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Si riprende la discussione del disegno di legge A.C. 2600.
PRESIDENTE. Riprendiamo il seguito della discussione del disegno di legge n. 2600.
Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta si sono svolti alcuni interventi sul complesso delle proposte emendative riferite all'articolo 1.
(Ripresa esame dell'articolo 1 - A.C. 2600)
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Filippi. Ne ha facoltà. Le ricordo che, considerato che il suo gruppo ha esaurito il tempo a disposizione, lei dispone di tre minuti.
ALBERTO FILIPPI. Signor Presidente, il mio intervento sarà breve. Questa mattina i miei colleghi - in modo particolare l'onorevole Garavaglia - hanno evidenziato come, se non vi fosse stata la Lega Nord, anche in questa occasione il provvedimento in esame molto probabilmente sarebbe passato in sordina.
Pertanto, ancora una volta, la Lega Nord evidenzia e sottolinea il fatto che si debbano apportare delle modifiche e che debbano essere approvati gli emendamenti che abbiamo con insistenza proposto. Nell'eventualità di un loro mancato accoglimento, sono stati presentati un gran numero di ordini del giorno.
Ciò perché, signor Presidente e onorevoli colleghi, vogliamo porre l'accento su un principio che non può essere disatteso, che non può non essere preso in considerazione: si tratta del principio di reciprocità. Un principio di reciprocità e di trasparenza, un principio senza il quale le nostre aziende - le aziende italiane - si troverebbero sicuramente penalizzate nei confronti delle aziende estere.
Quindi, chiediamo con insistenza che il Governo valuti l'opportunità di adottare tutte le misure necessarie per tutelare le società italiane oggetto di OPA, nei confronti delle società estere, per garantire parità di trattamento alle imprese italiane rispetto a quelle degli altri Paesi europei, in particolare subordinando l'applicazione in Italia di alcune norme alla condizione che analoghe norme siano previste dall'ordinamento dello Stato di appartenenza della società estera che promuove l'offerta pubblica di acquisto.
Diversamente, non si capirebbe un atteggiamento negativo da parte della maggioranza e del Governo nei confronti di queste nostre proposte, che vogliono operare una sensibilizzazione ed evidenziare come tale principio di reciprocità e di trasparenza debba valere.
Proponiamo ciò per tutelare le nostre aziende, per evitare che vi sia la possibilità che qualcuno «faccia man bassa»- in posizione tra l'altro illegittima, moralmente ed eticamente - nei confronti delle nostre società.
Noi della Lega Nord riteniamo che non appoggiare tale linea e non accogliere queste richieste significhi andare contro un principio giusto, un principio di buon senso.Pag. 51
Non si tratta di appartenere alla destra, alla sinistra, al nord o al sud; si tratta di condividere o meno determinati valori, di dimostrare con i fatti, con il voto di questa Assemblea che quest'ultima non intende gettare nel cestino principi cardine come quelli di trasparenza e di reciprocità.
PRESIDENTE. Constato che il deputato Romagnoli, che aveva chiesto di parlare, non è presente.
Ha chiesto di parlare il deputato Armani. Ne ha facoltà.
PIETRO ARMANI. Signor Presidente, innanzitutto va dato atto ai colleghi della Lega Nord di aver presentato una serie di emendamenti sulla delega per il recepimento delle direttive comunitarie. In particolare, constato che si sono giustamente soffermati sulla direttiva che attiene alla regolamentazione a livello comunitario dell'offerta pubblica di acquisto, sottolineandone il principio della reciprocità.
Ci preoccupiamo del problema della reciprocità perché conosciamo la situazione di alcuni Paesi comunitari, in particolare della Francia e della Germania, che non hanno mai o quasi mai applicato tale principio nei confronti dei tentativi delle aziende italiane di entrare nel loro mercato. Basti ricordare la vicenda Pirelli-Continental, la vicenda dell'acqua minerale Evian e la scalata da parte di una società finanziaria del gruppo FIAT. Viceversa, nel caso italiano abbiamo avuto la disinvolta operazione dell'Électricité de France che avvenne proprio nel passaggio tra un Governo di centrosinistra e un Governo di centrodestra, in cui il Governo di centrosinistra presentò un decreto-legge per bloccare i diritti di voto della Électricité de France che aveva scalato la Edison e naturalmente il subentrante Governo di centrodestra confermò la stessa posizione. Solo con difficoltà e dopo alcuni anni si è potuta sistemare la situazione: attualmente la Edison è governata al 50 per cento dalla Électricité de France e al 50 per cento dall'ex municipalizzata milanese fusa con quella bresciana.
