Fonti rinnovabili - Strumenti di incentivazione

Il Provvedimento CIP6

Fino all’entrata in vigore del decreto legislativo n. 79 del 16 marzo 1999 di liberalizzazione del sistema elettrico (c.d. decreto Bersani), che ha definito un nuovo meccanismo di incentivazione in attuazione della direttiva 96/92/CE, la politica di supporto alle energie rinnovabili si è basata su sistema di incentivazione tariffaria meglio noto come CIP 6, attualmente ancora in vigore per i vecchi impianti in esercizio e consistente in un incentivo diretto ai produttori di energie rinnovabili e assimilate che, avvalendosi di una apposita convenzione, cedevano all’ENEL (ai sensi del comma 3, art. 22, della legge 9 gennaio 1991 n. 9[1]) l’energia prodotta in eccedenza  ad un prezzo fisso superiore a quello di mercato. L’ENEL da parte sua recuperava la differenza di prezzo attraverso un’apposita voce di costo nella bolletta degli utenti.

In particolare la delibera CIP (Comitato interministeriale prezzi) n. 6 del 29 aprile 1992 fissava i prezzi di cessione all’ENEL dell’energia elettrica da fonti rinnovabili e assimilate[2], seguendo i due criteri stabiliti dalla legge n. 9/91: da un lato, quello dei "costi evitati[3]" (per cui il ritiro dell'energia elettrica non doveva comportare per l'ENEL costi superiori a quelli che essa avrebbe sostenuto se avesse prodotto direttamente lo stesso ammontare di energia); dall'altro lato, il criterio dei "prezzi incentivanti", differenziati per tipologia di impianto, che dovevano essere assicurati alla "nuova energia"[4] prodotta da fonti rinnovabili ed assimilate, per un rapido recupero del capitale investito; questi ultimi da corrispondersi per otto anni (tempo di avviamento dell’impianto).

Dal punto di vista delle fonti di energia, il provvedimento CIP n. 6/92 considerava le seguenti tre classi di impianti:

§      impianti alimentati da fonti rinnovabili: il sole, il vento, l'energia idraulica, le risorse geotermiche, le maree, il moto ondoso e la trasformazione dei rifiuti organici ed inorganici o di prodotti vegetali;

§      impianti alimentati da fonti assimilate a quelle rinnovabili, come, ad esempio,  gli impianti che fanno riferimento alla cogenerazione, ossia produzione combinata di energia elettrica e di calore; quelli che utilizzano calore di risulta, fumi di scarico ed altre forme di energia recuperabile in processi e in impianti; quelli che utilizzano gli scarti di lavorazione e/o di processi, nonché quelli che utilizzano fonti fossili prodotte esclusivamente da giacimenti minori isolati;

§      impianti alimentati da fonti convenzionali: quelli che utilizzano combustibili fossili commerciali ed altri impianti non rientranti nelle lettere precedenti.

Con l’entrata in vigore del decreto Bersani (D.Lgs. n. 79/99), in base a quanto ivi disposto dall’art.3, comma 12, è stata disposta la cessione, da parte dell'ENEL spa al GRTN spa, dei diritti e delle obbligazioni relative all'acquisto di energia elettrica prodotta da altri operatori nazionali[5]. Il Gestore è dunque subentrato nei rapporti contrattuali in essere tra ENEL ed altri operatori nazionali e dal 1°gennaio 2001 ritira le cosiddette “eccedenze” di energia elettrica da fonti rinnovabili di cui alla citata legge 9/91, offerta dai produttori ai prezzi determinati dall'Autorità in applicazione del criterio del costo evitato.

In pratica, i produttori terzi, cedono l’energia da fonti rinnovabili generata da propri impianti in eccesso rispetto ai propri fabbisogni ad un prezzo fissato amministrativamente sulla base dei criteri stabiliti dal provvedimento dell’Autorità n. 108/97[6].

Le convenzioni CIP6, ai tempi siglate con ENEL e oggi trasferite al GRTN hanno una durata fissata in otto anni a partire dalla messa in esercizio degli impianti ed il prezzo corrisposto è a carico della componente tariffaria elettrica A3[7].

