunità che ci si presentano.
E allora, anziché rinfacciarsi responsabilità, mi preme che tra la maggioranza e l'opposizione si convenga sulle criticità che caratterizzano oggi il tessuto economico e sociale del paese. Solo partendo da tale condivisione potremo, ciascuno facendo la propria parte, far ripartire la nostra Italia, per rimetterla in corsa nella sfida mondiale, per vincere la scommessa del futuro.
Siamo tutti chiamati a un impegno straordinario: dobbiamo far ripartire l'Italia se vogliamo dare risposte adeguate ai tanti problemi che affliggono la nostra società. E dobbiamo farlo con assoluta urgenza. Anche perché lo stesso, imprescindibile e duraturo risanamento delle finanze pubbliche non è possibile se non torniamo a crescere stabilmente.
Cogliamo oggi segni incoraggianti di una ripresa congiunturale. Ma è un fatto che, a causa di problemi strutturali che si sono accumulati nel tempo, siamo in grado solo di approfittare parzialmente di un ciclo espansivo dell'economia mondiale, mentre siamo tra i paesi più vulnerabili e penalizzati quando l'espansione si arresta. E quindi è assolutamente necessario che usiamo al meglio il tempo che abbiamo davanti, attivando politiche che, da un lato, consentano di beneficiare interamente degli effetti positivi della congiuntura, dall'altro, comincino a rimuovere quei limiti strutturali che agiscono da freno.
Il nostro paese ha bisogno di una forte scossa, così come il nostro sistema produttivo. Il Governo ritiene di avere politiche appropriate a questo fine.
Ma occorre prima di tutto una forte scossa sul piano etico.
C'è una crisi etica che investe la nostra società. E quanto è accaduto nel mondo del calcio, uno dei beni collettivi a cui gli italiani tengono di più, ci dimostra, purtroppo, che si è abbondantemente superato il livello di guardia. Ne è una conferma clamorosa un livello di evasione fiscale che non ha eguali nel mondo sviluppato, Pag. 18e che il mio Governo combatterà con la massima decisione e determinazione non solo per recuperare ciò che è dovuto alla collettività ma anche per ragioni di equità e giustizia.
Noi intendiamo ripristinare anche in questo campo la cultura della legalità e della responsabilità civica.
Nella nostra società purtroppo si è prodotto un clima di tolleranza ed assuefazione a comportamenti eticamente riprovevoli, se non addirittura illegali, a conflitti di interesse clamorosi, ad arricchimenti improvvisi e sfacciati, addirittura premiati da norme fiscali, allo svuotamento e aggiramento di ogni regola, alla prevaricazione del più forte.
Si è prodotto un clima di generale irresponsabilità, di perdita del senso dello Stato e del confine tra pubblico e privato, di intrecci fra controllori e controllati.
Tutto questo è assolutamente preoccupante: dobbiamo dare un segnale forte di discontinuità. Altrimenti non riusciremo a rimotivare una società che in larga misura è vittima di questi comportamenti.
Un problema di regole, perché crediamo che la politica sia innanzitutto determinazione di regole. Per proteggere i più deboli, per far prevalere il merito, per impedire che vincano solo e sempre i più furbi.
E nella sfera delle regole considero essenziale che si ponga mano a una normativa che disciplini i conflitti di interesse in linea con quanto esiste nelle altre democrazie avanzate, una normativa scevra da intenti punitivi ma ben più rigorosa di quella in vigore.
Occorrono regole ma anche regolatori. È perciò intenzione del Governo che oggi si presenta a voi di ridisegnare il sistema delle autorità che operano nel campo economico e finanziario, passando da una suddivisione delle competenze basato su settori o su soggetti sottoposti a controllo o vigilanza a un'altra fondata invece sugli obiettivi e le finalità del controllo stesso.
Noi pensiamo a un sistema più snello e più razionale sulla base di quattro autorità, trasformando in agenzie le autorità che sono attualmente incaricate di vigilare sui lavori pubblici e sull'informatizzazione della pubblica amministrazione.
Per quanto riguarda la vigilanza sul pluralismo dell'informazione, punto centrale in una moderna democrazia, sono possibili due scelte. O attribuire questa responsabilità all'antitrust, considerando che anche il pluralismo dell'informazione possa essere tutelato con i normali strumenti attraverso i quali si garantiscono la libera concorrenza e l'apertura dei mercati. Oppure istituire una autorità ad hoc, in considerazione della natura particolare di quel bene pubblico che è rappresentato da una libera informazione. Su questo il Governo maturerà la sua scelta e si confronterà con il Parlamento.
Ma per rimotivare la società e dare un segnale forte di cambiamento di clima sul piano etico, non sono sufficienti regole o regolatori. È mia convinzione che occorrano anche degli esempi.
E io credo che un esempio debba venire innanzi tutto dal mondo delle istituzioni e della politica.
