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XV LEGISLATURA
Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 95 di lunedì 22 gennaio 2007
Pag. 1PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI
La seduta comincia alle 14.
RINO PISCITELLO, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 16 gennaio 2007.
(È approvato).
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, i deputati Albonetti, Amato, Azzolini, Bersani, Bindi, Bocchino, Boco, Bonino, Boniver, Bosi, Cento, Chiti, Colucci, D'Antoni, Damiano, De Piccoli, Duilio, Fioroni, Folena, Forgione, Franceschini, Galante, Gentiloni Silveri, Khalil, Landolfi, Lanzillotta, Levi, Marcenaro, Maroni, Melandri, Meta, Minniti, Parisi, Pecoraro Scanio, Pisicchio, Pollastrini, Prodi, Rivolta, Rutelli, Santagata, Sgobio, Stucchi, Tremonti, Visco e Zacchera sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati complessivamente in missione sono cinquanta, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Annunzio di petizioni.
PRESIDENTE. Invito l'onorevole segretario a dare lettura del sunto delle petizioni pervenute alla Presidenza, che saranno trasmesse alle sottoindicate Commissioni.
RINO PISCITELLO, Segretario, legge:
SALVATORE ACANFORA, da Roma, chiede:
misure per favorire l'accesso al lavoro e il reinserimento sociale dei detenuti (192) - alla II Commissione (Giustizia);
interventi contro i disservizi del sistema postale (193) - alla IX Commissione (Trasporti);
l'istituzione della Croce d'onore per meriti umanitari (194) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
l'istituzione della «Giornata della memoria» in onore delle vittime del terrorismo e della criminalità e dei caduti per la pace (195) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
il riconoscimento del diritto alla pratica del naturismo (196) - alla XII Commissione (Affari sociali);
l'estensione della patente a punti anche per i conducenti dei ciclomotori (197) - alla IX Commissione (Trasporti);
nuove disposizioni in materia di produzione e vendita del pane e della pasta (198) - alla XIII Commissione (Agricoltura);
disposizioni per la tutela del patrimonio storico della guerra di liberazione e della lotta partigiana (199) - alla VII Commissione (Cultura);
interventi per la promozione, il sostegno e la valorizzazione della musica popolare amatoriale bandistica, folcloristicaPag. 2e corale e istituzione di un festival della canzone dialettale (200) - alla VII Commissione (Cultura);
la promozione delle attività circensi (201) - alla VII Commissione (Cultura);
che venga istituito un fondo di garanzia per le vittime di frodi alimentari, con particolare riguardo alle vittime del vino al metanolo (202) - alla XIII Commissione (Agricoltura);
l'istituzione del Garante per la famiglia (203) - alle Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e XII (Affari sociali);
l'istituzione del Garante per i detenuti (204) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
la riduzione della retribuzione mensile ai collaboratori di giustizia (205) - alla II Commissione (Giustizia);
che non sia utilizzato, per i parlamentari, il titolo di «onorevole» (206) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
la possibilità, per le coppie omosessuali, di accedere alle graduatorie per le case popolari (207) - alla VIII Commissione (Ambiente);
nuove norme contro la pedofilia e a tutela dei minori (208) - alla II Commissione (Giustizia);
la modifica della composizione del consiglio di amministrazione della RAI (209) - alla IX Commissione (Trasporti);
iniziative volte ad approfondire la conoscenza del profilo storico ed umano di Umberto II, Re d'Italia (210) - alla VII Commissione (Cultura);
l'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni dei bambini e degli anziani (211) - alla XII Commissione (Affari sociali);
l'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sugli illeciti sportivi nel mondo del calcio (212) - alla VII Commissione (Cultura);
norme per la salvaguardia dei laghi e dei fiumi italiani (213) - alla VIII Commissione (Ambiente);
provvedimenti per la regolarizzazione degli immigrati presenti in Italia (214) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
l'abolizione del SISMI nell'ambito di una riforma dei servizi segreti (215) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
nuove norme contro gli abusi edilizi (216) - alla VIII Commissione (Ambiente);
la riforma dell'ordinamento giudiziario (217) - alla II Commissione (Giustizia);
l'adozione di misure atte a prevenire i reati perpetrati in ambito familiare (218) - alla II Commissione (Giustizia);
norme in materia di reati elettorali (219) - alla II Commissione (Giustizia);
interventi a favore del settore dello spettacolo (220) - alla VII Commissione (Cultura);
interventi volti ad affrontare le problematiche inerenti al sistema portuale italiano (221) - alla IX Commissione (Trasporti);
la revisione delle norme che disciplinano l'affidamento e l'adozione (222) - alla II Commissione (Giustizia).
Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 28 dicembre 2006, n. 300, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative (A.C. 2114).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 28 dicembre 2006, n. 300, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative.
Pag. 3(Discussione sulle linee generali - A.C. 2114)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari Forza Italia e L'Ulivo ne hanno chiesto l'ampliamento, senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del regolamento.
Avverto altresì che la I Commissione (Affari costituzionali) si intende autorizzata a riferire oralmente.
La relatrice, deputata Amici, ha facoltà di svolgere la relazione.
SESA AMICI, Relatore. Grazie, signor Presidente. Il decreto-legge di cui si chiede la conversione e che riguarda la proroga dei termini previsti da alcune disposizioni legislative è un testo che quest'Assemblea ha esaminato più volte nel corso delle varie legislature. Del resto, siamo convinti (ed è una convinzione che credo appartenga all'intera Commissione affari costituzionali) che il disegno di legge al nostro esame abbia accolto, anche se in misura parziale, una delle richieste che avevamo avanzato nel corso dell'esame di un provvedimento molto simile, nel quale si invitava il Governo a riflettere con attenzione, sulle procedure che poneva in essere, soprattutto con riferimento ai decreti-legge «mille proroghe». Infatti, nel corso del tempo questi provvedimenti «mille proroghe» si sono risolti in un tentativo mal riuscito che, anche dal punto di vista legislativo, in qualche modo, ha inficiato l'uso della legislazione sulla quale siamo chiamati a discutere.
Sulla base di questa idea (che si è tradotta anche in un ordine del giorno, approvato e concordato con il ministro per i rapporti con il Parlamento, onorevole Chiti), rileviamo che l'articolato, pur presentando, così come è stato rilevato dal Comitato per la legislazione, una eterogeneità di materie (gli articoli sono 7, compreso quello riguardante l'entrata in vigore e la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale), contiene una finalità comune, ossia la previsione della proroga di termini.
Nel corso dell'esame in Commissione, sono state approvate diverse proposte emendative che esamineremo nel corso del dibattito. A me, oggi, spetta il compito di continuare ad auspicare che si compia ancora uno sforzo, al quale tutti siamo chiamati, per rendere più agevole la discussione in Parlamento ed evitare di mettere l'Istituzione, - a fronte di provvedimenti riguardanti questioni sostanziali legate all'agire politico e governativo - nell'impossibilità di assumere delle determinazioni (nell'assenza del rispetto dei termini di conversione dei decreti-legge, e con riferimento all'acquisizione da parte della legislazione), e di fronte alla richiesta continua al Parlamento, almeno a scadenza annuale, di un provvedimento di simil fatta. Purtuttavia, all'interno di questo quadro, sono presenti diversi articoli riguardanti la proroga di termini.
L'articolo 1 riguarda, infatti, il personale universitario docente e non docente che presta attività in regime convenzionale con il Servizio sanitario nazionale. In particolare, si riferisce ad una norma in relazione al limite del 90 per cento delle spese da parte dello Stato, riguardante il personale universitario che opera in convenzione con l'azienda sanitaria locale.
Il comma 2 dell'articolo 1, riguarda il settore infermieristico e tecnico. Si tratta di una carenza denunciata nel corso del tempo, alla quale si sopperisce attraverso una serie di misure, tra cui quella di prorogare di cinque mesi, ossia sino al 31 maggio 2007, gli interventi previsti dal decreto-legge n. 402, che avviene attraverso misure diverse: la riammissione in servizio dei pensionati, la stipula di contratti a tempo determinato, la previsione di prestazioni orarie aggiuntive presso le aziende sanitarie locali e le aziende ospedaliere, le residenze assistenziali nelle case di riposo.
Vorrei ricordare che, in questo comma, si prevede la possibilità per regioni di provvedere attraverso tutti questi strumenti,Pag. 4salva la compatibilità economica che è stata stabilita nel rapporto della Conferenza Stato-regioni.
Il comma 3, invece, proroga al 30 aprile del 2007 le disposizioni riguardanti il personale del Ministero degli affari esteri, di cui all'articolo 28, comma 1, del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 273.
Ci troviamo di fronte ad una disposizione che riguarda un processo giurisdizionale avviato attraverso un ricorso riguardante l'assunzione di personale di seconda fascia (dirigenti di seconda fascia). Questa proroga riguarda non l'insieme delle amministrazioni statali, ma esclusivamente il Ministero degli affari esteri, soprattutto alla luce degli impegni di tipo internazionale cui è chiamato a rispondere questo Ministero.
Il comma 5 dispone che, in attesa del riordino del Consiglio nazionale delle ricerche, i direttori degli istituti dell'ente restano in carica fino al 30 giugno 2007, sospendendo, fino a tale data, le procedure concorsuali destinate al rinnovo dei predetti incarichi. Anche su questo, vi è stata una discussione in Commissione. A me corre l'obbligo di ricordare il livello con cui si determina la struttura del CNR, che avviene per dipartimenti; i direttori sono scelti attraverso una selezione e alla luce di questo argomento è stato approvato un ordine del giorno dal Senato ed è stato assunto da parte Governo l'impegno ad operare attraverso una delegificazione. Come risulta, anche dalla relazione governativa che accompagna il testo di legge, ci pare che questa sia una proroga che risponda ad un processo di ristrutturazione dell'insieme dell'ente.
Il comma 6, invece, prevede che, come per il 2006, anche per l'anno 2007 - è stato approvato un emendamento in sede di Commissione - i possessori di laurea conseguita secondo gli ordinamenti didattici antecedenti la riforma del 1999 svolgeranno le prove degli esami di Stato in base al vecchio regime. Anche questo caso, si tratta di andare incontro a una esigenza che si era determinata, a seguito dell'approvazione della cosiddetta legge Moratti, per quei corsi di studio ancora non completati. In altri termini, si intende dare la possibilità di svolgere l'esame di abilitazione a norma del testo in vigore precedentemente a tale riforma.
L'articolo 2, comma 1, prevede la proroga fino al 31 dicembre 2007 del termine previsto per la denuncia dei pozzi e per la presentazione delle domande di riconoscimento o di concessione preferenziale.
Il comma 2 fissa al 30 giugno 2007 il termine per l'iscrizione degli operatori del settore ortofrutticolo alla banca dati nazionale prevista da un regolamento comunitario. Questo è uno degli ambiti nei quali è intervenuta maggiormente la legislazione europea. L'esigenza è quella non soltanto di rispettare le norme comunitarie, ma anche di dare alla filiera dell'ortofrutta la possibilità concreta di predisporsi al meglio rispetto alle indicazioni contenute nella normativa comunitaria. In tal modo, il nostro paese può mettersi in regola in uno degli ambiti nei quali più frequentemente è stato oggetto di procedure di infrazione da parte della Comunità europea.
Il comma 3 reca le disposizioni concernenti il pagamento dei contributi o premi previdenziali e assistenziali e gli adempimenti e versamenti tributari da parte degli allevatori avicoli, delle imprese di macellazione e trasformazione di carne avicola.
Il comma 4 estende a qualsiasi emergenza si verifichi nel settore zootecnico i compiti attribuiti al commissario straordinario per la BSE. Anche su questo argomento, in sede di Commissione si è aperta una discussione, con particolare riguardo alle funzioni e ai compiti attribuiti al commissario medesimo, essendosi determinata una situazione, per così dire, di interruzione, a causa della cosiddetta infezione detta della lingua blu. Vorrei anche ricordare, in questa sede, che, in base alla delega, i poteri del commissario sono estesi a qualsiasi tipo di emergenza zootecnica. Questo è uno degli ambiti nei quali si determinano spesso situazioni non prevedibili che compromettono la possibilità da parte del commissario di continuare a svolgere le proprie funzioni.
Il comma 5 proroga al 31 luglio 2007 il termine per l'iscrizione nel registro deiPag. 5fertilizzanti o nel registro dei fabbricanti di fertilizzanti. Tutte queste disposizioni, com'è evidente, riguardano la materia agricola.
L'articolo 3, comma 1, prevede la proroga del termine di entrata in vigore della disciplina sulla sicurezza degli impianti.
Il successivo comma 2 è relativo al completamento degli interventi infrastrutturali necessari a garantire l'integrale attuazione della convenzione tra l'Italia e la Francia riguardante il tratto situato in territorio francese di una linea ferroviaria.
Il comma 3 dispone che i verbali di concordamento dell'indennità di espropriazione e di rinuncia a qualsiasi pretesa connessa alla procedura di esproprio, relativi alla realizzazione degli interventi statali per l'edilizia a Napoli, conservino la loro efficacia indipendentemente dall'emanazione del decreto di esproprio. Questa norma è posta a salvaguardia anche di molte amministrazioni locali interessate da procedure che comportano il pagamento di indennità, rendendo efficace solo quanto concordato, con minori oneri da parte delle amministrazioni pubbliche.
Il comma 4 proroga al 30 aprile 2007 il termine per il completamento degli investimenti per gli adempimenti relativi alla messa a norma delle strutture ricettive. Anche a questo riguardo, in sede di Commissione era stata avanzata una richiesta di chiarimenti a seguito della lettura molto attenta del parere espresso dalla stessa Commissione. In tale parere si invita il Parlamento a non andare oltre la proroga, proprio per mettere il settore del turismo in condizione di rispettare gli obblighi di messa in sicurezza di una serie di strutture ricettive. Nell'ambito di questo ragionamento, abbiamo ritenuto di non accogliere una serie di emendamenti che, pure, erano stati presentati dai membri della Commissione, proprio in vista del parere che la medesima Commissione aveva espresso.
L'articolo 4, al comma 1, proroga alcuni dei termini previsti dal decreto-legge n. 223 del 2006 per il riordino di commissioni, comitati ed altri organismi.
Il comma 2, riguardante una serie di riordini del Consiglio superiore delle comunicazioni, viene soppresso sulla base di una condizione esplicita posta dal Comitato per la legislazione, perché riguarda una materia che già in qualche modo produce al proprio interno una serie di disposizioni legislative.
Il comma 3 proroga la vendita dei prodotti farmaceutici ed omeopatici prodotti prima del 31 dicembre 2005, che non recano il nome commerciale in caratteri Braille.
Qui si è voluto tenere conto da un lato di un eccesso di produzione di farmaci, che quindi potranno continuare ad essere messi in vendita fino ad esaurimento delle scorte (e questo per non danneggiare questo settore), dall'altro del fine di salvaguardare le persone non vedenti. Queste persone, qualora si rechino in farmacia e non trovino disponibili questi prodotti con i caratteri Braille, avranno diritto ad avere i medesimi farmaci con i caratteri in rilievo e sarà compito dello stesso farmacista e delle ditte produttrici farli recapitare al più presto.
Il comma 4 estende al 2007 l'applicazione del tetto di incremento del 20 per 100 del diritto annuale dovuto alle Camere di commercio dalle imprese iscritte, annotate nel Registro delle imprese.
L'articolo 5 prevede, al comma 1, una proroga dei termini relativi a una serie di adempimenti previsti dall'articolo 20 del decreto legislativo n. 151 del 2005, in materia di riduzione delle sostanze pericolose delle apparecchiature elettriche ed elettroniche.
Il comma 2 proroga al 31 luglio 2007 l'entrata in vigore della parte seconda del decreto legislativo n. 152 del 2006, relativo alla materia ambientale, alla valutazione di impatto ambientale, al VAS e all'IPC (che rappresentano alcune delle sigle impiegate, derivanti da acronimi inglesi).
L'articolo 6, al comma 1, proroga al 28 febbraio 2007 il termine per l'approvazione del regolamento sul trattamento dei dati sensibili e giudiziari da parte di pubbliche amministrazioni.Pag. 6
Il comma 2 autorizza il Ministero dell'economia e delle finanze a rinnovare fino al 31 maggio 2007 gli accordi stipulati con l'INPS relativi alla procedura di riliquidazione degli indennizzi ai cittadini della cosiddetta ex Jugoslavia.
Il comma 3 proroga dal 1o gennaio 2007 al 31 dicembre 2008 il termine di decorrenza del divieto di conferimento in discarica dei rifiuti con un potere calorifico superiore ai 13 mila kilowatt.
Il comma 4 estende ai cittadini dell'Unione europea la possibilità di usufruire del programma di protezione sociale. Questo era previsto dal testo del Governo, poi emendato, in quanto interveniva all'interno di una disposizione di rango diverso, ovvero il Testo unico sull'immigrazione. È stato quindi accolto un emendamento proposto da parte del Comitato per la legislazione, che inserisce la disposizione all'interno di una cornice assai più legittima.
Il programma di protezione sociale rimane fondamentale, anche per il fatto che oggi siamo di fronte a nuovi cittadini: dal primo gennaio esso riguarda i cittadini di paesi come la Romania, che sono gli attuali soggetti che maggiormente usufruiscono del programma di protezione sociale per gli stranieri vittime di violenza e di sfruttamento.
Il comma 5 dispone il mantenimento in bilancio per il 2007 delle somme stanziate per la costituzione degli sportelli unici all'estero, non impegnate entro il 31 dicembre 2006, ai fini della loro riassegnazione allo stato di previsione del Ministero del commercio internazionale, in favore dell'Istituto nazionale per il commercio estero. Anche su questo comma è intervenuta una modifica approvata in Commissione, sollecitata dalla Commissione attività produttive, che commenteremo poi nel corso del dibattito.
Il comma 6 autorizza l'Ente nazionale per l'aviazione civile ad utilizzare le risorse di parte corrente derivanti da trasferimenti statali relativi all'anno 2006 e disponibili in bilancio, ad eccezione delle somme destinate a spese obbligatorie, anche per far fronte a spese di investimento per gli aeroporti.
Il comma 7 fissa al primo febbraio 2007 la decorrenza degli effetti derivanti dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del regolamento ISVAP, concernente il Registro unico elettronico degli intermediari assicurativi, di miglioramento alle disposizioni in esso contenute e a quelle immediatamente connesse, che ne presuppongano l'avvenuta entrata in vigore.
Il comma 8 fissa al 30 marzo 2007 il termine ultimo per l'emanazione del regolamento di utilizzazione del fondo per misure di accompagnamento alla riforma dell'autotrasporto merci e per lo sviluppo della logistica, istituito dalla legge finanziaria per il 2006.
L'articolo 7 dispone l'entrata in vigore del decreto-legge.
Come annunciato in maniera molto sintetica, nel corso dei lavori in Commissione sono state approvate una serie di proposte emendative, che dunque costituiscono corpo complessivo per la nostra discussione. Ho richiamato alcune di tali modifiche nel corso della relazione, altre sono invece relative ad una serie di commi aggiuntivi, quali i commi 8-sexies, 8-septies ed 8-octies, riguardanti l'abrogazione di una serie di termini in alcune delle materie già richiamate nel decreto con una formulazione assai diversa. In particolare, il comma 8-septies riguarda la prosecuzione degli interventi connessi all'istituzione delle province di Monza e della Brianza, di Fermo e di Barletta-Andria-Trani e per la razionalizzazione delle attività dei commissari a tal fine nominati con decreto del ministro dell'interno. Si tratta di disposizioni per le quali già sono previste risorse finanziarie per mezzo delle leggi istitutive delle nuove province; dunque l'obiettivo è quello di mettere a disposizione dei commissari tali risorse, al fine di permettere il completamento dei relativi interventi.
Il comma 8-octies riguarda invece l'articolo 8, comma 1, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, al quale sono aggiunti i seguenti periodi: «Solo per coloro che hanno ottenuto il riconoscimento del diritto al credito d'imposta nel corso dell'anno 2006 è consentita la possibilità diPag. 7completare l'investimento entro e non oltre la data del 31 dicembre 2008. L'efficacia della disposizione del sesto periodo è subordinata, ai sensi dell'articolo 88, paragrafo 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea, alla preventiva approvazione da parte della Commissione europea».
Si tratta di una norma che riguarda il mondo delle imprese, in particolare quelle che avevano avuto il riconoscimento del diritto al credito d'imposta, quindi parte del Mezzogiorno del paese, per il quale abbiamo ritenuto giusto e necessario dare la possibilità di continuare gli investimenti, che erano stati avviati e che per decorrenza del termine avrebbero subito un arresto.
Concludo questa relazione, che è molto tecnica, forse burocratica, rivolgendo un appello ai colleghi, per quanto riguarda le proposte emendative che verranno presentate nel corso dell'iter del provvedimento. Vorrei che fosse chiara a tutti noi la complessità di un intervento di questo genere. Pertanto, richiamo alla responsabilità e ad una formulazione anche efficace sul piano legislativo. Ritengo che non si tratti semplicemente di un appello del relatore, ma di una necessità per tutti, perché dall'efficacia della legislazione dipende non soltanto la buona riuscita dell'iniziativa normativa che vogliamo portare avanti, ma anche la certezza del diritto per i cittadini di questo paese (Applausi).
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
GIAMPAOLO VITTORIO D'ANDREA, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Il Governo si riserva di intervenire in sede di replica.
PRESIDENTE. Sta bene.
Il primo iscritto a parlare è l'onorevole Franco Russo. Ne ha facoltà.
FRANCO RUSSO. L'ampia relazione della collega Amici mi rende libero dal ricordare in dettaglio il provvedimento in esame, relativo a proroghe di termini. Secondo me in maniera sbagliata ci diciamo fra di noi - l'ho visto scritto anche sulla stampa - che si tratta di un decreto denominato «mille proroghe». In realtà si tratta di un decreto di 8 articoli, ai quali la Commissione affari costituzionali ha aggiunto vari commi, ma a me pare che dobbiamo sostanzialmente registrare un primo elemento positivo, cioè che, come giustamente ha sottolineato più volte l'onorevole Zaccaria, questa volta né il Governo né mi pare i deputati e le deputate nella I Commissione hanno attaccato dei vagoncini al veicolo legislativo di questo decreto-legge, che riguarda appunto la proroga di termini.
Attraverso la proroga dei termini, che apparentemente avviene tramite un disegno di legge di conversione di un decreto-legge semplice, che riguarda fondamentalmente attività amministrative, si dà vita appunto ad attività amministrative, quindi ad un contatto diretto con i cittadini e le cittadine e ad un impatto con la vita quotidiana.
Signor Presidente, nella prima parte del mio intervento - che cercherò di rendere molto semplice e breve - vorrei dialogare con l'onorevole Boscetto, che in questa legislatura ho conosciuto in I Commissione. Si tratta di un parlamentare di grande esperienza perché è stato senatore, è molto preciso, colto e i suoi interventi rendono sempre molto stimolante il confronto e la discussione. Tuttavia, vorrei avviare questa discussione con lui perché si tratta di evitare di individuare «la pagliuzza» nell'occhio altrui e di dimenticare le proprie «travi». Nel disegno di legge di conversione del decreto-legge di proroga dei termini il Governo avrebbe anche tentato malauguratamente di intervenire, allungando di molto i «vagoni» ed aggiungendo altri «convogli», ma il lavoro svolto in I Commissione e soprattutto l'impianto iniziale del disegno di legge hanno consentito alla stessa - speriamo anche all'Assemblea, così come auspicava la collega Amici - di rendere molto ragionevole gli interventi di proroga, senzaPag. 8aggiungere alcunché ed utilizzare quel «treno» per immettere altre forme di legislazione.
Signor Presidente, mi sono documentato - anche attraverso gli uffici, che ringrazio - sull'ultima proroga dei termini portata avanti dal Governo Berlusconi di centrodestra: mi riferisco alla legge n. 51 del 23 febbraio 2006, che ha convertito in legge, con modificazioni, il decreto-legge n. 273 del 30 dicembre 2005, recante «definizione e proroga di termini, nonché conseguenti disposizioni urgenti. Proroga di termini relativi all'esercizio di deleghe legislative».
Onorevole Boscetto, siccome il provvedimento è stato rielaborato soprattutto al Senato, dove lei era presente, già il titolo evidenzia che il disegno di legge di conversione del decreto-legge portato avanti dal Governo Berlusconi lede l'articolo 15 della legge n. 400 del 1988, dove si fa esplicito divieto di utilizzare i decreti-legge per la proroga dell'esercizio di deleghe legislative. Lei giustamente ha fatto rilevare che all'interno del disegno di legge presentato dal Governo di centrosinistra, guidato dall'onorevole Prodi, erano contenute norme di natura sostanziale, ma allora mi chiedo se valgano due pesi e due misure. Giustamente, in I Commissione e da parte del Governo, a cui voglio render merito in questa discussione, non si è utilizzato un cattivo precedente - che, peraltro, è abbastanza recente perché si tratta di una legge che è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale nel febbraio del 2006 - per tentare di estendere le materie di questo disegno di legge. A me pare che nella XV legislatura stiamo tutti imparando a rispettare le fonti legislative e ad utilizzarle in maniera corretta, sotto l'impulso del Comitato per la legislazione, di cui questa volta sono stati accolti in Commissione e presentati alla discussione dell'Assemblea una serie di emendamenti.
Anche se ciò non riguarda lei perché era al Senato, onorevole Boscetto, - quando il Comitato per la legislazione, relatore l'onorevole Trantino, quindi, un membro della maggioranza, riferì negativamente sul provvedimento che la Camera aveva in esame, così come era stato modificato dal Senato, la Camera stessa non accolse alcun suggerimento dato dal Comitato per la legislazione, soprattutto in relazione alla proroga dei termini per l'esercizio delle deleghe legislative.
Ripeto, noi non abbiamo utilizzato questo cattivo precedente, anzi il presidente della I Commissione, onorevole Violante, ha espunto dal testo destinato all'esame dell'Assemblea due commi aggiuntivi proposti dal Governo, che prevedevano il prolungamento dell'esercizio di deleghe legislative.
Signor Presidente, a mio avviso costituisce una conquista importante il fatto che la Camera abbia riaffermato in pochi mesi i principi fondamentali della qualità della legislazione e del rapporto tra le fonti, riuscendo ad ottenere - soprattutto attraverso un intenso esame da parte del Comitato per la legislazione e della I Commissione - il sostanziale rispetto della qualità della legislazione.
Ricordo inoltre a quest'Assemblea e all'onorevole Boscetto che nel famoso provvedimento approvato durante il Governo Berlusconi erano contenuti 83 articoli, di cui 43 aggiunti dal Senato.
All'interno di tale disegno di legge di conversione era contenuto addirittura il provvedimento relativo alla partecipazione di personale militare a missioni internazionali, quali Enduring Freedom, Active Endeavour e Risolute Behaviour.
In questa occasione tale errore non è stato più ripetuto e ciò costituisce un risultato raggiunto collettivamente da maggioranza e opposizione. Inoltre, questa volta, la I Commissione ha fatto propri i suggerimenti, le osservazioni e le condizioni poste dal Comitato per la legislazione, alcune delle quali riprese anche dall'onorevole Boscetto relativamente a riutilizzazioni di poste di bilancio contenute nel provvedimento in esame.
Ad esempio, per quanto concerne il rapporto tra le fonti, si è ritenuto utile intervenire sul testo unico che regolamenta l'immigrazione, al fine di modificarePag. 9una norma che invece si intendeva introdurre nel presente disegno di legge di conversione.
Per questi motivi, a mio avviso abbiamo compiuto passi in avanti e condivido l'invito a contenere gli interventi formulato dall'onorevole Amici anche a noi parlamentari, a cui spesso è giustamente richiesto di intervenire per sanare situazioni. È compito, infatti, dei parlamentari ascoltare le richieste provenienti dalla società, laddove vi fossero mancanze ed iniquità sofferte che il legislatore non conosce, per proporre modifiche all'Assemblea.
Ad esempio, il gruppo di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea ha proposto un unico emendamento al disegno di legge in esame, a firma della collega Titti De Simone, riguardante alcune decine, forse venti, persone comandate del Poligrafico dello Stato, la cui situazione veniva sanata (cioè, ne veniva ribadito il comando) attraverso la legge finanziaria, ma che questa volta, dati i circa 1300 commi, non sono state prese in considerazione. Ci permettiamo pertanto di intervenire seguendo quanto indicato in un articolo del disegno di legge in esame relativo alle materie del lavoro e di proporre un emendamento, così da sanare la situazione, se l'Assemblea lo riterrà giusto.
L'invito rivolto dall'onorevole Amici va tenuto presente. Gli interventi da sottoporre al Comitato dei nove, quindi alla valutazione dell'Assemblea, devono riguardare effettivamente proroghe dei termini. Per questo ho condiviso le critiche rivolte dall'onorevole Boscetto al comma 6 dell'articolo 6, laddove si autorizza l'ENAC ad utilizzare risorse di parte corrente derivanti da trasferimenti statali relative al 2006 e disponibili in bilancio, perché si tratta di predisporre una norma sostanziale che non può essere inserita nel provvedimento.
Dovrebbe anche essere accolta un'indicazione del Comitato per la legislazione di rubricare diversamente l'articolo 6, per far corrispondere la materia che tratta con la rubrica dell'articolo stesso.
Infine, considero il provvedimento un intervento abbastanza «asciutto», ragionevole; pertanto il nostro gruppo parlamentare lo sosterrà, soprattutto per le ragioni metodologiche su cui mi sono prolungato. Come ha detto l'onorevole Amici, si tratta di intervenire per garantire la continuità del lavoro o la possibilità da parte di operatori economici di mettersi in regola rispetto a certe scadenze o altri interventi per sanare questioni di ingiustizia palese, così da non avere situazioni trattate con «due pesi e due misure» (come nel caso dei lavoratori comandati del Poligrafico).
Parteciperemo, quindi, con attenzione alla fase di esame delle proposte emendative come ai lavori del Comitato dei nove, per rispettare i parametri ricordati dalla relatrice (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Zaccaria. Ne ha facoltà.
ROBERTO ZACCARIA. Signor Presidente, ho spesso avuto occasione nella mia breve esperienza parlamentare di intervenire su provvedimenti di questo tipo. A nome del gruppo dell'Ulivo dichiaro che sosterremo il provvedimento, pur nella consapevolezza che diventa indispensabile richiamare l'attenzione della Camera, in primo luogo, del Parlamento, poi, e, quindi, dell'opinione pubblica, sul fatto che esiste una tipologia di provvedimenti normativi che sfuggono all'attenzione, perché considerati minori, anche in sede scientifica (non dico in sede giornalistica).
Contenendo provvedimenti di natura diversa, è estremamente difficile persino dare loro un titolo. Infatti, si fa riferimento alla «proroga di termini», perché la proroga rappresenta l'unico elemento unificante di questi provvedimenti. L'esperienza della Camera dimostra, infatti, che essi sono molto lontani dal presentare, da qualsiasi punto di vista, aspetti di omogeneità.