Per quanto attiene alle modalità di ritiro dell’energia elettrica prodotta da impianti alimentati da fonti energetiche rinnovabili e non, si ricorda che l’articolo 1, comma 41 della legge n. 239/04 di riordino del settore energetico, confermando quanto disposto dall’articolo 13 del D.Lgs. n. 387/03[8], ha demandato all’Autorità per l’energia elettrica e il gas la determinazione delle modalità per il ritiro dell’“energia elettrica prodotta da impianti di potenza inferiore a 10 MVA” e dell’energia elettrica “di cui al secondo periodo del comma 12 dell’articolo 3 del decreto legislativo 16 marzo 1999 n. 79” (ossia le eccedenze da fonti rinnovabili e assimilate). Ai sensi dell’ultimo periodo del medesimo comma 41 della legge n. 239/04, dopo la scadenza delle convenzioni in essere, l’energia elettrica prodotta da impianti CIP 6 di potenza eguale o maggiore a 10 MVA deve essere ceduta al mercato. Si ricorda, altresì, che l'energia ritirata dai produttori incentivati viene destinata dal GRTN agli operatori del mercato libero e del mercato vincolato secondo modalità, definite di anno in anno, con decreto del Ministero delle attività produttive.

 

Si segnala che dal 1° novembre 2005 è diventato operativo il Gestore del sistema elettrico – GRTN spa. Tale società, in seguito al trasferimento dal GRTN (Gestore della Rete di trasmissione Nazionale) a Terna spa del ramo d’azienda relativo alle attività di dispacciamento, trasmissione e sviluppo della rete di trasmissione, si focalizza sulla gestione delle fonti rinnovabili. L’attività di promozione, incentivazione e sviluppo delle fonti rinnovabili e assimilate, e la gestione di tutte le attività di natura pubblicistica del settore elettrico, rappresenta la nuova missione del Gestore del sistema elettrico, che diventa il punto di riferimento nel settore per l’attuazione della politica energetica nel Paese. Il GRTN spa promuove lo sviluppo delle fonti rinnovabili sia attraverso l’erogazione di incentivi agli impianti di generazione, sia con campagne di sensibilizzazione per un consumo di energia elettrica responsabile e compatibile con le tematiche dello sviluppo sostenibile in coerenza con la politica di risparmio energetico nazionale.

Con riferimento all’attività d’incentivazione della produzione di energia e la gestione dei flussi economici e finanziari di tutte le fonti rinnovabili e assimilate, il GRTN, in particolare: a) ritira dai produttori e colloca sul mercato l’energia prodotta da impianti da fonti rinnovabili e assimilate (“CIP6”); b) gestisce, in qualità di soggetto attuatore, il sistema di incentivazione dell’energia prodotta da impianti fotovoltaici (c.d. conto energia); c) emette i certificati verdi e verifica i relativi obblighi da parte dei produttori e importatori; d) qualifica gli impianti alimentati da fonti rinnovabili; e) rilascia la garanzia d’origine dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili ed effettua il riconoscimento degli impianti di produzione in cogenerazione.

Il GRTN partecipa, inoltre, alla piattaforma internazionale di scambio certificati gestita dall’AIB (Association of Issuing Bodies), associazione internazionale di cui è membro. In tale ambito, il GRTN emette i certificati RECS (Renewable Energy Certificate System), titoli internazionali, su base volontaria, attestanti la produzione di energia elettrica rinnovabile.

I certificati verdi

I certificati verdi costituiscono il nuovo strumento di incentivazione dell’elettricità prodotta da fonti rinnovabili con il quale è stato previsto il superamento del vecchio criterio di incentivazione tariffaria noto come Cip 6.

Definito dall’articolo 11 del D.Lgs. n. 79 del 16 marzo 1999, in attuazione della direttiva 96/92/CE sul mercato interno dell’energia elettrica, e perfezionato dapprima con i decreti ministeriali 11 novembre 1999 e 18 marzo 2002, il nuovo meccanismo dei “certificati verdi” adottato per l’incentivazione delle fonti rinnovabili[9] consiste nell’obbligo, posto a carico dei produttori ed importatori di energia elettrica prodotta da fonti non rinnovabili, di immettere nella rete elettrica, a decorrere dal 2002, una quota minima di elettricità prodotta da impianti alimentati a fonti rinnovabili entrati in esercizio dopo il primo aprile 1999. La quota, inizialmente fissata nel 2%, è applicata sulla produzione e sulle importazioni dell’anno precedente, decurtate dell’elettricità prodotta in cogenerazione, degli autoconsumi di centrale, delle esportazioni, con una “franchigia” di 100 GWh successivamente ridotta a 50 GWh.