Il problema certamente esiste. Tuttavia occorre riflettere anzitutto sul fatto che nel nostro Paese - al di là delle scalate che ho ricordato, in particolare quella della Électricité de France - grosse operazioni di scalata ostile da parte di grandi gruppi stranieri sul mercato dei capitali a livello di borsa dei valori italiana non si sono verificate, anche se ciò non significa che non si realizzeranno in futuro.
Vorrei sottolineare che il problema è complesso. In un Paese come il nostro, dove non esistono, o quasi, investitori istituzionali (non esistono sostanzialmente i fondi pensione), il capitalismo di mercato è sostituito dal capitalismo di relazione e il capitalismo di relazione ci ha dato diversi esempi della sua presenza: da ultimo l'operazione Telecom nella quale è stata trovato un accordo con grande gruppo telefonico straniero - la Telefonica spagnola - insieme ad alcuni azionisti italiani, in particolare le banche.
Naturalmente il capitalismo di relazioni determina dei fenomeni caratterizzati anche dagli aspetti che in questi giorni abbiamo osservato attraverso alcune intercettazioni.
Quindi, il problema è semmai quello di trasformare gradatamente e progressivamente il capitalismo di relazioni in un capitalismo di mercato, ovverosia costruire veramente un mercato finanziario italiano nel quale inserire la delega all'esame e tali normative sull'offerta pubblica di acquisto, che certamente deve rispettare il principio della reciprocità, ma anche evitare che si crei un muro rispetto agli investimenti stranieri.
Infatti, nel caso Telecom certamente la fuga della AT&T, insieme all'appendice messicana, costituisce certamente un fatto negativo. Considerato che la AT&T è piena di capitali fino al naso e che, invece, la Telefonica spagnola è piena di debiti fino al naso, evidentemente sarebbe stato meglio, dovendo investire nella telefonia e nelle telecomunicazioni italiane, avere un grande investitore americano, piuttosto che un investitore europeo, che peraltro è indebitato e dovrebbe cedere alcune delle proprie attività per poter intervenire pesantementePag. 52o sistematicamente nel controllo o comunque nella gestione della Telecom Italia.
Il secondo esempio riguarda il fatto che nella privatizzazione dell'Alitalia erano rimasti in gara tre concorrenti, uno dei quali costituito da capitalisti americani, molto rappresentativi e soprattutto capaci di gestire la ristrutturazione di aziende di trasporto aereo, perché lo avevano dimostrato in altre occasioni.
Anche riguardo a tale esempio il capitalismo di relazioni, nel caso specifico tra il Ministero dell'economia e delle finanze e qualche altro concorrente di quella privatizzazione (peraltro non ancora conclusa), ha causato la fuga di tali investitori.
Quindi, facciamo attenzione! Difendiamo certamente la reciprocità, ma non ci chiudiamo rispetto ad una globalizzazione che, oltre ai rischi, reca anche i vantaggi di afflussi di capitali veri, senza che necessariamente si perda il controllo o, comunque, il centro decisionale di alcune aziende nel nostro Paese.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il deputato Romagnoli, che in precedenza era appena rientrato in aula.
MASSIMO ROMAGNOLI. Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, mi si lasci osservare che alcune volte mi sembra di trovarmi di fronte alla commedia pirandelliana: Così è (se vi pare). Mi chiedo se io, nato in questa terra, abbia capito poco della politica economica e delle normative comunitarie discusse in quest'aula.
Parliamo di apertura al mercato ed ai capitali stranieri, eppure sento levare alto il grido di «vade retro, Satana», come se gli interessi di industrie nazionali, nel frattempo diventate molto poche, dovessero essere salvaguardati. Chi dice il contrario? Il problema, semmai, è un altro, ovvero sapere dal Governo qual è il suo nuovo «tasso europeo», che - mi si lasci dire - deve essere registrato a giorni alterni: se vi danno ragione, viva l'Europa; se, invece, vi danno torto, la frase più cortese è che non capiamo più questa Europa.
Eppure, onorevoli colleghe e colleghi, da quando Prodi ha lasciato l'incarico presso l'Unione europea i commissari sono gli stessi: ieri elogiati, oggi denigrati.
È di oggi l'avvertimento del commissario Almunia, che ci richiama agli impegni sottoscritti, così come la comunicazione della Commissione secondo cui il nostro debito pubblico ha raggiunto livelli insopportabili: 1603,7 miliardi, quasi 47 miliardi in più rispetto al 2006.
