Ordinamento della Repubblica – Il testo approvato dalle Camere

L’iter parlamentare

Nell’autunno del 2005 le Camere hanno approvato, dopo un iter durato circa due anni, una legge di revisione costituzionale volta a modificare o sostituire la maggior parte degli articoli della Parte II della Costituzione, che disciplina l’ordinamento della Repubblica.

Ripercorrendo brevemente l’iter che ha portato all’approvazione del testo di riforma, si ricorda che il 17 ottobre 2003 il Governo ha presentato al Senato della Repubblica un disegno di legge di revisione costituzionale[1], che fin dall’origine si proponeva di modificare nel suo complesso la Parte II della Costituzione.

Sia il Senato (A.S. 2544) sia, successivamente, la Camera dei deputati (A.C. 4862) hanno apportato numerosi emendamenti al progetto, approvandolo quindi nel medesimo testo in prima deliberazione, rispettivamente, il 25 marzo 2004 (con il nuovo titolo Modifiche alla Parte II della Costituzione) ed il 15 ottobre 2004.

Come prevede l’articolo 138 della Costituzione per i progetti di legge costituzionale, il testo è stato quindi sottoposto all’esame di entrambe le Camere per una seconda deliberazione[2]. La Camera dei deputati ha approvato il testo nella seduta del 20 ottobre 2005, ed il Senato della Repubblica nella seduta del 16 novembre 2005. In entrambe le Camere il testo è stato approvato con la maggioranza assoluta dei componenti, e non con la maggioranza dei due terzi[3], condizione quest’ultima che avrebbe escluso, alla stregua del vigente art. 138, la possibilità di sottoporre il testo a referendum popolare.

La legge costituzionale è stata dunque pubblicata nella Gazzetta ufficiale n. 269 del 18 novembre 2005, ma non è ancora entrata in vigore, in quanto è stata chiesta la sua sottoposizione a referendum popolare, ai sensi del citato art. 138 Cost..

 

Tale articolo dispone che, nel caso in cui nella seconda votazione la legge non sia approvata da entrambi i rami del Parlamento a maggioranza dei due terzi dei componenti, il testo può essere sottoposto a referendum popolare se ne fanno richiesta un quinto dei membri di una Camera, o 500.000 elettori, o cinque consigli regionali. Nel caso di specie, la richiesta è stata presentata da tutti i soggetti legittimati, e la data per lo svolgimento del referendum è stata individuata nel 25-26 giugno 2006 con l’emanazione del D.P.R. 28 aprile 2006 (pubblicato in G.U. n. 100 del 2 maggio 2006).

 

Nella formulazione finale risultante dall’esame parlamentare, la legge risulta composta da 57 articoli (a fronte dei 35 dell’originario progetto governativo), che sostituiscono o modificano 50 degli 80 articoli che compongono la Parte II della Costituzione, vi inseriscono 3 nuovi articoli e novellano altresì 4 articoli appartenenti ad altre leggi costituzionali.

Di seguito si offre un quadro dei principali elementi di novità, in rapporto alla Costituzione vigente, introdotti dal testo che sarà sottoposto al voto referendario.

La riforma del bicameralismo

Tra le principali linee direttrici del testo di riforma costituzionale figura in primo luogo la riforma del bicameralismo la quale, abbandonando il sistema del c.d. bicameralismo “perfetto”, introduce significative differenze tra le due Camere con riguardo a composizione e funzioni.

Quanto alla composizione, si prevede il ridimensionamento del numero dei parlamentari: i senatori passano da 315 a 252 e i deputati da 630 a 500; a questi si aggiungono i 18 deputati eletti all’estero[4] e i deputati di diritto e a vita, che prendono il posto degli attuali senatori di diritto e a vita (si tratta degli ex Presidenti della Repubblica nonché dei deputati di nomina presidenziale, il cui numero complessivo è limitato a tre, in luogo degli attuali cinque senatori).

L’età minima per il conseguimento dell’elettorato passivo alla Camera si abbassa da 25 a 21 anni.

Trasformazioni ancor più profonde interessano il Senato che, mutando la sua denominazione in “Senato federale della Repubblica”, evidenzia l’opzione federalista del progetto di riforma, che pure non attribuisce direttamente alla Repubblica la qualifica di “federale”[5]: in tale organo si intende principalmente realizzare il raccordo tra le potestà normative delle autonomie e quelle dello Stato.

I senatori sono eletti a suffragio universale e diretto “su base regionale”. La connessione tra il sistema politico delle Regioni e quello nazionale è data da vari fattori, e in primo luogo dalla piena corrispondenza tra la durata in carica di ciascun consiglio regionale e quella dei senatori eletti nella medesima Regione: le rispettive elezioni sono contestuali, il che equivale a dire che il Senato non ha più una durata predefinita ma è soggetto a rinnovi parziali, più o meno ampi, in occasione del rinnovo dei singoli consigli regionali (o, nella Regione Trentino Alto-Adige, dei consigli delle province autonome di Trento e di Bolzano)[6].

Il sistema elettorale, rimesso alla legge dello Stato, dovrà “garantire la rappresentanza territoriale da parte dei senatori”. Quanto all’elettorato passivo, in ciascuna Regione sono eleggibili a senatore gli elettori che hanno compiuto i 25 anni di età (in luogo dei 40 anni oggi richiesti) e che:

§         hanno ricoperto o ricoprono cariche pubbliche elettive in enti territoriali o locali, all’interno della Regione, o

§         sono stati eletti deputati o senatori nella Regione, oppure

§         risiedono nella Regione alla data di indizione delle elezioni.

Partecipano ai lavori del Senato federale, ma senza diritto di voto, rappresentanti delle Regioni e delle autonomie locali, in numero di due per ogni Regione o provincia autonoma: un delegato eletto dal Consiglio regionale e un sindaco o presidente di provincia o di città metropolitana eletto dal Consiglio delle autonomie locali.

Il Senato federale è, per altro verso, integrato dai Presidenti delle Giunte delle Regioni e delle province autonome in occasione dell’elezione di quattro giudici della Corte costituzionale.

I rapporti tra Senato federale ed autonomie territoriali sono definiti da un apposito nuovo articolo (il 127-ter), inserito nel Titolo V della Costituzione e dedicato al coordinamento interistituzionale da parte del Senato[7], ed emergono in varie altre disposizioni. In particolare, si ricorda che:

§         il quorum di validità per le deliberazioni del Senato federale è modificato rispetto all’attuale, in quanto occorre che siano presenti i senatori espressi da almeno un terzo delle Regioni (art. 64, terzo comma)

§         i Consigli regionali, sentiti i Consigli delle autonomie locali, possono esprimere parere sui disegni di legge che fissano i princìpi fondamentali nelle materie di competenza concorrente tra Stato e Regioni (art. 64, sesto comma).

