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XV LEGISLATURA
Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 96 di martedì 23 gennaio 2007
Pag. 1PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI CASTAGNETTI
La seduta comincia alle 10.
VALENTINA APREA, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 18 gennaio 2007.
(È approvato).
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, i deputati Brugger, Buontempo, Capezzone, Cordoni, D'Alema, De Castro, De Simone, Di Pietro, Donadi, Fabris, Fallica, Galati, Mattarella, Mazzocchi, Migliore, Morrone, Mussi, Oliva, Ranieri, Realacci, Rigoni, Scajola, Violante ed Elio Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantuno, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
TESTO AGGIORNATO AL 1 FEBBRAIO 2007Annunzio di petizioni.
PRESIDENTE. Invito l'onorevole segretario a dare lettura del sunto delle petizioni pervenute alla Presidenza, che saranno trasmesse alle sottoindicate Commissioni.
VALENTINA APREA, Segretario, legge:
ROSARIO ELIA, da Catanzaro, chiede la modifica delle norme relative alla cancellazione dell'ipoteca in seguito all'estinzione del debito (223) - alla VI Commissione (Finanze);
PIER LUIGI MARTINEZ, da Collegno (Torino), chiede di prevedere appositi spazi informativi anche tramite i mezzi di comunicazione per illustrare le petizioni dei singoli cittadini (224) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
MORENO SGARALLINO, da Terracina (Latina), chiede:
che le rampe per i disabili siano maggiormente illuminate e dotate di strisce antiscivolo (225) - alla VIII Commissione (Ambiente);
maggiore equità di trattamento fiscale tra lavoratori dipendenti e lavoratori autonomi (226) - alla VI Commissione (Finanze);
misure per ridurre l'eccessivo costo delle polizze di assicurazione (227) - alla VI Commissione (Finanze);
che nell'ambito del servizio radiotelevisivo pubblico non sia vietato che premi in denaro possano essere offerti da ditte che intendono, con tale strumento, farsi pubblicità (228) - alla VII Commissione (Cultura);
SALVATORE FRESTA, da Palermo, chiede interventi per evitare ingiustificati aumenti dei prezzi (229) - alla X Commissione (Attività produttive);Pag. 2
PIETRO GALASSO, da Tarano (Rieti), e altri cittadini, chiedono che i militari che hanno presentato domanda di collocamento in pensione con il trattamento in ausiliaria in data
antecedente al 28 settembre 1996 siano collocati in ausiliaria dalla data di cessazione dal servizio ed in base alle norme vigenti anteriormente a tale data (230) - alla XI Commissione (Lavoro);
OLIVIERO GULOT, da Ornago (Milano), chiede:
nuove norme in materia di semplificazione delle entrate fiscali (231) - alla VI Commissione (Finanze);
modifiche alla normativa concernente dichiarazioni di conformità di macchinari usati (232) - alla X Commissione (Attività produttive);
BRUNO GRANDELIS, da Gioia del Colle (Bari), chiede che sia previsto il divieto per i candidati eletti in una lista di aderire successivamente ad un altro gruppo politico (233) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
SONIA TONI, da Rimini, e numerosi altri cittadini, chiedono la riduzione dell'aliquota IVA dal 20% al 4% sulle bevande vegetali quali soia, riso e avena (234) - alla XIII Commissione (Agricoltura).
Comunicazioni del ministro della giustizia sull'amministrazione della giustizia, ai sensi dell'articolo 86 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come modificato dall'articolo 2, comma 29, della legge 25 luglio 2005, n. 150 (ore 10,05).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione sulle comunicazioni del ministro della giustizia sull'amministrazione della giustizia, ai sensi dell'articolo 86 del regio decreto del 30 gennaio 1941, n. 12, come modificato dall'articolo 2, comma 29, della legge 25 luglio 2005, n. 150.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta di ieri.
(Intervento del ministro della giustizia)
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il ministro della giustizia, senatore Clemente Mastella.
CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Grazie. Signor Presidente, onorevoli colleghi, nel dare conto al Parlamento, massima espressione della sovranità popolare, delle vicende che hanno riguardato l'amministrazione della giustizia nell'anno appena concluso e prima di delineare i tratti principali dei progetti di riforma che mi accingo a presentare in un prossimo Consiglio dei ministri, sento forte l'esigenza di richiamare e fare mio il monito rivolto dal Capo dello Stato nel suo messaggio di fine anno. Un confronto politico, caratterizzato da toni suscettibili che si sovrappongono al merito dei problemi e delle soluzioni che abbiamo il dovere di progettare ed adottare nell'interesse degli italiani, rischia di produrre una crisi irreversibile nel rapporto tra cittadini e istituzioni.
Tale monito, che condivido totalmente, bene si presta, in verità, all'applicazione nel settore della giustizia. Non è, infatti, soltanto la politica a ricevere un giudizio negativo da parte dei nostri concittadini. Il sistema giudiziario è tra quelli verso i quali il livello di fiducia e di affidamento delle persone è sceso, negli ultimi anni, in modo più significativo e continua a produrre nell'opinione pubblica segni di insofferenza e di incomprensione. Ciò che mi preoccupa di più è proprio l'insoddisfazione che i cittadini traggono dal rapporto con il sistema giustizia, una sensazione diffusa, anche se poco misurabile, che purtuttavia è sotto gli occhi di ciascuno di noi. Secondo alcune ricerche, i tre quarti delle persone che ogni giorno varcano la soglia degli uffici giudiziari ne escono con sentimenti di impotenza, se non di vera e propria rabbia, capaci di favorire la progressiva presa di distanza dei cittadini non solo dalla giustizia, ma, più in generale, dallo Stato e dalle istituzioni repubblicane. Certo, questa crisi di Pag. 3fiducia tra il cittadino e la giustizia è stato talvolta accentuata proprio dall'insufficiente qualità del confronto politico. Troppo spesso il recente passato è stato caratterizzato da toni gridati che anche in materia di giustizia hanno reso assai difficile il percorso virtuoso indicatoci, con tanta autorevolezza, dal Capo dello Stato.
Per quanto mi riguarda, la centralità del sistema giustizia, vero pilastro dell'ordinamento democratico per la difesa dei diritti individuali e la sicurezza dei cittadini, la sua straordinaria importanza per la competitività economica del paese, la sua rilevanza strategica per dare nuovo slancio alla costruzione di un'Europa vicina ai bisogni di ogni cittadino dell'Unione, costituiscono altrettanti elementi che mi fanno sentire vincolato ad un metodo di confronto pacato ed aperto, attento esclusivamente al merito dei problemi, delle proposte e delle possibili, eventuali, soluzioni.
Tengo a ribadirlo: la giustizia è tema di tale importanza, snodo istituzionale di tale delicatezza, che la sua riduzione a semplice occasione per marcare una discontinuità con il recente passato contrasta profondamente con la mia cultura, il mio modo di fare politica e di concepire la vita delle istituzioni. Ritengo auspicabile, quindi, che il percorso del disegno di legge che il Governo si accinge a presentare possa registrare non solo il positivo concorso di tutto il Parlamento, nella ricerca di riforme largamente condivise, ma anche l'apertura al contributo di idee e proposte da parte delle istituzioni e di tutti gli attori del sistema giustizia.
Voglio anche dire con forza, poi, che la «stella polare» della mia azione di governo non sono associazioni o gruppi professionali, pur autorevoli ed influenti, bensì i cittadini. Questo è il mio parametro di riferimento: le persone in carne ed ossa, con il loro quotidiano e pressante bisogno di una giustizia rinnovata ed efficace, autonoma ed indipendente nell'esercizio di tutte le sue funzioni, credibile, perché responsabile della qualità del servizio offerto al paese. Verso di loro, verso i cittadini, sento il dovere di un'iniziativa riformatrice che intendo sostenere con coerenza dinanzi al Parlamento, in adempimento dei compiti affidati dall'articolo 110 della Costituzione e nel pieno rispetto del programma con il quale ci siamo presentati, come maggioranza, di fronte agli elettori.
Sono convinto che l'insoddisfazione montante tra gli utenti e gli stessi protagonisti del mondo giudiziario si può arginare soltanto con progetti complessivi e coerenti che incidano sugli aspetti problematici del sistema giustizia che pesano di più sulla collettività, in primo luogo i tempi, di cui la gente non comprende la continua dilatazione, e che incidono negativamente su utilità e pertinenza di ogni decisione giudiziaria, anche di quella più giusta. Una sentenza che arriva dopo anni ed anni, anche quando è emessa in modo giusto, finisce per svilire il senso della giustizia, perché rimane fondamentalmente ingiusta. Poi, vi sono i costi, non solo legati all'esborso di denaro necessario per l'accesso alla giustizia, ma anche, e forse soprattutto, al negativo impatto su individui e società che i ritardi e la denegata giustizia producono. Infine, vi è la stessa certezza del diritto, sovente messa in discussione, anche di recente, dall'intreccio tra mediatizzazione troppo spinta, negli ultimi tempi, e taluni comportamenti dei singoli attori di questo mondo. Fronteggiare tale crisi di affidabilità della giustizia non è solo una priorità per il Governo - del resto enunziata, anche di recente, dal Presidente del Consiglio - ma un'urgenza ed una sfida per tutta la classe dirigente del paese, una vera e propria questione nazionale.
Nell'esporre sinteticamente quanto nel corso del 2006 si è verificato nell'amministrazione della giustizia, limiterò il mio discorso ad alcuni snodi ed elementi essenziali rinviando per il resto a più completo e complesso documento, che sarà poi proposto alla vostra attenzione, corredato di dati statistici di maggior dettaglio. Tali dati non sono certo ancora sufficienti, nonostante i ripetuti annunci del precedente Governo, a rispondere all'esigenza di disporre di strumenti di misura e di conoscenza Pag. 4idonei a consentire una valutazione esatta delle performance complessive e di settore del sistema giudiziario. Dotare l'amministrazione di affidabili strumenti di rilevazione statistica è un campo nel quale impegnare con decisione in futuro - io credo - l'azione dell'intero Governo nella sua collegialità.
È noto che il Parlamento ha provveduto ad adottare, su mia proposta, un provvedimento di parziale sospensione della riforma dell'ordinamento giudiziario, sostenuta dal Governo precedente. Sono noti, altresì, i conflitti e le tensioni laceranti che quella riforma aveva prodotto nel tessuto istituzionale, mettendo a rischio i principi fondamentali di autonomia e di indipendenza della magistratura. Il 2006 è, dunque, profondamente segnato da un radicale cambiamento di rotta (ha riportato, probabilmente, un po' di serietà) nel progetto complessivo di giustizia affermato dal nostro Governo.
L'intervento del Parlamento ha rappresentato, a mio avviso, un atto di grande responsabilità che se, da un lato, ha realizzato un utile sintesi, seppur non perfetta, sostenuta da un largo consenso politico (più al Senato di quanto si è verificato alla Camera), dall'altro rende ora necessaria un'ulteriore, urgente iniziativa legislativa, di cui darò meglio conto nella seconda parte di questo mio intervento. Del metodo auspicabile in questo prossimo percorso e delle mie convinzioni circa i veri aventi diritto di un servizio giustizia efficiente e moderno ho già detto, e sono i cittadini, le persone: tento di delineare un umanesimo giudiziario; questo è il mio tentativo, spero d'intesa con la grande volontà del Parlamento.
L'anno appena trascorso ha segnato una svolta nelle politiche penitenziarie a seguito dell'approvazione del provvedimento d'indulto, che s'innesta in un contesto di iniziative finalizzate alla umanizzazione della pena. Il mantenimento stabile del livello della popolazione detenuta in circa 39 mila unità, a mesi ormai dal prodursi degli effetti dell'indulto, il rilancio delle aree educative con l'introduzione di un nuovo modello di trattamento, le iniziative in favore della detenzione sociale - dalle misure per le detenute madri, all'opera di recupero di tossicodipendenti -, sono state tutte attività che hanno caratterizzato positivamente l'anno appena trascorso ristabilendo condizioni di legalità nella fase di esecuzione della pena.
L'anno 2006 ha visto, inoltre, sensibili iniziative nel settore del lavoro e della sanità in ambito penitenziario. Si sono consolidate, infatti, le attività ammesse ai benefici della legge Smuraglia, che offre sgravi fiscali alle aziende che offrono lavoro ai detenuti, e si registrano significative esperienze di formazione lavorativa. Pur in un contesto critico di finanza pubblica, è stata poi introdotta la cartella clinica informatizzata che consentirà in breve di conoscere in modo completo le esigenze sanitarie della popolazione detenuta, per una sempre migliore razionalizzazione degli interventi.
Accanto a queste iniziative, va pure segnalato il piano di interventi per la ristrutturazione e per l'ampliamento di alcuni importanti strutture penitenziarie, che consentirà l'incremento della capienza detentiva ed il miglioramento delle condizioni di vita all'interno delle carceri (si tratta, come ho già avuto modo di dire di fronte alle Commissioni giustizia di Camera e Senato, prima di Natale, di circa millecinquecento unità).
Per quanto riguarda la giustizia civile, i dati statistici riferiti al 2005 e al dato tendenziale annuale rilevato a giugno 2006, indicano un costante aumento della domanda di giustizia. Le cause iscritte nel 2005 sono state 4.330.305, a fronte di 4.252.875 del 2004. La capacità di risposta del sistema a tale aumento reagisce secondo un tasso d'incremento pari al 2 per cento annuo, in linea con l'evoluzione registrata nel quinquennio. Il numero di procedimenti definiti è stato nel 2005 pari a 4.207.469, allorché nel 2004 era stato pari a 4.097.990. Le previsioni per il 2006, sulla base del dato del primo semestre 2006, non si discostano in modo significativo da quanto finora osservato, con un aumento di procedimenti esauriti presso le Pag. 5corti di appello e i giudici di pace ed un sostanziale equilibrio del dato per tribunali e tribunali per i minorenni.
Il dato da sottolineare per comprendere la ineludibilità e l'assoluta urgenza di scelte deflattive forti è che, nonostante il lieve andamento crescente, il numero dei procedimenti definiti ha continuato a mantenersi, come nel 2004, al di sotto del numero dei nuovi iscritti con conseguente crescita del contenzioso arretrato.
Il numero dei procedimenti pendenti sfiora dunque i cinque milioni, in area prossima al numero annuale sia dei procedimenti iscritti che di quelli definiti. Tali dati vanno interpretati in relazione a quelli relativi alla durata prevedibile dei processi iscritti nel 2005 (cosiddetti «tempi di giacenza»), nei quali si registra, con poche eccezioni, un peggioramento da un anno all'altro che può ormai essere definito cronico: trenta mesi di giacenza media attesa per un processo di cognizione ordinaria iscritto al 2005 in primo grado a Roma (ma addirittura 52 a Messina) o 44 paesi su scala nazionale per la definizione di un analogo processo in appello, rappresentano indici di durata indegni di un paese civile ai quali non possiamo rassegnarci.
Nonostante la quasi generalizzata diminuzione dei procedimenti iscritti al 2005 - mi riferisco alla giustizia penale - rispetto al 2004, tanto presso le procure della Repubblica (meno 2 per cento contro autori noti e 8 contro quelli ignoti) che presso i tribunali (meno 10 per cento per il rito collegiale e meno 1 per cento per quello monocratico) e giudici di pace (meno 9 per cento) con un unico dato in controtendenza relativo alle corti di appello (più 8,7 per cento), la giacenza media in giorni nelle varie tipologie d'ufficio non registra variazioni di rilievo (ad esempio da 619 a 622 giorni per il dibattimento collegiale in tribunale).
La variazione più alta attiene al dibattimento presso il giudice di pace, la cui giacenza passa da 225 giorni nel 2004 a 285 giorni nel 2005. Notevole poi la variabilità tra le giacenze dei singoli uffici, secondo territorialità e dimensione. Nel caso delle corti d'appello, ad esempio, si passa dai 230 ai 250 giorni per le corti di Palermo o di Potenza, ai 1200 giorni per quelle di Ancona o Venezia, a fronte di una media nazionale pari a 622 giorni.
Anche nel settore penale gli indici disponibili indicano dunque la necessità di interventi urgenti - e sottolineo «urgenti» - per garantire il principio costituzionale di ragionevole durata del processo.
Le iniziative del Governo per una giustizia più rapida al servizio del cittadino devono essere dunque messe all'opera con il sostegno di una grande volontà parlamentare.
Ho impegnato fin dal mio insediamento, per quanto mi riguarda, tutte le strutture ministeriali e apposite commissioni in vista di un profondo intervento riformatore sull'ordinamento giudiziario e sulle diverse discipline processuali e sostanziali. L'urgenza e la gravità dei problemi innanzi descritti necessita di risposte altrettanto urgenti e di un vero e proprio piano straordinario per la giustizia.
È necessario in primo luogo l'impegno del Governo sulla riforma dell'ordinamento giudiziario, consentita dalla legge di sospensione già approvata dalla maggioranza e con il consenso di una parte dell'opposizione.
Il relativo disegno di legge va rapidamente licenziato, cosa che mi appresto a fare in uno dei prossimi Consiglio dei ministri e va assunto l'impegno di tutte le forze politiche della maggioranza di consentirne l'approvazione, così come stabilito, entro il 31 luglio di quest'anno.
Vanno quindi adottate immediate riforme volte alla semplificazione ed all'accelerazione dei processi civili e penali, riforme che devono essere peraltro compatibili con una prospettiva di più lungo periodo, in quanto preparatorie dei successivi interventi di sistema che risulteranno dai lavori delle commissioni ministeriali da me costituite.
Alcuni di questi interventi non necessitano di impegni finanziari aggiuntivi. Altri interventi straordinari, invece, pure assolutamente necessari per recuperare Pag. 6con rapidità livelli accettabili di efficienza, dovranno essere accompagnati a regime dagli opportuni aggiustamenti di bilancio.
Gli interventi che propongo a questa Assemblea, e che proporrò al Parlamento in itinere, riguardano dunque i seguenti temi: ordinamento giudiziario, processo civile e processo penale, misure di organizzazione e razionalizzazione della macchina giudiziaria, correzione delle cosiddette «norme ad personam».
Il vecchio sistema ordinamentale e la stessa riforma immaginata con la legge del 2005 non tengono in conto la condivisa consapevolezza che il sistema di valutazioni dei magistrati non è più adeguato. La professionalità del magistrato non può più essere affermata solo per presunzioni e soltanto in occasione di passaggi di qualifica troppo distanziati nel tempo.
Allo stesso modo, il bizantino sistema di concorsi previsto dalla riforma sospesa dal Parlamento non valorizzava adeguatamente l'attività dei magistrati, basando la progressione su esami e titoli teorici e formali, spesso non conferenti con l'attività concreta svolta nella giurisdizione.
Al contrario, il mio tentativo di riforma - spero riforma - punta ad un magistrato più preparato, perché reclutato nel migliore dei modi, scelto negli incarichi successivi perché migliore per le funzioni da attribuire: in altri termini, la previsione di un continuo controllo sulla professionalità e la scelta per gli incarichi direttivi dell'uomo giusto - si dice così - al posto giusto. Pertanto, sarà previsto un sistema di selezione più efficace, in cui per accedere alla magistratura non basterà soltanto la laurea ed un concorso teorico. Si tratterà di un concorso di secondo grado e un corso-concorso, in cui, ad una prima selezione teorica, farà seguito un corso ed una selezione finale teorico-pratica. Saranno previsti momenti ravvicinati (ogni quattro anni) di valutazione dell'attività dei magistrati, anche con conseguenze di rilievo economico e di carriera nel caso di riscontrata inadeguatezza.
L'analisi delle capacità organizzative e dell'attitudine agli incarichi direttivi dovrà essere l'elemento costante della valutazione periodica, da riprendere ed approfondire in occasione della valutazione specifica richiesta, ad esempio, per il conferimento di un incarico direttivo. L'esercizio delle funzioni direttive, poi, sarà caratterizzato da un maggior controllo di professionalità e di gestione, con limiti di tempo ben definiti (quattro anni rinnovabili una sola volta). La carriera resta unica. Alla marcata separazione tra funzioni giudicanti e requirenti deve sostituirsi un sistema di distinzione delle funzioni, in cui il passaggio dalla funzione requirente a quella giudicante e viceversa viene consentito, ma resta però subordinato alla frequenza di un corso di qualificazione professionale e ad un giudizio di idoneità specifica, con limiti di incompatibilità a livello distrettuale.
La Scuola della magistratura si occuperà soltanto della formazione iniziale e continua dei magistrati, senza alcuna invasione di campo e di competenze con il CSM, unico organo prescritto, per la verità, che potrà procedere alla valutazione dei magistrati. L'assetto ordinamentale che vi propongo, poi, per la maggiore attività valutativa richiesta, dovrà essere accompagnato da una riforma del CSM, in cui i componenti siano aumentati a trenta perché si ritiene che questo elemento possa determinare una maggiore e più efficace propulsione sia sul piano amministrativo che su quello di natura giurisprudenziale.
Per quanto riguarda il processo civile, ogni processo dovrà pervenire a decisione definitiva entro un termine prestabilito sulla base della giurisprudenza della Corte europea per i diritti dell'uomo per i procedimenti dello stesso tipo. La durata di un processo ordinario di media complessità non dovrà oltrepassare i cinque anni nei tre gradi di giudizio (due anni in primo grado, due anni in appello e un anno in Cassazione). L'obiettivo è quello di ottimizzare e rendere prevedibile per le parti la durata del processo, in linea con le più recenti raccomandazioni del Consiglio d'Europa. Viene allo scopo istituita un'udienza di programmazione dei tempi del processo, già introdotta con successo, Pag. 7per la verità da non molto, nel sistema francese, nel corso della quale il giudice terzo stabilirà, nel contraddittorio delle parti, un vero e proprio calendario del procedimento. Saranno imposti termini vincolanti, garantiti da apposite preclusioni e non prorogabili se non in caso, come accade spesso, di gravi e giustificati motivi. Sono attribuiti al giudice, che riceverà la qualifica di responsabile del procedimento, poteri officiosi che consentano il governo del processo. In caso, quindi - l'obiezione al riguardo mi pare corretta, l'interrogativo che serpeggia può essere molto forte -, di mancato rispetto del termine massimo di ragionevole durata, il magistrato dovrà tempestivamente informare il dirigente del suo ufficio, che avrà l'obbligo di prendere ogni necessaria iniziativa, sia essa di carattere organizzativo o anche disciplinare.
La valorizzazione del ruolo conciliativo del giudice nella prima fase del procedimento, accompagnata dalla previsione di sanzioni processuali a carico della parte che abbia, senza giusti motivi, rifiutato la proposta conciliativa avanzata dalla controparte o proposta dal giudice, si muove pure nel senso della responsabilizzazione di tutte le parti di fronte alla domanda di giustizia.
Sarà inoltre alleggerito il peso delle questioni di competenza - che affliggono molto l'itinerario perverso nella lungaggine dei tempi -, prevedendo un procedimento semplificato in luogo del farraginoso meccanismo del regolamento di competenza. Se si considera che solo nel 2005 sono pervenute alla Corte di cassazione 2.243 ricorsi per regolamento di competenza su una sopravvenienza totale di 29.975 ricorsi, si possono facilmente cogliere i riflessi positivi che, anche sul versante più generale della deflazione dei carichi e dei flussi, tale misura potrebbe, a mio giudizio, garantire.
Sono poi previsti altri interventi sul processo, tesi a ridurne la durata. Tra questi, ricordo: lo snellimento del sistema delle notifiche; l'aumento della competenza per valore del giudice di pace; la semplificazione del regime delle nullità processuali, attraverso la riduzione delle relative ipotesi di rafforzamento degli strumenti di sanatoria degli atti processuali nulli; la modifica degli articoli 181 e 309 del Codice di rito, in modo che l'assenza delle parti in udienza determini immediatamente la cancellazione della causa dal ruolo al fine di ovviare ad una delle cause più frequenti di allungamento dei processi; l'introduzione del procedimento sommario non cautelare per consentire la definizione della controversia attraverso una procedura semplificata e veloce; la trasformazione dell'appello da gravame devolutivo, che consente una nuova delibazione sulla fondatezza della domanda, a mezzo di impugnazione per motivi chiusi e specifici, come peraltro da tempo auspicato dalla migliore dottrina. In tal modo, oggetto dell'appello diventerebbe la sentenza di primo grado, eventualmente viziata, come attualmente accade nel giudizio di Cassazione.
Si contempla inoltre la razionalizzazione dei meccanismi di liquidazione delle spese processuali, che attualmente è strettamente correlata - stranamente - alla durata, anche se eccessiva, del processo. Il meccanismo di liquidazione dovrebbe invece essere sganciato dalla durata del processo ed, anzi, dovrebbe prevedere incentivi in caso di minore durata, valorizzando così l'impegno e la qualità professionale degli avvocati.
Onorevoli colleghi, per la verità sono anche convinto della necessità di una sostanziale riduzione dei termini di sospensione del processo nel periodo feriale, che attualmente decorrono dal 1o agosto al 15 settembre e che con la riforma - che spero sia approvata - sarà ridotto di un terzo perché andranno dal 1 al 31 agosto. Quindi, non si arriverà più al 15 settembre, quando tradizionalmente riaprivano le strutture giudiziarie. Nella situazione di gravi crisi fin qui descritta, non è accettabile che i tribunali e le corti italiane non apprestino ordinario servizio di udienza per ben 45 giorni.
Come si è visto, gli interventi normativi (mi riferisco al processo penale) sono non solo necessari, ma indifferibili. Sarà mio Pag. 8impegno preciso, per quanto possibile, affrontare anche nel processo penale il problema dell'efficienza e della durata ragionevole del processo. Anche in questo caso, per cogliere una metafora sportiva particolarmente efficace, bisogna evitare che qualcuno «faccia melina» nel gioco processuale, sperando di lucrare una pronuncia sulla prescrizione. Allo stesso senso vanno responsabilizzati anche in questo ambito magistrati, avvocati, periti e personale amministrativo per garantire che il processo penale abbia un termine massimo ben preciso (cinque anni per tre gradi di giudizio) che non può essere superato, fatta eccezione per quei processi di particolare complessità legati all'accertamento di fatti connessi alla criminalità organizzata o al terrorismo.
Intendo inoltre proporre l'approvazione di un provvedimento legislativo, già elaborato dai miei uffici, che preveda anche nel settore penale la necessaria ed efficace programmazione dei tempi del processo. Tale intervento, nel rispetto degli standard imposti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo, è volto, sotto un primo profilo, alla massima garanzia dei diritti delle parti. Voglio dire a chi potrebbe sollevare obiezioni al riguardo, che con la procedura più veloce non vi è mai l'eliminazione delle garanzie processuali. Anzi, queste ultime devono essere elevate per tutto quanto riguarda gli elementi di immunità e garanzia riferiti soprattutto alla parte di natura forense. Quindi, tale intervento legislativo si muove nel rispetto degli standard europei. Esso è volto, da un lato, a garanzia di tutte le parti e, dall'altro, ad assicurare la soddisfazione della legittima pretesa punitiva dello Stato, baluardo della libera convivenza civile.
In questa ottica intendo poi rivedere il regime delle nullità, che non incidano mai sulle garanzie di difesa. Vi è infatti la costante preoccupazione che tutto questo possa incidere sul regime delle garanzie rendendole meno forti, meno robuste e meno determinate. Quindi, si introdurranno preclusioni temporali più rigide nella loro proponibilità. Ciò eviterà di far regredire il processo ponendo nel nulla attività complesse e costose, innalzando al tempo stesso l'effettività del complessivo sistema delle garanzie. Analogamente, la disciplina delle questioni di competenza deve contemplare rigide preclusioni temporali e l'immediata ricorribilità in Cassazione, in modo da pervenire sul punto ad una rapida e definitiva decisione.
Intendo, poi, adempiere ad un preciso impegno di programma riguardante la profonda riforma della disciplina della prescrizione introdotta dalla legge cosiddetta ex Cirielli. Il cuore dell'intervento deve ancorare il termine finale della prescrizione ad un momento precedente alla formazione del giudicato, evitando la moria dei processi, scoraggiando impugnazioni meramente dilatorie, incentivando il ricorso ai riti alternativi.
Va precisato che tale intervento potrà riequilibrare il vigente sistema di inappellabilità della sentenza e di assoluzione da parte del pubblico ministero, pur attualmente sottoposto al vaglio di costituzionalità (mi riferisco alla legge Pecorella).
Per quanto riguarda i riti alternativi, all'effetto di spinta indotto dalla certezza della conclusione del processo in tempi ragionevoli, vanno affiancate preclusioni temporali al patteggiamento; un patteggiamento ammesso in grado di appello costituisce uno spreco di risorse non giustificato, sicché alla parziale rinuncia dello Stato, alla pena deve corrispondere, effettivamente, un recupero di risorse e di efficienza dell'intero sistema.
È allo studio, inoltre, la possibilità dell'allargamento del patteggiamento delle pene, pur non condizionalmente sospese, per le quali l'imputato abbia titolo per l'affidamento in prova al servizio sociale.
Tale strumento, del quale stiamo verificando il possibile impatto quantitativo, consentirebbe di unificare nella fase preliminare del processo, con evidenti effetti deflattivi, per la verità, le decisioni relative alla pena da irrogare e alla sua futura esecuzione.
L'intervento, che proporrò in una delle prossime riunioni del Consigli dei ministri, Pag. 9comporta altre importanti disposizioni, quali la riforma delle impugnazioni delle misure cautelari, l'archiviazione dei procedimenti per fatti di particolare tenuità.
È stato inoltre avviato un tavolo tecnico per la razionalizzazione, il coordinamento e la modernizzazione delle leggi in materia antimafia. Il gruppo di lavoro, coordinato dall'ufficio legislativo del Ministero della giustizia, si compone di magistrati, di altre articolazioni del dicastero, nonché di tecnici appartenenti al Ministero dell'interno, della difesa, dell'economia delle finanze, di magistrati della procura nazionale antimafia, di esperti del dipartimento della Polizia di Stato, della DIA e dei Comandi Generali dell'Arma dei carabinieri e della Guardia di finanza.
Il programma prevede la redazione, in tempi brevi, di un disegno di legge delega che, oltre a coordinare la normativa esistente, vada ad incidere, con profonde innovazioni, in materia di: previsioni del codice penale e di procedura penale e delle connesse leggi speciali, in chiave di accresciuta efficienza della complessiva risposta repressiva al fenomeno mafioso (in accordo sinergico con le commissioni ministeriali già insediate e con la stessa Commissione parlamentare antimafia); misure di prevenzione, con particolare riguardo a quelle di carattere patrimoniale in modo da rendere più agevole e veloce il procedimento che porta alla confisca di beni delle cosche mafiose, da migliorare la gestione degli stessi beni durante il tempo del procedimento, da disciplinare, migliorandola, anche la fase della destinazione finale dei beni stessi; misure di contrasto alle infiltrazioni mafiose nei settori dell'economia, dei lavori pubblici e della pubblica amministrazione; miglioramento ed aggiornamento delle norme atte a prevenire il riciclaggio, con particolare riferimento al «tracciamento» dei movimenti dei flussi di denaro; accrescimento del sistema di prevenzione e di controllo in materia di gare pubbliche; rivisitazione normativa in materia di certificazione antimafia; predisposizione di regole costituzionalmente compatibili in materia di elettorato passivo.
Passo ora - e mi avvio più o meno rapidamente alla conclusione - a parlare della giustizia minorile.
Devo dire che la questione si è aperta. Qualcuno, in Francia, mutua esperienze diverse, ritenendo che la soglia di punibilità debba cadere; nel programma di uno dei candidati che si presenta per le prossime presidenziali francesi viene avviata una discussione, che considero più o meno dottrinaria, in ordine a questa soglia di punibilità. L'abbassamento della soglia di età della responsabilità penale (credo ne abbia fatto cenno anche il presidente Pisicchio, in un suo recente intervento), pur presente, come ipotesi, nel dibattito politico, non solo italiano, non mi sembra una ricetta efficace per combattere la delinquenza minorile: dico questo non per un aspetto vanaglorioso o surrogatorio di un dibattito estremamente sereno che pure è giusto che ci sia.
Nei paesi in cui questa soluzione è stata adottata, le evidenze statistiche non ne hanno dimostrato la pertinenza. La deterrenza che si immaginava, in realtà, non si è verificata. Per cui, anzi, si è elevato il tasso, purtroppo, di fenomeno criminale di devianza minorile.
Altri strumenti di carattere socio-educativo mi paiono più congrui rispetto ai bisogni di prevenzione speciale e culturalmente più vicini alla nostra tradizione giuridica e alle migliori prassi dei nostri uffici giudiziari, peraltro, anche in sintonia con sentenze, più meno recenti, o, comunque, nella traiettoria di sentenze emesse dalla Corte costituzionale.
In sintonia con i sistemi di giustizia minorile, con le politiche giovanile dei paesi dell'UE e coerentemente con gli orientamenti del Governo di razionalizzazione e di innovazione della pubblica amministrazione, sarà istituito un centro per la ricerca, la formazione e l'innovazione del dipartimento giustizia minorile. Il centro garantirà la razionalizzazione di risorse umane ed economiche, si occuperà di sviluppare la ricerca finalizzata ad azioni innovative ed interventi di qualità in area tecnico-operativa, sostenendo e rafforzando le competenze degli operatori Pag. 10che lavorano in ambito minorile e la cooperazione a livello nazionale, europeo ed internazionale.
Parallelamente, ritengo che vada diffusa la strategia della mediazione penale, fortemente sostenuta dalle istanze europee. Sarà costituita, poi, una commissione incaricata di proporre una complessiva riforma ordinamentale, nella prospettiva di riunire, in unico organo, tutte le competenze che attengono alla persona, al minore ed alla famiglia. Una diversa commissione studierà in particolare l'organizzazione del sistema penitenziario minorile.
Sono tutti interventi necessari al raggiungimento degli obiettivi prefissati. Di particolare rilievo è la realizzazione dell'ufficio per il processo, inteso come struttura amministrativa di supporto all'attività giudiziaria. La piena attuazione dei principi costituzionali del giusto processo e della sua ragionevole durata richiede una nuova metodologia di organizzazione del lavoro del personale dell'amministrazione giudiziaria, che già fa tanto in condizioni di grande difficoltà. Ieri, mi sono permesso di telefonare, avendo letto su un quotidiano a larga diffusione i ringraziamenti rivolti al direttore, anzi alla direttora di cancelleria del tribunale di Genova per il lavoro che svolge tra incredibili difficoltà. È un lavoro per il quale, come Stato e come Amministrazione della giustizia, dobbiamo essere grati a lei come a tanti altri che operano in condizioni non di pienezza di regime di un'organizzazione che riesce a far emergere da ognuno le proprie capacità e competenze.
Il nuovo modello organizzativo proposto è inteso come contenitore flessibile delle diverse professionalità dell'amministrazione, idoneo a rispondere alle esigenze di ammodernamento attraverso lo sviluppo della collaborazione e delle sinergie possibili, il migliore utilizzo delle risorse umane e degli strumenti analitici, statistici ed informatici, la disseminazione di sperimentazioni diffuse sul territorio, la circolazione delle migliori esperienze e pratiche professionali.
Il disegno di legge su «Costituzione dell'ufficio per il processo e riordino dell'inquadramento del personale dell'amministrazione giudiziaria», sviluppato in un'ottica di dialogo con gli operatori del settore e di concertazione con le organizzazioni sindacali dei lavoratori, si propone come intervento normativo quadro di definizione dei principi generali della riorganizzazione. L'ufficio per il processo garantisce il compimento, debitamente monitorato, delle attività correlate all'attività giurisdizionale, consentendo anche l'occasione, senza oneri per l'amministrazione, di svolgimento presso di esso di attività di tirocinio legale da parte di giovani che vi intendono partecipare.
L'istituzione dell'ufficio per il processo è accompagnata da uno specifico percorso di valorizzazione del personale, di ridefinizione delle mansioni, di ricollocazione nei rispettivi inquadramenti, anche in relazione al forte impulso che viene impresso al processo telematico.
A questo proposito, devo dire che siamo arrivati ad un punto cruciale che ci consentirà il passaggio, al tempo stesso, dal supporto cartaceo al collegamento in rete, per arrivare - appunto - al processo telematico.
L'informatizzazione degli uffici giudiziari può realizzare un salto di qualità mettendo a frutto la sperimentazione di progetti che sono stati condotti, sino ad oggi, dal Ministero negli uffici giudiziari. La nostra intenzione è di far divenire le esperienze virtuose, condotte in molti uffici da punte di eccellenza, in realtà di nicchia, a quotidianità di tutti gli uffici. La prima dimostrazione di ciò che è stata la partenza, nello scorso dicembre, del decreto ingiuntivo telematico con valore legale presso il tribunale di Milano. È nostra intenzione, adesso, che venga esteso in tutte le altre sedi. L'obiettivo è di realizzare, entro il 2010, decreti ingiuntivi, notifiche ai legali, processo previdenziale e processo esecutivo in via telematica e con valore legale in tutti gli uffici giudiziari.
La realtà più complessa ed articolata del processo penale non ha, per ora, consentito la diffusione così ampia del processo telematico, ma sono in corso sperimentazioni, in particolare per la dematerializzazione Pag. 11e facile consultazione degli atti depositati, ai sensi dell'articolo 415-bis del codice di procedura penale, per la realizzazione della banca dati delle misure cautelari, per il sistema informativo dell'esecuzione penale e per il sistema informativo delle misure di prevenzione personali e reali (beni confiscati alla criminalità organizzata).
La riforma organizzativa è, altresì, diretta alla semplificazione delle attività di pagamento di contributi, diritti e spese processuali ed alla razionalizzazione della gestione delle somme confluenti nei depositi giudiziari. Tutto ciò nel quadro di uno sforzo più generale che la mia amministrazione sta assicurando per il contenimento e la razionalizzazione delle spese.
In particolare, sul tema delle intercettazioni telefoniche appare ineludibile una concorde azione del Governo - e spero del Parlamento - per modificare sostanzialmente le prestazioni obbligatorie dei gestori di telefonia e correggere, anche per il passato, evidenti distorsioni nei meccanismi e risultati di spesa. La spesa per le intercettazioni telefoniche e ambientali, infatti, è elevatissima. Nel quadriennio 2003-2006, il costo globale è stato di circa 1 miliardo e 300 mila euro e, in tale somma, non è compreso il costo delle trascrizioni. Tali costi sono il risultato di una gestione non centralizzata e del tutto irrazionale, assolutamente non governata, nello scorso quinquennio, dall'amministrazione centrale. I contratti di nolo degli apparati su base circoscrizionale registrano un'altissima variazione dei costi da sede a sede (il ventaglio di costi va da 1 a 18). Inoltre, dovrà essere rivista la base di costo fissato con i gestori di telefonia obbligati per legge a fornire la prestazione.
Nel disegno di legge in discussione presso la Commissione giustizia della Camera è prevista una radicale trasformazione del sistema, privilegiando la riduzione dei centri di ascolto e l'acquisto degli apparati anche con il sistema della locazione finanziaria. I centri di intercettazione saranno istituiti su base distrettuale in numero di 26 strutture rispetto alle 166 che esistono attualmente. Da qui, evidentemente giunge l'inflazione che porta a questa cifra esagerata. Voglio chiarire che, ogni qual volta si tocca il tema delle intercettazioni, sembra che si intervenga per dire che non si voglia compiere investigazioni; anzi, in realtà, proprio per garantire un'investigazione più corretta, seria e serena, bisogna che ci sia una disponibilità di risorse che non sia quella per la quale ho illustrato in questo momento una particolarità che mi sembra francamente eccessiva.
Il costo per spese di investimento, cablaggio, misure di sicurezza dei locali, postazioni informatiche, acquisto di software, manutenzione è stimato in 19.292.500 euro. All'evidenza è possibile un enorme recupero di risorse (da oltre 300 a circa 20 milioni per anno). Ma ciò che mi sembra cruciale è che vengono pienamente tutelati la sovranità ed il pieno controllo dell'autorità giudiziaria sul dato investigativo, garantendo concretamente l'accessibilità ad uno strumento di indagine insostituibile nelle indagini più complesse e delicate.
L'efficacia delle nuove norme processuali e organizzative si confronterà, però, con uno spaventoso arretrato, per il quale vanno realizzati interventi straordinari di abbattimento. Per il civile, è possibile procedere con meccanismi di stralcio per la rapida evasione di tutte quelle cause rimaste prive di sufficiente trattazione probatoria che abbiano superato o stiano per superare gli standard di ragionevole durata determinati dalla giurisprudenza della Corte europea di salvaguardia dei diritti dell'uomo. Questa misura straordinaria necessita, per raggiungere rapidamente gli obiettivi di azzeramento dell'arretrato, del reclutamento e della retribuzione di magistrati onorari in ragione di ogni sentenza prodotta. Solo così si garantisce che la retribuzione sia direttamente collegata al risultato, evitando, al contempo, future rivendicazioni di stabilizzazione.Pag. 12
Per i processi penali, invece, l'unica misura allo stato possibile è una norma transitoria che consenta l'applicazione del patteggiamento per reati coperti da indulto con una deroga agli attuali sbarramenti temporali. Si impongono, inoltre, in coerenza con gli impegni di programma, le modifiche radicali agli interventi normativi cosiddetti ad personam, in primo luogo in materia di falso in bilancio.
Onorevoli colleghi, signor Presidente, questo è il progetto che ho in mente - e spero che non sia soltanto nella mia mente - per riannodare, in tempi rapidi, il rapporto di fiducia tra giustizia e cittadini, con l'apporto e la correlazione tra maggioranza e opposizione. Ogni singolo intervento mi sembra coerente con un disegno globale della giurisdizione fedele al dettato costituzionale ed insieme innovativo quanto a strutture processuali, modelli ordinamentali e forme di organizzazione dell'attività amministrativa.
Processi più rapidi giovano a tutti i soggetti coinvolti, trasformando garanzie scritte sulla carta in tutela effettiva della persona (peraltro, una giustizia che si muove con ritardo crea problemi all'economia ed allo sviluppo), giovano all'intero paese, del quale la giustizia costituisce un fattore essenziale di sicurezza e di competitività.
Tra il progetto e la sua solidificazione in norma, sono essenziali - questa è la ragione della mia presenza - il ruolo del Parlamento ed un aperto dibattito con la società civile.
Tra la norma e la sua applicazione concreta esistono, però, talvolta, lo spessore di resistenze psicologiche ed il peso di radicate abitudini professionali, del tipo: chi te lo fa fare? È impossibile! È un'impresa disperata!
La decisiva importanza della giustizia per la democrazia impone a tutti noi un impegno coerente e coeso.
Tale è il mio impegno. Spero anche che sia l'impegno del Parlamento (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, La Rosa nel Pugno, Verdi e Popolari-Udeur).
(Discussione)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle comunicazioni del ministro della giustizia.
È iscritto a parlare l'onorevole Pisicchio. Ne ha facoltà.
PINO PISICCHIO. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, onorevole ministro, abbiamo ascoltato l'ampia relazione testé svolta appunto da lei, onorevole ministro della giustizia, e l'impegno che la muove, la motiva e che condividiamo. Come abbiamo ascoltato, il Governo si appresta a promuovere iniziative che vanno nel senso di uno snellimento del processo; ne prendiamo atto e attendiamo di potere concorrere con l'iniziativa parlamentare alla migliore definizione degli esiti di questo sforzo.
Ma una riforma di sistema della giustizia - veniva opportunamente ricordato - non potrebbe prescindere da altri elementi; dalla valutazione, per esempio, dei soggetti che ricoprono i ruoli di primi attori nella giurisdizione: quasi 200 mila avvocati (con gli ultimi ingressi), 9 mila magistrati ordinari, 14 mila giudici onorari sono un numero impegnativo, superiore percentualmente ad ogni altro nei sistemi occidentali. Ci domandiamo - lo facciamo con il ministro - se siano ancora validi i sistemi di reclutamento, la formazione professionale, i momenti di verifica opportunamente richiamati nel suo disegno di riforma.
Ancora, come garantire le nuove competenze quali l'informatica e l'analisi dell'organizzazione, così essenziali nel moderno processo? E ancora, come può utilmente trovare tutela l'equilibrio tra il diritto del cittadino alla privacy e l'esigenza dello svolgimento delle indagini, soventemente spezzato dall'intervento dei media? Inoltre, è giusto che la gogna mediatica - troppo spesso allestita nei confronti di cittadini incolpevoli (come ci rammentano episodi di questi giorni) e comunque tutelati dalla presunzione di non colpevolezza - sia evitata sanzio nando Pag. 13solo il giornalista o l'editore che pubblica la notizia oppure vanno rintracciate anche altre responsabilità? Il corto circuito tra mass media e giustizia ha caratterizzato spesso fasi cruciali della vita civile del nostro paese e continua a rappresentare un elemento di diffidenza dei cittadini nei confronti del sistema, come è stato opportunamente evocato e richiamato dal ministro proprio in apertura della sua relazione.
Ancora, venendo ad un tema che ci sta a cuore, quello dell'autodichia e delle giurisdizioni domestiche - un tema sensibile, che riguarda i magistrati, gli avvocati in quanto professionisti e (perché no?) anche la classe parlamentare -, la domanda è la seguente; può ancora questo paese continuare a tollerare che categorie importanti di cittadini, quasi come le caste della Grecia arcaica, continuino ad essere protette dalla sacralità della propria funzione, giudicando se stesse con la logica dei pari? Sarebbe, forse, più adeguata una devoluzione del compito di giudicare i magistrati, i parlamentari ed i professionisti ad una autorità indipendente ed autonoma?
PRESIDENTE. Deve concludere...
PINO PISICCHIO. Concludo subito.
Sono convinto, onorevole ministro, onorevoli colleghi, che un progetto riformatore di questa entità non possa essere compiuto né da una sola parte politica né soltanto dalla parte politica; abbiamo la necessità di avviare allora una fase costituente della giustizia che deve raccordare e portare allo stesso tavolo i protagonisti della giurisdizione, magistratura e avvocatura, insieme con la politica.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Consolo. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE CONSOLO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, in particolare mi rivolgo a lei, naturalmente, signor ministro e rappresentante del Governo. Proprio a causa del suo discorso devo iniziare questo mio intervento con una constatazione amara, ma necessaria. In materia di giustizia, devo dire che davvero non ci siamo. Glielo dico con sincero dispiacere, anche a causa dei nostri rapporti personali. Infatti, dopo otto mesi dal suo insediamento, il bilancio dell'attività del Governo e già - posso dirlo - fallimentare. Sappiamo bene - ma nessuno può rimproverarglielo - di non aver risolto ancora la questione giustizia. Sarebbe sciocco da parte mia pretenderlo e, soprattutto, in così breve tempo. Per conseguire questo fine, non sarebbe forse sufficiente lo spazio di un'intera legislatura.
Noi, però, signor ministro, le rimproveriamo qualcosa di più grave: il Governo di centrosinistra in questi otto mesi non ha prodotto ancora alcuna proposta, neanche per risolvere gli innumerevoli problemi che attanagliano la giustizia in Italia, primo fra tutti, la lentezza dei processi. D'altro canto, sarebbe troppo pretendere riforme organiche da parte di una maggioranza che è divisa su tutto, sui temi che vanno dalla politica estera alla famiglia, fino alle pensioni. Però, almeno alcuni tentativi diretti a risolvere particolari questioni - questi sì! - li pretendiamo. E a pretenderlo non siamo solo noi, ma tutti i cittadini.
Nel paese, la giustizia affonda sotto montagne di fascicoli. Lei ha richiamato questo problema come se fosse un estraneo, ma lei è un «intraneo», lei guida uno dei dicasteri più delicati del paese. Mentre il paese affonda sotto montagne di fascicoli, alcuni giudici - e mi riferisco alla Campania a lei tanto cara - condannano il suo ministero a risarcire 150 avvocati napoletani, perché vittime - e questo è il paradosso - della giustizia.
Ma forse, signor ministro, mi sono sbagliato. Infatti, a ben vedere, il Governo non è rimasto del tutto impassibile. Purtroppo, qualcosa ha fatto, e mi riferisco ai tre interventi legislativi orientati in senso opposto rispetto a come dovrebbe andare una politica in materia di giustizia: l'indulto, il decreto Bersani e la sospensione della riforma dell'ordinamento giudiziario, della quale non capisco come lei sia orgoglioso.Pag. 14
Lei ha ricordato l'indulto. Io al suo posto - e non lo sono, per fortuna! - avrei steso un velo pietoso su questo argomento. So bene che la legge sull'indulto non trae origine da un atto di iniziativa governativa, ma, ovviamente, da alcune proposte di legge - così è stato - di iniziativa parlamentare. So bene, inoltre, che nella Costituzione si prevede la maggioranza dei due terzi. Pertanto, attribuire a lei l'esclusiva responsabilità per l'indulto significherebbe configurare una sorta di responsabilità per fatto altrui.
Tuttavia, è il profilo politico che a noi interessa, in quanto lei ha una precisa responsabilità diretta, anche se - lo ripeto - non unica. Questo indulto è rimasto orfano: pare che nessuno lo abbia votato. Lei infatti, nel giugno del 2006, in occasione della visita al carcere di Rebibbia, si schierò manifestamente a favore, innescando una pericolosissima aspettativa da parte dei detenuti che, una volta alimentata e qualora delusa, avrebbe portato a gravissime conseguenze.
Questo non scalfisce, d'altro canto - diciamocelo per chiarezza -, l'assoluta responsabilità delle forze politiche che lo hanno votato, dimenticando che solo il 14 per cento dei cittadini era favorevole al provvedimento. Allora, ricordo quanto si diceva in Commissione giustizia lo scorso anno.
Presidente, vorrei che lei interrompesse il decorso del tempo a mia disposizione mentre il ministro è al telefono...
CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Un secondo...!
GIUSEPPE CONSOLO. Grazie, signor Presidente.
Si diceva che la commissione di nuovi reati da parte dei beneficiari non era un motivo valido per escludere l'indulto e che la legge doveva comunque essere approvata, subito, perché altrimenti, chissà quale polveriera sarebbe esplosa.
Non si può, quindi, liquidare la questione dell'indulto, come lei ha fatto, come una vicenda parlamentare alla quale il Guardasigilli e il Governo nella sua interezza siano rimasti estranei. Nel corso dell'iter parlamentare, d'altro canto (questa è una sua responsabilità diretta), ha trasmesso dei dati che parlavano di 12 mila beneficiari dell'indulto. I dati hanno detto che si è trattato di circa il doppio. Il Parlamento, quindi, è stato messo nelle condizioni di lavorare su dati sbagliati e non è riuscito a comprendere esattamente la gravità del fenomeno che si stava varando.
Inoltre, il Governo (lei non si è battuto a sufficienza su questo aspetto, mentre avrebbe potuto minacciare, per poi mettere in atto, di trarne le conseguenze) non ha fornito la copertura finanziaria al provvedimento.
È vero, come qualcuno ha detto, che dalla scarcerazione di migliaia di detenuti sarebbe derivato un risparmio per l'amministrazione finanziaria, ma è vero anche che svuotare le carceri e riversare nella società migliaia di persone ha avuto, come ha avuto, un rilevante il costo sociale, di cui il Governo non ha saputo né voluto farsi carico, scaricandolo sulla società.
Il Governo, quindi, è responsabile, perché non ha preventivamente tenuto conto, nonostante che Alleanza nazionale, in particolare, lo avesse rimarcato, che con l'indulto migliaia di detenuti sarebbero usciti dalle carceri italiane e, fra questi, la gran parte sarebbe tornata in libertà senza un lavoro, senza una casa e senza assistenza sanitaria.
Tutto ciò ha portato ad una rilevante emergenza per gli enti locali, ovviamente destinatari di una richiesta di lavoro massiccia e di reinserimento sociale che il Governo non aveva preventivato.
Questi fondi non sono stati previsti. Il costo dell'indulto è stato pagato, come al solito, dai cittadini, colpevoli di essere contrari all'indulto, ma costretti a pagarne le conseguenze. Bel servizio!
Alleanza nazionale ha votato contro quel provvedimento, non per cieca preclusione, ma perché era contraria, come lo è tuttora e lo sarà sempre, a quell'indulto.
Avevamo posto, infatti, delle condizioni, naturalmente non accolte. Chiedevamo, ad esempio, di tenere in debito conto i protagonisti Pag. 15emarginati dell'indulto: le vittime dei reati. A fronte dell'incontestabile sovraffollamento delle carceri, avevamo chiesto che lo Stato rispondesse con un impegno concreto e preciso per le nuove carceri, che venissero esclusi dall'indulto coloro che avevano posto in essere attività delittuose e che fosse previsto un fondo per le forze dell'ordine, estendendo i benefici alle vittime dei reati terroristici o mafiosi. Niente è stato fatto.
Avevamo chiesto - non credo che fosse una domanda scandalosa - di porre sullo stesso piano autori e vittime del reato, quelle vittime che non possono essere collocate, come è stato fatto, in posizione inferiore. Niente.
Oggi le chiedo, signor ministro, che senso abbia avuto appoggiare questo indulto. È una grave responsabilità politica non dare una risposta a questa domanda.
Ma Alleanza nazionale le può dare, se lei vuole e la accetta, una possibilità di riscattare ciò che è stato fatto con l'indulto con un provvedimento, del quale chiedo agli uffici di prendere formale nota; se lei lo appoggerà, Alleanza nazionale chiederà che venga inserito all'ordine del giorno della Commissione giustizia.
Si tratta di un provvedimento, presentato dal collega Cirielli, ma fatto proprio dal collega Contento, dal sottoscritto, dagli onorevoli Siliquini e Bongiorno, da tutto il gruppo di Alleanza nazionale, in base al quale la vittima del reato deve essere risarcita quando il fatto sia stato commesso da persona liberata non perché abbia espiato in toto la pena, ma a seguito di un provvedimento dello Stato che ha accorciato la pena stessa, quindi di amnistia, indulto, grazia e via seguitando. Lo Stato potrà poi rivalersi dell'onere sull'autore del reato.
Signor ministro, le chiedo, quindi, formalmente, ancora una volta, di dichiarare nella sua replica se intenda o meno appoggiare questa proposta di legge, una proposta di legge che, comunque, limiterebbe la ferita inferta con l'approvazione dell'indulto.
