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Svolgimento di interpellanze urgenti.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.
(Espulsione di una cooperante italiana effettuata dalle autorità di sicurezza israeliane - n. 2-00424)
PRESIDENTE. L'onorevole Burgio ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00424 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 1).
ALBERTO BURGIO. Signor Presidente, ringrazio il viceministro di essere presente in aula per rispondere alla mia interpellanza urgente che solleva una problema, prendendo spunto da una vicenda specifica che già è stata oggetto di un atto di sindacato ispettivo presentato nella Commissione affari esteri dal collega Alì Khalil e già discusso con il viceministro Sentinelli.
L'episodio in questione vede come protagonista una cooperante italiana, inserita in un progetto di cooperazione finanziato dalla regione Toscana e portato avanti dal comune di Vinci. Tale progetto è volto all'insediamento di reparti pediatrici in quattro ospedali palestinesi ed è stato elaborato con il partenariato di Medical relief di Ramallah.
La cooperante, dottoressa Dametti, è stata nominata dalla regione Toscana e, in particolare, dal comune di Vinci come persona addetta al monitoraggio sullo sviluppo del progetto di cooperazione. Margherita Dametti è una cooperante ormai sperimentata, con una grande esperienza. Attualmente, frequenta un master presso l'università di Pavia sulla cooperazione internazionale e lo sviluppo e, da molto tempo, collabora con il Medical relief di Ramallah e con la alcune regioni italiane, fungendo, come prescrive la cooperazione, da interfaccia tra i destinatari dei progetti e le autorità mittenti che sovrintendono queste operazioni. Nel tempo, come cooperante, ha avuto rapporti con le regioni Campania, Emilia e Piemonte e attualmente con la regione Toscana. Ha seguito le pratiche riguardanti il trasferimento dei bambini palestinesi all'ospedale Cardarelli. Ha mediato vicende che si sono concluse con alcuni trapianti di fegato. Questo è il pregresso.
Il 9 gennaio 2007, la dottoressa Dametti si reca in Israele per svolgere la sua attività, munita preventivamente di tutti i documenti e dei visti necessari (sulla faccenda dei visti tornerò in sede di replica). L'ambasciata italiana, preventivamente avvisata di questo viaggio, ha informato, a sua volta, le autorità dell'aeroporto di Ben Gurion, destinazione del volo. All'aeroporto di Ben Gurion si verifica l'episodio che è all'origine di questa interpellanza.Pag. 41
La dottoressa Dametti, appena scesa dall'aereo, è fermata dalle autorità di sicurezza israeliane, le quali le requisiscono i documenti, le comminano un provvedimento di espulsione e la sottopongono ad un trattamento che potremmo definire rude, visto che vogliamo usare degli understatement: una perquisizioni corporale molto analitica e minuziosa, che la stessa dottoressa Dametti, in un resoconto, avrebbe definito umiliante; le vengono requisiti il bagaglio e la macchina fotografica e le viene sottoposta un dichiarazione in ebraico che solo dopo lunghe trattative le viene tradotta affinché la sottoscriva. Viene reclusa in un centro di detenzione particolarmente fatiscente, come ha descritto la dottoressa Dametti. Non le viene dato da bere né da mangiare e non le viene detto nulla in ordine al proprio destino.
Finalmente, alle 5,30 del mattino seguente viene rispedita in Italia, dopo una notte turbolenta, frequentemente interrotta dalla richiesta del personale carcerario di consegnare i biglietti di viaggio che, tuttavia, erano in possesso dell'autorità carceraria medesima.
Con questa interpellanza, vorrei che si ragionasse intorno a tale caso specifico; vorrei, in particolare, che il viceministro ci dicesse quali iniziative il Governo italiano ha intrapreso per ottenere dalle autorità israeliane una motivazione accettabile e ragionevole di questo trattamento. L'ambasciata israeliana si è pronunciata sulle motivazioni dell'accaduto, inviando una lettera che è in nostro possesso: nella suddetta sono state opposte ragioni che riguardano i visti.
Si afferma che la dottoressa avrebbe dovuto svolgere un certo lavoro (in realtà, in questa lettera vi è una certa confusione circa le funzioni svolte in passato e attualmente dalla dottoressa Dametti, ma sorvolo sulla questione) per il quale i visti turistici non risultavano sufficienti.
In realtà, sulla questione dei visti (tornerò sull'argomento in sede di replica), vi è una confusione abbastanza problematica. Sarei curioso di sapere quali reali motivazioni il nostro Governo abbia individuato. Non vorrei che tra le motivazioni implicite o inconfessate via sia il fatto che la dottoressa Dametti, dopo essersi recata più volte in questi anni nei territori occupati, si è radicata nella società palestinese, in particolare a Ramallah; ha legami affettivi con palestinesi, ci risulta che il suo fidanzato sia un cittadino palestinese impiegato attualmente nell'ufficio di un Health Development Institut (Istituto della sanità dell'Autorità nazionale palestinese) diretto da Mustafa Barghouti.
Non vorrei che vi fosse una sorta di accanimento nei confronti di questa persona e che il trattamento al quale è stata sottoposta (a noi pare davvero inaccettabile!) abbia un valore di deterrenza; in altri termini, non si vuole che questa persona in particolare si rechi in Israele. Naturale, il nostro problema non riguarda solo la dottoressa Dametti, ma si inquadra in un contesto generale, ma di questo secondo aspetto del problema intendo occuparmi in sede di replica.
PRESIDENTE. Prima di dare la parola al viceministro, vorrei salutare un gruppo di anziani e di giovani della città di Carpi che hanno lavorato in questo periodo sui temi della Costituzione.
Il viceministro degli affari esteri, Patrizia Sentinelli, ha facoltà di rispondere.
PATRIZIA SENTINELLI, Viceministro degli affari esteri. Signor Presidente, l'onorevole Burgio ha ricordato che a questa interpellanza, presentata qualche giorno fa in Commissione esteri, ho avuto già modo di rispondere. Ciò nonostante, mi pare importante che sia stata presentata anche in Assemblea, perché effettivamente il tema sollevato richiede particolare cura ed attenzione anche da parte del nostro Governo.
L'opera svolta dalla cooperante Margherita Dametti è, infatti, nota e apprezzata da tempo da parte del Governo e dal complesso delle organizzazioni che operano in loco e l'episodio avvenuto, oggetto dell'interpellanza, è particolarmente preoccupante.
Effettivamente, come già richiamato dall'onorevole Burgio anche nell'esposizione Pag. 42odierna, la signora Dametti, che opera nell'ambito di iniziative realizzate in collaborazione fra l'Onlus «Amicizia Italo-Palestinese» di Firenze, la regione Toscana ed il comune di Vinci, dunque anche all'interno di una cooperazione decentrata, è stata bloccata dalle autorità frontaliere al suo arrivo all'aeroporto di Ben Gurion.
Il suo arrivo era stato precedentemente notificato alle autorità israeliane dalla nostra ambasciata, che era stata informata del viaggio dal comune di Vinci.
Che cosa è stato fatto da noi, subito dopo? Non appena avuta notizia del diniego di accesso alla connazionale, la nostra rappresentanza non solo si è adoperata per prestarle la massima assistenza, ma ha anche attivato, contemporaneamente, tutti i canali (la polizia di frontiera, la sicurezza aeroportuale, l'unità di crisi e desk Italia) affinché si potesse far luce sulla situazione.
Sino al suo rientro in Italia, avvenuto il 10 gennaio, la nostra rappresentanza è rimasta in continuo contatto telefonico con la nostra connazionale (cui è stato consentito di tenere il telefono cellulare), per verificare se ella necessitava di ulteriore assistenza.
Abbiamo immediatamente sollecitato le autorità israeliane, le quali hanno motivato il provvedimento facendo rilevare che alla signora Dametti era già stato negato l'ingresso in Israele, nello scorso agosto, alla frontiera terrestre di Allenby, dopo che era stata accertata una sua precedente, irregolare permanenza nel paese, per un periodo di un anno, provvista di solo visto turistico.