Tra pochi minuti, qui alla Camera, in una sala al piano superiore dell'aula, verrà presentato il rapporto sullo stato dellaPag. 10legislazione relativo all'anno passato, alla presenza dei due Presidenti delle Camere e di numerosi ospiti, quali funzionari parlamentari e delle regioni. Tutti guardano, con grande interesse, a questi bilanci relativi alla legislazione.
Vorrei, a tale proposito, citare subito un solo dato, che ci rende consapevoli della complessità della materia. Su 100 leggi che il Parlamento approva, circa un terzo è rappresentato da disegni di legge di conversione di decreti-legge, un terzo da ratifiche di atti internazionali e, quindi, da atti dovuti, ed un terzo da progetti di legge in senso proprio, di iniziativa governativa, nella maggior parte dei casi, o parlamentare. In quest'ultima tipologia, rientrano le leggi di bilancio, che sono circa venti in una legislatura.
Non si parla però - ed io vorrei che, d'ora in poi, se ne parlasse - di questa reietta categoria rappresentata dai provvedimenti di proroga dei termini. Scherzando in Commissione, ho provato a dire che questo provvedimento è una sorta di finanziaria dei poveri, anzitutto perché interviene, dal punto di vista cronologico, poco dopo la finanziaria. Vedrete, tra l'altro, che talune disposizioni, così come alcuni emendamenti, hanno proprio lo scopo di correggere o aggiungere elementi che potrebbero riguardare la stessa legge finanziaria, con il vantaggio, peraltro, che qui vi è maggiore libertà, non essendovi il problema della copertura.
Guardando ai precedenti, vorrei rilevare che essi, anche quelli citati, in modo diligente, dal collega Russo, presidente del Comitato per la legislazione, non devono essere letti soltanto con riferimento ai provvedimenti che recano il termine «proroga termini», pur notando che, comunque, questi ultimi aumentano in maniera significativa: se prima ve ne era uno all'anno, secondo la mia ricostruzione, diventano due nel 2003, tre nel 2004 e, forse, addirittura, quattro nel 2005. Bisogna chiedersi il motivo di questo aumento.
Nel 2005, inoltre, occorre considerare altri provvedimenti, che non sono, formalmente, di «proroga di termini», ma che, in qualche modo, recano disposizioni analoghe: la legge 17 agosto 2005, n. 168 «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge recante disposizioni urgenti per assicurare la funzionalità nei settori della pubblica amministrazione»; «Disposizioni in materia di organico del personale della carriera diplomatica»; «Delega per il Governo per l'attuazione della direttiva in materia di veicoli fuori uso»; infine, «Proroghe di termini per l'esercizio di deleghe legislative», che, se il presidente Russo avesse citato, sarebbe davvero inorridito, poiché, in tal caso, non solo vi è una delega nel corpo del decreto, ma, addirittura, è lo stesso titolo del decreto ad avere una eterogeneità straordinaria.
In questa direzione, il monumento non è un decreto di proroga dei termini, ma è la legge 14 maggio 2005, n. 80, che converte il decreto-legge 14 maggio 2005, n. 35, il cosiddetto decreto «competitività» («Delega al Governo per la modifica del codice di procedura civile in materia di processo di Cassazione e di arbitrato, nonché per la riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali»). Ad una riflessione attenta, ben si comprende come si tratti di una riforma organica contenuta in un decreto che naturalmente reca la relativa delega; il testo del provvedimento, peraltro, si compone di sessantaquattro pagine e reca naturalmente anche alcune proroghe di termini.
Sostanzialmente, voglio precisare quanto segue. Ho detto scherzosamente (ma ora chiarirò la questione in maniera meno scherzosa) che dobbiamo seguire l'impostazione richiamata dalla relatrice, l'onorevole Amici, cercando di perimetrare in qualche modo questo tipo di attività. D'altro lato, siamo consapevoli che nei due rami del Parlamento vigono norme regolamentari e prassi diverse: la Camera ha sempre assunto in questa materia un orientamento tendenzialmente restrittivo. Al riguardo, giustamente, essendo presidente pro tempore del Comitato per la legislazione, Franco Russo ha voluto ricordare i meriti assunti dal Comitato medesimo nel tentativo di ordinare la materia; ciò nondimeno, la questione si ponePag. 11anche per la Camera intera. Del Senato, invece, si deve discutere con un particolare tipo di attenzione e di garbo: nell'autonomia di quella Camera si è consolidata una prassi nel senso di considerare ammissibili proposte emendative molto più ampie, tali che, naturalmente, nel nostro ramo del Parlamento non sarebbero consentite. Peraltro, qui alla Camera, proprio in queste ore, si sta svolgendo un dibattito sulla questione.
Recando misure disomogenee, questi provvedimenti diventano vettori di misure di varia natura, tra le quali, peraltro, le deleghe almeno sono visibili, anche se, per così dire, «sconsigliate» in base alla legge n. 400 del 1988. Ma vi si reca di solito una serie ampia di interventi: dalle misure di proroga termini a quelle di proroga termini scaduti (che sono altro dalle prime), a quelle di remissione in termini, alle norme sostanziali che danno un carattere temporale a certe legislazioni, alle tecniche per far rivivere disposizioni dichiarate abrogate. Insomma, vi è un po' di tutto ed in ciò ha ragione Franco Russo: nel caso di specie questo aspetto risulta in misura minore, vi è una maggiore attenzione, almeno nella prima fase.
Ritenevo tempo addietro che fosse sottostante a questo tipo di leggi un'esigenza dell'Amministrazione più che del Governo. La conversione del decreto-legge serve certo da raccordo tra Governo e Parlamento quando il primo ha urgenza di varare alcune misure; tuttavia, spesso sono sottostanti le esigenze dell'Amministrazione delle quali il Governo, in qualche modo, è consapevole e compartecipe senza però esserne il soggetto principale. Vi è inoltre - bisogna pur dirlo! - una serie di iniziative che in modo informale collegano i membri del Governo ai parlamentari investiti della presentazione di emendamenti; infine, vi sono anche parlamentari che (ed ecco la finanziaria dei poveri!), non avendo la possibilità di far approvare un autonomo progetto di legge o di incidere sulla legge finanziaria - atto sorvegliatissimo, anche per via della «stretta» del bilancio -, approfittano di questi «vettori» veloci per far passare provvedimenti settoriali o microsettoriali.
Tutto ciò viene assegnato alla competenza della I Commissione: ma come può la I Commissione avere la competenza per valutare provvedimenti così eterogenei? L'altro giorno abbiamo esaminato un provvedimento che riguardava l'ingozzamento forzoso delle oche; ci siamo tutti immediatamente sensibilizzati e naturalmente abbiamo trovato un accordo. Poi però, approfondendo meglio il provvedimento, abbiamo notato che esisteva una serie di disposizioni che introducevano misure restrittive sull'allevamento dei visoni o dei cincillà, in alcuni casi più restrittive di quelle previste dalla stessa comunità europea. In questa prospettiva più ampia alcune valutazioni possono cambiare. Le Commissioni di merito naturalmente esprimono i loro pareri; noi ne abbiamo tenuto conto e ne terremo conto per quanto possibile e tuttavia vi sarebbe la necessità di meditare meglio perché le norme al nostro esame si inseriscono in disposizioni complesse; estrapolate dal loro contesto, finiscono per avere un significato molto, molto diverso.
Signor Presidente, in questa prospettiva ne va di mezzo veramente la funzione del Parlamento! Mi rivolgo a quanti credono che il Parlamento sia pubblicità dei dibattiti, organicità delle discussioni, approfondimento dei temi: tutto ciò smentisce per definizione l'approfondimento e l'organicità, ma anche la pubblicità. Infatti, come si può discutere in maniera pubblica quando si passa dall'università alla giustizia, all'allevamento degli animali?
Un processo così complesso è impossibile da gestire. Credo che, operativamente, dobbiamo renderci conto del fatto che non si tratta di un fenomeno isolato, per cui ci cospargiamo il capo di cenere una volta all'anno, decidiamo di fare passare il provvedimento e non ci pensiamo più. Infatti, se guardiamo bene questi provvedimenti, ormai ci rendiamo conto che ve ne sono diversi ogni anno di questa natura.
Siamo dunque in presenza di un elemento molto delicato al quale occorrePag. 12prestare attenzione. Da questo punto di vista, va dato atto alla Presidenza della Camera e a quella della Commissione dell'impegno che sempre è stato profuso e che continuerà anche in queste ore. Ma se analogo sforzo non viene parallelamente sostenuto, signor Presidente, dal Presidente del Senato, esso non serve a nulla.
Assolviamo ai doveri della nostra coscienza, ma non risolviamo niente. Dobbiamo forse dare maggiore spazio al Comitato per la legislazione. L'onorevole Russo, che in questo momento si è allontanato per partecipare ad un altro dibattito, giustamente lodava l'attività di tale Comitato anche in questa tornata. Tuttavia, questo interviene sul decreto nella sua purezza e su provvedimenti che hanno, ancora, una fisionomia accettabile, mentre il momento in cui nascono gli inconvenienti è successivo: in Commissione, in aula, in seconda lettura al Senato.
L'altro giorno dicevo scherzosamente ai membri del Comitato che abbiamo apportato tre modifiche positive in Commissione, ma ne abbiamo registrate ben sette negative. È come se avessimo segnato tre goal, ma ne avessimo subiti sette al passivo: non si potrebbe dire di aver conseguito un successo. Con ciò voglio dire che vi è l'esigenza di lavorare su questa materia e di operare affinché Camera e Senato adottino criteri omogenei. In caso contrario, avrebbe ragione chi sostiene che il deputato rispetto all'elettore si trova paradossalmente in una posizione di difetto di rappresentanza, in quanto non può far passare provvedimenti che, invece, al Senato vanno avanti. Questo è un problema serio.
Noi intendiamo correggere il bicameralismo e vorremmo farlo migliorando l'aspetto della simmetria. Tuttavia, già abbiamo un Parlamento asimmetrico, in quanto alcuni provvedimenti passano al Senato, quando alla Camera ciò non sarebbe consentito.
Occorre fare il tentativo di dare al Comitato un parere che, rispetto all'iter del provvedimento, sia temporalmente spostato in avanti, sia prossimo alla vigilia dell'esame da parte dell'Assemblea. In questo caso, veramente, esso potrebbe recare qualche utilità. Inoltre, credo che in Parlamento occorra intervenire su questa materia - e oggi si può fare con il giudizio di ammissibilità - in quanto, rispetto a nostri colleghi, noi stessi ci troviamo nella condizione di dover sindacare nel merito certi provvedimenti che sono inaccettabili proprio sotto questo profilo.
Chiudo ringraziando il relatore. Il lavoro che si deve svolgere su questi provvedimenti, per essere ottimale, richiederebbe una competenza paragonabile a quella di una enciclopedia Treccani portatile, in caso contrario, rischia di farli risultare involontariamente inadeguati.
Dal momento che è nelle intenzioni del Presidente della Repubblica, del Presidente della Camera e del presidente Violante arrivare ad una riforma della legge finanziaria «vera e principale» ricordiamo che esiste anche una «legge finanziaria dei poveri» che attende di essere da tempo riformata, prima che si compiano danni eccessivi (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Boscetto. Ne ha facoltà.
GABRIELE BOSCETTO. Presidente, colleghi, signor sottosegretario, devo dire che questa discussione è molto stimolante. Ho avuto il piacere di partecipare al dibattito in Commissione e di sollevare alcuni problemi ben conosciuti ai miei contraddittori e alla relatrice.
Infatti, i due interventi di Franco Russo e del collega Zaccaria, nonchè la «tessitura» della relatrice - alla quale vanno tutti i miei complimenti per il lavoro svolto e per la comprensione dimostrata a tutti i livelli - vogliono esprimere gli argomenti che noi dell'opposizione abbiamo già evidenziato in Commissione.
Si tratta di questioni che attengono alla struttura del lavoro parlamentare, affinché si rispettino i canoni costituzionali e quelli contenuti in leggi fondamentali per la redazione dei testi normativi, ossia la legge n. 400 del 1988, in particolare all'articolo 15.Pag. 13
Non possiamo pensare che, di anno in anno, questo tipo di situazione peggiori. È inutile richiamare esperienze del passato, di qualsivoglia passato - ci sono stati momenti delicati in ogni legislatura -, per tentare di legittimare, all'inizio di questa nuova legislatura, determinate logiche che sottendono all'emanazione di decreti-legge.
Il Comitato per la legislazione, presieduto dall'onorevole Franco Russo, evidenzia tale aspetto ogni volta. Al Senato - si è ricordato che io provengo da quella sede, come il sottosegretario D'Andrea - non c'è un Comitato per la legislazione. Ho trovato estremamente utile questo organo della Camera, perché esso ricorda e cerca di far rispettare i canoni fondamentali per la redazione dei testi normativi, conformemente alla Costituzione, stabilendo anche alcune interpretazioni di principio.
Purtroppo, constato che spesso, quasi sempre, le annotazioni del Comitato per la legislazione finiscono per non essere rispettate. In questo provvedimento, tuttavia, vi è già un «tasso di rispetto» più alto di quelli precedenti.
Lei ricorderà, signor sottosegretario, quanto è stata dura la nostra opposizione ai vostri primi provvedimenti, soprattutto a quelli emanati sotto forma di decreti-legge, perché ritenevamo che mancassero alcuni o tutti i presupposti e perché il ricorrere alla questione di fiducia, nei due rami del Parlamento, ha finito per espropriare il Parlamento delle sue funzioni.
Questa volta, la situazione è diversa rispetto al passato, quando si violava palesemente l'articolo 15 della legge n. 400 del 1988, inserendo deleghe nei decreti-legge, nonché loro proroghe, rendendo così necessario l'intervento della I Commissione e del suo presidente, che, attraverso ordini del giorno accettati dal Governo, ponevano un freno a quel tipo di operazione, per determinare uno sblocco della situazione in termini corretti e non traumatici. Si aveva infatti la sensazione che questo nuovo Governo volesse andare avanti come un rullo compressore, infischiandosene di tutti i principi di carattere legislativo e costituzionale ed anche di quelli più normali, per raggiungere, a qualsiasi costo, il proprio scopo immediato.
Qualcosa abbiamo recuperato e credo che la I Commissione della Camera abbia - lo ripeto - non pochi meriti per il lavoro svolto, soprattutto da parte del presidente Violante.
Anche questa volta la I Commissione, la relatrice, il presidente, in primo luogo i due commissari di maggioranza, Russo e Zaccaria, hanno lavorato affinchè il provvedimento fosse accettabile sul piano strutturale. Infatti, pur avendo espresso alcune forti critiche in merito, ho ritirato alcuni emendamenti soppressivi, perché ho compreso la buona volontà, che si è poi concretizzata, di migliorare il testo del decreto-legge.
Il provvedimento, tuttavia, è nato, come si è rilevato, in modo strutturalmente non conforme alla sua destinazione, a cominciare dal titolo. Quando, infatti, si titola un decreto-legge nel modo seguente: «Proroga di termini previsti da disposizioni legislative», ci si aspetta un provvedimento contenente proroghe di termini! Anche nella relazione si sottolinea la necessità di intervenire con proroghe di termini, considerata la necessità e l'urgenza, ma poi si provvede ad introdurre nel provvedimento stesso alcune norme che con la proroga di termini non hanno alcunché da spartire! Questo è il primo giudizio negativo! Si poteva anche prevedere la seguente formulazione: proroga di termini e altre disposizioni legislative urgenti! La proroga di termini, tuttavia, ha una propria urgenza consustanziale, mentre le altre norme, introdotte fra una proroga e l'altra, non presentano quell'urgenza.
Si potrebbe analizzare tale situazione, ma non ho il tempo per farlo. Anche Franco Russo ricordava che l'inserimento, dopo una serie di proroghe di termini, di una norma che interviene sulle occupazioni d'urgenza e sul fenomeno dell'accessione invertita è un fuor d'opera! Quel tipo di norma si sarebbe collocata bene in una legge a sé stante, ma non nel suddetto provvedimento! E così tante altre!Pag. 14
Il discorso di fondo è che, da una parte, si tende a «rimpinzare» la finanziaria di tutto, con gli enormi problemi che ciò determina; dall'altra, si tende a varare i cosiddetti provvedimenti-omnibus che vengono «gabbati» come aventi ragioni totali di necessità ed urgenza, senza poi presentare queste caratteristiche!
Inoltre, non si pone in essere una legislazione ordinaria, che potrebbe comunque seguire tempi veloci, pur investendo le singole diverse Commissioni, che rappresentano la sede idonea in cui l'esame, effettuato da persone specificatamente competenti in materia, potrebbe far giungere a provvedimenti più seri, più meditati e più incisivi sul piano del servizio al cittadino!
Noi stiamo perdendo il senso della legge ordinaria, perché ci siamo ridotti ad esaminare, ormai, solamente la legge finanziaria, una serie di decreti-legge da convertire e poco più!
Ricordo, ad esempio, che la scorsa legislatura, quando ero senatore, sono stato relatore della legge n. 3 del 2003, il collegato al disegno di legge finanziaria in materia di pubblica amministrazione. Anche se non si sono più visti disegni di legge di questo genere, vorrei evidenziare che il collegato sulla pubblica amministrazione era un provvedimento che interessava settori molto diversi tra loro; peraltro, segnalo che, da grande fumatore, ho dovuto occuparmi anche dell'emendamento antifumo!
Nonostante ciò, si sapeva che venivano toccati, espressamente, alcuni settori della pubblica amministrazione: perché non è possibile riproporre, allora, provvedimenti di questo genere? Oltretutto, trattandosi di disegni di legge collegati alla legge finanziaria, avevano anche l'esigenza di un'adeguata copertura finanziaria: tale copertura, infatti, si rende necessaria anche per provvedimenti cosiddetti «milleproroghe».
Vorrei rilevare che la Commissione bilancio non può far passare norme, come quelle contenute in questi decreti-legge «milleproroghe», che siano sprovviste di copertura finanziaria. Non ho ancora letto il parere espresso dalla V Commissione, tuttavia ho l'impressione che qualcuna delle proposte emendative presentate sia priva di copertura.
La questione degli emendamenti, inoltre, è estremamente delicata. Infatti, come hanno ricordato i colleghi Franco Russo e Zaccaria, la «zavorra» arriva al momento dell'esame delle proposte emendative presentate, poiché si ritiene di poter introdurre, all'interno di un decreto-legge di proroga di termini, materie del tutto estranee, nonché normative di tutti i tipi e di tutti i generi!
Attenzione, pero! Tale atteggiamento, infatti, viene indotto dallo stesso Governo nel momento in cui, all'interno del decreto-legge di proroga di termini, inserisce disposizioni che non hanno niente a che vedere con le proroghe, come ad esempio quelle in materia di occupazione d'urgenza. Come ricordavo, vi sono diverse disposizioni di questo genere: pertanto, il singolo parlamentare può ritenere che, se vi sono inserite norme «di diritto sostanziale» e non di diritto «prorogatorio», anche egli può presentare proposte emendative di questo tipo, concernenti le materie che gli interessano.
In questo caso, tuttavia, ci troviamo in presenza di un altro limite: mi riferisco alla pertinenza con il contenuto del decreto-legge. Infatti, se il Governo ha sbagliato ed ha introdotto nel provvedimento in esame, intitolato «Proroga di termini previsti da disposizioni legislative», disposizioni che, impropriamente, abbiamo definito «sostanziali», vi è l'esigenza che almeno le proposte emendative rientrino nell'ambito di tali disposizioni. In caso contrario, si rischia di perdere il controllo dei decreti-legge, come quello in esame, i quali diventerebbero «provvedimenti-arlecchino» nei quali chiunque può introdurre qualsiasi cosa!
Ritengo giusta, quindi, l'osservazione formulata dal collega Zaccaria in ordine ai regolamenti di Camera e Senato. Infatti, i criteri di ammissibilità devono essere rigorosi, perché non è possibile che il singolo deputato incontri limiti nella presentazione di proposte emendative, mentre unPag. 15senatore, al contrario, può presentare lo stesso emendamento e vederselo dichiarare ammissibile, in virtù di una maggiore «tolleranza» del regolamento del Senato.
I margini di ammissibilità per i senatori non sono poi molto più ampi; tuttavia la differenza rispetto al Senato sussiste, creando una sperequazione tra parlamentari. Pertanto, bisognerebbe finalmente riuscire a pervenire a giudizi di ammissibilità delle proposte emendative del tutto omogenei tra i due rami del Parlamento.
Ricordo che, nella trattazione del provvedimento in sede referente, sono state evitate «sfasature» di non poco conto. Nel decreto-legge, ad esempio, era originariamente contenuta una disposizione in materia di comunicazioni. Si trattava di una previsione «curiosa»: poiché era stato espresso dal Consiglio di Stato un parere contrario, con tale disposizione era stata prevista la soluzione più «all'italiana» possibile, poiché aboliva la necessità di richiedere tale parere!
La relatrice ha fatto in modo che questa norma non fosse più nel testo, anche perché era una norma con cui si andava ad incidere con fonte legislativa su norme regolamentari, ma soprattutto essa presentava una carenza più sul piano dell'aggiustamento di una situazione, e non mi pare che ciò facesse onore al legislatore.
Un altro punto sul quale nutro fortissime perplessità - ed avrò il piacere di verificare, con la replica della relatrice, la portata di quanto sto dicendo - è l'articolo 6, comma 8. Vi sono 80 milioni di euro collegati ad un fondo per misure di accompagnamento delle riforme dell'autotrasporto di merci e per lo sviluppo della logistica, contenuto nella finanziaria per il 2006; si tratta, quindi, di una norma recente, adottata dal Governo precedente ed approvata dal Parlamento precedente. Ora si dice: fissiamo un termine perentorio al 30 marzo del 2007. Se entro tale termine perentorio non viene emanato il regolamento, le suddette risorse devono essere destinate interamente alla riduzione dei premi INAIL per i dipendenti delle imprese di autotrasporto conto terzi. Si tratta, quindi, di una finalità del tutto diversa da quella originaria. Mi chiedo, dunque: ma gli autotrasportatori che avevano beneficiato di tale provvedimento per le misure di accompagnamento, per la riforma dell'autotrasporto di merci e per lo sviluppo della logistica, cosa pensano di questa novità? Soprattutto, cosa possiamo pensare noi del fatto che il termine del 30 marzo sia correlato alla volontà del ministro? Quando ho letto la norma ho pensato che vi sarebbe stata qualche authority che bisognava stimolare affinché emanasse il citato regolamento. Invece, vi è un ministro, credo quello delle infrastrutture o quello dei trasporti, che deve sua sponte emanare entro il 30 marzo - come si è detto, il termine è perentorio - il regolamento. Ma ciò significa che si è già d'accordo con il ministro stesso affinché egli non lo faccia; di talché le citate risorse, che avevano una destinazione certa, vanno ad altra destinazione. Non so, potrebbe anche darsi che si tratti di una destinazione migliore, ma certamente ciò mi sembra di nuovo un artifizio all'italiana per non mutare poste di bilancio, ma per porre in essere una strumentazione che lascia fortemente perplessi.
Rilevo un altro aspetto: la previsione di provvidenze ex articolo 18 del testo unico Turco-Napolitano, come integrato dalla legge Bossi-Fini, che prevede determinate provvidenze per gli extracomunitari che vivono alcune situazioni che possono causare loro gravi pericoli. Si dice, nella relazione di accompagnamento al decreto-legge, che poiché i bulgari ed i rumeni sono diventati cittadini comunitari e pertanto non hanno più bisogno del permesso di soggiorno, e la norma citata prevede determinate tutele solo per coloro che hanno il permesso di soggiorno - si tratta, quindi, di extracomunitari -, temendo che i bulgari ed i rumeni possano trovarsi in situazioni di delicatezza, si estende loro la ricordata norma.
A seguito dell'estensione dell'ambito di applicazione della norma, il Comitato per la legislazione, ed anche noi dell'opposizione, rileviamo che, evidentemente, anzichéPag. 16dettare una disposizione a sé, bisognerebbe integrare il testo della cosiddetta legge Bossi-Fini.
Onorevole relatrice, la predetta legge è correttamente riformata, ma il risultato finale lascia perplessi. Infatti, l'articolo 6, comma 4, del provvedimento in esame stabilisce: «Le disposizioni del presente articolo si applicano, in quanto compatibili, anche ai cittadini di Stati membri dell'Unione europea che si trovano in una situazione di gravità ed attualità di pericolo». In sostanza, la normativa di tutela degli extracomunitari, ispirata a logiche particolari che attengono al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione, viene estesa a tutti i cittadini dell'Unione europea, in quanto la norma citata non fa riferimento soltanto a rumeni e bulgari, ma anche a francesi, spagnoli, tedeschi, e via dicendo.
Quindi, in un provvedimento che potremmo definire «cento proroghe» (non «mille proroghe», perché non è così gigantesco) vengono introdotte norme sostanziali che, pur con tutta la buona volontà, dovrebbero costituire oggetto di leggi ordinarie.
A tale proposito, desidero rimarcare, in chiusura del mio intervento, che non dobbiamo avere paura delle leggi ordinarie, indipendentemente dal fatto che la relativa iniziativa sia del Governo ovvero di parlamentari. L'esperienza indica che, quando un parlamentare deposita una proposta di legge, ha la quasi certezza che essa non diventerà mai legge (in tal modo, però, il Parlamento abdica al suo ruolo e svilisce il lavoro serio dei parlamentari), mentre, quando il Governo vuole intervenire sull'immigrazione o sull'indennità di occupazione e l'accessione invertita, quando vuole agire sulle poste di bilancio modificandone alcune (mi viene in mente quella sul made in Italy, ispirata, a seguito della legge sul cosiddetto spacchettamento, proprio alla logica dello spostamento delle poste di bilancio), lo fa.
La materia è talmente importante da avermi indotto a presentare un emendamento in Commissione, che non ho ripresentato in Assemblea. Certo, ci vuole anche comprensione - non si può avere una visione troppo rigida -, ma i discorsi che hanno fatto il collega Franco Russo, presidente del Comitato per la legislazione, ed il professor Zaccaria, capogruppo dei DS in I Commissione - ai quali sono da aggiungere i richiami del sottoscritto, capogruppo di Forza Italia in I Commissione -, vanno ripetuti sempre. Più specificamente, essi servono a far migliorare non soltanto il prodotto legislativo, ma anche la rappresentatività parlamentare: se i parlamentari sono ridotti a persone che, in certi momenti delicati, vengono ad esprimere il voto e, d'altra parte, hanno pochissime possibilità di introdurre modifiche o novità legislative, la rappresentatività parlamentare scade, ed i parlamentari medesimi non sono più «mandatari» del popolo, ma quasi funzionari di partito. Guai se il parlamentare diventasse un funzionario di partito!
Le parole che abbiamo pronunciato in questa sede, che sono state ascoltate dal sottosegretario e dal Presidente - ed io li ringrazio per questo -, non sono inutili, anche se non c'è un uditorio ampio (che, del resto, nessuno di noi voleva).
La nostra conclusione è che il provvedimento in discussione verrà considerato, anche in termini di voto, alla fine del suo esame, allorché vedremo quali saranno le logiche di ammissibilità e se, alla fine, vi sarà la sommersione di emendamenti da parte dei colleghi, e soprattutto da parte del Governo. È certo infatti che, se il Governo, come ha già fatto con la reazione poi intervenuta del presidente della I Commissione, introdurrà elementi di disturbo, quali ad esempio le proroghe di deleghe, o inizierà a presentare - come leggevo oggi su Il Sole 24 ore - emendamenti sulla sanità o emendamenti diversi per ogni Ministero, il presente cento proroghe diventerà non solo un «omnibus» ma un provvedimento fortemente «scassato» - chiedo scusa per il termine - sul piano dell'aderenza alle logiche legislative, che, alla fine, sarà solo uno dei tanti provvedimenti illeggibili, di cui, se ve ne sono stati, sarebbe bene non ripetere l'esperienza!
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Morrone. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE MORRONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi e onorevoli colleghe, vorrei intanto complimentarmi con la relatrice per l'ottimo lavoro svolto in Commissione e anche per la relazione qui presentata.
Oggi siamo chiamati a discutere della legge di conversione del decreto-legge contenente anche una proroga di termini previsti da disposizioni legislative, definita «mille proroghe», ma che avremmo dovuto definire di «venti o trenta proroghe».
Nell'ambito del dibattito fin qui svolto in aula, a parte il discorso sulle milleproroghe, il collega che mi ha preceduto ha posto una serie di problematiche che mi hanno fatto molto riflettere e che debbono far riflettere tutti. Egli ha posto l'accento sulle modifiche (credo che questa maggioranza se ne stia già occupando) all'iter della legge finanziaria, nella quale ormai si introduce - e si tratta di una vera e propria metodologia - di tutto e di più. Ed anche in riferimento al provvedimento contenente le mille proroghe, anch'esso va modificato perché svuota di sostanza la legislazione ordinaria: non potendo avere con quest'ultima esiti veloci, si ricorre ad introdurre un po' di tutti con questo altro tipo di provvedimento.
Dalle parole del collega e anche da quelle di altri che mi hanno preceduto - io non faccio parte della I Commissione - mi è sembrato che si tratti di un provvedimento che contiene elementi positivi. Inoltre, come tutti sappiamo, presso la Camera dei deputati vi è il Comitato per la legislazione (organo che invece non è presente al Senato), che porta talune novità, che è migliorativo - come diceva il collega - e che reca un alto tasso di rispetto delle norme. È quindi un provvedimento che non va considerato in modo negativo. Certamente, nessuno di noi è contento di approvare provvedimenti come questi che costituiscono una strozzatura del processo legislativo. Intanto, occorre dire che vi sono alcuni provvedimenti urgenti e poi, anche, che il precedente Governo ha approvato tanti provvedimenti di questo genere all'interno dei quali ha inserito di tutto e di più.
Vorrei dire inoltre che questa maggioranza, questo Governo, la nostra I Commissione nel suo insieme, il presidente e la relatrice hanno contribuito ad un cambiamento, attraverso un notevole sforzo - che è stato fatto rilevare in sede di I Commissione - per omogeneizzare il contenuto del decreto-legge presentato dal Governo, cercando soprattutto di razionalizzare una materia così articolata, quale quella della proroga dei termini.
Abbiamo dato un contributo come partito e come gruppo parlamentare, Popolari-Udeur, arricchendo il testo con alcuni emendamenti, come, ad esempio, quello relativo a misure per la ricostruzione dopo il terremoto nella valle del Belice.
Vorrei citare alcuni elementi importanti contenuti in questo decreto-legge i quali, a mio giudizio, evidenziano un cambiamento, una innovazione che vorrei far rilevare, anche soltanto attraverso alcune brevi considerazioni, dal momento che la relatrice è stata molto brava e poco abbiamo da aggiungere a quanto ha illustrato.
Tra gli elementi che intendo sottolineare vi sono le disposizioni, che condivido pienamente, relative al rinvio al 31 maggio 2007 del termine per la adozione, da parte della pubblica amministrazione, dei regolamenti sul trattamento dei dati sensibili e giudiziari, e alla proroga di un anno per le denunce relative ai pozzi.