Tornando alle responsabilità del Governo, ve ne sarebbero tante altre. Lei, signor ministro, deve rispondere anche di quanto ha fatto il ministro Bersani. Mi può dire: che c'entro io? Lei c'entra, perché lei è un «intraneo». Sembra un paradosso: era contrario alle norme portate avanti dal ministro Bersani che non l'ha nemmeno interpellata, ma politicamente è lei che ne risponde!
Avviandomi alla conclusione, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento: i tempi sono questi ed io li rispetto!
Signor ministro, all'inizio della legislatura, nonostante la sua appartenenza ad un Governo palesemente sbilanciato a sinistra, nutrivo qualche speranza in lei, come uomo, come politico moderato.
Oggi ho iniziato il mio intervento lamentandomi di come il Governo di centrosinistra non abbia fatto nulla per sanare la disastrata giustizia italiana. Se però faccio un bilancio delle poche cose fatte, mi rendo conto che, anche all'inizio del mio intervento, mi sbagliavo.
A questo punto, la speranza non può che essere quella che non facciate più nulla! Solo questo posso sperare: che non facciate più nulla, che non facciate nuovi danni, non facciate alcunché nel breve tempo che passerà prima che gli italiani, spero prima possibile, rimandino a casa questo Governo!
Le riforme in materia di giustizia, quelle vere, toccherà a noi ricominciare a farle!
PRESIDENTE. Onorevole Consolo, la Presidenza consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti, l'autorizzazione alla pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del suo intervento.
È iscritto a parlare l'onorevole Buemi. Ne ha facoltà.
ENRICO BUEMI. Signor Presidente, signor ministro, colleghi, la crisi della giustizia italiana è il male storico del nostro paese e, quindi, le responsabilità devono essere distribuite negli anni. Certamente, il meno responsabile è l'attuale ministro della giustizia e l'attuale Governo.Pag. 16
Tuttavia, governare vuol dire affrontare e risolvere i problemi e oggi questo onere spetta a lei, signor ministro, ed a noi del centrosinistra. Il legislatore costituzionale ha affrontato la questione di un processo giusto con l'articolo 111 che ne fissa tre principi fondamentali : un giudice terzo ed imparziale, la parità tra accusa e difesa e una ragionevole durata del processo.
Su queste tre questioni, signor ministro, siamo in ritardo.
Per quanto riguarda la terzietà del giudice, lei sa che la nostra posizione è molto chiara: noi sosteniamo che non vi può essere terzietà effettiva e sostanziale se non si realizza la separazione delle carriere e affermiamo anche con altrettanta convinzione che non vi può essere parità dell'accusa e della difesa se la carriera del pubblico ministero, la carriera dell'accusa è separata da quella del giudice.
Siamo altrettanto convinti, signor ministro, che una ragionevole durata del processo dipenda anche dalla terzietà del giudice, dalla sua autonomia rispetto al pubblico ministero, dalla parità fra accusa e difesa, perché è legittimo che una difesa debba impegnarsi, in maniera irrinunciabile e non limitata nel tempo, nella costruzione di quelle azioni di difesa del proprio assistito nel momento in cui non vi è la fiducia in un giudice che non appare terzo e nel momento in cui ci si rende conto che vi è squilibrio tra difesa ed accusa.
Vi è, comunque, anche la necessità di migliorare tutti i meccanismi finalizzati alla tutela del cittadino; in particolare, sussiste l'esigenza di dare alla garanzia della ragionevole durata del processo quegli elementi di certezza che non possono sicuramente andare a discapito delle garanzie più generali dell'imputato e del processo.
Noi pensiamo, tuttavia, che tale risultato, in ordine alla ragionevole durata del processo, dipenda moltissimo anche dagli elementi organizzativi che il Governo ed il Parlamento sono in grado di mettere in campo. Le risorse umane e logistiche, in tale ambito, sono una questione fondamentale.
Per quanto riguarda le risorse umane - sappiamo che sono stati compiuti alcuni atti in tale direzione, ma ci vuole anche una grande forza di volontà, ed in questo senso le diamo atto della sua generosità, signor ministro -, pensiamo si debba rapidamente superare l'attuale meccanismo dei concorsi di magistrati, il quale non produce risultati. Infatti, sono ormai parecchi anni che la capacità del nostro sistema di arruolare nuovi magistrati risulta essere «bloccata».
Sussiste, inoltre, la necessità di costruire o di realizzare una nuova organizzazione amministrativa, moderna e capace di rispondere tempestivamente alle esigenze dei cittadini, degli avvocati e dei magistrati. Organizzare un nuovo sistema amministrativo vuol dire modificare anche il ruolo dei cancellieri e degli ufficiali giudiziari, figure tuttora ancorate a vecchi ruoli. Oggi disponiamo di tecnologie e di supporti assolutamente nuovi: in questo senso, dunque, bisogna rivedere anche le loro posizioni.
Vi è altresì la necessità di adeguare le sedi, signor ministro. Infatti, prima di sollecitare investimenti nelle carceri, pur necessari, e di evidenziare l'opportunità di costruirne di nuove, ritengo che dobbiamo realizzare sedi giudiziarie moderne.
Vorrei portare ad esempio l'inaccettabile situazione della procura e degli uffici giudiziari di Nola, poiché risulta palese la loro incompatibilità rispetto alle norme in vigore. Come può essere accettabile, per i cittadini, che le procure agiscano contro di loro per quanto riguarda l'attuazione del decreto legislativo n. 626 del 1994, ma poi le sedi da cui promanano tali atti sono esplicitamente inadeguate rispetto alla normativa citata? Pertanto, si pone la necessità di avviare una rapida modernizzazione delle sedi giudiziarie, attraverso la dotazione di organici e di tecnologie assolutamente adeguati.
Vorrei spendere una parola, signor ministro, sull'esigenza di rafforzare la tutela, anche economica, del testimone. Nel nostro Pag. 17processo, infatti, vi sono parti forti, ma i testimoni rappresentano sicuramente un elemento debole. Vorrei rilevare che si tratta del soggetto che paga direttamente, anche dal punto di vista economico, se vuole adempiere in maniera seria al proprio dovere di cittadino.
In questo momento abbiamo una situazione aberrante, signor ministro, poiché vi sono circa quaranta detenuti sicuramente innocenti nelle nostre carceri: si tratta dei figli di detenute madri con età inferiore a tre anni. Ricordo che in proposito è in itinere un provvedimento legislativo, licenziato dalla Commissione giustizia della Camera, di cui sono primo firmatario, ma che vede il concorso di tutti i colleghi, sia di maggioranza, sia di opposizione. Chiedo, dunque, un impegno particolare del Governo per garantire a tale provvedimento un iter rapido, affinché si possa rimuovere tale situazione, la quale risulta inaccettabile anche dal punto di vista dei principi.
Concludendo, signor ministro, vorrei rappresentare che il gruppo della Rosa nel Pugno condivide la sua relazione, pur mantenendo le sue perplessità sulla inadeguatezza della politica del Governo rispetto alla separazione delle carriere dei magistrati. Contiamo che, strada facendo, si possa trovare un punto di incontro reciprocamente condivisibile in ordine a tale problema. Vi è, comunque, la necessità di agire rapidamente sulle questioni alle quali l'ho richiamata, signor ministro.
In conclusione, vorrei dirle che, per quanto...
PRESIDENTE. La prego di concludere...
ENRICO BUEMI. ...alcune idee siano discutibili ed inaccettabili, a causa della negazione della realtà (mi riferisco ai fatti della Shoah), non riteniamo opportuno «incarcerare» tali idee.
Dobbiamo impegnarci - e credo che il nostro sostegno sia indiscutibile e completo - per rimuovere le inadeguatezze del nostro sistema giudiziario, per affrontare i problemi di organico e per dotare il nostro sistema giudiziario delle risorse necessarie.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Lussana. Ne ha facoltà.
CAROLINA LUSSANA. Signor Presidente, premesso che, prendendo spunto dalle parole del ministro, il Parlamento è la sede della sovranità popolare, desidero sottolineare, rivolgendomi non soltanto al ministro, in quanto autorevole esponente del Governo, ma anche alla Presidenza della Camera, come un importante momento di confronto, voluto ed espressamente previsto dalla legge di riforma dell'ordinamento giudiziario, abbia luogo in un'aula deserta (sono venti i deputati presenti) e ad un'ora del martedì mattina in cui i colleghi non sono ancora arrivati. Insomma, questo importante momento di confronto, nella sede deputata a discutere dei problemi della nostra giustizia e, soprattutto, a sentire dal ministro le proposte concrete volte a curare i mali della giustizia medesima, di cui tutti siamo a conoscenza, ha luogo in un aula praticamente deserta! Tanto valeva incontrarci in Commissione: avremmo evitato la pompa magna, di circostanza, ed avremmo discusso in maniera più semplice.
Tutto questo è veramente avvilente! In tal modo si tradisce lo spirito della legge di riforma dell'ordinamento giudiziario, la quale voleva spostare la discussione sulla giustizia dalle aule degli «ermellini» alla sede opportuna, quella legislativa, nella quale siedono i rappresentanti del popolo sovrano, i quali hanno il compito di legiferare in materia di giustizia. Rivolgo il mio rilievo, in maniera formale, anche alla Presidenza della Camera: il fatto che una discussione così importante si svolga in un'aula parlamentare deserta non rende sicuramente onore al sistema della giustizia, alle comunicazioni del ministro Mastella ed ai cittadini tutti, a quelle persone che lei, signor ministro, ha più volte richiamato nel suo intervento.
In particolare, lei afferma, signor ministro, che avrà attenzione per le persone e addirittura parla della sua azione di governo come di un nuovo modello di Umanesimo. Ebbene, dopo aver ascoltato le sue parole, più che di Umanesimo, Pag. 18parlerei - mi scusi, signor ministro - di Medioevo: purtroppo, alcune delle sue affermazioni denotano chiaramente, per quanto riguarda la politica giudiziaria, la politica dell'amministrazione della giustizia, un ritorno al passato!
Ha detto bene, signor ministro: i cittadini sono sconcertati per il modo in cui viene amministrata la giustizia; sono indignati, si sentono impotenti di fronte a decisioni giudiziarie che, talvolta, appaiono inspiegabili, sconcertanti, stupefacenti. Alcuni colleghi hanno ricordato fatti della cronaca recente. Pensiamo, ad esempio, all'enfasi mediatica che è stata data al caso «Unabomber». Tre procure stanno indagando da anni e, dopo aver creato un mostro, adesso danno la colpa di tutto al perito, che viene incriminato: questo è il modo di operare della nostra giustizia! Questo desta sconcerto nei cittadini! Pensiamo, inoltre, al giudice Forleo ed al suo operato: in un caso molto importante, in cui veniva in rilievo la lotta al terrorismo internazionale, la nostra magistratura si è persa nella sottile distinzione tra guerriglieri e terroristi, screditando l'immagine del nostro paese a livello internazionale; ci ha messo una «pezza» la Corte di cassazione, la quale ha giudicato palesemente illogica la decisione del giudice Forleo. Allora, i cittadini si domandano cosa stia succedendo.
Come possiamo intervenire? Ci vogliono un po' di autocritica da parte della magistratura - che, però, non ci aspettiamo - ed un'assunzione di coraggio e di responsabilità da parte sua, signor ministro. Purtroppo, ci sembra che detto coraggio non vi sia, perché, quando lei fa riferimento alla legge di riforma dell'ordinamento giudiziario, signor ministro, ne parla come se fosse una cosa da cancellare. Eppure, quella normativa ha tentato di avviare, a piccoli passi, a cominciare da alcuni provvedimenti significativi ed importanti, un processo di riforma anche del potere giudiziario.
C'è un problema, infatti, che lei non ha affrontato, signor ministro: si verifica, oggi, un forte sbilanciamento nel sistema dei poteri che la Costituzione e i nostri padri costituenti avevano previsto. Di questo, però, non si vuole assolutamente parlare. Non ho ascoltato alcun accenno, nel suo intervento, all'autoreferenzialità della magistratura. Anzi, anche lei si è preoccupato di affermare che l'ordinamento giudiziario rischiava di minare l'autonomia e l'indipendenza della magistratura. Dell'indipendenza e dell'autonomia del Parlamento, signor ministro, chi se ne interessa, chi se ne occupa? Dovremmo essere noi a difendere le nostre prerogative, a difendere il nostro operato, tante volte minato proprio del potere giudiziario! Che cosa ci propone lei, signor ministro? Un percorso virtuoso, rispetto alla cattiveria e all'accanimento del passato nei confronti dei magistrati.
Signor ministro, non c'è stato alcun accanimento ma soltanto l'intenzione di promuovere l'azione di autocritica della magistratura e la consapevolezza del fatto che anche la magistratura deve accettare le riforme che il Parlamento liberamente ha approvato. Non ci può essere una casta di intoccabili. Lei ascolta i cittadini, signor ministro, i quali - come ha affermato - sono al centro del suo interesse. Ebbene, ha sentito che cosa dicono? Sa che cosa pensano di alcuni magistrati, anche se non di tutti? Non si può fare di ogni erba un fascio, ma bisogna avere consapevolezza di questo: i cittadini sono stanchi di decisioni giudiziarie sbagliate, delle quali pagano le conseguenze, e sono stanchi del fatto che mai nessuno è responsabile di alcunché! Il concetto di responsabilità di chi sbaglia, che vale in qualunque settore professionale, non vale invece per i magistrati. Dobbiamo avere il coraggio di rendere queste affermazioni scomode!
Lei ha detto, signor ministro, di essere schiavo di nessuno. Lei è un uomo libero ma mi sembra che, in questo momento, stia frequentando di più i sindacati dei magistrati, quei sindacati che, in passato, hanno scioperato contro le riforme del Parlamento, perpetrando uno strappo nelle regole democratiche previste dal nostro sistema costituzionale. Quei magistrati stanno dettando legge! Quando lei si riferisce all'ordinamento giudiziario, signor Pag. 19ministro, tocca uno dei temi fondamentali, quello della separazione tra le funzioni. La Lega Nord Padania avrebbe voluto una separazione delle carriere. Le dico di più: noi vorremmo che si potesse parlare di elezione di alcuni magistrati da parte dei cittadini e della magistratura onoraria. È previsto dalla nostra Costituzione, infatti, che la magistratura onoraria possa essere eletta dal popolo. Invece, stiamo tornando indietro, ad una separazione «annacquata» delle carriere per salvaguardare un principio che, di fatto, non esisterà più.
Tutto questo va a danno del cittadino, il quale ci chiede la terzietà del giudice e la sua assoluta imparzialità. Così non sarà perché si prevedono ancora un ruolo interscambiabile e il corso-concorso. Quanto alla parte delle sue comunicazioni relativa alla professionalità dei magistrati...
PRESIDENTE. Onorevole Lussana...
CAROLINA LUSSANA. È già terminato il tempo a mia disposizione, signor Presidente? Non avevo otto minuti?
PRESIDENTE. Lo ha superato: ha già utilizzato più di otto minuti.
CAROLINA LUSSANA. Dicevo, signor ministro, che il problema della professionalità, non sarà mai risolto se controllore e controllato saranno la stessa persona. Di questo lei deve prendere atto.
Se la Presidenza mi concedesse un tempo aggiuntivo, dato che siamo tra amici, affronterei ancora moltissimi temi. Ad esempio, vorrei parlare di indulto...
PRESIDENTE. Mi consenta, onorevole Lussana, non è possibile. Lei ha già superato il tempo a sua disposizione di 30 secondi.
CAROLINA LUSSANA. Mi conceda ancora un minuto, signor Presidente, in modo che possa concludere il mio intervento.
PRESIDENTE. Come ripeto, lei ha già superato il tempo a sua disposizione di 30 secondi; perciò, posso concederle altri cinque secondi.
CAROLINA LUSSANA. Quanto all'indulto, il problema è stato liquidato, come già ha detto l'onorevole Consolo. Tuttavia, le ricordo i dati relativi a Napoli, signor ministro: 44 mila reati denunciati tra i mesi di agosto e ottobre dello scorso anno, contro i 25 mila denunciati nel 2005. Per il resto, signor ministro, del tutto fallimentare...
PRESIDENTE. Mi dispiace, onorevole Lussana.
È iscritto a parlare l'onorevole Maran. Ne ha facoltà.
ALESSANDRO MARAN. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il gruppo dell'Ulivo sostiene lo sforzo, delineato nelle linee guida contenute nelle comunicazioni del signor ministro, finalizzato ad affrontare il tema dell'accelerazione dei processi, vera e propria questione nazionale in termini di garanzia dei diritti individuali, di competitività del sistema economico e di prestigio internazionale del nostro paese.
Provvedere a due beni pubblici, come un sistema giudiziario ben funzionante e una buona regolazione dei mercati, rappresenta il compito più importante di un Governo, assieme al mantenimento della legge e dell'ordine. Diversamente da altri tipi di beni, è difficile per un privato fornire tali servizi. Sì può privatizzare l'istruzione, la sanità, ma la giustizia privata, come l'arbitrato affidato a terzi, non può sostituire un intero sistema legale.
I paesi europei, che occupano, come il nostro, le posizioni peggiori nella classifica dell'efficienza del sistema giudiziario, devono porre l'efficienza di tale sistema e della burocrazia in cima alle proprie priorità. Si tratta di beni pubblici molto più importanti dei tanto decantati investimenti pubblici destinati a treni ad alta velocità, ad aeroporti, a ponti sullo stretto, per non parlare degli aiuti di Stato destinati a questo o quel campione nazionale.
Fino ad ora non si è riusciti ad affrontare seriamente la crisi della giustizia italiana. In nessun paese, come in Italia nell'ultimo quinquennio, si è assistito ad un così intenso e spregiudicato attacco alla Pag. 20libertà e all'autonomia della giurisdizione, attacco avvenuto sia direttamente, con la tendenza a burocratizzare la figura e il ruolo del magistrato, sia indirettamente, attraverso le numerose leggi finalizzate a tutelare interessi personali, che hanno stravolto e lacerato il concetto stesso di legalità.
La conseguenza è che l'amministrazione della giustizia si è sempre di più trasformata in una macchina improduttiva ed inefficace, che, per quanto concerne la materia penale, danneggia i cittadini meno protetti, mentre nel settore civile, data la quasi paralisi della giurisdizione, favorisce i soggetti economicamente più forti.
In tutte le giurisdizioni cresce il ritardo nell'erogazione del servizio. Si allunga in misura inaccettabile la definizione dei procedimenti. L'arretrato cresce e si consolida, con milioni di fascicoli che giacciono, segnando la sconfitta dello Stato, costretto, non a caso dalla giustizia europea, a costruire e gestire male una figura speciale di risarcimento del danno, determinato dalla violazione della norma che stabilisce l'obbligo di una ragionevole durata del processo.
Vorrei riportare un esempio, ricavato da molte ricerche. Negli Stati Uniti per sfrattare un inquilino ci vogliono sette settimane, cinque per ottenere la sentenza del tribunale e due settimane per renderla esecutiva. Il tempo necessario per riscuotere l'assegno emesso a vuoto è più o meno lo stesso. I dati per l'Italia sono spaventosi. Occorre mediamente più di un anno per ottenere una sentenza e almeno quasi un altro anno per renderla esecutiva.
È il buon funzionamento della giustizia civile una delle ragioni per cui i paesi del nord Europa in questi ultimi anni sono riusciti a coniugare una crescita sostenuta con tasse elevate ed un welfare molto generoso. Non si tratta soltanto di soldi, perché i dati dimostrano che la spesa pubblica per la giustizia, come percentuale del PIL, non è per nulla correlata all'efficienza del sistema giudiziario, misurata da indicatori che sono noti.
Il nostro paese spende come e più di altri in tale settore. Per questo motivo occorre rimettersi essenzialmente dalla parte del cittadino, come propone il ministro, coerentemente con il programma dell'Ulivo. Occorre ridare alla giurisdizione la sua effettività come soggetto regolatore dei conflitti, di servizio essenziale, richiamandola al confronto e alla collaborazione istituzionale (la cultura giuridica, gli operatori del diritto, chi lavora negli uffici). Da una stagione politica gestita contro la giurisdizione, contro la legalità, si deve passare ad una nuova stagione, nella quale la giustizia sia amministrata nell'interesse dei cittadini, eliminando resistenze corporative, da qualunque parte esse provengano, con l'obiettivo di una amministrazione della giustizia che rispetti la giurisdizione e la legalità.
Tanto per riferirmi agli interventi indicati sul processo civile, per intervenire sulla semplificazione del regime delle nullità, dell'alleggerimento di peso delle questioni di competenza, con la semplificazione delle relative decisioni, sulla valorizzazione normativa del principio di lealtà processuale, straordinariamente sottoutilizzato in questi anni - interventi che alimenteranno delle resistenze - è necessario anche immaginare una professione legale che non trasferisca sui cittadini e sui consumatori il costo delle rendite, che non pensi di poter procedere con il numero degli atti, ma cambiando orientamento e anche modo di fare. Dare giustizia in ritardo significa negarla in concreto, favorendo egoismi e coloro che possono, perché hanno forza, autorità e potere, fare a meno della giurisdizione. Per questo, sosterremo lo sforzo del Governo.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Crapolicchio. Ne ha facoltà.
SILVIO CRAPOLICCHIO. Signor ministro, ho apprezzato la sua relazione ed i contenuti della stessa. Tralasciando - considerato il prossimo esame da parte della Camera - la legge quadro sulle professioni e la disciplina organica sulle intercettazioni, in questa sede vorrei svolgere alcune considerazioni, anche a seguito di quanto è emerso nel dibattito di questi giorni Pag. 21circa la riforma dell'ordinamento giudiziario e gli interventi rispettivamente nel processo civile e nel processo penale.
Credo, e su questo concordo, che sia fondamentale approvare nei tempi prestabiliti la riforma dell'ordinamento giudiziario, per renderlo organico ed efficiente, a fronte del ruolo che lo stesso ordinamento giudiziario riveste e deve rivestire. Senza risorse per la giustizia, tuttavia, qualsiasi percorso risulterà vano, con tutte le più ovvie conseguenze.
È indubbia altresì l'utilità di una riforma del processo civile, ed aggiungerei anche di quello concernente le controversie del lavoro. È altresì indubbio che le misure di semplificazione ed accelerazione, quali l'udienza di programma, oppure l'eliminazione di mere udienze di rinvio potranno consentire, in tempi ragionevoli, un giusto processo, impedendo altresì le odiose condanne della Corte di giustizia di cui alla legge Pinto, che sono la vergogna di un paese civile. Temo, invece, anche per esperienza personale, che sarà necessario porre molta attenzione alle procedure di stralcio, per non rischiare di perdere la certezza del diritto e vanificare le aspettative di coloro che hanno intrapreso, loro malgrado, la strada giudiziaria, indipendentemente dal fine di smaltire il voluminoso arretrato. Ferma restando la necessità di valutare l'efficacia degli interventi nella loro applicazione concreta, particolare attenzione dovrà, inoltre, essere riservata ai tempi di fissazione dell'udienza conclusiva del giudizio, essendo proprio tale fissazione a comportare gravi ritardi nella definizione dei giudizi stessi. Presumibilmente, prevedere termini massimi ma, soprattutto, termini perentori potrebbe aiutare in questa direzione.
Per quanto concerne gli interventi di riforma del processo penale, ben vengano, anche in questa sede, misure di semplificazione e di accelerazione del processo, quali la rivisitazione del regime delle nullità che non incidono sulle garanzie di difesa. Ben venga la rivisitazione della disciplina delle competenze, mediante la previsione di rigide preclusioni temporali e l'immediata ricorribilità in Cassazione; ben vengano riti alternativi al dibattimento; ben venga la modifica dell'istituto della prescrizione, in modo da scoraggiare impugnazioni meramente dilatorie - anche se su tale modifica temo profili di incostituzionalità -; ben vengano procedure di patteggiamento per i reati coperti dall'indulto; ben venga l'amnistia (tuttavia, con l'esclusione dei reati contro la pubblica amministrazione, dei reati societari, dei reati fiscali, dei reati politico-mafioso, di tutti quei reati già esclusi dall'indulto).
È indubbio che tutte queste misure saranno utili nell'immediato, ma temo che non risolveranno il problema dell'arretrato, che nasce anche da una legislazione sbagliata ed inadeguata, che ha mirato esclusivamente all'inasprimento delle pene, come, ad esempio, la legge Bossi-Fini, oppure la ex Cirielli. Con tali esempi, richiamo integralmente le sue giuste osservazioni, signor ministro, circa la situazione penitenziaria. In tali ambiti, senza dimenticare ovviamente la vergogna delle leggi ad personam, sarà dunque necessario un intervento volto a modificare radicalmente il diritto sostanziale.
Da ultimo, ricordo a me stesso la sua cortese risposta ad un'interrogazione a risposta immediata da me presentata in Commissione giustizia circa la problematica del gratuito patrocinio. In tale sede, lei affermò che le risorse per il gratuito patrocinio costituiscono un problema tecnico e non politico. Anzi, se non ricordo male, lei evidenziò anche una certa sensibilità per tale istituto. È anche per tale motivo che le chiedo di non dimenticare la funzione sociale del gratuito patrocinio (Applausi dei deputati del gruppo Comunisti Italiani).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Mazzoni. Ne ha facoltà.
ERMINIA MAZZONI. Signor Presidente, vorrei ringraziare il signor ministro per l'intervento che ha svolto in quest'aula. Vorrei ringraziarlo perché, perlomeno in ciò, va in controtendenza rispetto all'atteggiamento del Governo, che in questi Pag. 22mesi non ha dimostrato una grande correttezza nei confronti del Parlamento. Esprimo, quindi, doverosamente l'apprezzamento mio personale nei confronti del ministro che, invece, opera una nobile inversione di tendenza.
Signor ministro, ho sempre un atteggiamento positivo nei confronti della vita, per cui anche in relazione a questi aspetti mi predispongo positivamente.
Non ho preparato per oggi un intervento perché speravo che la sua relazione mi fornisse elementi per cambiare la mia opinione, non positiva, sull'azione portata avanti dal dicastero che lei dirige. Purtroppo, signor ministro, debbo dirle che non sono assolutamente soddisfatta dalla sua relazione che ho trovato inopportunamente critica, intelligentemente elencativa ma non esplicativa, come invece avrebbe dovuto essere, e dolorosamente vuota in entrambe le parti in cui lei ha ritenuto di suddividerla: la parte del resoconto, dal quale non emerge nulla rispetto a quanto prodotto in questi mesi di attività svolta dal Governo, e la parte relativa all'attività di riforma sulla quale lei dovrebbe investire l'attività futura del suo dicastero.
Per quanto riguarda il suo invito al confronto, faccio osservare che noi dell'UDC abbiamo un'antica cultura dell'opposizione e la stiamo dimostrando; conseguentemente, lei non può dire a noi di aprirci al confronto, anche perché tale confronto per essere corretto, come lei auspica, non può essere selettivo ma aperto a tutti, e fino ad oggi lei, signor ministro, il suo interlocutore lo ha selezionato.
L'ordinamento giudiziario è stato smontato totalmente; in seguito, vi è stato, su iniziativa dell'opposizione e, soprattutto da parte nostra, l'invito ad un confronto che ha consentito di lavorare insieme e di riuscire a recuperare la parte « buona» che vi era nella riforma che noi avevamo approvato nella precedente legislatura.
Il presidente Marvulli nel suo discorso di apertura dell'anno giudiziario - l'ultimo discorso di apertura: non so chi quest'anno farà il discorso e cosa dirà viste le spiacevoli situazioni che si stanno vivendo - ha detto testualmente (per il momento fa testo quanto da questi sostenuto): «Se potevamo e possiamo rivendicare con orgoglio che la stragrande maggioranza dei magistrati ha sempre saputo non confondere le proprie funzioni, scelte e decisioni con la politica, altrettanto certo è che non sempre abbiamo saputo sanzionare adeguatamente e tempestivamente i censurabili comportamenti di chi, assumendo iniziative spregiudicate, poi rivelatesi illegittime o infondate, talvolta offrendosi alla pubblica opinione con interventi mediatici, è apparso come il privilegiato. Sono convinto che il protagonismo non solo calpesta la discrezione, ma finisce per offendere l'obiettività, ed è di per sé indice di scarsa imparzialità, di scarsa professionalità e di scarsa saggezza. Ritengo che la professionalità non possa essere più testata con i criteri finora utilizzati perché quei criteri hanno avuto il pregio di aver giudicato tutti astrattamente idonei alle funzioni superiori, e si è sostituita alla virtù dell'obiettività la solidarietà ideologica».
Noi, signor ministro, con quella riforma davamo risposte a tutto ciò; quelle citate, infatti, sono le parole espresse dal presidente Marvulli in relazione alla realizzata riforma dell'ordinamento giudiziario. Su cosa aveva cercato di intervenire quella riforma? Non era perfettamente adeguata? Tutto è migliorabile, ma sicuramente il suo totale azzeramento non è la proposta migliore per chi come lei, signor ministro, dice di aprirsi al confronto. Oggi, lei ci propone la riforma dell'ordinamento giudiziario sia per la parte relativa alla progressione di carriera, sia per quella relativa alla separazione delle carriere o meglio alla proposta separazione dell'organizzazione ordinamentale delle funzioni giudiziarie. Signor ministro, lei sa perfettamente che oggi non esiste l'applicazione, attraverso il nostro sistema, dei principi costituzionali d'imparzialità, terzietà e parità delle parti. Bisognerebbe fare uno sforzo per ottenere questo risultato, ma sicuramente tale sforzo non può farlo chi respinge in maniera assoluta le denunce - credo giustificabili - di chi, come la dottoressa Pag. 23Forleo o il dottor Roca, che abbiamo ascoltato qualche giorno fa a Milano, racconta, sulla base di un'esperienza personale, della «infunzionalità» della giustizia a causa delle strane e improprie sovrapposizioni di funzioni. Non è possibile pensare che sia sana una riforma delle carriere dei magistrati che parta dal presupposto della negazione di una esperienza fatta e raccontata da chi quotidianamente opera sul difficile campo della giustizia.
Riguardo alla politica penitenziaria, signor ministro, quando abbiamo votato come Parlamento, tutti insieme, l'indulto, una misura impegnativa, lei in quest'aula ha detto che avrebbe accelerato i tempi di determinate riforme essenziali, divenute impellenti in conseguenza proprio dell'adozione di quella misura straordinaria: eppure ad oggi non c'è niente! Lei ha fatto una elencazione di misure che - mi consenta - già erano nel nostro ordinamento o già erano state adottate nella precedente legislatura dal precedente Governo. Lei ha parlato di intervento riguardo alla disciplina delle detenute madri, che è un intervento che ci appartiene e stiamo discutendo proprio adesso su una modifica che era stata adottata già nella precedente legislatura; riguardo alla tossicodipendenza si interviene non nella direzione di agevolare il sistema penitenziario, mentre ritengo che il riferimento alla legge Smuraglia sia semplicemente una citazione e non l'elemento di un resoconto doveroso; così come riguardo agli interventi di edilizia penitenziaria siamo stati attaccati per anni perché la nostra politica penitenziaria era solo edilizia: si tratta solo della parte finale, della coda di quell'attività di Governo che abbiamo realizzato, o perlomeno programmato, nella precedente legislatura.
Lei ha dimenticato, ministro, quelle parti fondamentali per cui il sistema penitenziario serve a realizzare quella funzione rieducativa per la quale è stato predisposto: la riduzione dei tempi del processo (è fondamentale infatti che vi sia un tempo adeguato del processo affinché la pena possa rieducare qualcuno); gli interventi sulle strutture penitenziarie, che debbono essere adeguate, e quelli relativi a personale e mezzi che sono essenziali perché è proprio il personale penitenziario, che in quelle strutture opera ventiquattr'ore al giorno, quell'elemento, quella chiave di volta per riuscire a risolvere i tanti problemi legati al mondo penitenziario.
Relativamente alla giustizia civile - premesso che mi riservo di leggere l'ipotesi di riforma che lei ha sintetizzato, propinandola in pillole attraverso i giornali, anche oggi in quest'aula -, ritengo che anche in questo, signor ministro, vi sia un atteggiamento troppo distruttivo rispetto a quello che è stato fatto: non riesco a leggere nessuna logica di continuità istituzionale, che riterrei sana e che dovremmo recuperare, nel fatto di riproporre una riforma, così come lei l'ha annunciata, dopo che, tutto sommato, noi ne avevamo effettuata una, che potrebbe non essere condivisa, ma che è ancora in fase di rodaggio e di verifica.
Sono tanti gli interventi che sono stati fatti nel processo civile per raggiungere quell'obiettivo di riduzione dei tempi che tutti auspichiamo: un tempo compatibile per la verifica avrebbe reso sicuramente più nobile la sua proposta di ulteriore riforma. Ritengo che vi siano ancora alcuni elementi sui quali si debba intervenire, ma la sua riforma - per quanto ascoltato oggi - interviene su molte parti già riformate.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
ERMINIA MAZZONI. Concludendo, vorrei fare solo un ultimo riferimento, riguardo alla giustizia penale, alle riforme - e sono le nostre - che sono in discussione sul problema gravissimo delle intercettazioni e sulle proposte avanzate dall'opposizione.
A proposito della magistratura ordinaria, lei fa ancora riferimento ai magistrati onorari rispetto alle sezioni stralcio, ed è un punto su cui sono d'accordo. Non sono invece d'accordo sulla sua conclusione: magistrati onorari pagati «a sentenza» per evitare le rivendicazioni. Il problema Pag. 24rispetto alla magistratura ordinaria, signor ministro, non è nelle rivendicazioni, ma è nella professionalità e nella competenza, essendo sempre più grande il carico di lavoro che viene assegnato ai magistrati onorari, in particolare ai giudici di pace.
Quindi, signor ministro, occupiamoci di dare maggiore professionalità attraverso una proposta compatibile.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Tenaglia. Ne ha facoltà.
LANFRANCO TENAGLIA. Signor Presidente, signor ministro, onorevoli colleghi, ho condiviso l'intervento del ministro sia per il metodo che ha indicato nella sua azione sia per i contenuti. Per quanto riguarda il metodo, ritengo - come molto più autorevolmente di me ha rilevato il Presidente Napolitano e, prima di lui, in tanti interventi, il Presidente Ciampi - che in materia di giustizia, trattandosi dell'effettività dei principi costituzionali di uguaglianza, di parità di fronte alla legge e di equilibrio dei poteri, sia necessario uno sforzo di condivisione dei principi, cioè il contrario di un metodo che troppe volte nel passato ha fatto della giustizia un terreno di scontro. Infatti, non si tratta di affermare la supremazia di un potere su un ordine o di un potere su un altro - a seconda di come intendiamo l'equilibrio e l'assetto attuale della Costituzione -, ma di trovare il giusto equilibrio fra i poteri per garantire ai cittadini il funzionamento del sistema giudiziario.
Signor ministro, ho condiviso il suo intervento nei contenuti perché contiene, finalmente, l'indicazione di un progetto organico di intervento sulla giustizia, che abbraccia l'intervento sul processo (che è il luogo principale nel quale bisogna confrontare e assicurare i livelli di efficienza, di effettività e di uguaglianza) e sull'ordinamento (che non è qualcosa di avulso e di distaccato dall'intero sistema), ma l'assetto ordinamentale della magistratura e lo statuto del pubblico ministero dovevano essere funzionali all'assetto processuale. Siamo tutti d'accordo sul male principale della nostra giustizia, che è quello dei tempi eccessivamente lunghi, ma ne aggiungerei un altro: l'estrema rigidità del sistema. Da molti anni abbiamo ereditato - e credo che negli ultimi cinque anni la situazione si sia aggravata - un sistema malato nei tempi e nelle rigidità. Il processo civile non è più il luogo della risoluzione della lite, ma il luogo della lite, della sublimazione della lite portata all'infinito. Con l'impossibilità di funzionamento del processo siamo arrivati alla paralisi come è accaduto, per esempio, nel caso di decisioni sulla legge Pinto. Il processo penale non è più il luogo dove bisogna procedere nel più breve tempo possibile - perché questo è l'interesse principale del cittadino imputato e indagato - all'accertamento o non accertamento dei fatti, in relazione alla pretesa punitiva dello Stato, ma il luogo in cui si sono stabiliti dei meccanismi processuali che mirano, innanzitutto, alla paralisi di quella pretesa punitiva.
Abbiamo ereditato un ordinamento giudiziario che è l'esatto contrario del principio di responsabilità della magistratura e di livelli sempre più alti, più funzionali e più effettivi di responsabilità della stessa di fronte ai cittadini. Abbiamo ereditato un disegno riformatore che individuava nella burocratizzazione della funzione, nella gerarchizzazione dello statuto del pubblico ministero e nel ritorno al vertice della Cassazione - questo sì un ritorno al passato - l'unico strumento e baluardo in riferimento al principio di responsabilità della magistratura. Per questo, ritengo che la politica della giustizia di questo Governo sia veramente un cambiamento di pagina. Non tornerò sui punti da lei indicati, signor ministro, nelle parti in cui li condivido, ma indicherò alcune cose che ritengo debbano essere fatte in aggiunta a quelle indicate.
Concordo con chi ha affermato che nel processo civile l'equazione «più mezzi, più strutture» sia insufficiente. Dal punto di vista processuale, se allo stanziamento di mezzi e strutture non si accompagna anche una riforma del sistema processuale e delle sue regole funzionale alla ragionevole Pag. 25durata del processo, mezzi e strutture si perderanno nell'inefficienza complessiva del sistema.
Tuttavia, per quanto riguarda i riti, ritengo che vada innanzitutto fatta una riflessione approfondita. Infatti, in questo momento (chi è avvocato lo sa molto meglio di me) per una parte non è tanto necessario prevedere la decisione, quanto il rito applicabile. La «macedonia» di riti presente nel nostro processo civile va superata. L'accordo e la condivisione dell'ufficio del giudice, a mio avviso, oltre agli altri interventi sul processo, vanno accompagnati anche da una riflessione in grado di farci superare la schema tradizionale della motivazione a tutti i costi nel processo civile. Credo che vada fatta una riflessione profonda sulla fase decisoria e sul meccanismo motivazionale di tanti riti civili, come è avvenuto con buoni frutti nel processo amministrativo.
Signor ministro, in merito all'organizzazione giudiziaria sono d'accordo sull'analisi. Mi sono occupato in una mia precedente esperienza di organizzazione giudiziaria, in particolare di misurazione dei parametri di efficienza degli uffici. Sicuramente è vero il fatto che, quando si parla o si deve decidere di organizzazione giudiziaria, siamo paragonabili al gioco del bendato e della pentolaccia: si sprecano tante risorse per raggiungere solo talvolta gli obiettivi prefissati perché non si conosce il dato. Pertanto, la conoscenza del dato ed una nuova statistica giudiziaria sono necessarie per stabilire sia i livelli medi di produttività attingibili dai singoli uffici, sia per valutare i magistrati, sia per decidere delle circoscrizioni giudiziarie e della distribuzione del personale sul territorio.
Signor ministro, vorrei indicarle anche un possibile intervento che deriva da un fallimento, dovuto all'incapacità degli operatori ed innanzitutto dalle resistenze di stampo corporativo sollevate in tante sedi giudiziarie. Mi riferisco alle tabelle infradistrettuali, che costituiscono un elemento di grande flessibilità. Esse non hanno funzionato, tuttavia il ricorso ad organici unici per più uffici, soprattutto se di piccole dimensioni, è una strada che conferisce flessibilità al sistema, non prevede costi e consente agli uffici giudiziari, in particolare nelle realtà piccole del sud, ma anche di alcune zone del nord, di funzionare.
In merito all'ordinamento, ritengo che il metodo ricordato all'inizio abbia dato buoni frutti per quanto riguarda la disciplina già entrata in vigore, nella disciplinare o nelle procure. Non si è tuttavia voluto garantire questa o quella categoria, tanto che gli operatori della giustizia, sia magistrati che avvocati, hanno molto criticato tale innovazione. Si sono però voluti raggiungere determinati livelli di funzionalità e consentire la certezza in materia soprattutto di illeciti disciplinari. A mio avviso, il prosieguo della lavoro fatto sull'ordinamento deve procedere in tal senso. Infatti, quando si parla della valutazione della professionalità dei magistrati il cittadino non ha interesse a veder valutati i pochi che hanno intenzione di sottoporsi agli esami previsti dalla riforma Castelli, bensì l'intera categoria, creando una crescita omogenea della professionalità di tutto il corpo magistratuale, soprattutto di quello che opera in primo grado ovvero di quello che dà per primo risposta agli interessi e ai diritti dei cittadini. E questo fa il sistema di valutazione periodica, ravvicinata nel tempo e basata sul rilievo a campione dei provvedimenti giudiziari e sull'aumento delle fonti di conoscenza, comprese quelle provenienti dall'Avvocatura, che è chiamata ad una grande sfida: saper esercitare al meglio il ruolo istituzionale, se dovesse essere approvata, come auspico, la riforma preannunciata dal ministro.
Per quanto riguarda la separazione delle carriere o la distinzione delle funzioni, vorrei dire una cosa in cui credo fermamente: la separazione della carriera o la distinzione delle funzioni non ha nulla a che vedere con la parità delle parti nel processo, anzi, per certi versi, la separazione delle carriere è un vulnus alla parità delle parti.
Invito chi ha sostenuto il contrario, anche oggi, in quest'aula, a leggersi l'intervento, Pag. 26di due settimane fa del procuratore generale della Corte di cassazione francese (che è il massimo esponente di una carriera separata, dipendente direttamente dall'esecutivo), su questo punto, per capire quali sono state le sue rivendicazioni in ordine ad una modifica ordinamentale del sistema francese, nel senso dell'avvicinamento del pubblico ministero alla giurisdizione e alle garanzie della giurisdizione e della funzione giudicante. Occorre riflettere, oltre che sui limiti temporali e territoriali che il ministro ha indicato, sulla possibilità di inserire limiti numerici nel cambio delle funzioni.
Sulla valutazione delle funzioni di legittimità e della capacità dell'idoneità al giudizio di legittimità (l'importanza di questa valutazione è sottesa alla previsione di un organismo che affianca il CSM per la valutazione di questi titoli), ritengo che vada specificato che, in ogni caso l'esercizio in concreto della giurisdizione di merito è un elemento fondante dell'idoneità al giudizio di legittimità, mentre un elemento di contorno, di quadro, è costituito dalla capacità dimostrata di analisi tecnica o di analisi scientifica.
Infatti, dare un rilievo eccessivo a quest'ultimo aspetto può portare a pericoli e a storture del sistema, penalizzando, in concreto, la giurisdizione ed il lavoro di tutti i giorni che è quello che risponde agli interessi del cittadino.
Sulla magistratura onoraria, ritengo che un approccio minimale a tali questioni non sia più sufficiente. Continuare con la politica delle proroghe, semplicemente tesa a verificare la stabilità economica o il riconoscimento ad un lavoro che viene fatto - e va riconosciuto - da parte della magistratura onoraria, non è più sufficiente. Anche in questo caso, occorre dare una sistemazione ordinamentale stabile, facendo della magistratura onoraria un gambo autonomo della giurisdizione, senza spargerla in varie possibilità di esercizio, che tanti problemi hanno creato e creano nell'ambito della divisione delle competenze, anche a causa della commistione con l'esercizio della professione forense.
Signor ministro, ribadisco la mia condivisione del suo progetto, perché credo che, finalmente, in questa legislatura si possa arrivare ad una riforma condivisa e sistematica, ad una giustizia che abbia, quale unica finalità, il bene pubblico e l'interesse dei cittadini, dove ciò che è giusto sia forte e ciò che è forte sia giusto, e che sia lontana dagli interessi individuali e da scelte legislative connotate da finalità diverse da quelle dell'interesse generale dei cittadini ad una giustizia efficace ed efficiente (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo, Comunisti Italiani e Popolari-Udeur).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Vitali. Ne ha facoltà.
LUIGI VITALI. Signor Presidente, vorrei iniziare il mio intervento con una premessa che già in altre circostanze ho svolto ma che, nella sede attuale, riveste un carattere maggiore di sacralità. Siamo all'inizio dell'anno giudiziario; vi è stata la riforma e, in Parlamento, l'apertura dell'anno giudiziario si avvia con la relazione del ministro.
Vorrei dichiarare ancora una volta (lo faccio, in primo luogo, a titolo personale, ma credo di poterlo affermare a nome del gruppo di Forza Italia ed anche dell'intera coalizione) che non intendiamo confrontarci in maniera polemica con il ministro della giustizia. Riteniamo che la polemica e la dialettica politica vi possano e vi debbano essere tra maggioranza ed opposizione e, per la verità, vi sono molti argomenti e temi sui quali tali profili arrivano anche alle estreme conseguenze. Vorremmo rappresentare, invece, una risorsa per affrontare i problemi della giustizia; vorremmo sostenere il ministro in battaglie che egli ha sempre annunciato fin dal suo insediamento ma delle quali, ancora oggi, non vediamo traccia. Mi riferisco alle dolenti note dei tagli consistenti (non significativi, ma consistenti) che hanno martoriato il «pianeta giustizia».
Le riconosco di aver protestato vivacemente, signor ministro, e di averlo fatto Pag. 27anche con una conferenza stampa, annunciando interventi riparatori nella legge finanziaria. Non è successo nulla. Avremmo voluto sostenerla, lealmente e seriamente. Non si possono prosciugare le risorse della giustizia, che (e su ciò tutti siamo d'accordo) abbisogna di un intervento decisivo, radicale e riformatore. Le riforme si fanno con i denari. Ripeto: le riforme si fanno con i denari! Nella giustizia, più che mai, sono necessari i denari!
Invece, a partire dall'insediamento del Governo i denari vengono meno: 350 milioni di euro in tre anni con la cosiddetta legge Bersani e 400 milioni di euro con la legge finanziaria. Questa è la premessa di principio: vorremmo essere un sostegno, nel rispetto delle reciproche posizioni politiche, senza consociativismo, ma in un rapporto di lealtà, nell'interesse del servizio giustizia e dei cittadini.
Passo alla seconda premessa. Lei è ministro da circa otto mesi e nessuno poteva pretendere che, in questo periodo, risolvesse con la «bacchetta magica» problemi anche atavici della giustizia. Lo dico con molta lealtà e con molta fermezza.
Svolte queste due precisazioni, questi due «annunci», entro nel merito del suo intervento. Se esso è frutto esclusivo delle sue personali valutazioni, della sua personale esperienza in questi mesi e rappresenta l'auspicio di modificare ciò che non va nella giustizia, può non essere condiviso (personalmente non lo condivido e, successivamente, dirò i motivi), ma è apprezzabile perché manifesta un impegno. Se, però, signor ministro, il suo intervento è il risultato di qualche staff che lo ha preparato, all'interno del quale vi è qualche sensibilità giuridica con esperienze specifiche, sarò facile profeta, ma lei ben presto si accorgerà di quale errore le è stato fatto commettere e con quali conseguenze.
Troppo facilmente, signor ministro, si dice che è necessario ridurre i tempi dei processi civili e penali a cinque anni. Chi non sarebbe dello stesso avviso? Se, uscendo oggi dal Parlamento, annunciassimo agli italiani di aver trovato la soluzione alla lungaggine dei processi civili e penali e dicessimo che il magistrato, di primo grado, di secondo grado e della Cassazione, fosse tenuto a definire la vertenza civile e penale in cinque anni, faremmo un annuncio importante. Ma nessuno, signor ministro, le ha detto in quale maniera lei possa raggiungere questo obiettivo, dato che il numero dei processi civili e di quelli penali aumenta in maniera esponenziale.
Questo significherebbe riconoscere che, fino ad oggi, i magistrati sono stati dei fannulloni, perché se da domani riusciranno a concludere i processi civili e penali in cinque anni, nonostante l'aumento davvero esponenziale del numero degli stessi, vorrebbe dire che, sinora, essi tutto hanno fatto tranne che esercitare la funzione giurisdizionale. Quindi, si tratta di un annuncio privo dell'indicazione dei percorsi, delle risorse, degli strumenti e, soprattutto, dei tempi, entro i quali ella ritiene di poter arrivare a questo risultato, che è certamente un risultato ambizioso. Io sarei il primo a riconoscerle onore e merito, se lei, signor ministro, fosse capace di poter arrivare ad un risultato del genere. Questo però - ripeto - è un annuncio che rimarrà tale e che lei pagherà in termini politici, perché io per primo glielo contesterò, non dopo otto mesi, ma dopo un anno, un anno e mezzo, due anni; ci vorrà pure un tempo entro il quale questi progetti dovranno essere realizzati...
CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Il tempo della legislatura, onorevole Vitali!
LUIGI VITALI. Credo che non avrà questo tempo, signor ministro, e, comunque, anche se questo Governo e la sua esperienza dovessero durare l'intera legislatura, lei non sarà in grado di farlo, innanzitutto perché non ci ha spiegato come farà a ridurre a cinque anni i tempi dei processi civili e penali. Onestamente, poi, se, comunque, il buongiorno si vede dal mattino e i provvedimenti che oggi abbiamo sul tappeto sono stati soltanto quelli relativi ai tagli, se gli interventi radicali, da voi fatti, nel pianeta giustizia Pag. 28riguardano soltanto l'indulto e il blocco della riforma dell'ordinamento giudiziario, c'è poco da stare allegri e da avere credibilità su questi interventi.
CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Onorevole Vitali, riguardo all'indulto, non dica «avete fatto», ma «abbiamo fatto»...
LUIGI VITALI. Signor ministro, io non sono di quelli che disconoscono le proprie azioni. Io ho votato l'indulto, ma l'indulto è una «medaglietta» che lei si è messa al petto. Preciso, inoltre, che l'ho votato, senza esserne tenuto, dato che sono all'opposizione. Le ricordo che, quando ero nella maggioranza e sedevo ai banchi del Governo, è stata l'opposizione di allora che non ci ha permesso di farlo ed oggi, quindi, avrei potuto ripagare con la stessa moneta. Invece, l'ho votato, lo riconosco e non mi sono pentito. La medaglia dell'indulto, però - le ripeto - se l'è messa lei: le carceri le ha svuotate lei, i problemi se li è evitati lei, non io.
Vorrei poi precisare, dato che si specula sempre su chi ha votato e chi non lo ha fatto, che io ho votato l'indulto sul presupposto che, premesso che la situazione era insostenibile, non soltanto per quelli che scontavano giustamente la pena, ma, soprattutto, per quelli che lavoravano nell'interesse dello Stato, all'interno degli istituti penitenziari, avevamo chiesto un impegno al ministro ed al Governo di dare un segnale di discontinuità e di creare le condizioni, perché, mai più, si verificassero casi di sovraffollamento. Lei, oggi, viene a dirci che sono stati avviati interventi di ristrutturazione, di ampliamento e di costruzione che riguardano 1.500 posti all'interno degli istituti penitenziari. Onestamente, troppo pochi per adempiere a quell'impegno, che è stato essenziale, per quello che mi riguarda, nel convincimento di votare l'indulto.
Allora, parlando sempre di risorse, perché è di questo che dobbiamo parlare, è giusto rispondere all'insoddisfazione, all'oscuramento, all'allontanamento dei cittadini e al decadimento del prestigio dell'autorevolezza della giustizia e di chi la rappresenta, nel nostro paese, per le lungaggini e per le sentenze che arrivano, quando anche chi se le vede pronunciare a favore, forse, non sa più cosa farsene. Dovremmo guardare un momento all'interno, prima di dare le legittime, giuste, necessarie e doverose risposte ai cittadini italiani ed occuparci di coloro che mandano avanti questa baracca, che non sono soltanto i magistrati, ma sono, soprattutto, gli appartenenti al comparto dell'organizzazione giudiziaria, che, da otto anni, attendono - caso unico nel nostro paese, perché tutti i comparti pubblici hanno già fatto il primo e il secondo percorso di riqualificazione - la risposta alle loro legittime aspettative.
È troppo facile, poi, complimentarsi con il tale cancelliere o il tal altro segretario che fanno più del loro dovere; abbiamo invece il dovere di manifestare concretamente, e non a parole, la vicinanza dello Stato e delle istituzioni nei confronti di questi servitori silenziosi dello Stato che consentono di mandare avanti il pianeta giustizia. Deve quindi esserci un impegno, signor ministro - peraltro, siamo in periodo di inaugurazione dell'anno giudiziario -, per risolvere definitivamente questo problema.
Quanto ai provvedimenti già varati, dell'indulto abbiamo già parlato; circa il provvedimento sull'ordinamento giudiziario, signor ministro, vorrei rispondere al collega Tenaglia che ha richiamato l'autorevole rappresentante della pubblica accusa francese. Ebbene, ritengo che tale riferimento sia fuori luogo nel nostro sistema perché, come è ben noto anche a chi non sappia orientarsi tra pandette e codici, in Francia la pubblica accusa risponde direttamente al potere esecutivo mentre, nel nostro paese, è garantita l'indipendenza della magistratura; indipendenza che noi abbiamo voluto e vogliamo mantenere.
A mio avviso, già soltanto sulla base di un calcolo numerico, il collega Tenaglia dovrebbe convincersi di stare dalla parte sbagliata; ritengo che anche lei, signor ministro, stia sbagliando se intende veramente Pag. 29portare avanti, come ha enunciato, questa parte della riforma dell'ordinamento giudiziario consentendo la possibilità di passare dalla funzione giudicante a quella requirente purché si cambi solo il distretto. Se tutta l'avvocatura - mai era successo nel nostro paese - è convinta che la soluzione di tale questione passi attraverso la netta separazione delle carriere e se anche all'interno della magistratura, da Falcone a Forleo - ripeto: da Falcone a Forleo -, si comincia a recepire questa necessità, questa ventata di rinnovamento e di modernizzazione, nell'interesse della magistratura e dei magistrati, evidentemente è facile capire da che parte stia la verità e da che parte stia l'inesattezza o un attaccamento esagerato a logiche di corporativismo.
