Energie rinnovabili

Con l’approvazione della direttiva 2001/77/CE del Parlamento e del Consiglio del 27 settembre 2001 sulla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità, l’Unione europea ha stabilito per ogni Stato membro gli obiettivi da raggiungere nell’ambito della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili; per l’Italia l’obiettivo da raggiungersi entro il 2010 è fissato al 25% di energia elettrica prodotta.

Con la circolare emanata nel 2002 dal Ministro delle attività produttive[1] avente per oggetto Obiettivi indicativi nazionali di consumo di elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili per il periodo 2003-2012 e misure adottate o previste a livello nazionale per conseguire i medesimi obiettivi, ai sensi dell’articolo 3, comma 2, della direttiva 2001/77/CE è stato precisato che gli obiettivi indicati nel Piano nazionale per la riduzione delle emissioni di gas responsabili dell’effetto serra: 2003-2010 (consistenti nel raggiungimento, entro il 2010, di una quota di produzione pari a 75TWh) “sono coerenti con le indicazioni dell’allegato alla direttiva, e dunque il disposto della direttiva medesima è soddisfatto”.

 

Si ricorda, in proposito, che il citato Piano, elaborato in attuazione di quanto previsto dalla legge 1° giugno 2002, n. 120, rappresenta il principale strumento programmatico per il raggiungimento degli obiettivi del Protocollo di Kyoto (v. scheda L’attuazione del Protocollo di Kyoto). In tale Piano (analogamente a quanto si riscontra negli altri Paesi), uno degli strumenti fondamentali individuati per il raggiungimento degli obiettivi citati è proprio costituito dallo sviluppo delle fonti rinnovabili.

 

La direttiva 2001/77/CE è stata recentemente recepita dall’Italia con il decreto legislativo 29 dicembre 2003 n. 387[2] che ha ulteriormente innalzato l’obbligo - stabilito dal decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 (cd. decreto Bersani) - di immettere nella rete nazionale una quota di energia generata in nuovi impianti alimentati da fonti rinnovabili ed ha definito nuove regole di riferimento per la promozione delle fonti medesime.

L’articolo 2, comma 1, del d.lgs. n. 387/2003, reca la seguente definizione delle fonti rinnovabili, con cui si intendono “le fonti energetiche rinnovabili non fossili (eolica, solare, geotermica, del moto ondoso, maremotrice, idraulica, biomasse, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas)”.

Strumenti di incentivazione

Il principale meccanismo di incentivazione della produzione di energia elettrica da rinnovabili è costituito dai cd. certificati verdi, introdotto nell’ordinamento nazionale dall’art. 11 del d.lgs. n. 79 del 1999 (v. scheda Fonti rinnovabili – Strumenti di incentivazione).

 

Si ricorda che tale meccanismo incentivante ha previsto a decorrere dal 2002 l’obbligo, a carico dei produttori ed importatori di energia elettrica prodotta da fonti non rinnovabili, di immettere nella rete elettrica una quota minima di elettricità, prodotta da impianti alimentati a fonti rinnovabili entrati in esercizio dopo il primo aprile 1999.

Tale quota, inizialmente fissata al 2%, è stata poi innalzata dal d.lgs. n. 387/2003 (art. 4), che ne ha stabilito un incremento annuo dello 0,35% per il triennio 2004-2006, demandando a successivi decreti la fissazione degli ulteriori incrementi per i trienni successivi.

 

Il meccanismo dei certificati verdi non rappresenta, tuttavia, l’unica forma nazionale di sostegno al settore delle energie rinnovabili[3].

Energia solare

In particolare occorre ricordare i programmi promossi dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio (in collaborazione con regioni ed enti locali) nei settori dell’energia solare (Comune solarizzato, Solare termico e Tetti fotovoltaici) che, avviati nel corso della XIII legislatura, sono stati rifinanziati, per permetterne la prosecuzione, nel corso della XIV legislatura.

 

Si ricordano, in proposito, i seguenti decreti del Ministro dell’ambiente: il DM 24 luglio 2002 Programma “Tetti fotovoltaici” - Bandi regionali, il DM 24 luglio 2002 Programma “Solare termico” - Bandi regionali; il DM 12 novembre 2002 Rifinanziamento del programma “Tetti fotovoltaici” e il DM 13 dicembre 2002 Assegnazione delle risorse finanziarie per il programma "Comune Solarizzato".

Si ricorda, inoltre, che l’emanazione del d.lgs. n. 387/2003 ha segnato il passaggio dal programma “Tetti fotovoltaici” (caratterizzato da finanziamenti a fondo perduto) ad un meccanismo di incentivazione diverso basato sull’introduzione (art. 7) di un sistema feed-in tariff, “con il quale viene riconosciuto il valore aggiunto, verso l’ambiente, dell’energia elettrica prodotta con questa fonte rinnovabile, stabilendo una tariffa in «Conto energia» che dovrà permettere il pay-back dell’investimento”[4].