Inoltre, il provvedimento in esame, denominato «mille proroghe» ma, in realtà, costituito soltanto da sette articoli e trenta commi, contiene alcune novità per il settore dell'agricoltura, tra cui l'ampliamento dei poteri del commissario straordinario per la BSE a tutte le emergenze del settore zootecnico, la previsione di proroghe per l'iscrizione nel registro dei fertilizzanti e la proroga del termine per l'iscrizione alla banca dati nazionale degli operatori del settore ortofrutticolo. Come vedete, si tratta di innovazioni.
Per quanto riguarda le professioni, è stato prorogato fino al 2007 il periodo nelPag. 18quale chi ha conseguito una laurea ai sensi del precedente ordinamento è ammesso sostenere gli esami di Stato.
Inoltre, sarà prorogato fino al 31 maggio il termine per individuare le commissioni, i comitati e gli altri organismi delle pubbliche amministrazioni da considerare ancora operanti e, quindi, sottratti alla soppressione automatica prevista dal decreto Bersani.
Per quanto riguarda il settore ambientale, è prevista la proroga al 31 luglio 2007 dell'entrata in vigore della parte seconda del codice dell'ambiente. Anche la riforma di questa normativa, per la sua complessità e per le rilevanti implicazioni con il diritto comunitario, richiede attenta ponderazione e adeguati lavori tecnici da parte del comitato di studio per la revisione del codice.
Anche le disposizioni relative al problema dei medicinali non recanti iscrizioni in caratteri braille costituiscono innovazioni molto importanti e sicuramente non sono norme volte a disporre proroghe.
Nella mia qualità di tecnico, inoltre, ho condiviso pienamente le novità relative al completamento degli interventi infrastrutturali necessari per facilitare la viabilità tra Italia e Francia. In pratica, si assicura il completamento degli interventi stradali di grande attraversamento viario previsti dalla convenzione stipulata tra Italia e Francia per i quali sia stato già approvato il progetto preliminare. Come ripeto, quindi, il provvedimento prevede interventi di varia natura e non soltanto proroghe.
Per concludere, anche se, in generale, non siamo favorevoli alle proroghe ed ai decreti-legge, che dovrebbero avere carattere di eccezionalità (in seguito, cercheremo di presentare una proposta di legge che ne limiti gli ambiti di applicabilità), esprimeremo con convinzione un voto favorevole su questo disegno di legge di conversione perché riteniamo che il lavoro svolto dal Governo e dalla Commissione sia apprezzabile sotto ogni aspetto.
PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Montani, iscritto a parlare: s'intende che vi abbia rinunziato.
È iscritto a parlare l'onorevole Misiti. Ne ha facoltà.
AURELIO SALVATORE MISITI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, anch'io ringrazio, a nome del gruppo di Italia dei Valori, la Commissione, il Comitato per la legislazione e, in particolare, la relatrice, per il lavoro svolto e per essere riusciti a contenere al massimo il numero di articoli e di commi aggiuntivi rispetto a quanto previsto inizialmente per questo provvedimento.
Nel corso degli interventi precedenti e, in particolare, in quelli del professor Zaccaria, dell'onorevole Franco Russo, della stessa relatrice e del rappresentante di Forza Italia, onorevole Boscetto, si è lamentato il fatto che non si ricorre più a leggi ordinarie, ma a questo tipo di interventi legislativi che limitano di molto la possibilità di proposta sia per gli organi competenti, sia per gli stessi deputati.
È chiaro che è una questione che va affrontata, ma credo che dipenda molto da una questione di ordine più generale: ritengo che siamo in un Parlamento che evidentemente va riformato, per la qual cosa è necessario provvedere rapidamente perché, più il tempo passa e più si va un verso una legislazione a forza di decreti, in quanto i tempi di gestione delle proposte legislative (siano esse di tipo parlamentare o provenienti dal Governo), non corrispondono più alla realtà del paese.
Abbiamo quindi un Parlamento che si allontana dalle necessità del paese e quindi deve necessariamente ricorrere a strumenti che non sono abituali, deve ricorrere a strumenti eccezionali come sono i decreti-legge ed a norme di questo tipo, ovvero norme di proroga. Ogni anno ormai si fa questo decreto. Una volta si chiamava mille proroghe.
Si è tentato con grande buona volontà di ridurlo al minimo, ma certamente qualcosa già è stato inserito: io credo che si tenterà di inserire molti altri argomenti nel prosieguo della discussione, nella discussione degli emendamenti.
Lo stesso Franco Russo, se ho ben capito, ha preannunciato un emendamentoPag. 19in cui ci sarebbe la salvaguardia del posto di alcuni dipendenti del Poligrafico dello Stato.
Se ognuno di noi inserisse emendamenti di questo genere, è chiaro che si porrebbe un problema certamente di copertura, e anche di approfondimento delle questioni affrontate in questo decreto-legge.
L'esame della I Commissione, come giustamente rilevavano i colleghi intervenuti prima di me, non sono esaustivi dal punto di vista dei contenuti, ma guardano soprattutto il profilo costituzionale, nonché altri aspetti. Zaccaria definiva infatti questo provvedimento una «finanziaria dei poveri», ma la «finanziaria dei ricchi» è passata per l'esame in Commissione bilancio; la «finanziaria dei poveri» è passata esclusivamente in I Commissione, e quindi non si sono valutate le conseguenze finanziarie.
I contenuti del provvedimento al nostro esame, anche quelli che non corrispondono al titolo, «Proroga di termini previsti da disposizioni legislative», sono certamente comprensibili ed è giusto portarli avanti; alcuni di questi però, per quanto riguarda il merito, forse dovrebbero essere discussi approfonditamente.
Sono stato ad esempio attirato da alcuni commi che tendevano a proroghe assolutamente giustificate. Mi riferisco, per esempio all'articolo 1, comma 1 e comma 2, che riguardano la sanità.
Penso che siano disposizioni assolutamente da condividere. E vi sono tanti altri commi che riguardano provvedimenti effettivamente urgenti, come anche l'articolo 6, comma 4, che estende ai cittadini dell'Unione europea la possibilità di usufruire del Programma di protezione sociale per gli stranieri vittime di violenze e di sfruttamento, di cui all'articolo 18 del Testo unico sull'immigrazione. Queste e altre disposizioni troveranno la possibilità di essere approvate in tempi ragionevoli in luogo di una modifica della Bossi-Fini, perché chiaramente in questo caso si tratterebbe di modifiche di legge che richiedono moltissimo tempo. Quindi, io sarei favorevole a non aggiungere molti emendamenti.
Forse l'articolo 5, comma 2, richiamato anche dal collega che mi ha preceduto, che proroga l'entrata in vigore della parte seconda del Codice ambientale, troverà una necessaria conseguenza, in quanto è legato strettamente al Codice degli appalti. Una parte di questo Codice ambientale è collegata al Codice degli appalti, quindi sarà necessario inserire certamente un'altra disposizione di correlazione (la inserirà certamente il Governo), con questo provvedimento o con altro provvedimento successivo.
Tuttavia, nel merito, vorrei dare il mio contributo per quanto riguarda un altro comma dell'articolo 1, che ritengo importante; mi riferisco al comma 5 all'articolo 1, che dispone che in attesa del riordino del Consiglio nazionale delle ricerche i direttori degli istituti dell'Ente restano in carica fino al 30 giugno 2007, sospendendo sino a tale data le procedure concorsuali destinate al rinnovo dei predetti incarichi. È chiaro che in questo caso non si tratta di proroga di termini previsti da disposizioni legislative; siamo di fronte ad un caso completamente diverso rispetto a tutti gli altri commi, in quanto si interviene su una procedura concorsuale in atto. Su questo credo che tutti noi dobbiamo riflettere perché la proroga annunciata dal comma 5 fa riferimento ad un provvedimento che non è di tipo legislativo, bensì compete al consiglio di amministrazione del CNR, che tra l'altro ha già deliberato di spostare al 30 giugno 2007 la scadenza di tali incarichi (cioè, quando il Consiglio dei ministri ha varato questo decreto-legge, il 28 dicembre 2006, il consiglio di amministrazione del CNR aveva già deciso tale proroga). Però, con questa norma alla proroga si aggiunge il blocco, fino a tale data, delle procedure concorsuali destinate al rinnovo degli incarichi. Questo è un fatto che sembrerebbe secondario ed invece si interviene su una procedura concorsuale già iniziata, con un impatto assolutamente negativo anche sulla credibilità del CNR. Pensate che inPag. 20ogni legislatura si vuole riformare il CNR, perché questo ormai non funziona quasi più; è degradato completamente e non svolge più la sua funzione come un tempo. Però, man mano che si va avanti, proprio la mancanza di stabilità porta ad una riduzione della sua capacità attuativa dei fini previsti dal proprio statuto.
Ed allora non si capisce perché noi dovremmo sospendere le procedure concorsuali. Bisogna stare attenti, perché questa sospensione dei concorsi in itinere potrebbe essere scambiata quasi per una norma ad personam. Dunque, non vedo la necessità di questo blocco dei concorsi, in attesa di un riordino che peraltro non è previsto in alcuna norma. Il decreto legislativo n. 127 del 2003 dispone il riordino del CNR e quindi il nuovo riordino sarà un provvedimento della nuova maggioranza; non metto in dubbio che potrebbe essere migliore di quello precedente. Ma bloccare i concorsi in attesa di un ipotetico riordino, secondo me, è un fatto estremamente negativo, perché pregiudica la funzionalità del CNR - come tanti altri provvedimenti già in passato ne avevano pregiudicato la funzionalità - e blocca il cambiamento che è in atto. Voi sapete che la riforma del CNR è stata avviata circa tre anni fa, ora è in corso e si dovrebbe concludere nel giro di altri tre o quattro anni. È chiaro che interrompere tale cambiamento a metà ci fa tornare punto a capo, con lo scoraggiamento dei ricercatori e quant'altro. Tale misura impedisce inoltre già da adesso un immediato ricambio della direzione degli istituti. Molti istituti sono diretti dalle stesse persone da circa trent'anni, perché se è vero che il regolamento stabilisce che due mandati non possono essere superati questo regolamento viene però aggirato cambiando la denominazione delle strutture, e così si fanno 3, 4, 5 mandati. Non solo: ci sarebbe una mancanza di ricambio anche per età. Sapete che i ricercatori devono essere giovani, con visioni ampie, ma trenta su ottanta direttori di istituti prorogati continuano ad avvalersi di un meccanismo di deroga alle norme che obbligano i professori universitari a mettersi in aspettativa; quindi, sussiste la possibilità di portare persone di età molto avanzata a dirigere ancora strutture di ricerca che, invece, richiederebbe innovazione (alcuni hanno superato i 75 e qualcun altro addirittura i 79 anni). Quindi, bloccare tutto ciò e non puntare subito al cambiamento, che non contrasterebbe affatto con le possibilità di riordino e di riforma, non può essere considerato in questa misura. Credo che avesse ragione l'onorevole Zaccaria quando diceva che la I Commissione non può esaminare tutto nel merito, non avendone la competenza; invece, bisognerebbe avviare i dibattiti e la formazione delle leggi passando anche per le Commissioni specifiche perché non vedo come la I Commissione, al di là del profilo costituzionale della materia, possa entrare nel merito della conduzione degli istituti del CNR senza tenersi su una genericità che, poi, porta all'accoglienza di un comma come questo.
Credo che si potrebbe benissimo fare a meno della parte del comma che riguarda la sospensione dei concorsi in itinere per permettere ai giovani professori e ricercatori di dirigere questi istituti, che sono indispensabili per lo sviluppo della ricerca e per il trasferimento della ricerca di base a quella applicata, ai servizi e alla produzione. Questo esempio voleva appoggiare gli interventi dei rappresentanti della maggioranza e, in fondo, anche quello dell'opposizione.
Credo che questo decreto-legge, così come ci è stato presentato (e speriamo che non venga stravolto), abbia molti elementi positivi, salvo qualche piccola modifica che si potrebbe ancora fare. Ritengo che la linea intrapresa con questo decreto-legge vada incoraggiata, cioè la riduzione del numero delle proroghe, il contenimento nei limiti delle proroghe di provvedimenti legislativi, la non accettazione di ulteriori emendamenti che costano e che, probabilmente, potrebbero portare ad una finanziaria dei poveri, come diceva l'onorevole Zaccaria.
Credo che vada appoggiato lo sforzo del Comitato per la legislazione, della Commissione, della relatrice e spero del Governo,Pag. 21che dovrebbe caratterizzarsi per l'intento di non inserire numerosi altri emendamenti durante la discussione alla Camera perché in questo modo favoriremmo l'introduzione anche di quelli che potrebbero interessare al Senato. Sono anch'io dell'avviso che le norme regolamentari del Senato e della Camera, nonostante l'autonomia dei due istituti, debbano in qualche modo corrispondere, per evitare la difficoltà del bicameralismo perfetto. Quindi, mi sembra eccessivo avere, prima della riforma, una Camera i cui membri abbiano più potere dell'altra.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Marinello. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ci troviamo in sede di discussione sulle linee generali per la conversione in legge di un decreto-legge recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative. A dir la verità, provvedimenti di questo genere ricorrono spesso da alcune legislature - ritengo da circa un decennio - con una loro obiettiva frequenza, indipendentemente dalla guida politica e anche dalla maggioranza di Governo. Pertanto, non mi scandalizza assolutamente che si incardinino provvedimenti di questo genere - che spesso sono resi necessari per una serie di evidenti storture del funzionamento del nostro sistema, della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica - perché, di fronte ad una serie di urgenze e di emergenze, talvolta si è costretti a ricorrere a tali strumenti.
Tuttavia, occorre svolgere una serie di osservazioni in quanto, nel merito della questione, vi sono alcuni aspetti da sottolineare.
Un provvedimento del genere non può ovviamente essere omogeneo per natura, perché l'unica omogeneità che occorre ricercare in un testo di questo tipo è costituita dal fatto che esistono termini che devono essere prorogati. Ciò costituisce quel filo conduttore che, a nostro avviso, dà ragione anche dal punto di vista costituzionale all'essenza stessa del provvedimento.
Tale presupposto, nel testo in esame, viene rispettato solo parzialmente, in quanto vi sono una serie di norme che non rispettano questi canoni; mi riferisco, in particolare, al comma 3 dell'articolo 3 e al comma 4 dell'articolo 6. Ciò è stato sottolineato anche da colleghi non appartenenti alla mia parte politica in quanto, evidentemente, le norme riguardanti le procedure espropriative nonché l'ambito di applicazione del programma di protezione sociale per gli stranieri costituiscono temi che non avrebbero dovuto essere inseriti in un provvedimento di questo genere.
Tra l'altro, il presente disegno di legge entra nel merito di una serie di questioni già affrontate in sede di approvazione della legge finanziaria. Ciò a nostro avviso costituisce un cattivo vezzo del nostro sistema, perché entrare nel merito di alcuni provvedimenti legislativi, a volte ancor prima che questi siano produttivi di effetti, rappresenta qualcosa che ci deve far riflettere.
D'altronde, basta leggere il parere del Comitato per la legislazione per notare come tali aspetti siano già stati sottolineati. Tuttavia - mi sia consentita una notazione di carattere politico - ho forti dubbi che in questa legislatura e con questa maggioranza tale sistema possa essere modificato. Infatti, già in sede di esame della legge finanziaria la confusione è stata sovrana, come è stato dimostrato dai 1.200 commi costituenti il maxiemendamento poi divenuto il testo definitivo della suddetta legge.
Tra l'altro, proprio la scorsa settimana, diverse questioni contenute nella legge finanziaria sono divenute motivo di polemica tra esponenti della maggioranza e il Governo. Cito un caso fra tutti: la nota lettera aperta scritta dal ministro De Castro e rivolta al Presidente del Consiglio, Prodi, nella quale si richiama l'attenzione sull'esistenza di alcuni conflitti di competenza tra il proprio ministero e quello dell'ambiente. Ciò denota una vostra contraddittorietà di natura politica nonché una vostra difficoltà ad incedere ed andare avanti.Pag. 22
Intendo ora, tornando al merito del provvedimento, sottolineare alcuni aspetti inerenti la materia di competenza della Commissione agricoltura, della quale faccio parte.
All'articolo 2, vi sono alcune norme di buon senso meritevoli di attenzione, che, tra l'altro, anche noi abbiamo sollecitato in sede di confronto con il Governo e con il ministro De Castro. A nostro avviso, però, avrebbe potuto essere fatto di più e meglio.
Cito rapidamente alcuni dati. Ad esempio, all'articolo 2, comma 2, non convince la proroga, sic et simpliciter, dell'iscrizione degli operatori del settore ortofrutticolo, perché è una norma, che è stata scritta in maniera assolutamente semplicistica, contenendo in sé una contraddittorietà con la norma di riferimento europea e con le esigenze del mercato e che, dunque, potrebbe condurre ad un rischio gravissimo per l'intera filiera, portandola fuori dal mercato e creando grosse difficoltà al confronto ed alla concorrenza. Tutto ciò penalizza ancora una volta il settore ed il sistema agroalimentare italiano.
Un altro aspetto che avrebbe dovuto essere modificato e migliorato riguarda il comma 3 dell'articolo 2, in particolare le norme concernenti il pagamento dei contributi a fini previdenziali ed assistenziali da parte degli allevatori avicoli e dell'intera filiera. Ci si riferisce alla crisi del settore avicolo. A nostro avviso, vi sono aspetti che avrebbero dovuto essere risolti in maniera diversa, tra cui, in primo luogo, i termini della proroga. Per il settore non è bastevole una proroga al 30 giugno 2007. La proposta proveniente dalle associazioni di categoria era di concedere una proroga di termini più elevata, addirittura fino al 31 dicembre 2007. Inoltre, la norma è contraddittoria e non chiarisce assolutamente se per il differimento siano dovuti interessi di dilazione nella misura degli interessi legali e, in aggiunta, in caso affermativo, non è prevista alcuna copertura finanziaria. È una difficoltà che l'Assemblea dovrà risolvere. Facciamo appello alla sensibilità ed all'intelligenza del relatore e del Governo per affrontare la questione ed eventualmente predisporre la copertura finanziaria.
Un'altra questione che non convince è l'estensione dei compiti del Commissario straordinario per la BSE. Intanto - si tratta di un caso tipico - essa non rientrava assolutamente nelle competenze della proroga dei termini. Prorogare al 31 dicembre 2007 i compiti del Commissario per l'emergenza BSE rientra certamente nella proroga dei termini, ma estendere le competenze ad altre situazioni avrebbe dovuto comportare la presentazione di un provvedimento di natura diversa. Non siamo di per sé contrari al fatto che una sola figura (che faccia riferimento, come il Commissario per la BSE, non soltanto ai ministeri di riferimento, ma anche alla Presidenza del Consiglio) possa occuparsi di altre questioni, come ad esempio le influenze aviarie o la blue tongue, ma, poiché si tratta, di questioni delicate ed importantissime, esse avrebbero dovuto essere affrontate in provvedimenti di altra natura, per cui nell'esame in Commissione e nel dibattito parlamentare sarebbe stato possibile entrare nel merito della questioni definendone con maggiore pregnanza gli ambiti.
Sono alcuni esempi di ciò che avrebbe potuto essere compiuto e non è stato realizzato. Aggiungo ulteriori aspetti, come quello da noi sollevato in sede di esame del provvedimento da parte della Commissione XIII, che compongono la condizione del parere. Mi appello anche alla Presidenza del Consiglio. Se emendamenti approvati nella Commissione I, che oggi sono parte del provvedimento, non saranno esaminati alla luce di tali condizioni, per l'iter del provvedimento si porranno alcune questioni. In particolare, con le parti riguardanti l'articolo 6, commi 8-sexies e 8-septies, si entra in una questione delicata con rischi notevoli per gli allevatori italiani, che verrebbero estromessi dalle logiche del mercato e penalizzati nella propria gestione aziendale.
A nostro avviso ci sono, invece, altre questioni che avrebbero dovuto essere affrontate da questo provvedimento. Lo abbiamoPag. 23già segnalato in Commissione e le osservazioni formulate, tra l'altro, fanno parte di un corposo gruppo di emendamenti da noi presentati. Mi riferisco, anzitutto, a tutte le questioni in materia di pesca. Coma abbiamo detto diverse volte, dobbiamo denunziare che c'è un'assoluta disattenzione della maggioranza, del Governo e - perché no? - anche del ministro competente nei riguardi di uno dei settori fondamentali del sistema agroalimentare italiano, quello della pesca che, voglio ricordarlo, ha una grande tradizione e che, in un paese come il nostro, dove si contano centinaia di marinerie, tra piccole e grandi, fa parte non soltanto del nostro sistema economico, ma anche della nostra tradizione. La disattenzione è grande e, guarda caso, in un provvedimento di proroga dei termini, non è affrontata alcuna questione attinente la pesca; ad esempio, una norma avrebbe potuto riguardare la proroga dei termini dell'assunzione degli oneri economici relativi alla gestione delle blue box.
Ci tengo a rilevare un aspetto ancora più importante per sottolineare la differenza dell'approccio politico tra la nostra e la vostra parte politica. L'anno scorso, proprio nel mese di gennaio, nel decreto n. 2 del 2006, poi convertito in legge in marzo, avevamo posto una questione importantissima di giustizia che dava, tra l'altro, una marcia in più al settore ittico italiano, ovvero l'introduzione di un nuovo sistema di compensazione dell'IVA sulla pesca. Allora, quindi, approvammo una legge con una copertura finanziaria, una legge dunque dello Stato, che - c'è solo un piccolo particolare - la vostra maggioranza non ha mai attuato. Ci sono stati una serie di ritardi nei rapporti e negli adempimenti che il Ministero delle politiche agricole, competente per settore, ed il Ministero dell'economia e finanze avrebbero dovuto attuare. Abbiamo dichiarato questo fatto più volte nei confronti con il ministro, in Commissione, ed abbiamo presentato atti di sindacato ispettivo al riguardo. Ci sono risposte del vostro Governo sulla questione che, pur plaudendo le iniziative, non hanno sortito alcun effetto. Ci era stato promesso da parte del vostro Governo e della vostra maggioranza che la questione sarebbe stata affrontata in sede di legge finanziaria. Non lo avete fatto e il risultato è che questa nostra innovazione è stata bloccata e, addirittura, si corre il rischio della perenzione delle somme e che quelle da noi impegnate per il 2006 rientrino probabilmente sotto l'egida della Ragioneria Generale dello Stato. Questa era una proroga importantissima che avrebbe dovuto essere posta. Diamo atto che anche i colleghi della maggioranza in Commissione hanno sposato la nostra tesi, che fa parte non solo delle proposte del relatore della Commissione, ma anche del parere.
Noi vi aspetteremo qui in aula alla prova dei fatti. Abbiamo presentato emendamenti e cercheremo di capire se vi sia e quale sia la vostra volontà. Questi sono i motivi che ci portano ad esaminare in maniera assolutamente laica - scusatemi il termine - il provvedimento. Come ho detto in premessa, vi sono alcuni elementi condivisibili, ma ce ne sono tanti altri che non ci convincono (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 2114-A)
PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore rinunzia alla replica.
Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.
GIAMPAOLO VITTORIO D'ANDREA, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, svolgerò pochissime considerazioni al termine della discussione generale, ringraziando, in particolare, l'onorevole relatrice per le osservazioni puntuali che ha voluto rappresentare in quest'aula e tutti gli intervenuti per la costruttività dei loro interventi e la disponibilitàPag. 24ad un confronto teso a risolvere le numerose questioni di ordine procedurale e metodologico e quelle di merito, che sono connesse alla conversione in legge di questo decreto.
In particolare, desidero sottolineare che i tempi ristretti seguiti dalla I Commissione per l'esame del provvedimento non hanno consentito al Governo di esercitare il suo potere emendativo, sicché abbiamo ora presentato all'attenzione dell'Assemblea una serie di proposte emendative serie, invero limitata, come limitato - peraltro, lo si è riconosciuto da più parti - è stato il novero delle materie oggetto delle proroghe e di altri interventi urgenti. In questa direzione, giustamente, si collocava anche l'invito venuto dall'onorevole Boscetto a proposito del titolo di questo decreto.
In ogni caso, siamo disponibili ad utilizzare la sede del Comitato dei nove della I Commissione per un'ulteriore valutazione degli emendamenti (peraltro di iniziativa sia parlamentare sia governativa), della loro coerenza procedurale con gli indirizzi per una migliore qualità della legislazione - ai quali si faceva riferimento e sui quali, poi, mi soffermerò brevemente - e della necessità di affrontare alcune emergenze di contenuto e di merito che, anche se non strettamente attinenti, nella forma, a disposizioni recanti proroga dei termini, il Parlamento potrebbe giudicare meritevoli di attenzione.
Al riguardo, e passando così alla seconda parte delle mie considerazioni, si dovrebbe adottare una procedura che potremmo definire di «ponte» tra un uso, per così dire, da «mille proroghe» di tali strumenti e, invece, un uso conforme agli indirizzi del Comitato per la legislazione.
È stato sollevato, sia dal presidente della Commissione sia dallo stesso presidente del Comitato per la legislazione - nonché, devo dire, da tutti i colleghi intervenuti nel dibattito - il tema fondamentale della qualità della legislazione. Ribadisco in questa sede quanto ebbi a dichiarare io stesso in sede di esame dei primi decreti di questa legislatura (decreti cui si è poc'anzi fatto riferimento) e quanto soprattutto dichiarò il ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, l'onorevole Chiti, in sede di audizione presso il Comitato per la legislazione, nonché quanto affermato più volte dal Governo in sede di accoglimento di numerosi ordini del giorno. Atti, questi ultimi, che, per l'appunto, direttamente o indirettamente, facevano riferimento alla necessità di un uso più appropriato e limitato dei decreti e di un uso più coerente degli strumenti di modifica e di aggiornamento, soprattutto con riferimento ai procedimenti di delega aperti, prorogabili o da riaprire (fattispecie invero molto diverse). In proposito, quindi, desidero ribadire la posizione del Governo, che è interessato, se possibile, al conseguimento, per così dire, di un patto per la qualità della legislazione con le due Camere.
In questa sede è stata sottolineata la diversità, organizzativa oltre che regolamentare, tra il Senato e la Camera dei deputati con riferimento, per esempio, alle procedure di esame dei decreti-legge e di ammissibilità delle relative proposte emendative. Ebbene, in questa materia sarebbe utilissimo un coordinamento tra le due Camere: finché siamo in un regime bicamerale e finché, in qualche modo, dobbiamo considerare fisiologico il ping pong tra i due rami in materia di decreti, gioverebbe a tutti, al Governo ed alle Camere, oltre che ai singoli parlamentari, una maggiore chiarezza, trasparenza e coerenza, anche di metodo e di procedura.
Ha fatto bene chi ha ricordato che questo tema è anche connesso con le problematiche della riforma della legge finanziaria di cui credo sia imminente la discussione - anzi me lo auguro -, in quanto dobbiamo porvi mano prima del Documento di programmazione economico-finanziaria. La scadenza di questo documento è la data entro la quale bisognerebbe avere la nuova articolazione normativa procedurale e regolamentare. Inoltre, il tema della utilizzazione dei decreti richiede che ogni altra legge o procedimento legislativo che possano indirettamentePag. 25far riferimento anche all'attuazione e all'iter della legge finanziaria siano realizzati parallelamente. Infatti, in questa materia, nel primo semestre di questo anno, potremmo mettere a punto, da un lato, criteri più certi di adozione e di esame dei provvedimenti d'urgenza e, dall'altro, criteri più certi di definizione, di esame e di approvazione dei provvedimenti legati alla manovra di bilancio e alla manovra finanziaria.
Su questo dobbiamo raccogliere in positivo un'offerta che fu fatta all'inizio della legislatura dal presidente della I Commissione affari costituzionali, cioè quella di aprire una riflessione più approfondita su questi temi. Intanto, in questa fase, dobbiamo sforzarci il più possibile di rendere questo decreto-legge tuttora all'esame parlamentare in minore contrasto con il percorso che - mi pare di aver capito - tutti concordemente intendiamo adottare per quel che riguarda l'utilizzazione a regime di questi strumenti.
Ciò non è facile, e chiudo con questa riflessione: per quel che riguarda ad esempio la proroga dei termini delle deleghe, sono presenti fattispecie molto varie per l'esercizio della delega conferita dal Parlamento. In quest'ultimo caso, molto spesso si tratta di proroghe che si riferiscono ad atti e a disegni di legge delega proposti ed approvati da maggioranze diverse da quelle che attualmente sorreggono il Governo. Rispetto a questi temi ci potremmo trovare nella contraddizione di lasciar scadere i termini della delega; in questo caso, si vanificherebbe tutto il percorso legislativo anche con riferimento al dispositivo presentato dalla maggioranza diversa che ha approvato la delega oppure ci si vedrebbe costretti a chiedere la riapertura del procedimento per poter rendere - com'è logico che sia in una democrazia parlamentare - il più simile possibile l'esercizio della delega alla linea di politica generale che il Governo si è impegnato ad adottare chiedendo il voto di fiducia in Parlamento.
È una delle materie delicate, sulle quali, anziché fare una discussione di carattere generale, come si sarebbe potuto fare, e alla luce della discontinuità assoluta rispetto a ciò che è accaduto, preferiamo esaminare le questioni ad una ad una, per cercare un consenso sulla procedura ed anche su una scelta di merito che sia coerente rispetto, da un lato, all'esigenza di salvaguardare la cosiddetta continuità amministrativa dello Stato, nonché la continuità legislativa del Parlamento, e, dall'altro lato, relativamente al diritto-dovere di un Governo di tenere fede agli impegni assunti con il Parlamento e, prima ancora, con gli elettori rispetto alle linee da proporre.
Detto questo, credo che dobbiamo fare uno sforzo di grande e buona volontà - e, in questo senso, apprezzo la disponibilità dei gruppi di maggioranza e di opposizione, comunicata attraverso gli oratori che sono intervenuti, anche nel corso dell'esame presso la I Commissione - affinché questo intento si realizzi. Confermo che il Governo non mancherà di assecondarlo e di concorrervi nella maniera migliore, evitando di utilizzare il Comitato dei nove come una sede meramente burocratica, ma facendone la sede effettiva di «direzione del traffico», ossia di selezione degli emendamenti e di valutazione della loro congruità rispetto agli obiettivi che intendiamo raggiungere.
Vi ringrazio ancora.
PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
Sospendo brevemente la seduta, che riprenderà con la discussione sulle linee generali delle mozioni in tema di famiglia.
La seduta, sospesa alle 16,15 è ripresa alle 16,30.
Discussione delle mozioni Volontè ed altri n. 1-00071, Bertolini ed altri 1-00073, Fabris ed altri 1-00075, Gasparri ed altri 1-00076, Maroni ed altri 1-00077 e Villetti ed altri 1-00078 in tema di famiglia.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni Volontè edPag. 26altri n. 1-00071
(Nuova formulazione), Bertolini ed altri 1-00073, Fabris ed altri 1-00075, Gasparri ed altri 1-00076, Maroni ed altri 1-00077 e Villetti ed altri 1-00078 in tema di famiglia (Vedi l'allegato A - Mozioni sezione 1).