A nostro avviso, la riforma dell'ordinamento giudiziario che lei ha bloccato - ma ci attendiamo che presenti nei termini un disegno di legge - avrebbe consentito di valutare e verificare le capacità e le attitudini dei magistrati. Non si tratta di funzione che possa essere delegata esclusivamente al Consiglio superiore della magistratura: fino a quando la valutazione e l'accertamento della persistenza o del perdurare dei requisiti professionali rimarranno esclusivamente affidati alle prerogative del Consiglio superiore della magistratura, che è animato da correnti interne, io dubiterò che si possa veramente addivenire all'irrogazione di eventuali sanzioni a carico di magistrati non idonei e alla valorizzazione di quelli idonei. Pur lasciando l'ultima parola in merito al CSM, bisognerebbe inserire un elemento esterno ad esso se vogliamo che questa valutazione di capacità professionale possa essere seria, oggettiva e valida.
Anche sulla questione della riduzione del termine feriale, che è sicuramente un'iniziativa pregevole, ritengo che essa debba essere accompagnata da un elemento di non poca importanza: non è sufficiente ridurre da 45 a 35 giorni la sospensione del termine feriale; è necessario ridurre anche le ferie dei magistrati da 45 a 30 giorni. Potremmo infatti anche sospendere i termini dal 1 agosto al 31 agosto, ma i processi verrebbero comunque rinviati in quanto i magistrati dovrebbero completare i 45 giorni di ferie dei quali oggi godono. Quindi, l'iniziativa deve essere accompagnata da una riduzione delle ferie dei magistrati; altrimenti, si tratterrebbe di un editto senza alcuna conseguenza in quanto ridurremmo i termini di sospensione dei procedimenti ma di fatto non otterremmo alcun risultato, dovendo consentire a tutti i magistrati di usufruire dei 45 giorni di ferie.
Quindi, signor ministro, noi ci auguriamo che il 2007 possa essere l'anno della svolta.
Siamo molto perplessi sul fatto che quanto ella ha detto, soprattutto per ciò che riguarda il contenimento dei tempi dei processi civili e penali, possa essere realizzato. Infatti, nel suo intervento, signor ministro, manca un interlocutore importante, una parte che è stata richiamata dal collega che mi ha preceduto, vale a dire tutto il capitolo della magistratura onoraria. Oggi, è arrivato il momento di aprire gli occhi e di dirci cosa fare riguardo tale magistratura. Se è onoraria, vuol dire che deve essere di supplenza e che deve intervenire eccezionalmente ed occuparsi delle questioni «bagattellari» (non mi viene altro termine). Se, invece, è determinante, come lo è oggi nel nostro paese e nel nostro sistema; se è vero com'è vero, che alla magistratura onoraria è addossato il 65 per cento del contenzioso, ebbene, un Governo serio, uno Stato serio (non vogliamo parlare di Governo! In proposito, sono firmatario di una proposta di legge, quindi parlo a ragion veduta) ha il dovere di porsi definitivamente questo problema. Chiamatela magistratura di complemento oppure magistratura onoraria permanente; chiamatela come volete, ma noi riteniamo - e sentiamo dichiarazioni di rappresentanti del Governo che vogliono tutelare i diritti dei lavoratori che sono sacrosanti! - che anche i magistrati onorari sono dei lavoratori. Essi non possono e non devono essere sfruttati e non tanto da un datore di lavoro qualunque, ma addirittura dallo Stato. Anche per questa strada passa la riforma della giustizia.Pag. 30
Su questo, signor ministro, nella sua relazione vi è stato un vulnus, un «buco», una disattenzione. Mi auguro che vi saranno altre occasioni per poter tornare a parlare di questa situazione. Quindi, non è soltanto con la modifica di quella parte dell'ordinamento giudiziario che noi risolviamo i problemi della giustizia; non è soltanto con l'annuncio della riduzione dei tempi dei processi a cinque anni - senza peraltro dirci come, perché, quando - che noi risolviamo tali questioni. Esse si risolvono anche attraverso l'esame di queste problematiche e, soprattutto, stanziando risorse.
Vede, signor ministro - e mi avvio rapidamente alla conclusione -, io ho avuto l'onore di essere rappresentante del Governo proprio nel settore che la vede impegnato ai massimi livelli di responsabilità. Quando andavo in giro alle inaugurazioni degli anni giudiziari oppure in visite istituzionali presso altri uffici giudiziari, qualche rappresentante della magistratura associata ma anche del personale giudiziario, mi contestava il fatto che, in quell'ufficio, mancava la carta igienica ovvero, in un altro, la carta per fotocopie. Ebbene, io non ho smesso di visitare gli uffici giudiziari, signor ministro - e lei sicuramente lo farà di più e meglio di me -, ma adesso non soltanto sono bloccate le fotocopiatrici e tutte le macchine, in quanto mancano i soldi per fare i contratti di manutenzione - cosa che nel precedente Governo, per quante accuse e contestazioni siano state mosse non era mai accaduto -, ma mancano addirittura i soldi per acquistare le copertine dei fascicoli di ufficio!
Come vogliamo dare dignità e rispettabilità ad una giustizia e come vogliamo risolvere i relativi problemi nell'interesse dei cittadini, se chi opera quotidianamente deve combattere con le ristrettezze economiche e non è in grado di farsi una fotocopia e di avere un fascicolo per mettervi gli atti di ufficio? Come si risolvono le questioni se non ci sono le risorse? Allora, signor ministro, il tempo a sua disposizione - direbbe un noto presentatore - sta per scadere. Con tutta l'accondiscendenza, la solidarietà, con tutto quello che vuole, il tempo a sua disposizione - ripeto - sta per scadere.
Fino a questo momento, non vi sono state molte occasioni nelle quali abbiamo sentito l'impulso di batterle le mani e di sostenerla. Ci auguriamo che in questo 2007 ciò avvenga con quell'impegno di essere al suo fianco, se avrà la capacità ed il coraggio di gridare, all'interno del suo Governo e della sua maggioranza, alla necessità di attrezzare la giustizia. Per adesso, il voto finale rimane ancora rinviato, ma assolutamente non siamo soddisfatti della sua relazione (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Capotosti. Ne ha facoltà.
GINO CAPOTOSTI. Signor Presidente, prima di affrontare l'argomento in discussione e di esprimere le considerazioni mie e del mio gruppo sull'argomento presentatoci dal ministro, sento doveroso rivolgere una domanda alla Presidenza, perché temo di essere affetto da un momento di forte amnesia. Non ricordo bene, infatti, se il relatore che mi ha preceduto fosse sottosegretario per la giustizia del precedente Governo oppure no. Anzi, vado oltre; in generale, credo di avere un'amnesia piuttosto forte, perché la mia sensazione è che non ci sia stato affatto un Governo precedente a questo da parte di chi questa mattina si è lanciato in pindariche involuzioni e romantiche fantasie, nonché in straordinarie enunciazioni di libri dei sogni. Quindi, prima di affrontare la discussione, credo sia doveroso esaurire una premessa.
L'esame storico-critico della situazione che abbiamo ereditato va compiuto fino in fondo. Chi ci ha preceduto ha compiuto un taglio alle risorse della giustizia pari al 53 per cento. Chi ci ha preceduto ha lasciato in eredità una situazione di blocco totale del sistema giustizia, perseguito, se i comportamenti hanno un senso, se non con scientificità, perlomeno con una certa consapevolezza.
Questo fatto è indiscutibile e va stigmatizzato. Non credo sia accettabile che Pag. 31chi ha la responsabilità della funzione di cinque anni di Governo, anche in tema di giustizia, oggi si alzi per dire che in tale ambito non si è fatto nulla, che non si fa nulla e che c'è un dramma, un'emergenza giustizia.
Esaurita la premessa e fermo restando che, ovviamente, tutti vorremmo che il sistema giustizia forse esauriente, efficace e in grado di rispondere, nei tempi più rapidi possibile, alle problematiche dei cittadini, voglio ringraziare il ministro per il suo intervento, perché è stato coraggioso, ampio, esaustivo e, soprattutto, concreto.
Il ministro ci ha presentato un'idea di riforma possibile, non un libro dei sogni, non una battaglia epica contro e tra i poteri dello Stato, ma, nella consapevolezza di uomo di Governo, una possibile via di fuga dai problemi che noi tutti ben conosciamo, purtroppo, che passa, inevitabilmente, per l'architettura istituzionale del nostro Stato.
Chi siede in questi banchi non può ignorare che il nostro Stato è tripartito nella sua articolazione dei poteri, ossia che esistono diversi poteri e che è necessario che questi interloquiscano tra loro positivamente per dare risposte alla domanda politica della cittadinanza, perché la nostra funzione e quella del Governo è di dare risposte alla domanda politica ed esprimere ciò che serve nel momento in cui serve.
È piuttosto «antiistituzionale» occupare spazi e funzioni di responsabilità - parola che a me piace molto di più rispetto al termine «potere» - usandoli contro uno o contro un altro.
È chiaro che, dalla divisione dei poteri discende anche una serie di centri di imputazione di interessi. Chiamateli sindacati, ordini professionali, associazioni dei consumatori e dei cittadini, movimenti religiosi, comitati civici, eccetera. Chiamateli come ritenete più opportuno. Ma, inevitabilmente, il legislatore deve tenere conto di questo fenomeno sociale, per comporre la risposta politica.
La risposta politica è quella effettivamente percorribile. Non serve a nessuno scrivere sulla carta percorsi che si sa a priori non saranno realizzabili. Occorre dare risposte alla domanda di giustizia che ci rivolgono i cittadini italiani ormai da troppi anni.
Allora, da qui parte una riflessione relativa al problema dei livelli di garanzia nella giurisdizione italiana. Tale problema riguarda il fatto che vi è una tendenza a fissarli al più alto livello possibile, sempre al più alto. Questo principio e questa tendenza si sono tradotti anche in un fenomeno processuale per cui norme di valore semplicemente tecnico ne hanno assunto uno sostanziale. Mi riferisco alla competenza - che, come tutti voi sapete, non inficia il giudizio, ma semplicemente lo interrompe, per spostare il processo da un giudice all'altro - a norme come il difetto di giurisdizione o ad istituti quali la prescrizione. In altri termini, mi riferisco ad una serie di elementi tecnici complementari, che sono divenuti sostanziali per via del continuo e costante uso, anche strumentale, di un eccesso dei livelli di garanzia.
I livelli di garanzia, nel progetto illustrato dal ministro, afferiscono al dato sostanziale.
Pertanto, è giusto e possibile che si fissi una tempistica iniziale dei vari procedimenti in corso. Segnalo al riguardo la svolta in ambito civile del processo telematico: finalmente è possibile (a Milano lo si è già fatto la settimana scorsa, se non vado errato) dare corso a procedimenti giudiziari per via esclusivamente telematica o quanto meno principalmente telematica, abbattendo costi e tempi, ma, soprattutto, segnando una svolta sul piano dell'aggiornamento e, quindi, rispondendo alla domanda di giustizia dei tanti operatori, anche economici, che molti colleghi prima di me hanno segnalato come elemento importante. Lavorando sugli aspetti tecnici è possibile, quindi, stabilire una tempistica.
L'udienza di programma è un istituto diffuso nel sistema di civil law; è un sistema diffuso laddove esiste la ripartizione dei poteri, è presente un sistema di burocrazia professionale ed i giudici dipendono Pag. 32semplicemente dalla legge e non sono sottoposti al controllo diretto del potere esecutivo. L'udienza di programma è un elemento che servirà finalmente ai cittadini per sapere quando avrà termine la lite sul diritto controverso.
Altrettanto coraggiosi e possibili sono gli altri interventi in materia di ordinamento giudiziario, di giustizia minorile, di recupero dell'edilizia carceraria che tanto l'indulto e l'iniziativa parlamentare quanto la sospensione e la modifica del precedente ordinamento giudiziario, votato anche in buona parte dall'opposizione, hanno reso possibile.
Mi avvio mio malgrado a conclusione, perché il tempo è esaurito, ringraziando ancora il signor ministro. Certamente esprimo il mio appoggio e quello del mio gruppo parlamentare (Applausi dei deputati del gruppo Popolari-Udeur).
(Annunzio della presentazione di risoluzioni)
PRESIDENTE. Avverto che sono state presentate le risoluzioni Elio Vito ed altri n. 6-00010 e Maran ed altri n. 6-00011, il cui testo è in distribuzione (Vedi l'allegato A - Risoluzioni sezione 1).
(Ripresa della discussione)
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Daniele Farina. Ne ha facoltà.
DANIELE FARINA. Signor Presidente, signor ministro, questa è la prima stazione, chiamiamola così, che lei compie nel corso del suo incarico, adempiendo ad un obbligo di legge. Gode, dunque, favorevolmente della circostanza che non abbiamo i termini di paragone fra il detto, il programmato ed il fatto.
Meno bene andò un anno fa al suo predecessore Castelli, ma erano del tutto evidenti gli esiti di cinque anni di Governo del centrodestra sul complessivo sistema della giustizia. Esiti che lasciano a lei e a noi una pesante eredità, nettamente peggiorativa rispetto ad una difficoltà che, non lo nascondiamo, ha un carattere comunque storico, per cui il collega Capotosti con un po' di ironia diceva di soffrire di amnesia; a fronte di questa eredità del centrodestra, spero che gli italiani, invece, non ne soffrano.
Lei ha esposto un programma ambizioso che, se realizzato nell'arco di questa legislatura, farebbe gridare al miracolo. Quindi, lavoreremo con lei nel rispetto delle reciproche differenze perché questo miracolo si compia.
È perciò con piacere che abbiamo ascoltato il programma di riforma che ci ha proposto in questa sede, così come abbiamo letto gli intendimenti da lei recentemente espressi a Caserta.
Una giustizia più rapida in sede penale e, soprattutto, civile è obiettivo che ovviamente condividiamo. A questo affianchiamo però la percezione chiara della qualità attuale del nostro sistema penale e penitenziario, rispetto al quale rileviamo di fatto una diversità di trattamento dei cittadini sulla base della loro disponibilità economica.
Il rafforzamento del gratuito patrocinio, la riforma dei codici orientata verso la riduzione del carico penale sulla società rimangono, dunque, per noi i tratti di un cammino necessario.
Il mio gruppo ha sostenuto il provvedimento di indulto che molte polemiche e opposizioni ha suscitato nel paese più che nel Parlamento e contro cui abbiamo sentito ancora oggi in quest'aula gli strali di una parte del centrodestra! Tale provvedimento, che dobbiamo continuare a monitorare con attenzione, mantiene comunque la caratteristica di essere stato il prerequisito di ogni possibile, ulteriore riforma. A tale riguardo, continuiamo a sollecitare anche il rafforzamento delle misure alternative, le misure postcarcerarie, che rappresenta la condizione necessaria affinché quel provvedimento, anziché alimentare una percezione negativa, sia in grado di dispiegare i suoi effetti positivi.
Non ci sfugge, tuttavia, il fatto che il disastro vaticinato da molti non si è realizzato e che invece, come abbiamo sostenuto, Pag. 33l'indulto ha avuto un positivo effetto generale di prevenzione, non incidendo negativamente sulla sicurezza dei cittadini. Se il miracolo che lei, ministro, ha annunciato si compirà, lo dovremo anche grazie a questo straordinario e difficile inizio.
Recentemente - sabato scorso, nell'ambito di un'iniziativa delle Camere penali - abbiamo ascoltato volentieri un magistrato del tribunale di Milano marcare il punto secondo cui non risponde necessariamente al vero che «le carriere» sono «di destra» e «le funzioni» sono «di sinistra», o viceversa. Dunque, nell'ambito della riforma dell'ordinamento giudiziario che abbiamo promesso (e, in parte antica, sospeso), la discussione che dovremo svolgere è ancora ampia.
In ultimo - un po' «fuori sacco», se vogliamo! -, leggiamo dell'intenzione da lei sostenuta, signor ministro, di introdurre nell'ordinamento un reato per sanzionare chi nega l'Olocausto. Ebbene, in questi banchi troverà per storia, identità ed idea di futuro i nemici più acerrimi di quella cultura orrida, tragica e deteriore che nega cercando di giustificare; e tuttavia ritengo sia questo un problema che investe non il codice, ma la cultura, la scuola e la società.
Io - questo è il mio modesto consiglio - mi spenderei maggiormente per far sì che norme esistenti, di carattere costituzionale (ad esempio, il divieto di ricostituzione del partito fascista) od ordinarie (come la punibilità dell'istigazione all'odio razziale), vengano rigorosamente applicate laddove risulta evidente che spesso non lo sono; così, l'inconcepibile diventa nella società prassi tollerata, nonché attività di organizzazione politica e di programma.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.
FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, signor ministro, il presidente della Commissione giustizia, onorevole Pisicchio, ha già assicurato la piena collaborazione del Parlamento alla vasta azione riformatrice che ella ha preannunciato nell'ampia informativa che ha testè reso per guarire una giustizia ad elevato grado di malattia.
In questa sede, confermo la collaborazione del gruppo Italia dei Valori, il quale, proprio con questo spirito, ha già presentato due proposte di legge in tema di razionalizzazione della giustizia penale quale anticipazione di riforme «a costo zero».
Nella nostra intenzione, la proposta di legge n. 1392 è vanamente vista come alternativa all'indulto (che abbiamo osteggiato). Tale provvedimento è fondato sulla definizione del processo senza condanna nei casi di tenuità del fatto e, come anche ella ha ricordato, sulla riparazione e sull'esito positivo della prova in seguito alla sospensione del processo. La proposta di legge prevede, inoltre, l'abrogazione delle modifiche normative introdotte dalla cosiddetta legge ex Cirielli in materia di recidiva, nonché dalle cosiddette leggi Bossi-Fini e Fini-Giovanardi in materia di immigrazione e di droga.
Più recentemente, abbiamo presentato una seconda proposta di legge in materia di notificazioni, sospensione delle prescrizioni per i contumaci, semplificazione della redazione delle sentenze e delle inammissibilità in caso di impugnazione, ripristino dei termini di prescrizione (riferiti a quelli preesistenti alla cosiddetta legge ex Cirielli e all'impugnabilità delle sentenze di assoluzione da parte del pubblico ministero) nonché previsione combinata della cosiddetta sezione-stralcio e dell'ampliamento del patteggiamento in ogni stato e grado del giudizio, al fine di fronteggiare la pesante zavorra dei processi per reati coperti da indulto.
Offriamo tale contributo al Parlamento, al Governo e a lei, signor ministro, poiché riteniamo che la democrazia passi anche attraverso l'efficienza della giustizia.
A tale proposito, le domandiamo se, in tema di riforme globali dei codici sostanziali e processuali, non sia più opportuno agire mediante legge delega, chiedendo alle Commissioni parlamentari competenti di lavorare prioritariamente, in questa fase, sui principi e sui criteri, data la vastità del Pag. 34lavoro da compiere. Le chiediamo inoltre, signor ministro, se non sia opportuno che ella presenti le grandi riforme prima alla Camera dei deputati, in quanto essa sarebbe in condizioni di fronteggiare un terzo esame.
Per quanto riguarda i minori, abbiamo apprezzato la sua contrarietà all'abbassamento della soglia di imputabilità. Io ebbi l'onore di presentare, nel 1990, la proposta di risoluzione n. 45115, poi approvata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite: proprio in materia di uso strumentale dei minori da parte della criminalità organizzata, essa prevedeva che pagassero doppio gli adulti, invece che i minori.
Per quanto riguarda, infine, la separazione delle carriere, noi abbiamo apprezzato ed apprezziamo il suo netto «no»: il tema non è nel programma dell'Unione e del Governo. Dal disegno di revisione costituzionale presentato dall'Unione delle camere penali a Milano (è stato ricordato poc'anzi) emerge il vero obiettivo: il radicale depotenziamento della magistratura, ridotta da potere ad ordine, come gli ingegneri, i medici, gli avvocati, e l'introduzione della maggioranza dei componenti non togati all'interno del Consiglio superiore della magistratura, che, comportando la perdita del governo autonomo e l'aumento della politicizzazione della magistratura, rappresenterebbe il presupposto per il suo controllo da parte del potere politico, nonché la perdita della sua indipendenza. Questo è il vero grande rischio, onorevole ministro!
Italia dei Valori confida che gli alleati di Governo non si spingano su questo terreno, che è estraneo alla cultura ed al programma dell'Unione. Comunque, essa chiede a lei, signor ministro, ed al Governo, di esercitare una ferrea vigilanza affinché sia respinto questo tentativo...
PRESIDENTE. La invito a concludere.
FEDERICO PALOMBA. ...di scardinamento dell'impianto costituzionale - concludo, signor Presidente - e siano preservate l'autonomia e l'indipendenza della magistratura, che non sono un privilegio corporativo, ma una garanzia per i cittadini: una magistratura libera, anche con qualche inefficienza, è infinitamente migliore di una magistratura governata dai politici di turno!
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle comunicazioni del ministro della giustizia.
(Annunzio della presentazione di un'ulteriore risoluzione)
PRESIDENTE. Avverto che è stata presentata la risoluzione Consolo n. 6-00012, che si aggiunge alle due già annunciate in precedenza (Vedi l'allegato A - Risoluzioni sezione 1).
Sull'ordine dei lavori.
MANLIO CONTENTO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. A che titolo, onorevole Contento?
MANLIO CONTENTO. Signor Presidente, approfitto della presenza del ministro per chiedere la disponibilità del Governo a riferire al Parlamento sugli ultimi sviluppi di una vicenda abbastanza incresciosa, nota come indagine nei confronti di «Unabomber».
Noi preferiremmo che, anziché nelle trasmissioni televisive o sulla stampa, certi temi fossero trattati anche in quest'Assemblea.
PRESIDENTE. Onorevole Contento, lei sa che le determinazioni relative alla programmazione dei lavori dell'Assemblea sono stabilite dalla Conferenza dei presidenti di gruppo e che l'ordine del giorno delle Commissioni è definito dai relativi Uffici di presidenza. Pertanto, l'ordine del giorno delle sedute non dipende dal ministro.
Pag. 35Si riprende la discussione (ore 12,35).
(Replica del ministro della giustizia)
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il ministro della giustizia, Clemente Mastella.
CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Signor Presidente, in considerazione dell'alta intensità con la quale, in precedenza, mi sono proposto all'attenzione di questa Assemblea - di ciò chiedo scusa -, sarò abbastanza avaro di parole, molto parco e notevolmente contenuto in sede di replica, che svolgo stamani onde evitare di consumare ulteriore tempo nel pomeriggio.
Innanzitutto, desidero ringraziare i colleghi della maggioranza, la cui risoluzione fa da supporto ed è complementare all'azione di Governo: un Governo che si muove nel cono d'ombra prodotto dalla sua maggioranza, tanto è vero che esso è ontologicamente in funzione della sua maggioranza, programmaticamente, politicamente e soprattutto sul piano parlamentare. Quindi, ringrazio tutti i colleghi che sono intervenuti, i quali si sono espressi in maniera sincrona, anche se con lessico evidentemente differenziato, in conformità alla concezione plurale di questa nostra coalizione di Governo.
In maniera molto semplice, vorrei soltanto dire al deputato Daniele Farina che uno, in quanto cattolico, crede nei miracoli; quindi, se c'è qualche miscredenza, spero di poterla eliminare. Indubbiamente, non ho una visione solipsistica, per la quale il solo Governo o il solo ministro possa, da solo, condurre in porto un'operazione alla base della quale vi è una clamorosa esigenza. Il fatto è che i cittadini chiedono proprio questo alle maggioranze pro tempore (in questo caso, alla nostra): lo chiedono per un malessere, per un rancore mai sopito nei confronti delle istituzioni, in genere, e del mondo della giustizia, in particolare.
Quindi, abbiamo il dovere, quasi etico, di lanciare una grande scommessa.
Questa scommessa ha inizio in una stagione nella quale bisogna realizzare un raccordo tra il Parlamento, rispettandone la dignità e le prerogative, e il Governo, che ha una funzione di «spinta». Mi auguro si possa non soltanto riflettere ma anche arrivare alla conclusione positiva di un mandato che definirei storico, perché storiche sono le vicende che fin qui si sono verificate - ahimé - in senso negativo. Non prendo a pretesto i rilievi espressi da alcuni colleghi della maggioranza, in contrapposizione quasi antagonistica all'opposizione, per chiedere che ruolo svolgesse, precedentemente, la stessa opposizione. Non lo faccio per una semplicissima ragione: verrei meno al mio compito e alla mia cultura, in base alla quale continuo a ritenere necessario provare e riprovare, in maniera baconiana, anche l'esperienza politica ed una gestione che, a dispetto dei fatti, si ha il dovere di proseguire, proprio nel momento in cui - come oggi, in Parlamento - rinnovo l'appello all'opposizione a lavorare con me per «fabbricare» un mondo diverso, il mondo della giustizia, che certamente presenta carenze e disfunzioni e non è generoso rispetto a quanto richiesto degli italiani.
Voglio esprimere un sincero apprezzamento anche per le valutazioni difformi che ho registrato in questa Assemblea da parte dell'opposizione. In particolare, mi rivolgo all'onorevole Vitali, il quale ha affermato la disponibilità dell'opposizione a collaborare: sono io a collaborare con lei, onorevole Vitali. Questa è la procedura, questo è il nesso, questa è la relazione che deve scattare.
Il mio professore di filosofia diceva che, a fronte di quello che c'è, non si può sapere se le cose andranno meglio o se andranno diversamente; tuttavia, un fatto è certo: perché vadano meglio devono andare diversamente. Dinanzi a questa diversità, a questo modo di comporsi, a questa traiettoria cui dobbiamo ispirarci e ad una esigenza che è maturata ed è presente nel paese, c'è una associazione non di idee ma operosa e, spero, operativa. Poi, faremo la distinzione nei linguaggi e nelle modalità. Lei ha fatto cenno ad un Pag. 36aspetto che caratterizza complessivamente il dibattito politico: quello della separazione. Ho ascoltato, anche da sinistra, qualche osservatore molto attento, soprattutto nei miei confronti. Rispondo, dicendo che il mio programma porta a questo, che nel mio programma è prevista la distinzione tra le funzioni e non la separazione.
L'onorevole Tenaglia ha spiegato, in maniera sufficientemente dotta sotto il profilo giuridico, la ragione di questo punto di vista. Se valutassimo non soltanto la realtà della giustizia civile e penale ma anche quella della giustizia amministrativa, dovremmo operare anche una difformità e una separazione tra giudice e procuratore della Corte dei conti e lo stesso varrebbe per il Consiglio di Stato. Inoltre, dovremmo prevedere una alterità tra chi valuta, nell'ultimo grado di giudizio, in Corte di cassazione e nelle corti d'appello. Si tratta di una cosa un po' diversa. La mia idea, istintiva e costituzionale, è che la terzietà è nel giudice come tale. Mi pare che, stando al linguaggio da me portato alla vostra attenzione, si stabilisca che la modalità è quella della terzietà proprio dell'ufficio del processo, nel senso che il giudice decide a fronte dell'inquirente e a fronte dell'avvocato e dell'avvocatura.
Preciso, dinanzi al documento e a qualche espressione, forse un po' maldestra, che è stata portata alla mia attenzione, che non c'è alcuna sorta di offensiva in negativo per quanto mi riguarda rispetto all'avvocatura. Voglio ripetere quanto affermato a Milano e, cioè, che laddove fossi inquisito dovrei chiedere l'avallo di qualche avvocato e solo per questo, ragionevolmente, dovrei tentare, come si suol dire, di tenermi buona la categoria. Non è questo il problema. Ritengo che tutti possano lavorare al meglio per contribuire ad una efficienza che, oggi, indubbiamente non c'è, stando alle modalità con le quali il nostro paese, che è un grande paese, viene definito, mestamente, in ogni circostanza e in varie sedi internazionali. Questo grande paese non appartiene a me o al mio Governo, ma appartiene agli italiani. Noi siamo la classe politica espressione del paese, non soltanto in termini di volontà popolare. Vorrei che tutti facessimo giustizia di tanti elementi di ingiustizia che gravano, come ipoteche, sui cittadini e sulla nostra comunità nazionale.
C'è poi un passo, nella risoluzione Elio Vito ed altri n. 6-00010, in base alla quale avrei preannunciato l'intenzione di rendere i reati non più soggetti a prescrizione dopo la sentenza di primo grado.
Ho fatto cenno ad un momento precedente alla formazione del giudicato e quindi mi sono tenuto alla larga da questi argomenti, anche per una ragione semplice. Ad eccezione dell'architettura generale, il dettaglio appartiene al modo con il quale i contraenti, in questo caso non solo la mia maggioranza ma l'intero Parlamento, decidono di organizzarsi. Non mi fermo su questo. Voglio solo dire all'onorevole Elio Vito che nei prossimi cinque anni occorre trovare il modo di cambiare la realtà attuale. O accettiamo lo stato di fatto, con quel patrimonio di negatività che lo accompagna, o è ingiusto che allora, di volta in volta, ci andiamo ad occupare di una materia rispetto alla quale siamo pronti poi a gettare la spugna ( anche se non sono tra coloro che ritengono di doverlo fare).
È ambizioso il progetto? Certamente sì. È ambizioso e immagino di realizzarlo da solo? Certamente no. Occorre che tutti aspiriamo allo stesso fine e agiamo insieme per esso, per giungere ad una impostazione che porti ad un nuovo umanesimo giudiziario per il nostro paese. Questa è la condizione, perché è vero che i magistrati e gli avvocati sono partecipi, ma l'entità in carne ed ossa è il cittadino, la persona come tale (mi riferisco ad un umanesimo un po' cristiano e al tempo stesso un po' laico).
Ringrazio, quindi, coloro che si sono espressi a favore di questa ipotesi progettuale, che certamente oggi deve passare da una topografia ideale ad un impianto reale, con l'aiuto di tutti quanti. Chiedo questo aiuto non solo ai componenti della maggioranza, ma anche a quelli dell'opposizione, che sarà pronta a manifestare il Pag. 37proprio dissenso quando sarà giusto, ma che spero sarà anche pronta ad essere comprensiva e costruttiva nel momento in cui giungeremo alla costruzione di una nuova giustizia, aderente alla realtà di un paese moderno.
Da ultimo, vorrei dire al collega Farina che, per quel che riguarda il reato di opinione, ricordo che sono semplicemente un laureato in storia e filosofia e non mi azzardo a dare risposte di natura tecnica. Lungi da me il voler confezionare, come qualcuno ha detto, un reato di opinione, l'idea progettuale che ho presentato non va in questa direzione, se il Governo collegialmente dovesse prendere una decisione al riguardo.
Seguo la linea che è conseguenziale alla vecchia legge Mancino - mi riferisco ad un sistema di aggravanti ed ad alcuni elementi in essa presenti che vanno modernizzati, attuando una comparazione con il dato attuale - con l'aggravante, rispetto ai reati di istigazione, dei crimini contro l'umanità, secondo quanto previsto anche dallo Statuto della Corte penale internazionale. Non c'è nulla di eclatante in questo. So ben distinguere il dato storico e la portata dissonante per quel che riguarda «le opinioni», per cui lungi da me il voler colpire i reati di opinione, ma bisogna stare attenti a fenomeni che hanno inquietato le coscienze e per i quali a volte siamo stati giudicati dalla storia per essere giunti politicamente molto in ritardo.
Vorrei evitare questo ritardo politico e vorrei evitare che la storia giudicasse con molta severità ciò che potrebbe sembrare una forma di inadempienza. Se il Governo e il Parlamento daranno il loro avalli, ne sarò contento, altrimenti ne prenderò atto: non si tratta di una sconfitta, ma semplicemente di un modo divergente di guardare la stessa questione, quella di dire «no» ai crimini contro l'umanità, sotto un profilo non solo storico ma anche giuridico o giurisdizionale. Credo che l'una o l'altra alternativa appartengano alla politica, mentre le vicende della storia devono essere definite dagli storici. Grazie (Applausi dei deputati dei gruppi Popolari-Udeur, Italia dei Valori e L'Ulivo).
(Annunzio della presentazione di un'ulteriore risoluzione)
PRESIDENTE. Avverto che è stata presentata la risoluzione Lussana n. 6-00013, il cui testo è ora in distribuzione (Vedi l'allegato A - Risoluzioni sezione 1).
(Parere del ministro della giustizia)
PRESIDENTE. Invito il ministro della giustizia ad esprimere il parere sulle risoluzioni Elio Vito ed altri n. 6-00010, Maran ed altri n. 6-00011, Consolo n. 6-00012 e Lussana n 6-00013.
CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Signor Presidente, per quanto riguarda la risoluzione Consolo n. 6-00012, che mi chiede di appoggiare in ogni sede le iniziative legislative preannunciate in materia di risarcimento del danno ad opera dello Stato nei casi di applicazione a favore del reo di provvedimenti di clemenza, in sede di attuazione costateremo quali saranno le proposte che si avanzeranno e pertanto vi sarà una valutazione...
GIUSEPPE CONSOLO. L'ha già preannunciato questa mattina!
CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Sì, onorevole Consolo, ma non può dire a me che il mio preannuncio di intenzioni occupi la severità del suo giudizio e che, rispetto a ciò che lei ha detto, non vi sia la severità del mio giudizio. Quindi, valutiamo in maniera reciproca il giudizio. Lei sarà severo e giudicherà in maniera non compiacente, ma con serenità e severità, ciò che illustrerò in termini programmatici. Per quanto mi riguarda, lo stesso farò io quando lei presenterà la sua Pag. 38proposta di legge in materia. Pertanto, il Governo esprime parere contrario sulla risoluzione Consolo n. 6-00012.
PRESIDENTE. Prendo atto che l'onorevole Consolo insiste per la sua risoluzione n. 6-00012, non accettata dal Governo.
CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Per quanto riguarda la risoluzione Maran ed altri n. 6-00011, che mi riguarda direttamente ed approva le mie comunicazioni, non posso far altro che ringraziare i suoi presentatori ed esprimere, pertanto, parere favorevole.
Per quanto riguarda la risoluzione Elio Vito ed altri n. 6-00010, ho già espresso alcune contrarietà e ne ho fatto cenno anche quando mi si imputava, abbastanza arbitrariamente, l'intenzione di rendere i reati non più soggetti a prescrizione dopo la sentenza di primo grado, per cui il Governo invita i presentatori al ritiro della suddetta risoluzione, altrimenti esprime parere contrario. Quindi, per non dire «no» al contenuto della risoluzione in questione, invito i presentatori a valutare reciprocamente «in corso d'opera» le questioni in essa richiamate, alcune delle quali possono anche interessarmi direttamente (e credo possano interessare anche la maggioranza ed il Governo in quanto tale). Con molta franchezza, debbo ribadire che, nei termini in cui è formulata, il Governo non può esprimere parere favorevole sulla risoluzione Elio Vito ed altri n. 6-00010. Se i presentatori la ritirassero, potremmo valutarne il contenuto «strada facendo», come dice la canzone; è questo il modo migliore per...
LUIGI VITALI. Però il dispositivo è condivisibile!
CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Onorevole Vitali, sono condivisibili alcuni aspetti della risoluzione Elio Vito ed altri n. 6-00010. Valuteremo «in corso d'opera», ma - lo ripeto - così come formulata, il Governo non può esprimere parere favorevole. Quindi, se la risoluzione viene ritirata, per me va benissimo e ci confermiamo in un reciproco atto di fiducia; altrimenti, lo ripeto ancora, il Governo esprime parere contrario.
Da ultimo, il Governo esprime parere contrario sulla risoluzione Lussana n. 6-00013.
PRESIDENTE. In conclusione, il Governo esprime parere favorevole sulla risoluzione Maran ed altri n. 6-00011, mentre esprime parere contrario sulle restanti risoluzioni presentate.
Rinvio il seguito del dibattito alla ripresa pomeridiana della seduta.
Per la risposta ad uno strumento del sindacato ispettivo (ore 12,54).
ANNA TERESA FORMISANO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANNA TERESA FORMISANO. Signor Presidente, chiedo alla Presidenza di sollecitare la risposta scritta ad una interrogazione, da me presentata, ahimè, martedì 1o agosto 2006. Si tratta di un'interrogazione rivolta al ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, concernente argomenti abbastanza importanti che credo, o almeno credevo, un ministro che a parole si dice attento ai problemi dell'ambiente volesse affrontare in maniera immediata e corretta. Parliamo dell'emungimento delle acque da parte della regione Campania nel territorio della regione Lazio, nel comune di Cassino, con tanto di ordinanza, sia comunale sia regionale, per evitare un maggiore emungimento. Nulla mi è stato risposto. Nulla mi è stato scritto. Quindi, mi rivolgo a lei, signor Presidente, affinché solleciti la risposta scritta a questa interrogazione.
PRESIDENTE. Onorevole Formisano, la Presidenza riferirà al Presidente della Camera affinché solleciti il Governo nel senso da lei richiesto.Pag. 39
Sospendo la seduta, che riprenderà alle 14,30 con le dichiarazioni di voto sulle risoluzioni presentate.
La seduta, sospesa alle 12,55, è ripresa alle 14,30.
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, i deputati Bonelli, Capodicasa, D'Elia, Giovanardi, Letta, Lucà, Maroni, Mura e Reina sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantanove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Si riprende la discussione.
PRESIDENTE. Ricordo che nel corso delle comunicazioni del ministro della giustizia sull'amministrazione della giustizia, ai sensi dell'articolo 86 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come modificato dall'articolo 2, comma 29, della legge 25 luglio 2005, n. 150, sono state presentate le risoluzioni Elio Vito ed altri n. 6-00010, Maran ed altri n. 6-00011, Consolo n. 6-00012 e Lussana n. 6-00013.
Ricordo inoltre che il Governo ha espresso parere favorevole sulla risoluzione Maran ed altri n. 6-00011 e parere contrario sulle restanti risoluzioni.
(Dichiarazioni di voto)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto sulle risoluzioni presentate.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Capotosti. Ne ha facoltà.
GINO CAPOTOSTI. Signor Presidente, signor ministro, facendo seguito all'intervento da me svolto stamani nella discussione sulle comunicazione del ministro di giustizia, il gruppo dei Popolari-Udeur dichiara il voto favorevole sulla risoluzione della maggioranza. Vale però la pena approfondire due o tre argomenti che stamani non è stato possibile affrontare, per via del contingentamento dei tempi. In particolare, vorrei riferirmi al tema del livello di garanzia.
Come ho già rilevato questa mattina, c'è una tendenza nella giurisdizione italiana ad aumentare e ad intendere il livello delle garanzie sempre (e sempre di più) al punto massimo. Questa tendenza, che ha una radice costituzionale ed un senso evidentemente di rilievo assoluto in materia di giustizia penale, non può essere intesa allo stesso modo, laddove ci troviamo dinanzi a fenomeni di tecnica squisitamente processualista, seppur in materia penale; tale tendenza deve infatti essere intesa in un'accezione diversa evidentemente in sede civile, o quanto meno nei processi civili, dove si tratta di questioni squisitamente patrimoniali. Vale dunque la pena sottolineare che le proposte di modifica al rito civile, ad esempio l'introduzione di procedimenti sommari che siano anche definitivi (quindi non più sommari), a rito differenziato, che possano dare una risposta semplificata e più immediata nel tempo, possono contribuire grandemente a risolvere le questioni controverse in tempi più accettabili.
In tema di processo telematico, è da svariati anni che si parla di notifiche e di comunicazioni inter partes - sempre, almeno, nel processo civile - mediante lo strumento elettronico. Poiché questa procedura ha avuto una sperimentazione nel rito societario, è opportuno e giusto che il tipo di procedura possa essere estesa all'intero procedimento civile. Per concepire un procedimento civile della durata di due anni in primo grado e di altri due anni in secondo grado è possibile immaginare tutta la parte introduttiva del rito come affidata esclusivamente alle parti e semplificata nei tempi e nelle modalità di comunicazione. L'esempio di Milano ci fa ben sperare. Auspichiamo che tutti i tribunali Pag. 40d'Italia, quanto prima, possano essere messi in condizione di operare con le stesse modalità.
Allo stesso tempo vale la pena affrontare il tema dell'ammodernamento possibile, della revisione in chiave di modernità per quanto attiene l'ordinamento giudiziario. Mi riferisco alle modalità di accesso alla carriera di magistrato, alla separazione delle funzioni e alla previsione di incompatibilità distrettuale. Questi sono elementi possibili e sostenibili che, nella fase storica che ci troviamo a vivere, realizzano un principio di ammodernamento su un tema sentito, quello della non coincidenza fisica del magistrato giudicante rispetto alla controparte processuale. Sono le uniche possibilità, attuali e concrete, che abbiamo per dare una risposta ai cittadini, che aspettano da lunghi anni di poter svolgere una lite con le stesse tempistiche che esistono negli altri paesi europei. Si può fare anche un'analisi politica dei diritti presenti a tutt'oggi (nell'ambito civile contiamo qualcosa come trentaquattro procedimenti). È vero che, inevitabilmente, la diversa provvista di disponibilità finanziaria incide sulla qualità della difesa, sulla possibilità di accedere a riti diversi, più celeri, che vanno a tutelare beni patrimoniali di rilievo tradizionale (ad esempio, mi riferisco all'aver concepito riti più celeri a garanzia della proprietà, alla possibilità di accedere ad una giustizia privata, che mi vede favorevole per alcune materie, rivolgendosi ad un collegio arbitrale). Sono tratti che possono essere interpretati male dal cittadino comune, il quale può pensare che esistano dei riti più veloci, per tutelare i beni patrimoniali di rilievo, riservati a coloro che hanno una provvista finanziaria di livello, rispetto alla situazione normale.
Allora, credo che su questo si possa raggiungere l'obiettivo di ottenere un'uniformità nella tempistica e nelle garanzie, tagliando - come ha detto il ministro stamane - pesantemente le indebite presenze di garanzia in tecnicismi strettamente processuali, che ormai segnano una datazione temporale e risultano assolutamente incomprensibili alla maggioranza. Inoltre, spesso mettono gli stessi avvocati - categoria alla quale mi pregio e mi onoro di appartenere - in condizioni difficili, quando devono spiegare ai propri clienti quali sono le tempistiche, le modalità, le problematiche che fanno sì che, per avere giustizia, bisogna attendere tre, cinque, nove anni e spesso è necessario arrivare ad una transazione di compromesso che non soddisfa nessuno, ma che, di fatto, è l'unico modo possibile per chiudere una lite in modo definitivo.
Mi avvio alla conclusione del mio breve intervento giacché abbiamo svolto un'ampia discussione, che tiene conto dei possibili elementi positivi presenti all'interno del progetto ed anche dei rilievi critici. Questo non è un punto di arrivo, ma un punto di partenza che, comunque, fa seguito a procedimenti a cui abbiamo dato corso tutti insieme (mi riferisco all'indulto, alla sospensione e modifica dell'ordinamento giudiziario). Quindi, a breve avremo sicuramente un testo normativo esaustivo, che interviene sull'ordinamento giudiziario, sulla giustizia minorile, sul problema della celerità dei processi, sulla revisione del procedimento civile e penale, sulla revisione dell'intero impianto della pena, oggi che, oggettivamente, è possibile avviare un percorso di rieducazione e di recupero all'interno della struttura carceraria.
In conclusione, ringrazio ancora il ministro per l'ampio contributo dato questa mattina alla discussione, ringrazio i colleghi che sono intervenuti perché hanno fornito tutti un prezioso contributo di opinioni e ribadisco l'espressione di un voto favorevole da parte del gruppo dei Popolari-Udeur.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Crapolicchio. Ne ha facoltà.
SILVIO CRAPOLICCHIO. Signor Presidente, onorevoli deputati, richiamando quanto già esposto questa mattina in sede di discussione, il sottoscritto, intervenendo in rappresentanza del gruppo parlamentare dei Comunisti italiani, non può che Pag. 41ribadire come le linee programmatiche esposte dal ministro della giustizia siano ampiamente condivisibili.
Concordiamo sulla necessità di approvare nei tempi prestabiliti la riforma dell'ordinamento giudiziario, per renderlo organico ed efficiente a fronte del ruolo che lo stesso deve necessariamente rivestire. In tal senso, in ossequio alle menzionate finalità di riforma, auspichiamo dunque che a tale fondamentale ambito vengano destinate adeguate risorse e che, in ogni caso, si proceda con interventi di ampio respiro, come osservato in occasione della discussione sulle comunicazioni del ministro.
In ordine alla riforma del processo civile, riteniamo che la stessa sia assai opportuna, senza tuttavia dimenticare anche quella concernente le controversie del lavoro. È chiaro che le misure di semplificazione ed accelerazione, come l'udienza di programma oppure l'eliminazione di mere udienze di rinvio, potranno consentire in tempi ragionevoli un giusto processo, impedendo altresì le odiose condanne della Corte di giustizia che sono la vergogna di un paese civile.
Temiamo che sarà tuttavia necessario fare molta attenzione alle procedure di stralcio per non rischiare di perdere di vista la certezza del diritto e di vanificare le aspettative di coloro che hanno intrapreso, loro malgrado, la strada giudiziaria.
Per quanto concerne la riforma del processo penale, valutiamo positivamente taluni interventi innovativi già commentati stamani in sede di discussione. Consideriamo pertanto favorevolmente misure di semplificazione ed accelerazione del processo, quali la rivisitazione del regime delle nullità, così come quelle della disciplina della competenza mediante la previsione di rigide preclusioni temporali e dell'immediata ricorribilità in Cassazione.
Appare del tutto opportuna, in modo da scoraggiare impugnazioni meramente dilatorie, la riforma dell'istituto della prescrizione, ancorché debba evidenziare alcune perplessità di natura costituzionale.
Infine, riteniamo opportune le procedure di patteggiamento per i reati coperti dall'indulto, nonché dell'amnistia nei limiti già più volte espressi. È indubbio che tali misure saranno utili nell'immediato, ma temo che non risolveranno il problema dell'arretrato che nasce anche da una legislazione sbagliata ed inadeguata che ha mirato esclusivamente all'inasprimento delle pene, come ad esempio la legge Bossi Fini e la cosiddetta ex Cirielli. In tali ambiti, senza ovviamente dimenticare la vergogna delle leggi ad personam, sarà dunque necessario un intervento volto a modificare radicalmente il diritto sostanziale.
Per tutte le ragioni sopra richiamate, il gruppo parlamentare dei Comunisti italiani esprimerà voto favorevole sulla risoluzione Maran n. 6-00011
(Applausi dei deputati del gruppo Comunisti Italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buemi. Ne ha facoltà.
ENRICO BUEMI. Signor Presidente, il gruppo della Rosa nel Pugno esprime il proprio sostegno alle comunicazioni e alle iniziative del Governo in materia di giustizia, espresse questa mattina dal ministro Mastella. Nel dare tale giudizio tuttavia vogliamo mantenere ferma l'esigenza di una visione più avanzata del nostro sistema ordinamentale.
Abbiamo appreso che è intenzione del ministro varare quanto prima la proposta di modifica dell'ordinamento per quanto riguarda le parti bloccate in precedenza. Riteniamo utile l'evoluzione del problema della separazione delle carriere e delle funzioni anticipata dal ministro. Come punto di approdo finale, consideriamo la separazione delle carriere come piena realizzazione del giusto processo, accanto alla necessità di fissare termini ragionevoli per quanto riguarda il completamento dell'iter processuale in tutte le sue istanze.
Il principio costituzionale del giusto processo non può avere completa attuazione se non si dà la certezza della terzietà del giudice, che passa attraverso la separazione piena della sua carriera rispetto a quella del pubblico ministero, e se non si Pag. 42dà piena applicazione al principio di parità tra le parti, accusa e difesa. Tale principio non può essere realizzato se il pubblico ministero, cioè l'accusa, è inserito all'interno dell'organizzazione e della carriera del giudice.
Accanto a questi principi fondamentali, quello della ragionevole durata, certamente, è un fondamento irrinunciabile. Non vi è giustizia giusta, se essa non arriva in tempi ragionevoli e se non consente che il processo sia un effettivo strumento di soluzione dei contenziosi.
In questo senso, già nell'intervento di questa mattina, abbiamo richiamato l'attenzione del ministro non soltanto sugli aspetti normativi ed ordinamentali, ma anche sull'esigenza di destinare risorse aggiuntive, affinché il nostro sistema giudiziario affronti, in maniera seria, i problemi della sua organizzazione.
Occorre destinare risorse per potenziare l'organico non solo dei magistrati, ma anche del personale amministrativo (cancellieri, ufficiali giudiziari, addetti ai sistemi informatici), che è quello che, materialmente, fa «camminare» la giustizia. La giustizia non è soltanto decisione e indicazione di contenuti, ma anche realizzazione formale di queste decisioni e di questi contenuti. Sappiamo perfettamente che, in questo caso, è indispensabile l'apporto del personale amministrativo ed è indispensabile avere una logistica (quindi sedi giudiziarie) che consenta un normale funzionamento della giustizia. Oggi, invece, in molte sedi, accade che il processo, sospeso per una mancata notifica o quant'altro, deve essere rinviato per mesi e mesi, perché non vi sono le condizioni per inserirlo nel programma di utilizzo delle aule dei tribunali. Sono problematiche apparentemente superabili, ma, nella sostanza, incidono nella tempistica e nell'azione della giustizia che deve essere condotta.
Emergono inoltre problemi riguardanti le forme. Sappiamo che i magistrati onorari svolgono una grande funzione di supplenza. Non è più possibile procrastinare questa situazione di incertezza che vede l'utilizzo di magistrati che non provengono dalla carriera ordinaria, in una situazione di emergenza che, ormai, continua da troppo tempo, senza avere le caratteristiche qualitative né le garanzie dal punto di vista del trattamento previdenziale dovute a quelle funzioni.
Credo sia necessario affrontare seriamente quest'argomento e fornire una risposta, perché quella della reiterazione delle proroghe, certamente, è una soluzione non adeguata ad un serio problema. Peraltro, occorre tener conto del fatto che, spesso, a questo tipo di magistratura sono affidati compiti importanti che, a mio avviso, devono essere assicurati in maniera più certa e in condizioni generali di garanzia che spesso mancano.
Vorrei aggiungere un'ultima considerazione rispetto al sistema carcerario. Abbiamo approvato (e lei, signor ministro, in questo senso ne è stato protagonista) un provvedimento sicuramente di grande portata, anche doloroso dal punto di vista del rapporto con l'opinione pubblica, spesso malamente informata, ossia quello dell'indulto. Tale provvedimento, almeno dal punto di vista numerico, ha reso la situazione delle carceri italiane accettabile, ma rimane ferma l'esigenza di impegnarsi per un'effettiva realizzazione del nostro sistema detentivo, e non solo; mi riferisco alla finalità rieducativa della pena.
Da questo punto di vista, la situazione è molto carente. Sappiamo che il lavoro ha una grande funzione rieducativa ed il lavoro in carcere è un assoluto privilegio di una minoranza dei detenuti. Il 15 per cento circa della popolazione detenuta può lavorare in carcere. Sappiamo che ciò è un limite sia dal punto di vista rieducativo - lo ribadisco - sia dal punto di vista sociale, perché spesso coloro che sono in carcere hanno alle spalle famiglie che vivono del solo sostentamento del capofamiglia.
Il lavoro non è soltanto rieducazione, ma anche un modo per sottrarre al rischio di un coinvolgimento criminale altri componenti della famiglia o il detenuto stesso che, spesso, si vede offerto da parte della criminalità organizzata un sostegno che la collettività non è in grado di fornire.Pag. 43
Sono questioni su cui sappiamo che lei, signor ministro, è molto sensibile e su cui chiediamo un impegno straordinario, come l'approvazione rapida della proposta di legge a mia firma riguardante le detenute madri. Si tratta di affrontare la capacità dello Stato di rimuovere un'ingiustizia di principio e di sostanza, cioè mantenere in carcere cittadini minori che non abbiano commesso alcun reato ma che, avendo bisogno del genitore, sono legati al destino del genitore detenuto in carcere. La soluzione che abbiamo proposto con il provvedimento sintetizza in maniera adeguata l'esigenza di presenza della madre nella formazione del minore e, allo stesso tempo, esigenze di sicurezza e di tutela della collettività. Manca lo stimolo ad un iter che procede, ormai, stancamente, e verso il quale richiamo la sua personale attenzione.
Con questi auspici e con la speranza che anche la questione di cui ho parlato all'inizio, la separazione delle carriere, trovi un'attenzione maggiore in Parlamento, il gruppo La Rosa nel Pugno, i socialisti ed i radicali, esprimono il loro sostegno alla sua azione.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.
FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, signor ministro, limiterò il mio intervento ad alcune considerazioni, iniziando da una che mi sembra sia di sfondo, ineludibile, perché non attiene tanto a problemi di funzionalità quanto alla questione dell'assetto costituzionale della magistratura. Dobbiamo capire quale riteniamo che sia e che debba essere l'assetto costituzionale della magistratura. Esso, oggi, è contrassegnato con nettezza dal principio dell'unitarietà della giurisdizione. Ciò si desume con chiarezza dagli articoli 102, 104 e 108 della Costituzione, che estendono anche al pubblico ministero la stessa prerogativa di indipendenza e di autonomia, cioè di inserimento nel governo autonomo, propria del giudice.
Dico ciò perché vi sono disegni, di cui abbiamo sentito qualche eco anche in Assemblea, che tenderebbero ad ottenere la separazione delle carriere dei giudici e dei magistrati. È una questione che desta straordinaria preoccupazione, signor ministro. Si vorrebbe il pubblico ministero separato dal giudice, ma esso lo è già funzionalmente, perché adempiono, all'interno del processo, funzioni diverse. Il giudice è imparziale e terzo; il pubblico ministero è parte nel processo, ma non è parte rispetto ai valori di legalità e di cultura della giurisdizione che devono improntare anche la sua azione. L'unità della giurisdizione è l'attuale assetto costituzionale.
Per sostenere la necessità della separazione, taluni lamentano un'eccessiva predisposizione di alcuni pubblici ministeri a mantenere o ad esibire l'aspetto più direttamente accusatorio. Noi pensiamo una cosa molto semplice, ovvero che, se la carriera del pubblico ministero è separata da quella del giudice, se quindi la carriera requirente è separata da quella giudicante, il problema non si semplificherebbe, ma si aggraverebbe, perché il pubblico ministero verrebbe inesorabilmente schiacciato in una dimensione soltanto accusatoria, che potrebbe esaltare la sua funzione di parte, ma che, certamente, costituirebbe uno svantaggio complessivo per la cultura della legalità. Esso si sentirebbe o verrebbe costretto esclusivamente ad esercitare la funzione dell'accusa all'interno del processo.