§         il Senato federale esprime parere sullo scioglimento autoritativo del Consiglio regionale e sulla rimozione del Presidente della Giunta regionale; scompare contestualmente dalla Costituzione il riferimento alla Commissione parlamentare per le questioni regionali (v. art. 126, primo comma e 72, sesto comma Cost.);

§         le proposte di legge di iniziativa regionale, con priorità per quelle presentate da più Regioni in coordinamento tra loro, sono poste all’ordine del giorno della Camera competente entro termini fissati dai regolamenti (v. art. 72, settimo comma Cost.).

Con riferimento ad entrambe le Camere, è confermato il divieto di mandato imperativo; l’art. 67 Cost. è tuttavia modificato precisandosi che ogni deputato o senatore “rappresenta la Nazione e la Repubblica”.

È altresì confermato il potere di ciascuna Camera di giudicare dei titoli di ammissione dei suoi componenti, ma si prevede che le relative deliberazioni siano adottate, entro termini prestabiliti, a maggioranza dei componenti.

L’indennità parlamentare non è cumulabile, nei casi previsti dalla legge, con emolumenti relativi ad altre cariche pubbliche.

Il procedimento legislativo

La riforma del bicameralismo ed il superamento dell’attuale “bicameralismo perfetto” – in virtù del quale ciascun progetto di legge deve essere approvato, in eguale testo, da entrambi i rami del Parlamento – si esprime anche (oltre a quanto segnalato nel paragrafo precedente) in rilevanti modifiche del procedimento legislativo.

Essenzialmente, viene introdotto un criterio generale in base al quale il procedimento legislativo è, di norma e in prevalenza, “monocamerale. Secondo tale criterio:

§         alla Camera dei deputati compete esaminare i progetti di legge nelle materie (espressamente elencate nella Costituzione) riservate alla potestà legislativa esclusiva dello Stato secondo il nuovo assetto del riparto di competenze Stato-regioni (l’art. 70 Cost. rinvia all’art. 117 Cost., secondo comma);

§         al Senato federale spetta invece l’esame dei progetti di legge concernenti la determinazione dei princìpi fondamentali nelle materie (anche queste indicate dalla Costituzione) attribuite alla potestà legislativa concorrente tra Stato e Regioni (l’art. 70 Cost. rinvia in tal caso all’art. 117 Cost., terzo comma).

Per entrambi i rami del Parlamento permane comunque la possibilità di  proporre modifiche al progetto di legge (“richiamandolo” a sé): più specificamente, è prevista la facoltà, per la Camera non competente, di chiedere, entro trenta giorni dalla approvazione del testo, di proporre modifiche; sulle modifiche proposte dalla seconda Camera decide, comunque, in via definitiva, il ramo del Parlamento competente in via primaria[8].

Le disposizioni appena illustrate fanno salvo quanto previsto dall’art. 70, terzo comma, in ordine al procedimento bicamerale che permane – ma in forma diversa rispetto a quanto previsto dalla Costituzione vigente – in relazione ad alcune materie ed ipotesi tassativamente indicate. Tale procedimento bicamerale si applica all’esame dei disegni di legge concernenti:

§         la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale;

§         la legislazione elettorale, gli organi di governo e le funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane;

§         l’autonomia finanziaria di Regioni ed enti locali;

§         l’esercizio del potere sostitutivo dello Stato nei confronti di Regioni ed enti locali;

§         il sistema elettorale di Camera e Senato;

§         una serie di casi, partitamente elencati, in cui la Costituzione fa espresso rinvio alla legge dello Stato o della Repubblica[9] (ciò al fine di evitare, verosimilmente, che della norma si possa dare un’ interpretazione diversa rispetto a quella letterale);

§         altre materie previste in vari punti del nuovo testo costituzionale (che richiamano espressamente l’art. 70, terzo comma): determinazione dei casi di ineleggibilità ed incompatibilità con il mandato parlamentare (art. 65, terzo comma); indennità spettante ai membri delle Camere (art. 69); istituzione di Commissioni di inchiesta (art. 82, secondo comma); disciplina delle Autorità indipendenti (art. 98-bis); istituzione della Conferenza Stato-Regioni per realizzare la leale collaborazione e per promuovere accordi e intese, nonché sostegno alle forme associative tra Comuni piccoli o montani (art. 118, ultimo comma); promozione del coordinamento tra il Senato federale della Repubblica e i Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni (art. 127-ter, primo comma).

Una rilevante novità, rispetto all’attuale procedimento bicamerale, è data dal fatto che, in caso di disaccordo tra le due Camere su eventuali modifiche del progetto di legge, ai Presidenti delle Camere è rimessa la scelta se affidare ad una commissione mista paritetica, composta da 30 deputati e 30 senatori (scelti secondo il criterio di proporzionalità rispetto alla composizione delle due Camere), l’elaborazione di un “testo unificato”, che sarà sottoposto ad entrambe le Camere solo per l’approvazione finale. Tale procedimento è finalizzato ad evitare il meccanismo della “navette” tra le due Camere.

Va al riguardo segnalato che la procedura di approvazione da parte di Commissioni in sede legislativa risulta limitata alle sole leggi “bicamerali”.

Il superamento del bicameralismo perfetto, nel senso qui descritto, comporta la possibilità che sorgano conflitti di competenza tra le due Camere – concernenti l’interpretazione da dare in ordine alla materia (o alle materie) oggetto del disegno di legge – la cui soluzione è rimessa ai rispettivi Presidenti, i quali, d’intesa fra loro, possono deferire la decisione ad un Comitato composto da quattro deputati e da quattro senatori.

La decisione adottata “non è sindacabile in alcuna sede”. Sembra potersi desumere da tale formulazione l’intendimento di derogare alla competenza generale attribuita alla Corte costituzionale in ordine alla legittimità costituzionale delle leggi, sotto questo particolare profilo di error in procedendo (non è invece precisato se il Capo dello Stato possa sollevare tale profilo in sede di rinvio alle Camere della legge ex art. 74 Cost.).