Eppure, sento in quest'aula un'atmosfera eccessivamente nazionalista, a difesa degli interessi delle nostre aziende. Voglio fare osservare, per restare nell'ambito della discussione in quest'aula, che il divario del debito pubblico, tra Italia, Germania e Francia, senza voler citare assolutamente l'Inghilterra, è di oltre il 60 per cento in più.
Quindi, il richiamo che ci fanno gli organismi comunitari mi sembra del tutto appropriato. Cosa voglio dire con questo? Per ritornare al discorso che facciamo da circa un anno, le tasse hanno ormai raggiunto, caro Presidente, il livello del 55 per cento - sì, cari colleghi e colleghe, avete capito bene, il 55 per cento - e se questo Governo continua su questa strada è chiaro che per molte grandi medie e piccole aziende raggiungere gli obiettivi industriali e finanziari rimarrà ancora un'utopia e, come tali, soggette ad essere facili prede per un mercato sempre più aggressivo.
Rimane, quindi, difficile difendere le nostre industrie e, conseguentemente, i livelli occupazionali. Dovremmo essere tutti preoccupati, come credo lo siano i più responsabili, di tale situazione. Occorre invertire da subito l'andamento dell'allegra spesa pubblica. A tale proposito, ricordo che i tassi di interesse della Banca centrale continueranno ad aumentare e ciò significa - lo ricordo a tutti - che ogni 0,25 di punto percentuale costa, in termini di interessi passivi, 4,8 miliardi di euro.
Vi chiedo se la strada da intraprendere sia quella della difesa della italianità oppure quella della difesa del libero mercato. Perché vedete, se il mercato fosse stato veramente libero, probabilmente nonPag. 53avremmo assistito a quello che usualmente sento vociferare all'estero: il mercato italiano è suggestivo perché somiglia ad un suk. Se vogliamo dirla tutta sulla italianità, dobbiamo chiederci perché alcuni forti organi di informazione hanno fatto una guerra spietata alle nostre aziende del settore bancario e cosa nascondeva questa guerra. Sì, certamente, care colleghe e colleghi, è spiacevole l'intervento politico, ma non abbiamo forse con questo consentito l'intervento e l'occupazione straniera? Assisto spesso in questa Assemblea a dibattiti che hanno del kafkiano: vogliamo alzare barriere nei confronti dei nostri partner europei e non per lasciarli ma per fuggire, grazie alle furbizie italiche.
Vedete colleghi, prendiamo la privatizzazione dell'Alitalia: vista dall'esterno ci si domanda, ma questi sanno cosa significa privatizzazione? Si tratta di una compagnia che in poco più di dieci anni ha consumato oltre sette, dico sette miliardi di euro. E l'odissea non è finita, visto che presenta un bilancio con una perdita di 670 milioni di euro. Chiedo a tutti voi: siamo sicuri che la difesa dell'italianità sia opportuna?
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Vacca. Ne ha facoltà.
ELIAS VACCA. Signor Presidente, intervengo per dire che è a tutti evidente come siamo arrivati un po' in affanno all'attribuzione di queste deleghe, perché quanto all'attuazione di alcune direttive siamo morosi già dal novembre del 2006. A questo proposito il lavoro che abbiamo svolto in Commissione finanze ci ha portato a ricevere assicurazione dal Governo che prima dell'adozione dei decreti legislativi, emanati in attuazione delle deleghe che ci apprestiamo a conferire, si concorderanno i termini dei decreti legislativi stessi. Noi, continuando ad essere leali e solidali con l'azione del Governo, accettiamo questa impostazione, ma è necessario che puntualizziamo alcuni concetti sui termini di inquadramento di tali decreti legislativi e, in particolare, con riferimento al problema delle OPA, che è stato evocato anche da altri colleghi.
Per noi non vi è un problema semplicemente di reciprocità; la condizione di reciprocità, che credo anche con spirito condivisibile è stata avanzata da alcuni colleghi dell'opposizione, non è né l'unico problema che ci possiamo porre, né può essere l'unica medicina utile a risolvere, o anzi a prevenire i mali che abbiamo visto paventarsi con riferimento, ad esempio, alla società Autostrade o con riferimento alla società Telecom. In condizioni di globalizzazione del mercato imprenditoriale e finanziario diviene anche molto complicato definire la nazionalità delle entità che si apprestassero eventualmente ad effettuare l'OPA, proprio perché attualmente è molto difficile porre sotto una bandiera o sotto un'altra la composizione del pacchetto azionario o la maggioranza di esso o il pacchetto di controllo della società, specialmente quando si tratta di grandi entità.