Ora, mi pongo una semplice domanda ed è quella domanda che anche lei, signor ministro, si è posto, rispondendo, sabato scorso a Milano, al convegno dell'unione delle camere penali, così importante per la rilevanza che ha avuto e la partecipazione con cui è stato seguito. È interesse degli avvocati, ma, prima ancora, dei cittadini, avere o meno anche un pubblico ministero legato alla legalità e alla cultura della giurisdizione, che è diretta conseguenza dell'attuale impianto costituzionale? Se avessimo un pubblico ministero separato, anche come carriera, dal giudice, temiamo che vi sarebbe una grave riduzione e limitazione dell'applicazione dell'articolo 358 del codice di procedura penale che, Pag. 44tra le funzioni del pubblico ministero, impone anche quella di ricercare le prove a favore dell'imputato e dell'indagato. Se il pubblico ministero deve diventare soltanto un accusatore, che interesse ha a cercare e ad esibire le prove a favore dell'indagato o dell'imputato? La realtà è un'altra, signor ministro, ed è quella che, esattamente, lei ha percepito ed alla quale ha risposto con nettezza di posizione, di cui noi, il gruppo dell'Italia dei Valori, si compiace, anche in questa sede. A parte il fatto che ogni ipotesi di questo genere non è all'ordine del giorno o nell'agenda, perché non è nel programma dell'Unione, c'è un punto più rilevante e delicato: la separazione delle carriere viene utilizzata come «cavallo di Troia» per scardinare l'assetto costituzionale e non è un caso che chi sostiene l'esigenza della separazione delle carriere presenti un disegno organico di revisione costituzionale al cui primo punto è inserita la derubricazione della magistratura da potere a ordine. Questo viene ottenuto con un semplicissimo accorgimento normativo, ovvero l'eliminazione di un piccolo aggettivo: «altro». Oggi, all'articolo 104 della Costituzione, la magistratura è definita un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere dello Stato. Questo significa che la magistratura è anch'essa un potere, nella migliore tradizione costituzionalista e filosofica della tripartizione dei poteri dello Stato. Se togliamo il termine «altro», riduciamo o derubrichiamo la magistratura semplicemente ad un ordine, come quello degli ingegneri, dei medici, dei veterinari, degli avvocati e, o peggio ancora, al rango di semplici funzionari dello Stato, con tutto il rispetto per questa benemerita categoria.
C'è un altro punto, in cui la separazione delle carriere viene utilizzata come «cavallo di Troia», ovvero la modifica della composizione del Consiglio superiore della magistratura, nel quale si prevede la prevalenza dei componenti non togati, attraverso una pari proporzione tra componenti togati e non togati eletti dal Parlamento, ma con l'inserimento di due altre componenti, un avvocato e un professore di diritto.
Anche questo, signor ministro, contribuisce a scardinare l'assetto costituzionale facendo cadere completamente il principio dell'autonomia ovvero del governo autonomo della magistratura, che non sarebbe più riservato allo stesso ordine giudiziario, ma sarebbe per la gran parte affidato a componenti esterni ad esso. Ecco, signor ministro, il punto da lei esattamente percepito: vi deve essere - e spero vi sia (lei stesso ha dichiarato che c'è) - una forte e radicale contrapposizione, un radicale contrasto, una netta opposizione del Governo rispetto a questo disegno.
Sento asserire, francamente con qualche preoccupazione, oltre che con qualche sorpresa, che anche taluni partiti dell'Unione vorrebbero ottenere, attraverso la separazione delle carriere, un risultato più generale e più complessivo di scardinamento dell'attuale assetto costituzionale. Alcuni esponenti di partito hanno dichiarato esplicitamente che questo è il loro obiettivo; altri si sono manifestati possibilisti. Noi dichiariamo che questo è un punto dirimente, è il punto fondamentale di qualunque azione di Governo sulla magistratura; se non siamo in condizione di presidiare, preservare e mantenere l'assetto costituzionale che prevede che la magistratura resti un potere e non sia derubricata ad un ordine, allora qualsiasi altro discorso si faccia, sia esso di efficienza, importante e prezioso, diminuirebbe radicalmente le garanzie per i cittadini. Questi ultimi, invero, sono garantiti da magistrati effettivamente autonomi ed indipendenti e dal fatto che, sia in fase di proposizione sia nella successiva attività giurisdizionale, l'esercizio dell'azione penale da parte del pubblico ministero è improntato al valore della cultura della giurisdizione e non, invece, alla cultura soltanto dell'accusa.
Ecco perché tali punti appaiono uno scardinamento complessivo di un sistema posto a garanzia dei cittadini; ed ecco allora anche la ragione per la quale, ministro, ci permettiamo di richiamare gli Pag. 45altri partiti della coalizione alla rigorosa osservanza dei principi contenuti nel programma dell'Unione.
PRESIDENTE. Deve concludere...
FEDERICO PALOMBA. Mi permetto di osservare - e andrebbe detto con franchezza - che non vi è alcuno spazio per un disegno di riforma costituzionale teso ad incidere fortemente, drasticamente e negativamente sull'impianto costituzionale.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lussana. Ne ha facoltà.
CAROLINA LUSSANA. Signor Presidente, signor ministro, riprendiamo il dialogo avviato stamattina; ho già avuto modo di ricordare come l'aprire un confronto tra Governo e Parlamento sull'importante tema della Giustizia in un'aula praticamente deserta (non che adesso vi siano molti colleghi in più!) abbia veramente costituito una pagina brutta per quest'aula parlamentare.
Però, è importante riprendere alcune questioni ed anche talune riflessioni. Stamattina, signor ministro, abbiamo sentito come lei abbia esposto le linee ed i progetti futuri volti a migliorare il nostro sistema giudiziario, un sistema che lei - ma lo sapevamo già - ha definito ampiamente malato. Ha ben rappresentato l'indice di alta insoddisfazione che i cittadini nutrono nei confronti della giustizia ed anche degli operatori della stessa che, per l'appunto, destano sempre più sconcerto, tante volte con decisioni assai discutibili. Però, abbiamo anche sentito come lei si sia posto nella prospettiva di una cosiddetta serietà; si è infatti richiamato più volte alla serietà, forse facendo riferimento all'assenza di serietà di coloro che hanno presieduto il dicastero prima di lei. Non so cosa intendesse dire quando parlava di serietà; però, un uomo serio è, per me, un uomo che mantiene quello che dichiara. Allora, lei è venuto questa mattina a riferire in Assemblea tenendo un atteggiamento di apertura anche verso l'opposizione; ha auspicato la condivisione dello spirito di collaborazione e la collaborazione dell'opposizione nell'approvazione di determinate riforme importanti per il nostro sistema giustizia. Constato però che ha espresso parere contrario su una risoluzione presentata dai colleghi di Forza Italia con la quale essi chiedono di potere essere coinvolti per l'appunto in questo processo di ampia riforma che lei intende attuare.
Addirittura, lei ha parlato di «grande...» - ministro, cito le sue parole - «intento del suo dicastero...», ma purtroppo non ritrovo più il passaggio esatto. Lei ha parlato di un grande intento riformatore, un piano straordinario della giustizia. Ebbene, francamente, su questo piano straordinario nutriamo molti dubbi. Conosco un detto popolare, signor ministro - che conoscerà bene anche lei -, che dice che è difficile fare le nozze con i fichi secchi. Mi sembra che, finora, per quanto riguarda il settore giustizia, ben poche siano state le risorse destinate dalla legge finanziaria e che, anzi, ne siano state tolte ad opera del decreto Bersani. Dunque, questo piano straordinario non ha proprio le fondamenta che gli consentano di stare in piedi.
In ogni caso, signor ministro, lei faceva appello alla condivisione, ma poi ha bocciato la mozione dei colleghi di Forza Italia che chiedono di poter essere coinvolti. Boccia inoltre la mozione presentata dalla Lega Nord che, fra l'altro, seguendo alcune enunciazioni del programma fatte da lei stamattina, voleva essere propositiva. Allora, è chiaro che ci vengono dei dubbi circa la serietà della volontà di portare avanti ciò che si dice.
Mi sembra che ancora una volta abbiamo assistito all'enunciazione di grandi programmi, che poi, nel merito, non verranno ancora una volta realizzati, bensì disattesi. Ciò ci fa pensare che forse, signor ministro, lei non preferisce la collaborazione e la possibile condivisione delle forze politiche, anche di opposizione, che siedono in questo Parlamento e che rappresentano i cittadini, in quanto preferisce avere altri interlocutori.Pag. 46
Lei dice di non essere servo di nessuno e di essere piuttosto un uomo libero. Però, mi sembra che, nelle sue enunciazioni di programma - e in modo particolare di quanto abbiamo parlato stamattina -, vale a dire ciò che intende fare sulla separazione delle funzioni, compie una retromarcia rispetto alla riforma Castelli. In questo modo, lei è sicuramente servo delle lobby che ci sono fuori da questo Parlamento e che sono rappresentate per la gran parte dall'Associazione nazionale magistrati.
Si tratta di una retromarcia che sicuramente non è gradita ai cittadini, agli utenti, alle persone che lei ha a cuore e ha come stella polare della sua azione governativa. I cittadini - lo abbiamo detto stamattina - vorrebbero un giudice terzo. Pertanto, bisognava avere il coraggio di andare avanti nella separazione delle funzioni e, allo stesso modo, iniziare a mettere in discussione il principio dell'autoreferenzialità della magistratura.
Non si possono fare i controlli severi sull'operato dei magistrati se tali controlli vengono operati dai magistrati stessi. Perché non affidarli ad un organo esterno? Però, signor ministro, lei da questo orecchio non ci vuole assolutamente sentire.
Ma veniamo anche ad altri aspetti che noi presentiamo in questa proposta. Lei stamattina con coraggio, signor ministro - lo stesso che non dimostra nella volontà riformatrice -, ha ancora una volta definito l'indulto la «grande svolta» per quanto riguarda le politiche penitenziarie nel nostro paese. Ebbene, signor ministro, se lei va in giro per il paese e ne chiede conto ai cittadini che - torno a dire - sono la stella polare della sua azione governativa, penso che le risponderanno che non vedono l'indulto come la grande svolta nelle politiche penitenziarie del nostro paese.
Certo, è stato un bell'atto voluto dal Governo, sebbene l'iniziativa sia stata parlamentare cioè sia stata attivata da parte di forze politiche, anche di opposizione, che siedono in questo Parlamento. Tuttavia, esso ha scaricato il problema del sovraffollamento carcerario sui cittadini onesti e sulle vittime dei reati. Quelle stesse vittime che sono, purtroppo, sempre più dimenticate, signor ministro.
Lei si fa bello, dicendo che avete svuotato le carceri e le avete rese più umane. Ebbene, se fa un giro nei nostri penitenziari, signor ministro, vedrà che è vero che abbiamo carceri meno affollate, ma necessitano ancora di risorse, molto di più di quanto lei ne abbia individuate.
Sì, lei ha parlato di 1.500 nuovi posti, ma, anche se abbiamo ancora un certo margine per arrivare alla capienza massima delle carceri, non ho sentito parlare, per esempio, di circuiti differenziati della pena, magari in base all'età o alla tipologia di reato. Tutto questo dovrebbe fare uno Stato moderno, uno Stato di giustizia.
Non vi è nulla di tutto questo. Fatto l'indulto, ce ne siamo lavati le mani e abbiamo scaricato il problema sui cittadini onesti.
Poi, però, si vorrebbe anche farci credere che l'indulto non ha prodotto conseguenze negative sulla società. Tutto bello! Non c'è stata una recrudescenza dei reati! No, tutto a posto! Ho citato questa mattina i dati di Napoli: 25 mila denunce di reati nel 2005 e, da agosto ad ottobre del 2006, i reati sono diventati 45 mila. Non c'entra nulla l'indulto? Non lo so, signor ministro; lei lo esclude. Invece, mi sembra che il grido di allarme che viene dalle forze di polizia e dai rappresentanti degli enti locali vada in ben altra direzione.
Ormai, però, siete rimasti solo lei e Prodi a difendere questa misura. Mi sembra che lei stia imitando sempre di più il Presidente del Consiglio anche nel voler raccontare menzogne ai cittadini: bei proclami, da un lato, e, dall'altro lato, si fa tutto il contrario.
Nella nostra risoluzione abbiamo parlato di vittime dei reati e, anche a questo proposito, mi deve dire come ha fatto a non esprimere un parere positivo e a non avallare una risoluzione che chiede un impegno preciso, a livello internazionale, per ratificare una convenzione europea - forse, lei, signor ministro, non la conosce Pag. 47-, che obbliga gli Stati sottoscrittori a prevedere una legislazione che risarcisca le vittime dei reati violenti.
I colleghi di Alleanza Nazionale presenteranno una proposta relativa all'indulto, ma c'è anche questa convenzione europea. Il mio partito, la Lega Nord, ha presentato una proposta di legge affinché veramente il nostro Stato, che finora non lo ha fatto, sottoscriva quella convenzione e si faccia carico di risarcire le vittime dei reati violenti. Non ci sono solo le vittime dell'usura e della mafia, ma ci sono anche le vittime dei reati violenti, che, ancora oggi, restano silenti.
Vede, ministro, dalla scarsa attenzione che sta prestando, anche adesso, al fatto che le sto ricordando questa convenzione europea, mi sembra proprio che lei dimostri di essere sempre più dalla parte di Caino e mai della parte di Abele e dei cittadini onesti, però sbandiera il fatto che difende le persone.
Vorrei capire, quindi, come mai dice di no a questa proposta seria. Abbiamo anche cercato di seguirla in altri tipi di aperture che lei ha compiuto, come sulla ragionevole durata del processo. Abbiamo presentato una risoluzione con cui le chiediamo di avviare quelle riforme affinché finalmente ci possa essere questa ragionevole durata del processo. Anche qui ci dice di no.
PRESIDENTE. La prego...
CAROLINA LUSSANA. Concludo sulla giustizia minorile: cosa le abbiamo chiesto, signor ministro? Semplicemente quello che lei ha detto questa mattina, ossia di avere finalmente un giudice unico che si occupi delle questioni dei minori e della famiglia, quella famiglia che oggi è sempre più in crisi, aggredita dai pacs e da una mentalità che viene portata avanti da alcune forze politiche che siedono nella sua maggioranza, che, purtroppo, la vogliono minare alle radici.
Anche su questo, signor ministro, lei dice di no e non vuole aprire un confronto concreto. Allora, non venga a chiedere la nostra collaborazione (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania, Forza Italia, Alleanza Nazionale e UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro))!
Preavviso di votazioni elettroniche (ore 15,15).
PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del regolamento.
Si riprende la discussione.
(Ripresa dichiarazioni di voto)
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mazzoni. Ne ha facoltà.
ERMINIA MAZZONI. Onorevoli colleghi, signor ministro, già questa mattina ho avuto modo di esprimere la contrarietà del gruppo dell'UDC alle linee programmatiche annunciate dal ministro stesso in aula.
Questa contrarietà è scaturita dalla valutazione di un'eccessiva genericità delle dichiarazioni contenute in circa 17 pagine di relazione e, oltretutto, dal mancato approfondimento degli strumenti che il ministro intende introdurre all'interno del nostro ordinamento per raggiungere degli obiettivi, che sono sicuramente condivisi da tutti, ma che per il momento sono soltanto enunciati.
Il ministro ha fatto riferimento alla necessità di ridurre la durata dei processi, di restituire la giustizia ai cittadini e di fare tutto questo attraverso il metodo del confronto.
Questi sono obiettivi scontati, direi quasi banali, ma mai raggiunti fino ad oggi, tant'è vero che siamo di fronte ad una situazione che potremmo definire di emergenza della giustizia.Pag. 48
È evidente che rispetto a questa genericità non posso che rappresentare la contrarietà anche da parte del gruppo che rappresento. Danno, peraltro, conto di quanto siano state generiche e approssimative le dichiarazioni anche i pareri che il ministro ha espresso sulle risoluzioni che sono state presentate. Probabilmente, la velocizzazione del lavori dell'Assemblea non ha consentito al ministro una lettura attenta delle risoluzioni, tanto che è caduto in una evidente contraddizione, per cui mi permetto, signor ministro, di rivolgerle la preghiera di rileggere con maggiore attenzione quelle risoluzioni, perché il voto contrario nei confronti di buona parte degli appelli contenuti nelle suddette significa anche negazione di alcune delle indicazioni, che lei ha cercato di fornire nella sua informativa!
In particolare, rispetto alla risoluzione Elio Vito ed altri n. 6-00010 mi sarei attesa dal ministro la richiesta di votazione per parti separate, perché vi è contenuto un impegno molto esplicito che risponde esattamente alla richiesta del ministro: quello di aprire un franco e serio confronto con l'opposizione, indicando le riforme possibili, le priorità ed i tempi di realizzazione!
Non capisco come il ministro della giustizia possa esprimere una contrarietà rispetto all'invito ad aprire il dialogo con l'opposizione, quando egli stesso questa mattina ha affermato la volontà di avviare il confronto, perché il Parlamento deve porre in essere queste riforme e perché la giustizia deve essere restituita responsabilmente ai cittadini da tutti noi!
Con riferimento alla risoluzione presentata dai colleghi della Lega nord (Lussana ed altri n. 6-00013) è già entrata nel merito la collega. Vorrei svolgere al riguardo alcune rapidissime considerazioni. In particolare, vorrei ricordare al signor ministro che, nell'impegno contenuto in questa risoluzione, vi è la richiesta al Governo (in questo frangente evito di parlare della prima parte concernente la separazione delle funzioni, su cui mi soffermerò successivamente) di intraprendere la strada della riforma del sistema processuale, intervenendo sulla struttura del processo per risolvere i problemi della giustizia legati alla ragionevole durata del processo stesso, anche in ragione dei pressanti inviti rivolti al nostro Stato ad esibire risultati concreti o piani di azioni realistici per risolvere le gravi carenze strutturali della giustizia, i cui ritardi causano violazioni ripetitive dei diritti umani e costituiscono una seria minaccia al principio dello Stato di diritto.
Non capisco, signor ministro, come possa esprimere parere contrario su un impegno di questo tipo, che è contenuto anche nella sua relazione!
Anche per quanto riguarda la razionalizzazione del sistema dei riti alternativi... Signor ministro, lei in questo momento è impegnato a parlare con il collega Maran, che - ne sono convinta - le sta fornendo indicazioni importanti, ma le ricordo che è stato lei a parlare di riti alternativi e a sottolineare la necessità di razionalizzare il sistema di tali riti!
Come mai allora dice di «no» a questo tipo di impegno del Governo? Perché ritiene di dover solo enunciare tali indicazioni e poi, nel momento in cui il Parlamento chiede un impegno in tal senso (lei sa che si tratta comunque di un impegno formale, ma è qualcosa di più della enunciazione) restituisce al mittente l'invito, l'appello che le viene rivolto? Signor ministro, lei mi sta facendo segno, facendo riferimento all'intera risoluzione, ma io le ho rivolto l'appello - forse lei era distratto - di chiedere una votazione per parti separate!
Il preambolo di queste premesse - mi rendo conto - è chiaramente politico; infatti, non mi sarei mai permessa di chiederle di aderire ad esse, perché appartengono alla dialettica politica. Io mi riferisco agli impegni contenuti nelle risoluzioni!
Lo dico, altrimenti cadrebbe in contraddizione, perché si tratta di affermazioni già contenute nella sua relazione!
Per quanto riguarda la riforma della giustizia minorile, dei tribunali minorili, anche lei ha ravvisato questa necessità e Pag. 49ha fornito delle indicazioni, che sono compatibili e coerenti con quanto scritto in questo programma.
L'unico parere favorevole che ha espresso è un orientamento che, mi consenta - e ciò non vuol essere un'offesa nei confronti dei colleghi della maggioranza - non nobilita sicuramente la sua relazione, poiché si tratta semplicemente di un'approvazione delle «comunicazioni» del ministro. Quindi, i suoi colleghi di maggioranza danno al suo impegno programmatico la semplice definizione di «comunicazioni»: ciò, chiaramente, segnala anche la volontà di rientrare nel merito della materia e di riaprire una delle classiche bagarre alle quali ci fa assistere, da tempo, questo Governo!
Signor ministro, credo fortemente che la giustizia abbia bisogno di risposte e che ne abbia bisogno in tempi rapidi. Ricordo che l'ho già affermato questa mattina, con riferimento alla parte della sua relazione relativa ai risultati prodotti in questi circa sei mesi di attività di governo.
Signor ministro, devo dirle che non mi aspettavo granché, un po' per gli annunci fatti, un po' perché mi rendo conto che non si possono fornire risposte esaustive al mondo della giustizia in un tempo così breve. Tuttavia, mi sarei indubbiamente attesa di più in termini di proposta.
Allo stato, infatti, non sono state presentate grandi riforme da parte del ministro; abbiamo soltanto degli annunci, nonché la reiterazione di uno schema, che non ho mai condiviso neanche nella precedente legislatura, che prevede la costituzione di commissioni pletoriche, che studiano e ristudiano sempre le stesse tematiche e ripresentano sempre le stesse proposte di modifica del codice penale, del codice di procedura penale e del codice di procedura civile. Si tratta sicuramente non solo di una moltiplicazione di costi, ma anche di una «divisione di efficienza»: mi consenta di dirglielo, signor ministro!
Vorrei formulare un'ultima considerazione sulla separazione delle carriere dei magistrati. Signor ministro, rispetto a questo punto nodale lei oggi ha avuto modo di affermare, in sede di replica, che la separazione delle funzioni è già avvertita e vissuta dal singolo magistrato come persona. Io mi permetto di segnalarle, signor ministro, che come individui, nello stesso modo e con maggiore profondità, queste persone vivono l'appartenenza organica allo stesso ordinamento e condividono lo stesso status. Ciò, umanamente - e faccio riferimento allo stesso elemento emotivo da lei usato - non può che portare ad una commistione impropria e dannosa per il sistema giustizia!
Le ricordo ancora una volta, signor ministro, che quello della separazione delle carriere non è un argomento specioso. Non si tratta di un argomento che oggi, dai banchi dell'opposizione, cerchiamo speculativamente di portare in Parlamento, poiché esso «vive» nel nostro paese dal 1946, vale a dire sin da quando si cominciò ad elaborare la nostra Carta costituzionale.
Fin da allora, infatti, i nostri costituenti si posero il problema di puntualizzare la differente organizzazione rispetto alle diverse funzioni esercitate dal magistrato inquirente e da quello giudicante. Si operò un rinvio, a suo tempo, alle disposizioni di un ordinamento antecedente all'adozione della Costituzione, ma ricordo che esso non è stato mai modificato successivamente.
Ricordo che, nel corso degli anni, sono intervenuti fatti rilevanti, che hanno aggravato...
PRESIDENTE. La prego di concludere...
ERMINIA MAZZONI. ...la necessità di procedere alla separazione delle carriere dei magistrati, ad esempio la trasformazione del rito da inquisitorio in accusatorio o l'approvazione del nuovo articolo 111 della Costituzione.
Concludo il mio intervento, signor ministro, sottolineando che la garanzia del giusto processo - che lei si pone come obiettivo da conseguire - e la riduzione dei tempi processuali - che rappresenta non solo la sua priorità, ma anche la nostra - saranno realizzabili soltanto se Pag. 50daremo concreta attuazione ai principi contenuti nella nostra Carta costituzionale: terzietà ed imparzialità del giudice, parità delle parti e diritto alla difesa.
Tutto questo non c'è e non ci sarà se lei andrà avanti con la proposta di riforma che oggi ha annunciato in questa Assemblea (Applausi dei deputati dei gruppi UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) Forza Italia e Alleanza Nazionale)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Consolo. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE CONSOLO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, sono particolarmente lieto che il signor ministro guardasigilli sia di nuovo in quest'Assemblea, perché questa mattina, esprimendo parere contrario su tutte le risoluzioni presentate dai gruppi di opposizione (a mio modesto avviso, senza averle lette a sufficienza) aveva detto che avrebbe lasciato i lavori della Camera, che egli ben conosce.
D'altra parte, l'esperienza della collega Napoli, che siede al mio fianco, è assai significativa: da tempo presenta interrogazioni ed interpellanze rivolte al ministro della giustizia senza avere risposta alcuna! Sarebbe bene, signor ministro, che lei rispondesse nelle sedi proprie.
Signor ministro, nell'esprimere il parere sulla mia risoluzione n. 6-00012, il cui testo è stato elaborato con grande buonsenso, ha affermato che il parere del Governo è contrario perché la risoluzione fa riferimento ad una proposta di legge di là da venire - sono parole sue - ed ha aggiunto che si riserva di esprimersi in senso favorevole, condividendone il merito, una volta che tale proposta sarà stata ritualmente presentata.
A nulla sono valse le mie proteste: la proposta di legge è già stata ritualmente presentata! Si tratta dell'atto Camera n. 1705, i cui primi firmatari sono l'onorevole Cirielli e, subito dopo (e il fatto non è casuale) il presidente del mio partito, l'onorevole Gianfranco Fini. La proposta in parola, presentata il 27 settembre 2006, è volta all'introduzione dell'articolo 187-bis del codice penale e di altre disposizioni in materia di risarcimento dei danni alle vittime dei reati da parte dello Stato. A cosa miriamo, in buona sostanza? La proposta prevede che la vittima del reato venga risarcita quando il reato stesso sia stato commesso da persona liberata (o anche ammessa a misure alternative o ad altri benefici) non perché abbia espiato la pena comminatale, ma a seguito di un provvedimento di amnistia, indulto, grazia (od altri simili tecnicismi).
Signor Presidente, poiché in questo momento il guardasigilli è impegnato, le chiedo di recuperare il tempo che sto perdendo...
PRESIDENTE. Nel caso di specie, si tratta di una collega del suo gruppo.
GIUSEPPE CONSOLO. Che si tratti di una collega di gruppo non cambia nulla, signor Presidente, perché (come la collega Napoli sa bene) non è che abbiamo sempre il guardasigilli in aula. Sto offrendo al ministro della giustizia la possibilità - absit iniuria verbis - di ravvedersi: la proposta di legge, signor ministro, è già stata presentata; pertanto, le chiedo formalmente di rivedere il parere espresso cognita causa. La proposta è un fatto concreto, non è di là da venire; tra l'altro, essa prevede che lo Stato potrà rivalersi dell'onere sostenuto nei confronti dell'autore del reato.
A proposito di vittime dei reati, la collega Lussana ha fatto riferimento a Caino ed Abele. Ebbene, se dovessimo scegliere, saremmo - vivaddio! - per Abele, non per Caino! Mi sembra almeno ovvio, scontato, mettere autore e vittima del reato sullo stesso piano. Io ho un profondo rispetto per coloro i quali si ravvedono, ma anche per le vittime dei reati, come quelle che lei ha incontrato ieri sera, signor ministro, a Porta a Porta: ancora non si rendono conto come sia possibile che, nel rispetto della legge, chi è stato condannato venga scarcerato dopo pochi anni!
La proposta di legge che ho menzionato poc'anzi è considerata da noi di Alleanza Pag. 51Nazionale come una forma di attuazione di un principio che ci è particolarmente caro, che è nel nostro DNA e che si può sintetizzare con l'espressione «certezza della pena».
Per quanto riguarda la mia risoluzione n. 6-00012, le chiedo, signor ministro... Io ho tempo, posso aspettare che si liberi, signor ministro: il paziente Presidente Castagnetti mi permetterà, amabilmente, di recuperare il tempo che sto perdendo.
Per quanto riguarda la mia risoluzione, signor ministro, mi rivolgo a lei formalmente ma con grande umiltà, perché capisco che per il guardasigilli dare atto di una corretta esposizione da parte di un deputato dell'opposizione, per quanto modesto sia, significhi fare marcia indietro. Tuttavia, le motivazioni risultano dal resoconto: lei ha espresso parere contrario, assumendo che il provvedimento non fosse stato ancora presentato. La prego pertanto di rivedere la sua posizione.
Quanto alla risoluzione dei deputati della maggioranza stendo un velo pietoso, perché non aggiunge alcunché al dibattito.
Per quel che riguarda, invece, le altre due risoluzioni presentate mi permetto di chiederle, signor ministro, se le abbia lette o meno. Sembra, infatti, dal suo parere contrario, che non le abbia esaminate. Mi riferisco, in particolare, alla risoluzione Elio Vito n. 6-00010. Questa mattina lei ci ha ricordato l'autorevole, anzi, autorevolissimo...
PRESIDENTE. Signor ministro, le chiedo di prestare attenzione all'onorevole Consolo. Anche lei, però, onorevole Consolo, cerchi di essere comprensivo perché il signor ministro si stava consultando con il signor sottosegretario.
GIUSEPPE CONSOLO. La ringrazio, signor Presidente, poiché lei tutela noi parlamentari. Il ministro guardasigilli dovrebbe ben conoscere queste regole, perché è stato nostro collega in quest'Assemblea e, attualmente, è un componente della Camera alta, quindi non credo che le abbia dimenticate.
Stavo dicendo che questa mattina lo stesso guardasigilli ci ricordava l'autorevolissimo richiamo del Capo dello Stato, il Presidente Napolitano, a cui tutti noi dobbiamo rispetto, sia per la sua carica, sia per la sua persona, per un accordo bipartisan in materia di giustizia. Ebbene, che cosa chiedono i colleghi di Forza Italia di tanto originale? Ricordo che nella risoluzione da me presentata si chiede un impegno del Governo e, in particolare, del guardasigilli ad appoggiare in ogni sede le iniziative legislative preannunciate in materia di risarcimento del danno ad opera dello Stato nei casi di applicazione di provvedimenti di clemenza a favore del reo. Questo è quanto io ho chiesto. Invece, la risoluzione presentata dai colleghi del gruppo di Forza Italia, ancora più semplicemente, chiede un impegno del Governo e, in particolare, del guardasigilli ad aprire un franco e serio confronto con l'opposizione, indicando le riforme possibili, le priorità ed i tempi di realizzazione.
Ed allora, dov'è lo scandalo, colleghi della maggioranza? Come potete esprimere un voto contrario su una risoluzione di questo tipo? Qual è l'impegno che il Governo assume e da cui non potrà recedere? Si tratta dell'impegno ad aprire un franco e serio confronto con l'opposizione? Non è neanche questo il volere del guardasigilli (Commenti del ministro Mastella)? È così signor ministro, è così! Come lei mi insegna e come ha ricordato la collega Mazzoni, lei potrebbe benissimo approvare il dispositivo della risoluzione o esprimere il suo parere su parti separate. Come lei mi insegna, lo può fare: il problema è che non vuole farlo! Allo stesso modo, lei potrebbe benissimo esprimere parere favorevole sulla risoluzione Lussana n. 6-00013, in quanto si limita a chiedere qualcosa di scontato e presente anche nel suo programma, cioè l'impegno del Governo a rivedere quanto deciso in materia di distinzione delle funzioni. Questa mattina, lei ha affermato che questo rientra nel suo programma.
Bisogna essere coerenti, alle parole bisogna far seguire i fatti. Questo è il motivo per il quale, con assoluta convinzione, il gruppo di Alleanza Nazionale esprimerà voto favorevole sulle tre risoluzioni presentate Pag. 52dall'opposizione e da me illustrate (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Prego i colleghi di sciogliere i capannelli, perché disturbano moltissimo i deputati che stanno intervenendo. Mi rivolgo, soprattutto, a coloro i quali sono interessati ad ascoltarli.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.
MARCO BOATO. Signor Presidente, la ringrazio per avermi consentito di intervenire in questo dibattito, al quale avrebbe dovuto partecipare, a nome del gruppo dei Verdi, la collega Paola Balducci, che, purtroppo, è rimasta vittima di un incidente e non può partecipare ai lavori dell' Assemblea.
Quindi, mi limito ad esprimere l'adesione dei Verdi alla risoluzione Maran ed altri n. 6-00011, che, a sua volta, esprime apprezzamento e condivisione per le comunicazioni del ministro della giustizia.
Avendo ascoltato le comunicazioni in mattinata e avendole in parte lette adesso, confermo il nostro apprezzamento, nella consapevolezza della complessità e della problematicità della situazione che il pianeta giustizia sta attraversando.
Poiché ho visto che, nel dibattito di stamani, il ministro della giustizia è stato contestato molto aspramente da alcuni colleghi dell'opposizione con riferimento al provvedimento sull'indulto e poiché sembra che quel provvedimento sia imputato al ministro, il quale non ne era il promotore, e che non abbia né padre né madre, mentre il Parlamento lo ha votato a maggioranza dei due terzi dei componenti, vorrei precisare pubblicamente che il nostro gruppo rivendica la propria parte di responsabilità rispetto all'approvazione di quel provvedimento; la valuta in termini positivi, sebbene il provvedimento stesso abbia registrato una forte impopolarità all'esterno. Ma tale impopolarità è anche dovuta al fatto che pochi si sono assunti la responsabilità politica di un atto che era giusto e necessario.
Al tempo stesso, signor ministro, vorrei richiamare la sua attenzione sul fatto che siamo tutti consapevoli che gli effetti positivi del provvedimento sull'indulto in ordine alla situazione penitenziaria possono rischiare di esaurirsi rapidamente se iniziative comunque incidenti sulla situazione penitenziaria, sia legislative sia amministrative - mi riferisco, ad esempio, alla medicina penitenziaria -, non vengono positivamente assunte. Pertanto, sotto questo profilo, considero fondamentale che non solo lei, in qualità di ministro della giustizia, ma anche altri ministri - come quello degli affari sociali, quello della salute o quello della solidarietà sociale - affrontino temi quali ad esempio il superamento della legge Fini-Giovanardi, della Bossi-Fini, della ex Cirielli; tutte leggi che hanno un impatto pesantemente negativo sulla situazione penitenziaria e che portano rapidamente al riprodursi di quel fenomeno di sovraffollamento che, in modo emergenziale, abbiamo superato in epoca recente.
Concludo, ribadendo che i Verdi complessivamente condividono le comunicazioni del ministro della giustizia e quindi esprimeranno voto favorevole sulla risoluzione Maran ed altri n. 6-00011 da me sottoscritta.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pecorella. Ne ha facoltà.
GAETANO PECORELLA. Signor Presidente, signor ministro, la risoluzione presentata dal gruppo di Forza Italia non è certo una porta chiusa nei confronti di coloro che vorrebbero trovare soluzioni condivise. Non siamo stati sordi - lei lo sa benissimo, signor ministro - alle parole del Capo dello Stato, ma se occorre un dialogo bisogna che questo dialogo sia sottoposto a precise condizioni che noi chiediamo ai nostri interlocutori.
Innanzitutto, chiediamo il rispetto della nostra posizione politica. Allora, se il capo di una parte di questa maggioranza, il deputato Diliberto, ci considera nemici e non avversari - come ha affermato esplicitamente -, abbiamo il sospetto che questo dialogo diventi difficile.Pag. 53
Chiediamo che il Governo si presenti con proposte unitarie, che attualmente mancano. Ciò emerge anche dalla risoluzione priva di contenuti che la maggioranza ha voluto presentare.
La prova è che critiche forti sono giunte da parte di Pannella e del deputato Boselli, il quale ha richiamato il Governo e il ministro invitandoli a non rendersi servi dall'Associazione nazionale magistrati.
Chiediamo ancora, perché il confronto sia possibile, che vi sia il rispetto dei diritti umani, come condizione di qualunque dialogo. Ma, nel momento in cui il candidato sindaco di Genova sostiene che i ragazzi di Tien An Men scesero in piazza per la Coca Cola, crediamo di non avere un interlocutore credibile (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale, UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e Lega Nord Padania).
Chiediamo che vi siano proposte precise, non soltanto annunci, ai quali non fanno seguito, poi, riforme vere. Ci viene detto che c'è un impegno a realizzare il processo in cinque anni. Ma, a parte il fatto che un processo penale in cinque anni, per i tre gradi, diventa un processo di 8 anni nel complesso, mi chiedo: con quali mezzi e con quali riforme? Vogliamo proposte nuove per metterci al tavolo con questa maggioranza.
Per quanto riguarda il problema delle intercettazioni, di cui si è parlato lungamente (e lei, signor ministro, ci ha fornito dati allarmanti), a nostro avviso, la proposta del Governo non cambia nulla rispetto all'estensione del fenomeno, perché non vi è una sola disposizione che limiti l'uso inutile e pernicioso di questo strumento.
Chiediamo ancora che il Governo sia attento ai problemi della sicurezza, se vuole confrontarsi con questa opposizione. Non neghiamo, come Forza Italia, di aver dato il nostro appoggio ad un provvedimento di clemenza. Diciamo, però, che è responsabilità del Governo non averlo fatto accompagnare da strutture di sostegno che potessero raccogliere coloro che uscivano dal carcere.
Chiediamo ancora, perché questo dialogo sia possibile, che il Governo si renda autonomo e indipendente rispetto alle pretese dell'Associazione nazionale magistrati. Siamo sorpresi che esista un pacchetto che, prima di essere «di riforme», prima di essere presentato al Consiglio dei ministri, sia sottoposto all'autorizzazione e al commento dell'Associazione nazionale magistrati, la quale si dichiara contenta per una parte e non contenta per un'altra, quasi che questo Governo potesse legiferare solo se l'Associazione nazionale magistrati offre la sua autorizzazione, il suo placet.
Chiediamo che la politica della giustizia di questo Governo non si risolva esclusivamente nel voler fare terra bruciata per questioni pregiudiziali rispetto alle riforme della XIV legislatura. Si possono migliorare, ma dire per principio che tutto va azzerato, è una posizione politica che rende impossibile qualunque vero confronto.
Chiediamo ancora (ed è la richiesta fondamentale) che si dia vera attuazione all'articolo 111 della Costituzione, che vuole dire, prima di tutto, parità delle parti nel processo, che vuole dire, conseguentemente, che il giudice non può appartenere alla stessa corporazione cui appartiene il pubblico ministero, così come non vi appartiene il difensore. Questo è talmente semplice ed elementare che, se non lo si fa, è perché vi sono condizionamenti fuori dalla cultura giuridica e anche dalle scelte politiche.
Chiediamo che, se si ha in mente la rieducazione del condannato, non si possa pensare, con le riforme della prescrizione, di applicare la sanzione a distanza di decine di anni.
Queste sono richieste che facciamo, perché sia possibile un tavolo attorno al quale trovare le soluzioni migliori per tutti.
La giustizia è un bilanciamento di interessi diversi e, come tale, non può che essere fatta attraverso un confronto e Pag. 54un'apertura, ma questo ministro ha già detto che non è disponibile, esprimendo parere contrario sulla nostra risoluzione.
Ebbene, se, viceversa, ci sarà un cambiamento di linea e se queste condizioni saranno rispettate, noi sapremo fare la nostra parte. Ma la domanda è, signor ministro: e voi, la saprete fare (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia - Congratulazioni)?
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maran. Ne ha facoltà.
ALESSANDRO MARAN. Signor Presidente, signor ministro, onorevoli colleghi, il gruppo de L'Ulivo voterà la risoluzione che approva le comunicazioni del ministro, perché crediamo che quella indicata dal ministro della giustizia sia la strada giusta. Le nove proposte illustrate dal ministro Mastella per una giustizia più rapida sono in linea con il programma de L'Unione e raccolgono le osservazioni e gli obiettivi che avevamo sostenuto durante la lunga battaglia di opposizione condotta negli anni passati, contro la politica della giustizia dominante nel centrodestra. Sosterremo la risoluzione perché crediamo che si tratti di proposte del tutto ragionevoli. Non appena saranno formalizzate e giungeranno in Parlamento, lavoreremo perché queste riforme siano approvate presto, sulla base di un confronto ampio e ricercando un consenso che è possibile realizzare anche al di là, noi crediamo, dei confini della maggioranza. Al riguardo, prendiamo atto che quella di Forza Italia e del centrodestra non è, come abbiamo sentito poc'anzi, una porta chiusa.
Noi crediamo che quella indicata dal ministro sia la strada giusta, perché non si ostina a ritenere che la crisi della giustizia abbia un'unica spiegazione, e cioè il ruolo, ritenuto preponderante, invasivo, della magistratura nella vita sociale, ma che abbia a che fare soprattutto con la necessità di accelerare i processi; questa è infatti diventata una vera e propria questione nazionale, in termini di garanzia dei diritti individuali, di competitività del sistema economico e di prestigio internazionale del nostro paese.
In tutte le giurisdizioni cresce il ritardo nell'erogazione del servizio. Si allunga oltre ogni accettabilità la definizione dei procedimenti. L'arretrato cresce e si consolida. Per questo occorre rimettersi dalla parte dei cittadini, come ha indicato il ministro della giustizia. Occorre ridare alla giurisdizione la sua effettività di regolatrice dei conflitti e di servizio essenziale. Occorre richiamare al confronto e alla collaborazione istituzionale la cultura giuridica, gli operatori del diritto e chi lavora negli uffici giudiziari, perché da una stagione politica gestita contro la giurisdizione e contro la legalità si deve ora passare ad una nuova stagione, nella quale la giustizia sia amministrata nell'interesse dei cittadini, eliminando le resistenze corporative, da qualunque parte esse provengano, con l'obiettivo di un'amministrazione della giustizia che rispetti la giurisdizione e la legalità.
Il dare giustizia in ritardo significa, a nostro modo di vedere, negarla concretamente, favorendo gli egoismi, favorendo coloro che possono e vogliono - perché hanno la forza, l'autorità, il potere - fare a meno della giurisdizione. Per queste ragioni noi sosterremo lo sforzo del ministro della giustizia, approvando la risoluzione a mia prima firma (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Giovanardi. Ne ha facoltà.
CARLO GIOVANARDI. Molto rapidamente, signor Presidente, vorrei rispondere all'onorevole Boato, che ha chiamato in ballo la legge Fini-Giovanardi - così l'ha chiamata -, per ricordargli che proprio ieri il Corriere della Sera ricordava in un articolo a quattro colonne che un pregiudicato, tossico e spacciatore, già condannato, uscito con l'indulto e nuovamente condannato, non è andato in carcere ma è stato assegnato per un anno ad un servizio per i barboni della Stazione Pag. 55Centrale di Milano, per svolgere quindi un lavoro di pubblica utilità. Con questa «famigerata» legge non si va in carcere. Nessun tossicodipendente può andare in carcere ed anche coloro che sono condannati per essere tossici e spacciatori la prima volta godono della condizionale ed anche la seconda volta riescono ad evitare la detenzione.
Anzi, questa legge permette di svuotare le carceri, come di fatto sta accadendo; infatti, abbiamo dimostrato in Parlamento che dopo l'entrata in vigore della legge è diminuito il numero delle persone detenute, dato che possono essere assegnate ai lavori di pubblica utilità. Al riguardo, il Corriere della Sera definiva l'articolo 5-bis come una grande innovazione e poi con pudore parlava della «legge di febbraio», perché non voleva ricordare di che si trattasse.
Allora ricordo al ministro della giustizia, che è qui presente, che tre quarti delle cose che sono state oggi dette nella conferenza stampa sono già contenute nella «legge di febbraio»: è stato depenalizzato l'uso personale di droga, il carcere è stato sostituito dalle comunità e dai lavori di pubblica utilità.
Certo, per i grandi trafficanti di droga, per i mercanti di morte ci sono condanne severe. Invece, tutta l'altra parte della liberalizzazione e dell'uso della droga per combattere la droga - la visione per cui il drogato non va recuperato ma deve essere cronicizzato -, evidentemente, non la condividiamo.
Quindi, volevo tranquillizzare l'onorevole Boato e chiedere anche al ministro e al Parlamento di lasciare da parte l'ideologia. Quando si andrà in Commissione occorrerà dire che la campagna elettorale è finita e confrontarsi sui termini reali della legge per quello che c'è scritto, anche rispetto al problema delle soglie. Vedrete che nel merito ci sarà ben poco da modificare rispetto agli obiettivi di gran parte di questo Parlamento.
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.
(Votazioni)
PRESIDENTE. Passiamo alle votazioni.
Ricordo che la risoluzione Maran ed altri n. 6-00011 è stata sottoscritta anche dall'onorevole Boato.
ANTONIO LEONE. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANTONIO LEONE. Signor Presidente, intervengo per chiedere la votazione per parti separate della nostra risoluzione n. 6-00010; al limite, votando anche solo la parte motiva rispetto al dispositivo. In tal caso, chiederei anche l'orientamento del ministro soltanto sul dispositivo.
PRESIDENTE. Ministro, intende intervenire? Lei aveva già espresso un parere contrario sulla risoluzione Elio Vito ed altri n. 6-00010 nel suo complesso.
CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Confermo quello che ho detto stamani. In ordine a quanto è stato rilevato da più oratori dell'opposizione, confermo il giudizio di non contiguità per quanto riguarda l'impostazione da me delineata. Non è che in questo baratti la mia volontà parlamentare né il mio modo di intendere il rapporto costruttivo con le opposizioni. L'unica cosa che sul piano del metodo posso accettare, perché mi pare giusto che sia così, tranne analizzare nell'itinerario metodologico anche i contenuti, è la parte in cui si impegna il Governo e in particolare il ministro della giustizia ad aprire un franco e serio confronto con l'opposizione, indicando le riforme possibili, le priorità ed i tempi di realizzazione delle stesse.
Francamente, mi pare che tutto ciò sia una questione di metodo che, quindi, ritengo accettabile. Poi, verificheremo se il confronto sulla definizione dei compiti, sulla misurazione delle riforme e quant'altro avverrà in maniera convergente, Pag. 56come mi auguro, o divergente. Quindi, esprimo un parere favorevole solo sul dispositivo della risoluzione in esame, relativamente all'impegno al confronto.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla parte motiva della risoluzione Elio Vito ed altri n. 6-00010, non accettata dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 429
Votanti 428
Astenuti 1
Maggioranza 215
Hanno votato sì 182
Hanno votato no 246).
Prendo atto che il deputato Forlani non è riuscito a votare e che avrebbe voluto esprimere voto favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul dispositivo della risoluzione Elio Vito ed altri n. 6-00010, accettata dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 434
Votanti 430
Astenuti 4
Maggioranza 216
Hanno votato sì 426
Hanno votato no 4).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Maran ed altri n. 6-00011, accettata dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 430
Votanti 429
Astenuti 1
Maggioranza 215
Hanno votato sì 248
Hanno votato no 181).
Prendo atto che i deputati Belisario e Gozi non sono riusciti a votare.
GIUSEPPE CONSOLO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE CONSOLO. Signor Presidente, chiedo al Guardasigilli se, così come avvenuto, pur parzialmente, nel caso della risoluzione Elio Vito n. 6-00010 presentata dai colleghi di Forza Italia, voglia rivedere il suo parere - vista la proposta di legge A.C. 1705, presentata il 27 settembre 2006, che gli ho appena mostrato - sulla mia risoluzione n. 6-00012.
PRESIDENTE. Onorevole Consolo, desidero precisare che in precedenza il ministro non ha rivisto la sua posizione, ma, di fronte alla proposta del voto per parti separate avanzata dai presentatori, ha specificato un parere diverso su una parte della risoluzione. In ogni caso, lascio la parola al ministro Mastella.
CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Signor Presidente, devo dire simpaticamente all'onorevole Consolo che riguardo alla risoluzione Elio Vito n. 6-00010 mi sono soffermato su una questione di metodo, che per quanto mi riguarda riveste sostanza politica, senzaPag. 57entrare nella definizione. L'onorevole Consolo invece mi richiama alla definizione di un aspetto che potrà anche essere importante, ma che a mio avviso appartiene ad un quadro più generale. Laddove ci sarà convergenza su un piano più generale, il Governo guarderà eventualmente con benevolenza a tale aspetto. Per adesso, devo confermare il mio parere.
PRESIDENTE. Onorevole Consolo, intende insistere per la votazione?
GIUSEPPE CONSOLO. Signor Presidente, insisto con grande piacere.
PRESIDENTE. Sta bene. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Consolo 6-00012, su cui il Governo ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 435
Votanti 434
Astenuti 1
Maggioranza 218
Hanno votato sì 182
Hanno votato no 252).
Prendo atto che il deputato Wladimiro Guadagno detto Vladimir Luxuria, non è riuscito a votare e che avrebbe voluto esprimere voto contrario.
Prendo altresì atto che i deputati Mele e Belisario non sono riusciti ad esprimere il proprio voto.
Passiamo alla votazione della risoluzione Lussana n. 6-00013.
CAROLINA LUSSANA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CAROLINA LUSSANA. Signor Presidente, richiamandomi a quanto già avvenuto, anch'io chiedo di votare per parti separate la mia risoluzione, nel senso di votare distintamente la parte motiva rispetto a quella dispositiva. Se possibile, vorrei che la votazione avvenisse per parti separate anche relativamente ai vari punti programmatici della parte dispositiva. Come ricordato non solo da me ma anche dagli altri colleghi intervenuti in aula, fatta eccezione per il primo impegno, effettivamente problematico per il Governo in quanto si parla di separazione netta delle funzioni e delle carriere, a mio avviso il ministro potrebbe esprimere parere favorevole sui restanti punti del dispositivo. Infatti, negli stessi si parla di riforma del sistema processuale, dell'attuazione del giusto processo e della sua ragionevole durata, argomenti di cui questa mattina il ministro ha trattato nel corso del suo intervento; si chiede di razionalizzare i riti alternativi, altro argomento che mi sembra il ministro abbia toccato, nonché di ratificare una Convenzione europea per la quale l'Italia è ancora inadempiente e che prevede il risarcimento delle vittime dei reati violenti; infine, si parla di riformare la giustizia per quanto riguarda la famiglia ed i minori con la creazione di un giudice unico.
Signor ministro, mi sembra che questi punti siano in linea con quanto da lei comunicato e che pertanto potrebbe rivedere in proposito il suo parere.
PRESIDENTE. L'onorevole Lussana chiede la votazione per parti separate della sua mozione, nel senso di votare distintamente la parte motiva e, per quanto riguarda la parte dispositiva, i singoli capoversi. Signor ministro, le chiedo di esprimere un parere sui punti richiamati dall'onorevole Lussana.
CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Onorevole Lussana, la gentilezza e il garbo mi indurrebbero a rispondere favorevolmente alla sua richiesta. Tuttavia, la sostanza politica purtroppo mi induce a confermare il parere contrario.
Pag. 58
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla parte motiva della risoluzione Lussana 6-00013, su cui il Governo ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 443
Votanti 430
Astenuti 13
Maggioranza 216
Hanno votato sì 178
Hanno votato no 252).
Prendo atto che il deputato Vichi non è riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul primo capoverso del dispositivo della risoluzione Lussana 6-00013, dalle parole «a rivedere» fino alle parole «dall'articolo 111 della Costituzione», su cui il Governo ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 442
Votanti 428
Astenuti 14
Maggioranza 215
Hanno votato sì 178
Hanno votato no 250).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul secondo capoverso del dispositivo della risoluzione Lussana 6-00013, dalle parole «ad intraprendere» fino alle parole «al principio dello Stato di diritto», su cui il Governo ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 439
Votanti 420
Astenuti 19
Maggioranza 211
Hanno votato sì 171
Hanno votato no 249).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul terzo capoverso del dispositivo della risoluzione Lussana 6-00013, dalle parole «a razionalizzare» fino alle parole «pene già estinte», su cui il Governo ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 447
Votanti 421
Astenuti 26
Maggioranza 211
Hanno votato sì 168
Hanno votato no 253).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul quarto capoverso del dispositivo della risoluzione Lussana n. 6-00013, non accettata dal Governo, dalle parole «a voler dar seguito» sino alle parole «gravi lesioni corporali o la morte».
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 450
Votanti 430
Astenuti 20
Maggioranza 216
Hanno votato sì 177
Hanno votato no 253).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla restante parte della risoluzione Lussana n. 6-00013, non accettata dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 449
Votanti 434
Astenuti 15
Maggioranza 218
Hanno votato sì 179
Hanno votato no 255).
È così esaurita la discussione sulle comunicazioni del ministro della giustizia.
Prima di passare all'esame del successivo punto all'ordine del giorno, sospendo la seduta.
La seduta, sospesa alle 16,05, è ripresa alle 16,30.
Seguito della discussione del disegno di legge: Delega al Governo per la revisione della disciplina relativa alla titolarità ed al mercato dei diritti di trasmissione, comunicazione e messa a disposizione al pubblico, in sede radiotelevisiva e su altre reti di comunicazione elettronica, degli eventi sportivi dei campionati professionistici e delle altre competizioni professionistiche organizzate a livello nazionale (A.C. 1496); e delle abbinate proposte di legge: Ciocchetti ed altri; Giancarlo Giorgetti e Caparini; Ronchi ed altri; Pescante ed altri; Del Bue (A.C. 587-711-1195-1803-1840).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge: Delega al Governo per la revisione della disciplina relativa alla titolarità ed al mercato dei diritti di trasmissione, comunicazione e messa a disposizione al pubblico, in sede radiotelevisiva e su altre reti di comunicazione elettronica, degli eventi sportivi dei campionati professionistici e delle altre competizioni professionistiche organizzate a livello nazionale; e delle abbinate proposte di legge di iniziativa dei deputati Ciocchetti ed altri; Giancarlo Giorgetti e Caparini; Ronchi ed altri; Pescante ed altri; Del Bue.
Ricordo che nella seduta del 18 gennaio sono iniziate le votazioni sugli emendamenti ed è stato votato, da ultimo, l'emendamento 1.501 della Commissione.
(Ripresa esame dell'articolo unico - A.C. 1496 ed abbinate)
PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame dell'articolo unico del disegno di legge, nel testo della Commissione, e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 1496 ed abbinate sezione 1).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Bono 1.86.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bono. Ne ha facoltà.
NICOLA BONO. Signor Presidente, intervengo per richiamare l'attenzione dell'Assemblea sul senso dell'emendamento a mia firma 1.86, che rispetto al testo del provvedimento proposto dal Governo pone alcune questioni e fissa, pur nel rispetto dell'autonomia della Lega calcio, i criteri attraverso cui le risorse derivanti dalla cessione dei diritti televisivi delle società calcistiche dovrebbero essere ripartiti.