Al medesimo fine di ridurre incertezze e contenzioso, il testo precisa che “un disegno di legge non può contenere disposizioni relative a materie per cui si dovrebbero applicare procedimenti diversi”. I criteri per l’applicazione di tale principio sono rimessi a un’intesa tra i Presidenti delle Camere, su proposta del Comitato e sulla base dei rispettivi regolamenti.

 

Ne potrebbero derivare incisivi poteri presidenziali in ordine allo stralcio o all’ammissibilità di disegni di legge ed emendamenti; in ogni caso, sembra che le iniziative legislative di più ampia portata debbano giocoforza articolarsi in più disegni di legge, da esaminare “in parallelo”, secondo procedure differenziate. Tale prassi, volta a rispettare il nuovo testo costituzionale (ove definitivamente approvato), potrebbe d’altro canto – nel caso di interventi legislativi complessi e organici – “spezzarne” le interne correlazioni[10].

 

In tale quadro generale, occorre evidenziare che per il Senato federale, benché estraneo al rapporto di fiducia (che – in base alla riforma – si instaura solo con la Camera – v. oltre), il permanere di costanti e incisivi rapporti con il Governo, dei quali si ha espressa menzione in più parti del nuovo testo, appare un dato fisiologico: ciò in particolare in considerazione del complesso delle funzioni attribuite a tale ramo del Parlamento e, in primo luogo, dell’ampio spazio ad esso assegnato nell’esercizio della funzione legislativa, che comporta in re ipsa la partecipazione al circuito dell’indirizzo politico.

Pare volta ad assecondare tale dinamica l’introduzione nel procedimento legislativo, nelle materie di competenza del Senato, della previsione secondo la quale il Governo può dichiarare che talune modifiche, proposte dalla Camera su sua iniziativa, sono essenziali per l’attuazione del suo programma o per la tutela delle istanze unitarie della Repubblica. La dichiarazione è sottoposta ad autorizzazione da parte del Capo dello Stato: qualora, entro 30 giorni, il Senato non accolga le modifiche proposte, il disegno di legge è trasferito alla Camera che decide in via definitiva a maggioranza assoluta. La disposizione appare volta ad assicurare la coerenza con l’indirizzo politico delle scelte legislative del Senato federale nelle materie di sua competenza “monocamerale”.

Occorre infine segnalare che resta fermo il procedimento di revisione costituzionale di cui all’art. 138 Cost.. L’unica modifica apportata a tale articolo  dal testo di riforma costituzionale, la soppressione del terzo comma, rende sempre possibile il ricorso al referendum popolare, anche nell’ipotesi in cui la legge costituzionale sia approvata in seconda deliberazione, da parte di ciascuna Camera, a maggioranza di due terzi dei componenti[11].

Per quanto riguarda più strettamente il procedimento di approvazione della legge costituzionale all’interno delle Camere, considerata la formulazione del primo comma (“le leggi […] sono approvate da ciascuna Camera […]”), che resta invariata, e l’assenza di qualunque richiamo dell’art. 138 tra le ipotesi cui è prevista l’applicazione del nuovo procedimento bicamerale di cui all’art. 70, terzo comma (v. supra), potrebbe configurarsi un’ipotesi interpretativa secondo la quale per tali leggi sopravviva il procedimento bicamerale “perfetto”, proprio dell’ordinamento attualmente vigente.

Il Primo Ministro e il rapporto Governo-Parlamento

Vari aspetti qualificanti della legge di riforma appaiono rispondere all’intento di un sostanziale rafforzamento del potere esecutivo o, più specificamente, del Presidente del Consiglio dei ministri, figura che muta significativamente la sua denominazione in quella di “Primo ministro”.

Il Primo ministro “determina” (non più “dirige”, come nel testo vigente dell’art. 95 Cost.) la politica generale del Governo e “garantisce” (non più “mantiene”) l’unità di indirizzo politico e amministrativo: a tal fine l’attività dei ministri è dal Primo ministro diretta, e non soltanto promossa e coordinata. Ancor più rilevante in tal senso è il potere di nomina e di revoca dei ministri, che lo stesso articolo attribuisce al solo Primo ministro.

Viene meno, dunque, il ruolo riconosciuto al Presidente della Repubblica nella determinazione della compagine ministeriale e, prima ancora, nella scelta del capo dell’esecutivo: il meccanismo di nomina del Primo ministro, come delineato dal nuovo art. 92 Cost., si traduce infatti, nella sostanza, in una designazione del premier da parte dell’elettorato. Non si tratta però di una vera e propria elezione diretta in quanto la candidatura alla carica ha luogo mediante collegamento con i candidati (o con liste di candidati) all’elezione della Camera dei deputati.

In altre parole, il voto per l’elezione della Camera si tradurrà in una dichiarazione di preferenza per il candidato premier formalmente e previamente collegato al candidato o alla lista prescelta. Non è espressamente richiesta (ma neppure è esclusa) la pubblicazione sulla scheda elettorale del nome del candidato Primo ministro.

La legge elettorale dovrà comunque disciplinare l’elezione dei deputati “in modo da favorire la formazione di una maggioranza, collegata al candidato alla carica di Primo ministro”.

L’atto di nomina del Primo ministro resta affidato al Presidente della Repubblica, ma la scelta presidenziale non presenta margini di discrezionalità: essa ha luogo infatti “sulla base dei risultati delle elezioni della Camera dei deputati”.

Quanto ai rapporti con il Parlamento, il rapporto di fiducia non viene meno ma interessa, nel nuovo testo costituzionale, la sola Camera dei deputati. Il peculiare ruolo attribuito al Senato federale lo lascia fuori, infatti, dal circuito fiduciario.

Il nuovo testo dell’art. 94 Cost. prevede dunque non più che il Governo, entro dieci giorni dalla sua formazione, si presenti alle Camere per ottenerne la fiducia, ma che il Primo ministro illustri il programma di legislatura e la composizione del Governo alle Camere. Lo stesso articolo prevede che la Camera dei deputati si esprima sul programma con un voto, ma non precisa gli effetti di tale votazione.

Il Primo ministro presenta ogni anno un rapporto sull’attuazione del programma e sullo stato del Paese.

 

Una sostanziale innovazione rispetto all’attuale forma di governo consiste nell’attribuzione al Primo ministro del potere di scioglimento della Camera. Pur se il Presidente della Repubblica mantiene la formale titolarità dell’atto di scioglimento, questo è infatti adottato “su richiesta del Primo ministro, che ne assume la esclusiva responsabilità”.

Si procede analogamente allo scioglimento della Camera in caso di morte o impedimento permanente del Primo ministro, ovvero in caso di sue dimissioni.