Dobbiamo altresì rilevare che la vicenda di Margherita Dametti non costituisce un caso isolato, in quanto il problema del rinnovo dei visti di soggiorno ai dipendenti di organizzazioni non governative attive nei Territori palestinesi riguarda, più in generale, tutti i cittadini italiani e quelli di altri paesi europei operanti nei Territori stessi.
Considerato il rifiuto delle autorità israeliane - per asserite ragioni di sicurezza - di rilasciare permessi di soggiorno stabili ai cittadini europei che risiedono anche temporaneamente, a vario titolo, nei Territori, i cooperanti solevano uscire da Israele verso l'Italia, la Giordania e l'Egitto, per poi far rientro dopo un periodo variabile di tempo, al fine di ottenere un nuovo visto trimestrale. Tuttavia, tali rinnovi incontrano, ormai, grandi difficoltà e numerosi sono stati i casi di rifiuto di ingresso alla frontiera, provocando, così, numerosi problemi pratici per i cooperanti stessi, il personale amministrativo delle ONG ed i donatori.
Tali problemi d'ingresso nei Territori palestinesi formano dunque, da tempo, oggetto di una controversia tra molti paesi europei e le autorità israeliane e, a tal fine, sono stati effettuati diversi passi tanto a livello bilaterale che da parte della Presidenza dell'Unione europea.
Secondo le informazioni che risultano a noi disponibili, gli impegni a suo tempo presi dalle autorità israeliane con la passata Presidenza finlandese dell'UE, al fine di definire in maniera soddisfacente la questione, non hanno ancora avuto, purtroppo, piena attuazione e si continuano ad applicare procedure diversificate a seconda dei singoli casi.
L'Italia - e rispondo alla domanda posta dall'onorevole Burgio - intende continuare, anche nell'ambito dell'Unione europea, a tenere aperta la questione e a porla con evidenza ancora maggiore, preparandosi a compiere ulteriori passi a livello politico appropriato, fino a quando il problema, di cui siamo perfettamente consci, non sarà risolto.
PRESIDENTE. L'onorevole Burgio ha facoltà di replicare.
ALBERTO BURGIO. Signor Presidente, sono soddisfatto della risposta fornita dal viceministro, soprattutto perché mi pare che il Governo abbia presente - e si tratta dell'aspetto che mi sembra, di gran lunga, più rilevante - la dimensione generale di questo problema. Vede, signor Presidente, il caso specifico è già di per sé increscioso; tuttavia, siamo effettivamente in presenza di una problematica che mi sembra mettere a rischio il prosieguo stesso di una attività di interscambio umanitario.Pag. 43
Vorrei osservare che viviamo un periodo in cui, come sappiamo, si fa un uso disinvolto e, talvolta, anche un po' paradossale di tale aggettivo, ma in questo caso specifico si tratta effettivamente di iniziative umanitarie.
I paesi europei - tra essi, l'Italia - promuovono iniziative che si concretizzano nell'insediamento di unità ospedaliere, piuttosto che di asili nido o di imprese, volti ad alleviare la condizione di popolazioni in gravi difficoltà. Sappiamo che tra queste popolazioni vi è indubbiamente quella palestinese coinvolta da svariati decenni in una vicenda particolarmente dolorosa e traumatica e che attualmente versa in condizioni di grande difficoltà: mi riferisco all'esistenza quotidiana, agli aspetti concernenti la sanità, le relazioni sociali, la coesione sociale nell'ambito di un territorio frammentato, dove spesso e volentieri si impedisce ai membri dei singoli nuclei familiari di instaurare tra loro normali relazioni affettive. Il problema della sanità è particolarmente drammatico. In questo contesto, accade che i nostri cooperanti non riescano a giungere e a rimanere nei territori palestinesi per il tempo necessario a svolgere la propria attività.
Vi è anche il problema dei tragitti e degli attraversamenti: queste persone non chiedono di rimanere in Israele, bensì di restare nei territori palestinesi. Tuttavia, per raggiungere i territori palestinesi occorre attraversare i territori israeliani: non si consente a queste persone di giungere a destinazione, proprio perché non si dà loro il diritto di attraversare i territori israeliani. Questo è un paradosso!
Vi è anche un altro paradosso: mi permetto di sottolinearlo perché il viceministro Sentinelli ha avuto modo di evidenziare questo aspetto anche nella risposta fornita in Commissione affari esteri, l'8 marzo, quando si è discusso di questa vicenda. Tale situazione viola anche precisi impegni assunti dalle autorità israeliane. Con la Presidenza finlandese dell'Unione europea, le autorità israeliane avevano riconosciuto il problema e si erano impegnate a superarlo.
Adesso, invece, stiamo compiendo dei passi indietro. La lettera dell'ambasciata derubrica a motivi consolari e burocratici quanto avvenuto: non è così, purtroppo! In questo caso, non voglio dire che vi sia una strategia, ma ricorre sicuramente un costume, un'abitudine. Credo che noi tutti - il Governo in primis, ma anche le autorità istituzionali nazionali centrali e territoriali - dobbiamo esercitare una pressione. Non voglio arrivare a declinare in maniera un po' rigida il principio di reciprocità, che è stato pure più volte brandito in altre situazioni simili. Tuttavia, certamente, se teniamo alla nostra attività di cooperazione - lo ripeto: un'attività effettivamente umanitaria - non possiamo accettare che le persone incaricate di dare gambe e concreto svolgimento a queste attività non vengano poi messe in condizione di svolgerle.
Dunque, vi è piena soddisfazione rispetto alla risposta del viceministro e all'attività dispiegata dalle autorità di Governo. Tuttavia, contestualmente, rivolgo anche una fervida preghiera: tradurre questa esperienza e queste preoccupazioni in iniziative efficaci, affinché tale condizione di disagio venga effettivamente superata.
(Presenza di formaldeide e fenoli nella carta da macero - n. 2-00400)
PRESIDENTE. L'onorevole Giovanardi ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00400 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 2).
CARLO GIOVANARDI. Signor Presidente, la mia interpellanza può proprio definirsi «urgente», perché il nostro è il paese dei paradossi. La carta che usiamo quando esce dalla fabbrica contiene fenoli e formaldeide. Doverosamente e virtuosamente abbiamo messo insieme un sistema di riciclaggio e raccolta differenziata.
Per quanto riguarda la raccolta differenziata in Italia, circa il 60 per cento della fibra utilizzata viene dalle attività di recupero (si tratta di 6 milioni di tonnellate Pag. 44fra raccolta urbane ed industriali), ma quando la carta viene raccolta e arriva alle frontiere per essere esportata, viene fermata. Infatti, sulla base dell'interpretazione di una norma del 1997, quando le dogane fanno delle verifiche, se trovano tracce di formaldeide o di fenoli sulla carta riciclata la bloccano, perché la stessa non può essere esportata.
Tutte le volte che vengono effettuate delle verifiche, si riscontra la presenza della formaldeide e dei fenoli per la semplice ragione che tali sostanze sono presenti nella carta sin dall'inizio. Tant'è vero che il Senato, il 31 gennaio 2007, all'unanimità, si è espresso dicendo che non appare possibile tenere ulteriormente ferma l'attuale situazione di contraddittorietà e di irragionevolezza normativa, che, da un lato, consente l'utilizzo dei fenoli e della formaldeide in vari processi produttivi della carta e, dall'altro, impone l'assenza di qualsiasi traccia di formaldeide e di fenoli nelle materie prime secondarie di carta prodotte dalle attività di recupero.
Di conseguenza, se si continuasse in questo modo, tutto il meccanismo della raccolta differenziata in Italia «girerebbe a vuoto». Naturalmente, le imprese interessate (il consorzio Comieco, le associazioni Assocarta, Assografici e Union-maceri) hanno già segnalato da mesi - come ho fatto personalmente anch'io - al Ministero che tutta la raccolta differenziata di carta «gira a vuoto» perché si trova in questa «strozzatura». In Italia, ciò è sempre casuale perché, magari, passano quaranta partite di carta per l'estero e nessuno dice niente; poi, un doganiere riscontra tracce di fenoli, blocca tutto, sequestra il materiale per mesi e mesi, con centinaia di migliaia di euro di danni alle aziende che svolgono il riciclaggio. Sono mesi che ne abbiamo parlato con il ministro e con il sottosegretario: hanno sempre ripetuto che sarebbe stato emanato un decreto e che sarebbero intervenuti, però siamo al 29 marzo e non è successo assolutamente nulla.