Per l'altro verso, invece, è più opportuno riferire le nostre precauzioni al settore di intervento delle società oggetto di OPA. Questo perché - lo abbiamo detto e il nostro segretario si è anche speso a tal proposito quando l'attenzione era incentrata sulla società Autostrade - non può essere del tutto indifferente alla politica il fatto che una società scalata si occupi di credito, di trasporti, di energia, di telecomunicazioni; così come non può, altresì, essere indifferente che la società scalata impieghi dieci o 10 mila lavoratori.
Considerato, quindi, che la nostra preoccupazione è rivolta sia al mantenimento dei livelli occupazionali delle società che eventualmente venissero scalate, sia al settore di intervento di esse, chiederemo e reitereremo al Governo la richiesta di una particolare attenzione nella predisposizione dei decreti legislativi su tali temi.
Desidero anche menzionare - per avvalorare la tesi per cui ciò che è importante è l'interesse dei cittadini per il campo di intervento delle società che vorremmo proteggere da scalate che potrebbero portare devastazioni, sia nel mercatoPag. 54del lavoro sia, in generale, in ordine all'interesse nazionale - un approfondimento giornalistico di poche settimane fa, che ho seguito con particolare interesse. Esso riguarda la politica energetica e di approvvigionamento del gas. Da tale approfondimento emerge che, a volte, non c'è neanche bisogno di scalare una società per avere indirettamente il controllo di determinati settori sensibili; emerge, infatti, che sono stati avanzati gravi dubbi sulla indipendenza dell'ENI in riferimento all'approvvigionamento di gas proveniente dall'ex Unione Sovietica.
Questi sono i criteri che ispirano la nostra azione politica. Ribadiamo la nostra fiducia al Governo, ma saremo attenti osservatori e interverremo puntualmente - anche con i nostri mezzi - per sciogliere alcune delle preoccupazioni che sono state manifestate anche da settori dell'opposizione (Applausi dei deputati del gruppo Comunisti Italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Barani. Ne ha facoltà.
LUCIO BARANI. Signor Presidente, anche noi desideriamo esprimerci sul complesso degli emendamenti. Desidero ringraziare i colleghi Fugatti, Brigandì e Germontani, che hanno presentato numerose proposte emendative e che, quindi, ci hanno dato la possibilità di discutere al fine di migliorare questo disegno di legge delega per il recepimento delle direttive del Parlamento europeo e del Consiglio.
Il disegno di legge in esame - così come è stato approvato dal Senato e i cui temi trattati rientrano nelle competenze di moltissime Commissioni della Camera - attribuisce, attraverso la proroga dei termini di delega per il recepimento delle direttive comunitarie in materia di OPA da parte degli Stati membri, in sede di attuazione, un notevole spazio discrezionale che avrà effetti rilevanti sugli equilibri dei mercati finanziari. Pertanto, è opportuno che il Governo dia al riguardo indicazioni al Parlamento.
Con gli emendamenti presentati noi diamo la possibilità all'Esecutivo, di tutelare meglio - in termini di reciprocità, come è stato già detto da alcuni miei colleghi - gli interessi nazionali, come stanno facendo la Germania e la Francia, i cui Governi sicuramente tengono in maggior considerazione i loro amministrati, cioè i loro cittadini, alla luce delle decisioni da essi assunte in questa materia.
Tale direttiva attribuisce agli Stati membri notevoli spazi di discrezionalità circa le scelte normative da compiere in sede di recepimento della direttiva stessa. È assolutamente indispensabile precisare il termine di esercizio della delega legislativa, in particolare al fine di evitare che le società italiane oggetto di offerte pubbliche di acquisto da parte di società straniere siano poste in una situazione di debolezza nei confronti di queste ultime, le quali si troverebbero nella condizione di acquisire, con facilità, importanti settori del sistema economico nazionale.
L'assenza di specifici principi e criteri direttivi della delega per il recepimento della direttiva comunitaria in materia di offerte pubbliche di acquisto è, quindi, assai pericolosa. Ciò dovrebbe consigliarci di avere la massima attenzione, nonché favorire l'accoglimento delle diverse proposte emendative presentate, volte appunto, in tal senso, ad aiutare le nostre società e il Governo stesso. Sono, comunque, poco comprensibili le ragioni che inducono il Governo a velocizzare l'iter di approvazione del provvedimento in esame e ritengo, tuttavia, che la richiesta di non modificare il testo del disegno di legge si ponga in contraddizione con l'incapacità del Governo stesso di esprimere, sin d'ora, il proprio orientamento in merito al recepimento della direttiva in materia di OPA.