Il Capo dello Stato non emana, tuttavia, il decreto di scioglimento se, entro venti giorni dalla richiesta, sopravviene alla Camera una mozione che dichiari la volontà di continuare nell’attuazione del programma e indichi il nome di un nuovo Primo ministro. La mozione dev’essere sottoscritta e approvata, per appello nominale, da deputati appartenenti alla maggioranza espressa dalle elezioni, e in numero non inferiore alla maggioranza dei componenti la Camera.

Qualora tuttavia le dimissioni del Primo ministro conseguano all’approvazione di una mozione di sfiducia, ad esse consegue necessariamente lo scioglimento della Camera dei deputati.

Il rigido collegamento tra Primo ministro e maggioranza espressa dalle elezioni emerge anche dalla disposizione che obbliga il Primo ministro alle dimissioni non solo nel caso in cui la mozione di sfiducia sia approvata, ma anche quando la sua reiezione si debba al voto determinante di deputati non appartenenti a tale maggioranza.

Alla medesima ratio risponde la disciplina della “sfiducia costruttiva”: la Camera ha infatti la possibilità di sostituire il Primo ministro ricorrendo a una apposita mozione, che può essere tuttavia presentata e approvata solo “da parte dei deputati appartenenti alla maggioranza espressa dalle elezioni in numero non inferiore alla maggioranza dei componenti della Camera”.

Nelle ipotesi esposte il meccanismo permette dunque alla Camera di determinare la sostituzione del Primo ministro, ma non consente il formarsi di una maggioranza diversa da quella espressa dalle elezioni.

Quanto alla posizione del Governo in Parlamento, si ricorda che:

§         il Primo ministro può porre la questione di fiducia alla Camera nei casi previsti dal suo regolamento (e con esclusione delle leggi costituzionali), chiedendole di esprimersi, con priorità su ogni altra proposta, conformemente alla proposta del Governo. In caso di voto contrario, il Primo ministro si dimette. Si tenga presente che la questione di fiducia non è attualmente  regolata né dalla Costituzione vigente, né da altre norme di rango costituzionale[12];

§         il Governo può inoltre chiedere ad entrambe le Camere l’esame, entro tempi certi, dei disegni di legge da esso presentati o fatti propri; decorso il termine può chiedere, limitatamente alla Camera dei deputati, il “voto bloccato” (sugli articoli e finale) nel testo da esso proposto o fatto proprio.

Il Senato federale è estraneo a tali meccanismi (compreso quello dello scioglimento anticipato), in quanto tra il Governo e tale Camera non si instaura il rapporto di fiducia; tuttavia, come si è già accennato, permane in capo al Senato un ampio spazio per l’esercizio della funzione legislativa (rispetto al quale si è tentato di introdurre qualche “correttivo”, in specie per questioni ritenute essenziali per il programma di governo: v. supra).

Gli strumenti di garanzia

Ancora in relazione al rapporto Governo-Parlamento, occorre ricordare che varie disposizioni della riforma costituzionale intervengono, sotto diversi profili, sugli strumenti di garanzia istituzionale, con particolare riguardo alla tutela delle opposizioni in Parlamento.

Esse introducono in Costituzione, tra l’altro, una maggioranza qualificata per l’elezione dei Presidenti di Camera e Senato[13] e per l’adozione del regolamento della Camera dei deputati[14], nonché alcune disposizioni che intendono delineare una forma di “statuto dell’opposizione”.

Nel nuovo art. 64 Cost. è innanzitutto sancito il principio per cui nel suo complesso il regolamento della Camera deve garantire sia le prerogative ed i poteri del Governo e della maggioranza, sia i diritti delle opposizioni (per quanto attiene al Senato, si prevede che il regolamento garantisca i diritti delle minoranze). A tale principio generale si riconnettono disposizioni più specifiche, contenute anche in articoli diversi del testo di riforma costituzionale, tra le quali si ricordano in particolare:

§         la riserva, alla Camera, a favore dei gruppi di opposizione, della presidenza delle Commissioni, giunte e organismi interni ai quali sono attribuiti compiti ispettivi, di controllo o di garanzia, e delle Commissioni d’inchiesta monocamerali (della sola Camera – v. sempre art. 64) ;

§         la previsione di casi (la cui individuazione è rimessa ai regolamenti parlamentari) nei quali il Governo deve essere necessariamente rappresentato dal Primo ministro o dal ministro competente nelle sedute delle Camere (v. sempre art. 64);

§         l’inserimento nei regolamenti parlamentari (v. art. 72, quinto comma) delle modalità di iscrizione all’ordine del giorno di proposte e iniziative indicate dalle opposizioni (o dalle minoranze), con determinazione dei tempi d’esame; tale previsione fa da contraltare a quella – più stringente – della garanzia di esame, entro tempi certi e con previsione del voto finale stabilita dalla medesima disposizione a favore del Governo (v. supra)[15].

 

Nel quadro degli elementi che concorrono a definire un sistema di garanzie, in specie in rapporto ai poteri del Governo, si segnala l’introduzione in Costituzione, ad opera del nuovo articolo 98-bis, dell’istituto delle Autorità indipendenti, la cui istituzione, con funzioni di garanzia o vigilanza su diritti di libertà o in materie riservate alla potestà legislativa esclusiva dello Stato (ex art. 117, secondo comma), è rimessa a leggi approvate con procedimento bicamerale. L’articolo 98-bis non individua direttamente una disciplina generale delle Autorità indipendenti, rimettendo la definizione della durata del mandato, dei requisiti di eleggibilità e delle condizioni di indipendenza alla legge bicamerale che ne potrà prevedere l’istituzione.

Per quanto concerne il profilo della nomina dei presidenti delle Autorità, una disposizione di carattere generale – introdotta nel nuovo art. 87 – stabilisce che questa spetta al Capo dello Stato, sentiti i Presidenti delle due Camere.