Avverto che sono state, altresì, presentate le mozioni Bonelli ed altri n. 1-00080 e Migliore ed altri n. 1-00081, che vertono sullo stesso argomento delle mozioni all'ordine del giorno (Vedi l'allegato A - Mozioni sezione 1). La discussione, pertanto, si svolgerà anche su tali mozioni.
Avverto, infine, che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione delle mozioni è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).
(Discussione sulle linee generali)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
È iscritta a parlare l'onorevole Capitanio Santolini, che illustrerà anche la mozione Volontè ed altri n. 1-00071, di cui è cofirmataria. Ne ha facoltà.
LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Signor Presidente, la famiglia italiana fondata sul matrimonio gode, ai sensi degli articoli 29 e 31 della Costituzione, di un regime preferenziale, in ragione della sua insostituibile funzione nella società. È, infatti, riconosciuta da tutti gli osservatori e da tutti gli esperti quale vero e unico welfare esistente in Italia da decenni ed è - ed è sempre stata - un formidabile ammortizzatore sociale; è un soggetto economico a pieno titolo e garantisce ricambio generazionale. Infine, è il luogo di una relazione profonda ed educativa tra i sessi e le generazioni. Tuttavia, la famiglia - va chiarito - non è solo un luogo di affetto e di solidarietà, ma è una società naturale, cioè una struttura sociale basata su un patto pubblico tra due persone che, di fronte alla collettività, si assumono responsabilità e compiti e che quei compiti promettono di onorare sulla base di un progetto di vita duraturo e fecondo.
Nessuno può negare la verità di queste affermazioni e far finta di ignorare che la società italiana è fortemente in debito con le famiglie italiane per l'insostituibile ruolo che esse hanno avuto nella storia della Repubblica e nessuno può essere così ideologicamente collocato da negare che il valore sociale della famiglia fondata sul matrimonio è incomparabile rispetto a qualunque altra aggregazione o comunità esistente nella nostra come in qualsiasi altra società. Nessuno può negare che il principio di uguaglianza impone di trattare allo stesso modo situazioni uguali e in modo diverso situazioni diverse.
Ebbene, oggi, rispetto al 1948 e anche dal punto di vista dei pronunciamenti della Corte costituzionale, le cose non sono cambiate.
La distinzione tra famiglia fondata sul matrimonio e convivenza more uxorio rappresenta uno dei punti fermi nella giurisprudenza della Corte costituzionale che ha affermato, fin dal 1996, che, nel considerare i rapporti personali e patrimoniali di coppia nelle due diverse situazioni, bisogna dare maggiore rilievo alle esigenze obiettive della famiglia come tale, cioè come stabile istituzione sovraindividuale, rispetto alla soggettività individuale dei conviventi.
In altre parole, la giurisprudenza ha sempre escluso la possibilità di far ricorso all'analogia per applicare alle convivenze more uxorio la disciplina prevista per le famiglie fondate sul matrimonio, in quanto l'analogia presuppone la similarità delle situazioni, mentre è chiaro che questa similarità non è voluta dalle stesse parti che, nel preferire un rapporto di fatto, hanno dimostrato di non voler assumere i diritti ed i doveri nascenti dal matrimonio.
Tuttavia, da un po' di tempo alcune forze politiche hanno avviato un dibattito sulle unioni libere come è più corretto chiamarle, affermando, da un lato, che è una battaglia di civiltà, un progresso nella tutela dei diritti e della non discriminazione e, dall'altro, che è un fenomeno che riguarda milioni di persone. Anche i media, quasi tutti, parlano delle coppie diPag. 27fatto quasi fosse un'emergenza nazionale, ma nessuno si prende la briga di indicare in modo serio la dimensione di questo enfatizzato problema.
In realtà, le coppie di fatto sono meno di mezzo milione (dati Istat) su 22 milioni di famiglie fondate sul matrimonio e di queste la metà è formata da coppie che vivono insieme in attesa di sposarsi e una parte consistente dell'altra metà è costituita da persone con un precedente matrimonio che non si sposano con il partner per non perdere i benefici economici precedentemente acquisiti.
Massimo Livi Bacci ha dichiarato che, se è vero che la tendenza è in crescita, soprattutto al nord e nelle grandi città, le dimensioni del fenomeno sono ancora modeste. Afferma questo studioso, noto per non essere di destra, che, se estendessimo l'esperienza francese all'Italia, non più di diecimila coppie - quindicimila al massimo - farebbero ricorso al nuovo istituto nei primi anni.
Vorrei ricordare, infine, che nei diciannove registri anagrafici per le coppie di fatto, omo od eterosessuali, istituiti presso i comuni italiani, gli iscritti sono 285: allora, quando si parla di milioni di persone, dove sono queste cifre così elevate?
I sostenitori della regolamentazione delle coppie di fatto invocano l'articolo 2 della Costituzione e, contemporaneamente, affermano che, in ogni caso, mettersi sotto la tutela della legge sarebbe sempre una scelta libera di coloro che intendano avvalersene.
Si può rispondere, come eminenti giuristi hanno fatto, che l'articolo 2 della Costituzione tutela sempre i diritti del singolo, anche nel caso in cui le formazioni sociali nel quale egli è integrato volessero limitarli, e che tale articolo non può essere invocato per dare rilevanza costituzionale ad alcuna formazione sociale, perché quando la Carta costituzionale lo ha voluto fare, lo ha sancito espressamente, come nel caso dei partiti politici o dei sindacati.
Appare evidente, inoltre, che se lo status di convivenza dovesse giustificare il riconoscimento pubblico di alcuni diritti da parte dello Stato, allora bisognerebbe imporre legalmente a tutte le coppie di fatto tale status, anche a quelle che liberamente convivono senza obblighi né doveri e che non vogliono essere tutelate. Allora, come la mettiamo?
In realtà, non esiste alcun vuoto legislativo. Nessun cittadino italiano è discriminato per mancanza di leggi e chiedere di approvare una legislazione sulle coppie di fatto significa pretendere riconoscimenti di diritti senza corrispondenti doveri. In questo modo, ogni patto di convivenza si configura come un rapporto giuridico parassitario a carico della comunità, così come è stato recentemente ed autorevolmente affermato dal professor D'Agostino, presidente emerito del Comitato nazionale per la bioetica.
Parlando di convivenze, infine, credo si debba convenire che anche due amici che vivono sotto stesso tetto sono «conviventi», così come lo sono due anziani o due vecchie signore che si aiutano negli ultimi anni della loro vita, o due operai fuorisede che si mettono insieme per risparmiare sulle spese. Viene da chiedersi: daremo anche loro la possibilità di accedere alla pensione di reversibilità o all'eredità in caso di decesso del convivente?
Vorrei formulare alcune precisazioni finali. Per salvaguardare la posizione dei figli nati fuori dal matrimonio (altro cavallo di battaglia di coloro che sostengono le unioni di fatto), l'articolo 30 della Costituzione attribuisce ad essi lo stesso trattamento, sul piano morale e giuridico, accordato ai figli nati nell'ambito del matrimonio. Il dettato costituzionale è stato pienamente realizzato dalla riforma del diritto di famiglia del 1975 e non vi è assolutamente nient'altro da aggiungere.
Va precisato, inoltre, che, per soddisfare quei pochissimi casi in cui si invoca una tutela specifica, si può ricorrere a semplici atti amministrativi, che possono chiarire le situazioni in sospeso e permettere l'individuazione delle relative soluzioni.
Infine, bisogna precisare che il principio costituzionale secondo il quale è da reputare illegittima ogni discriminazionePag. 28ingiustificata nei confronti delle persone in conseguenza delle loro scelte sessuali non può portare a negare, però, che le forme di convivenza tra persone dello stesso sesso abbiano, a prescindere da qualsiasi giudizio di ordine morale, una funzione diversa da quella della famiglia fondata sul matrimonio.
Tutto ciò premesso, la nostra mozione chiede che la Camera impegni il Governo ad avviare iniziative di promozione della famiglia fondata sul matrimonio e a non intraprendere nell'esercizio delle proprie funzioni, compresa l'iniziativa legislativa, azioni che possano, attraverso il riconoscimento del rilievo pubblico delle convivenze more uxorio, comprese quelle tra persone dello stesso sesso, attribuire a tali formazioni i diritti che vengono acquisiti in conseguenza della formazione di una famiglia quale società naturale fondata sul matrimonio, come riconosciuto dall'articolo 29 della Costituzione.
Signor Presidente, chiedo infine che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento (Applausi dei deputati dei gruppi UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), Forza Italia e Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Onorevole Capitanio Santolini, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole La Loggia, che illustrerà anche la mozione Bertolini ed altri n. 1-00073, di cui è cofirmatario.
ENRICO LA LOGGIA. Signor Presidente, ringrazio anche la signora ministra Bindi per essere presente al dibattito su questo argomento di estrema delicatezza che coinvolge diverse considerazioni, che spaziano dall'etico-morale, alle politiche sociali e - non da ultimo - costituzionali e giuridiche. Ringrazio molto il presidente del mio gruppo, Elio Vito, il direttivo, i molti e molti firmatari della mozione e la prima firmataria, la collega Isabella Bertolini, per avermi dato l'incarico - gradito, ma anche molto oneroso - di illustrarla.
Vi sono diverse considerazioni che spaziano in diversi campi e che meritano tutte la massima attenzione. Non mi soffermerò, perché non mi sembra nemmeno l'occasione giusta, sulle molte divisioni, spesso non conciliabili, che vi sono all'interno della compagine governativa e della maggioranza. Le conosciamo, sono state peraltro ammesse dai diversi esponenti della maggioranza. Non voglio su ciò far polemica, perché mi rendo conto di quanto grave ed importante sia l'argomento in discussione. A maggior ragione, tuttavia, ritengo che vada sottolineato come all'interno del mio partito, così come all'interno dell'opposizione tutta, non vi siano spaccature, non fosse altro perché - voglio dirlo subito, in apertura delle mie considerazioni - il programma che abbiamo presentato nel 2006 ripete quasi testualmente gli stessi punti a difesa degli stessi principi e degli stessi valori da quando Forza Italia è nata e si è presentata alle prime elezioni, nel 1994.
Anche l'intero programma della Casa delle libertà dice con chiarezza, - questa è la posizione alla quale noi vogliamo, né potremmo diversamente, fare riferimento - che «la famiglia è intesa come» - leggo testualmente - «comunità naturale, fondata sul matrimonio tra uomo e donna, è al centro di molte misure già varate in questi anni dal Governo Berlusconi e sarà il centro privilegiato del rapporto basato, anche fiscalmente, sul criterio del quoziente familiare». Segue, poi, tutta una serie di dati programmatici, che partono da realizzazioni già effettuate negli anni precedenti, dal bonus bebè per favorire la natalità, al sostegno alle famiglie meno agiate per l'acquisto di latte artificiale fino ai sei mesi di età dei nuovi nati, alla creazione di un libretto vincolato per ogni nuovo nato per aiutare le famiglie nel costo degli studi, al sostegno alle famiglie per un'effettiva libertà di scelta educativa tra scuola pubblica e scuola privata, alla prosecuzione del piano di investimenti in asili aziendali e sociali, attraverso detassazioni e fondi pubblici, bonus locazioni per aiutare le giovani coppie ed i meno abbienti a sostenere l'onere degli affitti.Pag. 29
Vi è, poi, l'altra parte del programma, da tutti accettato e sottoscritto, in cui si riaffermano le considerazioni che in precedenza venivano svolte, ma che naturalmente non posso rileggere tutte. Per questo crediamo nella famiglia quale nucleo fondamentale della nostra società e nei valori della nostra tradizione cristiana, nei valori irrinunciabili della vita.
Ho voluto citare questa parte del programma del mio partito e della Casa delle libertà proprio per evitare strumentalizzazioni ovvero interpretazioni, talvolta maliziose, delle nostre posizioni e di ciò che intendiamo per famiglia e per sostegno alla famiglia.
Non disconosco - né potrei farlo (e nemmeno sarebbe giusto) - che su questi argomenti vi sia, come abbiamo sempre sottolineato (bene ha fatto il Presidente Berlusconi a confermarlo di recente), la più assoluta libertà di coscienza. Né disconosciamo - non potremmo, né vogliamo farlo - che vi sono alcune posizione laico-riformiste con le quali è aperto un confronto, soprattutto per quanto riguarda il riconoscimento di garanzie e diritti. Il confronto è aperto, tengo a ribadirlo, a garanzia dei diritti della persona, laddove si rivelasse necessario - se si rivelasse necessario - prevedere tali garanzie.
Mi permetto di porre l'accento sulla parola «persona»: questa ha, per noi, un valore che va ben oltre lo stesso programma politico, ben oltre le stesse posizioni politiche, ben oltre le stesse affermazioni giuridico-costituzionali. Altra cosa è il rispetto degli individui: questi meritano sicuramente rispetto, ma in una scala di valori che è essenzialmente e profondamente diversa rispetto al riconoscimento dei diritti della persona.
Ciò detto, proprio per sgombrare il campo da ogni equivoco, credo non si possa disconoscere, sotto il profilo giuridico, che la nostra Carta costituzionale, all'articolo 29, riconosce chiaramente la famiglia come società naturale fondata soltanto sul matrimonio (civile e religioso). La norma appare chiara e semplice: essa evidenzia come soltanto il matrimonio possa dare certezze e stabilità adeguate alla famiglia.
Al riguardo, nel corso dei lavori della Costituente, si sviluppò un lungo dibattito (che la ministra Bindi conoscerà senz'altro). Furono espresse posizioni diverse ed il confronto fu, anche allora, abbastanza serrato (la ricchezza di argomentazioni che caratterizzò quel dibattito ha certamente nobilitato tutto il lavoro della Costituente). In quel momento, fu trovata una sintesi tra dottrine diverse - cattolica, laico-riformista e comunista -, fu trovato, non a caso, quel punto di sintesi. Ebbene, ho motivo di credere che anche secondo coloro i quali la pensano diversamente da me, o da noi, quel punto di riferimento debba essere comunque tenuto nella massima considerazione. D'altro canto, non potrebbe essere altrimenti: non credo di dover spiegare ad alcuno, in quest'aula, che una legge ordinaria dello Stato non può in alcun modo superare od aggirare un precetto della Costituzione.
La nostra mozione accoglie, dunque, alcune indicazioni che la Corte costituzionale, organo supremo al quale è devoluto il sindacato di legittimità delle leggi, ha espresso in sentenze ed ordinanze anche recentissime. La Corte ha evidenziato la sostanziale diversità tra vincolo coniugale e convivenza more uxorio. La diversità tra unione di fatto e famiglia naturale fondata sul matrimonio rappresenta un punto fondamentale di tutta la giurisprudenza costituzionale: è la Corte costituzionale che ce lo dice, non si tratta di opinione raccolta tra persone che esprimono idee politiche diverse.
Quindi, qualsiasi introduzione surrettizia del riconoscimento legislativo delle convivenze civili contrasterebbe con qualunque tipo di interpretazione dell'articolo 29 della Costituzione, trovando il rapporto coniugale una tutela diretta nello stesso articolo, se è vero - come è vero - che la Corte costituzionale ha riconosciuto «alla famiglia legittima una dignità superiore in ragione dei caratteriPag. 30di stabilità, di certezza e della corrispettività dei diritti e dei doveri che nascono soltanto dal matrimonio».
Anche la Corte di cassazione, e più volte - lo si può leggere in alcune motivazioni delle decisioni -, ha evidenziato a chiare lettere che «dalla libera determinazione dei conviventi di fatto di non contrarre il matrimonio, e quindi di non assumere gli obblighi che l'ordinamento impone vicendevolmente ai coniugi (coabitazione, fedeltà, solidarietà, assistenza materiale e morale) consegue l'inesistenza di qualsiasi diritto, sia di natura personale che patrimoniale di un convivente verso l'altro». E anche qui, è la Cassazione che lo dice e non certo il frutto di una contrapposizione politica o di opinioni a confronto.
La famiglia fondata sul matrimonio rappresenta quindi, anche a ragione della nostra storia e della nostra cultura, l'elemento qualificante del rapporto affettivo che lega due persone di sesso diverso. Non possiamo infatti prescindere dalla formazione di questo principio, che costituisce un punto saldo e chiarissimo a fondamento del nostro stesso vivere civile che la Corte costituzionale ha colto con lungimirante affermazione, «ricca di valori e di principi etico-sociali che garantiscono i singoli e i loro diritti»; eppure, la società di oggi, sempre più complessa, sembra tale, ma «sembra» soltanto, forse nella raffigurazione talvolta forzata o quasi sempre cogliendo qualche aspetto particolare, ma non generale, cosa che peraltro, seguendo i principi generali dell'ordinamento giuridico posti alla base di esso e mai smentiti, non dovrebbe essere presa in considerazione per una legislazione che, per sua natura, non può che avere un carattere generale e astratto.
Certo, vi sono situazioni particolari - chi può negarlo! - che meritano il massimo rispetto e la massima considerazione; ma non da un caso, per quanto meritevole di considerazione, o, soltanto, da alcuni casi meritevoli di considerazione si può fare astrarre il principio che sarebbe addirittura di sconvolgente contraddizione rispetto a tutto quello che ho affermato sino ad ora e che mi sono permesso di citare da fonti più che autorevoli, passando dalla Corte costituzionale alla Corte di cassazione.
Credo che da parte vostra, del centrosinistra, forse tentando un'opera estremamente complessa - ho la massima considerazione per lo sforzo che si sta cercando di fare - sia certamente una forzatura del nostro ordinamento quello che si vuole fare, in quanto i diritti individuali delle persone conviventi trovano già ampio riconoscimento nello stesso ordinamento; e quando occorresse, signora ministra Bindi, e, mi consenta di dire, laddove occorresse, allora di questo dovremmo semmai parlare, di garanzie dei diritti relativi alla persona, non all'individuo, perché su questo è aperto il confronto, è possibile discutere, ma non più di questo e non oltre questo.
Oggi, quindi, sosteniamo - e non possiamo non farlo - i valori etico-morali presenti nella nostra Carta costituzionale, quale quello della famiglia fondata sul matrimonio: non possiamo e non vogliamo fare diversamente.
La nostra mozione quindi impegna il Governo a non adottare iniziative legislative o amministrative che prevedano o comportino l'equiparazione, sia essa espressa o implicita, della convivenza alla famiglia; ad evitare qualsiasi pratica che comporti la registrazione della coabitazione come presupposto per modificare il regime delle pensioni di riversibilità a danno del coniuge che deve essere il legittimo beneficiario; ad evitare la parificazione delle convivenze omosessuali a quelle eterosessuali e, soprattutto, in particolare, su questioni delicate come la legittimazione all'adozione o come l'accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita.
Del tutto aberrante, soprattutto, è il tentativo di introdurre nel nostro ordinamento l'assimilazione delle convivenze omosessuali al matrimonio. Noi rispettiamo le scelte individuali dei singoli in materia di orientamento sessuale, che rientrano, però, in una sfera del tutto privata e ci sembra, comunque, del tuttoPag. 31improprio estendere a questo tipo di legami qualsiasi istituto che abbia una attinenza con il matrimonio civile.
Potrei ancora continuare con queste considerazioni mettendo anche a paragone il nostro ordinamento con quelli spagnolo, francese, tedesco o inglese. Credo, però, che questo faccia parte, sostanzialmente, della considerazione dell'esperienza di ciascuno di voi e, certamente, non sfugge all'attenzione degli autorevoli componenti del Governo, in questa sede rappresentato dal ministro Bindi.
PRESIDENTE. Onorevole La Loggia...
ENRICO LA LOGGIA. Concludo, signor Presidente.
Deve essere anche detto che assolutamente è da evitarsi di includere tali legami tra le formazioni sociali riconosciute e garantite dell'articolo 2 della Costituzione, il quale è ben altro; credo che ciò non sfugga ad alcuno che voglia leggere con attenzione l'articolo 2 e i lavori preparatori che lo riguardano.
Mi sento infine di rivolgere un appello a tutti coloro che intendano esercitare il buonsenso, non soltanto ai cattolici: questo non è uno scontro e non vuole e non deve essere uno scontro tra laici e cattolici; è uno scontro tra chi ritiene che si possano trovare soluzioni diverse e chi ritiene che il nostro ordinamento, di per se stesso, sia già abbastanza garantista.
Concludo, signor Presidente, con una affermazione, che mi piace ripetere, del nostro coordinatore nazionale, Sandro Bondi, il quale ha ribadito che, in questa materia, la contrapposizione è non tra laici e cattolici o tra modernisti e tradizionalisti ma tra quanti credono che la libertà sia fondata, innanzitutto, sulla responsabilità individuale e coloro che credono, invece, che la libertà equivalga alla soddisfazione, per mezzo dello Stato, di ogni desiderio. Noi, per storia e per ragione, facciamo parte, senza distinguo - e ne siamo orgogliosi, sinceramente orgogliosi - del primo partito [Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale e UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)].
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Cioffi, che illustrerà anche la mozione Fabris ed altri n. 1-00075, di cui è cofirmataria.
SANDRA CIOFFI. Signor Presidente, signor ministro, onorevoli colleghe e colleghi, noi Popolari-Udeur prendiamo atto del fatto che gran parte delle mozioni presentate traggono spunto, nel loro dispositivo, dai contenuti del nostro ordine del giorno, presentato a dicembre, in occasione della discussione del disegno di legge finanziaria.
Prima di illustrare la nostra mozione, desidero premettere che riteniamo che il problema dell'equiparazione delle coppie di fatto al matrimonio è un problema che deve essere affrontato senza pregiudizi, con sensibilità, mettendo da parte sterili contrapposizioni ideologiche, nel pieno rispetto dei valori individuali, dei diritti della persona e del dettato costituzionale. Proprio per questo, così come i Popolari-Udeur non hanno avuto problemi a non sottoscrivere, del programma dell'Unione, la parte relativa alle unioni civili, allo stesso modo hanno ritenuto giusto presentare, come gruppo, una mozione autonoma. Riteniamo, infatti, che si tratti di una questione al di fuori dei vincoli di maggioranza, che deve essere lasciata alla libertà del singolo.
Con la nostra mozione, chiediamo un impegno al Governo ad operare in modo che ogni iniziativa legislativa in materia di regolamentazione dei diritti delle coppie di fatto sia affidata al più ampio e libero confronto parlamentare. Si richiede, però, in ogni caso di non equiparare, in alcun provvedimento normativo, tali unioni alla famiglia che, come previsto dall'articolo 29 della Costituzione, è fondata sul matrimonio.
Nella mozione si richiede, inoltre, che, non solo su questo tema ma anche, nel futuro, su ogni altra questione eticamente sensibile che coinvolga la coscienza ed i valori fondamentali dei singoli, vi sia sempre un libero ed ampio confronto parlamentare. Tali temi, infatti, inerenti ai valori personali ai quali ciascun parlamentarePag. 32ispira il proprio agire, devono essere di competenza del Parlamento. Ciò però non significa non rendersi conto che è necessario lavorare per il riconoscimento dei diritti individuali delle persone, così come anche è stato stabilito nel programma dell'Unione: ove esistano ostacoli all'esercizio di questi diritti, come di altri diritti individuali, questi vanno rimossi, perché potrebbero costituire una inaccettabile discriminazione.
Per le coppie di fatto sarà quindi opportuno impegnarsi per l'ampliamento delle tutele delle situazioni soggettive con appositi strumenti, però previsti in ogni caso dal diritto privato.
La base però del nostro vivere comune deve essere, così come previsto dalla Costituzione, la famiglia, una famiglia però in grado di svolgere sempre più la sua funzione sociale ed economica, con mezzi e risorse adeguate, e con la consapevolezza che la sua funzione non può essere sostituita con altre forme di istituzioni sociali.
La famiglia, quindi, così come proposto nel nostro programma, e anche nei numerosi emendamenti da noi presentati in finanziaria, deve essere sempre di più sostenuta con interventi sempre più mirati e concreti, valorizzando, signor ministro, al meglio anche le risorse previste dal fondo per la famiglia.
Per ciò che concerne infine la parificazione delle convivenze omosessuali a quelle eterosessuali, il problema è particolarmente delicato e deve essere affrontato senza alcuna discriminazione, partendo però da un'ottica comune, soprattutto per ciò che concerne la legittimazione all'adozione. La procreazione e l'allevamento di un bimbo deve essere legato prioritariamente al suo bene. Non solo il diritto, ma la psicologia dell'età evolutiva, sostiene infatti la necessità di una famiglia con ruoli differenziati fra i genitori.
Bisogna garantire all'infanzia uno sviluppo armonico, soprattutto in un momento come quello attuale, in cui troppe volte si mettono in discussione i valori fondamentali. Tutto ciò premesso, non siamo d'accordo su ogni tentativo di equiparazione alle famiglie delle coppie di fatto. Chiediamo quindi al Governo di tenerne conto, e di prendere atto che è necessario lasciare all'iniziativa parlamentare il confronto e le decisioni su questo tipo di tematiche, viste tra l'altro le posizioni diverse che ci sono sempre state nel passato, sia all'interno delle maggioranze che delle opposizioni, su temi eticamente sensibili come quello odierno, dell'equiparazione delle coppie di fatto alla famiglia, che, lo ripetiamo, continua ad essere essenziale struttura portante della nostra società. Grazie.
PRESIDENTE. Grazie a lei, onorevole Cioffi.
È iscritto a parlare l'onorevole Gasparri, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00076. Ne ha facoltà.
MAURIZIO GASPARRI. Onorevole presidente, onorevoli colleghi, il gruppo di Alleanza nazionale ha affrontato, discutendo ampiamente, i temi oggetto delle mozioni in esame.
Oltre alla mozione che ho presentato, il mio gruppo sta per presentare una ulteriore mozione che rappresenterà un momento di sintesi di posizioni che indicano al Governo la strada a nostro avviso da seguire. Vi si prevederà, in primo luogo, mediante ogni opportuno intervento, una definitiva ed organica tutela dei diritti individuali di persone a qualsiasi titolo conviventi. Il riferimento è a quei diritti che non dovessero essere già garantiti oggi dalle norme vigenti.
Come dirò, molti di questi diritti appaiono già ampiamente garantiti, e tuttavia non abbiamo una ostilità nei confronti di una maggiore tutela dei diritti delle persone, il che non vuol dire inaugurare simil famiglie o stravolgere aspetti fondamentali della vita sociale.
Siamo ovviamente orientati anche ad evitare iniziative surrettizie, approvando norme in questo o in quel provvedimento (talvolta ci si prova), che comportino la equiparazione fra le unioni di fatto e la famiglia.
Vogliamo poi evitare ogni equiparazione delle convivenze omosessuali allePag. 33unioni di fatto eterosessuali, con particolare riguardo all'adozione di bambini e alla possibilità di ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita.
Vogliamo ribadire, se mai ce ne fosse bisogno (ma la Costituzione già lo fa), la piena tutela dei figli nati fuori dal matrimonio. La Costituzione già su questo è chiara, ma ove fosse necessario rafforzare la tutela dei minori, noi riterremo che questo sia un aspetto fondamentale per tutelare chi non deve subire alcuna discriminazione o penalizzazione.
Vogliamo inoltre promuovere iniziative concrete di carattere sociale, fiscale ed economico a tutela della famiglia. Su questo tema, il Governo di centro-destra introdusse delle misure che furono criticate dalla sinistra, che ha poi annunciato molte cose che poi non ha fatto (anche con la recente finanziaria).
Prodi in campagna elettorale ha detto: «No, non più il bonus di mille euro, ma introduciamo quasi una sorta di stipendio dalla nascita fino a non so quale anno di età». In realtà tutto questo, come tanti altri annunci della sinistra, non è stato fatto nella legge finanziaria! Ed anche qualche piccolo adeguamento fiscale è stato divorato dagli aumenti dell'IRPEF decisi dai comuni, dagli aumenti del bollo dell'automobile, del canone RAI e di tutte le spese che in un modo o nell'altro hanno colpito fiscalmente la famiglia, anche se avesse avuto qualche piccolo beneficio.
Si è discusso molto del problema delle coppie di fatto. Giorni fa mi ha colpito un articolo, che ho trovato molto intelligente, di un giornalista laico di impostazione, Pierluigi Battista, vicedirettore del Corriere della Sera, il quale - lo cito, perché citare fonti di un certo tipo è scontato (alcuni colleghi lo hanno già fatto) ed anche per aggiungere ulteriori elementi nel dibattito -, riferendosi alle coppie eterosessuali, dice: Se volete vivere come in un matrimonio, perché non celebrate il vostro? Chi ve lo impedisce? Chi vi ostacola? Chi si mette di traverso? E se siete contrari, perché esigere i diritti e gli obblighi di chi è invece talmente favorevole al matrimonio da volerne fare uno, e sempre più frequentemente più d'uno? Se vi disturba andare al comune per le pubblicazioni, non è forse altrettanto noioso recarsi all'anagrafe per registrarsi come coppia di fatto? Se invidiate i diritti di chi è sposato, perché non fare come chi si sposa? Se detestate le formalità dei matrimoni, che vi importano mai le forme di una coppia di fatto che vuol diventare de iure? Se non sposarsi è una scelta di libertà, perché rinunciare ad essa?
Cito Pierluigi Battista, perché altrimenti citazioni di altra natura sarebbero scontate; peraltro mi ha colpito, perché è un giornalista non accusabile di atteggiamenti codini o reazionari. Anche sul tema dei diritti, a cui pure ho fatto un cenno, c'è un ampio dibattito. Nei giorni scorsi, un autorevole giurista, il professor Francesco D'Agostino, in un'intervista sull'Avvenire parlava di cose concrete del contratto di affitto per esempio. Questo giurista afferma che la questione della persistenza di un contratto di affitto nel caso di premorienza di uno dei due conviventi è in realtà già stata ampiamente risolta da numerose sentenze della magistratura, anche ai massimi livelli. Da tempo quindi questo beneficio è riconosciuto.
Per quanto riguarda gli altri aspetti, di cui molto spesso si parla, il diritto volontario, le polizze assicurative ed altre forme ancora possono garantire benefici a partner che non possano godere di reversibilità previdenziali, che potrebbero prestarsi, se istituite fuori dal matrimonio, ad usi strumentali, con conseguenze finanziarie, che anche noti economisti hanno paventato come devastanti. Su questo tema dei diritti, nei giorni scorsi è tornata anche un'altra nota giurista, l'avvocato Anna Maria Bernardini De Pace, la quale ha affermato, premesso che la Chiesa e i cattolici difendono le ragioni del matrimonio e della famiglia tradizionale - cosa che personalmente, ovviamente, faccio anch'io -, che anche dal punto di vista laico il matrimonio è un istituto importantissimo da difendere, e lo definisce un atto sacrale sotto un profilo laico; e non appaia contraddittorio questo aspetto. Non c'è contraddizione, dice Anna Maria BernardiniPag. 34De Pace. Lasciamo da parte le questioni di fede. Anche sul piano laico il matrimonio civile è un atto sacro, con il quale due persone si impegnano solennemente davanti alla comunità e allo Stato, assumono una serie di doveri e in conseguenza di questi godono di alcuni diritti particolari, tanto che rompere questo patto comporta una serie di adempimenti onerosi. Divorziare non è cosa da poco. Si va davanti ad un giudice. Non si può svilire il matrimonio, prevedendo un altro istituto, un piccolo matrimonio o un riconoscimento pubblico delle convivenze, con tanti diritti e nessun dovere, risolvibile con due righe scritte e un «buonasera». Sarebbe uno squilibrio.