Le modalità applicative sono state delineate dal DM 28 luglio 2005, successivamente modificato dal DM 6 febbraio 2006[5]. Sull’argomento, si rinvia alla scheda Fonti rinnovabili – Conto energia.

Biomasse

Alcune disposizioni recate dal d.lgs. n. 387/2003 riguardano specificamente alcuni tipi di fonti rinnovabili. È il caso, ad esempio, dell’art. 5 che reca Disposizioni specifiche per la valorizzazione energetica delle biomasse, dei gas residuati dai processi di depurazione e del biogas.

 

Si ricorda, in proposto che l’art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 387/2003, che include le biomasse tra le fonti rinnovabili, definisce biomassa “la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall'agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali) e dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani”.

 

Un’importante applicazione delle biomasse è costituita dai biocarburanti[6], alla cui incentivazione è legata l’emanazione del decreto legislativo n. 128 del 30 maggio 2005 di attuazione della direttiva 2003/30/CE relativa alla promozione dell'uso dei biocarburanti o di altri carburanti rinnovabili nei trasporti.

Si segnala, inoltre, che un’ulteriore impulso all’utilizzo delle biomasse – in particolare a fini combustibili (cd. biocombustibili) - è venuto dal DPCM 8 ottobre 2004 Modifica del D.P.C.M. 8 marzo 2002, recante: «Disciplina delle caratteristiche merceologiche dei combustibili aventi rilevanza ai fini dell'inquinamento atmosferico, nonché delle caratteristiche tecnologiche degli impianti di combustione» attraverso la ridefinizione dei vincoli connessi con il loro impiego termico, nell’ambito delle politiche per il raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni posti dal Protocollo di Kyoto (v. scheda L’attuazione del Protocollo di Kyoto).

Si ricorda infine che il legislatore italiano, prima dell’emanazione dei citati provvedimenti, aveva provveduto alla promozione dei biocarburanti prevalentemente attraverso misure agevolative di carattere fiscale[7] che, avviate nel corso della XIII legislatura, sono proseguite nel corso della legislatura successiva.

 

Si ricorda infatti che l’art. 1, comma 521, della legge n. 311/2004 (finanziaria 2005), nell’ambito di un programma della durata di sei anni (2005-2010) ha previsto l’esenzione da accisa di un contingente annuo di 200.000 tonnellate[8] di biodiesel.

Successivamente l’art. 1, comma 421, della legge n. 266/2005 (finanziaria 2006) ha prescritto che, nell’ambito del citato programma, una quota sino a 20.000 tonnellate annue di biodiesel in esenzione da accisa sia utilizzata a seguito della sottoscrizione di appositi contratti di coltivazione, realizzati nell'ambito di contratti quadro o intese di filiera. Lo stesso comma stabilisce inoltre che con decreto ministeriale è determinata una quota annua di biocarburanti di origine agricola da immettere al consumo sul mercato nazionale.

Si segnala infine che l’art. 1, comma 520, della citata legge n. 311/2004 ha differito al 1° gennaio 2005 la decorrenza dell’inizio del progetto sperimentale triennale inteso ad incrementare, mediante l’applicazione di accise ridotte, l'utilizzo di fonti energetiche a basso impatto ambientale. Contestualmente il limite complessivo di spesa è stato elevato a 73 milioni di euro annui[9].

Nel corso della XIV legislatura è proseguita inoltre l’applicazione degli incentivi fiscali[10] per i biocombustibili per riscaldamento.

Rifiuti

Benché esclusi formalmente dal novero delle fonti rinnovabili definite dall’art. 2 del d.lgs. n. 387/2003, i rifiuti (v. capitolo Rifiuti e bonifiche dei siti inquinati) vi rientrano nella sostanza sulla base del disposto dell’art. 17 secondo cui “sono ammessi a beneficiare del regime riservato alle fonti energetiche rinnovabili i rifiuti, ivi compresa, anche tramite il ricorso a misure promozionali, la frazione non biodegradabile ed i combustibili derivati dai rifiuti, di cui ai decreti previsti dagli articoli 31 e 33 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 92 e alle norme tecniche UNI 9903-1”.

Lo stesso articolo prevede, inoltre, che “agli impianti, ivi incluse le centrali ibride, alimentati dai suddetti rifiuti e combustibili, si applicano le disposizioni del presente decreto”.