Rispetto all'impostazione proposta dal Governo, che non fa alcuna distinzione, ma afferma in termini generali e generici il principio della suddivisione di questi diritti in maniera da garantire un principio di maggiore concorrenza tra i soggetti che organizzano il campionato, l'emendamento da me proposto individua due presupposti. Il primo è la suddivisione eguale fra tutti i partecipanti al campionato ed il secondo è l'individuazione di un criterio di suddivisione basato sul bacino di utenza e sui risultati conseguiti dalle associazioni calcistiche, per stabilire il principio che con il provvedimento dobbiamo, certamente, Pag. 60riequilibrare le distanze tra i vari soggetti ma lo dobbiamo fare con equità e senso delle proporzioni.
Infine, si stabilisce il principio, poi normato con un emendamento che illustreremo successivamente, dell'assegnazione di una quota congrua a scopi di mutualità del sistema calcistico e non del sistema in generale, come risulta nel testo del provvedimento.
Questi sono i motivi per cui invito la maggioranza ed il Governo a valutare nel merito il mio emendamento che, forse, con un esame un po' superficiale è stato respinto, mentre è un emendamento virtuoso, in quanto volto ad assegnare maggiore puntualità alla norma in questione.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Caparini. Ne ha facoltà.
DAVIDE CAPARINI. Signor Presidente, vorrei ricevere dalla Presidenza chiarimenti in merito alla richiesta avanzata dal mio gruppo di un eventuale ampliamento dei tempi assegnati nell'ambito del contingentamento.
PRESIDENTE. Onorevole Caparini, la informo che la Presidenza ha concesso al gruppo della Lega Nord Padania tempi aggiuntivi pari ad un terzo di quelli originariamente stabiliti; ciò si traduce precisamente in 7 minuti in più.
DAVIDE CAPARINI. La ringrazio, signor Presidente.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pescante. Ne ha facoltà.
MARIO PESCANTE. Signor Presidente, Forza Italia esprime piena condivisione su questo emendamento - che, tra l'altro, ricalca in parte quello da noi già presentato, più precisamente, l'emendamento Pescante 1.8. - perché esso è conseguente alla posizione assunta dal nostro gruppo che, nel sostenere la contrarietà alla delega al Governo per regolamentare la materia in esame, concordava nell'istituire la centralizzazione della commercializzazione dei diritti TV; di affidare all'autorità sportiva, nella fattispecie la Lega calcio, la gestione delle risorse derivanti dalla vendita dei diritti di trasmissione; di stabilire esclusivamente dei criteri di carattere generale, cui la Lega stessa debba attenersi nella ripartizione delle risorse.
Forza Italia dichiara quindi un voto favorevole su questo emendamento, che ricomprende i punti che ho appena descritto.
DAVIDE CAPARINI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Onorevole Caparini, lei è già intervenuto; avrebbe dovuto proseguire nel suo intervento...
DAVIDE CAPARINI. Signor Presidente, ma sono intervenuto per chiedere un chiarimento!
PRESIDENTE. Onorevole Caparini, in via del tutto eccezionale, la Presidenza le consente di intervenire nel merito. Le ricordo che il gruppo della Lega Nord Padania ha a disposizione complessivamente 7 minuti. Ha facoltà di parlare.
DAVIDE CAPARINI. Signor Presidente, intervengo per dichiarazione di voto a titolo personale e, quindi, vorrei che il tempo fosse computato nell'ambito dei tempi previsti per tale tipo di interventi. Dichiaro il voto favorevole della Lega Nord Padania su questo emendamento, in quanto siamo convinti che lo sport si fonda su valori sociali, educativi e culturali. È proprio per questo motivo che le nostre proposte emendative erano tutte volte a far sì che i proventi, incassati dalla Federazione, dalle Leghe o, da chi, comunque, incasserà dalla contrattazione collettiva dei diritti, venissero destinati in modo specifico, con quote ben definite, al movimento di base e, in questo caso, a tutto il movimento sportivo, in quanto la norma è stata estesa a tutti settori dello sport professionistico. L'emendamento in Pag. 61esame indica uno sforzo in questa direzione, che il Governo dovrebbe valutare con maggiore attenzione.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bono 1.86, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 459
Maggioranza 230
Hanno votato sì 204
Hanno votato no 255).
Prendo atto che la deputata Formisano non è riuscita ad esprimere il proprio voto.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Bono 1.88.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bono. Ne ha facoltà.
NICOLA BONO. Signor Presidente, questo è uno dei punti più delicati del disegno di legge al nostro esame. Mi rivolgo soprattutto ai settori della maggioranza che sono più sensibili ai ragionamenti sui monopoli e sugli effetti monopolistici delle scelte legislative. Quante volte in quest'aula abbiamo sentito queste affermazioni! La lettera c) del comma 3 dell'articolo unico del provvedimento al nostro esame, nel testo del Governo, recita precisamente: «disciplina della commercializzazione in forma centralizzata dei diritti di cui al comma 1 sul mercato nazionale per singola piattaforma» - questo è il punto -, «prevedendo modalità che assicurino, ove possibile, la presenza di più operatori della comunicazione nella distribuzione dei prodotti audiovisivi relativi agli eventi sportivi».
Stabilire per legge che bisogna bandire appalti per la cessione dei diritti televisivi per singola piattaforma è come scrivere nel testo della legge il nome ed il cognome dell'unico proprietario che opera in regime monopolistico nell'ambito della piattaforma satellitare. Ciò è inaccettabile dal punto di vista normativo, è immorale sul piano dell'impostazione legislativa ed è soprattutto devastante sotto il profilo delle conseguenze economiche. Infatti, una cosa è, come proponiamo noi con il nostro emendamento, aprire la gara d'appalto alla libera concorrenza degli operatori senza distinzioni e limitazioni di piattaforme e di licenze, facendo elevare di fatto il livello di concorrenzialità e, quindi, massimizzando il risultato a favore delle società sportive; altra cosa è, al contrario, stabilire che si celebrino le gare di appalto per singola piattaforma considerato che, nel caso del satellitare, vi è solo un operatore abilitato e presente sul mercato: quell'operatore potrà offrire qualunque cifra a sua discrezione perché non avrà oggettivamente concorrenti.
Tale atteggiamento, impostazione e volontà manifestate dal Governo e dalla maggioranza nel corso del dibattito in Commissione sono state duramente contrastate da Alleanza Nazionale; abbiamo più volte - e, per così dire, in tutte le salse - ribadito l'illogicità di tale scelta e l'oggettiva penalizzazione per le società sportive. Inoltre, stiamo varando una legge che deve massimizzare il risultato economico; ebbene, nel momento in cui stabiliamo che occorre riequilibrare i rapporti tra società grandi e società piccole, stabiliamo il principio che le società grandi devono ricevere meno risorse dalla cessione dei diritti, che non avverrà più in forma soggettiva. Conseguentemente, dobbiamo aumentare la base imponibile; dobbiamo far sì che quegli introiti, per il mondo complessivo delle società professionistiche, aumentino.
Se stabiliamo per norma un principio di selettività delle operazioni di gara di concessione per piattaforma, noi danneggiamo in maniera irreversibile le società sportive. Ora che stiamo svolgendo un dialogo chiaro - senza ricorrere a termini politichesi, ma stabilendo con esattezza quale sia la questione in gioco -, ritengo Pag. 62che nessuno della maggioranza possa votare contro l'emendamento da noi presentato, dichiarando di non aver capito o di non sapere. Avete capito benissimo!
Dunque, se questo Parlamento respingerà la proposta di Alleanza Nazionale - che va nella direzione di rendere competitivo il sistema di aggiudicazione delle gare per la gestione dei diritti televisivi delle società di calcio -, vorrà dire che avrà fatto una cortesia al signor Murdoch e vorrà dire altresì che è asservito ad una logica di sostegno monopolistico che è contro il mercato, contro il buon senso e contro gli interessi del calcio italiano.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ciocchetti. Ne ha facoltà.
LUCIANO CIOCCHETTI. Signor Presidente, Governo, colleghi della maggioranza, relatore, stiamo adesso entrando nel cuore delle questioni rimaste aperte nel corso dell'esame di questo provvedimento; Governo e maggioranza stanno sostenendo l'iter nel tentativo di un dialogo alto, senza infingimenti, che si è cercato di realizzare in queste ore. Purtroppo, però, ciò non ha portato a trovare una soluzione compatibile con le esigenze che il gruppo dell'UDC ha più volte evidenziato in Commissione ed in Assemblea.
Il punto è esattamente sapere quali siano le regole e come queste debbano essere poste nell'emissione dei bandi che il soggetto organizzatore del campionato di calcio dovrà emanare per l'attribuzione dei diritti televisivi.
Il punto è esattamente come si possa in qualche modo regolare la materia, se in via legislativa e normativa - come stanno proponendo il Governo e la maggioranza - oppure utilizzando gli strumenti che esistono e che fanno parte dell'ordinamento del nostro paese. Mi riferisco all'Authority antitrust e all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, che potrebbero occuparsi esattamente dei limiti e delle regole, cioè delle questioni che attengono al non perpetuarsi di posizioni dominanti, assicurando pari diritti a tutti i soggetti, che possono così esercitarli. Inoltre, le authority sopra citate potrebbero assicurare l'opportunità di allargare la presenza in un mercato che vede un unico operatore sul satellite, vale a dire Sky, e altri operatori che hanno liberamente scelto di poter investire sul calcio attraverso il digitale terrestre.
Questi ultimi sono di fatto due: Mediaset e La7. La RAI ha ritenuto opportuno non investire sul digitale terrestre. Alcuni operatori di larga banda, come Fastweb e Alice Telecom, invece, hanno nello stesso tempo deciso di investire sulla possibilità di fare assistere alle partite di calcio attraverso Internet. Inoltre, oggi, altri operatori come Vodafone e «3» fanno vedere le partite di calcio attraverso il telefonino. Infine, vi sono altre situazioni in evoluzione.
La nostra intenzione era di rendere questa proposta in esame più flessibile e meno dirigista, cercando di creare un sistema che assicurasse delle regole chiare e precise, attraverso atti amministrativi deliberati dall'Authority antitrust e dall'Authority per le garanzie nelle comunicazioni, le quali potessero in qualche modo costruire le condizioni per rendere flessibile il sistema, anche in rapporto all'evoluzione tecnologica che questo settore sicuramente avrà nei prossimi mesi, così come ha avuto negli anni precedenti.
Il punto è che, da parte del Governo, questa considerazione vi è stata soltanto in parte, che per noi, peraltro, è insufficiente. Infatti, essa interveniva certamente a migliorare la formulazione della lettera c) dell'articolo unico, lasciando però intatta la lettera d). Messe insieme, comunque, queste norme esprimono una regolamentazione dirigistica che non risponde alle necessità di flessibilità del settore e danno anche un segnale volto a colpire soltanto alcuni operatori del settore e non altri.
Ho preso spunto dall'emendamento del collega Bono - che chiaramente condividiamo -, per dire all' Assemblea quali sono le questioni che rimangono aperte.
Credo che sia un errore politico da parte del Governo e della maggioranza non consentire che un ampio schieramento Pag. 63di quest'Assemblea possa votare il disegno di legge in esame. È un errore politico che riguarderà anche l'approvazione del provvedimento al Senato e che, in qualche modo, porterà a non realizzare ciò che voi avete promesso dall'inizio di questa legislatura, cioè approvare leggi in modo urgente e provvedimenti che consentano di regolare il settore diversamente da come è regolato oggi. Se continueremo su questa strada, nel frattempo, i contratti saranno stipulati e altri se ne aggiungeranno a quelli già esistenti.
Credo che sia un errore politico quello di non voler affrontare in quest'aula la questione centrale, vale a dire trovare il maggior consenso possibile sull'approvazione di questo provvedimento.
PRESIDENTE. Vorrei rendere una comunicazione a tutti i colleghi, per evitare discussioni.
Nel calendario dei lavori, che è pervenuto a tutti i gruppi, è precisato che, in applicazione di una disposizione precisa definita nella Giunta per il regolamento nella seduta del 18 gennaio 1998, sono assegnati anche i tempi per gli interventi a titolo personale; nella fattispecie, per questo provvedimento, applicando i criteri definiti dalla Giunta per il regolamento, ogni parlamentare ha a disposizione non più di sette minuti per intervenire a titolo personale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Romani. Ne ha facoltà.
PAOLO ROMANI. Signor Presidente, ovviamente concordo con quanto hanno detto i colleghi Bono e Ciocchetti. Mi farebbe anche piacere, visto che stiamo entrando nella parte del provvedimento che riguarda più da vicino il Ministero delle comunicazioni, senza nulla togliere al sottosegretario qui presente, vedere al tavolo del Governo anche il ministro Gentiloni, che, d'altra parte, era in transatlantico. Ciò anche perché il confronto con il Governo, che è stato attivato in questi giorni, il cui esito sembra sostanzialmente negativo, è incentrato fondamentalmente su un principio: il provvedimento in esame (che se ne dica rispetto agli emendamenti), dovrebbe risolvere il problema di fondo di procurare maggiori risorse al mondo del calcio, attivando un principio di mutualità fra le squadre più forti e quelle meno forti.
Come è possibile far pervenire più risorse al mondo del calcio nel suo complesso? Si fa in modo che vi sia la maggiore concorrenza possibile fra tutti gli operatori della comunicazione, in maniera tale che fra grandi e piccoli, piattaforme e non piattaforme, ci siano più risorse possibili e non si generino situazioni di piccoli o grandi monopoli.
Tutta questa serie di emendamenti, iniziando dall'emendamento Bono 1.88, tende ad eliminare sostanzialmente, almeno per quanto riguarda la lettera c), la dizione di singola piattaforma. Non riesco a capire, francamente, l'accanimento del Governo su questo aspetto. Se si potesse togliere questa dizione, si creerebbe una concorrenza fra tutti i soggetti della comunicazione, evitando una situazione di monopolio sulla singola piattaforma. La concorrenza, infatti, si realizza dove operano più soggetti (per esempio, sull'analogico o sul digitale), ma non per quanto riguarda il satellitare e per Internet, dove state configurando dei grandi monopoli, perché i soggetti sono molto, molto forti, e potrebbero tranquillamente comprare anche i diritti per le altre piattaforme. Per loro, però, si fa una sorta di esclusiva sul satellitare e su Internet, per i quali porteranno a casa i diritti per queste due piattaforme al minor costo possibile. Io, francamente, non riesco a comprendere il motivo per il quale il Governo non voglia accedere a questa richiesta. Gli emendamenti sono sottoscritti solamente dalle opposizioni, ma, se ci si ragionasse un momento, penso che chiunque si intenda di questo settore, visto che l'obiettivo è quello di procurare maggiori risorse, capirebbe che si eviterebbe di incamerare minori risorse.
La questione è aggravata dall'aggiunta della lettera d), che non consente la sublicenza, perché, se si dovesse eliminare il riferimento alla singola piattaforma e tutti Pag. 64i grandi e piccoli gruppi potessero concorrere all'acquisizione dei diritti, è ovvio che si dovrebbe obbligatoriamente consentire la sublicenza.
In sostanza mi piacerebbe capire la situazione in questa sede, perché mi è stato detto l'accanimento del Governo dipende anche dalla lettura puntuale ed analitica dei pareri o delle sentenze dell'Autorità garante per le comunicazioni e dell'Autorità per la concorrenza. Devo dire che li ho riletti con grande attenzione, ma non ho trovato motivi così definitivi e certificati per cui non si possa accedere alla richiesta contenuta negli emendamenti presentati dalle opposizioni.
Quindi, chiedo ancora ai sottosegretari presenti e al ministro che ci possa e ci debba essere un ripensamento su questo aspetto: eliminate questi due elementi, fate in modo che il calcio possa vendersi al miglior offerente e fate in modo che vi sia concorrenza autentica fra tutti i soggetti. Sapete dove sono i soldi e che il calcio ha bisogno di risorse.
Tenete conto, inoltre, che sto parlando della situazione attuale. Bene o male, le leggi in questo campo, in Italia, durano dai tre ai quattro anni; quindi, ci troveremo fra due o tre anni, quando scadranno i contratti che sono stati posti in essere oggi, in una situazione che ora non riusciamo a immaginare, ma che, molto probabilmente, va nella direzione che noi tutti, dall'onorevole Bono, agli altri deputati che mi hanno preceduto, stiamo immaginando (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Caparini. Ne ha facoltà.
DAVIDE CAPARINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi della sinistra, se questa è la fase due delle liberalizzazioni, Dio ce ne scampi! Il calcio ha assunto un ruolo determinante nell'andamento dei mercati, direi di gran lunga più importante per il fatturato delle televisioni a pagamento, di intrattenimento e cinema! Addirittura, copre quote di tre quarti del fatturato. Pertanto, capite bene che una misura come quella oggi in esame, vale a dire la possibilità di trattare su una singola piattaforma di gara, significherebbe che, laddove non vi saranno competitors (per quanto riguarda la tv a pagamento, purtroppo, così non è), ci troveremo ad avere un solo concorrente Ciò risulta in conflitto non solo con il buonsenso, ma con qualsiasi idea di gara, di libero mercato e, comunque, è molto distante dalla previsione, formulata dallo stesso Governo, nel momento in cui sottoscrive l'iniziativa della contrattazione collettiva dei diritti, di aumentare il volume di ricavi a favore dello sport.
Vi ricordo, inoltre, che, oltre ad essere una parte preponderante del fatturato, il calcio determina nei confronti delle TV, sia a pagamento sia quelle in chiaro - è una sua caratteristica - un'altissima fidelizzazione dei telespettatori, con elevati livelli di audience costanti nel tempo! È una caratteristica unica, preziosa ed è proprio questa che condiziona i telespettatori e, di conseguenza, le scelte degli inserzionisti pubblicitari e l'intero mercato.
Queste cose, colleghi della sinistra, le sapete, tant'è vero che otto anni fa, quando si è trattato di spostare la contrattazione dal livello collettivo a quello soggettivo avete addirittura varato un decreto-legge, che porta la firma di Veltroni, che serviva proprio nello specifico ad introdurre misure concorrenziali all'interno delle TV a pagamento. Ma otto anni fa avete varato un decreto d'urgenza e oggi fate esattamente l'opposto! Togliete al Governo la possibilità (noi con i nostri emendamenti lo prevediamo) di valutare se, realmente, vi è concorrenza su una determinata piattaforma per determinare le migliori condizioni di gara.
È una questione di principio che è fondamentale sia per il bene dello sport sia per il futuro della televisione.
LUIGI VIMERCATI, Sottosegretario di Stato per le comunicazioni. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
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LUIGI VIMERCATI, Sottosegretario di Stato per le comunicazioni. Signor Presidente, vorrei dire che abbiamo lavorato con grande intensità in Commissione. Abbiamo accolto proposte di miglioramento pervenute da deputati della minoranza e ciò, a mio avviso, ha sensibilmente migliorato il provvedimento, in particolare per ciò che riguarda il tema sollevato, vale a dire la necessità di una legge capace di evitare posizioni monopolistiche o dominanti.
Questo è lo spirito della legge. Non dimentichiamo che i precedenti sono quelli di un operatore che ha avuto la possibilità di acquisire tutti i diritti e ciò ha comportato l'intervento dell'autorità per impedire che il mondo dei diritti televisivi si trasformasse in un luogo di monopolio.
Noi però ci scontriamo con un'asimmetria di fondo del nostro sistema. Non abbiamo un sistema in cui tutti gli operatori hanno le medesime possibilità. Vi sono operatori, come, ad esempio, Sky, che non hanno la possibilità, per il divieto europeo, di operare su piattaforme diverse da quelle satellitari. Pertanto, quando parliamo di equilibrio e di capacità concorrenziale non possiamo che guardare a questa asimmetria di fondo! Può essere che, in futuro, tale asimmetria venga corretta; tuttavia, non è immaginabile ragionare oggi su un disegno di legge che non prende in considerazione detta asimmetria.
Il senso delle proposte contenute nel nostro disegno di legge, quindi, va in questa direzione, vale a dire trovare un punto di equilibrio che faccia progredire la capacità competitiva del mercato, tenuto conto di queste diversità. Le norme che abbiamo proposto, soprattutto con riferimento alla lettera d) del comma 3 dell'articolo unico del provvedimento in esame - nella quale si parla anche di divieti -, tendono proprio a rendere flessibile il meccanismo, al fine di poter avere questa possibilità.
Peraltro, siamo disponibili - e mi riferisco a quanto precedentemente affermato dall'onorevole Ciocchetti - anche a discutere proposte relative all'espressione «singola piattaforma». Abbiamo lavorato per tutta la mattinata in tal senso, ma non abbiamo trovato un'intesa, anche se il Governo era disponibile a rivedere tale formulazione.
Sotto questo punto di vista, vorrei evidenziare che, se non sussistesse oggi la possibilità di concludere positivamente tale discussione, abbiamo la possibilità di farlo successivamente, nel corso dell'esame del provvedimento da parte del Senato. Ciò per far sì che il dibattito tra maggioranza ed opposizione prosegua anche nei prossimi giorni, al fine di individuare un'intesa nel momento in cui il disegno di legge in esame approderà al Senato.
Non intendiamo insistere su una particolare formulazione: quindi, condividendo la finalità di evitare l'esistenza di posizioni dominanti, siamo disponibili a discutere. Ribadisco che le formulazioni proposte non ci convincono, ma restiamo comunque disponibili a confrontarci nella fase successiva dell'iter del presente disegno di legge.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Caparini. Ne ha facoltà.
DAVIDE CAPARINI. Signor Presidente, mi sembra che le parole confliggano con i fatti, in quanto è evidente come nel nostro paese vi sia ormai una sovrapposizione delle aree di intervento nel sistema della comunicazione. Ricordo, infatti, che le televisioni «in chiaro» acquistano i diritti e l'esclusiva semplicemente per ottenere una audience maggiore. Vorrei soprattutto evidenziare come esse, oggi, occupino un settore della televisione a pagamento: mi riferisco al digitale terrestre.
Viceversa, le televisioni a pagamento intervengono comunque nel mercato della televisione «in chiaro», in quanto - e lo dimostrano le cifre -, avendo un forte segmento «targettizzato» e «fidelizzato» di ascoltatori, sono molto appetibili per il mercato pubblicitario, tanto è vero che parlano i dati, signor sottosegretario. Vorrei rivolgermi anche al ministro, il quale, purtroppo, oggi latita!Pag. 66
Nel 2005, infatti, la RAI ha conquistato il 36 per cento delle quote di mercato, la RTI ha avuto il 31 per cento e Sky ha ottenuto il 23 per cento. Quindi, stiamo parlando non della televisione a pagamento di otto anni fa - sulla quale, però, eravate intervenuti attraverso un decreto-legge -, ma di una realtà ben più affermata e che, soprattutto, si inserisce in modo predominante nel mercato.
Pertanto, è la concorrenza tra piattaforme ciò che consentirebbe di incamerare maggiori risorse finanziarie a favore del mondo dello sport. Vorrei soprattutto rilevare che proprio un intervento come quello che avete prefigurato ridurrà quella concorrenza che a parole auspicate, ma che, nei fatti, oggi state boicottando!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Romani. Ne ha facoltà.
PAOLO ROMANI. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario Vimercati per il suo intervento - forse inaspettato - in risposta alle nostre considerazioni, però non capisco francamente il senso di quanto ha sostenuto.
Egli ha parlato di mercato asimmetrico; tuttavia, vorrei rilevare che tutti i mercati televisivi sono asimmetrici. Infatti, Mediaset opera nel sistema analogico e digitale, ma non in quello satellitare o in Internet; Sky trasmette via satellite, ma non tramite il sistema analogico o quello digitale; Telecom fornisce Internet, ma non opera con la banda larga o con il sistema satellitare e non copre gli altri segmenti di mercato. Dunque, il mercato è complessivamente asimmetrico, ed è giusto che sia così; quindi, si tratta di una considerazione prodromica a qualsiasi tipo di analisi del mercato stesso.
Ciò che stiamo cercando di dire - e di cui non riusciamo a convincervi - è che se chi non è operatore di una piattaforma potrà competere nell'acquisizione dei diritti relativi ad una piattaforma per la quale non è in possesso del prescritto titolo abilitativo, entrerà in concorrenza con l'operatore abilitato. Pertanto, si determinerà una concorrenza ulteriore su tutte le piattaforme, evitando di creare situazioni di privilegio per ogni singola piattaforma.
Questo è quello che cerchiamo di dire, tant'è vero che, nelle chiacchierate molto informali che ci sono state, abbiamo cercato di spiegarvi che una soluzione poteva essere quella di consentire a tutti di comprare tutti i diritti, obbligando però coloro che risultino vittoriosi nell'acquisizione dei diritti di una piattaforma, della quale non siano licenziatari, a vendere i diritti a chi invece sia licenziatario. Tutto questo deve avvenire sempre nella logica di incrementare le risorse a favore del calcio. Questa è l'unica ratio sulla quale stiamo discutendo, il resto è meno importante.
Si dice che dei mercati ne parleremo al Senato. Mi auguro che se ne parli al Senato, ma conosco molti colleghi che per tanti anni si sono occupati di queste vicende e - non lo dico per sciovinismo - alla Camera questi problemi sono sempre stati risolti! Al Senato - per l'amor di Dio! - ne hanno parlato, ma in questo ramo del Parlamento abbiamo sempre cercato e trovato delle soluzioni, a partire dalla legge Maccanico, per la quale passammo delle notti nelle Commissione trasporti e cultura per cercare soluzioni, che furono trovate. Furono trovate delle mediazioni sulle competenze delle autorità sulle quali volete ancora intervenire! Si sono trovati dei meccanismi!
In questo caso - non riesco a capire il motivo - siamo di fronte ad un blocco assolutamente durissimo, impermeabile, invalicabile, con il quale volete confermare un testo che riteniamo fortemente sfavorevole per il mondo del calcio.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bono. Ne ha facoltà
NICOLA BONO. Onorevoli colleghi, se prima dell'intervento del sottosegretario Vimercati poteva esserci un dubbio in ordine alla corretta impostazione da dare alla questione, dopo l'intervento del sottosegretario il dubbio è stato sciolto. Infatti, apprendiamo dalla viva voce del Governo che l'obiettivo di questa legge è di Pag. 67rendere simmetrici i mercati. Ma non è compito delle leggi intervenire sui mercati, sottosegretario! Il fatto che un operatore sia in difficoltà ad entrare in alcune piattaforme non è un problema che deve essere affrontato dal Parlamento. Il compito del Parlamento è esattamente il contrario: redigere una legge per la quale tutti gli operatori concorrano liberamente per massimizzare il risultato della vendita a favore delle società calcistiche. Questo è il senso della norma! Altrimenti vi troverete nella stessa condizione di chi, nel Governo di centrodestra, veniva accusato di fare delle leggi ad personam.
Non possiamo accettare che venga approvata una legge ad personam per risolvere i problemi di Sky, che è presente solo nella piattaforma satellitare e non nelle altre. Dobbiamo mettere tutti quanti, anche Sky, nella condizione di concorrere - senza limiti nelle concessioni o subconcessioni, senza l'obbligo di distinguere per singola piattaforma - per aprire alla massima concorrenza possibile degli operatori e ottenere il massimo risultato. Questo è l'obiettivo del nostro emendamento e io insisto perché venga approvato, proprio in ragione delle dichiarazioni del Governo.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bono 1.88, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 484
Votanti 483
Astenuti 1
Maggioranza 242
Hanno votato sì 220
Hanno votato no 263).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Paniz 1.49 e Bono 1.91, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 483
Maggioranza 242
Hanno votato sì 219
Hanno votato no 264).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Romani 1.57.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Romani. Ne ha facoltà.
PAOLO ROMANI. Signor Presidente, proseguo nel ragionamento iniziato precedentemente. Anche in questo caso si tratta di un tentativo di modifica. Leggo l'emendamento: «Al comma 3, lettera c), sostituire le parole: prevedendo modalità con le seguenti: introducendo specifici correttivi sulle piattaforme in cui è presente un solo operatore allo scopo di prevenire posizioni monopolistiche, prevedendo altresì modalità». Quindi, anche in questo caso la dizione è generica, se volete; tuttavia, trattandosi di una legge di delega, si stanno stabilendo i criteri e i principi. Ebbene, questo potrebbe essere un principio, un'idea, e il Governo, successivamente, potrà attivarsi e attuare la delega ricevuta anche sulla base del generico concetto espresso nell'emendamento in esame.
Ritengo che il problema debba essere affrontato e lo riproponiamo con forza in Assemblea, dopo averlo posto con forza in Commissione. Mi auguro che la possibilità di un eventuale ripensamento al Senato, precedentemente annunciata dal sottosegretario Vimercati, possa effettivamente esserci. Mi sembra, peraltro, anche improprio annunciare in un ramo del Parlamento che il problema sarà affrontato nell'altra Camera. Del resto, questa è la Pag. 68logica della politica, che risponde anche a teoremi che mi risultano non perfettamente comprensibili.
In ogni caso, l'emendamento in esame tende ad affrontare esattamente il problema esposto fino a questo momento, cioè riuscire ad evitare, in qualsiasi modo e con qualsiasi meccanismo, che su alcune piattaforme si crei un autentico monopolio. Immagino e mi auguro che il decreto legislativo sarà emanato nei tempi e nei modi dovuti e a seguito di un minimo confronto con il mercato e con gli operatori della comunicazione. Come ripeto, la finalità esclusiva è quelle di attribuire al calcio maggiori risorse.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ciocchetti. Ne ha facoltà.
LUCIANO CIOCCHETTI. Signor Presidente, signor ministro, ove fotografassimo la realtà attualmente esistente nel panorama delle piattaforme che consentono agli utenti-consumatori di seguire le partite di calcio attraverso la televisione, risulterebbe evidente come l'espressione «per singola piattaforma», contenuta nel comma 3, lettera c), del provvedimento in esame, significhi che alla trasmissione via satellite parteciperà un unico soggetto. Infatti, soltanto un soggetto in Italia, in questo momento, ha la possibilità di trasmettere via satellite ed è l'unico che consente di seguire le partire attraverso l'antenna parabolica ed il decoder: tale soggetto è la società Sky.
Voi affermate di volere eliminare le posizioni dominanti. Con questa norma, le posizioni dominanti non le eliminerete. Questa mattina, nel corso di una riunione informale, è stato ricordato che esisteva la piattaforma «gioco calcio». In realtà, questa piattaforma esisteva e sarà ancora attiva ma non svolge alcuna funzione, anche perché i soci si sono ritirati e le risorse, a un certo punto, sono divenute insufficienti per proseguire in quella operazione. Se volete dare un segnale vero, anche riformulando il comma 3, lettera c), date questo segnale! Il Governo e il relatore possono farlo in qualsiasi momento. Sarebbe un segnale positivo che potrebbe far comprendere che non si vuole svolgere un ragionamento che tuteli soltanto alcuni. In tal modo, invece, si fotografa l'esistente e si tutela ciò che oggi esiste nel mercato dei diritti televisivi. Ripeto: sarebbe un importante segnale per l'Assemblea e per gli utenti-consumatori, nel rispetto di quanto voi affermate, dal momento che sostenete di non volere posizioni dominanti e di volere attribuire pari diritti a tutti gli operatori, stabilendo regole cogenti per le gare che dovranno essere bandite. Consentire ad un solo soggetto di partecipare ad una gara per una singola piattaforma credo significhi non voler aprire il mercato e condizionare il suo stesso sviluppo, non soltanto la gestione dei diritti.
Quanto all'intervento del ministro, che è stato affabile, credo che egli abbia lasciato aperta una finestra, un piccolo spiraglio per i reciproci rapporti.
Credo sia un errore portare al Senato la questione relativa alla possibilità di un accordo su un tema sul quale ritenevo fosse possibile trovare un'intesa in questa sede. Mi riferisco alla possibilità di attribuire all'Antitrust e all'Agicom il compito di stabilire le regole per la gestione del sistema e dei relativi bandi che dovranno essere emessi dalla Lega calcio.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Romani 1.57, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 471
Maggioranza 236
Hanno votato sì 217
Hanno votato no 254).Pag. 69
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bono 1.89, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 469
Maggioranza 235
Hanno votato sì 216
Hanno votato no 253).
Prendo atto che i deputati Piro e Formisano non sono riusciti ad esprimere il proprio voto.
Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Romani 1.58 e Bono 1.92.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Caparini. Ne ha facoltà.
DAVIDE CAPARINI. Signor Presidente, questo è l'ultimo emendamento che dà la possibilità al Governo di riparare al grave errore che sta compiendo. Infatti, siamo fortemente convinti che, nell'ambito di questa delega, l'Esecutivo possa attribuire la possibilità di definire se in un determinato settore vi sia o meno la concorrenza. Pertanto, approvando il presente emendamento, si potrebbe valutare la predisposizione di una norma diretta a realizzare quanto noi tutti auspichiamo, vale a dire, da una parte, una maggiore concorrenza e, dall'altra, la possibilità di creare le migliori risorse per il mondo dello sport.
Ritengo che l'emendamento in esame sia di assoluto buonsenso e che respingendolo il Governo dimostri la propria ipocrisia, visto che parla di libera concorrenza, ma poi realizza tutt'altro.
PRESIDENTE. Mi corre l'obbligo di informare il gruppo della Lega Nord che ha a disposizione ancora 20 secondi di tempo, compreso l'ampliamento concesso dalla Presidenza.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Romani. Ne ha facoltà.
PAOLO ROMANI. L'emendamento in esame, che tende a sopprimere la lettera d), del comma 3, è stato presentato anche perché la modifica apportata in Commissione comporta una piccola burla. Infatti, la vecchia lettera c) (che recitava: «nonché il divieto di acquistare diritti relativi a piattaforme per le quali l'operatore non è in possesso del prescritto titolo») si è trasformata in questo senso: «sul mercato nazionale anche attraverso divieti di acquistare». Come se questa formulazione alleggerisse il peso del divieto. Delle due l'una: o il divieto c'è oppure non c'è!
Ministro Gentiloni, con riferimento a ciò che scriverete, userete anche in quell'occasione una forma ipotetica oppure vi lasciate la possibilità di decidere in seguito se sarà un divieto vero oppure no?
Siccome a quanto pare, nella trascrizione che ho definito come una burla, avete qualche dubbio, dateci un segnale, fateci capire se almeno su alcuni concetti è possibile trovare un vaghissimo punto di intesa. In particolare su questo punto, che è quello che impedisce a chi compra per singola piattaforma la possibilità di utilizzarla.
È un divieto, però, di sub licenza. Ciò significa che si blocca tutto!
So che lei, da questo punto di vista, è una persona ragionevole, ministro Gentiloni, ma cercate di farci capire quali siano le vostre intenzioni! Infatti, se leggo letteralmente la disposizione, desumo che è esattamente uguale a quella precedente; se devo interpretarne un vago criterio politico, ne desumo che qualche dubbio vi sia arrivato! Può darsi che, nel passaggio tra Camera e Senato, come diceva in precedenza il sottosegretario Vimercati, qualcosa possa cambiare.
A me sembrerebbe più giusto, più trasparente, anche per il confronto che è avvenuto in Commissione, che, su questo punto, si arrivasse subito ad una determinazione.
In ogni caso, non siamo riusciti a convincervi sull'abolizione della singola Pag. 70piattaforma; probabilmente, non riusciremo a convincervi nemmeno su questo punto.
Ci auguriamo che l'Assemblea pensi in maniera autonoma.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bono. Ne ha facoltà.
NICOLA BONO. Signor Presidente, intervengo per richiamare la maggioranza ed il Governo ad essere coerenti rispetto alle dichiarazioni, non dico sul piano politico (perché, se si fosse stati coerenti, si sarebbe dovuto agire in maniera conseguente, con riferimento a questa parte del provvedimento, tenendo conto di tutta la letteratura e dell'impostazione sul tema della gestione monopolistica delle televisioni che, nelle passate legislature, erano state definite in quest'aula e fuori), quanto nell'ambito della battaglia delle cosiddette liberalizzazioni.
È mai possibile che il popolo italiano debba essere convinto dal fatto che la liberalizzazione si ottenga negando ai parrucchieri e ai barbieri di restare chiusi il lunedì? È mai possibile che, davanti ad una norma del genere, si faccia in modo che, tranquillamente, si esegua una finta gara d'appalto, concepita in modo tale che, in un solo settore, vi sia un solo offerente e che si approvi un provvedimento, per consentire che quel signore rimanga da solo, o che (com'è stabilito alla lettera d) del terzo comma dell'articolo 1, di cui stiamo parlando) si stabilisca una serie di passaggi vincolistici e dirigistici per arrivare ad escludere la possibilità di una concorrenza di qualunque tipo?
Allora, rivolgo un invito alla coerenza. È passata la norma della gara d'appalto per singole piattaforme. Evitiamo di appesantire la normativa con quest'ulteriore lettera d) che, con l'approvazione del nostro emendamento, vorrebbe soppressa.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giulietti. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE GIULIETTI. Signor Presidente, intervengo per interloquire con alcuni colleghi, con i quali abbiamo sempre lavorato con grande serietà su questi temi. Vorrei tuttavia precisare alcune cose.
Sono felicissimo di questo sforzo congiunto, di quest'unione di sentimenti contro i conflitti di interesse e le posizioni dominanti (lo voglio raccogliere e girare al ministro Gentiloni, perché questo potrebbe darci la soluzione, se siamo contro tutte le posizioni dominanti e non a giorni alterni).
Cerchiamo di ricordarci che questa materia - e lo sa bene Caparini - avrebbe già potuto essere normata, perché sulla proposta di Ronchi sui diritti collettivi c'era un grande consenso. Fu bloccata, perché Forza Italia ritenne che non dovesse essere istituita una corsia preferenziale. Chiariamolo: c'era un'intesa già su quel provvedimento.
Quando discutemmo sulla legge Gasparri - lei, Gentiloni, lo ricorderà (quindi, ha ben ragione Vimercati) -, alcuni di questi gruppi dissero: interveniamo ora sulle nuove piattaforme, interveniamo sulle posizioni dominanti, interveniamo su diritti sportivi! Ma non era aria. Si diceva a mezza bocca: Murdoch è per noi un alleato.
Allora, diciamocelo chiaro come stavano le cose: c'era un'alleanza di tipo industriale e politico per costruire due posizioni dominanti! Si rifiutò di intervenire su queste materie!
Si ritenne che non si dovesse operare nessuna scelta di politica industriale.
Vedete, io sono per «mettere norme» all'amico Rupert, all'amico Silvio, all'amica RAI, all'amico Tronchetti Provera, ma per fare questo bisogna avere un disegno che sia serio e coerente. Non è un caso che sia stato presentato questo provvedimento e che abbia recepito gran parte delle indicazioni delle opposizioni e che dall'altra parte ci sia un provvedimento del ministro Gentiloni che opera sulle liberalizzazioni, che cerca di aprire un mercato chiuso.
Quando si dice di abrogare la lettera d) (del comma 3) - lo spieghi lei, ministro Pag. 71Gentiloni; lo ha fatto ottimamente Vimercati -, si sta dicendo che un soggetto può prendere l'intero piatto dei diritti e poi rivenderlo, come è già successo nel digitale poco tempo fa. Mercato asimmetrico significa che non possiamo non sapere che questo è un mercato chiuso, con posizioni dominanti, dove si può far finta di operare una liberalizzazione operando un'ulteriore restrizione delle risorse, visto che il 92 per cento delle risorse pubblicitarie - perché questo è il dato - sta attorno al duopolio. Non possiamo far finta di non sapere questo e a seconda dell'argomento pigliamo un pezzettino del mercato!
Ma come, ci avete spiegato che la modernità è il mercato integrato, dove tutto si tiene! Non mi avete convinto, però lo avete approvato voi questo provvedimento! Poiché sarebbe sbagliato un atteggiamento settario e fazioso, se davvero c'è questa convinzione e questa serietà di comportamento allora credo sia opportuno recepire oggi il lavoro fatto dal Governo con il Parlamento. Tuttavia, il Governo deve sapere che, se è vero che è possibile fare uno sforzo ulteriore al Senato - e vorrei che su questo non ci fosse un elemento di dileggio -, lo sforzo ulteriore però non consiste nella modifica della lettera d), fatta come la si vuole dettare in quest'aula e come ho sentito più volte ripetere, ma fatta bensì in uno sforzo collettivo, che ponga al centro alcune questioni sensate che ho sentito porre qui e in Commissione - perché a me non piace non ascoltare i colleghi - fatta cioè con una modifica - caro sottosegretario Lolli e caro ministro Gentiloni - che riguardi da subito un trasferimento di potere all'Autorità, affinché essa intervenga con il cartellino rosso su ogni posizione dominante che si crei in ogni segmento del mercato.
Questo è il punto di fondo. Non ci può essere un intervento a «spizzichi e bocconi», come nel passato! Questa non è una discussione tra parti dell'opposizione e il Governo, ma tra l'opposizione, il Governo e la maggioranza, che ha delle posizioni da porre, che devono essere verificate nel passaggio al Senato. Se si tratta di un percorso condiviso, sarebbe un errore non recepire le questioni qui poste anche da alcuni colleghi dell'altro schieramento, ma in questo contesto. Ecco perché è importante il passaggio al Senato. Non c'è niente di nascosto: significa capire qual è il percorso, come si affronta la discussione sulla stessa legge Gentiloni; significa capire se davvero c'è una tensione di liberalizzazione e si vuole andare nella centralità dell'interesse collettivo.
Concludo dicendo che ho sentito parlare molto dei soldi da trasferire a ciascuna azienda. Va benissimo. Però chiedo al ministro Gentiloni di verificare, d'intesa con l'Authority - lo chiedo anche al ministro Melandri e ai sottosegretari, che ringrazio per la passione -, una vecchia lista di avvenimenti in chiaro, che devono essere garantiti in modo gratuito, appunto in chiaro, ai cittadini, anche a coloro che non possono pagare, perché l'Italia è un paese complesso. I Lord inglesi votarono un elenco per salvaguardare la visione di grandi manifestazioni popolari anche nei confronti di chi non poteva pagare. Pertanto, visto che siamo d'accordo sull'interesse generale, vi invito ad ampliare quell'elenco di avvenimenti, in modo da occuparci anche dei tanti cittadini che avrebbero diritto a godere gratuitamente di questi avvenimenti (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo e Comunisti Italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Del Bue. Ne ha facoltà.
MAURO DEL BUE. Ho ascoltato con attenzione l'intervento dell'onorevole Giulietti, che è sempre molto sensibile ai temi che riguardano il mercato televisivo e che ci invita ad una visione più complessiva, ad una strategia più generale, che contrasti qualsiasi posizione di monopolio. Se l'amico Giulietti mi consente, vorrei però osservare che il suo intervento mi ricorda un po' quando ci si opponeva a determinati concetti dicendo «il discorso è un altro».
Pag. 72PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI (ore 17,30)
MAURO DEL BUE. Ecco, il discorso non è un altro. Il discorso è questo e riguarda alcune proposte di emendamento ad una legge sui diritti televisivi del calcio, rispetto alla quale l'insieme delle forze politiche di opposizione ha assunto già in Commissione cultura, istruzione e sport della Camera dei deputati un atteggiamento costruttivo, proponendo non già leggi alternative, ma un insieme di emendamenti ad un testo di legge, che in linea di principio, per ciò che riguarda il tema della centralizzazione dei diritti e di un maggiore equilibrio nella ripartizione delle risorse, ci ha visti consenzienti.
Quello che non mi convince è anche su questo punto l'atteggiamento del Governo, che dice non già che il discorso è un altro, ma che riprenderemo questo discorso al Senato. Se su questo discorso siamo d'accordo perché non cominciarlo alla Camera, con un atteggiamento costruttivo di disponibilità al dialogo che è presente in tutte le forze politiche? Mi preme ricordare l'atteggiamento del nostro gruppo e il mio, in particolare, attorno a questa legge, perché ho avuto modo di collaborare avanzando una specifica proposta di legge sull'insieme delle problematiche che riguardano il mercato dei diritti televisivi. Allora, perché non cominciare a farlo qui adesso, dialogando e votando, come si deve votare in un consesso democratico, a favore, qualora si condividano gli emendamenti proposti, o contro, qualora non li si condivida, senza spostare la discussione in un'altra ala del Parlamento e senza dire che il discorso è un altro, che è di carattere più generale e complessivo. No, il discorso adesso riguarda questo, e vediamo se su tale questione siamo o meno d'accordo. Mi pare che il mio sia non solo un contributo di metodo ma anche politico, se vogliamo procedere in quest'ala del Parlamento non già con dei diktat - «o così o pomì», come diceva una vecchia pubblicità -, ma con un atteggiamento costruttivo che ci permetta di arrivare insieme a leggi condivise (Applausi dei deputati del gruppo Democrazia Cristiana-Partito Socialista).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Pescante. Ne ha facoltà.
MARIO PESCANTE. Signor Presidente, l'onorevole Giulietti ha molto caro il tema, più volte espresso anche in Commissione, dell'avversione e della contrarietà di Forza Italia nella scorsa legislatura a sostenere la legislativa per l'introduzione della contrattazione centralizzata. Onorevole Giulietti, ho già avuto modo di precisare in Commissione, e glielo ripeto qui, che tutto questo non risponde a verità. Forza Italia si era opposta ad un provvedimento che, con grande rispetto e riconoscendo la buona fede dei proponenti, aveva un vago sapore pre-elettorale e che necessitava anche di un approfondimento, tante è vero che oggi in questo dibattito si sta dimostrando la necessità di scendere nei dettagli degli approfondimenti. Quindi, il motivo era questo.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
MARIO PESCANTE. Piuttosto, chiederei all'onorevole Giulietti con mai, quando eravate all'opposizione, vi siete accontentati di stabilire e dare il consenso limitato alla contrattazione centralizzata ed, invece, nel momento in cui siete al Governo, chiedete la delega all'Esecutivo, indicate dei criteri di carattere generale e specifico da imporre alla Lega: che cos'è questa se non invasione di campo? (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia)
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Romani 1.58 e Bono 1.92, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.Pag. 73
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 470
Maggioranza 236
Hanno votato sì 211
Hanno votato no 259).
Prendo atto che il deputato Formisano non è riuscito ad esprimere il proprio voto.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Ciocchetti 1.250.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ciocchetti. Ne ha facoltà.
LUCIANO CIOCCHETTI. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, questo è l'emendamento in qualche modo incriminato, che poteva consentirci di riformulare complessivamente le lettere c) e d) del comma 3 dell'articolo unico. A nostro avviso, poteva veramente - del resto, come non sono Vangelo le parole del collega Giulietti, non sono sicuramente Vangelo le cose che cerchiamo di spiegare - aprire il mercato, per trovare un percorso che, al di là di chi governa questo paese, fosse condiviso e non modificato ogni volta che in Italia si cambia un Governo.
Inoltre, l'emendamento si propone di stabilire alcune regole per via amministrativa e non legislativa proprie dell'articolazione di bandi di gara, affidando ad autorità terze come l'Antitrust e l'Agcom la possibilità di raggiungere determinati obiettivi tramite paletti stabiliti dalla legge delega. Essi sono i seguenti: assicurare pari diritti agli operatori della comunicazione; evitare la formazione di posizioni dominanti (in proposito abbiamo visto in precedenza che la lettera c), di fatto, assicura il mantenimento di una posizione dominante chiara e precisa come quella di Sky); la definizione dei limiti di partecipazione ai bandi per l'acquisto dei diritti di trasmissione.
Questo punto comporta esattamente quanto voi affermate nei vostri interventi, ovvero di impedire, applicando le decisioni prese dall'Antitrust, l'acquisto effettuato da Mediaset dei diritti di alcune società di calcio per tutte le piattaforme. Ciò avviene tramite una formula che, se permettete, giuridicamente ha qualche limite. Infatti, se la norma reca le parole «anche attraverso», significa che in qualche modo essa lascia aperto uno scenario indefinito, che può essere utilizzato tramite altri meccanismi. Invece, se si stabilissero paletti certi come i tre prima ricordati, a cui se ne potrebbero aggiungere ancora altri, tramite riformulazioni da parte del Governo o del relatore, che diano all'Antitrust e all'Agcom la possibilità di rendere flessibile il sistema, anche in rapporto all'evoluzione tecnologica, faremmo il bene di questo settore, della Lega calcio, delle società di calcio e soprattutto degli utenti consumatori. Inoltre, andremo incontro anche alla necessità di aprire un mercato che ha l'esigenza di regole che consentano di tenere il passo dell'evoluzione e dei cambiamenti, di quelli avvenuti in questi anni e di quelli che altrettanto sicuramente avverranno nei prossimi.
Sinceramente, non capisco questa posizione di chiusura perché obiettivamente si sarebbe potuto varare una norma in grado di essere approvata con ampia maggioranza in questa Camera e in grado anche al Senato di far convergere un largo consenso. Invece, si è voluto andare al «muro contro muro» su una questione che sarebbe regolata in maniera migliore tramite l'utilizzo di autorità terze, in grado di poter offrire le stesse regole e gli stessi provvedimenti. In proposito, spero che vi sia un'ulteriore riconsiderazione. Tuttavia, è chiaro che se l'emendamento in oggetto non venisse approvato, la posizione dell'UDC non potrà essere quella di votare in senso favorevole a questa legge e, pertanto, riconsidereremo il voto sull'intero provvedimento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bono. Ne ha facoltà.
NICOLA BONO. Signor Presidente, ho ascoltato con attenzione l'intervento dell'onorevole Giulietti. Come sempre egli con Pag. 74grande onestà intellettuale ed anche con molta maestria ha unito l'antico ed il nuovo, valutazioni delle passate legislature e considerazione attualizzate; ha poi dato motivazioni tutto sommato negative sull'attuale impostazione, concludendo il suo intervento con l'auspicio del rinvio al Senato.
Ed è proprio qui che l'onorevole Giulietti non mi convince. Infatti, sono ormai mesi che discutiamo di questa norma, in Commissione prima e da un paio di settimane in Assemblea.
Su questo punto non vi è stato «uno straccio» di soggetto, appartenente alla maggioranza o al Governo, che abbia avuto il coraggio di difendere un'impostazione impresentabile.
Si è arrivati al voto tenendo un atteggiamento degno di miglior causa: mi riferisco alla monolitica e compatta votazione di tutti i settori della maggioranza - auspicanti, tra l'altro, una modifica al Senato - nei confronti di quella che può veramente definirsi violazione di ogni più elementare regola concorrenziale.
Ormai siamo ridotti alla stessa stregua di un Parlamento sotto tutela e condizionato dalle scelte e dai desiderata del Senato.
In Assemblea ci troviamo a svolgere un libero dibattito e stiamo affrontando una seria e delicata problematica che non investe il solo mondo del calcio, ma l'intero sistema attraverso cui si fa comunicazione nel nostro paese.
Nel momento topico in cui si è arrivati ad individuare un aspetto carente ed impresentabile della norma, il miglior risultato che si ottiene è un rinvio al Senato: francamente sono sconcertato da questo modo di procedere.
Ritengo che l'emendamento Ciocchetti 1.250 rappresenti il minimo indispensabile da approvare per cercare di sanare e, se me lo consentite, preparare il percorso per una più approfondita ed incisiva modifica al Senato. Quindi, non votare neanche a favore dell'emendamento Ciocchetti 1.250 significherebbe affermare oggi, in quest'aula, che questa maggioranza è al servizio del più forte, a tutela dell'amico del giaguaro e nelle condizioni di sostenere posizioni inaccettabili e di grave nocumento nei confronti degli interessi del calcio nella sua generalità.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Ciocchetti 1.250, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 471
Votanti 469
Astenuti 2
Maggioranza 235
Hanno votato sì 207
Hanno votato no 262).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Goisis 1.111, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 478
Maggioranza 240
Hanno votato sì 212
Hanno votato no 266).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Ciocchetti 1.201, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Pag. 75
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 478
Maggioranza 240
Hanno votato sì 218
Hanno votato no 260).
MAURIZIO PANIZ. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MAURIZIO PANIZ. Ritiro il mio emendamento 1.50.
PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bono 1.93, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 477
Votanti 476
Astenuti 1
Maggioranza 239
Hanno votato sì 213
Hanno votato no 263).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Barbieri 1.34, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 486
Votanti 484
Astenuti 2
Maggioranza 243
Hanno votato sì 219
Hanno votato no 265).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Romani 1.7.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Romani. Ne ha facoltà.
PAOLO ROMANI. Signor Presidente, intervengo molto brevemente. Capisco che in una legge delega si debba lasciare al Governo la possibilità poi di scegliere al meglio in base a principi e criteri di carattere generale, ad ogni modo ho l'impressione che, in questo caso, l'aggettivo risulti un po' eccessivo.
Siccome vi è una normativa internazionale ed europea che prevede per i contratti una durata triennale, ho l'impressione che questo aggettivo «ragionevole» sia veramente troppo e che si tratti di una richiesta che nulla ha a che fare con quanto è stato affermato fino ad ora. Non c'entrano monopoli e risorse, è solamente un problema di certezza di contrattualizzazione e di un'indicazione al Governo un po' più cogente rispetto ad un aggettivo, che lascia poi la possibilità di decidere qualsiasi cosa.
Quindi, l'emendamento in questione mi sembra assolutamente ragionevole.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Romani 1.7, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 477
Votanti 476
Astenuti 1
Maggioranza 239
Hanno votato sì 214
Hanno votato no 262).
Prendo atto che i deputati Pedica e Ossorio non sono riusciti a votare ed avrebbero voluto esprimere un voto contrario. Pag. 76
Passiamo alla votazione dell'emendamento Pescante 1.8.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pescante. Ne ha facoltà.
MARIO PESCANTE. Signor Presidente, l'emendamento a mia firma è un punto nevralgico e concretizza con coerenza l'atteggiamento tenuto e più volte confermato dal gruppo di Forza Italia sul provvedimento. In esso si confermano il parere favorevole sulla commercializzazione in forma centralizzata e la contrarietà a delegare il Governo per stabilire le modalità di esecuzione, da rimettere invece all'autorità sportiva competente, sia pure vincolata al rispetto di criteri di carattere generale cui si deve attenere nella ripartizione degli utili.
