La legge finanziaria per il 2003 (legge n. 289 del 2002) ha
definito un percorso procedurale volto alla definizione degli interventi di
attuazione dell’articolo 119 della Costituzione, attraverso l’istituzione di un’Alta Commissione di studio, composta
anche da rappresentanti delle regioni e degli enti locali, con il compito specifico
di indicare al Governo i principi generali del coordinamento della finanza pubblica
e del sistema tributario.
Era previsto che la Commissione presentasse al Governo una
relazione sui meccanismi strutturali del federalismo fiscale entro il 31 marzo
2003, sulla base degli indirizzi che Stato,
regioni ed enti locali avrebbero dovuto formulare in sede di Conferenza
unificata. Entro il mese successivo, il Governo avrebbe dovuto
presentare al Parlamento un programma contenente gli interventi, anche di
carattere legislativo, necessari per dare attuazione all’art. 119 della
Costituzione. Le divergenze ancora esistenti tra
Stato, regioni ed enti locali e, per taluni aspetti, all’interno delle stesse
autonomie locali, non hanno consentito alla Commissione di definire la proposta
operativa da sottoporre al Governo e, tramite questi, al Parlamento. Di
conseguenza, il termine per la presentazione della relazione al Governo
sui principi generali del federalismo è stato più volte prorogato fino al 30
settembre 2006.
La Commissione ha comunque presentato, il 30 settembre 2005,
un documento (Relazione sull’attività dell’Alta Commissione) che
costituisce una sintesi dell’intera attività svolta dalla Commissione in ordine
alla determinazione dei meccanismi strutturali del federalismo fiscale. In
assenza del raggiungimento dell’accordo in sede di Conferenza unificata, la
relazione è stato elaborata sulla base dei criteri su cui avevano convenuto
regioni ed enti locali in un documento del 18 giugno 2003, nel quale si
avanzavano proposte in merito ai possibili futuri contenuti dell’accordo (v. scheda
L’Alta
Commissione di studio).
Contestualmente alla istituzione dell’Alta Commissione di
studio, la legge finanziaria per il 2003
ha ‘bloccato’ la leva fiscale alla quale
regioni ed enti locali potevano ricorrere per far fronte all’aumento dei
fabbisogni di spesa.
In particolare, “in attesa di un accordo fra Stato, regioni
ed enti locali, in sede di Conferenza unificata, che regoli i meccanismi
strutturali del federalismo fiscale”, è stata disposta la sospensione degli aumenti delle addizionali regionali e comunali
all’IRPEF, nonché della maggiorazione dell’aliquota dell’IRAP, deliberati
successivamente al 29 settembre 2002, non confermativi delle aliquote in vigore
per l’anno 2002. La sospensione, da riconettersi anche all’obiettivo più volte
dichiarato dal Governo di una riduzione della pressione fiscale, è stata
confermata dalle successive leggi finanziarie (v. scheda Blocco addizionali e
maggiorazione IRAP).
L’evoluzione della disciplina in materia di coordinamento
della finanza pubblica è resa più complessa anche dal fatto che il
provvedimento più avanzato ed incisivo di riforma della struttura della finanza
regionale adottato prima della revisione del Titolo V, vale a dire il decreto legislativo n. 56/2000 (cd.
decreto sul federalismo fiscale) ha
presentato, in fase di applicazione, gravi difficoltà che in sostanza ne hanno bloccato l’attuazione (v. scheda Il decreto legislativo n.
56/2000).
Il decreto legislativo n. 56/2000 ha previsto la
soppressione di quasi tutti i trasferimenti erariali in favore delle regioni e
la loro sostituzione con entrate di natura tributaria costituite da: una
compartecipazione al gettito dell’IVA (entrata che sarebbe risultata
quantitativamente prevalente rispetto alle altre), l’incremento dell’aliquota
dell’addizionale regionale all’IRPEF e l’aumento della compartecipazione
all’accisa sulle benzine.
E’ inoltre stabilito un meccanismo di perequazione, in base
al quale la compartecipazione IVA è attribuita secondo una serie di parametri
ai quali viene riconosciuta appunto funzione perequativa.
Questo sistema, che doveva consentire il progressivo superamento
del criterio della spesa storica sebbene in un periodo di tempo piuttosto lungo
(avrebbe dovuto completarsi nel 2013), ha fatto emergere, fin dalla prima
applicazione, i problemi connessi alla perequazione delle risorse da mettere a
disposizione di enti territoriali che hanno capacità tributarie molto diverse
fra loro e livelli di spesa – legati in gran parte al fabbisogno sanitario - storicizzati
e difficilmente comprimibili.
Da questo punto di vista le principali divisioni si sono
create all’interno delle stesse regioni. Le regioni meridionali hanno sostenuto
che i parametri di ripartizione adottati dal decreto legislativo n. 56/2000 si
traducono in una grave penalizzazione a loro danno, in quanto la loro
applicazione comporta una considerevole riduzione delle risorse che ad esse
sono storicamente attribuite e, comunque, risorse insufficienti a finanziare le
funzioni assegnate. Dal canto loro, le regioni settentrionali, almeno in un
primo momento – hanno valutato eccessivamente lento il percorso di superamento
del criterio della spesa storica e la possibilità di acquisire – sopra il
livello del fabbisogno – parte del gettito della propria capacità fiscale.
Il decreto legislativo n. 56 è pertanto risultato pienamente
operativo solo per l’anno 2001. Nel 2004 è stato emanato, con tre anni di
ritardo, il decreto attuativo relativo all’anno 2002. A causa delle difficoltà
sorte, con l’articolo 4 del decreto-legge. n. 314/2004 (convertito, con
modificazioni dalla legge n. 26/2005), è stata peraltro sospesa l’efficacia del
sistema di perequazione definito dal decreto e del provvedimento di attuazione
per il 2002, nella prospettiva di una revisione dell’intera disciplina.
Da ultimo la legge finanziaria per il 2006, recependo le
indicazioni di un accordo raggiunto in sede di Conferenza Stato-regioni, ha di fatto
sospeso il nucleo della disciplina del decreto legislativo n. 56/2000
relativamente alla determinazione delle somme spettanti a ciascuna regione e,
di conseguenza, al meccanismo di perequazione. Fino all’attuazione
dell’articolo 119 della Costituzione, è garantito ad ogni regione, in ciascun
esercizio, il livello di ripartizione stabilito per l’esercizio 2002,
rideterminato, per ogni anno successivo, di una somma non maggiore di quella
risultante nel 2002 quale scostamento dalla ‘copertura’ integrale della spesa
storica.
Per quanto riguarda le Regioni a statuto speciale, l'autonomia finanziaria resta al momento rappresentata dall'attribuzione di quote di compartecipazione ai tributi erariali. Nel corso della XIV legislatura c’è stata una sola modifica in materia: la compartecipazione al gettito dell’IVA per la regione Friuli-Venezia Giulia è stata elevata a da 6/10 a 8/10 a decorrere dal 2003 (v. scheda Regioni a statuto speciale).