Gli impianti che concorrono al conseguimento della quota, come accennato, sono quelli alimentati da fonti rinnovabili entrati in funzione dopo il 1 aprile 1999 a seguito di nuova costruzione, potenziamento, rifacimento, totale o parziale riattivazione. Concorre, altresì, al conseguimento della quota la nuova produzione imputabile a fonte rinnovabile ottenuta, anche in impianti esistenti, mediante co-combustione, cioè combustione contemporanea di combustibili non rinnovabili e di combustibili, solidi, liquidi o gassosi, ottenuti da fonti rinnovabili.

L’elettricità prodotta da fonti rinnovabili viene immessa in rete godendo della precedenza nel dispacciamento. In aggiunta, il GRTN (Gestore del sistema elettrico, operativo dal 1° novembre 2005) rilascia al produttore, su richiesta e previo riconoscimento all’impianto della qualifica di impianto alimentato da fonti rinnovabili (qualifica IAFR), i certificati verdi (CV) titoli comprovanti la produzione di elettricità da fonti rinnovabili, che costituiscono lo strumento con il quale i soggetti sottoposti all’obbligo della quota minima devono dimostrare di avervi adempiuto. Per i soggetti che non rispettano l’obbligo, la cui verifica di adempienza è affidata al GRTN, sono previste sanzioni consistenti nella limitazione dell’accesso al mercato complessivo dell’energia elettrica.

I produttori ed importatori di energia elettrica soggetti all'obbligo di immissione nel sistema della quota sopra indicata di energia proveniente da fonti rinnovabili, trasmettono al GRTN, entro il 31 marzo di ogni anno l'autocertificazione attestante le proprie importazioni e produzioni di energia da fonti non rinnovabili, riferita all'anno precedente ed evidenziante separatamente l'energia importata e quella prodotta da ciascun impianto.

Il GRTN, sulla base dell'autocertificazione ricevuta, effettua la verifica relativamente all'anno precedente ed annulla i certificati relativi  riconoscendo al titolare che lo deposita il soddisfacimento della quota verde.

 

I certificati verdi sono commerciabili in un mercato parallelo svincolato da quello dell’elettricità, attraverso la piattaforma di negoziazione (borsa dei CV) organizzata presso la società Gestore del Mercato (GME), oppure mediante contratti bilaterali. L’avvio della borsa dei CV è stato sancito dal decreto ministeriale 14 marzo 2003.

Nel mercato dei certificati verdi la domanda è costituita dall’obbligo da parte dei produttori e degli importatori di immettere la quota minima prevista di energia prodotta da fonti rinnovabili; mentre l'offerta è rappresentata dai certificati verdi emessi a favore di impianti privati che hanno ottenuto la qualificazione IAFR dal Gestore della rete, così come dai certificati verdi che il GRTN stesso emette a proprio favore a fronte dell’energia prodotta dagli impianti Cip 6.

Nella fase di avvio del nuovo meccanismo, si è stabilito che gli impianti Cip 6/92 entrati in esercizio dopo il 1 aprile 1999 abbiano diritto ai certificati verdi: la proprietà di tali certificati è però attribuita al GRTN, che li immette sul mercato, esclusivamente attraverso la piattaforma del GME, ad un prezzo di offerta fisso, determinato in base alla differenza tra la l’onere di acquisto della relativa elettricità (limitatamente a quella che gode ancora della tariffa incentivante) ed i proventi della vendita della medesima elettricità.

Il valore dell’incentivo, cioè il prezzo del certificato verde, si forma sul mercato. Poiché i CV non sono differenziati per tecnologia e fonte, vi è competizione non solo tra gli operatori, ma anche tra le diverse tecnologie di sfruttamento delle fonti rinnovabili, per cui ne risultano avvantaggiate le tecnologie a minor costo di produzione dell’energia.

A compensazione parziale di questo effetto, sono stati introdotti specifici strumenti a sostegno delle tecnologie più costose: tra essi, si richiamano i programmi di diverse regioni per incentivi in conto capitale, nonché alcune iniziative governative, come quella del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio a sostegno della diffusione del fotovoltaico integrato nelle strutture edilizie.