Sottolineo che in tutto il resto dell'Europa - in Germania, in Francia e in altri paesi europei - chi fa il riciclaggio di carta, poi, la esporta senza avere questa assurda limitazione. Il Senato ha scritto che occorre quanto prima superare il divieto di presenza della formaldeide e dei fenoli nelle materie prime secondarie in carta prodotte dalle attività di recupero e stabilire in via temporanea, sulla base delle indicazioni scientifiche oggi disponibili ed in applicazione del principio di precauzione, soglie massime di presenza di queste sostanze per consentire l'esportazione.
Allora, al rappresentante del Governo qui presente chiedo quando verrà emanato tale provvedimento, perché non si può aspettare che tutto il settore vada in crisi e fallisca tutta la raccolta differenziata del materiale sul territorio nazionale per questa «strozzatura», che poi, alla fine di tutto il processo, impedisce che la carta riciclata possa essere riutilizzata - ripeto per l'ennesima volta -, con sostanze già presenti nelle cartiere quando viene prodotta la carta. Quindi, è impossibile che tali sostanze siano presenti all'inizio e non ci siano alla fine.
Allora, chiedo al Governo quando e come intenda provvedere tempestivamente in maniera efficace.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare, Laura Marchetti, ha facoltà di rispondere.
LAURA MARCHETTI, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, in merito a quanto chiesto nell'interpellanza dell'onorevole Giovanardi, rappresento quanto segue. Atteso che recenti indagini hanno rilevato la presenza di formaldeide in alcuni contenitori in carta e cartone per alimenti, e che la normativa di riferimento oggi vigente in materia non vieta la presenza di formaldeide nella fabbricazione della carta, mentre ne vieta la presenza nella carta da macero, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha chiesto all'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici di svolgere una ricognizione, al fine di Pag. 45individuare il limite - tecnicamente praticabile, cautelativo per l'ambiente e per la salute dell'uomo - che si può oggi pensare di adottare come requisito per il contenuto massimo di formaldeide nella carta da macero.
Per la IARC, l'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, la formaldeide è un cancerogeno accertato e si ritiene che per gli attuali stili di vita l'esposizione umana sia normalmente ad un livello relativamente basso, e, di conseguenza, che il rischio di cancerogenità sia basso.
La formaldeide, inoltre, è un inquinante definito ubiquitario, ad indicare la sua presenza in molte matrici solide, liquide e gassose di svariati prodotti e materiali di comune utilizzo.
La produzione di carta fa un utilizzo limitato di formaldeide. Quand'anche ne fosse originariamente priva, dopo un normale utilizzo, la carta ne diviene quasi inevitabilmente contaminata.
Inoltre, in Italia, la produzione della carta avviene attraverso il recupero di circa il 60 per cento della carta da macero, con evidenti vantaggi dal punto di vista ambientale connessi al mancato utilizzo di fibra vergine cellulosa, ma con l'inevitabile conseguenza di avere un prodotto che si origina da una materia prima potenzialmente contaminata di formaldeide, laddove la normativa la vorrebbe priva.
Nello scenario descritto, si è delineata la necessità di analizzare in primo luogo le cause e l'origine della formaldeide nella carta da macero e di evidenziare il problema della presenza della formaldeide nella carta da macero a recupero presso le cartiere, in particolare in quegli impianti il cui esercizio è autorizzato in regime semplificato.
La ricognizione dell'APAT è tuttora in corso, al fine di definire la proposta di limite di accettabilità per il contenuto della formaldeide nella carta da macero per i gestori che richiedono l'autorizzazione in procedura semplificata. Per fare ciò, l'Agenzia si è basata sull'analisi della normativa di riferimento comunitaria e nazionale, oltre che sulla documentazione scientifica a disposizione. I risultati preliminari mostrano che negli altri Stati membri dell'Unione europea non esiste regime semplificato per il recupero della carta da macero. Pertanto, non è possibile avere riferimenti o termini di confronto relativi a tale problematica. Gli unici riferimenti oggi certi sono quelli tossicologici, i quali sono tuttavia ascrivibili alla salute dei lavoratori o all'utilizzo finale dei prodotti e non direttamente ad una soglia di accettabilità per il recupero della carta da macero.
Tra i riferimenti riconosciuti a livello europeo si evidenzia il criterio dell'Ecolabel, che tuttavia individua un limite sul prodotto finito, espresso in un parametro congruo con il processo produttivo, vale a dire in milligrammi per decimetro metro quadro, e riferito ad una sola tipologia di carta (quella tessuto). Esiste, altresì, una risoluzione del Consiglio che ammette un quantitativo limite di formaldeide nella carta a contatto con gli alimenti pari a 15 parti per milione, ovvero a 15 milligrammi per chilogrammo. Quest'ultimo criterio appare quello più tecnicamente aderente alla problematica in oggetto, ma una definizione accorta del limite per il contenuto di formaldeide nella carta da macero dovrà tenere conto anche di ulteriori elementi di valutazione, quali ad esempio un'indagine oggettiva sui livelli di contaminazione attuale della carta da macero ed i limiti di rilevabilità dei metodi di misura. Stante l'attuale carenza di dati statisticamente rappresentativi, è presumibile che un'indagine mirata in tal senso, realizzabile con l'ausilio delle agenzie regionali, richiederà ulteriori due mesi di lavoro.
Sul problema in oggetto, comunque, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha tenuto costanti contatti con il consorzio di filiera Comieco e con le associazioni di categoria interessate al recupero della carta, che sono state più volte incontrate per raccoglierne osservazioni e per conoscere direttamente i problemi derivanti dalla normativa vigente. Del resto, è di particolare interesse dell'amministrazione che rappresento raggiungere Pag. 46quote sempre più elevate di raccolta differenziata; e la carta da macero rientra appieno in questi obiettivi.
Per questo motivo, dovendo operare con la massima attenzione a proposito di limiti riguardanti sostanze di cui è accertata la pericolosità, è intenzione del ministero, concluse le indagini di APAT, in collaborazione con le ARPA regionali, valutare le possibili soluzioni dal punto di vista sanitario, ambientale e normativo, coinvolgendo anche i Ministeri della salute e dello sviluppo economico.
Pertanto, in attesa che venga predisposta una classificazione armonizzata in ambito europeo, è intenzione del ministero addivenire ad una modifica del decreto interministeriale 5 febbraio 1998 nel senso che nella carta da macero possa essere contenuta una minima concentrazione di formaldeide.
PRESIDENTE. L'onorevole Giovanardi ha facoltà di replicare.
CARLO GIOVANARDI. Signor Presidente, se dovessi riassumere la risposta del sottosegretario, direi che si è «incartata». Pur comprendendo il «burocratese», non capisco cosa voglia fare il ministero. Seguendo certi ragionamenti, tutta la carta presente in questi banchi dovrebbe essere sequestrata. Il sottosegretario, infatti, ha detto che essa contiene formaldeide e fenoli e non si capisce perché, invece, tutti questi fascicoli o giornali, dannosi per la salute, siano in circolazione e non vengano sequestrati. Quando, però, secondo la normativa vigente, questo stesso identico materiale, una volta recuperato, attraverso il processo di riciclaggio, così costoso per gli imprenditori, viene esportato, esso viene bloccato, perché contiene formaldeide e fenoli. Allora, non capisco!
Il rappresentante del Governo mi ha detto che, entro due mesi, dopo mesi e mesi di discussione, una commissione mi dovrà spiegare perché il fascicolo, che ho in mano, che ha formaldeide e fenoli, posso utilizzarlo e non provoca alcun rischio per la mia salute e, invece, lo stesso, una volta riciclato, pur contenendo le stesse sostanze, viene bloccato alla frontiera, con i conseguenti danni economici alla filiera.