L'eccessiva debolezza, generalmente dimostrata dall'Esecutivo in carica nei suoi rapporti con l'Unione europea, fa sorgere il timore che, anche in questo caso, le scelte legislative che saranno assunte in sede di recepimento della direttiva OPA non saranno in grado di tutelare efficacemente gli interessi delle società italiane, a differenza - come ho già detto - di quanto è avvenuto in molti altri StatiPag. 55membri, che hanno stabilito precise garanzie in favore delle imprese nazionali oggetto di offerte pubbliche di acquisto promosse da soggetti esteri.
In conclusione, desidero far rilevare che il disegno di legge al nostro esame - Atto Camera n. 2600 - già approvato dal Senato, all'articolo 1, comma 1, oltre che in materia di organizzazione dell'orario di lavoro delle persone che effettuano operazioni mobili di autotrasporto, interviene anche in materia di norme di qualità e di sicurezza per la raccolta, il controllo, la lavorazione, la conservazione e la distribuzione del sangue umano e dei suoi componenti, in modifica della precedente direttiva 2001/83/CE.
Si tratta, pertanto, di due argomenti - l'orario di lavoro dell'autotrasporto e la conservazione e distribuzione del sangue umano - che stridono leggermente, che bisognerebbe approfondire meglio e che richiedono, ovviamente, un'attenzione maggiore. L'articolo 1 è finalizzato a riaprire il termine per l'esercizio delle deleghe - prorogandolo al 30 settembre prossimo - e non si capisce bene il perché di tutto questo.
Pertanto, riteniamo che le proposte emendative presentate dai colleghi Fugatti, Brigandì, Gianfranco Conte e Germontani, ci consentano, molto efficacemente, di migliorare questo testo. Invito, pertanto, il Governo ad accettare i consigli che provengono da questo ramo del Parlamento, nel supremo interesse dei nostri cittadini, nei confronti dei cittadini degli altri Stati e, quindi, delle imprese estere che sono avvantaggiate rispetto a noi. Così facendo, infatti, offriamo loro un vantaggio rispetto alle nostre imprese, le quali (come al solito) si trovano a soccombere nel campo della competitività. Concludo, quindi, dicendo che il nostro gruppo, ovviamente, voterà a favore di quasi tutte le proposte emendative presentate.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Contento. Ne ha facoltà.
MANLIO CONTENTO. Signor Presidente, già sin dalla discussione sulle linee generali e dagli interventi che mi hanno preceduto, emerge come, nei confronti del provvedimento in esame, vi siano questioni aperte. Tali questioni non riguardano, in modo specifico, gli aspetti del provvedimento riferiti a contenuti di carattere minore, in particolare la direttiva relativa agli orari dell'autotrasporto o quella relativa alla tutela della salute e della sicurezza in materia di sangue umano. Si tratta di provvedimenti che, sicuramente, non avrebbero meritato un tempo maggiore di quello ad essi dedicato, perché pur intervenendo in settori di rilievo, si sono mostrati di facile adeguamento, non contenendo questioni che debbano essere oggetto di discussione in termini giuridici e, prima ancora, soprattutto, politici ed economici.
Gli interventi effettuati fin qui sul complesso degli emendamenti ci pongono di fronte, almeno in parte, ad alcune questioni abbastanza rilevanti relative all'economia nazionale, alle nostre imprese e, in particolare, al sistema economico-finanziario del nostro Paese. Su quest'ultimo si è scritto molto, si è detto, molto spesso, anche troppo e sono state richiamate alla nostra attenzione vicende che, purtroppo, non hanno spento ancora la loro profonda eco. Infatti, i giornali di questi giorni, riferendosi a vicende giudiziarie non troppo lontane nel tempo, ci ricordano come il nostro Paese sia un tantino diverso rispetto a molti altri e, in particolare, sia un Paese ove tutti affermano di essere pronti a varare norme e regole che meritano rispetto nei confronti delle società e, quindi, anche di quei giusti rapporti esistenti tra società disposte ad acquistarne altre e società che presentano un interesse opposto, volendo difendersi dall'acquisto. Purtroppo, contemporaneamente, l'antico vizio della politica italiana è quello di non affrontare mai compiutamente le questioni al suo esame, perché si suppone che, evitando la discussione, vi sia maggior margine - nel nostro caso per il legislatore delegato - per poter lasciare maglie aperte in base agli interessi che si preferisce difendere.Pag. 56
Come gruppo di Alleanza Nazionale, fin dalla discussione sulle linee generali, abbiamo evidenziato come quanto ci preoccupa, in relazione al recepimento delle direttive in questione, sia proprio l'aspetto di fondo e cioè che, sulla base della delega conferita al Governo, non sia stata affrontata la questione fondamentale o, se si preferisce, una delle questioni fondamentali. Infatti, quando si parla di delega legislativa, si sa che le norme costituzionali impongono al Parlamento di delineare l'ordito di principi e criteri entro i quali il Governo, cioè il legislatore delegato, dovrà muoversi.