L'intento del Governo è invece invasivo, perché stabilisce percentuali prestabilite, destinazioni preferenziali, quasi si trattasse della regolazione di fondi pubblici a soggetti pubblici mentre - come è noto - si tratta di denaro privato la cui titolarità, come la stessa authority competente ha dichiarato, appartiene alle società sportive. Non solo, ma la stessa authority prevede, addirittura, che la competenza per quanto riguarda la commercializzazione spetti alla Federcalcio anziché alla Lega, come da noi indicato in diversi emendamenti.
L'emendamento in esame, invece, fornisce indicazioni di carattere assolutamente generale, ma non generiche, sulla ripartizione dei profitti stabilendo in primo luogo il rispetto del principio di mutualità, con una quota attribuita in parti uguali a tutti i club; in secondo luogo una quota definita in base al bacino di utenza; in terzo luogo una quota ripartita in relazione ai risultati sportivi; infine, un fondo residuale da destinare all'incentivazione dei vivai delle società sportive.
Ecco il modo (mi scuso se lo affermo con un pizzico di presunzione) con cui avremmo potuto affrontare questo delicato tema, senza dare la sensazione - e non è solo una sensazione - di un'invasione di campo, per adoperare un termine sportivo, che non sospende la partita ma che, in maniera assai deplorevole per l'autonomia dello sport, ne condiziona il risultato.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Del Bue. Ne ha facoltà.
MAURO DEL BUE. Signor Presidente, mi asterrò sull'emendamento in esame per due motivi. Il primo è che non mi convince che una norma possa fissare quote senza quantificarle, come se, per fare un esempio, 1 e 99 fossero la stessa cosa: ciò anche alla luce del fatto che sono state le società sportive a sensibilizzare il Parlamento per giungere ad una norma sulla centralizzazione dei diritti televisivi, considerata la difficoltà a raggiungere un accordo tra loro. Sarebbe veramente inusitato che rimandassimo questo tema a loro perché, dopo che non sono stati capaci di raggiungere un accordo in questo contesto legislativo, lo facessero alla luce di una disposizione così generica.
Il secondo motivo riguarda il concetto di mutualità, che viene stabilito soltanto in relazione alle società, alle squadre partecipanti e aderenti alla Lega di serie A e di serie B. Invece, ritengo che il concetto di mutualità debba valere anche per le squadre che partecipano alle serie inferiori e per le società dilettantistiche, che sono veramente penalizzate dalla televisione a pagamento, perché mentre si svolge la competizione sportiva in un campetto di periferia, nello stesso momento in televisione viene trasmessa, a poco prezzo, una partita del campionato di serie A.
Queste squadre sono le uniche che hanno un danno dalla presenza della televisione a pagamento, naturalmente fino a quando non si stabilirà un concetto largo di mutualità, quindi una forma di risarcimento anche alle piccole società, non solo a quelle della massima serie che attualmente hanno minori introiti nella ripartizione dei diritti televisivi, ma anche a quelle delle serie inferiori e dilettantistiche che hanno un danno dalla presenza della televisione a pagamento. Grazie (Applausi dei deputati del gruppo Democrazia Cristiana-Partito Socialista).Pag. 77
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Del Bue. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rusconi. Ne ha facoltà.
ANTONIO RUSCONI. Signor Presidente, come è accaduto anche nella scorsa giornata, mi corre l'obbligo di ricordare ai colleghi Pescante e Romani quello che è stato il percorso, l'iter del provvedimento in questi mesi, perché come maggioranza non avremmo interesse a ribattere ad ogni punto, ma sono state illustrate delle enunciazioni talmente errate (e ci dispiace che questo sia avvenuto da parte di persone indubbiamente competenti di sport, come l'onorevole Pescante) che secondo me rovinano il clima costruttivo in cui si sono svolti sia i lavori, sia le audizioni in Commissione in Commissione, come ha ricordato prima un esponente dell'opposizione, l'onorevole Del Bue.
Io non capisco, dopo l'intervento dell'onorevole Pescante, dove siano indicate le quote nel provvedimento in discussione. Non le leggo, so che gran parte della discussione è avvenuta proprio per togliere le quote, ma troviamo legittimamente quote e percentuali soltanto negli emendamenti dell'onorevole Caparini della Lega Nord, a favore della Lega dilettanti e dei vivai.
Troviamo dunque le quote negli emendamenti dell'opposizione. Allora, ci si domanda a cosa siano serviti i lavori della Commissione. Sono serviti innanzitutto a recepire alcuni dati che il mondo dello sport e quello del calcio avevano richiesto. Non si parla più di percentuali, ma di una percentuale prevalente, il che rappresenta un dato incoerente con tutto il mondo europeo.
Perché non parliamo di qual è il quadro europeo, di quanto ci ha riferito Arnaut in Commissione? Perché non diciamo che nel quadro europeo, con la sola eccezione temporanea della Spagna (temporanea, cioè a tempo limitato, in un campionato che oltretutto fa registrare un grande equilibrio come risultati) di fatto c'è una ripartizione del 50 per 100 fra tutte le società? Vogliamo vedere gli articoli che i giornali italiani hanno dedicato alla Premiere Ligue in questi giorni? Vogliamo fare l'esempio dell'Inghilterra, dove si dice: «Premiere Ligue, ricca e felice con i diritti TV venduti nel mondo, un affare di 4 miliardi di euro distribuiti collettivamente»? Voglio allora ricordare un altro dato: sembra da numerosi interventi che si sia voluto, da parte della maggioranza, volere a tutti i costi portare in aula questo provvedimento così come era.
Vi invito allora a leggere come era questo provvedimento in origine, ma soprattutto a ricordare, per onestà, per rispetto al tempo e al lavoro di tutti coloro i quali sono stati sempre presenti alle sedute della Commissione, il percorso che abbiamo cercato di fare per arrivare a discuterlo e ad approvarlo in sede legislativa. La sede legislativa, nel merito, non è stata rifiutata né dal Governo, né dalla maggioranza. Essa è stata rifiutata, nel merito, dall'opposizione. Spero di poterlo dire per l'ultima volta. Infine, un ultimo dato: il rinviare al Senato non è una premessa o una promessa al futuro, ma significa che nessuno più di noi desidera che ci sia democrazia nei media in questo paese.
Vorremmo solo che a questo dato - che ci preme molto e che siamo disponibili a migliorare nel settore dello sport - fosse sensibile tutta l'Assemblea; infatti, nel tentativo di rinviare l'esame di questo provvedimento, di posporlo al cosiddetto disegno di legge Gentiloni e di non farlo giungere alla fase della discussione noi vediamo solo il tentativo, come ha ricordato dianzi il collega Giulietti, di difendere dei privilegi anziché di volere una maggiore democrazia (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Pescante 1.8, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Pag. 78
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 476
Votanti 474
Astenuti 2
Maggioranza 238
Hanno votato sì 216
Hanno votato no 258).
Passiamo all'emendamento Paniz 1.52...
MAURIZIO PANIZ. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MAURIZIO PANIZ. Annuncio il ritiro del mio emendamento 1.52.
PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo all'emendamento Paniz 1.51
MAURIZIO PANIZ. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MAURIZIO PANIZ. Ritiro anche il mio emendamento 1.51, signor Presidente.
PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo all'emendamento Ciocchetti 1.37.
LUCIANO CIOCCHETTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCIANO CIOCCHETTI. Anch'io, signor Presidente, ritiro il mio emendamento 1.37.
PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Ciocchetti 1.203 e Pescante 1.204.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bono. Ne ha facoltà.
NICOLA BONO. Signor Presidente, la disponibilità del Governo e della maggioranza ad esprimere parere favorevole su queste proposte emendative potrebbe essere accolta senza alcun intervento addivenendo tacitamente all'espressione del voto; ma, siccome siamo contrari ad ogni offesa alla pubblica intelligenza, vorremmo chiarire la questione sottostante, anche rispondendo al collega Rusconi che continua a parlare di mirabolanti decisioni operate dalla Commissione in favore degli emendamenti dell'opposizione. Invito, al riguardo, i colleghi a leggere sullo stampato il testo finale giunto all'esame dell'Assemblea a fronte di quello originario e ad individuare così le parti modificate - riportate in neretto sullo stampato - e, soprattutto, la loro consistenza.
Ebbene, gli emendamenti incidono su una formulazione contenuta nel testo; verrebbero infatti sostituite le parole «anche attraverso» con le seguenti «prioritariamente attraverso». Ciò è importante in quanto stiamo parlando della titolarità da parte della Lega della competenza ad intervenire in ordine alla ripartizione delle risorse. Quindi, l'espressione «prioritariamente» è importante; essa confligge però con la previsione, stabilita nella norma, della quota prevalente da assegnare alle società in modo che sia una quota identica. Conseguentemente, la Lega, da un lato, con l'approvazione di questi emendamenti, ha una priorità nella ripartizione; dall'altro, incontra però un nuovo limite in quanto tale priorità comunque deve coniugarsi con la prevalenza dell'assegnazione delle quote in parti uguali a tutte le squadre.
Dunque, Alleanza Nazionale ha presentato un'altra proposta emendativa che discuteremo tra breve e che prevede invece una ripartizione più corretta dei diritti televisivi delle società sportive in modo che vi siano una quota, che noi abbiamo indicato nel 40 per cento, da dividere in parti uguali; un'altra quota, che abbiamo indicato in non meno del 5 per cento, da destinare a scopi di mutualità. Nel provvedimento la mutualità appare solamente come dichiarazione di principio, ma non è stabilito da nessuna parte di quale entità debba essere lo sforzo da compiere per la mutualità (lo sforzo, quindi, per alimentare Pag. 79i vivai giovanili, per sostenere lo sport calcistico dilettantistico o quant'altro); noi appunto lo prevediamo in una misura non inferiore al 5 per cento; la rimanente parte è da distribuire tra le società in ragione dei risultati e del bacino di utenza. Consideriamo questa visione più coerente e riteniamo quindi di doverci astenere dal voto sugli emendamenti che stiamo discutendo, perché si tratta di proposte sostanzialmente svuotate di contenuto e soprattutto non coerenti con l'impostazione che Alleanza Nazionale ha dato alla materia.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ciocchetti. Ne ha facoltà.
LUCIANO CIOCCHETTI. Signor Presidente, colleghi, io credo che l'emendamento 1.203, anche se sembra intervenire soltanto su poche parole, cambi sostanzialmente l'impianto dirigista ed ideologico assunto dal Governo nel disegno di legge.
Il lavoro fatto in Commissione, che io riconosco ed ho riconosciuto anche nel mio intervento iniziale, così come negli interventi fatti nel corso di questo dibattito sui vari emendamenti, ha consentito di migliorare notevolmente il testo presentato dal Governo.
Su questo, infatti, non sono d'accordo al cento per cento con il collega Bono. Il testo è stato modificato in quanto quello originario prevedeva, addirittura, delle quote di ripartizione. Non sono d'accordo con le proposte fatte anche da alcuni colleghi dell'opposizione, secondo le quali la legge dovrebbe definire tali quote di ripartizione. Infatti, questo significherebbe minare l'autonomia dello sport e quella del soggetto organizzatore del campionato di calcio.
Una legge deve stabilire dei paletti e dei principi su cui poi, in qualche modo, chi deve agire, secondo un principio di vera sussidiarietà, interviene per definire i criteri di ripartizione precisi. L' avverbio proposto nell'emendamento in esame, ossia «prioritariamente», dal punto di vista dello sport e del calcio, cambia sostanzialmente il testo originario del disegno di legge ed anche la logica che presiede alla decisione su come ripartire le risorse.
È giusto mantenere una clausola di salvaguardia in capo al Governo, se la Lega calcio non dovesse, in un certo lasso di tempo - circa sei mesi -, definire complessivamente quanto di sua competenza. Credo che l'approvazione di questo emendamento da parte dell'Assemblea consentirebbe al mio gruppo di cambiare il proprio orientamento di voto rispetto a quello contrario espresso in Commissione. Avremmo voluto arrivare ad esprimere un voto favorevole, perché noi siamo d'accordo sul principio di massima, che è quello della centralizzazione degli acquisti dei diritti e della possibilità che il soggetto organizzatore del campionato di calcio possa regolare e definire un meccanismo più equilibrato che tolga molti lacci e lacciuoli, gli stessi che hanno finora favorito soltanto alcune società di calcio e che hanno creato delle posizioni dominanti nel settore.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO LEONI (ore 18,05)
LUCIANO CIOCCHETTI. Riteniamo quindi che il provvedimento, così come corretto e modificato anche attraverso l'approvazione di questo emendamento, raggiunge - certamente per la parte sportiva - l'obiettivo che ci eravamo proposti, vale a dire salvaguardare l'autonomia dello sport e del soggetto organizzatore del campionato di calcio, nella ripartizione dei diritti televisivi e dei relativi introiti tra le società partecipanti ai campionati.
Quindi, come gruppo dell'UDC, preannuncio il cambiamento dell'orientamento di voto sull'intero provvedimento. Speravamo di poter giungere ad esprimere un voto favorevole, se solo fosse stata considerata anche l'altra questione di cui abbiamo parlato prima. Comunque, proprio perché vi è stato un riconoscimento dell'autonomia dello sport, arriveremo a dare un voto di astensione sul provvedimento che spero, poi, possa aprire la strada ad ulteriori miglioramenti, per la parte relativa Pag. 80alle questioni più strettamente televisive, nel corso dell'esame al Senato.
Credo che votare ora a favore di questo emendamento sia un fatto importante, perché esso cambia sostanzialmente la logica stessa posta alla base del ruolo assegnato al soggetto organizzatore dei campionati di calcio dalla legge che il Parlamento si appresta ad approvare.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Pescante. Ne ha facoltà.
MARIO PESCANTE. Sicuramente l'accettazione di questo emendamento dimostra una certa disponibilità, che intendo riconoscere al presidente della Commissione Folena e al sottosegretario Lolli, ma, se mi consentite, anche una certa resipiscenza sull'orientamento originario, che è stato bene espresso dal collega Rusconi, al quale vorrei riservare una brevissima replica, anche se siamo in sede di dichiarazione di voto sugli identici emendamenti 1.203 e 1.204.
A proposito dell'accoglimento di questa nostra proposta emendativa, ho detto che siamo di fronte ad un atto di resipiscenza: quindi, un passo avanti è stato fatto, ma si tratta di un passo, per così dire, trattenuto. Per questo, non mi sento di condividere il commento positivo del collega Ciocchetti, che, addirittura, vi intravede un cambiamento di tutto l'impianto per il solo fatto che viene inserita nel testo la parola «prioritariamente». Certo questa aggiunta è importante, perché indica che viene riconsegnato all'ordinamento sportivo e alla Lega calcio il compito di intervenire, ma il passo avanti è frenato, caro Rusconi, dalle percentuali previste con riferimento alle quote. Voi sapete dove ho letto la percentuale? Nel termine «prevalente», che, se non sbaglio - e per quanto si voglia arzigogolare - significa almeno il 50 per cento. E questa non è forse una percentuale?
Inoltre, i riferimenti, al mondo internazionale, caro Rusconi, fanno fatti in termini completi! È vero che negli altri paesi sono previste la centralizzazione e quote di cospicua entità in favore di tutte le società, ma ciò che differenzia il disegno di legge in esame dalle normative vigenti nel resto dei paesi europei è che nessuna di tali normative ha imposto la percentuale: questa è stata decisa, in autonomia, dall'autorità sportiva.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI (ore 18,10)
MARIO PESCANTE. Lo Stato si è limitato, in soli due paesi, a dare indicazioni in ordine alla centralizzazione. Per il resto, l'ordinamento sportivo è rimasto autonomo nelle sue decisioni. In questo disegno di legge, invece, è prevista una percentuale, svelata appunto dalla parola «prevalente» contenuta nel testo.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Ciocchetti 1.203 e Pescante 1.204, accettati dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 475
Votanti 428
Astenuti 47
Maggioranza 215
Hanno votato sì 424
Hanno votato no 4).
Prendo atto che le deputate Nicchi, Pelino e Mistrello Destro non sono riuscite ad esprimere il proprio voto.
È pertanto precluso l'emendamento Pescante 1.59. Pag. 81
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Pescante 1.63, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 477
Maggioranza 239
Hanno votato sì 220
Hanno votato no 257).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Pescante 1.62, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 480
Maggioranza 241
Hanno votato sì 221
Hanno votato no 259).
Prendo atto che la deputata Dato non è riuscita ad esprimere il proprio voto.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Bono 1.95.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bono. Ne ha facoltà.
NICOLA BONO. Con questo emendamento, come accennavo in precedenza, poniamo l'obiettivo di prevedere una quota non inferiore al 40 per cento della somma complessivamente riscossa, in ordine ai diritti televisivi delle società calcistiche, da distribuire in quote uguali tra tutti i soggetti che partecipano al campionato. L'emendamento va valutato in modo conforme e coordinato con una successiva proposta che prevede l'assegnazione del 5 per cento per scopi di mutualità.
La norma, così come è stata strutturata, delegando il Governo a compiere una serie di interventi successivi, non fissa nessun limite minimo a favore della mutualità. Come gruppo di Alleanza nazionale, contestiamo pesantemente questa mancanza, anche perché, all'interno delle risorse derivanti dalla vendita dei diritti televisivi, una quota significativa non può non essere assegnata a sostegno delle attività giovanili, dei vivai e delle società dilettantistiche, ossia a favore di quelle centinaia di migliaia di soggetti che, in Italia, quotidianamente, svolgono attività sportiva nell'ambito del calcio.
Ecco perché insistiamo per una valutazione positiva di questa proposta da parte dell'Assemblea.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Del Bue. Ne ha facoltà.
MAURO DEL BUE. Signor Presidente, l'onorevole Pescante ha ragione quando sostiene che l'aggettivo «prevalente» rimanda comunque ad una quantificazione, se la lingua italiana - che vogliamo far entrare nella nostra Costituzione - ha un significato. È vero: tuttavia, è anche vero che l'emendamento che sostituisce alla parola «prevalente» l'espressione «non inferiore al 40 per cento», rimanda comunque, in realtà, ad una quantificazione, sia pure inferiore a quella sottesa alla parola «prevalente» (l'italiano penso di conoscerlo abbastanza bene!), presente nel disegno di legge (in particolare alla lettera h) del comma 3)!
Lo stesso gruppo della Lega nord Padania, nei suoi emendamenti, propone una quantificazione ancora più rigida delle quote: una quota pari al 10 per cento per la mutualità alle società dilettantistiche. Devo dare atto a quel gruppo, ed ai suoi emendamenti, di aver posto con forza l'esigenza della mutualità, del risarcimento per le piccole società e, soprattutto, per il mondo dilettantistico.
Mettere però il Parlamento di fronte ad una scelta tra l'espressione «prevalente», l'espressione «una quota non inferiore al 40 per cento» o la quantificazione prevista negli emendamenti del gruppo della Lega nord mi pare un po' azzardato.Pag. 82
Bisognerebbe, in conclusione, se il Governo ha intenzione di modificare questo disegno di legge al Senato, tener presente, in particolare, il concetto della mutualità e del risarcimento che mi sono permesso di introdurre anche nel dibattito parlamentare.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bono 1.95, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 473
Votanti 437
Astenuti 36
Maggioranza 219
Hanno votato sì 152
Hanno votato no 285).
Prendo atto che il deputato Boato non è riuscito ad esprimere il proprio voto.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Goisis 1.110.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Caparini. Ne ha facoltà.
DAVIDE CAPARINI. Signor Presidente, i diritti sono soggettivi; pertanto, se decidiamo, come tutti auspichiamo, di arrivare alla contrattazione collettiva, vi deve essere un interesse più generale, che giustifichi la compressione della libertà delle società: l'interesse generale, secondo noi, è la mutualità interna al sistema.
Con questo emendamento chiediamo che vengano valorizzati i principali protagonisti del calcio e dello sport in generale, vale a dire i calciatori. È per questo motivo che chiediamo interventi e una quota specifica ben determinata a favore del calcio giovanile e dei vivai e prevediamo di misurarne i risultati attraverso i minuti giocati dai calciatori in prima squadra.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Goisis 1.110, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 473
Votanti 405
Astenuti 68
Maggioranza 203
Hanno votato sì 113
Hanno votato no 292).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bono 1.96, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 475
Votanti 440
Astenuti 35
Maggioranza 221
Hanno votato sì 181
Hanno votato no 259).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Caparini 1.107.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Caparini. Ne ha facoltà.
DAVIDE CAPARINI. Signor Presidente, si tratta dell'ultimo emendamento, proposto dalla Lega nord, che possiamo discutere, in quanto è stata applicata dalla Presidenza della Camera quella norma restrittiva del regolamento che non ci ha consentito di discutere tutti i nostri emendamenti in materia.
È l'ultima possibilità che abbiamo per destinare una quota prefissata favore dello Pag. 83sport di base, delle associazioni dilettantistiche, di tutti coloro che, giornalmente, contribuiscono alla realizzazione ed al mantenimento di quei valori fondamentali dello sport che devono essere, da parte di questo Parlamento, sostenuti.
Il modo migliore per sostenerli è proprio l'approvazione dell'emendamento in esame, che destina una quota del 10 per cento dei proventi derivanti dalla contrattazione collettiva dei diritti di trasmissione alla Lega nazionale dilettanti, che abbiamo individuato quale organismo-principe cui attribuire tali risorse...
PRESIDENTE. Onorevole Caparini, concluda!
DAVIDE CAPARINI. ...per favorire il recupero del disagio sociale, nonché per organizzare iniziative di promozione sportiva.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Caparini 1.107, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 476
Votanti 467
Astenuti 9
Maggioranza 234
Hanno votato sì 109
Hanno votato no 358).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.502 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 480
Votanti 473
Astenuti 7
Maggioranza 237
Hanno votato sì 449
Hanno votato no 24).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bono 1.97, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 479
Votanti 475
Astenuti 4
Maggioranza 238
Hanno votato sì 215
Hanno votato no 260).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Pescante 1.64.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pescante. Ne ha facoltà.
MARIO PESCANTE. Signor Presidente, vorrei evidenziare che si tratta di un argomento molto delicato, sul quale chiederei anche l'attenzione dei colleghi della maggioranza.
Il mio emendamento si differenzia dalle altre proposte emendative che prevedono la destinazione di una quota degli utili in favore dei vivai giovanili, perché queste si fondano su indicazioni generiche. I vivai, come è noto, hanno - o meglio, dovrebbero avere - la duplice finalità di reclutare e preparare le leve del futuro e, al contempo, di svolgere la funzione, di grande rilievo sociale, di diffondere la pratica dello sport, sostituendo spesso una pratica sportiva scolastica che risulta latitante. Pag. 84
Ho detto «dovrebbero» poiché negli ultimi anni, in assenza di incentivi, essi hanno smarrito la loro funzione originaria. Dopo la sentenza Bosman, ormai, le società trovano molto più conveniente comprare all'estero giovani già affermati, anziché finanziare i propri vivai nell'incertezza di poter contare, un giorno, su atleti promettenti formati «in casa».
L'aspetto più preoccupante e moralmente riprovevole, tuttavia, è che stiamo assistendo ad una nuova «tratta degli schiavi», con la compravendita di giovanissimi calciatori, provenienti dal continente africano, i quali vengono importati come qualunque bene da commerciare con finalità di lucro.
Si tratta di ragazzi di verde età che vengono «saccheggiati» dai paesi d'origine con la chimera di futuri contratti milionari. La realtà è che, in grandissima percentuale, questi giovani sono restituiti «disadattati» ai paesi d'origine, dopo tentativi inutili di inserirli nel «supermercato» europeo del calcio professionistico.
Il fenomeno è molto più diffuso di quanto si creda, ed i ragazzi africani che vedete in gran numero far parte delle nostre squadre di provincia, nei tornei giovanili, non sono i figli delle comunità di emigrati nel nostro paese, come si vuol far credere, ma le vittime di questa sorta di racket.
Da qui, la necessità di incentivare i nostri vivai, aiutandoli con mezzi finanziari autonomi ma legati alla loro produttività. Al fine di parametrare e misurare la loro capacità di reclutamento, l'emendamento in esame prevede riconoscimenti per chi schiera in campo un certo numero di atleti formati nei vivai giovanili nazionali.
Non c'è interferenza con l'autonomia gestionale dello sport italiano, perché questo emendamento ricalca totalmente il testo di una delibera non attuata, per mancanza di fondi, da parte del comitato olimpico nazionale italiano.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Del Bue. Ne ha facoltà.
MAURO DEL BUE. Signor Presidente, vorrei sensibilizzare l'Assemblea su questo emendamento proposto dall'onorevole Pescante, che giudico giusto ed opportuno. Chi conosce i vivai delle squadre di calcio, anche delle serie inferiori, sa benissimo che ormai sono popolati da un numero consistente di giovanissimi atleti extracomunitari, che provengono generalmente dall'Africa.
È ben vero che, come dice una bella canzone, «uno su mille ce la fa», ma gli altri 999 che non entrano nella competizione agonistica nazionale, nelle grandi serie, che non giocano e non sfondano nel calcio italiano, che fine fanno poi? Come vengano trattati in Italia? Troveranno un lavoro? Torneranno nel loro paese di origine? Insomma, siamo di fronte ad una vicenda che viene definita una vera e propria «tratta degli schiavi»: si va in Africa, si comprano cento giovani, si portano in Italia e si distribuiscono tra le società dilettantistiche, tra i vivai delle grandi società. Ma tutti coloro che non ce la fanno che fine fanno? Sono seguiti? Provocano problemi di sicurezza nelle nostre città, perché, non trovando lavoro, magari si dedicano ad altre attività illegali? Questi sono problemi gravi.
Fare in modo che venga incentivato il vivaio, attraverso un sostegno da parte dello Stato per coloro che dispongono, in misura sufficiente, in una quantità - uso il termine di prima - almeno prevalente, se non esclusiva, di atleti locali e nazionali, mi sembra assolutamente giusto e giustificato.
Ringrazio Pescante che ha introdotto questo argomento che mi sta molto a cuore (Applausi dei deputati del gruppo Democrazia Cristiana-Partito Socialista).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Pescante 1.64, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.Pag. 85
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 473
Votanti 442
Astenuti 31
Maggioranza 222
Hanno votato sì 189
Hanno votato no 253).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bono 1.98, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 482
Maggioranza 242
Hanno votato sì 224
Hanno votato no 258).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Pescante 1.9, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 474
Maggioranza 238
Hanno votato sì 218
Hanno votato no 256).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Pescante 1.10, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 482
Votanti 452
Astenuti 30
Maggioranza 227
Hanno votato sì 194
Hanno votato no 258).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Barbieri 1.35, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 482
Votanti 430
Astenuti 52
Maggioranza 216
Hanno votato sì 119
Hanno votato no 311).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Pescante 1.60 non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 482
Votanti 449
Astenuti 33
Maggioranza 225
Hanno votato sì 188
Hanno votato no 261).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Romani 1.61.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Romani. Ne ha facoltà.
PAOLO ROMANI. Signor Presidente, questo mi sembra un emendamento più di coordinamento che altro. Probabilmente la data che viene prevista alla lettera n) è anche frutto del fatto che il disegno di legge è stato presentato il 27 luglio 2006 e, quindi, assai recentemente. Ci sembrava molto più corretto prevedere semplicemente alla lettera n) la dizione: «dell'entrata in vigore della presente legge».
Comunque, colgo l'occasione per concludere una serie di ragionamenti fatti precedentemente. Mi sembra che il dibattito di oggi sia un po' a futura memoria rispetto a quanto poi dovrebbe o potrebbe avvenire al Senato. Se dovessero intervenire dei cambiamento al Senato, questo provvedimento tornerà alla Camera.
Vorrei dare una risposta anche all'intervento dell'onorevole Giulietti, citato da più colleghi, che ha parlato di «cartellino rosso». Concordo sulla necessità di regole precise che devono essere rispettate anche con i cartellini rossi. L'importante è che le squadre possano scendere in campo e giocare fino in fondo la partita prevista in cartellone. Il problema è, certamente, l'esistenza di numerosi divieti in questo settore che devono essere osservati, ma è anche quello di garantire ai competitor di questo stesso settore di giocare la partita fino in fondo. La partita è quella della comunicazione.
L'intervento finale sarà svolto dall'onorevole Pescante. Mi auguro, ministro Gentiloni e ministro Melandri, che quanto è stato affermato quest'oggi e nelle giornate precedenti possa costituire spunto di riflessione per ciò che potrebbe o potrà accadere al Senato. Purtroppo, siamo costretti ad esprimere voto contrario su questo provvedimento. Come affermava in precedenza l'onorevole Ciocchetti, avremmo potuto anche modificare il nostro voto, nel senso di una astensione, ma il totale diniego da parte del Governo di qualsiasi modifica non ci consentirà questo passaggio. Il provvedimento avrebbe potuto essere fondamentale per ristabilire il principio della mutualità nel mondo del calcio e per la quantità di risorse che, con regole più precise, avrebbero potuto essere messe a disposizione di quel settore. Tutto ciò non è accaduto. Ci auguriamo che al Senato - è un dibattito a futura memoria - queste proposte potranno essere accolte. Ne discuteremo di nuovo in Assemblea, quando il provvedimento tornerà al suo esame.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Romani 1.61, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 491
Votanti 476
Astenuti 15
Maggioranza 239
Hanno votato sì 211
Hanno votato no 265).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Bono 1.100.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bono. Ne ha facoltà.
NICOLA BONO. Signor Presidente, con questo emendamento si pone un altro problema estremamente serio di questo disegno di legge: la sua decorrenza. Prima delle grida manzoniane, prima di affermare principi che, di fatto, non producono effetti giuridici, occorre stabilire a partire da quale momento questa legge dovrà cominciare a produrre i suoi effetti. In precedenza, è stata sottoposta a votazione una serie di emendamenti che prevedevano diverse scadenze. In tutte queste votazioni, il gruppo di Alleanza Nazionale si è astenuto proprio in attesa di esaminare questo emendamento, che abbiamo proposto e che ha una sua logica. Infatti, l'obiettivo della nostra proposta emendativa è quello che tutte le pendenze contrattuali in essere con l'entrata in vigore della legge siano considerate scadute entro Pag. 87il 1o luglio 2008. Si può discutere se il termine debba essere fissato al 1o luglio 2008, al 1o luglio 2007 o al 31 dicembre di un altro anno. Però, una cosa è certa: è necessario che la data sia stabilita per legge e non sia neppure rinviata, come nel testo che stiamo esaminando, a una trattativa successiva. Una trattativa con chi, perché e attraverso quali meccanismi?
Allora, delle due, l'una. Noi possiamo approvare una legge perché siamo convinti del fatto che uno dei presupposti fondamentali per restituire legalità e correttezza al sistema del calcio sia quello della vendita collettiva dei diritti televisivi. Quindi, dobbiamo stabilire che le pendenze contrattuali sono da considerare scadute dal momento in cui entra in vigore la norma che approviamo, che auspichiamo e di cui siamo convinti. Altrimenti, prendiamo atto che la norma non è poi così importante e che non è di fondamentale rilievo approvare questo elemento di equità all'interno del sistema. Allora avremmo potuto anche astenerci dall'approvazione della normativa. Infatti, non si varano leggi senza stabilire la decorrenza degli effetti giuridici delle stesse.
Ecco perché, su questo tema, che non ha visto confronto né dibattito, a mio avviso, ci si deve confrontare anche in considerazione del fatto che con riferimento all'argomento dell'ultimo emendamento che abbiamo presentato - che riguarda l'abolizione del fine di lucro da parte delle società - rischiamo di perdere un'occasione storica, vale a dire quella di garantire al calcio norme impermeabili alle operazioni truffaldine ed di malaffare che ciclicamente lo investono.
I due postulati attorno ai quali si doveva costruire un sistema di maggiore trasparenza e correttezza erano, da un lato, la vendita collettiva dei diritti delle società calcistiche e, dall'altro, l'abolizione del sistema di lucro. Non vorrei che alla fine di questa lunga giornata si fosse data vita ad una norma che non prevede l'abolizione del fine di lucro e che lascia senza data la decorrenza degli effetti della cessione collettiva dei diritti.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bono 1.100, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 475
Votanti 339
Astenuti 136
Maggioranza 170
Hanno votato sì 78
Hanno votato no 261).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Pescante 1.66.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pescante. Ne ha facoltà.
MARIO PESCANTE. Signor Presidente, colleghi, l'emendamento in esame intende fornire una risposta alle preoccupazioni di quanti ritengono che, senza una delega al Governo e senza stabilire criteri rigorosi e dettagliati sulla distribuzione dei proventi e dei diritti televisivi, il mondo del calcio - così come, per la verità, ha dimostrato in passato - sarebbe inadempiente.
L'emendamento in esame ci ricorda che non serve una delega al Governo per sostituirsi agli organi sportivi inadempienti, in quanto esistono già strumenti legislativi ad hoc, rappresentati dal potere di vigilanza che la Federazione calcio ha nei confronti della Lega, che il CONI ha sulla Federazione calcio e che il Ministero per le politiche giovanili e le attività sportive ha nei confronti dell'intera organizzazione sportiva.
Laddove si ritenesse che il potere di vigilanza non fosse uno strumento sufficiente - e a tale riguardo ho qualche dubbio -, in ogni caso, in questo emendamento, si indica una ulteriore soluzione, in quanto è insita nel potere di vigilanza la nomina di un commissario ad acta in caso di inadempienza.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Pescante 1.66, non accettato dalla Commissione né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 490
Votanti 461
Astenuti 29
Maggioranza 231
Hanno votato sì 193
Hanno votato no 268).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1, nel testo emendato.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 491
Votanti 456
Astenuti 35
Maggioranza 229
Hanno votato sì 276
Hanno votato no 180).
Passiamo alla votazione dell'articolo aggiuntivo Bono 1.03.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bono. Ne ha facoltà.
NICOLA BONO. Con l'articolo aggiuntivo in esame abbiamo posto il secondo pilastro della costruzione sulla quale si doveva realizzare una condizione di maggiore trasparenza e correttezza del sistema calcistico nazionale.
La Commissione cultura, all'inizio della legislatura, ha avviato un'indagine conoscitiva, non appena scoppiato l'ennesimo fenomeno di Calciopoli e, in quell'occasione, ci siamo ritrovati ad approfondire una serie di ragioni che si possono riassumere sostanzialmente in due aspetti.
Da un lato, un sistema distorto in seguito alla cessione soggettiva dei diritti (non a caso, introdotta da una norma del 1999 in pendenza del Governo di centrosinistra dell'epoca); dall'altro, (tale critica era alla base, com'è stato sostenuto da molti, della realizzazione delle condizioni di assenza di trasparenza e di permeabilità ad azioni illegali), l'introduzione del principio del fine di lucro da parte delle società sportive. Anche questa norma è stata introdotta con la legge 18 novembre 1996, n. 586 (Governo di centrosinistra; ministro per i beni culturali, Veltroni), che contiene un elemento che ha distorto, dalle fondamenta, il senso stesso della funzione della società sportiva.
La società sportiva, cui viene riconosciuta la possibilità di perseguire fini di lucro (che, quindi, ottiene anche l'iscrizione nel listino di borsa), ha il dovere, soprattutto in una realtà degradata dal punto di vista economico, come quella italiana, per quanto riguarda la capitalizzazione delle società sportive calcistiche, di ottenere risultati positivi ogni domenica! Questo è il senso dell'elemento che rompe l'equilibrio e che rende permeabile il sistema alle attività illecite!
Qual è la differenza tra le società sportive italiane e quelle straniere? Si sostiene che in tutta Europa le società sportive perseguono il fine di lucro, riconosciuto dalla legge; ma altrove le società sportive hanno una consistenza matrimoniale di ben altro tipo! Sono proprietarie degli stadi; le entrate delle società sportive inglesi, olandesi, spagnole e turche sono basate non solo sull'incasso dei diritti televisivi, ma anche sul merchandising, sulla gestione degli stadi (in Europa, alcuni stadi sono veri e propri centri commerciali), con una serie di attività economiche collaterali, che sono la sostanza della gestione economica delle società! In quel caso, è normale che le società possano essere quotate.
In Italia, invece, dove abbiamo una volatilità dei ricavi, dove, in alcuni casi, Pag. 89l'80 per cento degli introiti di una società sportiva è costituito dalla cessione dei diritti televisivi (ma non si va al di sotto del 50 per cento come entità di ricavo), dove c'è una scarsa patrimonialità delle società, dove non c'è neanche la proprietà fisica dello stadio, dove esistono rigidità nella struttura dei costi e forti e strutturali squilibri finanziari, non è pensabile mantenere ancora in piedi il principio del fine di lucro!
Abbiamo presentato due articoli aggiuntivi in cui chiediamo la soppressione del fine di lucro e l'introduzione di una disciplina transitoria per gestire i prossimi tre anni dall'entrata in vigore della legge, per un'uscita leggera dal listino di borsa, in modo da tutelare anche i soci delle società.
Una cosa è certa: occorre che il Parlamento prenda atto che non basta fare una società sulla rendita collettiva dei diritti per risolvere il problema della permeabilità del sistema calcistico ai fenomeni illegali.
Occorre l'abolizione del fine di lucro. Per questo, invitiamo caldamente l'Assemblea a votare a favore dell'articolo aggiuntivo in esame.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Bono 1.03, non accettato dalla Commissione né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 475
Votanti 345
Astenuti 130
Maggioranza 173
Hanno votato sì 84
Hanno votato no 261).
(Esame degli ordini del giorno - A.C. 1496 ed abbinate)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A - A.C. 1496 sezione 2).
Qual è il parere del Governo?
GIOVANNI LOLLI, Sottosegretario di Stato per le politiche giovanili e le attività sportive. Il Governo non accetta gli ordini del giorno presentati, ad eccezione degli ordini del giorno Adenti n. 9/1496/3, che accetta; Garavaglia n. 9/1496/13, che accetta a condizione che ne sia accolta la riformulazione proposta nel senso di eliminare dal dispositivo le seguenti parole: «del numero dei giocatori schierati in prima squadra provenienti dal settore giovanile e di misure a vantaggio delle categorie inferiori»; Fugatti n. 9/1496/18, che accetta; e Bodega n. 9/1496/24, che accetta a condizione che ne sia accolta la riformulazione proposta nel senso di eliminare dal dispositivo le seguenti parole: «diverse dai diritti di trasmissione televisiva in forma codificata».
PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori degli ordini del giorno non accettati dal Governo insistono per la votazione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Pescante n. 9/1496/1, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 486
Votanti 482
Astenuti 4
Maggioranza 242
Hanno votato sì 219
Hanno votato no 263). Pag. 90
Prendo atto che la deputata Leddi Maiola non è riuscita a votare e che avrebbe voluto esprimere un voto contrario.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Li Causi n. 9/1496/2, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 491
Votanti 487
Astenuti 4
Maggioranza 244
Hanno votato sì 220
Hanno votato no 267).
Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno Adenti n. 9/1496/3, accettato dal Governo, non insistono per la votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Fava n. 9/1496/4, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 486
Maggioranza 244
Hanno votato sì 217
Hanno votato no 269).
Prendo atto che il deputato Grassi non è riuscito a votare e che avrebbe voluto esprimere un voto contrario.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Alessandri n. 9/1496/5, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 490
Votanti 487
Astenuti 3
Maggioranza 244
Hanno votato sì 217
Hanno votato no 270).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Bricolo n. 9/1496/6, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 491
Maggioranza 246
Hanno votato sì 221
Hanno votato no 270).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Caparini n. 9/1496/7, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 494
Maggioranza 248
Hanno votato sì 223
Hanno votato no 271).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Allasia n. 9/1496/8, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Pag. 91
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 497
Votanti 496
Astenuti 1
Maggioranza 249
Hanno votato sì 225
Hanno votato no 271).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Stucchi n. 9/1496/9, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 495
Maggioranza 248
Hanno votato sì 225
Hanno votato no 270).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Goisis n. 9/1496/10, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 488
Maggioranza 245
Hanno votato sì 223
Hanno votato no 265).
Prendo atto che il deputato Misuraca non è riuscito ad esprimere il proprio voto.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Cota n. 9/1496/11, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 489
Votanti 488
Astenuti 1
Maggioranza 245
Hanno votato sì 225
Hanno votato no 263).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. Pottino n. 9/1496/12, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 495
Votanti 493
Astenuti 2
Maggioranza 247
Hanno votato sì 225
Hanno votato no 268).
Prendo atto che l'onorevole Garavaglia accetta la riformulazione proposta dal Governo e non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1496/13.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Dozzo n. 9/1496/14, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 491
Maggioranza 246
Hanno votato sì 222
Hanno votato no 269). Pag. 92
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Dussin n. 9/1496/15, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 489
Maggioranza 245
Hanno votato sì 224
Hanno votato no 265).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Filippi n. 9/1496/16, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 489
Votanti 488
Astenuti 1
Maggioranza 245
Hanno votato sì 221
Hanno votato no 267).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Lussana n. 9/1496/17, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 484
Votanti 477
Astenuti 7
Maggioranza 239
Hanno votato sì 215
Hanno votato no 262).
Prendo atto che l'onorevole Fugatti non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1496/18, accettato dal Governo.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Giancarlo Giorgetti n. 9/1496/19, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 499
Votanti 494
Astenuti 5
Maggioranza 248
Hanno votato sì 222
Hanno votato no 272).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Gibelli n. 9/1496/20, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 494
Votanti 492
Astenuti 2
Maggioranza 247
Hanno votato sì 223
Hanno votato no 269).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Pini n. 9/1496/21, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Pag. 93
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 490
Maggioranza 246
Hanno votato sì 221
Hanno votato no 269).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Montani n. 9/1496/22, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 492
Votanti 466
Astenuti 26
Maggioranza 234
Hanno votato sì 193
Hanno votato no 273).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Brigandì n. 9/1496/23, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 495
Votanti 467
Astenuti 28
Maggioranza 234
Hanno votato sì 199
Hanno votato no 268).
Prendo atto che l'onorevole Bodega accetta la riformulazione proposta dal Governo e non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1496/24.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Maroni n. 9/1496/25, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 493
Votanti 468
Astenuti 25
Maggioranza 235
Hanno votato sì 199
Hanno votato no 269).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Grimoldi n. 9/1496/26, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 490
Votanti 487
Astenuti 3
Maggioranza 244
Hanno votato sì 221
Hanno votato no 266).
È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.
(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 1496 ed abbinate)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Beltrandi. Ne ha facoltà.
MARCO BELTRANDI. Il gruppo de La Rosa nel Pugno voterà a favore di questo provvedimento. Esso appare, per un verso, del tutto idoneo a garantire una maggiore competitività tra le squadre all'interno di un campionato, mediante la contitolarità dei diritti sportivi in capo alle squadre e all'organizzazione del campionato, con la gestione centralizzata del commercio dei diritti sportivi e con una ridistribuzione più equa di parte prevalente degli stessi tra le squadre. Anche se nel complesso positiva rispetto alla situazione odierna, non del tutto soddisfacenti appaiono i criteri della delega volti a rendere più trasparente ed efficace il mercato radiotelevisivo, di cui i diritti sportivi in Italia sono parte consistente. In particolare, con riferimento ai tre divieti che vengono indicati al legislatore delegato, se quello relativo alle diverse procedure e titoli per ogni piattaforma - con il divieto per un soggetto di partecipare a procedure inerenti a piattaforme su cui non può diffondere direttamente i contenuti - va nella direzione di scoraggiare fenomeni di pura intermediazione, per altro verso, il divieto di sublicenza all'interno della stessa piattaforma e l'assenza di un obbligo per la società aggiudicatrice di utilizzare i diritti acquisiti, diffondendo il contenuto ad essi relativi, può concorrere a distorcere la concorrenza, con danno potenziale alle piattaforme emergenti.
Siamo quindi certi, nel ribadire il voto favorevole de La Rosa nel Pugno, che il Governo, nell'esercizio della delega, negli ambiti di discrezionalità concessi dalla stessa, sarà prudente e lo farà in un confronto costante con tutti i soggetti interessati, al fine di rendere trasparente ed efficiente il mercato e per non penalizzare le piattaforme emergenti.
Ci auguriamo inoltre che la Lega calcio, gestore centralizzato della vendita, contemperi in modo felice le esigenze proprie dei club e della collettività, di vendere esclusive complete su singole piattaforme, e la necessità di «spacchettare» i diritti (Applausi dei deputati del gruppo La Rosa nel Pugno).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bono. Ne ha facoltà.
NICOLA BONO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento di cui stiamo completando la discussione e che tra poco voteremo, nasce da un'ispirazione e da una proposta avanzata nel corso della passata legislatura da Alleanza Nazionale, che già allora ha posto all'attenzione del Parlamento e del Paese l'esigenza di rimuovere una delle fondamentali cause di squilibrio che avevano ed hanno determinato difficoltà di gestione all'interno del sistema calcistico italiano.
Signor Presidente, mi chiedo se è possibile abbassare il volume, perché non vorrei disturbare i colleghi che stanno parlando...!
PRESIDENTE. Onorevole Bono, lei ha ragione. Onorevoli colleghi, per cortesia, non si riesce ad ascoltare gli interventi dagli oratori che stanno intervenendo per dichiarazione di voto finale.
Onorevole Bono, la prego di proseguire.
NICOLA BONO. Grazie, signor Presidente.
Quindi, si immagini la soddisfazione del gruppo di Alleanza Nazionale quando finalmente si sono create le condizioni per entrare nel merito di una nostra proposta e soprattutto per intervenire a risolvere uno degli aspetti più delicati della vita del sistema sportivo italiano. Infatti, il calcio è, tra l'altro, il cuore del sistema sportivo nazionale.
Pertanto, immaginate la delusione che proviamo adesso nell'essere costretti ad esprimere voto contrario su un provvedimento di legge ispirato e voluto da Alleanza Nazionale. Tuttavia, non possiamo votare a favore di un disegno di legge che la maggioranza ed il Governo hanno concepito sin dall'inizio in maniera provocatoria. Non vi era affatto bisogno di ricorrere all'istituto della delega al Governo su un provvedimento voluto dall'intero Parlamento, su cui vi era la generale convergenza Pag. 95da parte di tutti gruppi e su cui esisteva perfino la volontà di procedere in maniera veloce e spedita.
Di colpo, con un atto di violenza perpetrato dal Governo, si è voluto entrare «a gambe unite», per usare la terminologia relativa ad un fallo calcistico. Si è voluto rompere il meccanismo di armonia che stava montando per dare al Governo la presunta primogenitura, che tuttavia non gli apparteneva nella proposta, nei contenuti e neppure sul piano della sensibilità.
Ma non è soltanto questo il motivo per il quale il gruppo di Alleanza Nazionale ritiene di dover esprimere voto contrario. Infatti, esso ritiene che il provvedimento sia stato svuotato nei contenuti. Intanto, si tratta di una grande occasione persa, un'opportunità storica per far sì che si potessero introdurre nel mondo del calcio regole di impermeabilità ad ogni fenomeno illegale e ad ogni possibile azione truffaldina.
Se solo si fosse accettata l'impostazione di Alleanza Nazionale, che ha sempre sostenuto l'esigenza di intervenire contemporaneamente sui due versanti dove è stata registrata la necessità di rivisitazione normativa! Mi riferisco alla cessione dei diritti collettivi delle società sportive che stiamo sì approvando, ma in maniera svuotata di contenuto, e all'abolizione del fine di lucro per quanto riguarda le società sportive. Si tratta di due questioni che non sono scindibili, ma vanno di pari passo.
Com'è stato argutamente osservato, nel momento in cui si è introdotta la disciplina del fine di lucro si è modificata la legge sulla cessione dei diritti collettivi, che sono stati trasformati in diritti soggettivi. Infatti, era logico che le squadre, a quel punto trasformate in società per azioni, fossero messe nelle condizioni di concorrere alla massimizzazione degli utili in maniera singola e non più collettiva. Quindi, le due questioni si reggono a vicenda: se s'interviene su una non si può non intervenire sull'altra. Di contro, questa maggioranza ha voluto respingere la proposta emendativa che poneva termine al principio del fine di lucro, alla quotazione in borsa delle società calcistiche - un fatto ridicolo dal punto di vista economico e finanziario -, e ha mantenuto in piedi un pilastro che rende complicato e difficile, per il settore sportivo, procedere in maniera lineare.
Il principio è passato anche nel settore della vendita collettiva dei diritti e viene gestito attraverso una delega che rinvia a tempi e, soprattutto, a soggetti incerti la definizione e i modi di ripartizione delle quote.
Sono state respinte le proposte emendative presentate da Alleanza Nazionale che introducevano, in maniera equilibrata, il principio della corretta ripartizione tra quote da distribuire in maniera uguale alle società sportive e quote da distribuire in maniera difforme, in base al bacino d'utenza e ai risultati. Soprattutto, è stata approvata una norma vergognosa relativa alla garanzia di un sistema monopolistico nel settore della cessione dei diritti sportivi. In questo modo, la cessione collettiva dei diritti sportivi dovrà avvenire sulla base di piattaforme distinte, sapendo che c'é almeno una piattaforma - per l'esattezza quella satellitare - che vede presente un solo operatore, il quale agirà in condizioni di monopolio.
Non è stata definita la data di decorrenza del provvedimento per quanto riguarda la fine dei contratti in essere: insomma, si tratta di un grande pasticcio. Questa norma forse servirà a qualcuno per pavoneggiarsi nei confronti della stampa e del paese, facendo credere di aver risolto il problema della cessione collettiva dei diritti. In ogni caso, temo si tratti di una norma sbagliata, soprattutto di una norma »manifesto" che somiglia alle grida manzoniane, che non produrrà effetti concreti e che non rimuoverà le ragioni alla base della difficoltà di gestione del sistema calcistico italiano.
Per questi motivi, con rammarico e grande dispiacere - si tratta, infatti, di un'occasione perduta per il calcio e per il paese -, il gruppo di Alleanza Nazionale esprimerà il suo voto contrario nei confronti del disegno di legge in esame.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Li Causi. Ne ha facoltà.
VITO LI CAUSI. Signor Presidente, signori del Governo, onorevoli colleghi, il gruppo dei Popolari-Udeur, per le motivazioni che mi accingo ad illustrare, esprimerà un convinto sostegno al disegno di legge che delega il Governo a rivedere la normativa sulla titolarità e sulla commercializzazione dei diritti di trasmissione radiotelevisiva, o in altre reti di comunicazione elettronica, dei campionati di calcio e di tutti gli sport professionistici.
Dal 1o luglio 2007 i diritti televisivi saranno venduti collettivamente e per singola piattaforma di trasmissione.
La Lega calcio, contitolare dei diritti televisivi assieme ai singoli club calcistici, organizzerà gare d'acquisizione separate per assegnare i diritti per il digitale terrestre, per il satellite, per i TVfonini e per Internet.
Con il disegno di legge in esame nessun operatore televisivo potrà più partecipare ad una gara per l'assegnazione di diritti su una piattaforma che non esercita, modificando quanto accadeva prima, quando vi era chi acquistava i diritti di alcune squadre per tutte le piattaforme per poi rivendere quelli satellitari. In quel caso, infatti, l'Antitrust stabilì la violazione del divieto di abuso di posizione dominante e decise che si mantenesse l'esclusiva solo per il digitale terrestre e si cedessero a terzi gli altri diritti. Ciò è un buon passo in avanti e riteniamo che sia nella giusta direzione, poiché il passaggio dalla vendita individuale a quella collettiva potrà permettere una migliore e più equa ripartizione delle risorse tra i vari club.
La vendita di diritti televisivi nel calcio e negli altri sport di lega è, infatti, da qualche anno al centro di un acceso dibattito per i numerosi problemi che solleva dal punto di vista legale, non considerando il lato prettamente economico. La compravendita individuale si è dimostrata sempre più sbilanciata a favore delle grandi squadre di calcio, penalizzando così la posizione anche finanziaria delle società medio piccole e, di conseguenza, rendendole più deboli anche nel confronto agonistico.
Una tale diseguaglianza tra società sportive, oltre ad avere creato ed a creare fratture istituzionali, forse ha contribuito e contribuisce a diminuire il livello di qualità del gioco e di spettacolo delle partite. Si pensi alla differenza di entrate tra le squadre che partecipano, per esempio, alla Champion League ed a tutte le altre. È un divario di risorse che si autoalimenta e finisce per rafforzare gli squilibri nei campionati italiani. È una cosa diversa quando in un campionato, ovvero in ogni singola partita, la competizione sia vera e dia medesime opportunità a tutte le squadre che scendono in campo.
Dobbiamo constatare che negli ultimi anni il monopolio del mondo del calcio non paghi, anzi tenda ad avere effetti destabilizzanti e, quindi, l'obiettivo del provvedimento è il rafforzamento della concorrenza nel mondo del calcio, nonché l'individuazione e la fissazione di un criterio di mutualità delle risorse tra le squadre. La specificità del gioco e l'interdipendenza tra le diverse squadre è tale per cui le squadre più forti hanno interesse a fare in modo che le differenze con quelle più deboli sia più contenuta. Teniamo inoltre presente che il prodotto calcio non è la singola partita, ma il campionato nel suo insieme, per cui, se il grado di monopolio è troppo elevato, si riduce l'interesse per la maggior parte delle partite in calendario e, di conseguenza, anche la domanda di eventi televisivi, la frequenza negli stadi, la pubblicità, le sponsorizzazioni.
Onorevoli colleghi, sappiate che è esattamente ciò che sta avvenendo in Italia. Sappiate che esiste un limite fisiologico anche per le squadre più forti, oltre il quale si mortifica il calcio, il gioco più amato dagli italiani.
Va sottolineato, inoltre, l'ulteriore merito del testo che ci apprestiamo a varare. La legge delega, infatti, specifica il carattere sociale dello sport e il valore pedagogico di esso. La delega viene esercitata Pag. 97nel rispetto del principio fondamentale del riconoscimento del carattere sociale dell'attività sportiva quale strumento di miglioramento della qualità della vita e quale mezzo di educazione e sviluppo sociale che deve essere caratterizzato dai requisiti di solidarietà finanziaria, lealtà sportiva ed equilibrio economico e strutturale nell'ambito di ciascuna competizione sportiva. Questo concetto è stato già ribadito nelle dichiarazioni del Consiglio europeo di Nizza del 2000 ed io, da uomo di sport quale sono, lo condivido ed approvo pienamente.