Ancora, il sottosegretario prosegue dicendo che, dopo due mesi, l'ARPA, che deve occuparsi delle analisi scientifiche, interpellerà la sanità e, poi, il Ministero delle attività produttive. Stiamo parlando di mesi, forse di anni! Secondo voi, tutto il settore produttivo, alla base del riciclo e della raccolta differenziata, deve stare ad aspettare di fallire? Che risposta dovete dare? Dovete scoprire l'acqua calda? La risposta è che i fenoli e la formaldeide sono presenti in tutti i tipi di carta prodotti fin dalla cartiera. L'avete detto voi! Mi avete risposto così! Anche la Commissione parlamentare ha chiarito che si tratta di un fenomeno noto.
Ma quando si provvederà ad emanare il decreto di cui ha parlato, signor sottosegretario? Adesso? Oppure, tra qualche anno, quando i Soloni avranno definito cosa? L'acqua calda?! Allora, signor sottosegretario, perché non sequestrate la carta qui presente, che contiene formaldeide e fenoli? Perché la lasciate circolare? Oltretutto, mi ha detto che il riciclo è importantissimo perché il 60 per cento della nuova carta viene prodotta con carta riciclata, onde evitare danni ecologici per costituire carta nuova. E allora, perché, quando viene esportata, essa viene bloccata e i vagoni che la contengono rimangono alla frontiera per mesi, con costi enormi, bloccando tutta la raccolta differenziata?
È vero che, come ha detto, avete ascoltato più volte gli operatori del settore. Ma dopo averli ascoltati, che risposte avete dato? Aspettate qualche altro mese, perché abbiamo incaricato le sedi competenti che ci diranno quale sarà il limite? Ma da cosa dipende questo limite? In Europa, non è così; la Commissione parlamentare si è già espressa e vi dà la copertura politica. È davvero evidente, assolutamente irrazionale ed inspiegabile l'errore normativo compiuto nel 1997.
Allora, perché ho detto che vi siete «incartati»? Insomma, ma qualcuno del Governo si vuole prendere la responsabilità Pag. 47di operare, o vuole, invece, rimandare, rimandare, rimandare? Cercando, poi, la copertura di chi? Cosa deve dire l'ARPA? Che, nella carta riciclata, ci sono i fenoli e la formaldeide, che tutti sappiamo che ci sono fin dall'origine! Quando è stata data questa risposta, cosa facciamo? Continuiamo a mantenere i container fermi per mesi alle frontiere, in attesa che l'autorità politica si decida a scoprire l'acqua calda e di ammettere che è vero che, in quella carta, vi è la stessa percentuale di fenoli della carta che ho in mano? Allora, dov'è il problema? Vietiamo la produzione di carta?
Signor Presidente, magari tra una settimana presenteremo un'interpellanza di analogo contenuto, in modo da capire se il decreto, di cui parla il sottosegretario, sarà effettivamente emanato a breve termine, oppure lo sarà fra un anno, per scoprire, alla fine di questa defatigante procedura, quello che già questa mattina abbiamo scoperto.
Credo che gli operatori economici, le decine di migliaia di operatori del settore e tutto il sistema della raccolta differenziata, che rischiano di saltare con questa indecisione, si aspettano una risposta non verbale, ma un provvedimento che risolva il problema. Altrimenti facciamo solo ludi cartacei e verbali e il problema, purtroppo, non viene risolto.
(Problematiche relative all'alienazione di parte del patrimonio immobiliare di interesse culturale del comune di Catania - n. 2-00428)
PRESIDENTE. L'onorevole Licandro ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00428 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 3).
ORAZIO ANTONIO LICANDRO. Signor Presidente, torniamo a sollevare una questione che non esitiamo a definire, ancora una volta, imbarazzante e sconcertante. Qualche settimana fa, avevamo ricevuto rassicurazioni da parte del rappresentante del Governo che, su nostra sollecitazione, era venuto a rispondere al riguardo. Però, dopo quel passaggio, in merito a tale vicenda, purtroppo, si è registrata un'ulteriore escalation. Infatti, appena cinque giorni dopo l'emanazione della nota della sovrintendenza del 22 febbraio, con la quale si dichiarava la nullità giuridica dell'intera operazione e, soprattutto, dell'atto di trasferimento della proprietà di alcuni edifici monastici e conventuali risalenti al XVI secolo, atto di trasferimento stipulato in violazione delle norme generali e specifiche in materia, il comune di Catania ha approvato all'unanimità la deliberazione n. 157. Con tale deliberazione del 25 febbraio 2007, in maniera assolutamente irrituale e senza alcun precedente, si rivolgeva ad altra amministrazione, cioè al governo regionale, perché si adottassero provvedimenti punitivi - la deliberazione è chiara, nel suo tenore - nei confronti della sovraintendenza. Appena qualche giorno dopo, la sovrintendente di Catania, responsabile di quella parte dell'amministrazione, era rimossa dall'incarico. Si è tentato di nascondere, per così dire, l'operazione attraverso una rotazione. Tuttavia, come anche l'opinione pubblica ha percepito in maniera abbastanza chiara, a proposito della dottoressa Branciforti si è trattato di una vera e propria rimozione, non essendo stata designata ad altro incarico.
Questa è la ragione della nostra interpellanza che vuole sollecitare il Governo ad intervenire con la massima urgenza. Chiediamo se i commissari del Ministero del tesoro, inviati per verificare la reale situazione economico-finanziaria del comune di Catania, già siano all'opera. Tutta questa operazione, infatti, presenta diversi profili di illegittimità e anche - lo ricordo, nel caso il Governo lo ignori - di evidente rilevanza penale. Alcuni di quegli immobili addirittura erano di proprietà di altri enti, in particolare della ASL, e nell'atto di trasferimento di proprietà sono riportate false dichiarazioni rivolte al notaio e relative alla inesistenza di vincoli.
Dunque, la vicenda presenta alcuni profili di estrema gravità sui quali, ovviamente, è compito della magistratura intervenire. Pag. 48Alcuni altri, però, riguardano la politica e soprattutto il rispetto delle leggi e, quindi, è necessario un intervento del Governo. La dottoressa Branciforti ha avuto una sola responsabilità, quella di avere ricordato che in questo Stato non ci sono zone franche e che qualunque norma italiana si applica anche in Sicilia e nella città di Catania.
In conclusione, vorrei dire al rappresentante del Governo che in base a notizie di stampa - ma non ho informazioni ufficiali al riguardo - sembrerebbe rientrata la rimozione della dottoressa Branciforti a seguito dell'applicazione della recentissima sentenza della Corte costituzionale che ha dichiarato l'illegittimità della parte della legge cosiddetta Frattini relativa allo spoil system nella pubblica amministrazione.
La rimozione della dottoressa Branciforti infatti era priva di alcuna motivazione e rispondeva a logiche di altro tipo, come esplicitamente dichiarato dall'assessore regionale, secondo il quale tale provvedimento rientrava nell'ambito dello spoil system attuato nella ricerca di determinati equilibri politici. Tuttavia, ciò non cambia l'urgenza della nostra interpellanza perché chiediamo al Governo di fornire notizie sull'impegno assunto con l'invio dei commissari per arrestare una situazione del tutto opaca in cui sistematicamente sono commesse violazioni di legge. Qualora infatti questa operazione non sia arrestata, siamo preoccupati del fatto che si possa aprire un pericolosissimo varco per forme di speculazioni immobiliari che fuoriescono dal controllo delle istituzioni.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'università e la ricerca, Nando Dalla Chiesa, ha facoltà di rispondere.
NANDO DALLA CHIESA, Sottosegretario di Stato per l'università e la ricerca. Signor Presidente, rispondo all'interpellanza urgente in sostituzione del collega competente per i beni culturali.