Aggiunge ancora l'avvocatessa: c'è una volontà perversa di allargare l'assistenzialismo dello Stato anche alle famiglie di fatto, anche a quei conviventi che deliberatamente e coscientemente - senza che nessuno glielo possa impedire, aggiungo io - decidono di non assumersi doveri davanti allo Stato. Un vero Stato liberale deve difendere anche la libertà dei propri cittadini di non assumersi doveri e dunque non si può attribuire d'ufficio dei diritti ai conviventi in quanto tali, senza la loro espressa volontà. Questa nota molto importante prosegue criticando le «simil nozze» e facendo, come il professor D'Agostino, esempi concreti di diritti garantiti: polizze, cointestazioni di beni, come la casa o il contratto d'affitto.
Sono quindi pretestuosi gli argomenti invocati da alcuni, perché sono tutti risolvibili sul piano del diritto e se ci fosse qualche aspetto non risolvibile, parliamone. Come dicevo all'inizio, non è questo che può determinare fratture, ma non per questo dobbiamo stravolgere l'istituto familiare e ciò che esso comporta come elemento base della società.
I colleghi hanno fatto riferimento alla Costituzione perché non stiamo facendo un dibattito confessionale; siamo in una sede laica di un Parlamento repubblicano a fare riferimenti, per chi è credente, anche di carattere religioso - e spero che non vengano impediti -, ma, laicamente parlando, alle disposizioni della Costituzione in particolare all'articolo 29, scandisce. Allora, credo che ci siano tanti aspetti di diritto che sono ampiamente tutelati per la famiglia che è orientata alla generazione della vita. L'articolo 29 della Costituzione non è stato solo frutto di una mediazione politica perché il diritto naturale precede il diritto; quindi, l'unione tra l'uomo e la donna determina la nascita della vita ed è ciò che ha fatto definire poi tante norme nel corso dei secoli e dei millenni.
Di conseguenza, non stiamo parlando di una fissazione, che, invece, mi sembra essere quella di altri che propongono misure e soluzioni estremamente stravaganti. Non mi dilungo sul diritto ereditario e sulla disponibilità ampia, che già oggi sussiste, a risolvere aspetti di vita concreta, che anche il diritto ereditario può consentire di gestire con la più ampia libertà delle persone. Carlo Casini, di cui è noto l'impegno su queste tematiche, ha aggiunto su questo dibattito: «È davvero contraddittorio invocare l'autonomia dello Stato in nome della libertà da forme e vincoli per il primato dell'affetto e della sostanza e, al tempo stesso, chiederne la protezione e il riconoscimento senza assunzione di quei doveri e di quelle responsabilità nei confronti della società tutta intera, che soli giustificano l'intensa protezione offerta dall'ordinamento alla famiglia fondata sul matrimonio? Sono ragionevoli i limiti imposti dalla sostanziale differenza esistente tra convivenza coniugale e convivenza non coniugale, come ripetutamente affermato dalla Corte costituzionale?».
Rinvio, per le sentenze che sono state anche qui oggi citate, alla premessa della mozione presentata, che ad esse fa riferimento come ricordo di ciò che la Corte costituzionale e la Cassazione hanno più volte ribadito, fino a tempi recentissimi, sulla natura della famiglia e sulla tutela della famiglia naturale fondata sul matrimonio.
Tornando alla sua citazione, Carlo Casini ribadisce che c'è una distinzione limpida tra l'interesse pubblico e la libertà privata.Pag. 35
Quindi, se dobbiamo evitare discriminazioni, non è giustificabile la falsificazione della verità sulla famiglia e sul matrimonio. Credo che di questo stiamo discutendo, non soltanto di una questione di principio, visto che anche nel costume sociale oramai sembra quasi inconcepibile descrivere la famiglia in maniera ordinaria. Oggi, esponenti dell'Ulivo, dell'Unione - non so come si chiami ora - hanno contestato alcune fiction televisive: sembra quasi un'ossessione, se non c'è la coppia gay, in Italia la RAI non fa più una fiction. Dalla discriminazione si passa all'imposizione, alla discriminazione al contrario e, quindi, anche nel programma Un medico in famiglia Lino Banfi, dopo le performance sul tema, si rinnova. Leggo che la cosa ha fatto suscitare le proteste della senatrice Binetti e di altri. Io non ho protestato, ma prendo atto che il servizio pubblico oramai è all'inversione delle logiche ...con i soldi della gente (quindi, se poi qualcuno non vorrà finanziarlo più di tanto con il canone, ne avrà tutte le ragioni): oramai ciò deve essere obbligatorio, anche attraverso i sistemi della comunicazione, che incidono sul costume sociale molto più dei dibattiti parlamentari, che sono meno seguiti ed incisivi di una fiction televisiva. Quindi, per quanto riguarda la RAI, vorrei chiedere a quanti sono nel consiglio di amministrazione se siano sono d'accordo con questa inversione dell'ordine dei comportamenti.
Potremmo aggiungere tanti altri aspetti. Intaccare l'istituto familiare determina tutta una serie di conseguenze nella vita sociale. Potremmo citare numeri e statistiche, ma credo che non ce ne sia particolare necessità perché è evidente che la disgregazione della famiglia è poi alla base di fenomeni di tossicodipendenza e del dilagare della criminalità. Recentemente, in Gran Bretagna - un paese che, secondo taluni, è molto più avanzato e liberale - i dati di alcuni studi hanno dimostrato che nel 70 per cento dei casi a monte di comportamenti illegali c'erano vicende familiari devastate: questo accade in tante situazioni anche nel nostro paese. Allora, credo che dobbiamo tornare ad una chiarezza di linguaggio, non confondere le coppie more uxorio con quelle che sono semplici convivenze, e ricordare, base del diritto naturale, come nasce, dall'incontro tra l'uomo e la donna, la vita. Questo dibattito, non a caso, si ricollega spesso ad altre tematiche, come l'aborto e la fecondazione assistita.
Infatti, stiamo parlando di questioni fondamentali, di come si nasce, di come si muore, di come si vive e di come si deve tutelare, anche sotto il profilo laico, la famiglia quale base stessa della convivenza. Una serie di problemi, quale esempio la crescita zero, non nascono per caso, ma dal dilagare di una mentalità consumistica e dalle difficoltà che investono tutti i Governi e delle quali dibattiamo e non sempre ci facciamo carico in termini di soluzioni per cercare di evitare la crisi della stessa entità fisica che viene messa in discussione.
Per tale motivo, riteniamo che tale dibattito sia importante, al fine di cercare punti di confluenza. Anche nel mio partito ho partecipato a discussioni che hanno portato a posizioni che tuttavia non possono essere strumentalizzate; nel gruppo di Alleanza Nazionale nessuno ha mai posto il problema dell'equiparazione delle unioni di fatto con il matrimonio, nessuno ha aperto la via alla legalizzazione di unioni civili o di altri aspetti che in tanti comuni, in maniera totalmente illegale, sono stati realizzati, per fortuna spesso con esiti fallimentari. Ed altro è il riconoscimento del diritto dei singoli, con i limiti che soprattutto chi è portatore di tale istanza deve chiarire.
Ho citato alcuni giuristi, persone che certamente hanno approfondito la questione, per scendere dal discorso dei principi sul terreno concreto. Pertanto, chi vuole innovare precisi questa sua istanza. Allora, è più accettabile la posizione di chi vuole devastare la famiglia, perché in questo caso almeno sappiamo che si trova su una posizione aberrante che spesso diventa addirittura ridicola!
Ecco perché, se penso che il centrodestra, nel prosieguo di questo dibattito, riuscirà a trovare momenti di sintesi, nonPag. 36credo, al contrario, che nel centrosinistra vi sarà la possibilità di realizzare ciò, sussistendo al suo interno sensibilità molto diverse. Il 31 gennaio dovrà essere presentata una proposta legislativa su tale tema, che evidentemente non attendo, ritenendo che i diritti individuali siano già ampiamente regolati. Non credo si possa giungere ad una soluzione in quanto, da quanto vediamo e leggiamo, emergono posizioni molto differenziate sia nel centrosinistra sia nel Governo. Le frasi del programma dell'Unione, più volte citate, sono così evanescenti e così generiche che difficilmente potranno trovare una concreta realizzazione.
Non vorremmo che per soddisfare alcune sacche di una maggioranza variegata si mettesse in crisi ancora di più l'istituto familiare, che ha bisogno di tutela, di sostegno e non di devastazione.
FRANCO GRILLINI. «Sacca» sarai tu!
MAURIZIO GASPARRI. Non ho sentito l'interruzione...
PRESIDENTE. Onorevole Gasparri, prosegua il suo intervento.
MAURIZIO GASPARRI. La penso in maniera diversa rispetto ad alcune posizioni che vogliono scardinare la nostra stessa convivenza civile.
Tra l'altro, alcuni principi, come quello della famiglia, non appartengono solo ad una visione religiosa, in quanto esistono valori che appartengono anche ad una dimensione laica, ad una forma di convivenza e di organizzazione societaria. Di questo dovrebbero prendere atto coloro che hanno un'altra idea del mondo e della vita e che noi abbiamo tutto il diritto di criticare e di contrastare con gli strumenti della democrazia, sfidando il Governo ad assumere altre posizioni ed altre iniziative; infatti, erano stati fatti annunci sulla famiglia che non hanno avuto seguito.
Mi auguro, pertanto, che questo dibattito consenta di fare chiarezza su tutti i versanti, sia nel centrodestra sia nel centrosinistra.
Capisco che Prodi è in una condizione per cui, un giorno, deve concedere la sanatoria per la corruzione a Fuda, un altro giorno, deve affermare che l'ampliamento della base americana a Vicenza è un problema del sindaco di Vicenza (anche se Hullwek, che ben conosco, ha un nome che sembra di un generale tedesco, non è lui l'interlocutore di Bush) e, un altro giorno ancora, poiché vi sono lobby che intendono ottenere «similmatrimoni», come le unioni gay, Prodi deve «pagare oboli» per non perdere voti che, quando si ha un equilibrio così precario, sono decisivi. Ma noi non possiamo consentire che, per «giochini politici», si intacchino principi fondamentali.
Al di là delle posizioni di principio, che difendiamo, vi è un dibattito concreto e reale sull'organizzazione sociale, sui diritti, sulla tutela della famiglia che deve essere posta in primo piano, per evitare che tutto ciò venga da alcuni contrabbandato come uno scontro di religione tra chi è oscurantista, da un lato, e chi è innovatore, moderno e vero liberale, dall'altro. Non è affatto così! È proprio chi vuole disgregare la famiglia che è un oscurantista! È proprio chi vuole dare luogo ad ogni comportamento che vuole minare forme di convivenza! Non solo non ci vergogniamo di difendere le nostre posizioni, ma riteniamo che siano posizioni fondamentali.
Nei mesi passati ha fatto molto discutere un saggio, La festa è finita, che ha avuto un enorme successo, con centinaia di migliaia di copie vendute proprio in Germania, un paese che ha vissuto questi temi con un atteggiamento ancora più laico e distaccato, su questioni fondamentali come la difesa della famiglia e la difesa dei principi della vita.
Riteniamo che tutto ciò sia di prioritaria importanza e anche la politica, la buona politica, si deve schierare con chiarezza su valori e su questioni di tale natura. E non ha senso subordinare tutto ciò ai «giochetti equilibristici» di uno schieramento che deve soltanto - scusate il termine - «sfangarla» per galleggiare sui problemi, un giorno, di politica estera, un giorno, di politica previdenziale, unPag. 37giorno, di politica familiare, solo perché se si assume una posizione più netta si rompe con gli uni o con gli altri. Ciò non deve avvenire «sulla pelle» del paese, della nazione, delle nostre famiglie.
Allora, ben venga un momento di chiarezza, anche all'interno dei vari schieramenti politici. Chi vuole difendere con determinazione alcune scelte, lo deve fare con voce chiara e forte, perché è in gioco il destino, l'identità e l'entità della nostra comunità nazionale [Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale, Forza Italia e UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)].
PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Montani, iscritto a parlare: s'intende che vi abbia rinunziato.
È iscritto a parlare l'onorevole Buemi, che illustrerà anche la mozione Villetti n. 1-00078, di cui è cofirmatario.
ENRICO BUEMI. Signor Presidente, signor ministro Bindi, colleghi, in una moderna società veramente liberale uno Stato autenticamente laico non può non porsi l'obiettivo di un riconoscimento giuridico delle varie forme in cui i cittadini tendono ad organizzare le loro relazioni ed i diritti ed i doveri che ne derivano. Ciò non dovrebbe destare né meraviglia, né, tanto meno, stimolare pregiudizi.
La mozione presentata dagli appartenenti al gruppo La Rosa nel Pugno si muove in questa precisa direzione: mettere a disposizione dei cittadini uno strumento giuridico in grado di stimolare solidarietà nuove, sui generis, perché lo stare insieme può nascere da ragioni diverse e, certamente, morali - ripeto morali - in quanto originate dall'amore, dalla solidarietà sociale, dalla solidarietà economica, più in generale dall'esigenza di un aiuto o di una vicinanza tale da rendere la vita meno difficile.
A quanti ritengono che un ampliamento dei diritti dei cittadini debba andare esclusivamente nella direzione dei diritti della persona, voglio dire che è un diritto della persona potersi scegliere un rapporto in base a criteri propri e che tale scelta non deve passare necessariamente attraverso il giudizio di altri, che hanno visioni pur legittime, ma ispirate ad impostazioni spesso unilaterali, certamente non patrimonio dell'intera società.
Per queste ragioni riteniamo che l'esigenza di riconoscere e formalizzare le modalità di convivenza tra persone non unite dal matrimonio risponde ad una domanda ormai presente e diffusa nella società e, in particolare, in questa società moderna, che è sempre più complessa e che, quindi, evidenzia esigenze nuove, al fine di consentire ai cittadini una scelta più libera nell'organizzazione della propria vita, attraverso una forma riconosciuta dallo Stato.
Il riconoscimento giuridico delle unioni di fatto, ovvero la convivenza di fatto tra due persone maggiorenni anche dello stesso sesso obbedisce a regole precise e prevede la stipula di un accordo, che ha lo scopo di predeterminare gli aspetti patrimoniali e non patrimoniali e gli eventuali effetti in caso di scioglimento dell'unione stessa. Le disposizioni di carattere patrimoniale e non patrimoniale possono, infatti, riguardare il periodo di durata dell'unione, ma anche quello successivo della cessazione di essa, con la previsione che, se nulla è detto in materia dall'accordo costitutivo, in caso di scioglimento dell'unione nulla è dovuto.
L'istituto giuridico delle unioni di fatto prevede che sia possibile stipulare un patto tra due persone maggiorenni, che non siano unite in matrimonio tra di loro o con altre persone e che non abbiano stipulato altri accordi per costituire un'unione di fatto.
La nostra mozione vuole chiarire, in maniera esplicita, che con le unioni di fatto a cui ci riferiamo non si intende promuovere il cambiamento della disciplina giuridica del matrimonio, così come è attualmente regolato dalla legislazione italiana, né influire sulla condizione giuridica dei figli e sulla disciplina dell'adozione dei minori, né modificare la concezione positiva del matrimonio, come scelta volontaria, libera e cosciente. Contemporaneamente, non si intende equiparare iPag. 38componenti di un'unione di fatto ai coniugi, se non per particolari casi, specificatamente quelli relativi alla materia successoria, ai diritti d'abitazione e ai diritti e ai doveri di assistenza, alla legislazione riguardante il lavoro e la previdenza sociale, nonché all'applicazione delle norme penali.
La necessità di disciplinare l'istituto dell'unione di fatto è quella più limitata di porre tutti i cittadini stabilmente conviventi nella condizione di essere liberi di scegliere quale assetto conferire ai loro rapporti, secondo il principio di uguaglianza giuridica e di pari dignità stabilito dalla Costituzione. Si intendono, pertanto, superare quegli ostacoli che impediscono attualmente alle coppie di fatto alcuni elementari diritti, come quello di subentrare nell'affitto della casa comune, in caso di morte di una delle due parti conviventi, o quello di lasciare in eredità, fatti salvi i diritti degli eredi legittimi, il proprio patrimonio alla persona, con la quale si è condivisa l'esistenza. Il riconoscimento pubblico delle unioni di fatto attribuisce un valore importante all'accordo costitutivo, che è alla base dell'unione stessa, oltre che alla questione dello scioglimento dell'unione, sia quando lo scioglimento è proposto da uno solo dei contraenti, sia quando è proposto da entrambi.
La disciplina delle unioni di fatto, a cui noi ci riferiamo, pur adottando un criterio gradualistico, tende ad uniformare la legislazione italiana alle risoluzioni dell'Unione europea in materia di coppie di fatto, alla raccomandazione rivolta agli Stati membri per l'adozione di norme in materia di anti discriminazione e ai principi compresi nella Carta dei diritti fondamentali programmata a Nizza il 7 dicembre 2000.
Con questa mozione, inoltre, vogliamo richiedere al Governo un impegno preciso tale che il Governo stesso vari una proposta di legge sull'argomento entro il 31 gennaio 2007 (Applausi dei deputati del gruppo La Rosa nel Pugno).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole De Simone, che illustrerà... Le chiedo scusa, onorevole De Simone, ma è iscritta a parlare, prima di lei, l'onorevole Balducci, che illustrerà la mozione n. 1-00080, di cui è cofirmataria. Prego, onorevole Balducci, ha facoltà di parlare.
PAOLA BALDUCCI. Signor Presidente, colleghi, signor ministro, la mozione dei Verdi affronta un tema, quello in discussione, di grande rilievo e di grande civiltà, rispetto al quale il nostro partito, come tanti altri, è particolarmente sensibile.
Con riguardo a molti aspetti del comportamento associato, nell'arco di poche generazioni si è avuta un'irreversibile modificazione delle abitudini di vita degli italiani: ciò è dipeso dal progresso culturale, come pure della crescita economica, fattori che hanno indubbiamente favorito il raggiungimento di una piena maturazione del paese. Gli italiani, oggi, sono più consapevoli del loro ruolo nella società e difendono con orgoglio e senso civico il proprio diritto alle libere scelte ogniqualvolta entrano in discussione le libertà individuali e l'identità sessuale.
In poche parole, la modernizzazione del paese ha investito anche il modo di concepire i legami affettivi nella società: a volte si tratta di scelte non convenzionali e non facilmente comprensibili da parte di tutti, ma questi stili di vita devono essere rispettati e tutelati in una società libera e aperta.
Nel nostro paese, secondo i dati ISTAT, da molti già citati, più di 500 mila cittadini si trovano in una situazione di convivenza dichiarata, cui vanno aggiunte oltre un milione di persone che si trovano in una situazione analoga, anche se non ufficialmente.
Del resto, in molti paesi europei vengono ormai riconosciuti ampi diritti alle unioni civili; è quanto accade anche in tantissimi altri stati del mondo senza che si determinino drammi o traumi assoluti.
Venendo quindi ad un punto cui tengo molto e che, pertanto, vorrei sottolineare, le obiezioni sollevate, spesso strumentali, contro un eventuale riconoscimento deiPag. 39diritti sociali alle unioni non matrimoniali sono, lo ribadisco, infondate. Si basano infatti su una visione parziale del quadro costituzionale; la Legge fondamentale garantisce «(...) i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio» (articolo 29) e l'agevola «(...) con misure economiche (...)» (articolo 31), ma non vieta affatto al legislatore di tutelare i diritti delle formazioni sociali diverse dalla famiglia tradizionale. Non vi è contraddizione tra protezione del matrimonio e tutela delle altre relazioni stabili: è stato ripetuto più volte, anche dai colleghi che mi hanno preceduto, ma lo vorrei sottolineare ancora una volta. È la stessa Costituzione, nei primi articoli, ad incoraggiare il riconoscimento di una maggiore tutela, posto che «la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità (...)». L'articolo 3 della Carta - spesso citato, a mio modesto avviso, non a proposito - afferma la «pari dignità sociale» di tutti i cittadini e l'eguaglianza dinanzi alla legge «senza distinzione di sesso, razza, lingua, religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali». Va aggiunto che la Costituzione affida al legislatore un compito preciso, stabilendo, appunto, che «è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana (...)».
Occorre anche rilevare - ma lo abbiamo evidenziato più volte - che la nostra Costituzione si inserisce nel quadro stabilito in Europa dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo e occorre altresì considerare i principi inseriti nella Costituzione europea che, approvata a stragrande maggioranza dal Parlamento italiano, si ispira ai valori della Carta di Nizza.
È assolutamente inimmaginabile alcun conflitto - lo ripeto - tra il riconoscimento di diritti alle formazioni sociali cui fa riferimento l'articolo 2 della Costituzione e la posizione della famiglia fondata sul matrimonio, in quanto i due piani restano necessariamente distinti e separati. La previsione di differenti regimi giuridici per la famiglia e per le unioni non matrimoniali realizzerebbe anzi il completamento di quella tutela, che la stessa Costituzione delinea e incoraggia attraverso le citate norme.
Un intervento da parte del legislatore deve avere come finalità quella di introdurre un istituto giuridico idoneo a garantire tra l'altro diritti ai componenti delle unioni di fatto, ma anche doveri reciproci in materia di assistenza morale e materiale; la possibilità di regolare tra loro il regime patrimoniale; di garantire l'assistenza sanitaria e ogni altro riconoscimento che serva a tutelare le loro posizioni.
Tuttavia, vi è un altro aspetto molto importante, ad avviso del gruppo dei Verdi. Ritengo che esso non sia stato messo in adeguata evidenza da altri colleghi che mi hanno preceduto. Signor ministro, Presidente e onorevoli colleghi, il punto al quale noi del gruppo dei Verdi teniamo in maniera particolarmente forte riguarda la tutela di tutte quelle persone che coabitano stabilmente, essendo unite da ragioni di parentela, affinità, adozione, tutela o altri vincoli solidaristici e, in poche parole, al di là ed oltre il vincolo affettivo e sentimentale.
Tali persone sono mosse talvolta da ragioni forti in una società sempre più indifferente e che tiene più al valore che non ai valori; sono tenute da legami determinati dalla necessità di far fronte alle esigenze economiche e quotidiane; spinte dal bisogno di prestarsi mutua assistenza per fare comunità, in una società che è sempre più sorda e fredda di fronte alle esigenze dei più deboli. Faccio riferimento alle persone anziane talvolta abbandonate a se stesse. Non c'è ragione per non estendere a tali nuclei alcuni diritti previsti per le famiglie, tenendo ovviamente presente le peculiarità di tali formazioni sociali. Allo stesso tempo, può essere ammissibile che tali soggetti stipulino tra loro appositi accordi di coabitazione.
In conclusione, noi siamo molto grati per la presenza del ministro Bindi, allaPag. 40quale riconosciamo il grande impegno su ciò che riguarda anche la tutela dei rapporti sociali e di solidarietà, nonché l'attenzione ad un mondo sempre più chiuso e sempre più solo.
Dunque l'invito che noi del gruppo dei Verdi ci permettiamo di rivolgere ed indicare al ministro è che il Governo predisponga, nel termine del 31 gennaio, un disegno di legge volto alla regolamentazione delle unioni civili, ciò nell'interesse delle numerose persone e dei cittadini coinvolti senza distinzione di orientamento sessuale, mediante la previsione di un'adeguata tutela per le coppie di fatto non registrate e per i nuclei stabili, a cui ho fatto riferimento nell'ultima parte del mio discorso. Si tratta di quelle persone legate da vincoli di solidarietà e di mutuo soccorso. Prosegua il Governo - e il ministro in questo sicuramente è persona di grande sensibilità - nelle azioni di sostegno economico e sociale alle famiglie più deboli, già intraprese in questa legislatura (Applausi dei deputati del gruppo Verdi).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole De Simone, che illustrerà la mozione Migliore ed altri n. 1-00081, di cui è cofirmataria.
TITTI DE SIMONE. Ministro Bindi, noi apprezziamo molto il lavoro che lei e la ministro Pollastrini state compiendo, perché noi pensiamo che il Parlamento - anche questo Parlamento - stia dimostrando un'arretratezza particolare e sia indietro rispetto al paese.
Lo è non perché qui dentro non si possa affrontare, se lo si voglia, una discussione corretta, ma per un problema di approccio; infatti, l'approccio che ci si ostina ad adottare su questa materia è del tutto ideologico.
Ciò che abbiamo sentito qui, in quest'aula, oggi, lo conferma abbondantemente. Qui, a nessuno o a pochi importa realmente capire cosa avviene nel paese reale. Secondo me, un buon Governo è quello che cerca di eliminare la separatezza tra il paese reale e la politica.
Qui non c'è bisogno - e nessuno lo deve fare - di stilare gerarchie di valori, di fare classifiche o di indicare i primati ideologici dell'una o dall'altra parte. Per fortuna abbiamo la nostra Costituzione, scritta sessant'anni fa sulla base di un patto sociale e culturale, in un paese che usciva da una guerra devastante tra cattolici e laici (culture diverse), perché è talmente avanzata che, all'interno di quella Carta, vi sono i presupposti, oggi come ieri, per far progredire ancora di più questo paese sul terreno della civiltà e della democrazia!
Francamente, trovo del tutto strumentale e aberrante che chi, anche in quest'aula, nega, spesso e volentieri, quel dettato costituzionale, chi, dentro e fuori quest'aula, lo ha spesso infamato, chi, dentro e fuori quest'aula, ha cercato anche di destrutturarlo, oggi se ne faccia paladino e custode! Trovo preoccupante, sotto profilo politico, il fatto che, nelle mozioni parlamentari che il centrodestra oggi propone, ci sia una violazione e una messa in discussione degli articoli fondativi della nostra Costituzione (mi riferisco l'articolo 2). È preoccupante che tali articoli, ancora oggi, in quest'aula non siano diventati valori comuni, come noi e tanta parte di questo Parlamento crediamo lo siano nella società.
È vero, infatti, che nella società sono maturati, nel corso degli anni, alcuni valori condivisi, che mettono al centro la persona, le sue scelte e l'assunzione di responsabilità, determinando principi in base ai quali, se avessimo la saggezza a volte di ascoltare, potremmo certamente rendere questo paese più giusto. Potremmo, sinceramente, superare forme odiose di discriminazione e di pregiudizio che anche in quest'aula abbiamo sentito.
Qualcuno, qui dentro, oggi, ha sottolineato il fatto che vi è un valore morale - lo ripeto: morale! - nel definire delle persone omosessuali cittadini di serie inferiore rispetto ai cittadini eterosessuali. Qualcuno, in quest'aula, pensa che questo sia un valore morale! Le mozioni del centrodestra ci richiamano proprio alla considerazione secondo cui mai e poi mai bisognerebbe riconoscere gli stessi diritti delle persone che formano una unione diPag. 41fatto eterosessuale alle persone omosessuali che compongono la medesima unione.
Pensate davvero che nella società italiana oggi ci sia una forma così radicata di pregiudizio e di odio nei confronti delle persone omosessuali? Pensate davvero che sia legittimo definire un valore morale alimentare o sostenere una divisione così odiosa tra le persone? C'è buongoverno in questo? Noi pensiamo di no e ne andiamo fieri!
Noi abbiamo presentato una mozione molto semplice che impegna il Governo in una certa direzione, così come si è assunto l'impegno di presentare un disegno di legge che disciplini in ambito pubblicistico, come ha fatto il resto d'Europa, la convivenza di fatto delle coppie eterosessuali e omosessuali. La ragione è semplice: si vuole colmare un vuoto legislativo al fine di non condannare alla clandestinità o ad un diritto di cittadinanza di serie inferiore centinaia di migliaia di persone che scelgono di costruirsi una vita insieme al di fuori del vincolo matrimoniale.
Sono coppie eterosessuali che non vogliono sposarsi e coppie omosessuali che non possono sposarsi, perché nel nostro ordinamento giuridico la questione del matrimonio è regolamentata come tutti sappiamo. È una questione di diritti e doveri, di assunzioni di responsabilità reciproche, di libertà delle persone di scegliere come regolamentare, vincolare e costruirsi un progetto di vita insieme ad un'altra persona.
Nel resto d'Europa tale problematica è stata regolamentata attraverso un intervento pubblicistico, perché è del tutto evidente, a meno che non si voglia negare l'evidenza, che, dal punto di vista privatistico, non è possibile superare una serie di ostacoli di carattere materiale, di problemi reali che queste persone incontrano nel corso della loro esistenza. Mi riferisco a problemi che attengono alla reversibilità della pensione, all'assistenza sanitaria o di carattere fiscale.
Pertanto, se non vogliamo prenderci in giro e, soprattutto, se non vogliamo prendere in giro queste migliaia di persone che ascoltano e che stanno aspettando questa legge, è del tutto evidente che dobbiamo avere un approccio realistico, non ideologico, perché la legge deve funzionare, deve essere applicabile e deve essere saggia.
Pertanto, con le modalità con cui il Parlamento sarà chiamato ad operare, dovremo tutelare queste persone a fronte di una serie di problemi che incontrano tutti giorni e che richiedono una soluzione. Si tratta, dunque, della qualità e della quantità dei diritti!
Non ci interessano dispute di carattere nominalistico né - lo diciamo molto chiaramente - una discussione parlamentare che diventi una crociata ideologica, perché non serve a questo paese, che è stufo di un approccio di questo tipo, visto che abbiamo a che fare con la vita delle persone in carne ed ossa!
Bisogna, pertanto, avere sulla questione un approccio corretto. Non ci interessano né dispute nominalistiche né battaglie ideologiche! Ci interessa un intervento volto a regolamentare, un intervento pubblicistico che indichi diritti e doveri, sotto il profilo qualitativo e quantitativo!
Non vi è alcuno scontro nella società su questo tema: è inutile continuare ad agitare questa specie di fantasma! Non mi pare che nella società tutti i giorni la gente, laici e cattolici, sia drammaticamente coinvolta da tale questione! È legittimo che ognuno esprima le propria posizione e che lo faccia anche la Chiesa, ma è importante che non si cerchi di ingerirsi nelle scelte del Parlamento. Su questo tema non vi è nella società un approccio drammatico tra laici e cattolici, poiché questi hanno raggiunto a tale riguardo un comune sentire!
Si tratta semplicemente di tradurre tutto ciò in una legge giusta e saggia. Dunque, abbiamo presentato questa mozione per incoraggiare il Governo a proseguire in questa direzione, facendo riferimento a quello che è stato realizzato in Europa, nonché alle sentenze della Corte costituzionale.