Penso che dovremo compiere un grande sforzo determinato sensibilmente, e in modo non estemporaneo, a limitare le spese per il funzionamento delle istituzioni, di tutte le istituzioni a qualsiasi livello, le spese per il funzionamento dei partiti e per le campagne elettorali.
E, per quanto mi compete, è mia intenzione ridurre di almeno la metà le scorte per il personale politico e di Governo, la cui proliferazione è infatti al di là di ogni necessità reale e sottrae risorse finanziarie e umane che dovrebbero essere destinate alla tutela della sicurezza dei cittadini. Terremo conto ovviamente di particolari situazioni di rischio. Ma in linea di principio le scorte e le automobili di rappresentanza non possono essere uno status symbol ma una risposta a reali necessità.
Più in generale, vorrei dire che il cosiddetto Palazzo dovrebbe avvertire l'esigenza di una salutare autolimitazione, rinunciando a invadere ogni ambito a cominciare da quello dell'informazione e della comunicazione, evitando commistioni Pag. 19e ingerenze nella sfera economica incompatibili con una moderna economia di mercato.
Noi abbiamo come compito primario quello di ribadire l'importanza delle regole, e soprattutto il loro rispetto.
Credetemi, avremo tutti da guadagnare da un ritorno alla sobrietà della politica e del potere.
Quando rifletto su questi temi il mio pensiero va innanzi tutto alla necessità di offrire un esempio ai giovani. È infatti ai giovani che dobbiamo soprattutto pensare.
La nostra società e la nostra economia stentano anche perché non valorizziamo e impegniamo pienamente le grandi risorse dei giovani e delle donne. Ma, pensando ai giovani, mi chiedo come sia possibile appellarci alla loro freschezza, alle loro energie, alle loro capacità, alla loro voglia di fare, se la loro vita avviene in un contesto che demotiva e scoraggia, perché premia la furbizia invece del merito, la disinvoltura sul piano etico invece del rispetto delle regole. E come é possibile vederli partecipi e creativi se essi arrivano su un mercato del lavoro che li condanna in misura crescente a una condizione di permanente provvisorietà.
L'Italia non ha scommesso sui giovani: eppure solo scommettendo su di loro come il nostro Governo intende fare potrà riprendere il cammino dello sviluppo. I nostri giovani hanno oggi meno speranze di quante ne avessimo noi alla loro età. Eppure, potrebbero avere davanti a loro orizzonti sempre più ampi. Eppure, nei pochi casi in cui vengono date loro delle occasioni, esprimono al meglio tutte le loro qualità.
Certo, la società ed il mondo del lavoro hanno oggi bisogno di flessibilità. Ma la flessibilità, interpretata come precarizzazione, non ha aumentato la capacità competitiva del sistema ma lo ha impoverito. In realtà, la società italiana ha bisogno di meno precarietà ai livelli medio-bassi di impiego, mentre necessita di una cospicua iniezione di competizione agli altri livelli, ma soprattutto a quelli medio-alti.
Una competizione che premi il talento individuale e la capacità di lavoro, la creatività e la capacità di leadership. In una parola: il merito. Una competizione orientata anche a ricostruire la mobilità sociale perché in questi anni la mobilità sociale in Italia si è arrestata.
Una società senza mobilità, in cui i figli ereditano la stessa professione dei padri, non è una società che cresce. Una società retta da gerarchie sociali consolidate che demotiva le energie nuove perpetua disuguaglianze inaccettabili. È quello che avviene oggi in Italia, diventata una delle società meno mobili d'Europa e del mondo. Una società che nega il futuro ai suoi giovani, nega il futuro a se stessa.
Noi qui intendiamo agire con una gamma di interventi. Intendiamo sottoporre a revisione la legge n. 30 per attuare una politica del lavoro capace di armonizzare flessibilità e stabilità riducendo fortemente l'area della inaccettabile precarietà. Lo si farà all'interno di una analisi complessiva della normativa che regola il mercato del lavoro, cercando di giungere, attraverso la strumento della concertazione con le parti sociali, alla definizione di un nuovo quadro organico. E, attuando una riduzione dell'eccessivo carico contributivo sul lavoro dipendente, su cui tornerò più avanti, attenueremo anche di molto la convenienza dei contratti atipici.
Agiremo poi per aprire spazi significativi ai giovani nell'università e nella ricerca perché l'Italia ha bisogno di giovani che insegnino e facciano ricerca con stabilità e libertà.
In Italia le donne partecipano al mercato del lavoro in misura molto minore rispetto agli altri paesi industrializzati, sono penalizzate nei salari e nelle carriere e poco rappresentate nelle istituzioni e nelle sedi decisionali, nonostante il loro livello di scolarità sia in linea con le medie europee.