Occorre innanzitutto evidenziare che, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica del 30 agosto 1975, n. 637, recante norme di attuazione dello statuto della regione siciliana in materia di tutela del paesaggio e di antichità e belle arti, l'amministrazione regionale esercita sul territorio della regione tutte le attribuzioni delle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato in materia di antichità, opere artistiche, musei, nonché di tutela del paesaggio. Tutti gli atti concernenti le materie sopra indicate sono adottati dall'amministrazione regionale, che è tenuta a dare comunicazione bimestrale per conoscenza al Ministero per i beni e per le attività culturali. Nonostante ne sia stata fatta richiesta, non risultano pervenute al suddetto ministero comunicazioni da parte della regione siciliana in ordine ai fatti menzionati nell'interpellanza.
Il Ministero dell'economia e delle finanze, dipartimento della ragioneria generale dello Stato, ha comunicato di avere individuato gli ispettori incaricati dell'acquisizione di informazioni sulla situazione di bilancio del comune di Catania, in applicazione dell'articolo 28, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, i quali provvederanno a breve ad intraprendere l'attività ispettiva. La prefettura di Catania, ufficio territoriale del Governo, ha comunicato di avere inviato una segnalazione in ordine ai fatti oggetto dell'interpellanza all'assessorato alla famiglia, politiche sociali e delle autonomie locali della regione siciliana per le determinazioni che riterrà di adottare in ordine all'opportunità di disporre apposita indagine ispettiva.
Questa è la risposta del Ministero competente all'interpellanza dell'onorevole Licandro, sottoscritta anche da altri due deputati.
PRESIDENTE. L'onorevole Licandro ha facoltà di replicare.
ORAZIO ANTONIO LICANDRO. Signor Presidente, signor sottosegretario, ancora un volta prendiamo atto di una risposta del Governo che evidenzia attenzione. Tuttavia, con molta chiarezza vorrei dire che non comprendiamo i motivi di tutta questa prudenza. Avete ovviamente chiesto chiarimenti Pag. 49all'assessorato e all'amministrazione regionale, che però non sono arrivati. Mi pare che vi sia materia - pur nel rispetto delle competenze che il nostro ordinamento assicura all'autonomia della regione siciliana tramite la Carta costituzionale e le leggi costituzionali - per far valere i principi costituzionali dell'imparzialità e del buon andamento della pubblica amministrazione. Si tratta di principi generali che valgono anche per la Sicilia. Inoltre, esiste un ulteriore principio, ovvero quello in base al quale l'adozione di ciascun provvedimento preso dalla pubblica amministrazione deve essere motivata, pena l'illegittimità del provvedimento stesso.
Dispiace dover dire queste cose e registrare soltanto una notarile comunicazione delle diverse competenze riferibili allo Stato e alle regioni a statuto speciale. Conosciamo tali competenze. Ci aspettiamo ben altro e cioè che il Governo intervenga su questi fatti vantando un interesse superiore generale dello Stato.
Infatti, noi ci siamo rivolti a ben quattro ministri per avere il materiale relativo a tutta l'operazione in questione: il ministro dell'interno, il ministro dell'economia e delle finanze, il ministro dei beni e delle attività culturali e, infine, il ministro per gli affari regionali. Lei avrà modo, signor sottosegretario, di recuperare tutta la documentazione: questa operazione è stata condotta negli ultimi quattro giorni dell'anno con passaggi assolutamente non trasparenti, con quattordici perizie aventi ad oggetto quegli immobili tra cui quattro ex impianti monastici di pregio e di assoluta rilevanza. Si tratta di quattordici immobili in tutto, di cui otto giudicati dalla sovrintendenza come di particolare importanza. Le leggo la nota della sovrintendenza, anche se lei ne sarà già in possesso, dispiacendoci ancora una volta di constatare l'inerzia del governo regionale e, al tempo stesso, l'inerzia anche del Governo centrale. La nota così riporta con riferimento agli immobili: «(...) tra questi l'ex caserma Malerba, già convento San Domenico (secolo XVIII); l'ex monastero Santa Chiara (secoli XVI-XVIII); l'ex monastero di sant'Agata (secolo XVIII), gli immobili di via Manzoni (...)», eccetera; la stessa nota poi continua: «(...) sono di eccezionale interesse storico ed artistico, in quanto mirabili opere dei più noti architetti e lapidum incisores dell'epoca». Si tratta di esempi straordinari, signor sottosegretario, di quel fenomeno senza precedenti che fu la ricostruzione tardo-barocca della Val di Noto. Peraltro, l'arte del barocco catanese è riconosciuta dall'UNESCO «patrimonio mondiale dell'umanità».
Di fronte a queste cose, francamente, occorre un'azione più forte a tutela del patrimonio immobiliare. Si tratta di un patrimonio che si è costituito nel corso di generazioni e di cui i catanesi potrebbero vedersi deprivati. Soprattutto, ciò che noi non accettiamo è anche l'elusione di un altro principio costituzionale sancito dall'articolo 119, che vieta il ricorso all'indebitamento, se non per gli investimenti. Qui non siamo dinanzi ad investimenti, ma ad una operazione - così com'è stata definita dal parere del collegio di difesa - volta a far cassa per ripianare, negli ultimi quattro giorni dell'anno, il debito consolidato del 2003 che si aggirava intorno ai 50 milioni di euro.
Si tratta di un fatto molto grave rispetto al quale il Governo ha più volte sollecitato ed offerto altre garanzie. Adesso lei, signor sottosegretario, ci ha rassicurato su un ulteriore passo in avanti - tuttavia non particolarmente celere -, con l'indicazione dei commissari che dovrebbero - o avrebbero dovuto - essere già sul luogo per verificare ciò che sta accadendo.
Chiunque abbia voglia di assumere informazioni generali sullo stato economico-finanziario del comune di Catania, avrebbe davvero difficoltà a capire. Dunque, noi sollecitiamo un intervento, ormai non più procrastinabile, del Governo.
Anche quest'ultimo passaggio, di cui ho appreso notizia questa mattina da organi di stampa, ossia la revoca del provvedimento di rimozione della dottoressa Branciforti, in base ad una recentissima sacrosanta sentenza della Corte costituzionale, Pag. 50pare sia avvenuto seguendo una procedura che, sul piano del diritto amministrativo, sembra particolarmente tortuosa e non lineare. Esiste un provvedimento di revoca di quella rimozione che, tuttavia, non ha effetto immediato, essendone l'efficacia dilazionata al decorso di dieci giorni.
Francamente non riusciamo a capire. Nel frattempo, anche il collegio di difesa del comune di Catania era intervenuto esprimendo enormi perplessità e chiedendo la sospensione della deliberazione del consiglio comunale del 30 dicembre 2006.
Bisogna capire, quindi, cosa si intenda per sospensione di una delibera comunale, che non mi consta essere una soluzione amministrativa rigorosa. Se la delibera risalente al 30 dicembre 2006, che ha trasferito la proprietà di questi immobili, era priva dei presupposti giuridici, in quanto l'oggetto del contratto di compravendita era viziato non essendo i beni del tutto svincolati, dal momento che non era stata seguita la procedura di verifica prevista dall'articolo 12 del cosiddetto codice Urbani (ossia, la sovrintendenza non aveva dato l'assenso e non si è data la possibilità di esercitare il diritto di prelazione per l'acquisto di tali immobili da parte della regione), l'atto deliberativo del consiglio comunale di Catania è nullo e privo di efficacia. Dunque, il comune di Catania, sin dal 31 dicembre 2006, si trova tecnicamente in una situazione di dissesto finanziario.
Sono state effettuate quattordici perizie non da un tecnico, ossia da un ingegnere, un architetto o un geometra, ma da un ragioniere. Si tratta di quattordici delibere su beni immobiliari di enorme consistenza fisica e anche di enorme pregio. Sa, signor sottosegretario, quando sono state adottate? Sono state adottate tutte in una sola giornata, il 28 dicembre 2006.
Occorre altra materia perché il Governo, con forza e determinazione, nel rispetto ovviamente delle competenze fissate dalla Costituzione e dalle altre leggi costituzionali, possa intervenire? Credo di no. L'opinione pubblica catanese lo chiede con forza e l'esigenza insopprimibile della trasparenza amministrativa lo impone.