Il Presidente della Repubblica

Completando il quadro delle innovazioni che riguardano il Presidente della Repubblica, ad alcune delle quali si è già accennato trattando della forma di governo, si segnala che la riforma modifica sia la composizione dell’organo chiamato ad eleggere il Capo dello Stato, sia il quorum richiesto per la sua elezione (art. 83 Cost.). In particolare:

§         in luogo del Parlamento in seduta comune, integrato da tre delegati per ciascuna Regione, è istituito un nuovo organo, denominato “Assemblea della Repubblica”, presieduto dal Presidente della Camera e composto da

-          i membri delle due Camere;

-          due delegati eletti da ciascun consiglio regionale (per le province autonome, ciascun consiglio provinciale elegge un delegato, mentre la Valle d’Aosta ha un solo delegato);

-          i Presidenti delle Giunte delle Regioni e delle province autonome;

-          un numero ulteriore di delegati eletti dalle Regioni in ragione di uno per ogni milione di abitanti (l’elezione di tutti i delegati deve avvenire in modo che sia comunque assicurata la rappresentanza delle minoranze);

§         il quorum per l’elezione è modificato, prevedendosi

-          nei primi tre scrutini, la maggioranza dei due terzi dei componenti l’Assemblea della Repubblica;

-          nel quarto e nel quinto scrutinio, la maggioranza dei tre quinti dei componenti;

-          dopo il quinto scrutinio, la maggioranza assoluta (oggi si prevede la maggioranza dei due terzi dell’Assemblea nei primi tre scrutini e, dal quarto, la maggioranza assoluta).

Infine, l’età minima per essere eletti si abbassa da cinquanta a quaranta anni.

Il nuovo art. 87 Cost. precisa che il Presidente della Repubblica rappresenta la Nazione ed è garante della Costituzione e dell’unità federale della Repubblica.

Nell’individuare i poteri presidenziali, è confermato per alcuni aspetti il testo vigente; assume tuttavia particolare importanza l’esclusione del potere di nominare i ministri, mentre, come si è detto, la nomina del Primo ministro è espressamente condizionata al risultato elettorale, ed è sostanzialmente trasferito al Primo ministro il potere di scioglimento della Camera. Si segnala altresì il venir meno del potere di autorizzare la presentazione alle Camere dei disegni di legge governativi.

Tra i nuovi poteri figurano, oltre alla già citata nomina (sentiti i Presidenti delle due Camere) dei presidenti delle Autorità amministrative indipendenti, quella del presidente del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, e del vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura.

 

Nel corso dell’iter parlamentare sono state valutate varie ipotesi di modifica dell’istituto della controfirma ministeriale, nessuna delle quali è stata poi approvata. In particolare, era stata proposta la soppressione della controfirma ministeriale per una serie di atti ritenuti “strettamente” presidenziali, tra i quali era compresa la concessione della grazia (su quest’ultimo punto, v. il capitolo Iniziative in materia di grazia e amnistia).

Le Regioni e le autonomie locali

Il Titolo V della Parte II della Costituzione – sul quale, com’è noto, ha inciso in misura rilevante la riforma costituzionale[16] approvata alla fine della XIII legislatura (v. capitolo Rapporti Stato-autonomie territoriali) – è oggetto di ulteriori modifiche, ampie e sostanziali, riguardanti in primo luogo l’allocazione delle competenze legislative, ma anche altri profili del rapporto Stato-regioni-autonomie locali.

Con riferimento al primo profilo, si fa presente che, a parte l’introduzione della categoria della competenza legislativa esclusiva delle regioni (nella quale è compresa la competenza “residuale”, già presente nella Costituzione vigente), sono riallocate e “ritagliate” alcune materie già previste dall’art. 117 attualmente in vigore (con il trasferimento di alcuni rilevanti ambiti materiali dalla potestà concorrente a quella esclusiva dello Stato), e ne sono inserite di nuove.

Una modifica di portata più generale riguarda l’art. 114, primo comma, ove l’espresso richiamo ai princìpi di leale collaborazione e di sussidiarietà li pone alla base dell’esercizio di tutte le funzioni attribuite alle autonomie locali, alle Regioni e allo Stato.

Per quanto concerne le ampie modifiche relative al sistema delle competenze legislative di cui all’art. 117 Cost., si segnala in particolare che:

§         al primo comma, gli “obblighi internazionali” sono espunti dai limiti posti alla legislazione statale e regionale (permane il limite del rispetto della Costituzione e degli obblighi comunitari)[17].

§         il secondo e il terzo comma sono modificati in più punti, trasferendo nell’ambito della potestà legislativa esclusiva dello Stato varie competenze in precedenza non menzionate, almeno esplicitamente (“promozione internazionale del sistema economico e produttivo nazionale”; “politica monetaria” accanto a “moneta”; “tutela del credito” accanto a “tutela del risparmio”; “organizzazioni comuni di mercato”), ovvero trasferendo in parte la competenza su materie già comprese tra quelle di legislazione concorrente. Per quest’ultimo profilo, si fa riferimento in particolare alle seguenti materie, inserite – secondo il testo di riforma costituzionale – nell’ambito del secondo comma dell’art. 117 (potestà esclusiva dello Stato): norme generali sulla tutela della salute; sicurezza e qualità alimentari”; “sicurezza del lavoro”; “grandi reti strategiche di trasporto e di navigazione di interesse nazionale e relative norme di sicurezza”; “ordinamento della comunicazione”[18]; “professioni intellettuali”; “ordinamento sportivo nazionale”; “produzione strategica, trasporto e distribuzione nazionali dell’energia”.

 

A titolo esemplificativo: dalla materia indicata con “grandi reti di trasporto e di navigazione” nel vigente terzo comma dell’art. 117 (potestà concorrente) è estrapolata la materia “grandi reti strategiche di trasporto e di navigazione di interesse nazionale e relative norme di sicurezza”, ricollocata appunto al secondo comma, mentre resta riservato alla potestà concorrente l’ambito di intervento “reti di trasporto e di navigazione”.

 

§         il quarto comma recepisce la proposta che è stata comunemente denominata, nel dibattito politico, con il termine “devoluzione”, introducendo un elenco di materie (assistenza e organizzazione sanitaria, polizia amministrativa locale e, per taluni aspetti, istruzione[19]) nelle quali alle Regioni spetta la potestà legislativa esclusiva (nell’ambito della quale è collocata la competenza residuale, già oggi prevista per le materie non menzionate nell’art. 117).

Anche l’art. 118 Cost., afferente il riparto delle funzioni amministrative, è ampiamente riscritto. Nell’ambito delle varie modifiche, si segnala in particolare:  

§         l’ampliamento delle materie e degli ambiti per i quali la legge statale disciplina forme di intesa e coordinamento amministrativo tra Stato e Regioni;

§         l’introduzione di una “copertura costituzionale” della Conferenza Stato-Regioni del sistema delle Conferenze quale strumento per “realizzare la leale collaborazione e per promuovere accordi e intese” tra Stato e autonomie[20];

§         il riconoscimento, nell’ambito del principio di sussidiarietà orizzontale, degli enti di autonomia funzionale, che devono essere favoriti “anche attraverso misure fiscali”; l’ordinamento generale di tali enti è rimesso a una legge dello Stato (approvata dalla Camera).