Mi dispiace che il centrodestra nelle mozioni che ha presentato abbia utilizzato quelle sentenze in modo del tutto distorto;Pag. 42in esse è stato addirittura capovolto il significato delle interpretazioni della Consulta, cosa che considero davvero inquietante!
Chiediamo, quindi, che il Governo operi nel solco delle raccomandazioni già espresse non solo dalla Corte costituzionale, ma anche da numerosi trattati e da atti espressi dal Parlamento europeo e dal Consiglio d'Europa.
Tra i diritti delle persone rientra, innanzitutto, quello di essere considerati cittadini a tutti gli effetti: stessi diritti, stessi doveri. È quanto statuiscono gli articoli 2 e 3 della nostra Costituzione, piaccia o non piaccia a questo centrodestra!
Al fondo di questa discussione, tuttavia, vi è qualcosa di insopportabile, signor ministro, perché «velato». Mi riferisco alla presunzione di inferiorità e di indegnità che si manifesta nei confronti dell'unione di due persone dello stesso sesso; fatto largamente accettato nella società ma non da molti qui dentro, nascosti anche da una «doppia morale».
Si sa, infatti, che in questa sede si vietano cose rispetto alle quali poi, nel privato, si può trasgredire tranquillamente. Si pensi solo al fatto che il 25 per cento dei deputati usufruisce dell'estensione di benefit al partner eterosessuale convivente more uxorio; poi, magari gran parte di questo 25 per cento qui dentro si dichiara contrario all'approvazione di una legge per tutti (Applausi del deputato Turco), che estenda quei privilegi - perché di questo si tratta - a tutti i cittadini!
Penso a coloro che devono affrontare i problemi dell'affitto, a quelli che incontrano difficoltà nell'assistere il partner in ospedale ed a quanti si sono costruiti una vita insieme, omosessuali, lesbiche o eterosessuali che siano! Poi, magari il partner muore, e lì nascono i problemi: la vita può essere bella e felice, ma vi sono anche momenti tristi e dolorosi nell'esistenza di ognuno di noi! Improvvisamente, allora, qualcuno scopre di essere un cittadino «di serie inferiore», poiché non gode degli stessi diritti e non viene considerato nello stesso modo degli altri! È un paese civile questo? Quale moralità vi è dietro questa violenza, dietro questa cattiveria? Vorremmo saperlo!
Per cortesia, non mettiamo in contrapposizione le persone, perché in questa sede lo si fa con troppa facilità! Infatti, si contrappone la famiglia tradizionale alle coppie di fatto, si mettono le coppie di fatto contro la famiglia tradizionale, come se guerreggiassero per togliersi diritti reciproci! Ma di che cosa stiamo parlando? Davvero qualcuno può credere che il riconoscimento di diritti alle coppie di fatto toglierebbe qualcosa alle coppie sposate? Ma dove? Ma in che mondo? Ma in quale società? Questo lo hanno capito tutti!
I problemi della società, della famiglia o della sua crisi hanno ragioni culturali e sociali diverse, non risiedono nell'esistenza delle coppie di fatto, perché i problemi della vita sono altri! Una persona che voglia farsi una famiglia, infatti, deve affrontare i problemi del lavoro, della precarietà, degli stipendi da fame che vengono offerti, delle case che mancano e via dicendo! Pertanto, dobbiamo affrontare con serietà tali questioni, perché è necessario farlo per il bene del paese (Applausi dei deputati dei gruppi Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, La Rosa nel Pugno, Verdi e di deputati del gruppo L'Ulivo)!
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Turco. Ne ha facoltà.
MAURIZIO TURCO. Signor Presidente, sono state richiamate parecchie sentenze della Corte costituzionale ed anch'io intendo citarne una. «Un consolidato rapporto, ancorché di fatto, non appare, anche a sommaria indagine, costituzionalmente irrilevante»: è la Corte costituzionale ad affermarlo.
Ricordo che già una serie di leggi ordinarie riconosce alle famiglie di fatto un loro diritto. Sono davvero indignato, Presidente, che sia stato reso possibile leggere, all'interno delle mozioni presentate - e, specificamente, della mozione Bertolini ed altri n. 1-00073 -, che: «(...) in data 5 dicembre 2006, il consiglio comunale di Padova haPag. 43approvato una mozione in base alla quale le coppie di fatto (...) potranno ottenere il riconoscimento anagrafico, come famiglia fondata su vincoli affettivi». In tale documento si legge, inoltre, che: «(...) impegna il Governo a non adottare iniziative legislative o amministrative che prevedano o comportino: (...) l'equiparazione, agli effetti anagrafici, alla famiglia di insiemi di persone legate da vincoli affettivi, coabitanti e aventi dimora abituale nello stesso comune».
Si chiede al Governo di andare contro la legge attuale e, precisamente, contro quella che riguarda il nuovo regolamento anagrafico.
Ancora, sull'adozione. La legge che ha riformato le procedure di adozione, legge del 1983, dispone che il requisito della stabilità del rapporto possa ritenersi realizzato anche quando i coniugi abbiano convissuto in modo stabile e continuativo prima del matrimonio per un periodo di almeno tre anni. Evidentemente, queste convivenze non sono irrilevanti anche ai fini del diritto dello Stato e delle leggi.
Dovremmo affrontare questi temi in modo più serio e non attraverso la presentazione, in modo surrettizio, di mozioni. Vi sarebbe da affrontare il tema della storia culturale, che è arrivata a riconoscere una distinzione tra le scienze della natura e quelle che i neokantiani chiamavano le scienze dello spirito, oggi comunemente conosciute come scienze umane, l'antropologia genetica, la psicologia, la sociologia. Non tenendo conto di tali scienze si crea quello che un filosofo cattolico, Pietro Prini, ha detto a proposito della Chiesa cattolica: «uno scisma sommerso». Le gerarchie continuano a predicare secondo vecchi schemi ed il popolo dei fedeli, la Chiesa vive in modo completamente diverso.
Non ci stiamo accorgendo che il paese è cambiato, ma non perché lo abbiamo deciso noi: è la gente che vive secondo le proprie convinzioni, secondo le proprie necessità. Ho sentito dire che dal 1948 ad oggi le cose non sono cambiate. Onorevole Capitanio Santolini, le cose sono cambiate e non è un caso che coloro che oggi si dichiarano contrari ai PACS sono più o meno gli stessi che erano contro la legalizzazione del divorzio - ossia contro la restituzione a chi aveva perso la famiglia in modi non sempre rispettosi dell'altro della possibilità ricostruire un nucleo familiare - e contro la legalizzazione dell'aborto clandestino.
Volevamo - e vogliamo ancora - un nuovo diritto di famiglia. Noi chiediamo la legalizzazione di situazioni clandestine ed illegali, che, tuttavia, fanno parte del vissuto della gente di questo paese. Dal 1948 ad oggi le cose sono cambiate perché il cittadino ha una visione diversa dei propri diritti e dei propri doveri. Non esistono più i totem della fecondità e della castità e, dall'altra parte, il tabù del sesso, che hanno provocato immensi dolori alle persone, ai cittadini, non solo di questo paese, ma soprattutto di questo paese.
Onorevole Gasparri, consideriamo tutte le statistiche. È vero, tutto ciò che lei ha citato è vero, però citiamo tutto. Due giorni fa abbiamo letto: «La famiglia uccide più della mafia». Non l'abbiamo scritto noi, si tratta di dati statistici. Per quanto riguarda il totem della fecondità, recenti episodi di cronaca riportavano un fatto di sterilità, dovuto proprio al dato culturale del totem della procreazione, in un mondo che cresce a dismisura. Sì, onorevole Gasparri, lei ha citato il dato «crescita zero» in Italia, ma viviamo su un pianeta, non siamo più soli. Giungono in Italia persone di altre razze, lingue, religioni, esistono persone di altro sesso, di altre opinioni politiche, che secondo la nostra Costituzione hanno i nostri stessi diritti. Abbiamo la stessa dignità sociale, non siamo diversi per le condizioni personali. Ed allora, noi chiediamo che, così come in Francia, nel Regno Unito, in Spagna, in Germania, in Svezia, in Olanda, in Israele, in Canada, in diversi Stati americani, in Sudafrica, in Australia, in Nuova Zelanda - persino a Taiwan sono state adottate leggi per il riconoscimento delle coppie di fatto -, anche i cittadini di questo paese possano vivere secondo le loro convinzioni, possano vivere un rapportoPag. 44di coppia fondato su una cosa molto semplice - a proposito del tabù del sesso -, fondato sull'amore.
Pensiamo sia questo il dato che deve contraddistinguere un rapporto stabile tra due persone. Crediamo, altresì, che la dizione famiglia anagrafica (come mero dato anagrafico, appunto) possa essere sostituita da una definizione più bella: famiglia fondata sull'affetto. Chiediamo che questa abbia un suo riconoscimento ed un suo negozio giuridico, per consentire a chi vive in tale condizione di godere degli stessi diritti e di rispettare gli stessi doveri. Grazie (Applausi dei deputati del gruppo La Rosa nel Pugno e di deputati del gruppo L'Ulivo).
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Turco.
È iscritto a parlare l'onorevole Carra. Ne ha facoltà.
ENZO CARRA. Signor Presidente, dico subito che, secondo il mio punto di vista, la mozione del gruppo dei Popolari-Udeur e, in gran parte, anche quella dell'UDC sono convincenti. Inoltre, ritengo che, quando emergono temi di tale importanza e delicatezza, si debba sempre tenere conto della possibilità di esprimere un voto di coscienza. Ne tengono ben conto, evidentemente, gli amici del gruppo della Rosa nel Pugno, i quali hanno presentato una mozione che è molto distante dalle mie convinzioni; lo stesso vale per la mozione di Rifondazione Comunista e dei Verdi.
Certo, vi sono opinioni diverse nel centrosinistra e, allo stesso modo, vi sono opinioni diverse, molto diverse, nel centrodestra. Oggi, però, la questione è un'altra.
Premesso che il Governo si è impegnato a presentare, in tempi brevi, una proposta che abbia il fine di riconoscere i diritti dei componenti le coppie di fatto, noi aspettiamo di verificare, da un lato, quanto essa sia effettivamente rispondente alle attese dei cittadini ed agli impegni che abbiamo preso con costoro quando abbiamo sottoscritto il programma di Governo e, dall'altro, che non si tratti, su un tema così importante, di una proposta «blindata». Le sette righe che il programma dedica alle unioni civili sono largamente condivise nella nostra maggioranza: tanto condivise da sconsigliare caldamente fughe in avanti od escamotage che si scontrerebbero con nuove opposizioni interne.
È per questo che non vogliamo interferire con azioni dimostrative oggi, nel momento più delicato per il nostro Governo. Non dobbiamo dimostrare quel che pensiamo riguardo alle unioni civili, perché l'abbiamo detto e ripetuto e perché, appunto, il programma ha raccolto la sostanza delle nostre preoccupazioni. Soprattutto, non dobbiamo dimostrarlo con il voto su una mozione diversa da quella dell'Ulivo (se ci sarà), anche al fine di non indebolire una posizione come quella di chi, all'interno della maggioranza, vuole resistere a certi «diciannovismi» etici.
Sarà pur vero che, di fronte al pericolo di approvare una brutta legge, è meglio non approvarne alcuna; penso, però, che una soluzione utile alle persone che convivono, rispettosa, al tempo stesso, della Costituzione - la quale garantisce tutte le persone, anche quelle che non convivono - si possa e si debba trovare.
Penso si possa indicare una strada che, senza mascheramenti, definisca meglio prerogative e diritti dei conviventi: all'abitazione, alla successione in contratti di forniture e servizi essenziali, alla facoltà di visita e di rapporto personale in situazioni particolari, ospedaliere o detentive, all'assistenza o a prestazioni da e verso enti pubblici e privati, al riconoscimento del danno in caso di morte. Le stesse questioni pensionistiche possono avere altri sviluppi, nel più generale evolversi del tema in senso privatistico.
Mi riferisco ad una legge che, modificando articoli del codice civile, eviti di istituzionalizzare la tanto deprecata divisione tra cittadini di serie A e cittadini di serie B, tra chi si sposa e chi convive; una legge che trasformasse le unioni di fatto in una seconda opzione, o «matrimonio light», rispetto al matrimonio codificato, avrebbe - essa sì! - proprio tale effetto.Pag. 45La divisione non sta nella diversità della scelta, comunque rispettabile, ma in una parificazione sbagliata tra gli istituti: con l'attuale testo costituzionale, richiamato da tutti gli oratori, il matrimonio sarebbe, e rimarrebbe comunque, la serie A!
Altra strada è semmai quella della revisione della nostra Carta fondamentale; certo, si può cambiare l'articolo 29 della Costituzione - come no? - che riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio, ma fino a quando resterà quell'articolo bisognerà fare i conti con la nostra Costituzione e non con gli oppositori delle unioni di fatto.
Certo, si può cambiare tutto! All'articolo 1, per esempio, si può sostituire la parola «lavoro» con quella più flessibile, e dunque più moderna, di «impiego»; allo stesso modo, all'articolo 29 si può cambiare la parola «matrimonio» con quella più pervasiva di «convivenze». Chi vuole, faccia dunque questa battaglia senza girare intorno al problema! E non si chiamino in causa improbabili oscurantismi clericali perché, di fatto, qui non è in gioco il matrimonio religioso, che resterebbe più che mai vivo anche con i PACS, bensì il matrimonio civile.
Il matrimonio religioso - credo che lo sappiate tutti - è un sacramento e su questo è inutile pensare a divergenze e distanze tra cattolici; altro è l'istituto giuridico del matrimonio civile, che dovrebbe stare a cuore a tutti, ma che potrebbe avere soluzioni diverse a seconda dei tempi e della volontà popolare.
Insomma, la disparità normativa tra chi contrae matrimonio e chi invece è parte di una convivenza di fatto non promana da una questione morale di derivazione religiosa: questo deve essere chiaro! Si tratta di una diversità di situazioni alle quali la Carta costituzionale dà risposte differenti.
È vero - come direbbe Pangloss - che c'è una stagione per ogni cosa. Non mi sembra che la stagione che stiamo vivendo richieda un affievolimento del matrimonio e dei diritti di chi lo contrae: piuttosto, si pensi a migliorare altri diritti individuali! Non ritengo che il matrimonio si possa difendere con le armi del passato, ma che si debba pensare a politiche nuove, certo: sta qui il rischio, sta qui la difficoltà che il Governo e questa maggioranza devono affrontare e - mi auguro - superare. Sarà anche per questo che le sette righe sulle unioni civili, il programma sul quale si regge questa maggioranza, hanno fatto precedere molte e molte pagine dedicate alla famiglia e ai suoi problemi.
È per questo che attendiamo con fiducia le proposte del Governo e la risposta del Parlamento.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mereu. Ne ha facoltà.
ANTONIO MEREU. Presidente, questo mio intervento vuole testimoniare il dovere di rappresentare la cultura e gli ideali degli elettori che con me intendono sostenere e difendere il ruolo della famiglia nella società italiana; ed è per questo che nel mio intervento intendo riprendere lo spirito e la volontà che si riscontrano nella mozione presentata dal nostro gruppo, l'UDC, e di cui sono anch'io firmatario.
È una mozione che nasce dall'esigenza forte e determinata di opporsi a coloro che, con facilità e superficialità, vorrebbero mettere in discussone il ruolo centrale che riveste la famiglia come nucleo fondamentale della società, rappresentando una soluzione ai bisogni fondamentali sia delle persone che della società stessa.
Tante sono le motivazioni che in queste settimane vengono addotte per giustificare provvedimenti di legge che regolamentino la convivenza more uxorio, sostenendone addirittura l'equiparazione con la famiglia fondata sul matrimonio.
Oggi si vuol far credere che esista in Italia una vera pressione sociale sempre più crescente, tale da produrre un fenomeno di dimensioni così imponenti da giustificare una legge ad hoc, che regolamenti le convivenze more uxorio, che sappiamo invece non essere la realtà. Credo onestamente che i problemi importanti che dovremmo discutere in quest'aula siano ben altri.Pag. 46
Sono tante poi le argomentazioni che possiamo trovare per confutare e rispondere negativamente alle iniziative legislative di riconoscimento di convivenze al di fuori del matrimonio.
Ritengo assolutamente pretestuoso pretendere diritti che si dicono non tutelati da chi comunque sceglie di non sposarsi, ovvero di rinunciare ad un istituto, come il matrimonio, che già risponde assai efficacemente a quelle stesse esigenze.
Non esiste alcun vuoto legislativo, non vi sono diritti fondamentali negati e le stesse situazioni incerte si possono risolvere con semplici atti amministrativi.
È la stessa Costituzione a riconoscere alla famiglia una funzione sociale diversa dalle altre forme di convivenza e sarebbe assurdo attribuire gli stessi diritti ad una opzione che nasce dalla scelta consapevole di chi rifiuta tale vincolo.
Infatti, la scelta della convivenza, nella maggior parte dei casi, è motivata dagli stessi partner, proprio come il rifiuto di un vincolo esterno alla coppia. In realtà, queste coppie intendono rinunciare liberamente e volontariamente al matrimonio, perché quest'ultimo, accanto al riconoscimento di diritti, pone l'assunzione di doveri (presi tra l'altro di fronte alla comunità che ne è testimone), preferendo essi una relazione più libera e sempre provvisoria.
Intendo quindi, in conclusione, nel sostenere ovviamente la nostra mozione, ribadire il nostro sostegno alla famiglia tradizionale, caratterizzata dal dono reciproco dell'amore gratuito, senza alcuno scambio di tipo contrattuale e finalizzata alla creazione di figli, ma non con chiunque o in modo qualunque, in quanto frutto di una soluzione che esprime il bene comune. Grazie.
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Mereu.
È iscritto a parlare l'onorevole Misiti. Ne ha facoltà.
AURELIO SALVATORE MISITI. Signor Presidente, signor ministro, cari colleghi, credo che il dibattito sui patti civili di solidarietà avviato oggi durerà a lungo, in quest'aula, e nell'aula del Senato, perché tocca un tema molto delicato, che ha bisogno di riflessione. Esso è inoltre un tema che è facile ideologizzare e strumentalizzare.
Credo che occorra essere molto laici, tutti, nell'affrontare questo tema, partendo dalle proprie convinzioni e tentando in ogni modo, attraverso il dibattito, attraverso l'approfondimento, di arrivare a risultanze molto vicine, sia nella maggioranza che nell'opposizione. Le divisioni infatti ci sono in tutti gli schieramenti, all'interno dei singoli schieramenti, e su questo non vi è dubbio.
È stato positivo però che il Governo si sia impegnato a presentare un provvedimento, che dovrà essere un disegno di legge aperto, non blindato, in grado di consentire di approvare degli emendamenti, delle modifiche, degli aggiustamenti, per arrivare ad un risultato che possa rispondere agli interessi generale del paese.
Ci sono recenti sentenze della suprema Corte di cassazione che sollecitano il legislatore ad intervenire in questa complessa e delicata materia e che impongono alla politica di mettere in agenda una serena e approfondita discussione.
Già nella precedente legislatura, nella Commissione giustizia, si era arrivati ad una definizione dei cosiddetti patti civili di solidarietà, che dovevano essere semplicemente contratti sottoscritti tra adulti di sesso diverso, o dello stesso sesso, al fine di dare una veste giuridica a quei rapporti basati su convivenze di fatto stabili e durature, e regolamentarne gli altri aspetti conseguenziali, l'assistenza e i profili contributivi, le aspettative ereditarie, gli altri diritti e interessi che dovrebbero riguardare una coppia.
Ci sono stati altri Stati che hanno già regolamentato, hanno optato per la scelta di regolamentare questi rapporti, come la Francia, la Germania, l'Olanda, la Svizzera, la Danimarca, la Svezia e la Norvegia. Altre nazioni non lo hanno fatto. È necessario precisare che attraverso queste scelte politico-sociali non deve essere messo in discussione l'istituto del matrimonio,Pag. 47inteso come rito civile, né il sacramento, né tanto meno la famiglia, che rappresenta un valore fondamentale, il pilastro su cui ruota la nostra società civile. C'è però una sostanziale differenza fra regolamentare il matrimonio tra coppie omosessuali e riconoscerne alcuni diritti fondamentali, come l'assistenza ospedaliera, il diritto di successione e tanti altri diritti che oggi sono loro negati, e che riguardano tutte le coppie di fatto, sia estero che omosessuali.
I patti sono uno strumento che riconosce alcuni diritti, che non vanno contro i principi della Chiesa cattolica. Anzi, un buon cattolico dovrebbe cercare prima di tutto di affrontare questi problemi, che riguardano l'unione tra due persone retta dall'amore. Come al solito, la questione purtroppo viene risolta all'italiana: per cui una coppia gay, che vuole avere alcuni diritti riconosciuti, si ritrova ad aggirare la legge, usando altri strumenti, come ad esempio l'adozione di uno dei due soggetti. È per questo che evidentemente è necessario intervenire.
Il Parlamento può giungere, nella sua autonomia, attraverso un dialogo sulla vita e un confronto sulla realtà della famiglia, a portare chiarezza e ad evitare fratture, come peraltro indica un intervento del Presidente Napolitano, proprio in occasione del primo discorso di fine anno, riconoscendo al Parlamento un ruolo cardine per il confronto sui temi oggi in questione. È nostra responsabilità adoperarci per un confronto pacato, che riservi il giusto tempo a questa riflessione, onde evitare soluzioni pasticciate, figlie della fretta e dell'improvvisazione. Il tema della famiglia sta a cuore trasversalmente a tutti i settori di questo Parlamento. In tale direzione credo che sarà assolutamente utile questa nostra discussione, perché può superare pregiudizi anche ideologici, che finora hanno dominato le discussioni sulla stampa e sui media, e può portare all'introduzione di tutele personali dei componenti dell'unione di fatto, che non siano già contemplate dall'ordinamento vigente.
È vero che oggi nessuno nella nostra società pensa male o comunque ha pregiudizi verso gli omosessuali - sono pochissimi coloro che hanno questi pregiudizi -, però certamente vi è un'opposizione ad un'equiparazione totale tra il matrimonio, quello su cui si fonda la nostra società, e l'unione di fatto tra due persone, che evidentemente genera questo rigetto anche nell'opinione pubblica. I partiti del centrosinistra dell'Unione si sono impegnati nel programma e si impegnano a sostenere il diritto di ogni persona a scegliere il proprio percorso di vita e il ruolo delle famiglie come un luogo di esercizio delle solidarietà intergenerazionali, della cura e della tutela del benessere dei figli e degli affetti. Quindi, è evidente che, pur essendoci una dizione generica nel programma dell'Unione, il tema del riconoscimento giuridico dei diritti, delle prerogative e delle facoltà delle persone che fanno parte delle unioni di fatto è un tema fondamentale, sul quale si effettuano delle scelte di fondo, come risulta dallo stesso testo del programma dell'Unione.
Infine noi vogliamo ringraziare il ministro Bindi, che con tanta energia e chiarezza ha impostato questo problema, contraddicendo anche tradizioni di parte del centro e soprattutto di correnti ideali che spesso fanno capo a quel cattolicesimo che pensa di mettere la testa sotto la sabbia. Noi siamo per alzare la testa, per affrontare il problema: forse attraverso il dibattito si potranno chiarire meglio i contrasti, e superarli, sia nel centrodestra sia nel centrosinistra. Si tratterà quindi certamente di un disegno di legge governativo, ma questo dovrà essere oggetto non solo di discussione, ma anche di possibilità di cambiamento, anche perché secondo il mio punto di vista le mozioni oggi al nostro esame contengono tutte, indistintamente tutte, del buono, anche se certamente alcune questioni soffrono di un'ideologizzazione della discussione, che finora è avvenuta nel paese.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Grillini. Ne ha facoltà.
FRANCO GRILLINI. La giornata di oggi cade a cinque giorni dal Giorno della memoria.Pag. 48
Più di sessant'anni fa l'Armata rossa entrava ad Auschwitz, liberando quei prigionieri che erano sopravvissuti allo sterminio nazista. Per ricordare questa giornata, porto il triangolo rosa alla destra del bavero della mia giacca, come veniva messo anche agli internati omosessuali. Sappiamo che agli internati ebrei veniva messa la stella gialla, a quelli politici, soprattutto comunisti, il triangolo rosso, e via dicendo. Per i nazisti era naturale sterminare coloro che, secondo quella ideologia, erano contro natura. Ho voluto indossare questo triangolo - che è diventato un simbolo mondiale del movimento degli omosessuali, delle lesbiche e dei transessuali - rovesciando la disposizione: nei lager era messo con la punta del vertice verso l'alto, mentre il simbolo che utilizziamo è rovesciato con la punta verso il basso. È un simbolo con cui diciamo: mai più persecuzioni, mai più discriminazioni, mai più negazione dei diritti, mai più diversità di diritti.
Ho raccontato questa vicenda perché mi sembrava giusto. C'è una legge dello Stato che istituisce il Giorno della memoria e il ministro della giustizia Mastella ha annunciato che, esattamente il 27 gennaio, il Governo intende presentare un disegno di legge volto a prevedere il reato di negazionismo. Spero che in questo disegno di legge, che sarà presentato al Consiglio dei ministri - lo chiedo al ministro Bindi - si faccia l'elenco di chi era presente e di chi è stato sterminato in quei lager, senza omettere nessuno. Ecco perché sono rimasto particolarmente colpito dal tono esacerbato, a tratti anche violento, di alcune mozioni che sono state presentate in Parlamento, dove si parla di coppie omosessuali e di omosessuali. Si può essere d'accordo o meno sulle proposte che vengono avanzate attorno al riconoscimento dei diritti delle unioni di fatto, ma credo che ognuno di noi debba essere chiamato, prima di tutto, al rispetto della persona e all'affermazione della dignità umana; inoltre, penso che abbia il preciso dovere di pensare che, quando si parla di cittadine e cittadini omosessuali, si parla, prima di tutto, di esseri umani che hanno, come dice la nostra Costituzione, e come opportunamente hanno ricordato molti interventi che mi hanno preceduto, gli stessi diritti di tutti.
Il leit motiv delle mozioni è che non ci possono essere uguali diritti tra coppie di fatto, in special modo quelle omosessuali, e la famiglia tradizionale, quella formata da un uomo e una donna «regolarmente» sposati. Rifletto sui motivi, essendo in corso un dibattito alla Commissione giustizia della Camera, dove pure sono già state calendarizzate le proposte di legge presentate sulle unioni di fatto (alcune portano il titolo previsto dal programma dell'Unione - unioni civili - tra cui una anche del sottoscritto, altre portano il titolo di patto civile di solidarietà, un termine diventato popolarissimo). Ormai, qualsiasi cosa si dica, la stampa la titola come discussione sui Pacs. Probabilmente, titolerà anche la discussione che stiamo facendo in questo modo perché, quando un termine passa nella testa di 50 milioni di persone, è quello che si usa. Poi, d'altra parte, come diceva prima la collega De Simone, nessuno di noi si vuole «impiccare» su una definizione.
Certo è che, in Italia, la questione dei diritti delle coppie di fatto ormai è conosciuta da tutta la popolazione, come è dimostrato anche dai sondaggi, secondo i quali, anche tra gli elettori del centrodestra, vi è una larga condivisione in ordine alla necessità di introdurre una normativa di regolamentazione che consenta alle persone che lo desiderino di regolamentare in campo giuridico le proprie relazioni affettive e di convivenza. Tant'è che gli stessi leader del centrodestra - ad esclusione dell'UDC che invece resta determinata su una posizione a mio parere retriva, antimodernista, tradizionalista, familista - si sono posti il problema di come riconoscere alcuni diritti; ciò avviene perché leggono i sondaggi. Sarebbe difficile pensare che Berlusconi, se vi fosse stato un sondaggio secondo il quale il 90 per cento era contrario, avrebbe lasciato libertà di coscienza per il proprio gruppo!
Esiste un consenso reale dell'opinione pubblica su questo tema e su questaPag. 49proposta di legge ed è lo stesso consenso che troviamo in Europa per le leggi che già sono state approvate; è un consenso così forte che nessun Governo conservatore, succeduto al Governo progressista che le aveva varate, ha avuto il coraggio di modificare quelle stesse leggi. Un tentativo in tal senso è stato intrapreso dall'esecutivo conservatore del Canada, ma tale proposta è stata sconfitta in Parlamento. Addirittura, in Norvegia, i conservatori si erano fieramente opposti alla cancellazione della legge che era stata approvata ma, non appena i conservatori sono andati al Governo, il ministro delle finanze si è sposato con il locale magnate dell'editoria. Immaginate se una cosa del genere fosse avvenuta in Italia!
D'altra parte, è curioso vedere come la destra europea sia largamente d'accordo su una legge come quella relativa alle coppie di fatto. In Spagna, sono stati i popolari di Aznar ad approvare queste proposte di legge! Nel 2001, il congresso europeo del partito popolare ha votato - con il voto contrario degli italiani aderenti al partito popolare, che devono essere sempre in prima fila - una mozione nella quale si affermava che il partito era favorevole ad estendere i diritti anche alle coppie omosessuali.
Quindi, non veniteci a dire che voi rappresentate il comune sentire, non veniteci a dire che voi rappresentate la morale! In realtà, l'Italia è un'eccezione nel quadro europeo. Addirittura, in alcuni dibattiti televisivi, mi sono sentito dire dall'onorevole Buttiglione che non era vero che, in Europa, venti paesi hanno approvato queste leggi; ciò è stupefacente, si arriva a negare la verità!
Voglio ricordare i paesi nei quali tali leggi sono state approvate. In primo luogo, la Danimarca, nel 1989, durante la vigenza, tra l'altro, di un Governo conservatore. È interessante osservare che la prima legge approvata in questa materia riguardava il matrimonio tra le coppie omosessuali e non i diritti per le coppie di fatto, come stiamo proponendo in questo caso; mi riferisco alla Registreret partnerskab. La stessa cosa è avvenuta in Norvegia nel 1993, in Svezia nel 1994, in Islanda e in Ungheria nel 1996, in Belgio nel 1998 attraverso la Cohabitation légale e in Spagna nel 1998 con la Uniones estables de parella e altre 17 leggi prima di quelle sul matrimonio.
La Spagna ha approvato la legislazione più radicale in materia, estendendo il matrimonio a tutti. Non ha previsto il matrimonio gay; ha esteso il matrimonio, rendendolo uguale per tutti. Eppure, nella Costituzione spagnola è scritto che il matrimonio è tra un uomo e una donna; la Costituzione italiana utilizza la parola «coniugi». Citate sempre malamente l'articolo 29 della Costituzione, senza dire mai che non vi è scritto che il matrimonio è tra un uomo e una donna. È così vero che il non ottimo, dal mio punto di vista, esponente della Lega Nord Padania, Calderoli, ha presentato, da tempo, una proposta di riforma costituzionale, per specificare che il matrimonio deve essere tra un uomo e una donna.