Ebbene, la prima questione di fondo, sollevata dagli interventi precedenti e ripresa da alcuni emendamenti presentati, pone il Governo di fronte a tale interrogativo: qual è la posizione della maggioranza e, quindi, anche del Governo, di fronte alle questioni politiche aperte dal recepimento di tali direttive? In altri termini, se i mercati borsistici sono oggetto di tali direttive, se la situazione di fronte alla quale ci troviamo - relativa alla contendibilità dei pacchetti azionari e, quindi, delle imprese - è oggetto, oggi, di un ripensamento a livello comunitario, se, addirittura, tale ripensamento in alcuni Paesi ha già trovato attuazione per quanto riguarda la protezione di quelli che, anche in quest'aula, sono stati definiti e riecheggiati come interessi nazionali, qual è l'opinione della maggioranza e, quindi, anche del Governo, che è sostenuto da quest'ultima, in relazione all'attuazione di questa direttiva?
Purtroppo, tale aspetto politico non trova soluzione perché - come è evidente analizzando il contenuto del provvedimento in esame che si cerca di correggere mediante gli emendamenti proposti - il rinvio effettuato dalle disposizioni al nostro esame rappresenta un rinvio in bianco, che tra l'altro non entra nel merito dei problemi che la direttiva apre sotto il profilo politico. Difatti, se leggendo l'articolo 1 del disegno di legge in discussione ne evidenziamo i principi e criteri direttivi che sovrintendono ai provvedimenti che dovrà emanare il Governo, vi troveremo delle sorprese alquanto curiose.
Intanto, il rinvio effettuato alla legge comunitaria del 2004 (mi riferisco alla legge 18 aprile 2005 n. 62) è estremamente generico e non spiega, non chiarisce quale sia la volontà del Parlamento nel momento in cui delega al Governo un compito importante come quello che stiamo esaminando. Vi sono, infatti, una serie di principi che potrei definire estremamente ovvi, quale quello del miglior coordinamento delle scelte normative in relazione alle discipline vigenti, la cui evidente superfluità credo sia addirittura lapalissiana, oppure gli aspetti relativi al raccordo tra gli apparati amministrativi e l'attuazione, in sede di recepimento, delle direttive comunitarie. C'è, poi, l'ennesimo principio che ricorre quotidianamente quando si affrontano disegni di legge proposti dal Governo e sostenuti dalla maggioranza, ossia quello che afferma che qualsiasi adempimento del genere ricordato in precedenza non debba comportare oneri conseguenti per l'erario. Anche sotto tale profilo credo, però, che la questione non sia rilevante per l'attuazione di direttive in materia di sistema finanziario europeo e, soprattutto, di offerte pubbliche d'acquisto.
Si può fare la medesima affermazione in relazione agli altri principi correlati alle questioni di applicazione diretta. Vi è però un riferimento, contenuto in particolare nell'articolo 2, lettera h), della legge comunitaria per il 2004, che è abbastanza interessante per quanto riguarda l'indirizzo da impartire al legislatore delegato, ma che vorrei rivolgere come domanda ai banchi della maggioranza. Vorrei chiedere se, sulla base della lettura di tale principio, sia sufficientemente chiaro quale dovrà essere il riferimento cui il Governo dovrà attenersi per l'attuazione della normativa, molto più rilevante e importante, delle offerte pubbliche d'acquisto. Infatti, la lettera h) dell'articolo 2, cui faccio riferimento, recita testualmente: «I decreti legislativi assicurano che sia garantita una effettiva parità di trattamento dei cittadiniPag. 57italiani rispetto a quelli degli altri Stati membri dell'Unione europea». È già dubbio se tale principio, che è richiamato dalle direttive in questione, possa essere esteso, ad esempio, alle questioni relative alle persone giuridiche e, quindi, alle società direttamente interessate alle offerte pubbliche d'acquisto nei mercati regolamentati. Ma, continua la norma, bisogna fare in modo «di assicurare il massimo livello di armonizzazione possibile tra le legislazioni interne dei vari Stati membri ed evitando l'insorgere di situazioni discriminatorie a danno dei cittadini italiani nel momento in cui gli stessi sono tenuti a rispettare, con particolare riferimento ai requisiti richiesti per l'esercizio di attività commerciali e professionali, una disciplina più restrittiva di quella applicata ai cittadini degli altri Stati membri».