Altri strumenti importanti per sostenere le rinnovabili meno competitive nell’ambito del meccanismo dei certificati verdi, sono stati introdotti con il decreto legislativo n. 387/03 (v. scheda Fonti rinnovabili - Il decreto legislativo n. 387/2003). Proprio in virtù di quest’ultimo decreto legislativo, a partire dall'anno 2004 e fino al 2006, la quota d'obbligo è incrementata annualmente di 0,35 punti percentuali (art.4 comma 1). Gli incrementi della quota minima d'obbligo per il triennio 2007-2009 e 2010-2012 verranno stabiliti con decreti del Ministero delle attività produttive.

Tra le novità introdotte dal provvedimento si segnala, inoltre, l’inclusione dei rifiuti tra le fonti energetiche ammesse a godere del regime riservato alla rinnovabili (art. 17), la previsione della non cumulabilità tra  i certificati verdi e gli incentivi previsti per le imprese di distribuzione che perseguono obiettivi di efficienza energetica  e di promozione delle fonti rinnovabili (art. 18) e il riconoscimento alle centrali ibride dell’incentivazione dei certificati verdi, limitatamente alla quota imputabile alla fonte rinnovabile (art. 8).

Il D.Lgs.387 ha confermato in otto anni il periodo di riconoscimento dei certificati verdi che, recentemente è stato innalzato a 12 anni ai sensi del comma 267 del D.Lgs n. 152 del 3 aprile 2006 recante “Norme in materia ambientale[10] (v. capitolo Il riordino del diritto ambientale). Ha altresì previsto per i soggetti importatori di energia elettrica da Stati membri dell'Unione europea, sottoposti all'obbligo della quota minima, la possibilità di richiedere al Gestore della rete, relativamente alla quota di elettricità importata prodotta da fonti rinnovabili, l'esenzione dal medesimo obbligo.

Da ultimo, al fine del conseguimento degli obiettivi indicativi nazionali, ha disposto che i certificati verdi possono essere rilasciati esclusivamente con riferimento alla produzione di energia elettrica da impianti ubicati sul territorio nazionale, ovvero proveniente da paesi che adottino strumenti di promozione e incentivazione delle FER analoghi a quelli vigenti in Italia e riconoscano la stessa possibilità ad impianti ubicati sul territorio italiano, sulla base di accordi stipulati tra il Ministro delle attività produttive e il Ministero dell’ambiente e tutela del territorio ed i competenti Ministeri dello Stato estero di provenienza dell’energia da FER.

Disposizioni concernenti i certificati verdi si rinvengono, altresì, nella legge 239/04[11] (c.d. legge Marzano) sul riordino del settore energetico che, oltre a ridurre la taglia dei certificati verdi a 50.000 kWh o multipli di detta grandezza dai 100 kWh previsti inizialmente (comma 87), al comma 71, art. 1, ha esteso il nuovo strumento di incentivazione della produzione di energia elettrica, all’energia prodotta mediante utilizzo di idrogeno e quella prodotta da impianti statici con l’utilizzo dell’idrogeno ovvero con celle a combustibile, nonché all'energia prodotta da impianti di cogenerazione abbinati al teleriscaldamento urbano, limitatamente alla quota di energia termica effettivamente utilizzata per il teleriscaldamento[12].

In attuazione delle disposizioni introdotte dal comma 71 della legge di riordino del settore energetico è stato emanato il decreto del Ministro delle attività produttive e dell’ambiente e tutela del territorio del 24 ottobre 2005 recante “Direttive per la regolamentazione della emissione dei certificati verdi alle produzioni di energia di cui all’articolo 1, comma 71, della legge 23 agosto 2004, n. 239[13]

Un secondo decreto 24 ottobre 2005, recante “Aggiornamento delle direttive per l’incentivazione dell’energia prodotta da fonti rinnovabili ai sensi dell’articolo 11, comma 5, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79”, ha, invece, provveduto a rafforzare ulteriormente l’incentivazione dei rifiuti-  compresa la frazione non biodegradabile – e dei combustibili da essi derivanti, già prevista, in aperto contrasto con la direttiva 2001/77/CE, dall’articolo 17 del decreto legislativo di recepimento (n. 387/03) che all’art. 5, comma 2, ha riconosciuto agli impianti alimentati a biomasse e rifiuti il diritto ai certificati verdi per l’energia prodotta nei primi 8 anni successivi alla loro entrata in servizio. Il decreto in questione ha previsto anche la possibilità di ottenere, su richiesta del produttore, i certificati verdi per ulteriori 4 anni ed ha escluso dal diritto all’ottenimento dei certificati verdi gli impianti che ai fini della produzione di energia elettrica utilizzano rifiuti urbani e speciali non pericolosi.