Da ultimo, vorrei ricordare che con questa legge ci uniformiamo alla normativa sui diritti televisivi delle maggiori nazioni europee, quali la Francia, la Germania e l'Inghilterra, che adottano il sistema della vendita collettiva e della mutualità. Tali Stati, infatti, sono dotati di regolamenti snelli in materia di vendita dei diritti televisivi ed hanno favorito, il più possibile, l'autorganizzazione delle società sportive e delle leghe calcio.
Ritengo che proprio grazie al dibattito parlamentare che si è volto in sede di Commissione, si sia riusciti a favorire il più possibile la capacità di autorganizzazione e di autoriforma di un sistema che, davanti all'opinione pubblica, aveva raggiunto un livello veramente basso di credibilità, non solo per la questione morale, ma anche perché aveva fatto perdere il senso e il valore dell'evento sportivo in se stesso.
Gli aspetti, io penso fondamentali, hanno trovato giusta considerazione nelle disposizioni che ci apprestiamo a votare, tramite l'approvazione di due emendamenti, uno approvato nella Commissione cultura, l'altro approvato in Assemblea.
Un ulteriore aspetto sul quale mi piacerebbe soffermarmi, è dato dall'accoglimento in aula dell'emendamento n. 1501, presentato dalla Commissione cultura. Si tratta di un emendamento di grande importanza, in quanto con lo stesso si tutela il diritto di cronaca. Si tratta di un tema non di poco conto, che è stato sollevato soprattutto dalle emittenti televisive e radiofoniche locali.
Essendo stato fino ad ora privatizzato il mercato dei diritti televisivi, le esclusive che venivano date ai grandi soggetti hanno finito col tradursi in una illecita compressione dell'esercizio di un diritto costituzionalmente garantito dal disposto dell'articolo 21 della nostra carta fondamentale. Questo è dunque, a ben vedere, un tema molto delicato, che coinvolge la garanzia, per il servizio pubblico radiotelevisivo, di poter esercitare una propria funzione: il diritto di cronaca.
Il fatto che si apra il mercato dei diritti televisivi, dunque, non può in alcun modo rappresentare una compressione del diritto del servizio radiotelevisivo di dare informazione, compressione operata da parte delle grandi emittenti televisive private che operano su scala nazionale, che pure hanno rubriche di informazione, e possono esercitare quindi il diritto-dovere di fare informazione.
Mi preme da ultimo ricordare che uno dei meriti di questo provvedimento è quello di avere riportato il nostro sistema in linea con i recenti orientamenti europei in materia di sport, espressi nel rapporto indipendente sul calcio europeo 2006, realizzato con l'obiettivo di fornire alcune raccomandazioni alle autorità europee e nazionali, affinché intervengano con norme trasparenti nell'ambito delle quali gli organi di autogoverno dello sport siano in grado di risolvere le questioni che interessano il settore.
Noi, Popolari-Udeur, siamo convinti che questo nuovo sistema, incentrato sulla commercializzazione in forma centralizzata dei diritti di trasmissione, renderà più trasparente e giusta la distribuzione delle risorse nel mondo del calcio, garantendo così pari opportunità a tutte le squadre, secondo lo spirito più genuino dello sport, e un ritorno della fiducia tra gli appassionati. Per questo, signor Presidente, i Popolari-Udeur voteranno convintamente il provvedimento in esame. Grazie.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Costantini. Ne ha facoltà.
Pag. 98CARLO COSTANTINI. Annuncio il voto favorevole del gruppo Italia dei Valori e chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. La Presidenza lo consente sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Caparini. Ne ha facoltà.
DAVIDE CAPARINI. A partire dagli anni Novanta il calcio ha assunto un ruolo strategico per l'economia del settore radiotelevisivo, e non solo. Esso ha superato nel fatturato settori storicamente importanti, come il cinema e l'intrattenimento. Le televisioni a pagamento sono strettamente legate, nei loro destini, all'acquisizione delle esclusive degli eventi calcistici, in particolare, ma anche di altri sport.
Insomma, la vendita dei diritti ha sicuramente effetti determinanti sul settore radiotelevisivo in generale, in particolare su quello a pagamento, ma non solo.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO LEONI (ore 19,15)
DAVIDE CAPARINI. Quanto purtroppo è sfuggito a quest'Assemblea - ed è invece ben chiaro al Governo - è che, con questo provvedimento, si costruirà un nuovo scenario nel settore radiotelevisivo; era ciò che il Governo intendeva di compiere. Al riguardo, il destino dell'acquisizione collettiva dei diritti di calcio è una componente fondamentale, sicuramente una forza trainante per le TV criptate, ma anche per quelle in chiaro. Abbiamo visto come anche le TV generaliste inseguano l'esclusiva, soprattutto oggi che vi è la possibilità di diversificare le piattaforme e utilizzare anche il digitale terrestre, proprio perché vi è questa grande e importante peculiarità: il diritto sportivo dà la possibilità di fidelizzare il telespettatore e di apprezzare il marchio, cui dà un valore intrinseco; dà la possibilità di conquistare nuovi ascoltatori: quelli che altrimenti non si porrebbero mai dinanzi al video.
Sono tutti aspetti fondamentali, che avrebbero dovuto indurre questo Governo ad affrontare l'esame del provvedimento con maggiore cautela; si tratta di quella stessa cautela che aveva peraltro contraddistinto i vostri colleghi nel 1999 allorquando, con un decreto-legge, era stata posta l'attenzione su un settore allora nascente, la televisione digitale e satellitare. Allora, si era visto un Governo allarmato presentare alle Camere un provvedimento con il quale si imponeva una rigida suddivisione dei diritti tra i due concorrenti.
Così non è stato ora. Registriamo una netta e chiara inversione di tendenza da parte di questo Governo, che scippa, di fatto, quanto rappresenta - non perché lo dica la Lega Nord, ma perché lo stabiliscono le disposizioni del nostro paese e quelle europee - un patrimonio della società ospitante, unica titolare del diritto soggettivo; si giunge invece ad una contrattazione collettiva che manca completamente i suoi obiettivi. Se le società di calcio devono essere private, come noi riteniamo si debba fare, della soggettività di diritti, ciò si deve operare in vista di una finalità superiore ovvero del bene del movimento sportivo in generale, e quindi a favore della mutualità interna, di tutta quella serie di misure che noi abbiamo proposto alla vostra attenzione e che voi, per così dire, avete respinto al mittente. Mi riferisco alle misure per il movimento di base, per l'impiantistica, per i giovani, per la formazione tecnico-professionale dei formatori, altro aspetto fondamentale sul quale abbiamo posto l'attenzione e che voi avete ignorato.
Abbiamo anche posto delle quote ed abbiamo definito una quantità certa sulla quale la Lega dilettanti, per esempio, avrebbe potuto contare, nel compimento della sua missione statutaria.
Siamo convinti che lo sport debba essere ciò che da sempre auspichiamo che sia; riteniamo infatti che debba fondarsi su valori sociali, culturali ed educativi e Pag. 99che quindi debba essere fattore di inclusione e di partecipazione alla vita sociale. Per far sì che ciò accada è fondamentale che le ingenti risorse che è possibile recuperare attraverso la vendita collettiva vengano bene utilizzate; così purtroppo non è stato in passato. L'abbiamo appreso dalle numerose indagini svolte da questo Parlamento e dall'autorità.
Questo ci avrebbe imposto un netto e radicale cambio di marcia e di direzione, azione che purtroppo non avete avuto il coraggio di compiere.
Insomma, non si trova nessuna disposizione che possa riguardare la valorizzazione dei vivai. Ad esempio, per quanto riguarda la mutualità interna ai singoli campionati, noi abbiamo proposto di redistribuire le risorse in base a quanto una squadra realmente investe nei vivai e nel settore giovanile. Abbiamo misurato tale valore con parametri certi, come i minuti giocati in prima squadra da parte dei giovani italiani cresciuti nei vivai. Anche questo non è stato possibile, eppure è un regolamento utilizzato oggi dalla Lega calcio.
Per quanto riguarda il settore radiotelevisivo, è da registrare il fatto che, purtroppo, non è stata posta la dovuta attenzione sul fatto che sono gli spettatori a determinare il reale valore di un'emittente; sono le preferenze degli spettatori che le emittenti - siano esse in chiaro o in criptato - inseguono attraverso l'acquisizione di diritti sportivi e che sono considerate dagli investitori come base dei loss leader. Pertanto, non importa se la relativa acquisizione sia in perdita, in quanto è compensata dai migliori benefici d'immagine, in relazione al marchio e alle abitudini dei consumatori.
Abbiamo anche visto che le concessionarie pubblicitarie inseguono le televisioni che acquisiscono questi diritti perché consentono di raggiungere risultati in altro modo inimmaginabili. Dunque, con questo provvedimento - e mi accingo a concludere - avete fallito le due missioni che vi eravate proposti a parole e che erano alla base di quei progetti di legge che, sia nella passata legislatura sia in questa, noi avevamo presentato all'attenzione del Parlamento.
Si trattava di proposte di legge che avevano come faro la contrattazione collettiva, ma come fine ultimo quello di servire il movimento dello sport di base. Non c'è nulla di innovativo nel vostro provvedimento, non ci sono risorse per i nostri giovani, nessuna misura per lo sport dilettantistico, una pessima mutualità interna.
Vedremo poi cosa partorirà la merchant bank di Palazzo Chigi riguardo alla mutualità interna; se riuscirà a resistere alle pressioni anche delle grandi squadre. Dal nostro punto di vista, è completamente fallita anche quella condizione fondamentale di rispetto delle dinamiche concorrenziali, proprio perché noi siamo convinti attraverso i diritti sportivi, così come è accaduto in passato, che si possa e si debba tutelare la libera concorrenza del nostro mercato.
Pertanto, il voto della Lega Nord - mi spiace dirlo - sarà contro questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Tranfaglia. Ne ha facoltà.
NICOLA TRANFAGLIA. Il disegno di legge n. 1496 che delega al Governo la revisione della disciplina relativa alla titolarità e al mercato dei diritti di trasmissione, comunicazione e messa a disposizione del pubblico, in sede radiotelevisiva e su tutte le altre reti di comunicazione elettronica, degli eventi sportivi del calcio professionale, merita di essere approvato dalla Camera. Esso, infatti, compie un primo passo - che dovrà essere rapidamente seguito da altri - nella bonifica di un settore che, da molti anni, mostra al paese e al mondo alcuni tra gli aspetti peggiori di un mercato che non tutela il valore educativo e la funzione sociale dello sport, iscritta negli articoli della Costituzione repubblicana.
L'opportunità della delega al Governo, avversata dall'opposizione, risponde al bisogno Pag. 100di costruire, in tempi adeguati, una nuova legislazione su tutti gli aspetti determinanti del fenomeno sportivo, dove hanno imperversato, negli ultimi anni, chiari caratteri degenerativi, di cui hanno parlato a lungo i mezzi di comunicazione. Questi caratteri, già messi in evidenza nei lavori della Commissione cultura e qui da molti altri colleghi intervenuti, riguardano la grande diffusione del doping, la mortificazione degli appassionati, che sempre di più disertano le gare, la creazione di società, spesso guidate da veri e propri avventurieri e speculatori, e una situazione complessiva che non è stata governata, se non dalla legge dei più forti contro i più deboli, delle grandi squadre contro le medie e piccole.
Si tratta di una degenerazione, come è evidente, che ha fatto del calcio, ancora di più del basket, uno sport che ha perduto, agli occhi dei tifosi e dell'opinione pubblica, un'immagine degna delle sue antiche tradizioni, quando nacquero squadre non solo dalle passioni degli industriali, ma anche da quelle di cooperative popolari.
È necessario, dunque, intervenire a livello legislativo e ricostruire un mondo che, per molti decenni, aveva costituito una tradizione positiva per le nuove degenerazioni, ma anche per quelle che avevano amato, in gioventù, lo sport come attività libera e disinteressata, un modo per crescere e prepararsi al lavoro e alla vita da adulti nella società.
Sulla centralizzazione del mercato dei diritti esiste ormai, in Parlamento, una larga maggioranza, e così sulla quota di risorse da destinare a fini di mutualità generale del sistema sportivo. Resta aperto, per certi aspetti, il problema dei fini di lucro delle società sportive e quello della quotazione in borsa. A nostro avviso, questi due aspetti meritano una riflessione successiva, poichè qui non hanno ancora trovato una soluzione del tutto soddisfacente. Perciò, ci auguriamo che ci sia modo di ritornarci successivamente.
Allo stesso modo, a mio avviso, meritava maggiore attenzione il pericolo, ancora presente, di posizioni dominanti da parte di una o più società presenti sul mercato televisivo, satellitare o digitale.
Con queste precisazioni, i deputati del gruppo dei Comunisti italiani, che qui rappresento, esprimono il loro voto favorevole al disegno di legge del Governo (Applausi dei deputati del gruppo Comunisti Italiani).
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI (ore 19,20)
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Del Bue. Ne ha facoltà.
MAURO DEL BUE. Signor Presidente, ci sono tanti elementi che ci convincono in questo provvedimento. Ci convince la centralizzazione dei diritti televisivi, misura che, peraltro, è stata sollecitata dagli stessi organi sportivi.
Parrà strano che, nel momento in cui all'interno del Governo si proclama la necessità di liberalizzare e di rendere più competitivo il mercato, in questo settore, invece, si proponga una minore competitività, attraverso una centralizzazione delle trattative. Però, questa osservazione può essere fatta solo da chi non conosce appieno la situazione in cui versa lo sport professionistico e, in particolare, il mondo del calcio. Si tratta di una situazione abnorme, alla luce della vendita dei diritti televisivi degli eventi sportivi che lo riguardano, che ha reso sempre più ampio il divario tra grandi e piccole società, anche della stessa serie, tanto che i bilanci delle società calcistiche fanno registrare una percentuale pari quasi ai due terzi dei ricavi, attraverso la percezione dei diritti televisivi, mentre il pubblico, ossia gli incassi dovuti agli abbonati e agli spettatori paganti, rappresentano ormai soltanto una percentuale inferiore al 20 o, addirittura, al 15 per cento.
Ciò ha determinato una situazione paradossale nel mondo del calcio: le grandi società, grazie agli introiti derivanti dai diritti televisivi, sono diventate sempre più Pag. 101grandi, mentre le piccole società sono diventate sempre più piccole ed avvertono problemi sempre maggiori.
Ciò si verifica nella serie A, ma anche nel rapporto tra le serie maggiori (serie A e B) e le serie minori (C1, C2); mi riferisco anche alle società dilettantistiche, le quali, anche a causa della televisione a pagamento e dei diritti televisivi venduti dalle società professionistiche, si trovano ad avere introiti sempre inferiori per quanto riguarda il pubblico (l'unica fonte di ricavo, assieme agli sponsor delle piccole società sportive), quindi, a vivere una stagione di vacche magre e di grandi difficoltà finanziarie che, spesso, sfocia in fallimenti sempre più numerosi. Tali fallimenti si registrano nelle serie inferiori, che sono state in qualche misura normate dal famoso lodo Petrucci, che permette alle società fallite di ripartire dalla categoria immediatamente inferiore a quella nella quale hanno disputato l'ultimo campionato.
La centralizzazione dei diritti televisivi è, dunque, giusta ed è auspicata dal mondo sportivo! È giusta una legge che intervenga, ponendo al centro questo imperativo e questa disposizione! Così come mi pare importante e giusta la volontà (abbiamo rivolto ufficialmente una richiesta in tal senso in sede di Commissione) di applicare questa legge non solo al mondo del calcio, ma anche a quello del basket. Infatti, non si tratta di un provvedimento - vorrei spiegarlo bene a coloro che non l'hanno pienamente seguita - che riguarda soltanto i diritti televisivi del mondo del calcio, ma anche quelli delle società sportive professionistiche, intese come società calcistiche e società del mondo del basket, della pallacanestro.
Questa sollecitazione in qualche misura recepiva un'esigenza che mi era stata formulata proprio dal presidente della Lega basket, alla luce delle esperienze non positive che, in base alla trattazione individuale dei diritti televisivi, aveva verificato nell'ultimo campionato di basket.
Il terzo punto che mi pare importante sottolineare positivamente riguarda l'introduzione del principio della mutualità nei confronti delle società che non dispongono di diritti televisivi o di quelle che, pur disponendone, hanno una minore disponibilità di forze, alla luce di un mercato in competizione tra società grandi e piccole, che premia inevitabilmente le grandi a svantaggio delle piccole.
Tuttavia, noi non voteremo a favore e ci asterremo dalla votazione sul provvedimento in esame per due motivi in primo luogo, per la procedura adottata, quella della legge delega. La richiesta da parte del Governo di una delega per porre in essere una disciplina legislativa in tale ambito ci pare immotivata, alla luce del fatto che sui principi basilari della legge tutto il Parlamento, al di là della nostra partecipazione alla maggioranza o alla minoranza parlamentare, aveva concordato; in secondo luogo, per una certa superficialità, come si evince dal dibattito sugli emendamenti esaminati precedentemente, su alcuni punti, uno dei quali riguarda la presenza di posizioni monopolistiche nelle singole piattaforme, sulle quali il Governo si è impegnato ad una possibile revisione della legge al Senato.
Vi è, inoltre, una non sufficiente identificazione di ciò che si intende per mutualità sportiva o per risarcimento delle piccole società, in particolare del mondo semiprofessionistico e dilettantistico, che qualche emendamento addirittura percentualizzava e che, invece, il provvedimento definisce in termini ancora piuttosto vaghi.
L'astensione corona un atteggiamento costruttivo, aperto al dialogo e al confronto, che abbiamo tentato di stabilire con il Governo nel corso di queste settimane e di questi mesi.
Sono due le osservazioni finali che vorrei indirizzare all'Esecutivo, in particolare al Ministero per le politiche giovanili e le attività sportive, che in questo momento non è rappresentato in Assemblea dalla ministra Melandri, poiché ai banchi del Governo vi è il sottosegretario di Stato per le comunicazioni Vimercati. Tali osservazioni riguardano, innanzitutto, il percorso che dovrà condurci agli europei di calcio del 2012.Pag. 102
Ricordo che è iniziata una discussione sulla ristrutturazione degli stadi di calcio. Sostengo da tempo la necessità che il Governo italiano scelga un modello, perché non possiamo continuare a vaticinare la realizzazione di stadi di calcio attraverso il ricorso all'intervento dei privati senza stabilire se, in Italia, vogliamo adottare il modello inglese (con gli impianti di proprietà delle società sportive, la cui sicurezza è posta in capo alle stesse) oppure intendiamo mantenere la situazione esistente.
L'attuale modello, infatti, vede gli stadi in mano alle amministrazioni comunali, che debbono sobbarcarsi non soltanto i costi della edificazione o della ristrutturazione (spesso, senza l'aiuto del credito sportivo), ma anche della manutenzione degli stessi, applicando un affitto spesso simbolico alle società sportive che li utilizzano.
Dobbiamo in definitiva compiere una scelta. La mia scelta personale, che sollecito il Governo italiano ad adottare, è a favore del citato modello inglese, che prevede che gli stadi siano di proprietà delle società calcistiche e che la responsabilità della sicurezza degli stessi spetti alle medesime società. Si tratta di un modello sperimentato in occasione dei recenti mondiali anche in Germania, dove credo che abbia dato ottimi risultati.
Dunque, se si va verso la ristrutturazione o l'edificazione di nuovi stadi, in previsione dei campionati europei del 2012, allora si stabilisca che lo Stato non debba spendere risorse proprie per costruire impianti sportivi per il calcio o per ristrutturare quelli già esistenti. Sarebbe preferibile edificarne di nuovi, con una visibilità ottima e senza pista per l'atletica, in modo che il pubblico vada negli stadi.
Attualmente, infatti, ciò non si verifica in Italia, dove si assiste a stadi desolatamente vuoti, a causa anche della vetustà dei nostri impianti e della scarsa visibilità. Prendiamo, ad esempio, lo stadio Olimpico, di proprietà del CONI, che pare non si possa mai toccare e per rifare il quale sono stati spesi, nel 1990, non so quante centinaia di miliardi di vecchie lire. Esso appare come uno stadio davvero non più fruibile da parte di un pubblico che voglia godersi lo spettacolo sportivo, che può essere seguito molto meglio in televisione, pagando un prezzo di accesso assolutamente inferiore.
Il secondo punto che intendo evidenziare è il seguente. Io rispetto l'autonomia del CONI, della Federazione italiana gioco calcio, della Lega calcio e delle singole società calcistiche; tuttavia, ritengo davvero opportuna una sollecitazione, da parte del Governo...
PRESIDENTE. La prego di concludere...
MAURO DEL BUE. ...affinché, nei nostri impianti sportivi dedicati al calcio, vengano diminuiti i prezzi dei biglietti.
Non si può pensare, infatti, che le società calcistiche introitino, attraverso i proventi televisivi, decine di milioni di euro e, nel contempo, aumentino i prezzi dei biglietti negli stadi. Delle due, l'una: non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca!
Infatti, si ha la botte piena - cioè...
PRESIDENTE. Onorevole, si avvii concludere!
MAURO DEL BUE. ...le casse piene di soldi, grazie agli introiti televisivi - ma non si ha la moglie ubriaca, dal momento che gli stadi sono desolatamente vuoti!
Ciò poiché la gente, contrariamente all'Inghilterra, alla Spagna...
PRESIDENTE. Onorevole, la invito a concludere, grazie!
MAURO DEL BUE. ...e alla Germania - concludo, signor Presidente - non si reca più nei nostri stadi e preferisce godersi le partite di calcio in televisione!
Auspico, quindi, che vi sia, a partire dal disegno di legge in esame, che offre la possibilità di operare un riequilibrio delle risorse anche a favore delle società minori, un intervento del Governo per fare in modo che vengano diminuiti i prezzi dei Pag. 103biglietti negli impianti di calcio (Applausi dei deputati del gruppo Democrazia Cristiana-Partito Socialista).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Guadagno. Ne ha facoltà.
WLADIMIRO GUADAGNO detto VLADIMIR LUXURIA. Signor Presidente, colleghe e colleghi deputati, il commissario straordinario della Federcalcio Luca Pancalli, anche nel lavoro per una nuova «Costituzione» del calcio, ha parlato della necessità di recuperare l'etica anche in questo settore. Calciopoli, infatti, non può essere cancellata o amnistiata dalla pur gloriosa vittoria dell'Italia ai mondiali.
L'accentramento delle risorse economiche su poche squadre è stato il risultato della contrattazione individuale dei diritti di trasmissione del calcio, spesso causa di corruzione e di slealtà sportive.
Anche l'ex Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi - prima considerato simbolo bipartisan e il miglior candidato alla Presidenza della Repubblica, poi ritenuto come «finito in disgrazia» dall'attuale opposizione una volta diventato senatore, non comportandosi esattamente come avrebbero voluto alcuni partiti della stessa opposizione - ha definito i diritti vigenti TV una droga e, nel luglio 2004, ha dichiarato che tutto lo sport ha il dovere di guardare agli effetti dei propri comportamenti sui cittadini e che il calcio richiede una rigenerazione morale, senza la quale i diritti TV rischiano di essere una droga che uccide il calcio italiano.
Siamo stati accusati dal deputato Bono di voler approvare una norma semplicemente manifesto; credo che sia preferibile essere accusati di fare una norma manifesto che essere accusati, come è avvenuto nella scorsa legislatura, di non farla affatto. Nella scorsa legislatura avrebbe potuto essere approvata una norma sulla contrattazione collettiva dei diritti di trasmissione del calcio; c'erano i numeri, c'era il tempo, ma non è avvenuto e un motivo deve pur esserci: il solito conflitto di interessi. Nella scorsa legislatura, quando il presidente di una delle squadre del campionato di calcio era anche presidente della Lega calcio, era difficile pensare ad una equa distribuzione delle risorse a tutte le squadre.
Non abbiamo la forma mentis per cui si fanno delle leggi per favorire questa o quella persona, per favorire una persona che si chiami Berlusconi, Murdoch o Tronchetti Provera e, quindi, rispediamo al mittente qualsiasi accusa di voler fare dei favori a qualcuno.
Non voglio parlare poi del regalo fatto dall'ex ministro delle comunicazioni Gasparri sul digitale terrestre nella scorsa legislatura, con oltre tre anni di contributi pubblici (soldi nostri) - una forma di assistenzialismo al privato per favorire Mediaset, che ha usato il digitale terrestre come una pay TV - per spingere gli italiani ad acquistare il decoder interattivo (150 euro per ogni esemplare, poi ridotti a 70) e del caso limite dello stesso polo televisivo, che nel passato ha acquistato i diritti del calcio anche per il satellite, pur non disponendo di una propria piattaforma.
Il partito della Rifondazione Comunista Sinistra Europea esprime un giudizio positivo sulla delega al Governo, perché essa è semplicemente un mezzo necessario per rendere il calcio uno sport esemplare, un modello per i giovani e uno strumento contro il disagio giovanile.
Il calcio italiano è un'immagine molto forte dell'Italia all'estero e chi ama il paese in cui vive desidera che anche all'estero si parli più del gioco italiano giocato, che di quello trattato nelle aule giudiziarie. Il calcio è la disciplina sportiva più seguita e partecipata, il calcio non è solamente un affare privato, è emulato dai ragazzi, dai bambini che giocano nei campi e per le strade con un pallone e delle scarpe da ginnastica (per chi può permetterselo) o nelle bidonville africane, con scarpe di plastica e palloni ottenuti con materiale povero.
Il calciatore Rino Gattuso, anche se gioca in una squadra colpita da Calciopoli, è una delle persone maggiormente impegnate nell'aiuto ai ragazzi disagiati, per Pag. 104offrire loro una chance anche con il calcio. Non dobbiamo permettere che anche l'oligopolio nel calcio faccia finire «a tarallucci e vino», come ha affermato lo stesso Gattuso, il problema della corruzione e dello squilibrio economico.
Questo disegno di legge è una risposta, una reazione allo scandalo Calciopoli, un modo per non dire «facciamo finta che non sia avvenuto nulla», perché finalmente si tenta di rimettere in gioco il campionato, dando una più equa possibilità di vincita alle squadre, una maggiore spettacolarità, una minore prevedibilità, visto che in una società calcistica le risorse finanziarie hanno ripercussioni sui risultati, con la possibilità di acquistare alcuni calciatori sul calcio mercato.
Il nostro gruppo parlamentare è sempre stato contrario all'accentramento delle risorse economiche a beneficio solo di alcuni soggetti e ad una forbice sempre più ampia tra chi guadagna di più e chi guadagna meno. Coerentemente, siamo contrari al mantenimento dei privilegi economici soltanto per alcune squadre, note e poche; ma, si sa, nell'ingiustizia distributiva a beneficiare della ricchezza è sempre un'esigua minoranza rispetto alla maggioranza. La minoranza dell'oligopolio è l'unica minoranza tutelata e protetta dal mercato selvaggio (Applausi dei deputati del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ciocchetti. Ne ha facoltà.
LUCIANO CIOCCHETTI. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, onorevoli deputati, intervengo per dichiarare l'astensione dei deputati del mio gruppo in occasione del voto finale su questo provvedimento. Abbiamo cercato di lavorare, in Commissione, nel Comitato dei nove e in questa Assemblea, per arrivare ad un voto favorevole e a un testo che potesse raccogliere un più ampio consenso in quest'aula. Purtroppo, non è stato possibile, per una serie di condizionamenti e anche - io credo - per una serie di contraddizioni emerse durante il dibattito in questa Assemblea nell'ambito sia della maggioranza, sia dell'opposizione.
Si è cercato di proseguire lungo una strada che, da un lato, ha permesso di modificare profondamente il testo che il Governo aveva presentato, ma, dall'altro, non ha consentito di raggiungere il risultato di un maggiore equilibrio, di un minore contenuto ideologico e di una minore rigidità rispetto al sistema proposto. Capisco che la necessità di tenere insieme, intorno ad un disegno di legge, ampie parti di una maggioranza che contiene alcune componenti ancora distinte dal punto di vista elettoralistico e ideologico, impedisce di svolgere un ragionamento complessivamente sereno. Noi, del gruppo dell'UDC, abbiamo cercato di ragionare, scevri da ogni condizionamento di parte, concentrandoci soprattutto sull'esigenza di modificare un sistema che necessitava di essere riformato.
È stato ricordato che in materia di organizzazione dei diritti televisivi durante il precedente Governo di centrosinistra è stata approvata una norma che consentiva alle società di calcio di gestire direttamente tali diritti. Non è stata la becera destra, non è stato il becero centrodestra ad approvare tale norma ma sono stati alcuni ministri che fanno parte di questo Governo a portare avanti quella scelta. È stato ricordato che quella modifica normativa fu introdotta con un decreto-legge.
Più volte in questo dibattito è stata richiamata, a mio avviso non molto opportunamente, anche la necessità di una riforma della legge n. 91 del 1981, direttamente influente sullo status giuridico delle società di calcio professionistiche.
Abbiamo cercato di sviluppare un ragionamento che consentisse di creare un grande equilibrio del sistema del calcio, degli utenti-consumatori e delle piattaforme televisive e che consentisse, altresì, di aprire il mercato in maniera seria e vera. Intendevamo utilizzare le authority che abbiamo a disposizione in questo paese e che sono espresse da questo Parlamento in modo bipartisan. L'obiettivo era quello di creare un sistema flessibile, Pag. 105equilibrato, che riconoscesse l'autonomia dello sport e della Lega calcio, il soggetto organizzatore dei campionati, ma prevedesse anche una serie di meccanismi sostitutivi, nel caso in cui la stessa lega non ottemperi a quanto previsto dalle norme che saranno approvate. Speravamo di poter trovare un accordo o un'intesa più ampia e di poter mettere da parte le vicende elettorali, le polemiche e alcuni accenti ideologici che ancora permangono nel dibattito su tali argomenti, in questa Assemblea, da parte di alcuni esponenti della maggioranza.
Abbiamo cercato di modificare questo testo e, in parte, ci siamo riusciti. Mi auguro, comunque, che le riflessioni e il dibattito che si è svolto in Commissione e in aula possano essere utili ai colleghi del Senato per affinare ulteriormente questo provvedimento, facendo in modo che si possa giungere ad una condivisione sul voto. Non sarebbe uno scandalo arrivare ad un voto unanime su un provvedimento come questo. Abbiamo ragionato a testa alta, cercando di dialogare e di lavorare per trovare le condizioni migliori per offrire un sistema diverso nella gestione dei diritti televisivi e per garantire un diverso equilibrio nel campionato di calcio eliminando le posizioni dominanti fino ad oggi esistenti. Queste sono state le nostre finalità, a prescindere dagli interessi politici che non fanno parte del nostro modo di ragionare, che intende rispettare il voto degli elettori.
Abbiamo cercato di modificare anche la parte relativa alle piattaforme televisive, prevista nelle lettere c) e d) del comma 3, ma non è stato possibile. Ritengo comunque sia giusto considerare lo sforzo fatto dal sottosegretario Vimercati e dal relatore Folena per tentare di trovare una soluzione. Mi auguro che questo dibattito resti come traccia per una ulteriore valutazione nel passaggio tra la Camera e Senato; infatti, ritengo che sia ancora possibile trovare un modo per assicurare questo equilibrio e per eliminare gli aspetti dirigistici ed ideologici ancora presenti in questo disegno di legge.
È giunto il momento di riconoscere un sistema in continua evoluzione tecnologica che, nei prossimi mesi e nei prossimi anni, vedrà la modificazione complessiva delle piattaforme.
In ogni caso, vista la previsione della lettera c) del comma 3, resta la posizione dominante dell'unica piattaforma satellitare esistente nel nostro paese, vale a dire Sky, mentre nelle altre piattaforme - il digitale terrestre, Internet, i telefonini - vi sono più soggetti che si possono confrontare. Ritengo che ciò vada contro le affermazioni che avete reso in quest'aula, in Commissione e nel paese.
Da qui la nostra proposta di rimettere al centro il ruolo dell'Antitrust e dell'AGICOM, affinché siano poste nella condizione di esprimere una funzione di regolazione e di controllo, avendo stabilito per legge i principi e i paletti per garantire una soluzione ai problemi emersi nel corso di questo dibattito.
Confermo la posizione di astensione del gruppo dell'UDC, un'astensione che nasce dall'aver contribuito a modificare sostanzialmente il testo che il Governo aveva presentato. Non siamo riusciti a modificarlo come volevamo e per questo motivo non possiamo andare oltre la posizione di astensione.
Avremmo preferito esprimere un voto favorevole sul provvedimento, perché, in qualche modo, anche noi, come gruppo dell'UDC, abbiamo dato il nostro contributo attraverso la presentazione di un nostro progetto di legge; ciò non è stato possibile, perché alcune remore ideologiche da parte del Governo e della maggioranza sono rimaste. Spero che nel dibattito al Senato possano essere superate (Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Poletti. Ne ha facoltà.
ROBERTO POLETTI. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della Pag. 106seduta odierna del testo della mia dichiarazione di voto (Applausi).
PRESIDENTE. Onorevole Poletti, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pescante. Ne ha facoltà.
MARIO PESCANTE. Mi dispiace per i colleghi, non riceverò l'applauso, ma non consegno l'intervento (Applausi). In ogni caso, sarò brevissimo.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, al termine di questo dibattito non posso nascondere un certo disagio, un certo rammarico per non aver potuto inaugurare per lo sport, almeno per lo sport, una stagione di dialogo costruttivo.
Sicuramente, abbiamo perso un'occasione. Sarebbe stata la positiva prosecuzione di una stagione durata cinque anni (la scorsa legislatura), cinque anni in cui, nello sport, abbiamo raggiunto buone intese tra maggioranza ed opposizione: intese per chiudere, in maniera consensuale e positiva, il documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sul calcio (svoltasi nella Commissione cultura allora presieduta dal collega Adornato)-; intese per varare provvedimenti legislativi molto importanti per lo sport di base, quale la legge sulle società sportive dilettantistiche, la «legge Onesti», che riconosceva e riconosce vitalizi per gli atleti e per i campioni del passato in grandi difficoltà; il recupero di oltre 600 miliardi di vecchie lire per l'impiantistica sportiva e via dicendo.
Invece, in quest'occasione, abbiamo potuto verificare l'impossibilità di proseguire questo dialogo. Certo, sin dall'inizio, abbiamo nutrito perplessità sull'urgenza, sulla tempestività, per varare un provvedimento che non tiene conto di quelle che saranno le conclusioni sul calcio della VII Commissione, presieduta da Folena, senza tener conto del formidabile lavoro di riscrittura delle regole che sta svolgendo l'attuale commissario della Federcalcio, Pancalli.
Gli stessi motivi addotti per conclamarne l'urgenza non sono apparsi pertinenti, anzi sono un po' impertinenti! L'urgenza era stata invocata, adducendo la motivazione secondo cui la sperequazione nella ripartizione degli utili derivanti dalla vendita di diritti televisivi sarebbe stata la causa primaria dello scandalo del calcio. Questa diagnosi, a mio avviso, è erronea, approssimativa e frettolosa.
La sperequazione nella distribuzione delle risorse, sicuramente, ha determinato un'artificiale differenziazione delle potenzialità finanziarie dei club, con conseguenze sulla corretta competitività del campionato, ma nulla o poco hanno a che vedere con le cause che hanno determinato lo scandalo del calcio.
La crisi è imputabile a ben altre ragioni. È stata una crisi di palazzo, non originata sui campi sportivi, un palazzo che ha tollerato violazioni di norme sui controlli, sulla giustizia sportiva, sull'autonomia degli arbitri.
Altre regole si sono rivelate inadeguate. In più, alcune leggi carenti spesso sono state causa diretta delle deviazioni; mi riferisco alla legge sul fine di lucro delle società di calcio, alla quotazione in Borsa delle stesse società e alla legge n. 91 del 1981 sul professionismo sportivo. È su queste materie che si sarebbe dovuto intervenire con urgenza, attendendo le risultanze della commissione di indagine ed in sintonia con i commissari della Federcalcio. Invece è stata fatta una scelta diversa; se mi permettete il termine, di sapore veterostatalista. Ciò non era mai accaduto nei rapporti tra sport e istituzioni, né in passato, né durante la scorsa legislatura, né - come ho fatto osservare al collega Rusconi - ci sono precedenti in Europa, perché nessuna legislazione nazionale è intervenuta per obbligare le autorità sportive a vincolare o ad orientare parte degli introiti in una certa direzione e con certe percentuali.
Signori del Governo, avete inferto un vulnus, che non può che preoccupare coloro che hanno una cultura liberale ed una concezione dello sport libero da condizionamenti politici. Il Presidente della FIFA, Blatter, il 22 novembre scorso sul Corriere della Sera ha dichiarato: il calcio Pag. 107in Italia è usato come piattaforma politica. Dobbiamo salvaguardare l'indipendenza del nostro sport. È altrettanto lecito chiedersi, con questo precedente, di quante deleghe si vorrà avvalere il Governo, per mettere mano ad iniziative legislative urgenti, quali la riforma della legge n. 91 sul professionismo sportivo, la revisione delle norme sul fine di lucro o sui controlli delle società quotate in Borsa.
Ecco perché Forza Italia voterà contro questo provvedimento: a malincuore, perché qualche pallido segno di apertura in Commissione c'era stato; di ciò ho già dato atto al presidente Folena e al sottosegretario Lolli. Un'apertura concretizzatasi poi con l'approvazione dell'emendamento del collega Ciocchetti e del sottoscritto, che restituisce alla Lega calcio, sempre in coabitazione con il Governo, in via prioritaria il compito di dare attuazione alla legge. Però, malgrado questa disponibilità, questa resipiscenza, l'impianto complessivo del provvedimento è rimasto immodificato nella sostanza.
Nel confermare quindi il voto contrario di Forza Italia, mi permetto, quale manifestazione di buoni propositi per il futuro, di affidare al Governo una considerazione per il prosieguo del nostro confronto - se deve essere costruttivo - per lo sport; appunto per lo sport - qualcuno le riferirà questa mia valutazione, gentile ministro Melandri - e non solo per il calcio professionistico. Il calcio professionistico è un settore importantissimo e vitale, di grande impatto sociale, ma non rappresenta ovviamente l'intero variegato pianeta dello sport. Esistono, al di fuori del calcio professionistico, decine e decine di federazioni, che inquadrano milioni di praticanti, 600 mila dirigenti sportivi dilettanti, 80 mila società sportive senza fini di lucro. È un mondo che ci regala grandi soddisfazioni in campo internazionale, per le prestazioni degli atleti, ma anche per gli impegni organizzativi, che è chiamato ad adempiere. Un esempio per tutti: faccio riferimento al successo dei Giochi Olimpici di Torino 2006. Questo mondo non può essere né confuso, né subordinato al calcio professionistico.
Vorrei ricordare al ministro Melandri che questa precisazione non è superflua, alla luce dei concetti che hanno ispirato l'attuale provvedimento, ma che sono stati confermati dal ministro in un'infelice intervista al giornale Il Mattino del 22 gennaio, in cui si dichiara che «i diritti televisivi rappresentano l'architrave dello sport italiano». Nossignore, gentile ministro! Caso mai, ma anche questo è molto discutibile, rappresentano l'architrave del calcio professionistico, non dello sport italiano. Dunque vi è uno sport che merita maggiore attenzione e maggiore sensibilità da parte del Parlamento.
Quindi, in futuro facciamo uno sforzo per destinare maggiore attenzione al mondo dello sport, quello lontano dai riflettori e spesso trascurato dagli stessi mass media. Non dico di mettere da parte l'agenda delle problematiche calcistiche, ma si può procedere in parallelo. Ricordo che nella scorsa legislatura è stata avviata un'attività legislativa confortata anche dal consenso dell'opposizione e questo ha reso possibile l'iter sollecito di provvedimenti di sostegno all'altro sport. Penso alla legge in favore delle società sportive dilettantistiche - queste sì un architrave dello sport italiano -, legge che è solo un primo passo importante, che va completata e migliorata; penso alla legge Onesti, che assicura un vitalizio agli atleti del passato in difficoltà e dovrebbe essere anch'essa estesa.
Signor ministro, mi auguro che il voto contrario di oggi sia solo un incidente di percorso, non certo imputabile a noi. Per il futuro, credo che il dialogo possa essere recuperato, poiché lo sport non ha una visione di centro, di destra e di sinistra, ma è un mondo trasversale che aspetta dal Parlamento interventi di sostegno, non viziati e condizionati dall'ideologia. Ecco perché, nel dare la disponibilità per i provvedimenti a venire per un confronto costruttivo, Forza Italia assicura che sarà molto vigile affinché i confini tra politica e sport siano sempre bene limitati.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
MARIO PESCANTE. Ho già precisato che il ministro Bersani nella sua agenda Pag. 108sulle liberalizzazioni può fare a meno di occuparsi di sport: lo sport la sua liberalizzazione l'ha già ottenuta sessant'anni fa e ci batteremo per difenderla da ogni tentazione di invasione di campo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rusconi. Ne ha facoltà.
ANTONIO RUSCONI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, in coerenza con la richiesta dell'urgenza della delega al Governo ottenuta in questa Assemblea lo scorso 21 settembre, a nome del gruppo dell'Ulivo dichiaro il voto favorevole su un provvedimento che segna un primo risultato importante nella direzione di restituire una credibilità effettiva al calcio italiano, sicuramente lo sport più popolare e di maggiore impatto sociale nel paese, ma che nell'anno del trionfo della nazionale e del successo di due azzurri, Cannavaro e Buffon, ai primi due posti in classifica del Pallone d'oro, ha visto la più grave malattia della sua storia, una crisi di sistema. Non è stato casuale, anzi è stato un fattore di estrema utilità, che il percorso di questo provvedimento sia stato accompagnato dalle audizioni della Commissione di indagine sul calcio professionistico. Infatti, in quella occasione vi è stata una unanimità di pareri per la vendita centralizzata dei diritti, aspetto che, peraltro, ripeteva le conclusioni della precedente Commissione di indagine (denominata Adornato-Lolli), che nel luglio del 2004 aveva evidenziato con grande lungimiranza e chiarezza le anomalie della Gea, la discutibilità delle società di calcio quotate in Borsa, lo status dei calciatori come lavoratori subordinati, i bilanci delle società forzati con plusvalenze diffuse e fideiussioni facili.
Quel documento fu approvato all'unanimità, ottenne l'adesione, in un solenne convegno nella Sala della lupa, dei vertici di FIGC e Lega professionisti, e sottolineava che l'attuale sistema di mutualità non è stato in grado di produrre un effettivo riequilibrio tra il ristretto gruppo delle grandi e il resto delle società professionistiche italiane. Allo stesso tempo, esso non ha neanche evitato che le società beneficiarie conoscessero gravi episodi di crisi finanziaria. Il problema non è quello o non è solo quello della quantità di risorse che vengono trasferite; il nodo sembra essere piuttosto la loro utilizzazione da parte dei beneficiari, che appare non corrispondere pienamente alle finalità che dovrebbero essere sottese agli interventi in mutualità. Occorre pertanto una riflessione sulla natura stessa e sulle finalità del sistema mutualistico. Da questo punto di vista, la proposta più diffusamente sostenuta è quella di un ritorno alla cessione collettiva dei diritti televisivi criptati.
La responsabilità della politica e del Governo di allora fu di non rispondere; la responsabilità del mondo del calcio, con un impegno preciso del presidente della FIGC, Carraro, fu di non fare nulla. Anzi, il presidente della Lega calcio, dottor Galliani, intervenne in Commissione per dire che avrebbe prestato attenzione particolare a quella proposta, tranne poi firmare in esclusiva un contratto ancora in vigore come amministratore delegato del Milan, insieme all'Inter e alla Juventus. Così fu calpestato ruolo del Parlamento.
Successivamente, vi fu la lodevole iniziativa del deputato Ronchi di Alleanza Nazionale, sostenuta in un giorno da tutti i capigruppo dell'opposizione e da tutta la maggioranza, ma fermata platealmente dal maggior partito di Governo, ovvero da Forza Italia. Ha fatto bene il collega Bono a ricordare come la proposta Ronchi andasse nella stessa direzione del provvedimento oggi in approvazione. Tuttavia, egli avrebbe dovuto ricordare come in quell'occasione fu il Governo a bloccare un'iniziativa che trovava consenso nel paese, prima che in quest'aula.
La legge delega del Governo riprende i concetti del progetto di legge Ronchi, riproposto anche nel corso di questa legislatura. La vendita centralizzata dei diritti sul modello inglese non vuole mettere sullo stesso piano, con falso egualitarismo, il Chievo ed il Milan, ma vuole dare al Pag. 109Chievo ed al Messina la possibilità che anche i loro diritti abbiano un mercato.
Dunque, vi deve essere un obiettivo condiviso nel merito, quello che il campionato di calcio italiano, che è lo sport nazionale, ha anche un grande valore sociale. Per questo esiste problema di salvaguardare tutto il sistema con i proventi che, ad esempio, negli anni Novanta il Totocalcio salvaguardava, dai dilettanti ai vivai, fino alla serie C.
Molti in quest'Assemblea hanno rimarcato l'importanza che alcuni di questi fondi giungano a realtà come quelle dei vivai. Come si fa ad esaltare l'impegno di migliaia di dirigenti delle società dilettantistiche ed il loro ruolo di autentico volontariato se non si discute, rispettando innanzitutto l'autonomia prioritaria del mondo del calcio, anche sulla redistribuzione delle risorse del sistema? Come si fa a dare queste risposte? Perché non si dice che il tema dei diritti televisivi è violato e che sono necessarie norme transitorie ed urgenti per i diritti già in vigore, con opzioni che superano il 2010, riproponendo in modo evidente il tema del conflitto di interessi e di sistemi di monopolio di fatto?
Eppure, il quadro europeo, che spesso in politica si invoca secondo la convenienza, ci ricorda la vendita congiunta dei diritti della UEFA Champions League e della decisione della Commissione europea del 23 luglio 2003 con cui si riconosce che i club calcistici sono avvantaggiati dalla vendita dei diritti commerciali tramite un punto vendita unico o un'agenzia di vendita congiunta.
D'altra parte, in Germania la vendita dei diritti della Bundesliga è centralizzata ed in mano alla Lega, come in Francia, mentre in Inghilterra la vendita centralizzata porta ad una divisione per il 50 per cento in parti uguali. L'unica eccezione, se pure a regime transitorio, tra i paesi leader nel mondo del calcio, è la Spagna. Su questo aspetto il vicepresidente del Milan, dottor Galliani, è intervenuto in modo autorevole, spiegando come minori risorse derivanti dai diritti televisivi di fatto porterebbero i migliori club italiani ad un ruolo marginale in Europa.
Indubbiamente, la questione impone una riflessione. Ma un'analisi completa dovrebbe indurre a verificare il fatto che in Inghilterra, ad esempio, gli stadi sono sempre pieni nonostante la trasmissione televisiva in diretta di tutte le più importanti partite, perché vi sono stadi moderni, sicuri anche dal punto di vista della violenza ed in genere di proprietà delle società; che nella stessa Spagna, pur disponendo di risorse enormi, Barcellona e Real Madrid faticano ad emergere nel proprio campionato su Siviglia e Valencia, che dispongono di budget molto più ridotti; che basterebbe riflettere sul famoso rapporto Arnaut, che lo stesso politico portoghese ci ha illustrato in Commissione.
Su posizioni analoghe, in una recente intervista, il ministro inglese dello sport, Richard Carbon, ha dichiarato che è decisamente sbagliato che il futuro del calcio si giochi nelle aule di tribunale e non all'Old Trafford, a San Siro o al Bernabeu.
Sono convinto che il calcio sia giunto ad un bivio: da una parte vi è uno sport inclusivo, trasparente e responsabile; dall'altra vi è uno sport esclusivo ed elitario, strangolato dall'eccessiva commercializzazione che passa da una crisi all'altra.
Per i politici come me, questo è importante perché lo sport non è solo un business: il suo ruolo nella società abbraccia la sanità, l'istruzione e l'inclusione sociale. Questo ruolo speciale è stato riconosciuto dai capi di governo, ed è per questo che qualche mese fa, durante la Presidenza britannica dell'Unione europea, ho avviato i lavori per un rapporto indipendente dello sport europeo. Esso formula una serie di raccomandazioni su come dovrebbe essere gestito il calcio in Europa: il suo principio centrale è che gli organismi sportivi, come FIFA, UEFA ed autorità nazionali del calcio, sono i più adeguati per gestire il gioco e, nei casi più opportuni e legittimi, l'Unione europea e i governi nazionali dovrebbero lasciarli agire senza indebite interferenze.Pag. 110
Signor Presidente, in conclusione, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Onorevole Rusconi, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
ANTONIO RUSCONI. Questo è uno dei motivi per cui, dopo le audizioni, il Governo e la maggioranza, raccogliendo sollecitazioni pervenute da alcuni colleghi dei vari schieramenti, hanno deciso di accettare in quella sede emendamenti che rafforzano, anche in questo campo, l'autonomia del mondo dello sport.
Vi è, infine, un aspicio - diremmo con le parole autorevoli del commissario straordinario della FIGC, Luca Pancalli -, un unico obiettivo: riportare serenità, per ridare al mondo del calcio dignità e democrazia. La serenità passa attraverso la capacità di dialogare con tutte le componenti; il calcio non è tutto malato, ci sono centinaia di migliaia di persone che fanno parte di un mondo pulito. Dobbiamo dare ottimismo a tutti i tifosi e a tutti gli appassionati italiani.
Questa maggioranza è spesso stata accusata, durante il dibattito su questo provvedimento, di invadere l'autonomia del mondo del calcio (Commenti dei deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale, UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Colleghi, per favore!
Onorevole Rusconi, dovrebbe concludere il suo intervento, poiché il tempo a sua disposizione è esaurito.
ANTONIO RUSCONI. Vorremmo ricordare ai colleghi quali furono gli interessi della politica per boicottare i risultati della Commissione d'indagine del 2004 e riaffermare che il compito della politica è quello di comprendere, assecondare e guidare i processi e non di forzarli e piegarli come è stato fatto nel 2004.
Ringrazio tutta la Commissione e vorrei che, dopo l'elezione autonoma e autorevole dei nuovi presidenti della Lega professionisti e dell'AIA, nonché dopo l'approvazione unanime di ieri del nuovo statuto della Federazione, questo provvedimento riporti giustizia e serenità al mondo del calcio.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Di Centa. Ne ha facoltà.
MANUELA DI CENTA. Signor Presidente, con il minuto a mia disposizione non entro nel merito del provvedimento presentato dalla ministro Melandri, ma da esso prendo spunto, per sollecitare la stessa a rivolgere allo sport italiano le attenzioni di cui questo ha bisogno. Ella non deve cadere nella tentazione di occuparsi solo del calcio professionistico, anche se grande e bello.
Una strada era stata aperta dal Governo Berlusconi; continuiamo a percorrerla, stando vicino ai campioni che hanno fatto grande il nostro paese, aiutandoli nelle loro difficoltà attraverso la legge Onesti.
C'é anche bisogno di rivedere la legge n. 91 del 1981, perché i tempi sono cambiati, perché gli atleti e le atlete di adesso, che svolgono un'attività a tutti gli effetti professionistica, non sono considerati tali: vi è bisogno di lavorare su questo.
In ultimo, chiedo: cosa faremo per le atlete che nella loro attività sportiva diventano madri? Le lasciamo così? Non abbiamo una risposta da dare (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.
(Correzioni di forma - A.C. 1496 ed abbinate)
PIETRO FOLENA, Relatore. Chiedo di parlare ai sensi dell'articolo 90, comma 1, del regolamento.
Pag. 111PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PIETRO FOLENA, Relatore. Signor Presidente, prima di leggere le proposte di correzioni di forma, intendo ringraziare veramente le colleghe ed i colleghi di tutti i gruppi parlamentari, quelli della maggioranza che in modo coeso hanno lavorato in questi mesi, ma anche quelli dell'opposizione. Ci siamo ascoltati e, come ha riconosciuto il collega Pescante, sull'aspetto sportivo abbiamo compiuto un passo in avanti, tutti insieme. Su altri punti vi sono differenze di fondo e spero che nel prosieguo del lavoro si possa compiere qualche passo positivo.
È molto importante che il Parlamento, dopo «calciopoli», con il voto di questa sera contribuisca a restituire fiducia. Vi è un grande movimento, non solo da parte del mondo del calcio ma anche del basket, su cui dobbiamo investire, soprattutto per ciò che riguarda la spinta di base del grande tessuto giovanile. Questa è una legge di giustizia, di redistribuzione, di mutualismo.
Desidero ringraziare infine anche Governo per il contributo che ha fornito.
Ai fini del coordinamento formale delle disposizioni contenute nel disegno di legge A.C. 1496 ed abbinate, propongo, ai sensi dell'articolo 90, comma 1, del regolamento, le seguenti correzioni di forma:
all'articolo 1, comma 2, lettera c) sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «di cui al comma 1»;
all'articolo 1, comma 3, lettera m) dopo le parole: «dei diritti» sono inserite le seguenti: «di cui al comma 1»;
infine, all'articolo 1, comma 3, lettera n), dopo le parole: «agli eventi sportivi» sono inserite le seguenti: «di cui al comma 1».
PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, le correzioni di forma proposte dal relatore si intendono approvate.
(Così rimane stabilito).
(Coordinamento formale - A.C. 1496 ed abbinate)
PRESIDENTE. Prima di passare alla votazione finale, chiedo che la Presidenza sia autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.
Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).
(Votazione finale ed approvazione - A.C. 1496 ed abbinate)
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge n. 1496, di cui si è testé concluso l'esame.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
"Delega al Governo per la revisione della disciplina relativa alla titolarità ed al mercato dei diritti di trasmissione, comunicazione e messa a disposizione al pubblico, in sede radiotelevisiva e su altre reti di comunicazione elettronica, degli eventi sportivi dei campionati professionistici e delle altre competizioni professionistiche organizzate a livello nazionale" (1496):
Presenti 432
Votanti 394
Astenuti 38
Maggioranza 198
Hanno votato sì 259
Hanno votato no 135
(La Camera approva - Vedi votazioni).