Dal combinato disposto degli artt. 2 e 17 si evince, quindi, che:

-        la parte biodegradabile dei rifiuti industriali ed urbani (intesi come biomasse, oltre a quelli agricoli, silvicoli e delle industrie connesse) non è considerata rifiuto, ma fonte rinnovabile in senso stretto, quindi gli impianti che la utilizzano (ai sensi dell’art. 12, comma 5) non sono soggetti né alle autorizzazioni ambientali (d.lgs. n. 22/1997 e conseguentemente a tutto il regime delle scritture ambientali), né a quelle energetiche (previste dal d.lgs. n. 387/2003. Ad essi si applica invece il regime dei certificati verdi, tranne nel caso in cui non rispettino le caratteristiche previste dal citato DPCM 8 marzo 2002;

-        i rifiuti e la loro parte non biodegradabile e il CDR[11] sono considerati rifiuti a tutti gli effetti, ma rientrano tra le fonti rinnovabili e godono così della procedura autorizzatoria semplificata di cui all’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003.

 

Si ricorda, in proposito, che l’art. 1, comma 29, lettera b), della legge n. 308/2004 ha espressamente escluso dalla disciplina sui rifiuti (modificando l’art. 8 del d.lgs. n. 22/1997) il CDR cd. “di qualità”, cioè conforme alla norma UNI 9903-1, utilizzato in co-combustione in impianti di produzione di energia elettrica e in cementifici.

Altri incentivi

L’art. 1, comma 248, della legge n. 311/2004 (legge finanziaria 2005) ha istituito per il 2005, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, un Fondo per la promozione delle risorse rinnovabili, con una dotazione finanziaria di 10 milioni di euro, finalizzato al cofinanziamento di studi e ricerche relative all’utilizzo del vettore idrogeno, prodotto a partire da fonti rinnovabili, nell’ambito di nuovi sistemi di locomozione atti a ridurre le emissioni inquinanti al fine del miglioramento della qualità ambientale, in particolare all’interno dei centri urbani.

Norme in materia di edilizia

Le opere relative al conseguimento di risparmi energetici, con particolare riguardo all'installazione di impianti basati sull'impiego delle fonti rinnovabili di energia, sono ricomprese tra le opere di ristrutturazione edilizia che beneficiano delle agevolazioni fiscali previste dall’art. 1 della legge n. 449/1997.

 

Si ricorda che tali agevolazioni, prorogate fino al 31 dicembre 2006 dall’art. 1, comma 121, della legge n. 266/2005 (finanziaria 2006), prevedono la detraibilità - fino ad un importo di 48.000 euro - dall’imposta sul reddito (IRE), nella misura del 41%. Si rinvia, in proposito, al capitolo Le imposte dirette.

 

Nel corso del 2005 è stato emanato un importante provvedimento volto ad incentivare il miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici: il decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192 di attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell'edilizia[12].

Tra le principali disposizioni introdotte dal citato decreto, conformemente alle previsioni della direttiva, vi è l’introduzione (art. 6) di un sistema di certificazione energetica per gli edifici di nuova costruzione nonché per le ristrutturazioni di edifici esistenti di superficie utile superiore a 1.000 m2.

Tale certificazione, in verità, era già prevista dalla legge n. 10/1991, ma non è stata mai attuata per le difficoltà dei Comuni di svolgere un adeguato controllo. Secondo alcuni osservatori, le nuove norme recate dal d.lgs. n. 192/2005 potrebbero rivelarsi efficaci in quanto “può darsi, anzi è probabile, che i controlli da parte dei Comuni continuino ad essere carenti. Ma entra in scena un nuovo controllore severissimo: l’utente”[13].

Gli ostacoli allo sviluppo delle fonti rinnovabili

Se da un lato negli ultimi anni si è assistito ad una costante crescita del settore delle energie rinnovabili, è anche vero che la tendenza in atto non sembra sufficiente a consentire un vero e proprio cambio di rotta nella produzione energetica.

Tra le varie cause del mancato decollo le più importanti non sembrano essere quelle di carattere economico. Tali ostacoli sembrano infatti, almeno in parte, superabili, da un lato attraverso l’accrescimento delle conoscenze scientifiche che stanno consentendo una maggiore efficienza in termini di costi, dall’altro dallo sviluppo di meccanismi di incentivazione.

Secondo l’ENEA[14] “i maggiori ostacoli allo sviluppo delle rinnovabili sembrano venire oggi in Italia dai tempi lunghi connessi alle procedure autorizzative e, in alcuni casi, all’acquisizione del consenso sociale alla realizzazione degli interventi stessi”, componente quest’ultima che mostra caratteri contraddittori. Infatti, nonostante i sondaggi di opinione[15] evidenzino la propensione della collettività allo sviluppo delle fonti rinnovabili, soprattutto per i benefici attesi in termini di impatto ambientale, gli stessi cittadini si oppongono alla realizzazione degli impianti, paradossalmente, per motivazioni di carattere ambientale, adottando così quel comportamento noto come sindrome NIMBY (not in my back-yard[16]) in modo dunque non dissimile da quanto accade per gli impianti energetici convenzionali.