Ebbene, questa discriminazione priva il paese di una grande ricchezza. I punti chiave da risolvere sono l'accesso al mercato del lavoro, la permanenza nel mondo del lavoro dopo la maternità, e le prospettive di carriera e di realizzazione professionale, una loro più estesa partecipazione alle decisioni politiche e istituzionali.Pag. 20
Affrontare in maniera decisa il rapporto tra impegno familiare e lavoro, garantire alle donne e alle imprese una rete di servizi e normative per sostenere la conciliabilità delle funzioni familiari e lavorative, significa rimuovere forse il principale ostacolo alla natalità. E non ho bisogno di ricordarvi quanto basso sia il tasso di natalità nel nostro paese, come la denatalità sia divenuto un fenomeno allarmante, con il risultato che siamo anche il paese più vecchio d'Europa.
La famiglia ha bisogno di sicurezza, e quindi va sostenuta nella sua vita quotidiana con un respiro di lungo periodo. È finora mancata, invece, una politica efficace e ad ampio raggio. È questo il modo non strumentale con cui la politica riconosce e sostiene una idea forte di famiglia.
Il mio Governo intende perciò mettere la famiglia, così come è definita nella nostra Costituzione, al centro della propria azione nella sfera sociale. Ed è per questo motivo che anche nella costituzione del Governo abbiamo voluto dare uno spazio così largo ai problemi delle famiglie e della lotta contro la disparità e le discriminazioni.
Vogliamo un fisco amico della famiglia, vogliamo una società amica della famiglia. Noi sosteniamo il diritto di ruolo delle famiglie come il luogo di esercizio delle solidarietà intergenerazionali, della cura e degli affetti.
Riconoscendo il valore sociale della maternità e della paternità, intendiamo dotare ogni bambino di un reddito che aiuti la famiglia fino al raggiungimento della maggiore età, e che tenga presente le esigenze delle famiglie numerose.
Ed è una politica che varrà per tutti, non solo per i lavoratori dipendenti ma anche per i lavoratori autonomi e per coloro che non hanno una occupazione.
A causa della precarietà del lavoro, le giovani coppie devono differire la scelta di farsi una loro famiglia, il sogno di farsi una casa perché il sistema bancario non concede mutui proprio per la precarietà dell'occupazione. Agiremo perciò per ridurre l'area del precariato e per istituire un fondo di garanzie per i mutui alle giovani coppie.
Per noi tuttavia i sostegni economici non si sostituiscono ai servizi. Porremo perciò a noi stessi e agli enti locali l'obiettivo di raddoppiare nell'arco della legislatura il numero degli asili nido, per andare incontro a una domanda oggi largamente insoddisfatta.
Ma ciò vale per tutti gli ambiti dei servizi alla persona. È questo il modo di garantire i diritti di cittadinanza a tutti, in particolare alle persone in maggiore difficoltà, spesso non autosufficienti: agli anziani, ai disabili, ai malati, a tutti coloro che vivono con disagio il loro inserimento nella società.
Intendiamo per esempio attuare un programma di sviluppo della assistenza sociale e sanitaria integrata, facendo affluire in un fondo nazionale per la non-autosufficienza tutte le risorse già oggi impegnate nel settore, predisponendo un percorso di graduale incremento delle risorse pubbliche, ma facendo anche leva sulla grande risorsa del terzo settore.
Sono, tutti questi, impegni congiunti con le regioni. Ma a noi spetta regolare il sistema dei livelli assistenziali di prestazioni, per garantire diritti dei cittadini in qualsiasi parte del paese essi abitino.
Anche l'immigrazione è una risorsa umana non pienamente utilizzata. Interi settori dell'economia italiana sarebbero già paralizzati senza il contributo di lavoratori stranieri. I timori degli italiani per la competizione sul lavoro e per l'accesso ai servizi sociali non possono essere ignorati, e noi non li ignoriamo, ma possono essere superati con una immigrazione ordinata e controllata numericamente, che non leda i diritti di nessuno.
Sistemi assurdi di accesso e il mancato governo di questo fenomeno favoriscono la clandestinità e impediscono la stabilizzazione e l'inserimento degli immigrati nella società.
La legge in vigore si è dimostrata insieme demagogica e inefficace.
La nostra politica sull'immigrazione non si baserà né sull'emarginazione, né Pag. 21tantomeno sulla criminalizzazione. Il nostro operato si baserà piuttosto su accoglienza, convivenza e garanzia.
E, insieme, sui doveri.
Il tetto numerico va mantenuto perché il processo va governato. Ma dobbiamo rivedere la politica delle quote, per una immigrazione di qualità che accolga senza creare clandestinità.
Insieme alla selezione dei flussi (favorendo anche immigrazione di livello elevato), occorre incoraggiare e favorire la piena integrazione, fino alla cittadinanza. Chi vive e lavora nel nostro paese deve sapere che, se lo vuole, anche per lui ci sarà un posto di cittadino, nel completo rispetto dei diritti e dei doveri.
L'acquisizione della cittadinanza italiana deve poter essere un traguardo certo, dopo un congruo numero di anni di permanenza, perché la cittadinanza è anche il più efficace strumento di integrazione di cui la democrazia dispone.