(Misure per prevenire atti di intolleranza e violenza all'interno di scuole ed università - n. 2-00403)
PRESIDENTE. L'onorevole Frassinetti ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00403 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 4).
PAOLA FRASSINETTI. Signor Presidente, questa interpellanza urgente, rivolta ai ministri dell'università e della ricerca, dell'interno e della giustizia, è volta a capire e a fare chiarezza in merito agli arresti avvenuti il 13 febbraio scorso, che hanno portato alla ribalta le nuove Brigate rosse.
In particolare, l'oggetto dell'interpellanza urgente riguarda quanto avvenuto nella città di Milano, che, dalle inchieste della Digos, avrebbe degli obiettivi sensibili e rilevanti, individuati in locali, ristoranti, una libreria molto attiva nella zona, ossia la «Bottega del fantastico», ed in esponenti di Alleanza Nazionale, di Forza nuova e della Fiamma.
Ma, più specificatamente - visto che è presente il sottosegretario Dalla Chiesa, che so essere sensibile a questi tipi di avvenimenti -, mi preme chiedere al Governo delucidazioni in merito ad un evento che si è verificato a Milano, presso l'università statale, nella facoltà di scienze politiche, il 24 ottobre 2006, quando un gruppo di studenti di estrema sinistra ha aggredito militanti dell'organizzazione giovanile universitaria di Alleanza Nazionale, tutti interni all'università, che nel cortile stavano svolgendo una normale attività di propaganda politica. In questa circostanza, uno studente di Azione universitaria, senatore accademico dell'università statale, Simone Rigon è stato colpito ripetutamente alla testa con dei caschi ed è stato poi ricoverato in ospedale. Successivamente, a seguito delle operazioni di identificazione svolte dalla Digos, uno degli aggressori è stato identificato in Alfredo Pag. 51Mazzamauro, vale a dire uno dei due studenti della Statale arrestati nell'ambito delle indagini sulle nuove Brigate rosse. Per di più, la stessa sera l'aggressione è stata rivendicata sul sito indymedia da un gruppo che si firma «Assemblea degli studenti di scienze politiche». Quindi, qui c'è il riferimento diretto al mondo universitario.
Chiedo nella mia interpellanza che posizioni e che sanzioni abbiano preso le autorità accademiche dell'Università. L'indomani mattina, mercoledì 25 ottobre, l'aggressione viene rivendicata anche nell'assemblea degli studenti di scienze politiche, con un volantinaggio davanti all'ingresso della facoltà di via Conservatorio. Nel volantino, firmato «Assemblea degli studenti di scienze» politiche, si rivendica per iscritto il diritto di negare agibilità politica e fisica a rigurgiti xenofobi e reazionari.
Ritengo che quello che è accaduto sia molto grave, anzi gravissimo. Ritengo grave oltretutto che le autorità accademiche non abbiano preso provvedimenti di alcun tipo, benché informate immediatamente di quanto accaduto il giorno prima. Anzi, vi è stata all'uopo una sollecitazione fatta dagli studenti di Azione universitaria attraverso il loro senatore accademico al preside della facoltà di scienze politiche, professor Checchi, che si era impegnato a prendere provvedimenti. Per ora nulla è stato fatto intanto per condannare ufficialmente l'episodio: non abbiamo registrato una condanna ufficiale dell'episodio da parte dell'università e delle autorità accademiche, né tanto meno la volontà di identificare gli studenti responsabili dell'aggressione e del volantinaggio di rivendicazione.
Ritengo che negare ai gruppi l'agibilità politica all'interno dell'università - in questo caso, ma spesso anche dei licei e delle scuole medie superiori - rappresenti un momento di intolleranza incredibile, dal quale poi possono scaturire altri tipi di violenza non più controllabili. Mi chiedo cosa sarebbe successo se non ci fosse stato l'arresto del presunto brigatista Mazzamauro. Come al solito, vengono subito appiccicate etichette incredibili a chiunque si opponga ad una politica di estrema sinistra all'interno dell'università. Ritengo che invece bisogna puntare proprio sulla libertà di dibattere e di dichiarare le proprie idee. Impedire tale possibilità ad organizzazioni che peraltro sono rappresentate a tutti gli effetti, quindi anche con un consenso legittimato dagli organi universitari eletti, rende ancora più incredibile il presupposto di negazione dell'agibilità politica. Nello stesso volantino si fa menzione del fatto che il preside della facoltà permetterebbe un'intima collusione tra il movimento neofascista e un'istituzione democratica, patrimonio dell'antifascismo dell'università, nodo centrale e storico della resistenza come del resto della società.
Frasi deliranti, volantini distribuiti all'interno della facoltà, un ragazzo che finisce all'ospedale. Siamo nel 2007 e non più negli anni Settanta; ritengo pertanto che questi episodi debbano essere stroncati sul nascere con estrema durezza, anche predisponendo un apparato sanzionatorio proprio delle università, in modo che non possano più ripetersi atti di intolleranza politica e, soprattutto, che essi non degenerino in atti di terrorismo.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'università e la ricerca, Nando Dalla Chiesa, ha facoltà di rispondere.
NANDO DALLA CHIESA, Sottosegretario di Stato per l'università e la ricerca. Signor Presidente, prendo atto della formulazione della richiesta di chiarimenti che proviene dall'onorevole Frassinetti e rispondo per i ministeri che sono stati sollecitati a dare risposte dal momento che la vicenda è avvenuta all'interno della facoltà di scienze politiche dell'università di Milano.
Premetto che ad avviso del Governo le autorità accademiche hanno svolto ciò che era in loro potere di fare perché venissero sanzionati i comportamenti denunciati e anticipo, prima di fare il resoconto degli avvenimenti che si sono svolti anche in seguito all'aggressione, che è difficile immaginare Pag. 52che l'università possa allestire misure preventive affinché irruzioni improvvise non possano verificarsi più.
Siccome gli onorevoli interpellanti chiedono anche al ministero che cosa si pensa di fare perché non si ripetano questi episodi, credo che forse la soluzione migliore sarebbe quella, dovesse ripetersi un clima di insofferenza o di ostilità come quello che si è registrato in quella occasione, di dare un preavviso al preside della facoltà qualora si volesse svolgere un'attività di presenza politica all'interno dell'università. Questo perché difficilmente si può prevedere una presenza fissa di rappresentanti delle Forze dell'ordine dentro le sedi universitarie sia per un'antica tradizione delle università sia anche per problemi di disponibilità di risorse da parte delle Forze dell'ordine per queste attività preventive.
Ciò detto, ricapitolo gli avvenimenti così come sono stati ricostruiti dal ministero.
In ordine alle vicende rappresentate dagli onorevoli interpellanti, il ministero ha acquisito elementi utili per la formulazione della risposta dal rettore dell'università di Milano, dal Ministero della giustizia e dal Ministero dell'interno.
Il rettore ha trasmesso una circostanziata relazione alla procura della Repubblica di Milano, nella quale riferisce che il giorno 16 novembre 2006, il professor Daniele Checchi, preside della facoltà di scienze politiche, ha segnalato che presso il cortile della facoltà, in via Conservatorio n. 7 in Milano, il giorno 24 ottobre 2006 intorno alle ore 12,30 un gruppo di circa dieci persone ha fatto violentemente irruzione su una postazione propagandistica della lista Azione universitaria, che era stata regolarmente autorizzata dalla presidenza.
Durante l'incursione gli aggressori hanno circondato la postazione, l'hanno rovesciata ed, infine, indossando caschi motociclistici, hanno colpito al capo lo studente Rigon, rappresentante in senato accademico della lista Azione universitaria. Il preside, giunto sul posto un paio di minuti dopo l'inqualificabile episodio, ha individuato gli assalitori, che avevano ancora in mano i caschi utilizzati per l'aggressione, ma questi si sono rifiutati di fornire le proprie generalità; solo alcuni di loro si sono autodefiniti genericamente «studenti dell'ateneo».