La Francia ha approvato, nel 1999, la legge chiamata Pacte civil de solidarité, il Pacs, che ha avuto un successo così straordinario, che negli ultimi due anni, in quel paese, è aumentato del 65 per cento il ricorso al Patto civile di solidarietà. Proprio la Francia dimostra che sono false le vostre analisi su una presunta concorrenza, sulla presunta competizione tra queste leggi e il matrimonio tradizionale. La Francia ha, addirittura, il primato europeo della natalità. Non sono vere le vostre previsioni apocalittiche. Dovreste avere senso della misura. Avete detto che se si approvano queste leggi, si distrugge la coesione sociale, si distrugge la famiglia tradizionale, si mina alla base la società. Perché rilasciare assurdità di questo tipo, quando vi sono venti paesi europei che dimostrano esattamente il contrario? Perché parlare sempre come se il mondo non esistesse, come se l'Italia vivesse in una «bolla»?
Anche in Germania è stata approvata una legge nel 2001, Lebenspartnerschaft, su cui la Corte costituzionale di Karslruhe si è pronunciata affermando che era legittima perché non intaccava minimamente i dirittiPag. 50delle persone unite in matrimonio. La Corte costituzionale tedesca ha chiuso in modo magistrale il dibattito sulla materia. Nel 2001, è stata varata la legge nei Paesi bassi, Geregistreerd partnerschap; nello stesso anno in Portogallo, União de facto, nel 2002, in Finlandia, Rekisteröity parisuhde, nel 2004, in Lussemburgo, Partenariat légal, nel 2005 in Andorra, Union estable de parella, nel 2005 in Inghilterra, Civil partnership. In Inghilterra è stato celebrato il matrimonio di Elton John con gli auguri del Primo ministro e della regina e ci siamo chiesti in che mondo vivessimo in Italia. Il Primo ministro stava tenendo la conferenza stampa di fine anno e si è felicitato, affermando che lui stava compiendo qualcosa di noioso, mentre gli altri stavano guardando qualcosa di più importante. Mezza Inghilterra era davanti alla televisione per seguire quella cerimonia.
Nel 2005 la Slovenia approva la legge chiamata Registrirana istospolna partnerska skupnost; nel 2006 la Repubblica Ceca, Registrovanem partnerstvì (Commenti). Sento che qualcuno dice che sono il «Papa gay», ma non ho di queste aspirazioni.
La Svizzera, nel 2005, indice un referendum. Dite sempre che non vi è consenso popolare per queste leggi: la Svizzera ha introdotto di fatto il matrimonio per gli omosessuali ed ha svolto un referendum. Qualcuno ha «minacciato» il referendum in Italia. Andrei cauto a «minacciare» il referendum, se si approvasse una legge. In Svizzera, il 62 per cento ha votato a favore della legge ed era tantissimo tempo che non si raggiungeva la maggioranza assoluta dei votanti, dato che di solito vota tra il 20 ed il 30 per cento della popolazione. Non vi è quorum.
In Croazia, la legge è approvata nel 2003 e in Irlanda è in discussione, in Parlamento, la Civil partnership, che ha cominciato l'iter parlamentare nel 2005.
Ma voi dite che la famiglia tradizionale verrebbe messa fortemente in discussione con una legge di questo tipo e che non ci vuole assolutamente la parità o la parificazione. Ma insomma, qui non stiamo discutendo di adozione e matrimonio. Posto che sono, comunque, per la parità dei diritti e che sia ben chiaro che io come omosessuale, orgogliosamente omosessuale - so che questa cosa vi dà fastidio ed io la ripeto - orgogliosamente omosessuale, non accetterò mai, mai, mai uno statuto che mi definisce come cittadino in una posizione di inferiorità di diritti, compresi i doveri, verso tutti gli altri cittadini della Repubblica. Mai! Allora, come hanno già detto altri colleghi, vi chiedo di svolgere una discussione non ideologica e quantomeno religiosa, perché nessuno vuole mancare di rispetto a chi esprime sincere convinzioni di fede. Vi chiedo, però, dove sta il conflitto tra i diritti che noi proponiamo. Una buona legge su questa materia, signor ministro - l'abbiamo già detto varie volte - ha due elementi fondamentali: il fatto che si riconosca nella definizione di diritti di coppie di sesso diverso e dello stesso sesso e il fatto che ci sia il riconoscimento di alcuni diritti che consentono l'opponibilità a terzi. Quando vado in un ospedale e mi dicono: lei chi è? Lei non è un parente? L'abbiamo visto, in televisione, in una bellissima fiction di Lino Banfi, cosa vuol dire non essere un parente, quanto bisogna andare ad assistere una persona cara. E ti dicono: lei chi è? Magari a qualcuno che ha convissuto con quella persona, che sta male, per decenni, dicono: lei chi è? Allora, mi volete spiegare quale vulnus alla famiglia tradizionale si determina, se mi lasciano andare ad assistere il mio compagno, che è un diritto, ma che è anche un dovere? Voi dite di volere una legge senza doveri. Ma, insomma, se voglio andare in ospedale ad assistere il mio compagno, quello non è un dovere? Cosa direste voi di una persona, che ha convissuto per tanto tempo con un'altra, che scompare nel momento del bisogno? Dareste un giudizio assolutamente negativo. È assurdo che, nel momento in cui voglio andare ad assistere la persona cara, ed è un mio dovere, oltre che un mio desiderio, mi chiedano: lei chi è? È proprio qui che deve esserci quella opponibilità a terzi che, una buona legge, una legge decente, anche minimamente decente, mi deve consentire.Pag. 51
Mi dovete spiegare perché una famiglia tradizionale si dovrebbe sentire offesa dal fatto che, in una legge, viene indicato questo diritto. Perché si dovrebbe sentire offesa, se si garantisce l'assistenza sanitaria ospedaliera o se si garantisce l'eredità? Stiamo parlando di due persone che hanno convissuto assieme per una vita, che hanno messo su la casa assieme, che hanno costruito un'eventuale impresa assieme. Perché, in caso di morte di uno dei due, dovrebbe ereditare i beni un lontanissimo parente che, magari, non mai ha condiviso condizioni, stili di vita e relazioni personali del defunto? Quanta gente è stata cacciata di casa, non solo omosessuali, ma anche eterosessuali, perché la famiglia di origine non ne condivideva le relazioni? C'è una letteratura sterminata su questo terreno. Perché un altro deve ereditare quei beni, quando si tratta anche di beni mobili che hanno anche una natura e una qualità affettiva, che sono state nostri per una vita ed hanno rappresentato l'amore, il nostro amore? C'è un bellissimo articolo, sul Corriere della Sera di qualche tempo fa, di Alberoni - che, come sappiamo tutti, non vota per il centrosinistra - che diceva che non c'è nessuna differenza tra l'amore omosessuale e l'amore eterosessuale. C'è la stessa forza, lo stesso bisogno, lo stesso desiderio della persona amata. Si ha la stessa nostalgia, quando l'amato non c'è e ti manca. Non c'è nessuna differenza. Perché la tutela del partner debole in caso di separazione, perché la reversibilità della pensione, perché la possibilità di stabilire per contratto il regime patrimoniale delle coppie, perché la successione nel contratto di locazione, perché il permesso di soggiorno per il partner extracomunitario, perché, in caso di morte di uno dei partner, tutte le scelte di natura religiosa e morale per le modalità di svolgimento della cerimonia funebre, perché i congedi lavorativi, perché gli esoneri e le dispense relativi al servizio militare, perché tutte queste cose dovrebbero dare fastidio a una famiglia tradizionale? Perché dovrebbero intaccarne i diritti?
Parliamo di ciò! E se voi dite «no» a tutto ciò, non dite «no» soltanto a Grillini, a De Simone, a Franca Bimbi e a tutti coloro che, nel centrosinistra, vogliono proporre, cercando anche una trasversalità pure esistente - mi dispiace, al riguardo, che oggi non sia presente una voce del centrodestra che non la pensi come voi -, una disciplina di tali profili; perché tutti questi argomenti dovrebbero dare fastidio a qualcuno? Sono elementi di umanità, di buon senso; non sono questioni eticamente sensibili, sono diritti. Io mi rifiuto di pensare di essere rubricato sotto una questione eticamente sensibile; io rivendico dei diritti che sono 'miei' diritti.
Dunque, si parla di numeri; ebbene, per favore, non diciamo delle corbellerie! Sapete benissimo che l'ISTAT si è rifiutata di censire le coppie dello stesso sesso - non le coppie omosessuali -, con la risibile motivazione che si violava la privacy; lo sapete benissimo! Sapete quindi che non esiste un numero certo; evitiamo dunque la polemica sui numeri. Se in tutta Europa queste leggi esistono, se ne hanno usufruito decine di migliaia di persone, anche in Italia vi è tale bisogno. Peraltro dovremmo lasciare cadere tale questione sui numeri; anche se esistessero non mezzo milione, non un milione, non due milioni, ma solo due coppie omosessuali, bisognerebbe comunque varare questa legge. Si manifesta superbia quando si solleva la questione sui numeri; non si può avere ragione soltanto in forza dei numeri.
E poi, per concludere, noi sosteniamo che occorra un'idea diversa di famiglia e di relazione tra le persone. Qualcosa di analogo era sostenuto anche dai costituenti quando discutevano dell'articolo 29, che nessuno aveva mai concepito come un articolo che potesse discriminare qualcun altro. Una Costituzione di sessant'anni fa non poteva certo prevedere l'evoluzione sociale intervenuta; non poteva certo prevedere, per esempio, tutte le problematiche esistenti oggi, dai disastri ambientali ad Internet: vi è Internet nella Costituzione, signori del centrodestra? È ovvio che le Costituzioni vanno interpretate allaPag. 52luce del mutamento sociale: è evidente. Allora, però, è bene ricordare quanto dissero allora i costituenti. Aldo Moro dichiarò ad esempio che l'articolo 29 «non è una definizione, è una determinazione di limiti» e Costantino Mortati ribadì che esso doveva «circoscrivere i poteri del futuro legislatore in ordine alla sua [della famiglia] regolamentazione». Si voleva evitare un eccesso di intervento dello Stato su quel tipo di famiglia. Ma l'articolo non vieta certo il riconoscimento di altre forme familiari; al riguardo, non mi dilungherò sugli articoli 2 e 3 della Costituzione: lo hanno già fatto egregiamente alcuni colleghi del centrosinistra già intervenuti. Mi limito a sostenere che in una concezione liberale dello Stato bisogna riconoscere alla persona, all'individuo - e mi piacerebbe rivolgermi al collega La Loggia, visto che appartiene ad un partito che si definisce liberale -, il diritto di scelta su quale sia il miglior modo di sistemare in campo giuridico le proprie relazioni affettive e di convivenza.
Questo diritto, in Italia, non esiste; esiste altrove: in Svezia esistono cinque leggi che riguardano il diritto di famiglia ed i cittadini hanno cinque possibilità diverse di scelta. Perché ciò non dovrebbe esserci anche in Italia? Chi osa dire che in Svezia è stata distrutta la coesione sociale? Chi è che, in Danimarca, osa dire che è stata distrutta la coesione sociale, visto che la Danimarca è costantemente citata dalle statistiche della Banca mondiale come il paese dove si vive meglio al mondo, dove vi è il più alto reddito e la più alta qualità della vita? È vero piuttosto il contrario di quanto dichiarate voi.
Noi ci battiamo per una società pluralista, una società aperta, che non discrimina; lottiamo per una società che accetta le diversità, nella quale le persone abbiano la più ampia libertà di scelta in quanto il benessere e la felicità dipendono dalla libertà di scelta, non certo dai vostri divieti, non dal fatto che si pronuncino sempre dei «no». Voi invece sapete dire solo dei «no», ma con i «no» non si costruiscono né la libertà né la democrazia (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo e Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole D'Elpidio. Ne ha facoltà.
DANTE D'ELPIDIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei prima di tutto esprimere a nome del gruppo Popolari-Udeur la soddisfazione per il dibattito, che si sta svolgendo in quest'aula sul ruolo della famiglia e delle unioni di fatto all'interno della nostra società.
Esprimiamo soddisfazione in quanto noi del gruppo Popolari-Udeur siamo stati i primi a sollevare la questione e a sostenere che, su temi che coinvolgono così in profondità le sensibilità individuali, non deve essere il Governo a decidere con una sua iniziativa o, peggio ancora, con un atto di imperio, bensì è il Parlamento che deve riappropriarsi delle proprie prerogative legislative e sviluppare un dibattito ampio, libero e costruttivo che coinvolga maggioranza ed opposizione. Notiamo altresì con piacere che per la maggior parte le mozioni al nostro esame, con graduazioni più o meno moderate, ricalcano gli ordini del giorno da noi presentati all'interno della legge finanziaria. La posizione dei Popolari-Udeur sulla famiglia e sulle coppie di fatto è chiara ed inequivocabile. Il nostro orientamento politico e culturale, pur rispettoso delle scelte personali dei cittadini del proprio paese, ha individuato nella famiglia tradizionale l'espressione autentica dello spirito costituzionale.
L'articolo 29 della Costituzione ha dato la definizione della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio e vorremmo ricordare per l'ennesima volta che la locuzione «società naturale» si deve a Palmiro Togliatti e non ad un ultras cattolico. Se poi vi sono dei limiti nella prassi quotidiana ai diritti individuali e delle persone a causa dello stato di convivenza, questo è un campo che può essere esplorato senza pregiudizi.
Il programma dell'Unione al riguardo prevede solo ed esclusivamente il riconoscimento dei diritti delle persone all'internoPag. 53delle varie forme di convivenza, ma non cita il riconoscimento giuridico di tale condizione. Noi del gruppo Popolari-Udeur non abbiamo comunque sottoscritto questa parte del programma e per noi non è stato affatto un problema - così come abbiamo fatto oggi - presentare una mozione per promuovere la famiglia.
Infatti, questa è la nostra vera preoccupazione. Noi non giudichiamo le convivenze, ma piuttosto sosteniamo positivamente e promuoviamo le famiglie in senso proprio. Noi Popolari-Udeur proponiamo quelle cose che si possono fare per abolire discriminazioni, altri si avventurano su terreni paludosi dove si può rimanere intrappolati, stanti - a nostro giudizio - le difficoltà di andare al di là di qualche affermazione propagandistica.
Pertanto, chiediamo un impegno serio e concreto su questo tema al Governo, perché è sul sostegno alla famiglia riconosciuta dal dettato costituzionale che l'Unione si è impegnata nel suo programma. Noi del gruppo Popolari-Udeur chiediamo solo che si segua il programma sottoscritto da tutti.
Siamo convinti che le coppie di fatto non possano rivendicare alcune di quelle forme di legittimazione e di tutela che sono date alla famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Solo quest'ultima, infatti, riveste una funzione sociale dovuta al suo progetto ed impegno di stabilità. Dunque, chiediamo a tutti interventi costruttivi e non di rifiuto pregiudiziale ad ogni forma di dialogo.
Il riconoscimento di diritti individuali negati ad alcuni cittadini a causa di loro scelte personali non è un tema di destra o di sinistra, bensì un dovere per il legislatore che, come ebbe modo di dire il cardinale Martini, può adottare un approccio pragmatico e certamente deve testimoniare una sensibilità solidaristica.
Signor Presidente, vorremmo porre una questione ad alcuni colleghi dell'opposizione. La mozione da loro presentata, a firma dell'onorevole Bertolini, è condivisibile per alcuni aspetti di fondo, ma per noi è forse eccessivamente drastica per il mancato riconoscimento dei diritti amministrativi per i singoli individui.
Ciò su cui chiediamo un chiarimento è il fatto se questa rappresenti la posizione di tutto il partito nel suo complesso. Inoltre, vorremmo una presa di posizione su questo argomento perché ci è parso di cogliere molte voci di dissenso in proposito. Infatti, abbiamo notato qualche spaccatura su questo tema all'interno di Forza Italia.
Concludo con una nota politica di carattere personale: quando un partito come il nostro si rifà alla grande esperienza della Democrazia cristiana e quando, per noi tutti Popolari-Udeur, i valori cristiani diventano la guida delle nostre azioni quotidiane, è naturale e consequenziale che un tema come quello della famiglia venga sostenuto e difeso con forza e coerenza, evitando, però, in ogni modo, che tutto ciò possa sfociare in uno scontro tra laici e cattolici. È qui appropriato il plauso di oggi del cardinale Ruini all'invito del Presidente della Repubblica, che richiama tutti a diminuire i conflitti in politica. Come cattolico, però, non posso e non voglio sottrarmi all'impegno di testimoniare l'importanza di questi valori in cui fermamente credo.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Bimbi. Ne ha facoltà.
FRANCA BIMBI. Signor Presidente, signor ministro, colleghi, offrirò soprattutto una riflessione, perché credo che il dibattito di oggi ci abbia arricchito e ritengo che il Governo, rappresentato in maniera molto autorevole dal ministro Rosy Bindi, possa utilizzare questo dibattito parlamentare per presentare la sua proposta.
Le mozioni riguardano le problematiche relative alle coppie di fatto, alle convivenze more uxorio, alle famiglie anagrafiche, che si instaurano sulla base di una relazione etero od omosessuale, e alle unioni civili.
Qualsiasi espressione usiamo, occorre in via preliminare sottolineare, che il diritto conosce e riconosce da sempre l'esistenzaPag. 54delle relazioni di coppia, in cui i singoli si comportano secondo i mores, ovvero secondo abitudini, modalità, regole e intenzioni analoghe a quelle delle famiglie basate sul matrimonio.
Non a caso, da secoli esiste e resiste l'espressione latina che attribuisce, almeno ad alcune forme di convivenza, una qualità di azione e di intenzione more uxorio. In modi diversi nel tempo l'ordinamento giuridico ha sanzionato o valorizzato queste forme di «quasi famiglia», ad esempio regolandone gli effetti sociali, talvolta favorendo la parte più debole (la donna o i figli), più spesso ergendosi a guardiano di norme patrilineari e patriarcali.
Nel tempo sono cadute in disuso le espressioni linguistiche dispregiative di questa realtà, ad esempio i richiami al libertinaggio maschile o alla immoralità femminile, oppure quelle oppositive alla famiglia coniugale. Non si usano più le espressioni «concubina» o «concubinato».
Ancora più interessante è notare, più di recente, la caduta in disuso dell'espressione «unione libera». Si verifica che una parte crescente delle coppie stabili, anche se non coniugate, si autoassegni e si riconosca reciprocamente diritti e doveri tipici del coniugio.
Perciò, la società si rivolge a queste coppie trattandole e riconoscendole come modalità contemporanee del fare e del farsi della famiglia, dell'instaurarsi di rapporti segnati da un impegno alla continuità, alla coabitazione, alla reciproca fedeltà, alla solidarietà, all'assistenza morale e materiale, alla cura reciproca e a quella dei figli comuni e di quelli di ognuno dei partner, ovvero attraverso la libera assunzione, in tutto o in parte, di obblighi che, normalmente, discendono dal matrimonio.
Occorrerebbe chiamare queste unioni «unioni more coniugale», non più more uxorio, dando pieno riconoscimento al regime di parità tra i generi. Infatti, l'espressione «more uxorio» richiama un tempo in cui solo l'uomo poteva decidere se trattare e considerare la sua concubina con dignità di moglie.
Non è un caso che oggi queste unioni more coniugale siano sempre più normalmente accettate nella rete familiare e parentale dei due membri della coppia, come nelle reti amicali, sociali e professionali, venendo man mano a cadere tutte quelle forme di discriminazione cui le unioni di fatto erano sottoposte, soprattutto per quel che riguarda la posizione della donna convivente e non coniugata e i figli nati fuori dal matrimonio.
Più complessa è stata ed è la questione dell'accettazione sociale delle coppie omosessuali, in quanto il paradigma eterosessuale fonda la filiazione e corrisponde a una percezione dei diritti dei figli a nascere in un contesto segnato dalla maternità e dalla paternità.
Perciò, la caduta, spesso più tendenziale che reale, come ci hanno ricordato il collega Grillini e la collega De Simone, delle discriminazioni nei confronti delle persone GLBT, mentre fa emergere domande relative al riconoscimento delle forme di stabilità affettiva analoghe a quelle delle persone eterosessuali, non altrettanto sembra potersi accordare facilmente con le regole definite per la filiazione.
È noto che, sul piano quantitativo, le convivenze more coniugali sono in crescita e ciò avviene in tutti i paesi in cui non esiste il matrimonio deciso dalle famiglie, la regolazione della vita sessuale dei giovani non è sottoposta all'autorità della famiglia, i rapporti sociali tra donna e uomo sono fondati sui principi della piena uguaglianza giuridica, non ci sono discriminazioni giuridicamente fondate tra i figli nati dentro e fuori dal matrimonio, il divorzio esiste sulla base della parità tra i coniugi. L'Istat ha iniziato a rilevare il fenomeno nel 1993: allora le unioni di fatto risultavano essere 192.000, mentre oggi ne emergono 600.000.
Si tratta di una emersione nel senso che il fenomeno deve essere considerato la punta di un iceberg a causa del fatto che la fonte è l'autodichiarazione del cittadino, che è più facilmente espressa da chi considera l'unione in cui vive realmente more coniugale o da chi ritiene, a torto o a ragione, di non avere svantaggi a causa della sua dichiarazione.Pag. 55
Da queste rilevazioni puntuali, ma ancora di più da quelle sulla formazione della famiglia coniugale e dei focolari, emerge sempre più spesso che l'unione di fatto non è considerata dalla cultura prevalente dei cittadini italiani oppositiva rispetto al matrimonio e costituisce per molti giovani la sua premessa; anzi in Italia si tende a spostare il matrimonio al momento in cui si è in attesa di un figlio.
La posposizione del matrimonio verso i trent'anni produce l'aumento delle unioni di fatto: in parte tale aumento è reale, perché esse solo in parte si trasformano in matrimonio; in parte, si tratta di un aumento relativo perché non sappiamo quanti nubili e celibi resteranno tali per sempre. La frazione di nubili e celibi nella popolazione italiana è la stessa, almeno dagli anni venti e trenta. L'aumento dei divorzi come pure l'allungamento della vita e la crescita delle vedove e dei vedovi induce l'aumento delle unione di fatto tra coloro che non possono risposarsi per motivi di diritto, ma, soprattutto, tra coloro che, per motivazioni culturali, psicologiche, sociali e relazionali, non intendono turbare con un nuovo matrimonio i figli e la rete parentale.
In particolare, anziani e coppie più povere si trovano spesso a non disporre di una legittimazione per garantirsi la qualità della vita affettiva attraverso l'accettazione sociale di un secondo matrimonio. In sintesi, nell'aumento delle unioni di fatto troviamo anche motivazioni di conservazione del valore del matrimonio riconosciuto come anello costitutivo della corda, che assicura la continuità tra le generazioni. Perciò, le domande di riconoscimento di questo tipo di legame sociale non sembrano confliggere di principio e di fatto con la rilevanza attribuita al matrimonio.
L'emergere dei movimenti antidiscriminazione GLBT e, probabilmente, anche la rilevanza della generazione più adulta tra le persone che hanno partecipato alla prima ondata di rivendicazioni ha reso socialmente più visibili le coppie omosessuali e le domande di riconoscimento delle forme stabili di unione affettiva, ma le ricerche disponibili mettono in luce l'aumento della domanda di famiglia anche da parte di persone omosessuali più giovani e sensibili al diritto a costituirsi una propria famiglia, che l'Unione europea contiene nella sua carta dei diritti fondamentali.
Meno nota, ma non da sottovalutare per i suoi contrastati effetti sociali, è la crescita di quelle unioni di fatto che derivano da un matrimonio celebrato con il solo rito religioso prevalentemente cattolico, che riguarda vedove e vedovi o persone di religione tra loro differenti. Ognuno di noi conosce queste realtà!
Sul piano politico, tuttavia, sono le dimensioni qualitative del fenomeno, piuttosto che quelle quantitative, a raccomandare il riconoscimento giuridico dei rapporti e dei diritti delle persone che vivono una forma di relazione capace di assicurare prerogative e facoltà, nonché di garantire reciprocità nei diritti e nei doveri, considerando la stabilità e l'intenzionalità quale criterio qualificante della scelta dell'unione (così come recita il programma dell'Unione di centrosinistra).
In particolare, quindi, non possiamo considerare l'emergere di nuove caratteristiche della domanda di famiglia nei termini di comportamenti della maggioranza o della minoranza dei cittadini non solo per ragioni di negazione o di affermazione di diritti - come ha ben detto il collega Grillini - ma anche perché si rischia di negare la realtà dei cambiamenti della famiglia contemporanea, anziché decidere di governarla.
Più specificatamente, quali sono i motivi che consigliano di intervenire nel senso auspicato dal programma dell'Unione? Ritengo che debba essere considerata favorevolmente la domanda di famiglia che le unioni di fatto esprimono nelle loro forme intenzionalmente stabili. Infatti, alla luce delle trasformazioni della famiglia contemporanee, essa costituisce una direzione di contrasto ai processi di defamiliarizzazione e di desolidarizzazione. Tale domanda di famiglia indica un'attenzione etico-pratica al rafforzamento dei legami sociali primari, alla responsabilizzazione nei confronti del partner, della genitorialitàPag. 56e della relazione di cura. Essa rappresenta, inoltre, un'esposizione positiva nei confronti della rete parentale, della comunità e delle istituzioni pubbliche.
L'apprezzamento del legislatore verso questa prospettiva appare chiaramente anche dalle modifiche apportate al regolamento anagrafico del 1989, che hanno permesso di far emergere non solo nelle rilevazioni, ma anche nello stato di famiglia delle persone la reale costituzione dei focolari, ovvero delle unità di vita economiche, che talvolta contraddicono gli assetti giuridici, e delle famiglie solo «di carta».
Per chiarire il possibile impatto che un'attenzione a tali norme, già presenti nel nostro ordinamento, potrebbe avere su una positiva regolazione delle unioni di fatto, ho presentato anche un progetto di legge che riguarda la certificazione e l'autocertificazione anagrafica. Si tratta di un intervento de minimis, all'interno della legislazione vigente, che tuttavia riprende la definizione di «famiglia anagrafica» che dà l'ISTAT e che può essere utile per andare avanti sulla via di una regolazione opportuna.
Non è un caso poi, come è stato affermato, che all'aumento delle unioni civili nei contesti in cui sono maggiormente effettive le politiche familiari, quelle a sostegno dell'occupazione femminile e le pratiche per la promozione di pari opportunità, si affianchi anche un aumento della natalità. Ne sono esempio la Francia e la Svezia, ovviamente senza che si debba considerare un rapporto di causa-effetto tra i due fenomeni. Sembra ovvio, tuttavia, che una relazione protetta giuridicamente, oltre che socialmente, possa condurre più facilmente a scelte procreative, cioè ad assumersi responsabilità genitoriali ulteriori.
Inoltre, poiché nelle fasce di età più giovani le unioni di fatto sono, almeno in parte, prodromiche al matrimonio, appare apprezzabile muovere verso forme di riconoscimento dei diritti di coloro che le costituiscono, anche per contrastare effetti di desolidarizzazione e per una efficace difesa dei più deboli nel momento della loro dissoluzione.
Per le persone più deboli sul piano sociale o per i soggetti ancora sottoposti a discriminazione sul piano culturale, sono da ritenere particolarmente apprezzabili le forme di tutela delle scelte di vita solidaristiche liberamente intraprese sulla base dell'inclinazione affettiva, orientate alla convivenza stabile ed alla costituzione di quell'unità economica che, da sempre, costituisce una caratteristica delle formazioni sociali primarie. In altri termini, c'è un problema di diritti fondamentali e c'è un problema di equità.
Dato tale quadro, occorre tuttavia mettere in luce anche la complessità delle possibili modalità di intervento, posto che qualsiasi forma di regolazione non può che riguardare persone libere di stato a tutti gli effetti, i cui diritti vanno stabiliti indipendentemente dalle differenze di orientamento sessuale, prestando la debita attenzione anche ai rapporti che si instaurano con persone che non sono cittadini dell'Unione europea e, comunque, alla luce dell'evoluzione del diritto internazionale privato.
In particolare, va poi sottolineato come il principio regolatore e la percezione sociale della famiglia fondata sul matrimonio, di cui agli articoli 29, 30 e 31 della Costituzione, restino un patrimonio indiscutibile, in quanto contengono tutta intera la rete dei diritti e dei doveri che, per motivi oggettivi e soggettivi, l'unione civile può non possedere interamente. Tuttavia, giova ricordare come l'articolo 2 della Costituzione è incardinato nei principi fondamentali statuiti dalla Carta e perciò illumina anche i richiamati articoli dal 29 al 31, che sono posti, successivamente, tra i rapporti etico-sociali. È all'articolo 2, infatti, assieme all'articolo 3 nel suo complesso, che dobbiamo la progressività dell'attuazione di un diritto di famiglia sempre più orientato ai principi di eguaglianza e di dignità personale. Del resto, l'articolo 2, mentre dà garanzia ai diritti inviolabili del cittadino singolo anche per quel che riguarda i luoghi sociali e simbolici in cuiPag. 57si svolge la sua personalità, allo stesso tempo richiama il singolo e la Repubblica ad adempiere, rispetto alle formazioni sociali primarie, ai doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale, e questo sarebbe il riconoscimento del diritto all'unione di fatto.
Per tale motivo, considerato l'apprezzamento che le unioni di fatto in quanto formazioni orientate allo svolgimento libero della personalità trovano nei principi fondamentali del dettato costituzionale, confrontato con le garanzie riconosciute alla famiglia fondata sul matrimonio, occorrerà affrontare con sapienza e decisione tutti i temi sollevati dalle nuove domande di famiglia, in particolare i punti critici dei diritti successori, di quelli legati alle responsabilità di cura ed assistenza e, infine, di quelli derivanti dai regimi previdenziali. Attenzione, quasi ad ogni passaggio di generazione i nostalgici del passato e gli innovatori si combattono attorno all'ipotesi della morte della famiglia o della sua definitiva trasformazione. Vi risparmio la lettura di un testo cinquecentesco: dopo l'elenco in varie lingue di Grillini non sarei all'altezza. La famiglia intesa come legame sociale primario ha resistito a tutte queste «guerre», cambiando pelle e forma. Le unioni civili fanno parte, oggi, della nuova pelle della famiglia nella nostra epoca. Riconoscerle, anche sul piano giuridico, aiuta le relazioni familiari a mantenere la loro consistenza ed il loro significato di legame fondativo anche delle altre forme di socialità. Ciò dovrebbe essere un patrimonio per tutti noi, che conosciamo bene l'articolazione tra la Costituzione ed il diritto di famiglia (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo e Rifondazione Comunista-Sinistra Europea - Congratulazioni).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Forlani. Ne ha facoltà.
ALESSANDRO FORLANI. Signor Presidente, onorevole rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, è abbastanza desolante affrontare una tematica così importante e così decisiva per gli equilibri della società in un aula quasi vuota. Sicuramente, si tratta di questioni che meriterebbero un pubblico vasto e, soprattutto, una riflessione approfondita, che coinvolga tutte le forze politiche, tutti i parlamentari. Quando si tende a modificare così sensibilmente i cardini dell'istituto familiare tradizionale occorre un'adeguata riflessione, occorre evitare che si proceda con leggerezza, che simili questioni divengano oggetto - anche se è molto difficile in un paese quale il nostro, di grandi passioni politiche, ideologiche, culturali e religiose - di scontro ideologico o mera insegna di battaglia politica, di propaganda, di partito preso per ragioni corporative.