Ed è anche un potente fattore di sicurezza. Chi sceglierà di investire il proprio futuro e quello dei propri figli nel nostro paese, chi saprà che qui avrà ogni possibilità di integrarsi e realizzare le sue aspirazioni, chi identificherà la sua convenienza nel successo della sua nuova patria, sarà sicuramente un cittadino fedele alle nostre istituzioni, rispettoso dei nostri ordinamenti, impegnato a tutelare la comune convivenza come condizione per realizzare il proprio percorso di vita e garantire un futuro ai figli.
Signor Presidente della Camera, onorevoli colleghe e onorevoli colleghi, la coesione sociale è un elemento fondante della qualità civile di una società, un patrimonio che è stato faticosamente costruito e che in anni recenti è stato in parte consumato. Noi dobbiamo ricostruirlo, ma in un'ottica nuova.
L'insieme dei servizi sociali, la sanità, la scuola, la previdenza, la stessa distribuzione dei redditi non sono, in quest'ottica, solo il risultato di politiche di redistribuzione, ma parte integrante di un progetto di sviluppo civile, sociale ed economico del paese. Su un altro piano, è fattore di coesione anche l'attenzione a diritti o condizioni nuove che meritano di essere comprese e giustamente tutelate.
Per noi la coesione sociale è un fattore di sviluppo. Non possiamo pensare di competere riducendo il livello delle tutele e dei servizi sociali né aumentando gli squilibri dei redditi. Al contrario, dobbiamo valorizzare fattori di equilibrio e coesione della nostra società, per favorirne la crescita.
I due settori più importanti sono la sanità e la scuola.
La sanità non è solo un costo: è un grande settore che occupa centinaia di migliaia di persone qualificate, che produce tecnologia e innovazione. Finché continueremo a considerarla un costo, l'ottica dominante resterà quella dei tagli.
Se invece la percepiremo come un settore importante della nostra società, fermo restando l'impegno ad un razionale ed efficiente impiego delle risorse, potremo dedicare la nostra attenzione allo sviluppo e alla valorizzazione delle competenze e delle grandi potenzialità.
Il nostro impegno prioritario è comunque di garantire ai cittadini gli stessi standard di prestazioni, ovunque risiedano.
Per il futuro dell'Italia e per il suo sviluppo l'istruzione rappresenta l'elemento chiave. Non si torna a crescere senza investire mezzi ed energie intellettuali nella ricerca, nella innovazione e nella scuola.
Dobbiamo investire in conoscenza diffusa, in qualità ed efficacia dei percorsi formativi, cominciando dalle scuole per l'infanzia fino ai livelli più alti, restituendo valore e dignità ai percorsi formativi tecnici, e creando centri di eccellenza.
Siamo consapevoli che la scuola è una macchina complessa che ha bisogno di un progetto condiviso e di lungo periodo per dispiegare l'efficacia della sua azione educativa. Dopo dieci anni di riforme e controriforme, è giunto il momento di mettere ordine, fare il punto, cambiare ciò che palesemente non funziona o ciò che appare Pag. 22sbagliato, e dare stabilità. Valorizzando appieno l'autonomia degli istituti e il ruolo degli insegnanti.
Sbagliata appare la liquidazione della formazione tecnico-professionale. Abbiamo invece bisogno di valorizzarla ed estenderla attraverso percorsi universitari brevi, attraverso istituzioni che diventino le scuole tecniche del XXI secolo.
Ho già notato che si stanno intensificando in queste settimane segnali di uscita dalla stagnazione. Ebbene, la ripresa economica sta evidenziando una mancanza di operai e tecnici specializzati in molti dei settori industriali che caratterizzano il sistema produttivo italiano. Solo la formazione e specializzazione professionale possono riportare equilibrio tra domanda e offerta di lavoro limitando i nuovi flussi migratori.
I nostri giovani devono ereditare e accrescere la cultura industriale del paese. Il sistema scolastico e formativo è lo strumento che deve portare a questo obiettivo riavvicinandosi al mondo della produzione. È necessario ricostituire quel binomio scuola tecnica-impresa che è stato alla base della crescita industriale del paese.
Dobbiamo poi concentrarci sulla ricerca, perché la competitività economica del paese richiede un grande salto in avanti in tutti i settori della ricerca e della innovazione tecnologica. Con appena l'1,1 per cento del Pil destinato a ricerca e sviluppo l'Italia è agli ultimi posti in Europa e nell'Osce. Così si va solo indietro.
E allora occorre un forte impegno nelle politiche per la ricerca, con interventi mirati su specifici programmi nelle aree di netta priorità, con il credito di imposta automatico sulle spese di ricerca, con il riconoscimento di agevolazioni per le assunzioni di ricercatori, con una politica attiva di trasferimento tecnologico.
Faremo delle università italiane un polo di attrazione per la formazione dei giovani e dei ricercatori, cui occorre garantire stabilità e libertà di ricerca. Stimoleremo decisamente le lauree in discipline scientifico-tecnologiche, anche in relazione alla creazione o al rilancio di distretti tecnologici collegati con le università, gli enti di ricerca e le realtà produttive del paese.