Ritengo che tale principio, pur evocato, non sia assolutamente applicabile al caso di cui stiamo discutendo, perché fa riferimento ad attività commerciali e professionali, quindi non entra nel merito della questione di fondo più volte richiamata nel dibattito generale ed anche in occasione della presentazione degli emendamenti. È certo che non ci può essere armonizzazione in senso europeo nell'applicazione della direttiva in esame, perché la direttiva stessa demanda ai singoli Stati nazionali l'individuazione del grado di tutela da offrire sulla contendibilità dei pacchetti azionari sul mercato europeo, ma prima di tutto sul mercato nazionale e sui mercati interni regolamentati.
Allora, la questione di fondo purtroppo riecheggia ancora una volta: qual è l'orientamento del Governo? Lasciamo perdere le questioni polemiche che pure sono state argomentate in relazione alle vicende note. È stata citata la vicenda Telecom, per fare un esempio estremamente banale e di attualità, è stata citata - ed è citata - la vicenda Alitalia, sul cui esito definitivo tutti si interrogano, perché se la procedura verrà ancora prolungata, come purtroppo è già stato fatto, il timore che molti hanno è che il valore delle azioni della compagnia di bandiera si riduca ancora.
Di conseguenza, ci si domanda se in effetti la procedura che è stata avviata sia interessata più a salvaguardare gli asset di Alitalia o non piuttosto i suoi compratori, i quali, più tempo passa, più si troveranno a dover concludere offerte certamente insoddisfacenti per chi detiene il pacchetto azionario: mi riferisco, in particolare, al Ministero dell'economia e delle finanze, per fare un esempio pacifico. La questione di fondo viene così elusa. Dunque, non vi può essere armonizzazione in relazione a questo argomento; anzi, se si esaminano le iniziative già prese in sede di attuazione di questa direttiva da parte di altri Paesi europei, si rinviene non solo una diversità di posizioni, ma anche l'espressione chiara di una difesa degli interessi nazionali.
Come deputato, potrei dire che quel che conta è non tanto esprimere la posizione di Alleanza Nazionale, quanto invero sottolineare un aspetto più profondo: cioè che sono la maggioranza ed il Governo che dovrebbero esprimere in questa sede - e mi rivolgo anche al rappresentante dell'Esecutivo - la loro posizione. Qual è l'intenzione del Governo nell'attuare la direttiva comunitaria? Nell'ambito della disciplina delle offerte pubbliche d'acquisto, il primo principio è offrire la possibilità di difesa in sede di contendibilità a chi già governa una società, oppure è non offrire questo aspetto all'attuazione della direttiva comunitaria, per rafforzare la contendibilità sui mercati regolamentati delle nostre imprese partecipate? A questo interrogativo non vi è risposta.
Invito anzi i colleghi a verificare anche gli altri principi e criteri direttivi richiamati in sede di attuazione della direttiva 2004/39/CE: noteranno che, ancora una volta (poiché tale attuazione è effettuata sulla base della prima direttiva richiamata dalla legge comunitaria di allora) i principi e i criteri eludono completamente gli aspetti di fondo che siamo chiamati a discutere in questa sede. Credo che sia abbastanza banale, ad esempio, evocare i principi relativi alle autorità che operano in questo ambito, cioè da un lato la Consob, per quanto riguarda gli aspetti relativi alla gestione dei mercati regolamentati,Pag. 58dall'altro la Banca d'Italia, per quanto riguarda la stabilità, sotto questo profilo, delle società bancarie. Ancora una volta, dunque, non rinvengo tali principi e criteri direttivi.
Di conseguenza, credo sia corretto che Alleanza Nazionale - come ha fatto già in sede di discussione sulle linee generali di questo provvedimento, senza aver ottenuto risposta, ma più ancora come farà con gli emendamenti presentati dai nostri colleghi - ponga talune questioni. Ne cito una per tutte, e mi avvio, signor Presidente, alla conclusione: quando arriveremo ad affrontare il punto relativo ai principi di reciprocità disegnati dalla direttiva di riferimento, che pongono al Parlamento l'esigenza di esprimersi apertamente, signor rappresentante del Governo, quali sono il principio e il criterio direttivo a cui dovremo fare riferimento? Praticamente nessuno, poiché non esiste alcun principio o criterio direttivo in questo campo.
