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Saluto del Presidente della Camera dei deputati, Fausto Bertinotti (Sala della Lupa, 23 novembre 2006)


Ringrazio in primo luogo la collega Titti De Simone, Segretario di Presidenza e Presidente del Comitato per le pari opportunità della Camera dei deputati, che ha coordinato la realizzazione di questo importante contributo del Parlamento italiano alla Campagna per combattere la violenza contro le donne, promossa dal Consiglio d’Europa e che ha visto quest’anno l’azione convergente di numerosi parlamenti europei.

Saluto e ringrazio il Presidente della Commissione per le politiche dell’Unione europea, Franca Bimbi, e le altre colleghe deputate che hanno contribuito a definire i contenuti e l’articolazione del convegno e che oggi ne coordineranno i lavori: Giorgia Meloni, vicepresidente della Camera dei deputati; Valentina Aprea, segretario di Presidenza; le deputate Sesa Amici e Erminia Mazzoni.

Un saluto particolare rivolgo alle esponenti del mondo della ricerca e dell’università, delle istituzioni straniere, nazionali e locali, nonché ai rappresentanti dei movimenti e delle associazioni attivi nella promozione della presenza della donna nella vita pubblica e nella difesa della sua dignità: a loro va il mio ringraziamento per aver accolto l’invito ad arricchire la riflessione odierna con il proprio contributo di conoscenza, di esperienza e di sensibilità.

Per un certo periodo si è teso a valutare il fenomeno della violenza sulle donne come un problema principalmente legato a determinate dinamiche antropologiche e a condizioni culturali e sociali di arretratezza nel pianeta, lì dove più profonde sono le ferite inferte dalla miseria, dalla guerra e dalle malattie e dove la condizione femminile riflette con speciale acutezza il basso livello di protezione e di rispetto per i diritti umani.

Ora siamo costretti a considerare questa come una lettura che, se pure indispensabile per la comprensione complessiva del fenomeno, si viene progressivamente rivelando come parziale e non rivelatrice: la violenza di genere riguarda infatti da vicino anche i Paesi e le realtà più sviluppate. Questa intollerabile violenza costituisce una realtà diffusa, che riguarda le donne di ogni livello sociale e culturale, una realtà che si riproduce in forme sia antiche che inedite, nel cuore della modernizzazione.

Recenti studi condotti in ambito comunitario ci dicono, ad esempio, che in Europa la violenza subìta rappresenta la prima causa di morte delle donne nella fascia di età compresa tra i 16 e i 50 anni.

Sappiamo inoltre che questo fenomeno si presenta soprattutto all’interno delle mura domestiche – ambiente dalla tradizione considerato rassicurante nella cultura occidentale - e che spesso anche per ciò non viene denunciato: una realtà che ci colpisce profondamente e che ci impone di proseguire nello scavo per l’individuazione di culture, azioni e politiche adeguate a fronteggiare un fenomeno così allarmante.

Un significativo passo avanti in tale direzione è stato ad esempio conseguito, in Italia, con l’approvazione della legge n. 66 del 1996, che ha finalmente configurato il reato di violenza sessuale in termini di delitto contro la persona e la libertà personale. Un’acquisizione – quest’ultima - che ha marcato un punto di svolta più che dal punto di vista sanzionatorio, proprio dal punto di vista culturale, della creazione cioè di un nuovo senso comune improntato al rispetto della persona, della donna e della differenza.

Più di recente, è stata approvata la legge n. 154 del 2001, che ha inteso colpire specificamente il fenomeno della violenza domestica. A partire dal marzo 2006, ancora, il Dipartimento per le pari opportunità ha attivato il numero telefonico unico “antiviolenza donna” ed ha lanciato il progetto “Rete nazionale antiviolenza”, per rispondere alle domande di aiuto provenienti dalle donne che hanno subito abusi.

Si tratta di misure importanti, che hanno posto le basi per prevenire e combattere il ripetersi di episodi drammatici e laceranti, in coerenza con le sollecitazioni provenienti in questa direzione dalle istituzioni comunitarie.

Tuttavia, i fatti di cronaca di cui ogni giorno veniamo a conoscenza ci dicono che la violenza contro le donne è ben lungi dall’essere sconfitta. Molto resta dunque ancora da fare, soprattutto sul piano della maturazione di una nuova e più ampia consapevolezza della dimensione culturale, sociale e politica del problema.

La violenza di genere trova le sue radici in una condizione di minorità e subalternità imposta alle donne. Occorre allora agire per sradicare la pervasività di alcune forme patriarcali che ancora sussistono nella sfera pubblica e privata - anche nel nostro Paese - e che alimentano stereotipi che impediscono la piena realizzazione della parità tra i generi: stereotipi culturali che anche il mondo politico italiano non ha saputo sempre sufficientemente combattere.

Anche i recenti casi di abusi sulle donne, compiuti da ragazzi minorenni, ci impongono con urgenza una riflessione sul tema della crescente disposizione alla violenza che si sta evidenziando tra le giovani generazioni, in particolare nei confronti dei soggetti più deboli ed indifesi. Viviamo una profonda crisi della coesione sociale e una diffusa crisi di identità e di certezze. La violenza sulle donne ci pone grandi problemi di società.

E’ necessario allora intervenire fin dalla scuola, nelle famiglie, in tutti i luoghi della formazione civile e sociale dei ragazzi per prevenire inciviltà e degrado, per costruire nei giovani il rispetto ed il riconoscimento della diversità, il rifiuto dell’intolleranza e della prevaricazione fisica, il controllo dell’emotività, superando lo squilibrio relazionale tra uomini e donne e i pregiudizi che alimentano discriminazioni e prevaricazioni a danno di queste ultime.

Si tratta di individuare le cause storiche e quelle generatesi dentro la modernizzazione che ci ha investito. Si tratta di leggere in tutta la loro durezza e resistenza le forme di riproduzione della cultura patriarcale e di quanto alimentano la violenza sulle donne i processi di mercificazione dei rapporti umani, al riduzione dei rapporti a fattori di consumo, la rinascita del mito della forza, della violenza.

In Italia, i movimenti delle donne hanno saputo assumere un ruolo centrale nel sollecitare le Istituzioni a confrontarsi con chiarezza con la violenza di genere e costituiscono ancora oggi una risorsa indispensabile per rompere il silenzio.

“La violenza contro le donne – ha giustamente affermato il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan - è forse la violazione dei diritti umani più vergognosa. Essa non conosce confini né geografia, né cultura, o ricchezza. Fintanto che continuerà, non potremo pretendere di aver compiuto dei reali progressi verso l’uguaglianza, lo sviluppo e la pace”.

Con l’auspicio che l’assise odierna possa rappresentare un passo avanti in questa importante battaglia di civiltà, rivolgo a tutti gli intervenuti i miei più vivi auguri di buon lavoro.

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