Il potere sostitutivo di cui all’art. 120, secondo comma, è significativamente ridisegnato, precisandosi che, a tutela delle ivi elencate istanze unitarie, lo Stato (non più il Governo) può sostituirsi a Regioni (ed enti locali) nell’esercizio delle funzioni legislative, oltre che di quelle amministrative.

All’art. 127 Cost., è inoltre reintrodotto il limite di merito dell’interesse nazionale per le leggi regionali. Con riguardo alla procedura, si prevede che sia il Governo a sollevare la questione relativa al mancato rispetto dell’interesse nazionale da parte di una legge regionale, invitando la Regione a rimuovere le disposizioni pregiudizievoli. Se la Regione non accoglie l’invito, la questione è rimessa al Parlamento in seduta comune, che delibera sull’annullamento (anche parziale) della legge a maggioranza assoluta dei componenti. Il decreto di annullamento è emanato dal Presidente della Repubblica.

A Roma, capitale della Repubblica, sono attribuite forme e condizioni particolari di autonomia, anche normativa, nelle materie di competenza regionale. Queste ultime sono demandate allo statuto della Regione Lazio; l’ordinamento della Capitale è invece disciplinato con legge dello Stato.

Di grande rilievo è il nuovo art. 127-bis Cost., che legittima i Comuni, le Province e le Città metropolitane a ricorrere alla Corte costituzionale avverso leggi, statali o regionali, lesive delle proprie competenze costituzionalmente attribuite (come già spetta attualmente alle Regioni). Condizioni, forme e termini di proponibilità dell’azione sono rimessi a una futura legge costituzionale.

Ulteriori disposizioni riguardano alcuni profili della forma di governo regionale: si stabilisce in particolare che la legge dello Stato fissi non solo la durata, ma anche i criteri di composizione dei Consigli regionali, e viene sancita la non immediata rieleggibilità, dopo il secondo mandato consecutivo, dei Presidenti di Giunta regionale che siano eletti a suffragio universale e diretto[21]; sono altresì apportate alcune modifiche riguardo alle ipotesi di scioglimento dei Consigli regionali, escludendosi lo scioglimento in caso di morte o impedimento permanente del Presidente della Giunta[22].

Viene altresi’ disciplinato il procedimento per l’istituzione di Città metropolitane nell’ambito di una Regione, che richiede una legge dello Stato, approvata con il procedimento bicamerale, su iniziativa dei Comuni interessati, sentite le Province interessate e la stessa Regione (art. 133, primo comma).

Con riguardo al procedimento di approvazione degli statuti delle Regioni ad autonomia speciale, si stabilisce che essi debbano essere adottati (con legge costituzionale) previa intesa con la Regione interessata.

Si ricorda altresì che risulta invece soppressa la disposizione, di cui terzo comma del vigente art. 116, che consente l’estensione di forme e condizioni particolari di autonomia ad altre Regioni, diverse da quelle a statuto speciale[23].

Va infine ricordata, tra le disposizioni transitorie, la possibilità di formare, entro cinque anni dall’entrata in vigore della riforma, nuove Regioni con almeno un milione di abitanti, con legge costituzionale (è soppresso il parere dei Consigli regionali) e con la sola condizione di sentire le popolazioni interessate, intendendosi per “popolazioni interessate” i cittadini residenti nei comuni o nelle province di cui si chiede il distacco.

La Corte costituzionale e il Consiglio superiore della magistratura

Tra le ulteriori disposizioni introdotte, si ricordano in particolare la modifica della composizione della Corte costituzionale e delle modalità di elezione del Consiglio superiore della magistratura.

Per quanto concerne la prima, fermo restando il numero complessivo dei giudici, fissato a 15 dall’art. 135 Cost., è stabilito che spetta al Senato federale (integrato dai presidenti delle Giunte delle Regioni e delle province autonome) la nomina di quattro giudici ed alla Camera la nomina di tre giudici della Corte. Il numero della componente di nomina parlamentare (già spettante al Parlamento in seduta comune) è dunque portato a 7. È in conseguenza ridotto il numero dei membri nominati dal Presidente della Repubblica e dalle supreme magistrature (4 ciascuno).

Ulteriori disposizioni attengono all’indipendenza dei giudizi costituzionali: si prevede che, nei tre anni successivi alla cessazione della carica, il giudice costituzionale non possa ricoprire incarichi di governo, cariche pubbliche elettive o di nomina governativa, o svolgere funzioni in organi o enti pubblici individuati dalla legge. È inoltre modificata per alcuni aspetti la disciplina relativa alla scelta dei 16 cittadini chiamati ad integrare il collegio nei giudizi di accusa contro il Presidente della Repubblica.

Per l’elezione del Consiglio superiore della magistratura, anche in questo caso, la quota di membri di nomina parlamentare (un terzo) non è più eletta dal Parlamento in seduta comune, bensì per un sesto dalla Camera e per un sesto dal Senato federale (art. 104).

La disciplina transitoria

Gli ultimi cinque articoli della legge di revisione costituzionale recano infine un’articolata disciplina transitoria, differenziata in relazione alle diverse parti della riforma. In estrema sintesi:

§         una parte delle disposizioni introdotte, tra le quali pressoché tutte quelle modificative del titolo V, sono immediatamente applicabili a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge costituzionale;

§         la maggior parte della restante disciplina troverà applicazione con riferimento alla prima legislatura successiva all’entrata in vigore della riforma;

§         una parte di essa, e segnatamente quella concernente la riduzione del numero dei deputati e dei senatori e la “contestualità piena” tra elezioni dei senatori e dei Consigli regionali, si applicherà invece a partire dalla legislatura che interverrà dopo il quinto anno successivo alla prima formazione della Camera e del Senato federale secondo il nuovo ordinamento;

§         sino all’adeguamento della legge elettorale alle nuove disposizioni sulla forma di governo, il rapporto di fiducia tra Governo e Camera dei deputati resterà regolato da disposizioni analoghe a quelle vigenti.

Specifiche disposizioni regolano lo svolgimento delle più vicine scadenze elettorali; altre concernono il graduale rinnovo della Corte costituzionale e del Consiglio superiore della magistratura, l’applicazione della riforma alle Regioni a statuto speciale e la progressiva attuazione dell’autonomia finanziaria attribuita a Regioni ed enti locali dall’art. 119 Cost..