Il preside ha subito provveduto a chiamare un'ambulanza per l'assistenza allo studente Rigon, che è stato condotto al pronto soccorso, e trattenuto in osservazione per l'intera giornata, per le lesioni riportate. Al preside risulta, altresì, che anche il personale medico abbia ottemperato all'obbligo di denuncia all'autorità competente.
Il giorno successivo, il 25 ottobre 2006, un gruppo di studenti, presumibilmente gli stessi aggressori del giorno precedente, ha distribuito presso la facoltà un volantino firmato «Assemblea degli studenti di Scienze Politiche», in cui veniva rivendicato in nome dell' «antifascismo militante», la legittimità dell'atto compiuto.
Il giorno 26 ottobre 2006 un gruppo composto da circa una cinquantina di persone vestite di nero, tra le quali lo studente Rigon, ha manifestato per un'ora in silenzio e con atteggiamento contestativo di fronte all'ingresso della facoltà di scienze politiche.
Durante i giorni sopra indicati il preside ha costantemente tenuta informata per telefono la questura di Milano.
Non è stato pertanto possibile identificare gli autori dell'aggressione, né tantomeno, secondo l'opinione del rettore, è possibile affermare o escludere che lo studente Alfredo Mazzamauro, in seguito coinvolto nell'indagine sulle nuove cellule delle Brigate rosse, possa essere stato presente all'aggressione.
La presidenza ha ripetutamente dichiarato, tramite dichiarazioni stampa, forum sul sito di facoltà ed un incontro con i rappresentanti di lista, la richiesta agli studenti di collaborare alla identificazione degli autori, senza riuscire ad ottenere alcun riscontro in merito. È stata pertanto presentata denuncia contro ignoti alle competenti autorità giudiziarie.
Il Ministero dell'interno ha confermato quanto riferito dall'ateneo, precisando che Pag. 53lo studente aggredito è stato dimesso con una prognosi di giorni cinque per «trauma cranico frontale, distorsione cervicale e contusione alla mano destra».
Durante le indagini avviate da parte della Digos, il predetto studente ha dichiarato di poter riconoscere, direttamente o in fotografia, alcuni fra i soggetti antagonisti presenti ai fatti, versione poi confermata da un'amica dello stesso, anche se non i responsabili diretti dell'aggressione. Tuttavia, la procedura di identificazione tramite fotografia ha dato esito negativo.
Inoltre, agli atti della Digos non vi sono elementi che fanno ritenere che uno degli aggressori possa essere identificato nella persona arrestata a seguito del blitz effettuato dalla Polizia di Stato il 13 febbraio 2007, ossia lo studente Alfredo Mazzamauro, né sono emersi indizi, a carico della stessa, in sede di sommarie informazioni verbalizzate poco dopo l'accaduto.
Infine, per quanto concerne la notizia riportata dall'onorevole interpellante circa l'asserito rinvenimento di un elenco di nomi - scelti fra esponenti di Alleanza Nazionale - indicati da un centro sociale milanese quali obiettivi da colpire (circostanza che sarebbe stata pubblicata sul quotidiano Libero), il Ministero dell'interno fa presente che non risultano, fino ad ora, acquisiti elementi di riscontro.
Il Ministero della giustizia ha, a sua volta, comunicato che i fatti avvenuti presso l'Università di Milano hanno dato origine ad un procedimento penale a carico di ignoti. All'esito delle indagini preliminari, in data 15 febbraio 2007, il pubblico ministero ha formulato richiesta di archiviazione al GIP del tribunale di Milano, non essendo stati identificati gli autori dei reati.
Il procuratore della Repubblica di Milano ha aggiunto che «dagli atti non si evince in alcun modo la partecipazione ai fatti in contestazione di Alfredo Mazzamauro, da ultimo tratto in arresto nell'ambito di altra indagine», concernente le Brigate Rosse.
Da quanto risulta dagli elementi forniti sia dal rettore sia dal Ministero della giustizia, questo dicastero ritiene che gli organi dell'ateneo abbiano agito correttamente, nell'ambito dell'autonoma competenza loro assegnata dalla normativa vigente per quanto riguarda la gestione di eventi che avvengono all'interno dell'ateneo. Nel caso in discussione era stata segnalata l'intenzione di organizzare manifestazioni politiche. Credo che per evitare il ripetersi di incidenti sarebbe più opportuno dare informazioni preventive al preside, laddove manifestazioni politiche dovessero essere organizzate per il giorno o i giorni successivi.
PRESIDENTE. L'onorevole Frassinetti ha facoltà di replicare.
PAOLA FRASSINETTI. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario Dalla Chiesa, ma non sono pienamente soddisfatta dalla risposta, anzitutto per quanto dichiarato dal Ministero dell'interno, ossia che non vi fossero le citate liste, al contrario di quanto aveva scritto il quotidiano Libero nell'imminenza degli arresti, quindi a febbraio. Il Corriere della Sera del 21 marzo ritorna sull'argomento con il titolo: «Mappe e video: ecco gli obiettivi delle nuove BR» elencando di nuovo i negozi, le palestre, i ristoranti, i bar e facendo anche nomi di esponenti sia di Alleanza Nazionale sia della Fiamma Tricolore, sia di Forza Nuova, e di altre associazioni culturali.
Per quanto riguarda l'operato immediato delle autorità accademiche è sicuramente giusta la puntualizzazione secondo cui il preavviso sarebbe anche un modo per prevenire le azioni di violenza, ma spesso e volentieri non è sufficiente. Ritengo che vi debba essere una precisa e puntuale applicazione del regolamento, soprattutto per quanto riguarda gli studenti interni, anzitutto per far sì che vi siano anche regole e controlli su chi non è universitario e magari fa ingresso nelle università proprio per operare, per svolgere una funzione di propaganda.
Le indagini in corso rivelano che i luoghi individuati da questa nuova formazione terroristica erano le università e le fabbriche, luoghi nei quali, sicuramente, Pag. 54sfruttando demagogicamente un diffuso malcontento, si potesse effettuare il reclutamento dei giovani. Quindi, il pericolo è legato non solo alle aggressioni, ma anche ad un certo consenso che si potrebbe ottenere da ragazzi magari non preparati, appartenenti ad una fascia di età, sotto certi punti di vista, abbastanza vulnerabile.
Il senso della mia interpellanza nasce dall'esperienza degli anni settanta: in quegli anni, proprio nei licei delle città più grandi d'Italia e nelle università, con la scusa dell'antifascismo militante - una scusa buona per tutte le stagioni, ma dietro alla quale si nascondeva la violenza che si trasformava, spesso e volentieri, in terrorismo - iniziavano a verificarsi episodi di intolleranza politica relativi alla negazione dell'azione politica.
Insisto molto su questo punto, perché, nell'immediato, non fa molto clamore negare il volantinaggio o la parola ad un esponente di un'organizzazione nel corso di un'assemblea; tuttavia, da questi eventi nasce la mentalità dell'impunità. I giovani cominciano ad acquisire l'idea che sia possibile trasgredire ed impedire a qualcun altro di parlare. Si acquisisce questa consapevolezza in una fascia di età che va dai 14 ai 18 anni e poi si consolida. Si tratta di un atteggiamento mentale che può sfociare, in età più adulta - quindi all'università o sui luoghi di lavoro -, in un'intolleranza totale, dando per scontato che certe persone non possano prendere la parola, diffondere le loro idee con messaggi di propaganda.
Il fatto poi che Azione universitaria sia l'organizzazione giovanile di Alleanza Nazionale, un partito che ha fatto parte di una coalizione di Governo, rende ancora più paradossale una situazione che già lo era quando il partito, di solito obiettivo di questi attacchi ed aggressioni, era il Movimento sociale.
Ritengo, dunque, che si siano compiuti molti passi in avanti e che tutti noi abbiamo cercato di far capire ai giovani che gli anni di piombo non devono più tornare. Tuttavia, quando si verificano episodi di questo tipo, suona il campanello d'allarme. Tutti i politici, in maniera trasversale, devono avere un senso di responsabilità e porsi, come primo obiettivo fondamentale, la tutela della libertà di espressione tra i ragazzi, ancora più in un momento in cui, purtroppo, la gente si allontana dalla politica. Per far tornare la politica con la «P» maiuscola al centro del dibattito nazionale, deve essere possibile praticarla correttamente nelle scuole e nelle università, con il rispettoso confronto delle idee di tutti.