Sono così assorbite le concorrenti proposte di legge nn. 587-711-1195-1803-1840. Pag. 112
Prendo atto che la deputata Gardini ha espresso erroneamente un voto favorevole, mentre avrebbe voluto esprimerne uno contrario.
Ordine del giorno della seduta di domani.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.
Mercoledì 24 gennaio 2007, alle 9,30:
(ore 9,30 e dopo l'esame dei punti 7 e 8)
1. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Conversione in legge del decreto-legge 28 dicembre 2006, n. 300, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative (2114-A).
- Relatore: Amici.
2. - Seguito della discussione delle mozioni Volontè ed altri n. 1-00071, Bertolini ed altri 1-00073, Fabris ed altri 1-00075, Gasparri ed altri 1-00076, Maroni ed altri 1-00077, Villetti ed altri 1-00078, Bonelli ed altri 1-00080, Migliore ed altri 1-00081 e Del Bue e Barani 1-00082 in tema di famiglia.
3. - Seguito della discussione del disegno di legge:
S. 1179 - Ratifica ed esecuzione della Convenzione sulla protezione e la promozione delle diversità delle espressioni culturali, fatta a Parigi il 20 ottobre 2005 (Approvato dal Senato) (2081).
- Relatore: Ranieri.
4. - Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge (previo esame e votazione di una questione pregiudiziale):
MAZZONI; MASCIA ed altri; BOATO e MELLANO; DE ZULUETA: Istituzionedella Commissione nazionale per la promozione e la tutela dei diritti umani e del Garante dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale (626-1090-1441-2018-A/R).
- Relatore: Mascia.
5. - Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge costituzionale:
ANGELA NAPOLI; LA RUSSA ed altri; BOATO; ZACCARIA ed altri: Modifica all'articolo 12 della Costituzione in materia di riconoscimento dell'italiano quale lingua ufficiale della Repubblica (648-1571-1782-1849-A).
- Relatore: Bocchino.
(ore 15)
6. - Svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.
(ore 16,30)
7. - Deliberazione in merito alla costituzione in giudizio della Camera dei deputati in relazione ad un conflitto di attribuzione sollevato innanzi alla Corte costituzionale dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma di cui all'ordinanza della Corte costituzionale n. 445 del 2006.
8. - Deliberazione in merito alla costituzione in giudizio della Camera dei deputati in relazione ad un conflitto di attribuzione sollevato innanzi alla Corte costituzionale dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma di cui all'ordinanza della Corte costituzionale n. 446 del 2006.
La seduta termina alle 20,20.
TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO GIUSEPPE CONSOLO IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE COMUNICAZIONI DEL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA SULL'AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA.
GIUSEPPE CONSOLO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ma in particolare mi rivolgo a lei, signor ministro, rappresentante del Governo: proprio dopo il suo discorso ed a causa dello stesso devo iniziare questo mio intervento con una amara constatazione: in materia di giustizia proprio non ci siamo.
È con sincero dispiacere, anche a causa dei nostri rapporti personali, che devo constatare come già dopo otto mesi dall'insediamento del Guardasigilli il bilancio dell'attività del Governo in materia di giustizia è infatti già decisamente fallimentare.
Sappiamo bene che nessuno può rimproverarle di non aver ancora risolto la questione giustizia. Sarebbe sciocco da parte mia pretenderlo ed in così poco tempo. Lo stesso spazio di una legislatura non sarebbe sufficiente.
Noi le rimproveriamo, signor ministro, qualcosa di più grave: il Governo di centrosinistra in questi otto mesi non ha ancora prodotto nessuna proposta per tentare almeno di risolvere alcuni degli innumerevoli problemi che attanagliano la disastrata giustizia in Italia, primo tra tutti la lentezza dei processi.
D'altro canto sarebbe troppo pretendere riforme organiche da una maggioranza che non perde occasione per dividersi su temi che vanno dalla politica estera alla famiglia, passando per le pensioni; ma almeno tentativi diretti a risolvere particolari questioni, questi sì, li pretendiamo. E non li pretendiamo noi, sono i cittadini a chiederlo.
Da un lato, nel paese la giustizia affonda sotto montagne di fascicoli che per anni rimangono sulle scrivanie di giudici, dall'altro, il Governo rimane impassibile, mentre proprio alcuni giudici, e mi riferisco alla sua Campania, condannano il suo Ministero a risarcire 150 avvocati napoletani proprio perché vittime del disservizio giustizia!!
Ma forse mi sono sbagliato. A ben vedere, infatti, proprio impassibile il Governo non è rimasto: qualcosa purtroppo è stato fatto.
Mi riferisco a tre interventi legislativi, che vanno nel senso opposto a quello in cui dovrebbe andare una politica in materia di giustizia: l'indulto, il decreto Bersani e la sospensione (in vista, temo, dell'azzeramento) della riforma dell'ordinamento giudiziario.
Lei ha ricordato l'indulto. Partiamo dal primo. So bene che la legge sull'indulto non trae origine da un atto di iniziativa governativa, bensì da alcune proposte di legge di iniziativa parlamentare, che, come richiede la Costituzione, tale legge è stata approvata da una maggioranza di due terzi, che va ben oltre la maggioranza di centrosinistra e che tali circostanze potrebbero far ritenere che attribuire responsabilità per l'indulto al ministro della giustizia significherebbe configurare una sorta di responsabilità per fatto altrui.
Tuttavia, sotto il profilo politico il ministro della giustizia ha una responsabilità diretta, anche se non certo unica (questo va riconosciuto), rispetto a tutta la vicenda dell'indulto. Una vicenda che nasce infatti al di fuori delle aule parlamentari e precisamente nel giugno del 2006 quando, in occasione della visita al carcere di Rebibbia, il ministro della giustizia si schierò manifestamente a favore dell'indulto innescando una pericolosissima aspettativa da parte dei detenuti; una aspettativa che, qualora delusa, avrebbe potuto portare anche a gravissime conseguenze nei penitenziari.
Ciò non scalfisce la grave responsabilità delle forze politiche che, in assoluta dissonanza con la società civile (si ricordi che solo il 14 per cento degli italiani si è dichiarato favorevole), hanno voluto l'indulto, ma certo ha rappresentato una forte spinta ad un'accelerazione dell'iter legislativo.
Ricordo ancora cosa mi si rispondeva in Commissione giustizia quando, nello Pag. 114scorso luglio, invitavo i colleghi a riflettere ulteriormente sull'opportunità di approvare la legge o, quanto meno, di accompagnarla con una serie di misure che avrebbero potuto attenuare il rischio (anzi, la certezza) di commissione di nuovi reati da parte dei beneficiari, una volta usciti dal carcere.
Mi si rispondeva che la legge doveva essere approvata urgentemente perché le carceri erano una polveriera che sarebbe esplosa ad agosto qualora non fosse stato concesso l'indulto, considerato che, dopo le dichiarazioni del ministro della giustizia di giugno a Rebibbia, l'indulto per i carcerati era diventato un diritto acquisito al quale non intendevano rinunciare.
Non si può, quindi, liquidare la questione dell'indulto come una vicenda parlamentare alla quale il Governo sia estraneo.
Ma le responsabilità del Governo non si limitano alla fase iniziale. Ricordo che nel corso dell'iter parlamentare il Governo ha trasmesso al Parlamento dei dati, che poi si sono dimostrati del tutto errati (in difetto), circa il numero dei soggetti che avrebbero potuto beneficiare dell'indulto. Questi non erano 12.000, come sosteneva il Governo, bensì circa il doppio.
Il Parlamento ha quindi lavorato sulla base di dati sbagliati, che non hanno consentito alle forze politiche ed ai cittadini, che preoccupati seguivano i lavori parlamentari, di comprendere nei termini esatti la reale drammatica portata della concessione dell'indulto.
Il Governo è poi responsabile anche perché non ha fornito un'adeguata copertura finanziaria al provvedimento. È vero che dalla scarcerazione di migliaia di detenuti deriva un risparmio per l'amministrazione penitenziaria, considerato 1'altissimo costo giornaliero di un detenuto, ma è pur vero che svuotare le carceri e riversare nella società migliaia di persone che non hanno un lavoro ha un rilevante costo sociale; costo sociale del quale il Governo non ha saputo - o non ha voluto - farsi carico, scaricandolo sulla società.
Il Governo è responsabile perché non ha preventivamente tenuto conto, nonostante Alleanza Nazionale non perdesse occasione per sottolinearlo, che con l'indulto migliaia di detenuti sarebbero usciti dalle carceri italiane e fra questi la gran parte sarebbero tornati in libertà senza un lavoro, una casa e l'assistenza medica.
Tutto ciò ha portato ad una situazione di emergenza per gli enti locali, dovuta alla massiccia richiesta di lavoro e reinserimento sociale che queste persone hanno rivolto alle strutture assistenziali. Un Governo responsabile avrebbe dovuto fornire prima i fondi necessari per il reinserimento degli ex detenuti. Fondi necessari per un'opportuna formazione per l'inserimento lavorativo di questi ultimi, per la ricerca di alloggi per ospitare gli ex detenuti senza casa e un'adeguata assistenza sanitaria soprattutto per quelli malati o in cattive condizioni di salute. Questi fondi non sono stati previsti, per cui il costo dell'indulto è stato pagato dai cittadini sempre più vittime di ex detenuti, che una volta scarcerati, hanno continuato a commettere delitti. Anche per questo motivo Alleanza Nazionale ha votato contro 1' approvazione della legge sull'indulto.
Ha votato contro non perché vi fosse una cieca e precostituita contrarietà all'istituto, ma perché si era contrari a quell'indulto. Alleanza Nazionale aveva posto infatti delle condizioni per votare a favore; condizioni che il Governo non ha accettato e che, quindi, sono state respinte dalla maggioranza.
Chiedevamo ad esempio - lo ricordo ai più distratti - di tenere in debito conto anche le vittime dei reati. A fronte dell'incontestabile sovraffollamento delle carceri, avevamo chiesto che lo Stato rispondesse con l'impegno per nuove carceri; avevamo chiesto che venissero esclusi dal beneficio di clemenza coloro che avessero nuovamente posto in essere attività delittuose; avevamo chiesto che venisse previsto un fondo per le forze dell'ordine, estendendo i benefici alle vittime dei reati terroristici e mafiosi, cioè a quanti fossero morti nell'adempimento del proprio dovere in occasione di reati terroristici o mafiosi.Pag. 115
Con le nostre richieste avevamo detto - ma vi sembra una richiesta scandalosa? - di porre almeno sullo stesso piano autore e vittima del reato, quella vittima di un reato che non può certo essere collocata in posizione inferiore rispetto all'autore del reato stesso: niente!
Avevamo chiesto come condizione per la concessione dell' indulto l'avvenuto risarcimento del danno: niente!
Oggi, con la coscienza a posto, posso quindi chiederle, signor ministro, che senso abbia avuto appoggiare un indulto per liberare le carceri, come le precedenti esperienze ci hanno insegnato, esclusivamente per pochi mesi.
È una grave responsabilità politica non dare una risposta a questa domanda. Ma Alleanza Nazionale le darà a breve la possibilità di riscattarsi, anche se solo in parte. Su richiesta del mio gruppo, nella prossima settimana sarà infatti inserita all'ordine del giorno della Commissione giustizia una proposta di legge, presentata dal collega Cirielli e sottoscritta da tutto il gruppo di Alleanza Nazionale, diretta a prevedere che la vittima del reato sia risarcita dallo Stato quando il fatto sia stato commesso da persona che sia stata liberata non perché abbia espiato in toto la pena comminata con la sentenza, ma a seguito di un provvedimento dello Stato che ha «accorciato» la pena (amnistia, indulto, grazia). Lo Stato potrà poi rivalersi dell'onere sull'autore del reato.
Signor ministro, la invito sin da oggi nella sua replica a dichiarare formalmente di sostenere questa proposta di legge che tutela gli interessi delle vittime di reati che sono stati commessi perché da parte dello Stato vi è stata una valutazione sbagliata che ha portato alla scarcerazione di un soggetto che, secondo la pena comminata, avrebbe dovuto ancora espiare la sua pena.
Si tratta di una proposta di legge che può essere considerata come forma di attuazione di un principio particolarmente caro ad Alleanza Nazionale, ma non anche a voi: la certezza della pena.
Ma, tornando alle responsabilità del Governo, occorre rilevare come ancora più gravi, considerato che si tratta di un provvedimento di iniziativa governativa, siano le responsabilità del Governo stesso per i danni recati dal decreto Bersani al settore della giustizia.
Come ben ricorderà, signor ministro, il decreto ha introdotto norme destinate ad incidere pesantemente sulla disciplina della professione forense (in particolare: l'abrogazione delle tariffe fisse o minime e del divieto del cosiddetto patto di quota lite, nonché l'eliminazione dei limiti alla pubblicità), insieme a disposizioni destinate a pregiudicare gravemente il già carente funzionamento del servizio giustizia (in particolare una cospicua riduzione degli stanziamenti per le spese di giustizia).
Anche in questo caso, come per l'indulto, il Guardasigilli non è stato l'artefice diretto del provvedimento. Anzi, ricordiamo che una delle tante polemiche tra ministri che ha scandito la vita di questo Governo ha visto come protagonista proprio il ministro Mastella nei confronti del ministro Bersani, colpevole di aver inserito nel decreto-legge disposizioni significative in materia di giustizia senza averle prima concordate con il ministro della giustizia. Ma politicamente è lei, signor ministro, che deve risponderne, se non altro per continuare a far parte di un Esecutivo che, in materia di giustizia, neppure la interpella.
A parte queste polemiche, che rendono sempre più evidente la debolezza di un Esecutivo spaccato, rimane un dato: dopo il decreto-legge Bersani la giustizia è ancora di più in crisi. Non sono solo i professionisti ad essere stati danneggiati dal provvedimento, ma i cittadini-utenti del servizio giustizia.
L'abolizione dei minimi tariffari ha aperto la strada ad una incontrollabile corsa al ribasso nell'offerta delle prestazioni professionali, inevitabilmente destinata a tradursi in uno scadimento del livello delle stesse, quanto meno a seguito della conseguente riduzione delle risorse da destinarsi alla ricerca della qualità.
La rimozione del divieto di pubblicità, in assenza di una disciplina di titoli e specializzazioni (da tempo attesa nel più Pag. 116vasto ambito della riforma dell'ordinamento professionale), ha aperto la strada ai più gravi abusi informativi nei riguardi dell'utenza, provocando così un risultato esattamente opposto a quello auspicato.
La rimozione del divieto del cosiddetto patto di quota lite è portatrice di gravi ed imprevedibili conseguenze sul piano del rischio di compromissione della terzietà dell'avvocato rispetto all'oggetto della lite terzietà che rappresenta la garanzia della sua oggettività e della sua serenità nella gestione degli interessi del cliente ed a salvaguardia della sua stessa dignità, autonomia ed indipendenza.
Ma i danni più gravi li ha prodotti il taglio drastico alle spese di giustizia che di fatto ha azzerato la possibilità di ricorrere al gratuito patrocino da parte delle fasce più deboli della popolazione.
Fino all'inizio di luglio 2006 il pagamento da parte dello Stato avveniva, infatti, col sistema delle anticipazioni da parte delle Poste italiane. Il decreto Bersani, invece, ha stabilito che «si provvederà», se e fino a quando ci saranno i soldi, esattamente come per i risarcimenti previsti dalla cosiddetta «legge Pinto» in caso di ritardi giudiziari. Questi fondi, signor ministro, non ci sono, né è possibile ricorrere al sistema delle anticipazioni, per cui in questo momento in Italia chi non ha a disposizione i mezzi finanziari necessari non può accedere alla giustizia. Ciò, signor ministro, è gravissimo. Le chiedo come sia possibile che il ministro della giustizia non abbia preteso che la legge finanziaria appena approvata rimediasse a tale grave situazione.
Solo questo dato sarebbe sufficiente per giudicare fallimentare la politica del Governo di sinistra in materia di giustizia: chi non ha i soldi non può chiedere giustizia allo Stato. Una giustizia denegata alle classi meno abbienti. D'altro canto, anche chi si trova nelle condizioni economiche di potersi permettere un difensore difficilmente riuscirà ad ottenere giustizia, considerato che un processo può durare anche decenni prima di arrivare a conclusione.
È mai possibile che in otto mesi il Governo non sia stato in grado di elaborare proposte dirette ad attuare il principio costituzionale della ragionevole durata del processo? Una giustizia lenta, lei dovrebbe saperlo, è la negazione della giustizia. Non servono nuovi magistrati per accelerare la giustizia, ma occorre modificare il processo civile, come quello penale, attraverso riforme legislative ed occorre soprattutto l'organizzazione. Che fine ha fatto, ad esempio, il processo civile telematico? Il Governo, questo Governo, non solo non promuove alcuna riforma, ma azzera quelle che sono state da poco varate. Mi riferisco in particolare all'ordinamento giudiziario, una vicenda emblematica dell'approccio della maggioranza di centrosinistra ai problemi della giustizia, sia sotto il profilo metodologico che di contenuto: altro che appello bipartisan del Capo dello Stato!
Il primo atto significativo compiuto dal Governo in materia di giustizia non è stato quello di proporre innovazioni legislative volte a guarire la giustizia italiana, ma di annullare la prima riforma dell'ordinamento giudiziario che si era riusciti a realizzare in circa sessant'anni. Il 14 giugno 2006, infatti, appena avviata la legislatura, lei ha presentato al Senato un disegno di legge volto a non far acquistare efficacia agli ultimi tre decreti legislativi emanati in attuazione della delega in materia di riforma dell'ordinamento giudiziario varata dal Governo di centrodestra nella scorsa legislatura, dopo ben tre anni di esame parlamentare. Di questi, al termine di un serrato confronto, specialmente al Senato, siete riusciti a bloccarne soltanto uno, che però costituisce il cuore dell'intera riforma, in quanto si tratta proprio di quello volto ad introdurre i principi della separazione delle funzioni e della meritocrazia nella progressione in carriera dei magistrati.
Un Governo responsabile e non fazioso avrebbe tenuto una diversa condotta, invece si è affidato ad una strategia del differimento diretta a rinviare sine die i problemi, anziché ad affrontarli per risolverli. La riforma Castelli proponeva una Pag. 117soluzione che avrebbe ottenuto un risultato minimo, ma essenziale per procedere nella direzione di una vera riforma della giustizia: la separazione delle funzioni. Nonostante si tratti di un risultato - ripeto, minimo - rispetto alla separazione delle carriere sancita dal principio costituzionale del giusto processo, si è preferito azzerarlo non facendolo neanche entrare in vigore.
La separazione delle funzioni rappresenta il presupposto minimo per giungere ad un processo accusatorio in cui le parti hanno uguali poteri e garanzie rispetto ad un giudice terzo. La stretta commistione tra magistrati requirenti e giudicanti è a tutto discapito del cittadino, che finisce per trovarsi stritolato dalle maglie della giustizia. Un processo come quello vigente non è certo un processo ad armi pari, come invece vuole la Costituzione e, forse, anche lei stesso, signor ministro, considerato che è noto il suo favore, anche per motivi familiari e di cultura, per il mondo americano. Ma, purtroppo, il processo ad armi pari non piace ai magistrati - o, per meglio dire, ad alcuni magistrati - per cui non si può fare!
Un esempio emblematico di come la cultura del processo accusatorio non appartenga per niente al suo Governo, signor ministro, lo abbiamo in Commissione giustizia, dove è in corso di esame, insieme a proposte d'iniziativa parlamentare, il disegno di legge del Governo in materia di intercettazioni telefoniche, che contiene una disposizione che, in apparenza, potrebbe essere considerata secondaria e modificabile senza difficoltà in via emendativa, ma che invece è solamente la punta di un iceberg. Secondo il Governo, il fascicolo in cui sono conservate le intercettazioni telefoniche non deve essere tenuto e conservato dal giudice terzo, bensì dal pubblico ministero, che altro non è che una parte processuale, come lo è la parte privata. Credo che ogni ulteriore commento su come il Governo, in materia di parità delle parti processuali, sia del tutto parziale, appaia del tutto superfluo.
Signor ministro, all'inizio della legislatura, nonostante la sua appartenenza ad un Governo palesemente sbilanciato a sinistra, nutrivo qualche speranza in lei, come uomo e come politico moderato. Oggi ho iniziato il mio intervento lamentandomi di come il Governo di centrosinistra non abbia fatto nulla per sanare la disastrata giustizia italiana. Se, però, faccio un bilancio di quelle poche cosa fatte, mi rendo conto che anche all'inizio del mio intervento mi sbagliavo; a questo punto la speranza non può che essere quella che non facciate più nulla, che non facciate nuovi danni, nel breve tempo che passerà prima che gli italiani rimandino a casa questo Governo.
Le riforme, in materia di giustizia, quelle vere, toccherà a noi ricominciare a farle!
TESTO INTEGRALE DELLA DICHIARAZIONE DI VOTO FINALE DEL DEPUTATO CARLO COSTANTINI SUL DISEGNO DI LEGGE N. 1496 ED ABBINATE.
CARLO COSTANTINI. Il gruppo dell'Italia dei Valori voterà a favore del disegno di legge all'esame dell'Assemblea, per le ragioni in parte già espresse nel precedente intevento svolto in discussione generale.
Si tratta di una condivisione che scaturisce molto più dal contesto nel quale ci siamo trovati ad intervenire che dal contenuto delle decisioni che ci accingiamo ad assumere.
Si tratta, infatti, per alcune disposizioni di scelte e di opzioni che in condizioni normali avrebbero dovuto esercitare il mondo dello sport, nell'ambito della sua autonomia o le società professionistiche nell'esercizio delle rispettive attività di impresa.
Si tratta, per altre disposizioni di equilibri che solitamente vengono assicurati dal mercato e dall'applicazione delle regole sulla libera concorrenza.
Sappiamo tutti, però, senza esclusioni che ci muoviamo in un contesto diverso ben rappresentato sia nelle cause che negli effetti dai risultati dell'indagine conoscitiva sui fenomeni del calcio recentemente Pag. 118conclusa. Gli effetti negativi sono quelli esplosi con gli scandali che hanno recentemente colpito il mondo del calcio.
Le cause vanno invece rinvenute nelle scelte precedentemente operate dal legislatore, in due decisioni, in particolare: quella di riconoscere la possibilità delle vendite individuali dei diritti televisivi; quella di introdurre per le società sportive professionistiche il fine di lucro ed addirittura la possibile quotazione in borsa.
Ne è derivata, tra l'altro, l'accentuazione del divario tra le società sportive ricche e le società sportive con minore disponibilità, un divario che se non arrestato e contenuto, potrebbe addirittura portare alla scomparsa di ogni valenza competitiva delle manifestazioni sportive e, con essa, anche alla scomparsa di ogni forma di interesse ad opera dei tifosi e degli utenti del prodotto sportivo radio-televisivo.
Purtroppo negli ultimi mesi sia gli organismi rappresentativi delle società professionistiche, che le singole società non hanno manifestato una significativa capacità di autoinformarsi soprattutto in ragione della volontà - legittima, se valutata individualmente - di difendere le posizioni di forza, di volta in volta acquisite. Queste obiettive inerzie, unite alla evidenza ed alla gravità dei processi degenerativi del sistema già accertati ed alla considerazione che la modifica del sistema impone, almeno per alcune parti, la modifica di leggi in vigore, ha reso per certi versi obbligata la scelta dell'intervento legislativo all'esame dell'Aula ed irrinunciabile anche l'esigenza di disciplinare aspetti che, in un altro contesto, non avremmo consentito che fossero disciplinati con legge.
Sono stati previsti principi e criteri che vincolano in parte le destinazioni e le modalità di utilizzo dei proventi della vendita dei diritti televisivi, ma è stato anche accolto un emendamento che di fatto impegna il Governo ad esercitare la delega solo nel caso in cui la lega non definisca autonomamente le regole attraverso le quali procedere alla ripartizione delle risorse finanziarie.
Si tratta, quindi, di un intervento equilibrato, necessario, ma non risolutivo; un intervento che apre una fase di riforma del sistema che potrà ritenersi conclusa solo quando le Camere avranno avuto la possibilità di riconsiderare il fine di lucro delle società sportive con giusta puntualizzazione. Concludo, sottolineando di nuovo che il mancato accoglimento di un emendamento dell'opposizione che affronta la questione non è la conseguenza di una valutazione negativa, ma l'effetto di una riflessione che ci ha indotto a ritenere troppo complesso l'intervento perché potesse essere introdotto e disciplinato con un semplice emendamento calato, tra l'altro, in una materia radicalmente diversa, quale è quella della disciplina dei diritti televisivi degli sport professionistici.
TESTO DELLA DICHIARAZIONE DI VOTO FINALE DEL DEPUTATO ROBERTO POLETTI SUL DISEGNO DI LEGGE N. 1496.
ROBERTO POLETTI. Onorevoli colleghi, noi Verdi siamo persuasi della bontà e della necessità di questa legge delega che mira a restituire al gioco del calcio la dignità che merita ed a favorirne, al tempo stesso, uno sviluppo.
Il calcio nel nostro paese non è un semplice gioco. Per molti giovani rappresenta una scuola di vita in grado di educare chi ne faccia esperienza a valori fondamentali come la lealtà e la dignità. Più in generale il calcio ha un valore simbolico e anche un crescente peso economico-finanziario. Il calcio professionistico in Italia rappresenta infatti un vero e proprio settore industriale, con una crescita costante in termine di fatturati delle società, al quale però si affianca un pesante e pericoloso indebitamento accumulatosi negli anni. In definitiva, quindi, l'importanza del pallone professionistico è ormai tale che tutto ciò che avviene in quest'ambito influenza inevitabilmente la vita di tutto il paese, anche di chi, come il sottoscritto, non ne fa un culto e che vive con un certo Pag. 119disagio la sua faccia oscura: quella violenta di alcune tifoserie e l'arroganza finanziaria di certe società.
Negli ultimi anni il mondo del calcio ha vissuto molteplici scandali: il problema del doping, le partite truccate e la corruzione dilagante che hanno caratterizzato e avvelenato un'intera e lunga stagione calcistica alterando pesantemente gli equilibri competitivi tra i soggetti partecipanti al campionato italiano e quindi, indirettamente, anche le competizioni sportive europee. Gli scandali hanno fatto di calciopoli una sorta di nuovo capitolo di tangentopoli. Ancora una volta i cittadini italiani hanno dovuto vivere quel senso di spiazzamento e amarezza che sperimenta chi viene ingannato e raggirato, defraudato di ciò che ha più caro. Neppure la vittoria ai mondiali ha potuto cancellare l'impressione nella pubblica opinione che il calcio sia ormai divenuto una cosa «sporca», sistematicamente falsificata secondo gli interessi dei più forti. Centri di potere in grado di condizionare, oltre ai risultati sportivi, la redistribuzione dei profitti mediatici di settore.
Inoltre i nuovi sistemi di comunicazione, da internet al mobile broadcasting via Umst, hanno radicalmente modificato il mercato, che peraltro già preannuncia ulteriori nuovi sviluppi. Ma non basta, negli ultimi mesi, un notevole numero di contratti di acquisto dei diritti televisivi sono stati firmati, ed è quindi davvero urgente definire una disciplina per gli stessi.
D'altro canto i risultati dell'indagine conoscitiva sul pallone professionistico dell'Antitrust parlano chiaro: sul settore pesano ricavi incerti, troppo legati ai risultati e, soprattutto grava in modo insostenibile una dipendenza eccessiva dai diritti televisivi. I diritti televisivi rappresentano infatti ormai oltre il 40 per cento dei ricavi delle società di Serie A. Inoltre, l'attuale regime di vendita e ripartizione dei diritti televisivi esistente in Italia favorisce sistematicamente i grandi, accentuando gli squilibri di tipo economico tra società maggiori e minori e dando vita a campionati fin troppo prevedibili.
Come sottolineò alla Commissione cultura il presidente della stessa Antitrust, Antonio Catricalà, «non sembra quindi che l'attuale assetto delle regole e delle istituzioni che governano il settore sia configurato in modo tale da poter effettivamente perseguire gli interessi generali del mondo del calcio». Vale a dire che, senza mezzi termini, le regole attualmente in vigore, al di là delle contingenze e degli scandali, si sono dimostrate inadeguate rispetto alla necessità di garantire competizione libera e corretta sia nel mercato che nei campi sportivi.
Per tutte queste ragioni una rapida revisione della disciplina relativa alla titolarità ed al mercato dei diritti televisivi che tenga conto della necessità di restituire al calcio la dignità che merita e che sia, al tempo stesso, adeguata alle nuove condizioni di mercato ed alla piattaforme emergenti è parsa necessaria anche a noi Verdi e siamo persuasi che questa delega al Governo possa assolvere in tempi sufficientemente brevi al compito, garantendo tutta l'elasticità necessaria per affrontare nel modo più conveniente la materia e realizzare un sistema efficace e coerente di misure idonee ad assicurare trasparenza ed efficienza nel mercato dei diritti di trasmissione.
Mi sembra opportuno sottolineare la bontà dei principi riconosciuti dal provvedimento come linee guida a cui si dovrà attenere l'Esecutivo, a partire dal riconoscimento del carattere sociale dell'attività sportiva quale strumento di miglioramento della qualità della vita e quale mezzo di educazione e sviluppo della società; che, significativamente, precede tutti gli altri.
È nostro auspicio che questo principio, riconosciuto dal Consiglio europeo con la dichiarazione di Nizza, sia adeguatamente preso in considerazione in fase attuativa, nel senso che il calcio non può e non deve essere inteso solo in termini di merce spettacolare ma, innanzitutto, come occasione di integrazione delle differenze, sviluppo della tolleranza e dello spirito di aggregazione.
Dal punto di vista fattuale il principio destinato a produrre i maggiori effetti Pag. 120contenuto in questa legge delega è l'equa ripartizione delle risorse e la mutualità. Già l'antirust per ottenere questi risultati, vale a dire una più giusta e socialmente utile ripartizione delle risorse del settore, indicava la strada della vendita centralizzata dei diritti televisivi. In particolare, il testo conclusivo dell'indagine svolta dell'Autorità suggeriva «che i compiti di ripartizione dei proventi dovrebbero essere attribuiti ad un soggetto terzo, o quantomeno ad un organismo indipendente che risponda alla Figc.» Il provvedimento sul quale siamo chiamati ad esprimere il nostro giudizio, recepisce entrambi i suggerimenti attribuendo alla stessa Autorità garante della concorrenza e del mercato congiuntamente all'Autorità per le garanzie delle comunicazioni, le funzioni di vigilanza e controllo. È vero che l'antitrust si augurava che questo risultato fosse perseguibile per altre vie, ma, alla resa dei conti, ciò si è dimostrato, in tempi ragionevoli, non possibile. In ogni modo, questa legge delega impegna il Governo a predisporre un sistema di vendita dei diritti televisivi e più in generale mediatici, che possa garantire una mutualità effettiva, vale a dire che tutte le società potranno partecipare in modo significativo ed equo degli introiti di questo mercato. Particolarmente importante mi sembra poi il fatto che tale ripartizione debba avvenire in modo da valorizzare e incentivare le categorie inferiori e lo sviluppo del settore giovanile. Il che dovrebbe significare non solo più giustizia sociale e sportiva, ma anche una crescita qualitativa del settore. Sempre dal riconoscimento del carattere sociale dell'attività calcistica discende l'opportunità di destinare una quota delle risorse economiche e finanziarie derivanti dalla commercializzazione dei diritti a fini di mutualità generale del sistema sportivo.
L'applicazione dell'ultimo dei principi elencati dalla legge, la tutela dei consumatori, particolarmente caro a noi Verdi, impone innanzitutto una correttezza sportiva cristallina e indiscutibile e anche modalità d'accesso il più aperte possibile, senza eccessivo pregiudizio del diritto alla utilizzazione a fini economici della competizione sportiva da parte delle società. Sono peraltro persuaso che una vera libera concorrenza tra gli operatori della comunicazione favorirà quest'ultimo risultato. Come Verdi siamo inoltre particolarmente lieti, ed io lo sono a maggior ragione per la mia personale storia professionale, che il provvedimento preveda esplicitamente la salvaguardia delle esigenze dell'emittenza locale, particolarmente importante per lo sviluppo delle società calcistiche «minori», ma importanti e radicate nel territorio.
Per concludere, mi sembra infine doveroso riconoscere all'Esecutivo una grande disponibilità nel raccogliere i suggerimenti della Commissione - grazie al collega Arnold Cassola che mi ha suggerito e con me ha portato avanti un emendamento che garantisce l'accesso ai programmi del calcio anche per gli italiani all'estero - e, più in generale, dell'Assemblea, prova che questo provvedimento risponde veramente alle esigenze di un settore e del Paese tutto ed è agli antipodi di un provvedimento ad hoc o, peggio, di un provvedimento punitivo ai danni di un operatore particolare. Questa legge delega mira piuttosto a favorire lo sviluppo di un calcio italiano che sappia coniugare il grande spettacolo alla dignità e agli insegnamenti di vita che ogni grande sport può dare ai suoi praticanti ed estimatori.
TESTO INTEGRALE DELLA DICHIARAZIONE DI VOTO FINALE DEL DEPUTATO ANTONIO RUSCONI SUL DISEGNO DI LEGGE A.C. 1496.
ANTONIO RUSCONI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, in coerenza con la richiesta dell'urgenza della delega al Governo richiesta e ottenuta in questa Assemblea lo scorso 21 settembre, sono, a nome del gruppo dell'Ulivo, a dichiarare un voto positivo su un provvedimento che segna un primo risultato importante nella direzione di restituire una credibilità effettiva al calcio italiano, sicuramente lo sport più popolare e di maggior impatto sociale nel Paese, ma che, nell'anno del Pag. 121trionfo della Nazionale e del successo di due azzurri, Cannavaro e Buffon, ai primi due posti in classifica del «Pallone d'oro», ha visto la più grave malattia della sua storia, una crisi di sistema.
Non è stato casuale, anzi è stato un fattore di estrema utilità, che il percorso di questo provvedimento sia stato accompagnato dalle audizioni della Commissione di indagine sul calcio professionistico.
Vi è stata infatti in quelle occasioni una unanimità di pareri per la vendita centralizzata dei diritti, aspetto che peraltro ripeteva le conclusioni della precedente commissione di indagini, denominata «Adornato-Lolli», che nel luglio del 2004 aveva evidenziato con grande lungimiranza e chiarezza le anomalie della GEA, la discutibilità delle società di calcio quotate in Borsa, lo status dei calciatori come lavoratori subordinati, i bilanci delle società forzati con plusvalenze diffuse e fidejussioni «facili».
Quel documento fu approvato all'unanimità, ottenne l'adesione in un solenne convegno nella Sala della Lupa dei vertici di FIGC e Lega professionisti e sottolineava che «l'attuale 'sistema di mutualità' non è stato in grado di produrre un effettivo riequilibrio tra il ristretto gruppo delle 'grandi' e il resto delle società professionistiche italiane». Allo stesso tempo, esso non ha neanche evitato che le società beneficiarie conoscessero gravi episodi di crisi finanziaria.
Il problema non è quello (o non è solo quello) della quantità di risorse che vengono trasferite. Il nodo sembra essere piuttosto quello della loro utilizzazione da parte dei beneficiari, che appare non corrispondere pienamente alle finalità che dovrebbero essere sottese agli interventi in mutualità.
Occorre pertanto una riflessione sulla natura stessa e sulle finalità del sistema mutualistico.
Da questo punto di vista, la proposta più diffusamente sostenuta è quella di un ritorno alla cessione collettiva dei diritti televisivi criptati.
La responsabilità della politica del Governo di allora fu di non rispondere. La responsabilità del mondo del calcio, con un impegno preciso del presidente della FIGC, Carraro, fu di non fare nulla; anzi, il presidente della Lega calcio, il dottor Galliani, intervenne in Commissione per dire che avrebbe prestato attenzione particolare a questa proposta, tranne poi firmare in esclusiva un contratto ancora in vigore come amministratore delegato del Milan insieme all'Inter e alla Juventus.
Così fu calpestato il ruolo del Parlamento. Successivamente, vi fu l'iniziativa lodevole del deputato Ronchi di Alleanza Nazionale, sostenuta in un giorno da tutti i capigruppo dell'opposizione, da tutta la maggioranza, ma fermata platealmente dal maggior partito di Governo, ovvero da Forza Italia.
Ha fatto bene il collega Bono a ricordare nella discussione generale come la proposta Ronchi andasse nella stessa direzione del provvedimento oggi in approvazione, ma avrebbe dovuto ricordare come in quell'occasione fu il Governo a bloccare un'iniziativa che trovava consenso nel Paese prima che in quest'aula.
Allora, la legge delega del Governo riprende i concetti del disegno di legge Ronchi, riproposto anche in questa legislatura. La vendita centralizzata dei diritti sul modello inglese non vuole mettere sullo stesso piano con un falso egualitarismo, il Chievo o il Milan, ma vuole dare al Chievo e al Messina la possibilità che anche i loro diritti abbiano un mercato.
Vi deve essere dunque un obiettivo condiviso nel merito, l'obiettivo che il campionato di calcio italiano, che è lo sport nazionale, ha anche un grande valore sociale. Per questo c'è il problema di salvaguardare tutto il sistema, con i proventi che, ad esempio, negli anni Novanta il Totocalcio salvaguardava, dai dilettanti, ai vivai, alla serie C. Molti in quest'aula hanno rimarcato l'importanza che alcuni di questi fondi giungano a realtà come quella dei vivai.
Come si fa a esaltare l'impegno di migliaia di dirigenti delle società dilettantistiche, il loro ruolo di autentico volontariato, ma se non si discute, rispettando anzitutto l'autonomia prioritaria del Pag. 122mondo del calcio, anche sulla redistribuzione delle risorse del sistema, come si fa a dare queste risposte? Perché non si dice che questo tema dei diritti televisivi è violato e che sono necessarie norme transitorie e urgenti per i diritti già in vigore, con opzioni che superano il 2010 riproponendo in modo evidente il dato del conflitto di interesse e di sistemi di monopolio di fatto?
E pure il quadro europeo, che spesso in politica si invoca secondo la convenienza, ci ricorda la vendita congiunta dei diritti della «UEFA Champions League» e nella decisione della Commissione Europea del 23 luglio 2003 si riconosce che «i club calcistici sono avvantaggiati dalla vendita dei diritti commerciali tramite un punto vendita unico o un'agenzia di vendita congiunta».
D'altra parte in Germania la vendita dei diritti della Bundesliga è centralizzata in mano alla Lega, come in Francia, mentre in Inghilterra la vendita centralizzata porta a una divisione per il 50% in parti uguali.
L'unica eccezione, seppure a regime transitorio, tra i paesi leaders nel mondo del calcio è la Spagna e su questo aspetto il vicepresidente del Milan, Dr. Galliani, è intervenuto in modo autorevole spiegando come minori risorse derivanti dai diritti televisivi di fatto porterebbe i migliori club italiani a un ruolo marginale in Europa.
Indubbiamente la questione pone una riflessione, ma un'analisi completa dovrebbe indurre a verificare il fatto che in Inghilterra ad esempio gli stadi sono pieni sempre nonostante la trasmissione televisiva in diretta di tutte le più importanti partite, perché vi sono stadi moderni, sicuri anche sul tema della violenza, in genere di proprietà delle società, che nella stessa Spagna, pur disponendo di risorse enormi, Barcellona e Real Madrid faticano ad emergere nel proprio campionato su Siviglia e Valencia che dispongono di budget molto più ridotti, che basterebbe riflettere sul famoso documento Arnaut che lo stesso politico portoghese ci ha illustrato in Commissione.
Su posizioni analoghe, in una recente intervista, il ministro inglese Richard Carbon ha dichiarato che «è decisamente sbagliato che il futuro del calcio si giochi nelle aule di tribunale e non all'Old Trafford, a San Siro o al Bernabeu. Sono convinto che il calcio sia giunto ad un bivio: da una parte c'è uno sport inclusivo, trasparente e responsabile; dall'altra, uno sport esclusivo ed elitario, strangolato dall'eccessiva commercializzazione, che passa da una crisi all'altra. Per i politici come me questo è importante, perché lo sport non è solo un business. Il suo ruolo nella società abbraccia la sanità, l'istruzione e l'inclusione sociale. Questo ruolo speciale è stato riconosciuto dai Capi di Governo ed è per questo che qualche mese fa, durante la Presidenza britannica della Ue, ho avviato i lavori per un Rapporto indipendente dello Sport Europeo. Esso formula una serie di raccomandazioni su come dovrebbe essere gestito il calcio in Europa. Il suo principio centrale è che gli organismi sportivi, come Fifa, Uefa e autorità nazionali del calcio sono i più adeguati per gestire il gioco e, nei casi opportuni e legittimi, la Ue e i governi nazionali dovrebbero lasciarli agire senza indebite interferenze.
Fra le proposte del Rapporto ci sono nuove regole sui giocatori di origine nazionale, migliori controlli sugli agenti, una maggiore trasparenza finanziaria e delle regole per una migliore stabilità finanziaria. Spero si riconosca che le questioni che esso solleva ed il suo orientamento saranno centrali per un Libro Bianco europeo sullo sport. Se ciò accadrà, disporremo di un chiaro percorso da seguire per garantire un futuro migliore al calcio europeo.
Qualcuno cercherà di spacciare questo come un'interferenza di Bruxelles nel calcio. Non c'è niente di più lontano dalla realtà. Si tratta di dare alle autorità sportive un mandato chiaro ed una certezza giuridica per regolare il proprio sport. Il calcio si fondava sull'attrazione delle masse e la partecipazione di massa. È radicato nelle comunità e nei tifosi da cui sono sorti i club. La sua storia e la gioia Pag. 123che questo sport regala a così tante persone devono essere difese ad ogni costo».
Questo è uno dei motivi per cui, dopo le audizioni, il Governo e la maggioranza, raccogliendo sollecitazioni pervenute da alcuni colleghi dei vari schieramenti hanno deciso di accettare in Commissione emendamenti che rafforzano, anche in questo campo, l'autonomia del mondo dello sport, che non è un simulacro da sbandierare secondo le convenienze, ma pone ai vertici del calcio italiano la responsabilità di una redistribuzione più equa (non vi è libertà senza giustizia) delle risorse dei diritti televisivi, di una tutela dei diritti di cronaca delle TV locali sulle serie minori, dove non vi è business ma dovuta informazione, di una gestione più seria dei bilanci dei club professionistici, eliminando gradualmente la vergogna dei mancati versamenti fiscali.
Vi è infine un auspicio, diremmo con le parole autorevoli del Commissario straordinario Figc, Luca Pancalli, «un unico obiettivo, riportare serenità per ridare al mondo del calcio dignità e democrazia. La serenità passa attraverso la capacità di dialogare con tutte le componenti. Il calcio non è tutto malato, ci sono centinaia di migliaia di persone che fanno parte di un mondo pulito. Dobbiamo dare ottimismo a tutti i tifosi e a tutti gli appassionati italiani».
E infine la conclusione: questa maggioranza è spesso stata accusata durante il dibattito su questo provvedimento di invadere l'autonomia del mondo del calcio.
Vorremmo sommessamente ricordare agli amici e ai colleghi quali furono gli interessi della politica per «boicottare» i risultati della Commissione di indagine del 2004 e riaffermare che compito della politica è quello di comprendere, assecondare e guidare i processi, non di forzarli o piegarli a schemi studiati a tavolino; e quando ciò accade, la realtà, per una sorta di eterogenesi dei fini, si ribella e produce effetti non voluti e opposti, convinti che la democrazia sia un compito e un impegno perenne, più che un dato definitivo.
Per questo riteniamo che dopo l'elezione autonoma e autorevole dei nuovi presidenti della Lega Professionisti e dell'AIA, l'approvazione unanime del nuovo Statuto della Figc, questo provvedimento riporti giustizia, serenità e coerenza con il quadro europeo del mondo del calcio, che merita in tutto il suo sistema la dignità e l'orgoglio di essere campioni del mondo.
VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO
INDICE ELENCO N. 1 DI 6 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13 | ||||||||||
---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|
Votazione | O G G E T T O | Risultato | Esito | |||||||
Num | Tipo | Pres | Vot | Ast | Magg | Fav | Contr | Miss | ||
1 | Nom. | ris. E.VITO e altri n. 6-10 p.I | 429 | 428 | 1 | 215 | 182 | 246 | 73 | Resp. |
2 | Nom. | ris. E.VITO e altri n. 6-10 p.II | 434 | 430 | 4 | 216 | 426 | 4 | 73 | Appr. |
3 | Nom. | ris. MARAN e altri n. 6-11 | 430 | 429 | 1 | 215 | 248 | 181 | 73 | Appr. |
4 | Nom. | ris. CONSOLO n. 6-12 | 435 | 434 | 1 | 218 | 182 | 252 | 73 | Resp. |
5 | Nom. | ris. LUSSANA n. 6-13 p.I | 443 | 430 | 13 | 216 | 178 | 252 | 73 | Resp. |
6 | Nom. | ris. LUSSANA 6-13 | 442 | 428 | 14 | 215 | 178 | 250 | 73 | Resp. |
7 | Nom. | ris. LUSSANA n. 6-13 p.III | 439 | 420 | 19 | 211 | 171 | 249 | 73 | Resp. |
8 | Nom. | ris. LUSSANA n. 6-13 p.IV | 447 | 421 | 26 | 211 | 168 | 253 | 73 | Resp. |
9 | Nom. | ris. LUSSANA n. 6-13 p.V | 450 | 430 | 20 | 216 | 177 | 253 | 73 | Resp. |
10 | Nom. | ris. LUSSANA n. 6-13 p.VI | 449 | 434 | 15 | 218 | 179 | 255 | 73 | Resp. |
11 | Nom. | ddl 1496-A ed abb. - em. 1.86 | 459 | 459 | 230 | 204 | 255 | 70 | Resp. | |
12 | Nom. | em. 1.88 | 484 | 483 | 1 | 242 | 220 | 263 | 66 | Resp. |
13 | Nom. | em. 1.49, 1.91 | 483 | 483 | 242 | 219 | 264 | 66 | Resp. |
F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.
INDICE ELENCO N. 2 DI 6 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 26 | ||||||||||
---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|
Votazione | O G G E T T O | Risultato | Esito | |||||||
Num | Tipo | Pres | Vot | Ast | Magg | Fav | Contr | Miss | ||
14 | Nom. | em. 1.57 | 471 | 471 | 236 | 217 | 254 | 66 | Resp. | |
15 | Nom. | em. 1.89 | 469 | 469 | 235 | 216 | 253 | 66 | Resp. | |
16 | Nom. | em. 1.58, 1.92 | 470 | 470 | 236 | 211 | 259 | 66 | Resp. | |
17 | Nom. | em. 1.250 | 471 | 469 | 2 | 235 | 207 | 262 | 66 | Resp. |
18 | Nom. | em. 1.111 | 478 | 478 | 240 | 212 | 266 | 66 | Resp. | |
19 | Nom. | em. 1.201 | 478 | 478 | 240 | 218 | 260 | 66 | Resp. | |
20 | Nom. | em. 1.93 | 477 | 476 | 1 | 239 | 213 | 263 | 66 | Resp. |
21 | Nom. | em. 1.34 | 486 | 484 | 2 | 243 | 219 | 265 | 66 | Resp. |
22 | Nom. | em. 1.7 | 477 | 476 | 1 | 239 | 214 | 262 | 66 | Resp. |
23 | Nom. | em. 1.8 | 476 | 474 | 2 | 238 | 216 | 258 | 66 | Resp. |
24 | Nom. | em. 1.203, 1.204 | 475 | 428 | 47 | 215 | 424 | 4 | 65 | Appr. |
25 | Nom. | em. 1.63 | 477 | 477 | 239 | 220 | 257 | 65 | Resp. | |
26 | Nom. | em. 1.62 | 480 | 480 | 241 | 221 | 259 | 65 | Resp. |
INDICE ELENCO N. 3 DI 6 (VOTAZIONI DAL N. 27 AL N. 39 | ||||||||||
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Votazione | O G G E T T O | Risultato | Esito | |||||||
Num | Tipo | Pres | Vot | Ast | Magg | Fav | Contr | Miss | ||
27 | Nom. | em. 1.95 | 473 | 437 | 36 | 219 | 152 | 285 | 65 | Resp. |
28 | Nom. | em. 1.110 | 473 | 405 | 68 | 203 | 113 | 292 | 65 | Resp. |
29 | Nom. | em. 1.96 | 475 | 440 | 35 | 221 | 181 | 259 | 65 | Resp. |
30 | Nom. | em. 1.107 | 476 | 467 | 9 | 234 | 109 | 358 | 65 | Resp. |
31 | Nom. | em. 1.502 | 480 | 473 | 7 | 237 | 449 | 24 | 65 | Appr. |
32 | Nom. | em. 1.97 | 479 | 475 | 4 | 238 | 215 | 260 | 65 | Resp. |
33 | Nom. | em. 1.64 | 473 | 442 | 31 | 222 | 189 | 253 | 65 | Resp. |
34 | Nom. | em. 1.98 | 482 | 482 | 242 | 224 | 258 | 65 | Resp. | |
35 | Nom. | em. 1.9 | 474 | 474 | 238 | 218 | 256 | 65 | Resp. | |
36 | Nom. | em. 1.10 | 482 | 452 | 30 | 227 | 194 | 258 | 65 | Resp. |
37 | Nom. | em. 1.35 | 482 | 430 | 52 | 216 | 119 | 311 | 65 | Resp. |
38 | Nom. | em. 1.60 | 482 | 449 | 33 | 225 | 188 | 261 | 65 | Resp. |
39 | Nom. | em. 1.61 | 491 | 476 | 15 | 239 | 211 | 265 | 65 | Resp. |
INDICE ELENCO N. 4 DI 6 (VOTAZIONI DAL N. 40 AL N. 52 | ||||||||||
---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|
Votazione | O G G E T T O | Risultato | Esito | |||||||
Num | Tipo | Pres | Vot | Ast | Magg | Fav | Contr | Miss | ||
40 | Nom. | em. 1.100 | 475 | 339 | 136 | 170 | 78 | 261 | 65 | Resp. |
41 | Nom. | em. 1.66 | 490 | 461 | 29 | 231 | 193 | 268 | 65 | Resp. |
42 | Nom. | articolo 1 | 491 | 456 | 35 | 229 | 276 | 180 | 65 | Appr. |
43 | Nom. | articolo agg. 1.03 | 475 | 345 | 130 | 173 | 84 | 261 | 65 | Resp. |
44 | Nom. | odg 9/1496/1 | 486 | 482 | 4 | 242 | 219 | 263 | 65 | Resp. |
45 | Nom. | odg 9/1496/2 | 491 | 487 | 4 | 244 | 220 | 267 | 65 | Resp. |
46 | Nom. | odg 9/1496/4 | 486 | 486 | 244 | 217 | 269 | 65 | Resp. | |
47 | Nom. | odg 9/1496/5 | 490 | 487 | 3 | 244 | 217 | 270 | 65 | Resp. |
48 | Nom. | odg 9/1496/6 | 491 | 491 | 246 | 221 | 270 | 65 | Resp. | |
49 | Nom. | odg 9/1496/7 | 494 | 494 | 248 | 223 | 271 | 65 | Resp. | |
50 | Nom. | odg 9/1496/8 | 497 | 496 | 1 | 249 | 225 | 271 | 65 | Resp. |
51 | Nom. | odg 9/1496/9 | 495 | 495 | 248 | 225 | 270 | 65 | Resp. | |
52 | Nom. | odg 9/1496/10 | 488 | 488 | 245 | 223 | 265 | 65 | Resp. |
INDICE ELENCO N. 5 DI 6 (VOTAZIONI DAL N. 53 AL N. 65 | ||||||||||
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Votazione | O G G E T T O | Risultato | Esito | |||||||
Num | Tipo | Pres | Vot | Ast | Magg | Fav | Contr | Miss | ||
53 | Nom. | odg 9/1496/11 | 489 | 488 | 1 | 245 | 225 | 263 | 65 | Resp. |
54 | Nom. | odg 9/1496/12 | 495 | 493 | 2 | 247 | 225 | 268 | 65 | Resp. |
55 | Nom. | odg 9/1496/14 | 491 | 491 | 246 | 222 | 269 | 65 | Resp. | |
56 | Nom. | odg 9/1496/15 | 489 | 489 | 245 | 224 | 265 | 65 | Resp. | |
57 | Nom. | odg 9/1496/16 | 489 | 488 | 1 | 245 | 221 | 267 | 65 | Resp. |
58 | Nom. | odg 9/1496/17 | 484 | 477 | 7 | 239 | 215 | 262 | 65 | Resp. |
59 | Nom. | odg 9/1496/19 | 499 | 494 | 5 | 248 | 222 | 272 | 65 | Resp. |
60 | Nom. | odg 9/1496/20 | 494 | 492 | 2 | 247 | 223 | 269 | 65 | Resp. |
61 | Nom. | odg 9/1496/21 | 490 | 490 | 246 | 221 | 269 | 65 | Resp. | |
62 | Nom. | odg 9/1496/22 | 492 | 466 | 26 | 234 | 193 | 273 | 65 | Resp. |
63 | Nom. | odg 9/1496/23 | 495 | 467 | 28 | 234 | 199 | 268 | 65 | Resp. |
64 | Nom. | odg 9/1496/25 | 493 | 468 | 25 | 235 | 199 | 269 | 65 | Resp. |
65 | Nom. | odg 9/1496/26 | 490 | 487 | 3 | 244 | 221 | 266 | 65 | Resp. |
INDICE ELENCO N. 6 DI 6 (VOTAZIONI DAL N. 66 AL N. 66 | ||||||||||
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Votazione | O G G E T T O | Risultato | Esito | |||||||
Num | Tipo | Pres | Vot | Ast | Magg | Fav | Contr | Miss | ||
66 | Nom. | ddl 1496-A ed abb. - voto finale | 432 | 394 | 38 | 198 | 259 | 135 | 65 | Appr. |