 

Di seguito si riportano alcune tabelle che elencano sinteticamente le principali disposizioni recate dalla riforma, raggruppandole secondo i rispettivi tempi di applicazione fissati dalla disciplina transitoria.


 


Applicazione immediata

Parlamento

§         disciplina con legge dei casi di non cumulabilità dell’indennità spettante ai parlamentari con altri emolumenti relativi a cariche pubbliche

§         parere parlamentare su tutti gli schemi di decreti legislativi

Presidente della Repubblica

§         diminuzione della età minima per la eleggibilità alla carica

Amministrazione

§         costituzionalizzazione delle Autorità indipendenti

 

Regioni ed enti locali

§         introduzione dei princìpi di leale collaborazione e di sussidiarietà con portata generale

§         nuova procedura di adozione degli statuti speciali

§         nuovo riparto di materie fra Stato e Regioni; “devoluzione”

§         costituzionalizzazione del sistema delle Conferenze Stato-autonomie

§         ridefinizione del potere sostitutivo dello Stato

§         annullamento delle leggi regionali pregiudizievoli dell’interesse nazionale

§         nuova disciplina delle dimissioni della Giunta e dello scioglimento del consiglio regionale

§         divieto di un terzo mandato consecutivo per i Presidenti di Giunta

§         ricorso alla Corte costituzionale da parte degli enti locali, secondo norme da stabilire con legge costituzionale

§         emanazione entro 3 anni dalla data di entrata in vigore del d.d.l. cost. delle leggi statali di attuazione del federalismo fiscale

§         individuazione entro 5 anni dei beni e delle risorse da trasferire a Regioni ed enti locali per rendere effettivo l’esercizio delle loro funzioni

§         formazione di nuove Regioni in deroga all’art. 132, con il solo l’obbligo di sentire le popolazioni interessate (per i cinque anni successivi alla data di entrata in vigore del d.d.l. cost.)

 


 


Applicazione riferita alla prima legislatura successiva all’entrata in vigore della legge costituzionale

Parlamento

§         nuova denominazione del Senato (Senato federale della Repubblica)

§         partecipazione all’attività del Senato federale di rappresentanti delle Autonomie territoriali

§         nuovi requisiti l’elezione al Senato (età minima 25 anni; aver ricoperto cariche pubbliche elettive all’interno della Regione o residenti alla data dell’elezione)

§         parere del Senato (e non più della Commissione parlamentare per le questioni regionali) sullo scioglimento coattivo del Consiglio regionale e la rimozione del Presidente della Giunta ex art. 126 Cost.

§         deputati di diritto e a vita

§         quorum per l’elezione dei Presidenti delle Camere, nuovi quorum per l’approvazione dei regolamenti parlamentari, nuovo quorum costitutivo per il Senato federale, nuovi contenuti necessari dei regolamenti parlamentari; modifiche in tema di giudizio delle Camere sui titoli di ammissibilità dei rispettivi componenti;

§         modifica del procedimento legislativo

§         riserva all’opposizione della presidenza degli organismi con poteri ispettivi, di controllo e di garanzia e delle Commissioni d’inchiesta istituite dalla Camera

 

Presidente della Repubblica

§         nuove modalità di elezione del Presidente della Repubblica (Assemblea della Repubblica)

§         nuove funzioni del Presidente della Repubblica

§         nuova disciplina dello scioglimento (della sola Camera dei deputati)

 

Governo

§         nuova denominazione del capo dell’Esecutivo (Primo ministro) e suoi poteri (nomina e revoca dei ministri, etc.)

§         nuove modalità di formazione dell’Esecutivo

§         costituzionalizzazione del programma e della questione di fiducia, mozione di sfiducia e suoi effetti, meccanismi “anti-ribaltone” e sfiducia costruttiva (salva la speciale disciplina prevista in attesa dell’adeguamento della legislazione elettorale)

 

Magistratura

§         nuove modalità di nomina dei membri non togati del CSM

 

Corte costituzionale

§         nuova composizione della Corte costituzionale e nuove modalità di nomina dei giudici

 

Procedimento di revisione costituzionale

§         possibilità di promuovere il referendum costituzionale anche nel caso di approvazione di legge costituzionale con maggioranza di due terzi

 


 

Applicazione riferita alla legislatura che interverrà dopo il quinto anno successivo alla prima formazione delle due Camere secondo il nuovo ordinamento

Parlamento

§         riduzione a 518 del numero dei deputati

§         età minima per l’eleggibilità a deputato a 21 anni

§         riduzione a 252 del numero dei senatori; nuovo numero minimo di senatori per regione

§         contestualità piena” fra elezione dei senatori ed elezione dei consigli regionali o delle Province autonome; nuova disciplina della proroga delle Camere (rectius: della Camera e dei Consigli regionali)

 



[1]     A.S. 2544, Modificazioni degli articoli 55, 56, 57, 58, 59, 60, 64, 65, 67, 69, 70, 71, 72, 80, 81, 83, 85, 86, 87, 88, 89, 91, 92, 93, 94, 95, 96, 104, 114, 116, 117, 126, 127, 135 e 138 della Costituzione.

[2]     La seconda deliberazione va adottata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera.

[3]     Il testo è stato infatti approvato, in seconda deliberazione, alla Camera con 317 voti favorevoli (maggioranza assoluta dei componenti: 307), al Senato con 170 voti (maggioranza assoluta: dei componenti: 161).

[4]     in virtù della riduzione del numero complessivo dei parlamentari, il peso della componente estera sale dall’1,9% al 2,3%

[5]     il nuovo articolo 87, relativo alle funzioni del Capo dello Stato, prevede peraltro che egli sia garante, oltre che della Costituzione, dell’“unità federale della Repubblica”.

[6]     La soluzione illustrata ha preso il posto di quella adottata dal Senato nel corso dell’esame in prima lettura (e comunemente denominata “contestualità affievolita”), secondo la quale l’eventuale scioglimento anticipato di uno o più consigli regionali avrebbe dato luogo ad una legislatura regionale di durata ridotta per consentire, ogni cinque anni, il contestuale rinnovo del Senato e di tutte le assemblee elettive regionali.