 

Il meccanismo dei certificati verdi non rappresenta l’unica forma nazionale di sostegno al settore delle energie rinnovabili. In particolare occorre ricordare alcuni programmi promossi dal Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio (in collaborazione con regioni ed enti locali) nei settori dell’energia solare (v. capitolo Energie rinnovabili).

Si segnala, inoltre, l’istituzione nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze - per il 2005- del Fondo per la promozione delle risorse rinnovabili, con una dotazione finanziaria di 10 milioni di euro, disposta dall’art. 1 comma 248 della legge finanziaria 2005 (L. 311/04). L’attenzione è stata posta in particolare sulle potenzialità di produzione di idrogeno da fonti di energia rinnovabile solare, eolica, idraulica o geotermica. Il Fondo è destinato a cofinanziare attività di ricerca applicata e sviluppo precompetitivo, prioritariamente dirette all’utilizzo delle fonti energetiche rinnovabili, e, segnatamente, all’utilizzo del vettore idrogeno, prodotto con fonti rinnovabili, nell’ambito di nuovi sistemi di locomozione – come ad esempio i veicoli dotati di celle combustibili - atti a ridurre, nella logica dello sviluppo sostenibile, le emissioni inquinanti al fine del miglioramento della qualità ambientale, in particolare all’interno dei centri urbani.

Per quanto riguarda i meccanismi di incentivazione e il mercato delle rinnovabili in Italia si rinvia al Rapporto dell’ENEA “Le Fonti Rinnovabili 2005 - Lo sviluppo delle rinnovabili in Italia tra necessità e opportunità[14], mentre per quanto concerne l’incentivazione specifica del fotovoltaico (v. scheda Fonti rinnovabili - Conto energia).

Il Sistema RECS

il meccanismo di incentivazione della produzione di energia elettrica da rinnovabili noto come “Certificati Verdi” si pone come meccanismo complementare rispetto a quello successivamente introdotto a livello internazionale e noto come RECS[15].

I RECS - Renewable Energy Certificate System – costituiscono un sistema di certificazione volontario, condiviso a livello internazionale, volto alla promozione e allo sviluppo del mercato dell’energia prodotta da fonti rinnovabili, operante attraverso certificati attribuiti all’energia elettrica prodotta da dette fonti, emessi nel paese ove è avvenuta la produzione e commercializzati o scambiati sui mercati internazionali.

I RECS operano attraverso certificati che rappresentano la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e la sua emissione nel paese di produzione  consente la commercializzazione o lo scambio del certificato sui mercati internazionali, anche separatamente dall’energia elettrica cui il certificato fa riferimento.

In Italia, la titolarità della registrazione degli impianti e dell’emissione e l’annullamento dei certificati è posta in capo al medesimo organismo previsto per i certificati verdi (GRTN) e ciò costituisce una garanzia per il corretto funzionamento dei due sistemi [16].

In Italia, il Gestore del sistema elettrico - GRTN è membro del RECS insieme ad AceaElectrabel Trading, AEM Trading, AGSM Verona, ASM Brescia, APER, Assoelettrica, CVA, Dalmine Energie, Edison Trading, Electra Italia, Endesa Italia, Enel Trade, Federpern, La220, Multiutility. Il GRTN, in qualità di organismo di emissione dei certificati, partecipa all’AIB (Association of Issuing Bodies) che ha presieduto per due anni e di cui, da settembre 2005, è membro del Board.

Le differenze tra RECS e certificati verdi sono così riassumibili:

§      la partecipazione è volontaria e la possibile remunerazione della vendita del certificato è dunque collegata a principi di green pricing e di sensibilità ambientale delle aziende;

§      ogni certificato fa riferimento ad una produzione annua di 1MWh, includendo così anche le applicazioni di piccola taglia;

§      il mercato è allargato a 18 paesi attualmente e potrà essere ulteriormente esteso in futuro.

Il sistema è oggi operativo nella maggior parte dei paesi membri dell’Unione Europea, nei quali sono stati individuati organismi di emissione (i c.d. Issuing Bodies) che emettono, registrano ed annullano i certificati verdi in ossequio ai principi e alle regole stabilite in un protocollo comune, denominato Basic Commitment, e nei rispettivi protocolli nazionali, denominati National Domain Protocol, convalidati dall’ AIB (Association of Issuing Bodies).