Quindi, delle due l'una: o il Governo, come io suppongo (lo si è dimostrato, del resto, in numerose occasioni: abbiamo concluso poche ore fa l'esame del provvedimento Bersani, a proposito del quale si è cambiata opinione nel corso dell'esame di pochi emendamenti, con differenze che venivano rimarcate anche in maniera pesante, e nell'arco di pochissime ore), non ha le idee chiare su questo punto (ciò riteniamo noi di Alleanza Nazionale); oppure, se le ha, intende nascondere, nel dibattito e nel confronto politico che è oggetto di questa delega, gli aspetti e la strada che esso preferisce scegliere. Non vi è una terza soluzione. E se il rappresentante dell'Esecutivo me lo consente, signor Presidente, sono preoccupato qualunque ipotesi sia vera: se è vera la prima, cioè quella per cui il Governo non ha le idee chiare, mi chiedo come esso possa sostenere il processo di rafforzamento dell'Unione Europea nel momento in cui non è in grado di esprimere una posizione precisa di fronte ad un concetto verso cui certamente l'Esecutivo ha una responsabilità; se invece è vera la seconda, mi chiedo come si possa ammettere, in sede parlamentare e alla luce dei rapporti di correttezza anche istituzionali - mi permetta, signor Presidente - che dovrebbero presiedere all'esame dei provvedimenti che sono proposti dall'Esecutivo all'Assemblea, non si ritrovi come principio o criterio di riferimento specifico quello che riguarda il cuore del provvedimento che stiamo esaminando.
Credo, signor Presidente, che gli emendamenti ci spingeranno a fare chiarezza, ma non sono, in questa direzione, ottimista, anzi sono convinto che assisteremo ancora una volta ad una scena del Governo, non dico muta, ma consueta. È una scena cui ci ha abituato, naturalmente, ogni esponente del Governo di fronte agli emendamenti presentati dall'opposizione, ma che in questo caso rivestono una valenza non soltanto tecnico-giuridica, ma in particolare politica. Il rappresentante del Governo si alzerà ed esprimerà un parere perfettamente conforme a quello del relatore, per cui avviso anche il relatore che, nel momento in cui la proposta rimessa all'esame dell'Assemblea mancasse del principio specifico in relazione al criterio di reciprocità, non saremmo in grado di poter decidere serenamente e di attribuire al legislatore delegato, cioè al Governo, la volontà di indirizzo che perviene dall'organo istituzionalmente più deputato ad indicarla, ossia il Parlamento. Quindi, signor Presidente, considereremo con attenzione gli emendamenti presentati e faremo sostanzialmente il nostro lavoro anche in questa sede, non perché siamo preoccupati dell'aspetto relativo al conflitto che potrebbe derivare da normative diverse in sede nazionale, ma perché per troppo tempo abbiamo dovuto verificare una disattenzione, da parte del Governo, su temi tanto delicati ed importanti per l'interesse nazionale e per l'economia del nostro Paese.
È con questo spirito, signor Presidente, che ci accingiamo ad affrontare la discussione sugli emendamenti e a prendere una posizione precisa, come abbiamo fatto sul tema più rilevante oggetto del nostro esame, che ha - come ho detto - nell'emendamento presentato dalla collega Germontani l'aspetto puntuale su cui siPag. 59misurerà, da un lato, la volontà della maggioranza di offrire, magari anche in termini diversi, una risposta a questo interrogativo; dall'altro, la volontà del Governo, se ne sarà in grado, di smentire le censure che abbiamo rivolto al suo comportamento troppo spesso frutto di mancanza di responsabilità, quindi di elusione e di evasione non di carattere fiscale - lo dico citando Visco - ma di fronte ai problemi, al dibattito aperto ed al confronto serrato che deve aver luogo in quest'Assemblea e non dentro un Esecutivo che troppo spesso è messo all'indice per comportamenti discutibili e di scarsa trasparenza.
PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione sulle proposte emendative presentate.
PAOLO DEL MESE, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere contrario su tutte le proposte emendative presentate.
PRESIDENTE. Il Governo?
MASSIMO TONONI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.
PRESIDENTE. Come preannunziato, sospendiamo ora l'esame del disegno di legge n. 2600, che riprenderà, con votazioni, alle 18,20, al termine dello svolgimento dell'informativa urgente.