Come dicevo, abbiamo risorse umane, energie, intelligenze, competenze da mobilitare in uno spirito di coesione perché il nostro paese torni a crescere: Ma dobbiamo misurarci con la realtà dei nostri conti pubblici.
I conti pubblici sono sintesi delle politiche di un paese. Molti anni di bassa crescita, di forte dinamica della spesa pubblica hanno prodotto due conseguenze che ora debbono essere immediatamente affrontate: si è esaurito l'avanzo primario costituitosi negli anni Novanta e, per la prima volta dopo il 1995, il rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo nel 2005 ha ripreso a salire.
Certo, la correzione è indispensabile per assolvere ai nostri impegni europei, secondo linee concordate anche dal precedente Governo.
Certo, essa è necessaria per stroncare al più presto incipienti segni di sfiducia dei mercati internazionali, ormai detentori di oltre la metà dei titoli emessi da emittenti pubblici italiani, e inquietanti riferimenti a paesi insolventi.
Ma più ancora che per questi motivi, la correzione è indispensabile perché la ripresa in atto, invece di essere resa effimera dal rapido scontrarsi con un vincolo finanziario, si possa distendere in un processo di crescita duratura.
Non vi è più spazio per correzioni affidate a manovre straordinarie; non vi sono possibili miracoli di ingegneria finanziaria. Sarà invece giocoforza intervenire sulle tendenze dei grandi capitoli della spesa pubblica centrale e periferica, stabilire un serio equilibrio tra potere di spesa e responsabilità della copertura, modificare la composizione della spesa e dell'entrata per rafforzare la capacità dei bilanci pubblici di promuovere la crescita.
Questo sforzo andrà compiuto a inizio legislatura, guardando avanti, sapendo che la fiducia di chi investe e consuma in Pag. 23Italia, sia esso italiano o straniero, può nascere solo da un condizione di finanza sana.
In ogni parte e regione dell'economia nazionale, pubblica o privata, vi sono settori, imprese, uffici, reparti dinamici e ben governati, dunque generatori di ricchezza, e altri che invece di produrre ricchezza la consumano.
La finanza pubblica e quella privata debbono rafforzare o riacquistare la capacità di distinguere, e di indirizzare il risparmio verso le destinazioni che promuovono la crescita.
La stessa riduzione della differenza tra quanto il lavoratore riceve e quanto esso costa all'impresa, il cosiddetto cuneo fiscale di cui parlerò fra un attimo, dovrà essere selettiva e sarà articolata secondo questi principi.
Una cosa è chiara: non possiamo adottare una politica dei due tempi, prima il risanamento e poi la crescita, perché lo stato delle cose non ce lo consente. Le risorse aggiuntive di cui abbiamo bisogno per rilanciare il paese non possono che essere generate dalla crescita economica e dalla riduzione entro limiti fisiologici di quel male patologico che si chiama evasione fiscale. Entrambe queste fonti devono essere riattivate, e questo processo non darà risultati nel brevissimo termine.
Nell'immediato dobbiamo di necessità cominciare a lavorare con le risorse che abbiamo, cercando di allocarle meglio e farle rendere di più.
Noi intendiamo dunque ridurre sensibilmente, in una misura quantificabile in cinque punti nel primo anno di legislatura, l'eccessivo carico contributivo sul lavoro dipendente. Una riduzione che, andando a beneficio sia delle imprese che dei lavoratori, sarà capace di agganciarci con maggiore slancio alla ripresa europea, di avviare un nuovo ciclo di investimenti, e di stimolare una ripresa dei consumi. Una riduzione che, attenuando di molto la convenienza dei contratti atipici, contribuirà come ho già avuto modo di notare a contrarre l'area del precariato.
La crescita del paese non può non essere guidata dal nostro sistema produttivo.
Siamo e dobbiamo restare un grande paese industriale, e quindi dobbiamo tornare a fare politica industriale. Lo faremo concentrandosi su quattro elementi:
primo, il trasferimento tecnologico per aumentare il tasso di innovazione;
secondo, la crescita dimensionale dell'impresa con interventi fiscali e normativi che favoriscano fusioni e acquisizioni e il consolidamento delle filiere che ora sono in crisi;
terzo, l'internazionalizzazione, con sostegni concreti alle imprese che esportano e che affrontano nuovi mercati;
quarto, la nascita e lo sviluppo di imprese in nuovi settori, anche con grandi progetti di ricerca cofinanziati dal settore pubblico.
È urgente entrare al più presto nei settori da cui siamo quasi totalmente fuori: le scienze della vita, la nanotecnologia, le nuove tecnologie di comunicazione e tutta l'innovazione in campo energetico, in cui la partita è ancora aperta.
A supportare la crescente economia contribuiranno anche le politiche per il mercato e le liberalizzazioni.
Dobbiamo garantire a famiglie ed imprese servizi di qualità e competitività, liberando così importanti riserve da destinare alla crescita.