L'istituto familiare va considerato, io credo, in un'ottica laica ed in base a precise esigenze con valenza sociale ed istituzionale. Non a caso, la previsione costituzionale dichiara la famiglia fondata sul matrimonio, vale a dire su un atto giuridico formale e solenne.
Purtroppo, considerati i tempi ristretti - fattore che non era stato valutato nel suo complesso -, chiedo alla Presidenza, anche per lasciare spazio ad altri colleghi, di autorizzare la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna di considerazioni integrative del mio intervento.
PRESIDENTE. Onorevole Forlani, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Giro. Ne ha facoltà.
FRANCESCO MARIA GIRO. Signor Presidente, il collega Forlani ha affermato che è desolante, per lui, intervenire in un'aula così vuota. Certo, è desolante, imbarazzante ed anche un po' deprimente. Noi siamo qui perché eravamo chiamati ad esercitare, per così dire, il nostro diritto di legittima difesa, in quanto le nostre sono mozioni che, in modo abbastanza chiaro, intendono difendere un valore nel quale crediamo: la famiglia. Vostro era l'onere di assicurare una presenza appassionata, convinta ed anche dialetticamente disposta ad entrare in relazione con l'opposizione.Pag. 58Voi eravate interessati a difendere il lavoro che questo Governo intende portare avanti, non noi. Quindi, da quest'aula così vuota, semideserta, desumo un dato incontestabile: o siamo di fronte ad un'emergenza fasulla o l'aula semideserta rende evidente che il problema delle coppie di fatto esiste, ma non è così pressante.
In queste settimane, mi sono definito a più riprese un «bindiano»: l'ho dichiarato all'Ansa e la notizia è stata riportata anche dai giornali. L'ho fatto perché il ministro per le politiche per la famiglia, che ritengo delegata a dire la sua ed a proporre provvedimenti da discutere con l'opposizione - proposte concernenti un tema così rilevante devono essere condivise -, ha sempre mostrato cautela, sobrietà e prudenza: poiché condivido questi tre «strumenti» operativi - anzi, li condividiamo noi deputati di Forza Italia -, mi sono considerato «Bindiano».
Entrando in aula, mi sono accorto che i presenti erano nove (cinque dell'opposizione, che, evidentemente, era diventata maggioranza, e quattro della maggioranza, che, evidentemente, su questo tema è un po' minoritaria); adesso siamo in parità (quattro a quattro). Ebbene, diamo al ministro Bindi la possibilità di esprimere la sua posizione cauta, sobria e molto prudente!
Ho letto la dichiarazione di una collega che stimo ed apprezzo, Silvana Mura, la quale ha affermato che Forza Italia è divisa. Sono contento che al mio fianco vi sia Elio Vito, persona capace, il quale non ha mai nascosto la sua adesione a valori liberali, laici, e, seduto accanto a lui, Enrico La Loggia, un cattolico convinto e determinato, ma pronto a lavorare per mediazioni alte, non al ribasso.
Ebbene, Forza Italia non è divisa. Innanzitutto, essa è unita nel dire a questo Governo di cessare la sua deriva interventista in siffatte materie: fermati Prodi, altrimenti vai, come stai rischiando di fare, contro un muro! Restituisci al Parlamento la possibilità di confrontarsi! Noi siamo qui a discutere sette od otto mozioni (non ne ho tenuto la contabilità): questo è un segno di fragilità.
Vuol dire che si è lavorato male, troppo in fretta, con idee assai confuse su temi spesso sovrapposti, senza cercare giuste soluzioni di sintesi. Noi, infatti, siamo un partito «sintetico», quasi kantiano. Kant lavorava per sintesi, addirittura si è inventato la categoria della sintesi a priori, per cui la sintesi, la quale sembrerebbe essere un prodotto successivo ad una elaborazione o ad un processo, era diventata una categoria a priori, cioè un valore assoluto; la sintesi come un valore da ricercare per un partito aperto e liberale come Forza Italia, che intende - lo ha detto giustamente il collega La Loggia - difendere un valore che noi riteniamo non negoziabile, quello della famiglia, senza assolutamente ledere i diritti delle persone. Quindi, fermati, Governo!
E poi, siamo uniti nel dire che i temi dell'etica non possono diventare terreno di scambio, oggetto di un baratto continuo, cui ci costringe una sinistra illiberale e radicale. Ho apprezzato gli interventi appassionati dei colleghi della sinistra, pur non condividendone il merito. Però, caro Grillini, non puoi venire qui in quest'aula, fregiandoti di un simbolo sul petto e accusandoci di non ricordare la memoria degli omosessuali trucidati dal nazismo: questo è un segno di assoluta mancanza di rispetto, che non aiuta il dialogo e il lavoro di sintesi cui mi sono richiamato prima e rivela da parte tua una buona dose di intolleranza, quella stessa intolleranza che secondo le tue parole noi dimostreremmo in questo confronto.
È assolutamente falso, mentre è assolutamente vero che ti sei presentato qui manifestando nei nostri confronti una buona dose di aggressività, che io respingo al mittente perché non posso tollerare che Forza Italia, il centrodestra, ma - credo - tutti i tuoi colleghi, debbano ascoltare discorsi di questo tenore: lascia stare i morti, che noi consideriamo martiri per la libertà! Io stesso - non te lo nascondo - ho molti amici omosessuali, che hanno però dimostrato nei miei confronti, e lo dimostrano quotidianamente, un rispetto maggiore del tuo.Pag. 59
Parliamo di Forza Italia, parliamo di questo partito così curioso che vi dà molto fastidio: è un partito complesso, perché di massa, che naturalmente raccoglie anche filoni culturali e tradizioni diverse, ma questo non gli ha impedito nelle scelte cruciali di unirsi; e quello alla coscienza non è un appello alla neutralità, perché la coscienza è la radice di ogni libero convincimento. È però un invito a riflettere, a dire al Governo: «Fermati», oppure: «Se vuoi lavorare, non discriminare un ministro a favore di un altro». Abbiamo qui, infatti, assistito ad un duello rusticano fra il ministro Bindi e la ministro Pollastrini.
Chi vi parla negli anni Ottanta ha collaborato con il ministro Jervolino alla nascita del Dipartimento degli affari sociali e in quel minuscolo ufficio a Via Barberini abbiamo elaborato le prime vere politiche familiari per questo paese. Allora, parliamo di questo, lasciamo lavorare il ministro Bindi! Perché condizionare il lavoro del ministro Bindi a date ultimative: «entro e non oltre il 31 gennaio...»? Sembra di sentire l'esattore delle tasse! Evidentemente, quella di imporre vincoli e date è un indole, ma qui non dobbiamo riscuotere l'ICI, qui dobbiamo parlare di un argomento delicato e controverso.
Forza Italia è unita, perché io francamente, caro La Loggia, non ho mai sentito all'interno di Forza Italia, e tu converrai con me, chiedere una rigida equiparazione giuridica fra famiglie e, ad esempio, coppie omosessuali: non mi risulta che questa richiesta di parificazione vi sia, come non mi risulta che sulla questione delle famiglie anagrafiche vi sia una battaglia. Vi è la preoccupazione di tutelare dei diritti singolari.
In questo caso sto citando il vescovo di Torino: sì alla tutela dei diritti singolari personali, ad esempio la facoltà di subentrare nell'affitto. Discutiamone, si può fare, si fa già. Mi riferisco anche alla possibilità di cura e assistenza al malato: sì può fare, si fa.
Se Grillini denuncia fenomeni di discriminazione, ebbene, cerchiamo di emarginali. Quando però andiamo a parlare di materia successoria, eredità e reversibilità (quindi di materia complessa, della previdenza, dove peraltro la sinistra non dimostra grande coesione in questo momento, in questi frangenti), ebbene stiamo attenti: cautela, (ce lo dice la ministra Bindi), cautela, prudenza, rigore, perché la nuova normativa che volete imporre entro e non oltre il 31 gennaio può scatenare (usando un termine brutto) un conflitto, una incidenza eccessiva sulla normativa civile in vigore.
Poi, francamente, e concludo, abbiamo questo benedetto articolo 29 della Costituzione. È inutile arrampicarsi sugli specchi, e mettere l'articolo 29 in gara con l'articolo 2 e l'articolo 3.
Non abbiamo bisogno, collega Bimbi (di cui peraltro apprezzo la lucidità del suo intervento), di lezioni di diritto costituzionale. Lo sappiamo anche noi che la prima parte della Costituzione è così importante. Non l'avete mai voluto toccare ma, se «stranamente» l'articolo 29 è il primo articolo della seconda sezione, quella dedicata ai rapporti etico-sociali, un motivo ci sarà pure! Un motivo ci sarà pure!
Quindi, cautela, prudenza. Da parte di Forza Italia c'è un atteggiamento di alta responsabilità. Guardate, non parliamo di divisioni in Forza Italia. Se dovessi fare la contabilità delle divisioni a sinistra, credo che questo Governo, questa maggioranza, ne uscirebbero a pezzi.
Concludo quindi manifestando, a nome di Forza Italia (lo posso dire liberamente), un atteggiamento di forte responsabilità. Attendiamo, purtroppo come una colpa che dobbiamo subire, le determinazioni di questo Governo. Voglio però concludere come ho iniziato: mi auguro che prevalga la responsabilità, la cautela e la prudenza del ministro Bindi, e non la irresponsabilità e la voglia, la foga interventista della ministro Pollastrini. Continuerò quindi a definirmi, fino a prova del contrario, «bindiano» (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Grazie onorevole Giro.
Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni presentate.Pag. 60Chiedo al ministro Bindi se il Governo intenda intervenire o si riservi di farlo in una fase successiva.
ROSY BINDI, Ministro per le politiche per la famiglia. Mi riservo di intervenire nel prosieguo del dibattito.
PRESIDENTE. Sta bene.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
Sospendo brevemente la seduta.
La seduta, sospesa alle 19,20, è ripresa alle 19,30.
Discussione del disegno di legge: S. 1179 - Ratifica ed esecuzione della Convenzione sulla protezione e la promozione delle diversità delle espressioni culturali, fatta a Parigi il 20 ottobre 2005 (Approvato dal Senato) (A.C. 2081).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Ratifica ed esecuzione della Convenzione sulla protezione e la promozione delle diversità delle espressioni culturali, fatta a Parigi il 20 ottobre 2005.
Comunico che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).
(Discussione sulle linee generali - A.C. 2081)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Informo che il presidente del gruppo parlamentare di Forza Italia ne ha chiesto l'ampliamento, senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del regolamento.
Avverto, altresì, che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Ranieri, ha facoltà di svolgere la relazione.
UMBERTO RANIERI, Relatore. Signor Presidente, il disegno di legge in esame approvato dal Senato si propone la ratifica della Convenzione sulla protezione e la promozione delle diversità delle espressioni culturali. Tale Convenzione è il risultato di lunghi e complessi negoziati intergovernativi, ai quali ha partecipato anche l'Unione europea, essendo interessate delle competenze comunitarie. La Convenzione entrerà in vigore il prossimo 18 marzo, essendo stata depositata la trentesima ratifica lo scorso 18 dicembre. Una tempestiva ratifica anche da parte dell'Italia, entro tale data, appare quindi particolarmente opportuna.
La Convenzione consta di 35 articoli e di un Allegato e traduce in termini normativi i principi proclamati nella Dichiarazione universale adottata dall'Unesco nel 2001: una dichiarazione in base alla quale il concetto di diversità culturale è elevato al rango di patrimonio comune, inteso come l'insieme delle molteplici espressioni culturali esistenti. In proposito, è opportuno ricordare come l'Unesco abbia la duplice missione di promuovere la diversità delle culture, oltre al libero corso delle idee, espresse in parole ed immagini. Oggi l'Unesco ha messo a fuoco lo stretto legame che esiste tra cultura e democrazia, sottolineando la necessità della tolleranza e del rispetto reciproco, non solo nei rapporti tra gli Stati, ma anche all'interno di ciascuna società.
L'inveramento di tale approccio avviene attraverso il riconoscimento della pari dignità delle culture, la protezione della proprietà culturale e la promozione del dialogo interculturale. In occasione della Giornata mondiale per la diversità culturale, che è stata celebrata lo scorso 21 maggio, il direttore generale dell'Unesco ha auspicato lo sviluppo di un mondo in cui la creatività dei singoli individui, al pari di quella dei popoli, sia protetta nella ricchezza della sua diversità, così come si riallaccia alle radici della tradizione, così come si reinventa in ogni epoca che si sussegue. La Convenzione, oltre a riconoscere la centralità delle varie forme di espressione culturale ed artistica, si ponePag. 61l'obiettivo del rafforzamento dei cinque stadi della catena creativa culturale: ossia la creazione stessa, la produzione, la diffusione, l'accesso e la fruizione dei beni culturali, con particolare riguardo ai paesi in via di sviluppo.
Tra i principi guida della Convenzione, emerge quello per il quale in nessun caso la protezione e la promozione della diversità culturale possono essere assicurate comprimendo i diritti umani e le libertà fondamentali, quali la libertà di espressione, informazione e comunicazione, come anche la libertà di scelta di ciascuno per le proprie espressioni culturali. Il rispetto per i diritti umani e le libertà fondamentali è l'unico vero antidoto alla possibile sottovalutazione della centralità del dialogo e del libero confronto delle idee.
In relazione ai problemi dello sviluppo, la Convenzione non manca di sottolineare la complementarietà degli aspetti economici e culturali, nonché il profilo dello sviluppo sostenibile. La Convenzione consente, inoltre, alle parti di delimitare speciali contesti nei quali si ritenga che determinate espressioni culturali dei propri territori siano a rischio di estinzione o sotto seria minaccia, e di adottare le misure necessarie in tali casi. Segnalo al riguardo il parere della Commissione parlamentare per le questioni regionali, che ha raccomandato di tener conto delle competenze regionali nell'attuazione della Convenzione. La Convenzione prevede altresì disposizioni che intendono rafforzare la collaborazione tra i paesi sviluppati e i paesi in via di sviluppo, anche mediante l'adozione di misure intese a facilitare l'accesso al mercato globale e alle reti di distribuzione internazionale, specie in settori quali la musica e la cinematografia.
Fra gli strumenti individuati per la concreta applicazione degli obiettivi e dei principi sopra richiamati, va ricordata la disposizione contenuta nella parte IV, con la quale si istituiscono punti di contatto per far circolare le informazioni sulle questioni oggetto della Convenzione. È poi prevista la presentazione all'Unesco di un rapporto quadriennale in relazione alle misure adottate in materia. La parte VI prevede l'istituzione di una Conferenza degli Stati ratificanti, che si riunisce una volta ogni due anni, elegge i membri del Comitato intergovernativo, approva le linee guida operative della Convenzione, riceve ed esamina i rapporti degli Stati. Una novità importante è costituita dalla previsione dell'adesione di organizzazioni di integrazione economica alla Convenzione. Tale norma è, di fatto, intesa a consentire l'adesione dell'Unione europea all'accordo. I mezzi necessari alle parti per l'applicazione della Convenzione saranno forniti anzitutto a valere sul Fondo internazionale per la diversità culturale, al quale affluiscono contributi volontari, fondi erogati dalla Conferenza generale dell'Unesco e donazioni.
L'Unesco contribuirà, inoltre, a facilitare la raccolta, l'analisi e la diffusione delle informazioni statistiche e buone pratiche in merito alla diversità dell'espressione culturale. Da ultimo, per quanto riguarda la copertura finanziaria, ricordo che l'articolo 3 del disegno di legge di ratifica quantifica in 14 mila 130 euro la spesa per il 2007, in 7 mila 870 euro per il 2008 e in 14 mila 130 euro a decorrere dal 2009. Tali oneri riguardano la partecipazione di esperti e funzionari italiani alla Conferenza delle parti (articolo 22) e al Comitato intergovernativo (articolo 23).
In conclusione, rilevo come la tempestiva ratifica della Convenzione da parte dell'Italia consentirà al nostro paese di confermare il proprio impegno e la propria attenzione alla tutela del patrimonio culturale, sia nell'ambito delle attività dell'Unesco, sia nel quadro dell'iniziativa di altri soggetti istituzionali, quali l'Unione europea o il Consiglio d'Europa. Mi riferisco innanzitutto alla proclamazione del 2008 quale anno europeo del dialogo interculturale: una scadenza questa che potrà consentire una prima verifica dell'attuazione dei principi della Convenzione sulla diversità delle espressioni culturali.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
Pag. 62DONATO DI SANTO, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, il Governo raccomanda l'approvazione del disegno di legge di ratifica in discussione.
PRESIDENTE. Constato l'assenza degli onorevoli Mancini e De Zulueta, iscritti a parlare: s'intende che vi abbiano rinunziato.
Dichiaro pertanto chiusa la discussione sulle linee generali.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
Sull'ordine dei lavori (ore 19,39).
PRESIDENTE. Avverto che il contingentamento dei tempi relativo alle comunicazioni del ministro della giustizia, previste per la seduta di domani, sarà pubblicato in calce al resoconto della seduta odierna.
Ordine del giorno della seduta di domani.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.
Martedì 23 gennaio 2007, alle 10:
(ore 10, con votazioni a partire dalle ore 15)
1. - Comunicazioni del Ministro della giustizia sull'amministrazione della giustizia, ai sensi dell'articolo 86 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come modificato dall'articolo 2, comma 29, della legge 25 luglio 2005, n. 150.
2. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Delega al Governo per la revisione della disciplina relativa alla titolarità ed al mercato dei diritti di trasmissione, comunicazione e messa a disposizione al pubblico, in sede radiotelevisiva e su altre reti di comunicazione elettronica, degli eventi sportivi dei campionati professionistici e delle altre competizioni professionistiche organizzate a livello nazionale (1496-A)
e delle abbinate proposte di legge: CIOCCHETTI ed altri; GIANCARLO GIORGETTI e CAPARINI; RONCHI ed altri; PESCANTE ed altri; DEL BUE (587-711-1195-1803-1840).
- Relatore: Folena.
3. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Conversione in legge del decreto-legge 28 dicembre 2006, n. 300, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative (2114-A).
- Relatore: Amici.
4. - Seguito della discussione delle mozioni Volontè ed altri n. 1-00071, Bertolini ed altri 1-00073, Fabris ed altri 1-00075, Gasparri ed altri 1-00076, Maroni ed altri 1-00077, Villetti ed altri 1-00078, Bonelli ed altri 1-00080 e Migliore ed altri 1-00081 in tema di famiglia.
5. - Seguito della discussione del disegno di legge:
S. 1179 - Ratifica ed esecuzione della Convenzione sulla protezione e la promozione delle diversità delle espressioni culturali, fatta a Parigi il 20 ottobre 2005 (Approvato dal Senato) (2081).
- Relatore: Ranieri.
6. - Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge (previo esame e votazione di una questione pregiudiziale):
MAZZONI; MASCIA ed altri; BOATO e MELLANO; DE ZULUETA: Istituzione della Commissione nazionale per la promozione e la tutela dei diritti umani e del Garante dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale (626-1090-1441-2018-A/R).
- Relatore: Mascia.
7. - Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge costituzionale:
ANGELA NAPOLI; LA RUSSA ed altri; BOATO; ZACCARIA ed altri: Modifica all'articolo 12 della Costituzione in materia di riconoscimento dell'italiano quale lingua ufficiale della Repubblica (648-1571-1782-1849-A).
- Relatore: Bocchino.
La seduta termina alle 19,45.
TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO LUISA CAPITANIO SANTOLINI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DELLE MOZIONI VOLONTÈ ED ALTRI N. 1-00071, BERTOLINI ED ALTRI N. 1-00073, FABRIS ED ALTRI N. 1-00075, GASPARRI ED ALTRI N. 1-00076, MARONI ED ALTRI N. 1-00077 E VILLETTI ED ALTRI N. 1-00078
LUISA CAPITANIO SANTOLINI. La famiglia italiana, fondata sul matrimonio, gode ai sensi degli articoli 29 e 31 della Costituzione di un regime preferenziale, in ragione della sua insostituibile funzione nella società. Infatti è riconosciuta da tutti gli osservatori e da tutti gli esperti, quale vero e unico welfare esistente in Italia da decenni, è ed è sempre stata un formidabile ammortizzatore sociale, è un soggetto economico a pieno titolo, garantisce il ricambio generazionale ed è il luogo di una relazione profonda ed educativa tra i sessi e le generazioni. Ma la famiglia non è solo luogo di affetto e di solidarietà: è una «società naturale», cioè una struttura sociale basata su un patto pubblico tra due persone che, di fronte alla collettività, si assumono responsabilità e compiti e che quei compiti promettono di onorare sulla base di un progetto di vita duraturo e fecondo. Nessuno può negare la verità di queste affermazioni e far finta di ignorare che la società italiana è fortemente in debito con le famiglie italiane per l'insostituibile ruolo che hanno avuto nella storia della Repubblica; nessuno può essere così ideologicamente collocato, da negare che il valore sociale della famiglia fondata sul matrimonio sia incomparabile rispetto a qualunque altra aggregazione o comunità esistente nella nostra come in qualsiasi altra società; nessuno può negare che il principio di uguaglianza impone di trattare nello stesso modo situazioni uguali e in modo diverso situazioni diverse.
Ebbene oggi, rispetto al 1948 ed anche dal punto di vista dei pronunciamenti della Corte costituzionale, le cose non sono cambiate: la distinzione tra la famiglia fondata sul matrimonio e convivenza more uxorio rappresenta un punto fermo nella giurisprudenza della Corte costituzionale, che ha affermato, infatti, nel 1996, che nella considerazione «dei rapporti personali e patrimoniali di coppie nelle due diverse situazioni, considerazione la quale - fermi in ogni caso i doveri e i diritti che ne derivano verso i figli e i terzi - tenga presente e quindi rispetti il maggior spazio da riconoscersi, nella convivenza, alla soggettività individuale dei conviventi; e viceversa dia, nel rapporto di coniugio, maggior rilievo alle esigenze obiettive della famiglia come tale, cioè come stabile istituzione sovraindividuale»; in altre parole, la giurisprudenza costituzionale ha sempre escluso la possibilità di far ricorso all'analogia per applicare alle convivenze more uxorio la disciplina prevista per le famiglie fondate sul matrimonio, in quanto l'analogia «presuppone la similarità delle situazioni, la quale, oltre a non essere presente tra il rapporto coniugale e quello di mera convivenza in sé considerati, non è voluta dalle stesse parti, che nel preferire un rapporto di fatto, hanno dimostrato di non voler assumere i diritti e i doveri nascenti dal matrimonio» (1998).
Tuttavia da tempo alcune forze politiche hanno sollevato un dibattito sulle «unioni libere» come è più corretto chiamarle, affermando da un lato che è una «battaglia di civiltà», «un progresso nella tutela dei diritti e della non discriminazione» e dall'altro che è un fenomeno chePag. 64riguarda milioni di persone. Anche i media, quasi tutti, parlano delle coppie di fatto quasi fosse una emergenza nazionale, ma nessuno si prende la briga di indicare in modo serio la dimensione di questo enfatizzato «problema». In realtà le coppie di fatto sono meno di mezzo milione (dati Istat 5 gennaio 2006), su 22 milioni di famiglie fondate sul matrimonio, e di queste la metà è fatta da coppie che vivono insieme in attesa di sposarsi e dell'altra metà una parte consistente è costituita da persone con un precedente matrimonio, che non si sposano con il partner per non perdere benefici economici precedentemente acquisiti. Massimo Livi Bocci ha dichiarato che «se è vero che la tendenza è in crescita, soprattutto al Nord e nelle grandi città, le dimensioni del fenomeno sono ancora modeste. Se estendessimo l'esperienza francese all'Italia, non più di 10.000-15.000 coppie farebbero ricorso al nuovo istituto nei primi anni».
Nei 19 registri anagrafici per le coppie di fatto omo od etero sessuali istituiti presso i comuni italiani gli iscritti sono 285.
I sostenitori della regolamentazione delle coppie di fatto invocano l'articolo 2 della Costituzione e contemporaneamente affermano che in ogni caso, mettersi sotto la tutela della legge, sarebbe sempre una scelta libera di coloro che intendono avvalersene. Si può rispondere, come eminenti giuristi hanno fatto, che l'articolo 2 tutela sempre i diritti del singolo, anche nel caso in cui le formazioni sociali nel quale è integrato volessero limitarli e che l'articolo 2 «non può essere invocato per dare rilevanza costituzionale ad alcuna formazione sociale, perché quando la Costituzione lo ha voluto fare lo ha detto espressamente come nel caso dei partiti politici o dei sindacati»; inoltre appare evidente che se lo status di convivenza dovesse giustificare il riconoscimento pubblico di alcuni diritti da parte dello Stato, allora bisognerebbe imporre legalmente a tutte le coppie di fatto tale status, anche a quelle che liberamente convivono senza obblighi, né doveri e che non vogliono essere tutelate.
In realtà non esiste alcun vuoto legislativo, nessun cittadino italiano è discriminato per mancanza di leggi, e chiedere una legislazione sulle coppie di fatto significa pretendere riconoscimenti di diritti senza corrispondenti doveri: in questo modo ogni patto di convivenza «si configura come un rapporto giuridico parassitario a carico della comunità» come è stato recentemente ed autorevolmente affermato dal Prof. Francesco D'Agostino, Presidente emerito del Comitato nazionale di bioetica.
Parlando di convivenze, infine, credo si debba convenire che anche due amici che vivono sotto lo stesso tetto sono conviventi, così come due anziane o vecchie signore che si aiutano negli ultimi anni della loro vita o due operai fuori sede che si mettono insieme per risparmiare sulle spese. Viene da chiedersi: daremo anche a loro la possibilità di accedere alla pensione di reversibilità o alla eredità in caso di decesso del convivente?
Da ultimo è opportuno precisare quanto segue: che per salvaguardare la posizione dei figli nati fuori dal matrimonio l'articolo 30 della Costituzione attribuisce ad essi lo stesso trattamento sul piano giuridico e morale attribuito ai figli nati nell'ambito del matrimonio; che per soddisfare quei pochissimi casi in cui si invoca una tutela specifica, si può ricorrere a semplici atti amministrativi che possono chiarire certe situazioni e permettere le relative soluzioni; che il principio costituzionale secondo il quale è da reputare illegittima ogni discriminazione ingiustificata nei confronti delle persone in conseguenza delle loro scelte sessuali, non può portare a negare che le forme di convivenza tra persone dello stesso sesso abbiano, a prescindere da qualsiasi giudizio di ordine morale, una funzione diversa da quella della famiglia fondata sul matrimonio.
Tutto ciò premesso, la Camera impegni il Governo: ad avviare iniziative di promozione della famiglia fondata sul matrimonio; a non intraprendere, nell'esercizio delle proprie funzioni compresa l'iniziativa legislativa, azioni che possano, attraverso ilPag. 65riconoscimento del rilievo pubblico alle convivenze more uxorio comprese quelle tra persone dello stesso sesso, attribuire a tali formazioni i diritti che vengono acquisiti in conseguenza della formazione di una famiglia, come società naturale fondata sul matrimonio, come riconosciuto dall'articolo 29 della Costituzione.
CONSIDERAZIONI INTEGRATIVE DEL DEPUTATO ALESSANDRO FORLANI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DELLE MOZIONI VOLONTÈ ED ALTRI N. 1-00071, BERTOLINI ED ALTRI N. 1-00073, FABRIS ED ALTRI N. 1-00075, GASPARRI ED ALTRI N. 1-00076, MARONI ED ALTRI N. 1-00077 E VILLETTI ED ALTRI N. 1-00078
ALESSANDRO FORLANI. Il rilievo costituzionale del matrimonio come atto sul quale si fondano i rapporti familiari evidenzia la rilevanza sociale del vincolo e la funzione fondamentale dell'istituto familiare negli equilibri della comunità.
Ne discendono reciproci diritti ed obblighi fra i coniugi e verso la comunità, in particolare la funzione importantissima di educazione dei figli, ma anche particolari attenzioni da parte dello Stato, provvidenze fiscali, abitative, retributive, agevolazioni professionali, uno status giuridico particolare che comporta oneri a carico della comunità e assunzioni di precise responsabilità.
Per questo resta necessario un atto giuridico formale, come appunto il matrimonio, in grado di costituire un vincolo dotato di un minimo di stabilità e dissolubile solo in virtù della ricorrenza di tassative condizioni.
Non è una questione di orientamento religioso, il matrimonio è un istituto di diritto civile che preesiste al cristianesimo e che ha la funzione di responsabilizzare la coppia, disciplinarne diritti e doveri, assicurare certezza del diritto ai rapporti familiari e stabilità dell'ordine sociale.
Una forma di «matrimonio affievolito», quale apparirebbe il cosiddetto «PACS» assegnerebbe diritti e benefici senza adeguata assunzione di responsabilità e garanzia di stabilità, considerando che le stesse sono state già fortemente attenuate nella loro intensità dal breve periodo di separazione ora richiesto per ottenere il divorzio.
Una forma affievolita creerebbe nuovi diritti e provvidenze a buon mercato, soprattutto nuove corsie preferenziali non sempre giustificate da corrispondenti oneri, con relativa moltiplicazione di costi sociali, difficilmente sostenibili.
Per quale ragione poi? Alla coppia convivente già la giurisprudenza e alcune leggi particolari assegnano alcuni diritti. Altri potrebbero essere riconosciuti da nuove normative, per tutelare esigenze di particolare rilevanza sociale.
Non mi sembra dunque necessario il PACS, che si presterebbe anche a facili abusi e mistificazioni, aggirerebbe l'esigenza di una forte responsabilizzazione della coppia e potrebbe aprire la strada a pericolose forme di stravolgimento dei tradizionali equilibri familiari, soprattutto nel campo della filiazione e dell'adozione.
ORGANIZZAZIONE DEI TEMPI DI DISCUSSIONE SULLE COMUNICAZIONI DEL GOVERNO SULL'AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA
2 ore e 30 minuti, così ripartiti:
Interventi a titolo personale | 10 minuti (con il limite massimo di 3 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato) |
Gruppi | 2 ore e 20 minuti |
L'Ulivo | 31 minuti |
Forza Italia | 21 minuti |
Alleanza Nazionale | 13 minuti |
Rifondazione Comunista-Sinistra Europea | 10 minuti |
UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) | 10 minuti |
Lega Nord Padania | 8 minuti |
Italia dei Valori | 7 minuti |
La Rosa nel Pugno | 7 minuti |
Comunisti Italiani | 7 minuti |
Verdi | 7 minuti |
Popolari-Udeur | 7 minuti |
Democrazia Cristiana-Partito Socialista | 6 minuti |
Misto | 6 minuti (Minoranze linguistiche: 3 minuti; Movimento per l'Autonomia: 3 minuti) |