[7]     Tale articolo prevede in primo luogo, fatte salve le competenze amministrative attribuite al sistema delle Conferenze (art. 118, terzo comma) che una legge dello Stato approvata con procedimento bicamerale promuova il coordinamento tra il Senato federale della Repubblica e i Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni, disciplinandone forme e modalità. Inoltre, spetta al regolamento del Senato federale garantire rapporti di reciproca informazione e collaborazione tra i senatori e i rappresentanti degli enti territoriali. I senatori possono poi essere sentiti, ogni volta che lo richiedono, dal Consiglio o Assemblea della Regione ovvero dal Consiglio della Provincia autonoma in cui sono stati eletti con le modalità e nei casi previsti dai rispettivi regolamenti.

[8]     Per i disegni di legge di conversione dei decreti-legge, il cui procedimento di approvazione è caratterizzato da ritmi più serrati, condizionati dalla previsione della decadenza ex tunc dei decreti in caso di mancata conversione entro 60 giorni dalla loro pubblicazione, il termine suddetto è ridotto della metà.

[9]     Si tratta dei seguenti articoli:

§          117, commi quinto e nono (norme di procedura per la partecipazione delle regioni alla fase ascendente del processo normativo comunitario e potere sostitutivo; casi e forme nei quali la regione può concludere accordi con altri Stati e intese con altri enti territoriali);

§          118, commi secondo e quinto (funzioni amministrative conferite agli enti locali; coordinamento Stato-regioni con riferimento a specifiche materie); 

§          122, primo comma (principi fondamentali in materia di sistema di elezione, ineleggibilità e incompatibilità degli organi rappresentativi della Regione);

§          125 (ordinamento degli organi di giustizia amministrativa di primo grado); 

§          132, secondo comma (distacco di province e comuni da una Regione all’altra, a seguito di approvazione della maggioranza delle popolazioni interessate espressa mediante referendum);

§          133, secondo comma (istituzione di nuove province e mutamento di circoscrizioni provinciali).

[10]    Si pensi alle ampie riforme di settore, ma anche alla legge comunitaria ed alla legge finanziaria, la cui attuale configurazione andrebbe, in tale contesto, profondamente ripensata.

[11]    Il testo approvato in prima lettura dal Senato introduceva anche, quale condizione per la validità del referendum, la partecipazione al voto della maggioranza degli aventi diritto (analogamente a quanto avviene per i referendum abrogativi), nel solo caso in cui, in seconda deliberazione, la legge costituzionale fosse stata approvata con una maggioranza inferiore ai due terzi dei componenti. Quest’ultima disposizione è stata tuttavia soppressa nel corso dell’esame alla Camera.

[12]    È disciplinata da disposizioni contenute nei regolamenti parlamentari e dalla prassi.

[13]    Per entrambe le Camere, il nuovo art. 63 prescrive due terzi dei componenti l’Assemblea per i primi tre scrutini; maggioranza assoluta dei componenti dopo il terzo turno.

[14]    Viene introdotta la maggioranza qualificata dei tre quinti dei componenti per l’adozione del regolamento della Camera dei deputati, mentre per quello del Senato federale permane la maggioranza assoluta, già prevista dal testo vigente dell’art. 64 Cost.

[15]   Ulteriori elementi – sia pure su un piano parzialmente diverso – sono rappresentati:

§          dalla previsione secondo la quale nei regolamenti parlamentari devono essere definiti modalità e termini per l’avvio dell’esame delle proposte di legge di iniziativa popolare (art. 72, secondo comma);

§          dalla sottoposizione di tutti gli schemi  di decreto legislativo al parere delle Commissioni parlamentari competenti, secondo le norme dei regolamenti di ciascuna Camera (art. 76, secondo comma).

[16]    L.Cost. 18 ottobre 2001, n. 3, Modificazioni del titolo V della parte seconda della Costituzione.

[17]    Permane ovviamente anche il vincolo costituzionale, dettato dall’art. 10 Cost., del rispetto del diritto internazionale generalmente riconosciuto. Si fa presente che le ragioni della soppressione sono state essenzialmente indicate nei dubbi interpretativi sulla locuzione “obblighi internazionali”, e in particolare se con essi ci si intenda riferire, o meno, ad  ogni tipo di trattato internazionale, e dunque anche a quegli accordi per cui non è prevista alcuna forma di ratifica da parte del Parlamento. A tal proposito v. anche l’art. 1, co. 1, della L. 131/2003 (c.d. “La Loggia”), su cui si rinvia alla scheda Titolo V e norme di attuazione.

[18]    In tal caso, tale dizione, identica a quella inserita nel testo vigente dell’art. 117, al terzo comma, figura nell’ambito del secondo comma (lett. s-ter); dalla materia così identificata risultano tuttavia “ritagliate” le competenze - collocate al terzo comma – relative a “comunicazione di interesse regionale, ivi compresa l’emittenza regionale; promozione in ambito regionale dello sviluppo delle comunicazioni elettroniche”.   

[19]    Più precisamente, sono rimesse alla potestà legislativa esclusiva delle Regioni le materie:

§          organizzazione scolastica, gestione degli istituti scolatici e di formazione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche;

§          definizione della parte dei programmi scolastici e formativi di interesse specifico della Regione.

      Resta attribuita alla potestà esclusiva dello Stato la materia “norme generali sull’istruzione”, ed alla potestà legislativa concorrente la materia “istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale”.

[20]    Sulla particolare rilevanza assunta, nella giurisprudenza costituzionale sul “nuovo” Titolo V, dalle forme di concertazione e collaborazione tra Stato e Regioni (in specie attraverso l’intesa, raggiunta per lo più in sede di Conferenza Stato-regioni), v. scheda Titolo V e giurisprudenza costituzionale.

[21]    V., per entrambe le disposizioni appena richiamate, art. 122. Lo statuto può peraltro stabilire per il Presidente della Giunta un diverso sistema di elezione.

[22]    V. art. 126, terzo comma. In tale caso, lo statuto regionale disciplina la nomina di un nuovo Presidente, cui si applicano le disposizioni previste per il Presidente sostituito. In ogni caso le dimissioni della Giunta e lo scioglimento del Consiglio conseguono alle dimissioni contestuali della maggioranza dei componenti il Consiglio. Per la disciplina generale dello scioglimento del consiglio, v. art. 126, primo comma (il quale, confermando che sono disposti lo scioglimento del Consiglio regionale e la rimozione del Presidente della Giunta che abbiano compiuto atti contrari alla Costituzione o gravi violazioni di legge, ovvero per ragioni di sicurezza nazionale, stabilisce che il certo di scioglimento è adottato previo parere del Senato federale).

[23]    La disposizione, introdotta con la L.Cost. 3/2001, non ha trovato sinora applicazione.