A questo rinnovato sforzo dell'Italia è necessario che concorrano tutte le aree del territorio nazionale, ciascuna secondo le proprie specificità e le proprie vocazioni territoriali e produttive. Ciascuna sviluppando al meglio le proprie potenzialità. Come è necessario concorrano tutti i diversi settori e apparati del paese, dalla pubblica amministrazione agli enti locali, dall'articolato sistema dei servizi alle attività terziarie, alle grandi reti di comunicazione.
Il Governo avrà perciò il compito di ristabilire un equilibrio istituzionale tra Stato, regioni, città metropolitane, province, Pag. 24comuni e comunità montane, per affrontare unitariamente le sfide del riordino istituzionale e del rilancio economico.
Sarà anche compito del Governo coordinare e distribuire con oculatezza le risorse a disposizione nei prossimi anni. Sarà suo compito, soprattutto, ricondurre a strategie integrate le azioni di tutti gli attori, dagli operatori economici alle amministrazioni, dai governi territoriali alle forze sociali. Per mettere in asse le vocazioni, le specificità e le differenze che caratterizzano le grandi aree territoriali del paese.
È giunto infatti il momento di formulare una grande strategia nazionale in cui le differenze tra Nord e Sud siano ricondotte ad unità massimizzando le opportunità di ciascuna.
È in questo quadro che il Governo sente come un dovere nazionale assicurare al Nord la possibilità di crescere e svilupparsi nell'interesse dell'intera collettività. Il Nord è certamente la parte più avanzata del Paese, quella che ha maggiori risorse.
A questa area abbiamo molto da chiedere, e molto da dare.
Al Nord chiediamo di contribuire, come solo può fare, a rimettere in corsa la nostra economia per riportare l'Italia nel gruppo dei paesi più forti e più dinamici. È quello che il Nord ha già fatto per due volte nella storia italiana, prima con il processo di industrializzazione e poi con la grande politica dei distretti industriali.
Oggi il paese ha di nuovo bisogno di un Nord forte e vitale che ne traini la riscossa, tornando a impegnarsi con il dinamismo e l'ottimismo di cui ha già dato altre volte prova con successo.
Al Nord sappiamo però di dover dare molto, affinché possa riuscirvi.
Ha bisogno di un sistema-paese che lo sostenga. Ha bisogno di regole chiare e semplici, di infrastrutture moderne ed efficienti, di ricerca, di formazione.
Vogliamo, e opereremo in questo senso, che questa parte dell'Italia e i tanti cittadini che vi vivono e vi operano, sentano lo Stato non come un avversario ma come un sostegno. L'avversario non è lo Stato, semmai è la competizione globale con le sue sfide e i suoi rischi.
E nella competizione globale non si sta senza avere alle spalle uno Stato che faccia della sua efficienza un elemento di diminuzione dei costi, e della sua capacità di assicurare le infrastrutture necessarie un elemento essenziale della capacità di competere.
Questa è la sfida, ed è una sfida che il Nord sente con particolare intensità.
Al Nord dobbiamo una risposta, e la dobbiamo in tempi rapidi.
L'altra grande area strategica del nostro Paese, tradizionalmente considerata come area debole, e che tuttavia può offrire grandi opportunità, è il Mezzogiorno.
Al Mezzogiorno e alla sua popolazione dobbiamo molto. E lo dobbiamo non solo per ragioni di equità e di giustizia sociale, non solo perché è giusto che abbia le risorse e le opportunità necessarie per poter partecipare a pieno titolo allo sviluppo del Paese. Ma perché, nella competizione globale in cui siamo immersi, il Mezzogiorno è una grande risorsa e una grande opportunità per l'Italia.
Al Mezzogiorno occorre un nuovo progetto condiviso e fatto proprio da tutta la nazione che sappia cogliere la straordinaria opportunità derivante dalla sua collocazione geografica, che fa di questa area una grande piattaforma di interconnessione tra l'Europa e l'Asia. Grazie alla sua posizione, infatti, il Mezzogiorno può e deve diventare lo snodo commerciale e di trasformazione per i prodotti che provengono dall'Asia e che sono destinati all'Europa.
Occorrono grandi investimenti infrastrutturali nei porti, nelle strade, nelle reti ferroviarie. Occorre creare adeguate autostrade del mare che consentano di smistare per questa via le merci destinate alle diverse parti del continente, muovendo dai porti del Mezzogiorno a quelli del Nord Italia a quelli dell'Europa. E occorrono professionalità e strutture di servizio adeguati alle dimensioni di un progetto che può avere prospettive grandiose.Pag. 25
Come ho già detto, solo una grande capacità organizzativa può farci realizzare ciò. La stessa capacità organizzativa da cui dipende il rilancio di un altro importante settore di attività del Mezzogiorno: il turismo e tutte le attività legate alla valorizzazione del consistente patrimonio artistico e culturale.