[1]     L'articolo 22 della legge 9 gennaio 1991, n. 9 che ha liberalizzato la produzione di energia elettrica a mezzo di impianti utilizzanti fonti di energia considerate rinnovabili o assimilate, ha stabilito che l'energia prodotta da questi impianti, non utilizzata dalla stessa impresa produttrice, dovesse essere venduta all'ENEL a prezzi incentivanti. La cessione doveva avvenire tramite apposite convenzioni stipulate tra l'impresa produttrice e l'ENEL, in conformità di una convenzione tipo predisposta dal Ministero dell'industria, sentite le regioni interessate.

[2]     Si ricorda che ai sensi dell’art. 1, comma 3, della legge 9 gennaio 1991, n. 10, per fonti energetiche assimilate si intendono le risorse energetiche di origine fossile che, vengono assimilate alle fonti rinnovabili in virtù degli elevati rendimenti energetici.

[3]     Nel costo evitato rientrano i costi evitati d'impianto, di esercizio e manutenzione, di combustibile. I valori dei primi due vengono aggiornati annualmente dalla Cassa conguaglio per il settore elettrico in base alle variazioni dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per l'intera collettività, mentre il valore del costo evitato di combustibile è aggiornato annualmente in base ai costi di approvvigionamento di gas naturale per una centrale termoelettrica. L'incentivo specifico per tecnologia di produzione, invece, varia a seconda della tipologia d'impianto e rappresenta la quota incentivante che permette il recupero del capitale investito.

[4]     Per "nuova energia" o "nuova produzione" il provvedimento CIP n. 6/92 si riferiva a quella prodotta da impianti entrati in servizio dopo il 30 gennaio 1991 e quella considerata tale dai precedenti provvedimenti CIP 15 del 12 luglio 1989 (GU n. 167 del 19 luglio 1989) e CIP 14 novembre 1990, n. 34 (GU n. 270 del 19 novembre 1990). Il provvedimento CIP n. 15/89 successivamente modificato dal provvedimento CIP n. 34/90, concerne l’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili, da cogenerazione e da altre fonti assimilate, i prezzi di cessione all’ENEL ed i contributi di incentivazione alla nuova produzione.

[5]     Si ricorda, inoltre che, in base all’articolo 22, comma 1, della legge 9/91, la produzione di energia elettrica a mezzo di impianti alimentati a FER o assimilate, non era soggetta alla riserva disposta in favore dell'Enel dalla legge di nazionalizzazione, L.1643 del 6 dicembre 1962 (articolo 1). Ragion per cui, la suddetta energia era prodotta anche da altri operatori nazionali.

[6]     Il provvedimento reca “Definizione dei prezzi di cessione delle eccedenze di energia elettrica di cui agli articoli 20 e 22 della legge 9 gennaio 1991, n. 9”.

[7]     Le componenti tariffarie sono poste a copertura di oneri sostenuti nell'interesse generale del sistema elettrico (quali ad esempio i costi di ricerca, i costi per l'incentivazione dell'utilizzo di fonti energetiche rinnovabili ecc.), individuati dal Governo con decreto o dal Parlamento tramite legge. Tali oneri vengono generalmente identificati come oneri impropri in quanto rappresentano costi che ricadono in tariffa senza essere giustificati da ragioni di efficienza, in quanto si tratta di oneri sostenuti nell'interesse della collettività. I costi gravano sia sui clienti vincolati, sia sui clienti liberi e sono posti a maggiorazione dei corrispettivi per il servizio di trasporto. I valori delle componenti tariffarie A2-A6 sono determinati dall'Autorità e sono differenziati per tipologia di utenza. La gestione del gettito delle componenti A avviene attraverso appositi conti istituiti presso la Cassa Conguaglio per il settore elettrico. In particolare, la componente A3 è posta a copertura dei costi sostenuti dal GRTN per l'acquisto e la vendita di energia CIP6 (da fonti rinnovabili e assimilate).