(Tempi di realizzazione delle strade a quattro corsie Sassari-Olbia e Olbia-Arzachena - n. 2-00411)
PRESIDENTE. L'onorevole Satta ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00411 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 5). Mi permetterei di invitare il sottosegretario Casillo, che risponderà all'interpellanza, e l'onorevole Satta, restando ferme le sue prerogative di interpellante, di contenere gli interventi, poiché alle ore 13,30 dobbiamo inderogabilmente sospendere la nostra seduta.
ANTONIO SATTA. Signor Presidente, cercherò di rispettare i tempi che lei mi ha concesso, proprio perché so che vi è un'importante esigenza. Dunque, sul rispetto dei tempi non la deluderò. Dipende molto anche dal sottosegretario, che ringrazio per la sua presenza in aula.
Presidente, sottosegretario, lei sa benissimo che la viabilità in Sardegna, in un'isola così grande, è un problema strutturale di prima e assoluta necessità: dell'unica strada a quattro corsie (che ha, penso, l'Oscar dei tempi di realizzazione), la Carlo Felice (che collega il sud al nord della Sardegna, quindi Cagliari a Sassari) non sappiamo quando termineranno i lavori; ed anche il collegamento tra Olbia e la Carlo Felice è ancora da definire per alcuni aspetti (mi riferisco a quello della sicurezza). Di altre due vie fondamentali di collegamento: la Sassari-Olbia e la Olbia-Arzachena-Palau-Santa Teresa di Gallura, se ne parla da decenni. Tutti quanti Pag. 55ne riconoscono la pericolosità e quanto sia urgente procedere alla realizzazione delle opere che le riguardano, considerati la mole di traffico ed il numero dei morti che si verificano annualmente.
Si consideri, inoltre, che ad Olbia vi è il porto più importante del Mediterraneo per movimenti di passeggeri che è collegato con quello di Golfo Aranci, al secondo posto per lo stesso motivo. Vi è anche un certo movimento turistico internazionale e mondiale per la presenza ad Olbia dell'aeroporto Olbia-Costa Smeralda.
Tutti riconoscono questa situazione, ma, alla resa dei conti, i tempi per la realizzazione sono sempre da definire.
Le domande che vorrei porre al Governo sono semplici e sono racchiuse nella mia interpellanza.
Vorrei sapere, in primo luogo, se la volontà già manifestata dal Governo alla regione sarda sull'attuazione della Sassari-Olbia è confermata e se si conoscono i tempi di inizio e di conclusione di questi lavori per non incorrere in un'altra «incompiuta».
Inoltre, per quanto riguarda il tratto Olbia-Arzachena-Palau, lei sa che vi è un contrasto tra la Giunta regionale e le autonomie locali della Gallura, che adesso è una nuova provincia: le autonomie locali rivendicano la strada a quattro corsie, quanto meno fino ad Arzachena (è il nodo più importante) e accettano la realizzazione dell'adeguamento dell'attuale tratto a due corsie Arzachena-Palau-Santa Teresa di Gallura.
È forte la volontà dei comuni di Olbia, Palau, Arzachena e Santa Teresa di Gallura, di tutte le autonomie locali del territorio, insieme all'amministrazione provinciale, di difendere con forza la scelta delle quattro corsie per dare una risposta adeguata al traffico ed alla sicurezza.
Vorrei sapere, pertanto, se il Governo, di fronte al contrasto tra la regione e le autonomie locali, sceglie di difendere il territorio e le motivazioni di fondo che vengono portate avanti oppure se, ancora una volta, una regione può tranquillamente vessare le esigenze reali di un territorio di periferia.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le infrastrutture, Tommaso Casillo, ha facoltà di rispondere.
TOMMASO CASILLO, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture. Signor Presidente, l'interpellanza in oggetto fa riferimento alla realizzazione della strada a quattro corsie Sassari-Olbia-Arzachena.
L'ammodernamento del collegamento stradale Sassari-Olbia è inserito nel piano decennale della viabilità ANAS 2003-2012 e nell'accordo preliminare per l'individuazione e la selezione degli interventi da inserire nei programmi nazionali di attuazione «Reti e mobilità» del Quadro strategico nazionale 2007-2013, stipulato tra il Ministero delle infrastrutture e la regione Sardegna il 31 gennaio 2007.
Nello stesso mese di gennaio, la regione Sardegna, con la supervisione tecnica dell'ANAS, ha avviato la progettazione preliminare.
La nuova strada sarà di categoria b), cioè extraurbana principale, ed avrà due corsie per senso di marcia, con spartitraffico centrale e svincoli a livelli sfalsati.
Per quanto attiene, quindi, all'ammodernamento del collegamento stradale Olbia-Arzachena, lo stesso fa parte dell'itinerario Olbia-Palau inserito nel primo programma della legge obiettivo.
L'ANAS ha predisposto il progetto preliminare dell'ammodernamento del collegamento Olbia-Palau e nel 2003 ha avviato le procedure della legge obiettivo.
Allo stato, si è in attesa che la regione Sardegna esprima il proprio parere ai sensi della normativa vigente.
Il costo complessivo previsto è pari a 191 milioni di euro, mentre i finanziamenti attualmente disponibili ammontano a circa 58 milioni di euro.
Questo è quanto gli uffici hanno evidenziato, onorevole Satta, in relazione alla sua interpellanza.
PRESIDENTE. L'onorevole Satta ha facoltà di replicare.
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ANTONIO SATTA. Signor Presidente, il sottosegretario Casillo ha letto molto bene l'appunto che gli è stato predisposto. Tuttavia, mi permetta, signor sottosegretario: se avessi voluto avere la risposta che lei mi ha fornito, non avrei avuto difficoltà ad inviare una lettera ai suoi uffici e loro me la avrebbero data, senza far perdere tempo al Presidente della Camera ed a tutti gli altri deputati; peraltro, in tal modo avremmo anche accelerato la conclusione dei lavori dell'Assemblea.
Obietto al Governo che non ha fornito alcuna risposta alle domande che abbiamo posto, poiché, in questo caso, si parla addirittura di piani decennali. Vorrei segnalare, a tale riguardo, che esiste un finanziamento disponibile da molto tempo, addirittura dagli anni Novanta. Ricordo che chi le parla, signor sottosegretario, è stato assessore regionale all'urbanistica e, quindi, ha seguito direttamente queste vicende. Ebbene, siamo ancora fermi a quel finanziamento, che per giunta non è stato ancora utilizzato!
Quindi, il Governo non ha dato nessuna risposta chiara per quanto riguarda i finanziamenti e, soprattutto, i tempi relativi all'inizio e alla conclusione di tali lavori. Siamo alle solite! Ciò vuol dire che la Sardegna si prepara a pensare un'altra parte della propria viabilità come ad un sogno dei tempi! Oltre all'Oscar per i ritardi e per le opere incompiute della strada denominata «Carlo Felice», dunque, vinceremo un altro «Oscar» per le speranze non realizzate, poiché l'Esecutivo non fa chiarezza circa i tempi di esecuzione e la sicurezza dei finanziamenti. Infatti, pur essendo state tali opere definite prioritarie, non sappiamo ancora se la loro realizzazione sarà completata nel 2007, nel 2009, nel 2010 o nel 2013!
È vero che la speranza è l'ultima a morire, signor sottosegretario, ma di speranza non si vive. Noi, invece, vogliamo vivere ed offrire certezze ai nostri cittadini, perché la Sardegna ne ha diritto e da tempo! Auspico, quindi, che lei possa parlare con il suo ministro e che sia in grado di darci, in tempi rapidi, una risposta più completa e significativa!
PRESIDENTE. Sospendo la seduta, che riprenderà alle 14,30 per lo svolgimento dell'interpellanza urgente Galati n. 2-00433.
La seduta, sospesa alle 13,25, è ripresa alle 14,30.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIULIO TREMONTI