Certo, il Mezzogiorno ha bisogno di risorse e le nostre risorse sono limitate. Ma non può essere concepito come un peso per il resto del paese. Non è così, esso presenta una grande opportunità che sta a noi cogliere dentro un grande progetto di sviluppo integrato dell'Italia. Il Governo sarà fortemente impegnato su questo terreno e ricercherà la collaborazione di tutte le forze sociali e produttive, e degli enti locali.
Come sarà impegnato a intensificare la lotta alla criminalità, e specialmente alla criminalità organizzata. Fino a che così tanta parte del territorio italiano sarà attanagliato dal cancro della malavita organizzata è pressoché impossibile attrarre investimenti stranieri nella misura che sarebbe necessario.
Dunque, lotta senza quartiere alla criminalità organizzata, sapendo che non si tratta solo di difendere la legalità e la maestà della legge, che pure sono valori assoluti in uno Stato di diritto, né solo di rispondere alla domanda angosciosa che mi sono sentito rivolgere dai giovani di Locri: «Fra un mese, vi ricorderete ancora di noi?». Ma sapendo anche che, in assenza di una continua, assidua, determinata azione di contrasto non saremo in grado di sostenere e sviluppare la nostra economia e accrescere la nostra capacità di attrarre investimenti.
La tutela della sicurezza è peraltro un valore essenziale per tutti i cittadini, e lo è tanto più oggi di fronte a nuovi pericoli e minacce che spaventano e preoccupano. Anche sul fronte della sicurezza, imporre il rispetto reale della legalità è un valore assoluto. Non lasceremo nulla di intentato per difendere il dominio della legge in ogni parte del paese.
Alle donne e agli uomini delle Forze di polizia, come ai Carabinieri che con essi garantiscono la nostra sicurezza, chiederemo sforzi straordinari. Essi hanno saputo conseguire successi, anche nella lotta al terrorismo, per cui li ringraziamo. Noi cercheremo di sostenerli con ogni mezzo possibile, consapevoli che da loro, dalla loro professionalità e dedizione, dipende non solo la nostra tranquillità ma anche la nostra capacità di crescita.
In questi anni sono state compiute scelte, in un settore fondamentale del nostro ordinamento quale quello della magistratura ordinaria, che hanno creato un clima di tensione, talvolta di forte tensione. Mi riferisco in particolare a riforme pensate e attuate troppo spesso con uno spirito punitivo e comunque con atteggiamenti non adeguatamente collaborativi.
Noi vogliamo ridare serenità ai giudici italiani. Vogliamo che essi possano operare con imparzialità e professionalità, circondati dal rispetto e sempre tutelati nella loro indipendenza.
Ma noi siamo consapevoli, come tutti gli italiani, che la nostra giustizia è troppo lenta, che troppo spesso non è assicurato con l'efficienza e la tempestività che la società moderna richiede il servizio che essa deve assicurare, per garantire quel valore fondamentale che è il riconoscimento delle ragioni di chi ha ragione, e la condanna di chi ha torto.
E sappiamo pure molto bene che la lentezza della giustizia è anche un freno alla competitività stessa del paese.
Per questo, mentre opereremo per ridare serenità e tranquillità ai nostri magistrati e per tutelarne e garantirne l'indipendenza, chiederemo ad essi di compiere ogni sforzo per migliorare sostanzialmente l'efficienza della macchina giudiziaria. Per questo, mentre faremo tutto il possibile affinché vengano soddisfatte le giuste richieste di maggiori mezzi e migliori strutture, chiederemo tempi più rapidi, processi più veloci e, in definitiva, una giustizia più giusta proprio perché più rapida.
Sarà compito del ministro della giustizia seguire con attenzione questo aspetto essenziale e di riferirne periodicamente al Governo e, se il Parlamento vorrà, al Pag. 26Parlamento. Con l'obiettivo molto ambizioso, certo me ne rendo conto, di dimezzare nei cinque anni il numero di cause pendenti.
Il Governo intende proporre al Parlamento di studiare un provvedimento diretto ad alleggerire l'attuale insostenibile situazione delle carceri.
E lo dovremo studiare con la profondità e la drammaticità che l'attuale situazione ci impone. Già da anni, anche dalle sedi più elevate, questo tema è proposto alla nostra attenzione. Oggi, all'inizio di una nuova legislatura è nostro obbligo offrire una risposta.
Così come dobbiamo offrire una risposta al rinnovamento delle istituzioni che il nostro paese si attende.
Non la risposta sbagliata e dirompente di riforme della Costituzione a cui la maggioranza si opporrà compatta nel prossimo referendum, ma una risposta di aggiornamento della nostra Costituzione e di riforma della legge elettorale attraverso la ricerca di una costruttiva e larga collaborazione fra tutte le forze politiche del paese.