[8]     L’articolo 13 cit. indicante le modalità di immissione nel sistema dell’energia elettrica da fonti rinnovabili , al comma 3 prevede, in funzione incentivante, che l’energia prodotta da impianti di potenza inferiore ai 10 MVA, nonché da impianti di qualsiasi taglia, alimentati da fonte eolica, solare, geotermica, del moto ondoso, maremorice ed idraulica, limitatamente, per quest’ultima, agli impianti ad acqua fluente, sia  ritirata, su richiesta del produttore, dal Gestore della rete alla quale l’impianto è collegato. L’autorità per l’energia elettrica ed il gas determina le modalità per il ritiro dell'energia elettrica facendo riferimento a condizioni economiche di mercato. In attuazione di quanto disposto dall’art. 13, commi 3 e 4, del decreto legislativo n. 387/03 e dal comma 41 della legge n. 239/04, l’Autorità per l’energia elettrica e il gas, con la delibera del 23 febbraio 2005, n. 34, ha definito le “Modalità e condizioni economiche per il ritiro dell'energia elettrica di cui all'articolo 13, commi 3 e 4, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, e al comma 41 della legge 23 agosto 2004, n. 239” (GU n. 61 del 15 marzo 200). Modifiche e integrazioni alla delibera sono state apportate, successivamente, con le delibere nn. 49/05, 64/05 e 165/05.

[9]     Si ricorda, in proposito, che, secondo la definizione contenuta nell’articolo 2, comma 15 del citato D.Lgs.79/99, sono fonti energetiche rinnovabili il sole, il vento, le risorse idriche, le risorse geotermiche, le maree, il moto ondoso e la trasformazione in energia elettrica dei prodotti vegetali o dei rifiuti organici e inorganici.

[10]     GU 14 aprile 2006, SO n. 96/4.

[11]    Legge 23 agosto 2004, n. 239 recante “Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia".

[12]    Il sistema di teleriscaldamento si compone di una rete di trasporto e di una centrale di produzione del calore, messi entrambi al servizio contemporaneamente di più edifici. La centrale di teleriscaldamento può utilizzare tecnologie cogenerative e/o fonti rinnovabili.

      Il calore distribuito dalla reti di teleriscaldamento può provenire dai combustibili fossili (prodotti petroliferi, gas naturale carbone, ovviamente utilizzati in modalità cogenerativa), da fonti rinnovabili (solare, geotermia, biomasse e frazione combustibile dei rifiuti) o da reflui industriali.

      Il calore che viene distribuito con i sistemi di teleriscaldamento urbano deriva da impianti a produzione semplice (solo calore) e a produzione combinata (calore + energia elettrica).

Alla prima tipologia di impianti appartengono le caldaie per produzione di calore in forma di vapore, acqua calda, acqua surriscaldata, olio diatermico. Gli impianti a produzione combinata, invece, sono gli impianti di cogenerazione che nella pratica attuale possono essere alimentati da un ciclo a vapore, a spillamento o a contropressione, con motori a combustione interna, con turbine a gas, a ciclo combinato. Nuove tecnologie sono in fase di introduzione e comprendono l'utilizzo di celle a combustibile e microturbine. Il sistema di distribuzione può utilizzare diversi tipi di fluidi: la tendenza in Italia è quella di utilizzare acqua calda (80-90°C) o leggermente surriscaldata (110-120°C). Il sistema di distribuzione può essere diretto o indiretto, più utilizzato in Italia. Nel primo caso, un unico circuito idraulico collega la centrale di produzione con il corpo scaldante (termosifone o piastra) dell’utente. Viceversa, nel secondo caso, sono presenti due circuiti separati, mantenuti in contatto attraverso uno scambiatore di calore.

[13]    SO alla "Gazzetta Ufficiale" n. 265 del 14 novembre 2005 - serie generale.

[14]    Indirizzo internet http://www.enea.it/com/web/pubblicazioni/rinnovabili/indicerapporto.html.

[15]    I certificati RECS riguardano quegli impianti a fonte rinnovabile esclusi dal decreto Bersani.

[16]    Molti operatori italiani hanno preso parte all’edificazione del sistema RECS (14 sui 170 membri RECS) ed alla definizione dei principi comuni e delle regole per una certificazione condivisa da tutti i partecipanti. Si tratta di Aper, Api, Aeeg, Bluenergy, Cesi, Edison, Endesa italia, Enel holding, Enelgreenpower, Enel produzione, Enel trade, Federpern, Unapace e Grtn. Quest’ultimo, in particolare, è l’Issuing Body italiano, cioè l’organismo che ha assunto in Italia il compito di certificare gli impianti da fonti rinnovabili ed emettere, registrare ed annullare i certificati relativi alla produzione di elettricità da questi impianti.