Alcune disposizioni del d.lgs. n. 387/2003 sembrano proprio finalizzate a cercare di superare questi ostacoli, da un lato attraverso la creazione di un clima di consenso sulle fonti rinnovabili (artt. 9, 15 e 16), dall’altro mediante una serie di misure di razionalizzazione e semplificazione delle procedure autorizzative (art. 12): gli impianti alimentati a fonti rinnovabili vengono classificati di “pubblica utilità” e la loro realizzazione definita “indifferibile ed urgente”, inoltre vengono semplificate le procedure concessorie mediante l’introduzione di un’autorizzazione unica, rilasciata dalla regione o da altro soggetto istituzionale da questa delegato.



[1] Cfr. http://europa.eu.int/comm/energy/res/legislation/doc/electricity/member_states/it_2002_report_it.pdf

[2] Pubblicato nella G.U. 31 gennaio 2004, n. 25, S.O.

[3] Per un’analisi approfondita si rinvia al recente Rapporto dell’ENEA Le Fonti Rinnovabili 2005 - Lo sviluppo delle rinnovabili in Italia tra necessità e opportunità all’indirizzo internet http://www.enea.it/com/web/pubblicazioni/rinnovabili/indicerapporto.html.

[4] C.L. Boroni, D.Lgs. n. 387/2003 e impianti fotovoltaici: che prospettive di sviluppo del mercato?, in “Ambiente e sicurezza” n. 14/2004.

[5] Adottati dal Ministro delle attività produttive di concerto con il Ministro dell’ambiente.

[6] Si tratta dei combustibili cosiddetti verdi, cioè i combustibili liquidi impiegati nei mezzi di trasporto e prodotti dalla biomassa, tra cui i più comuni sono il biodiesel ottenuto da grassi e oli e il bioetanolo sintetizzato dai carboidrati.

[7] Si pensi ad esempio, limitando l’analisi ai provvedimenti emanati nel corso della XIV legislatura, al D.M. economia e finanze 20 febbraio 2004, n. 96 recante “Regolamento recante agevolazioni fiscali al bioetanolo di origine agricola, da adottare ai sensi dell'articolo 22 della legge 23 dicembre 2000, n. 388”.

[8] Il precedente programma (art. 21 della legge n. 388/2000) esentava da imposta un contingente annuo di 300.000 tonnellate di biodiesel.

[9] La data inizialmente fissata, per l’avvio di tale progetto, dall’art. 22 della legge n. 388/2000, era il 1° gennaio 2001, poi differita al 1° gennaio 2003 dall’art. 19, comma 6, della legge n. 289/2002. Quanto al limite di spesa, inizialmente era previsto in 30 miliardi di lire (58,1 milioni di euro).

[10] L’agevolazione, disposta inizialmente per l’ultimo trimestre del 2000 dall’art. 4, comma 4-bis, del D.L. n. 268/2000 (convertito dalla legge n. 354/2000) è stata ininterrottamente prorogata sino, da ultimo (art. 1, comma 115, lett. d), della legge n. 266/2005), al 31 dicembre 2006.

[11] Combustibile Derivato dai Rifiuti. Per approfondimenti si veda il box contenuto nella scheda Il riordino del diritto ambientale – Novità in materia di rifiuti e bonifiche.

[12] Per un commento si veda l’articolo intitolato D.Lgs. n. 192/2005: luci ed ombre sul recepimento della direttiva n. 2002/91/CE, a cura del Comitato termotecnico italiano, in “Ambiente e sicurezza” del 20 dicembre 2005.

[13] S. Colombo, F. Giola, F. Soma, Il decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, pubblicato all’indirizzo internet www.edilclima.it/download/p2000/2029art1.pdf.

[14] www.enea.it/com/web/pubblicazioni/rinnovabili/ExecutiveSummaryRinnovabili.pdf.

[15] Uno dei sondaggi più accurati è stato svolto dall’Abacus nell’ottobre 2003 (una sintesi dei risultati è contenuta nel box “Le aspettative degli italiani su alcune tematiche ambientali” a pagina 105 del Rapporto Energia e Ambiente 2003 – Le fonti rinnovabili dell’ENEA, disponibile all’indirizzo internet http://www.enea.it/com/web/pubblicazioni/REA_03/fonti_03.pdf.

[16] Ovvero “non nel mio cortile”.