Ho richiamato in questo mio intervento il trattato costituzionale dell'UE e poi la nostra Costituzione. Entrambi valgono come attestazione della nostra identità condivisa e della nostra civiltà, si fondano sui valori universali e indivisibili della dignità della persona umana, della libertà, dell'uguaglianza, della solidarietà e della pace. Memorie e sintesi di valori umani e spirituali profondi, di storie e ispirazioni ideali diverse di cui è ben viva la traccia dell'umanesimo e la radice cristiana. Di questi valori, di questa nostra identità noi andiamo orgogliosi e intendiamo viverli nella forma del dialogo dell'accoglienza e del riconoscimento delle altre ispirazioni, secondo quello che noi riteniamo essere il moderno progetto di una cittadinanza democratica. Un progetto avverso a tutte le forme di discriminazione, di violenza, di odio. Un progetto che la nostra Carta costituzionale affida al moderno principio di laicità dello Stato. Tale concetto implica non indifferenza dello Stato dinanzi alle religioni, ma garanzia dello Stato per la salvaguardia della libertà di religione in regime di pluralismo confessionale e culturale.
Con la principale di queste confessioni, la Chiesa cattolica, lo Stato italiano ha elaborato negli anni un proficuo processo di collaborazione ben definito da quell'insuperato riconoscimento del rapporto tra Stato e Chiesa «ciascuno nel proprio ordine indipendenti e sovrani», e perciò stesso capaci di «reciproca collaborazione per la promozione dell'uomo e il bene del Paese».
In questo spirito quattro anni or sono abbiamo tutti salutato nell'aula della Camera quell'infaticabile Profeta della pace che è stato Papa Giovanni Paolo II. Oggi con lo stesso spirito vorrei fare giungere gli stessi sentimenti al suo successore Papa Benedetto XVI.
Nello stesso momento e con lo stesso spirito saluto anche tutte le altre Chiese.
Le Chiese evangeliche, le ortodosse, le comunità ebraiche a cui va la mia e nostra solidarietà per i recenti tristi atti di intolleranza di cui sono state fatte oggetto, le comunità musulmane e tutte le altre comunità religiose del nostro paese.
In un comune senso di cittadinanza democratica a tutti offro e a tutti chiedo collaborazione per far crescere il bene comune come bene di tutti.
Signor Presidente della Camera, onorevoli colleghe e onorevoli colleghi, nel preparare il discorso con cui vi ho presentato il Governo che ho l'onore di presiedere, ho fatto la scelta di non sottoporvi un arido elenco di provvedimenti ma di esporvi piuttosto le grandi linee della azione che ci accingiamo a svolgere, il nostro approccio ai problemi che abbiamo di fronte, se volete - se la parola non è eccessiva - la nostra strategia.
Io spero innanzi tutto di essere riuscito a comunicarvi il senso di urgenza che avvertiamo e con cui ci accingiamo a operare.
La nostra società ha in sé le energie e le competenze per far ripartire l'Italia. La nostra società ha le risorse potenziali che contano nel mondo d'oggi: lavoratori straordinari e imprenditori, piccoli e medi, che sono il nostro biglietto da visita nel mondo.Pag. 27
I nostri successi sono stati il frutto di ingredienti semplici: imprenditori coraggiosi, apertura alla concorrenza e ai mercati internazionali, grande attenzione alle risorse umane e ai lavoratori, legame con il territorio e le sue tradizioni produttive, scommessa sulla innovazione.
Questa è la ricetta che dobbiamo promuovere e sostenere, per rilanciare le nostre poche grandi imprese e per far diventare grandi quelle di media dimensione. È una sfida che ancora possiamo vincere. Ma i tempi si sono fatti molto stretti. Non dobbiamo ingannare noi stessi, illuderci che in qualche modo possiamo farcela senza un lavoro duro, serio, continuo, giorno dopo giorno.
È così che noi ci accingiamo a operare, con l'impegno di governare per la durata della legislatura perché solo stabilità e continuità possono portarci a centrare gli obbiettivi che ci poniamo.
Noi riteniamo di avervi presentato un programma serio, un progetto all'altezza dei problemi che abbiamo di fronte. Non c'è in noi nessuna presunzione di autosufficienza intellettuale. Non ci sarà alcuna proposta, da qualsiasi parte provenga, che non verrà esaminata con attenzione.
Pur nella distinzione dei ruoli, c'è spazio per il costruttivo apporto di tutti. Perché tutti qui dentro, ne ho la certezza, abbiamo a cuore il futuro dei nostri concittadini e della nostra Italia. Perché tutti qui dentro, ne sono sicuro, vogliamo che l'Italia torni a vincere.
Noi lavoreremo perché un nuovo dinamismo percorra tutto il paese e uno spirito di coesione sostenga il suo cammino. Come sugli antichi sentieri dell'Europa, il cammino di Santiago e la via Francigena, l'Italia non solo guarda alla meta ma vive la bellezza del percorso, del dialogo, dell'incontro che lo arricchisce.
Noi ci siamo messi a servizio del suo cammino con tutte le nostre forze.
Ed è su questi propositi e su questo programma, onorevoli colleghe e onorevoli colleghi, che chiedo a nome del Governo la vostra fiducia.
Grazie della vostra attenzione.