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Discussione del testo unificato delle proposte di legge Foti ed altri; Iannuzzi ed altri; Iannuzzi ed altri: Riqualificazione e recupero dei centri storici (A.C. 550-764-824-A) (ore 16,07).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del testo unificato delle proposte di legge di iniziativa dei deputati Foti ed altri; Iannuzzi ed altri; Iannuzzi ed altri: Riqualificazione e recupero dei centri storici.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).
(Discussione sulle linee generali - A.C. 550-A ed abbinate)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare Forza Italia ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la VIII Commissione (Ambiente) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Bocci, ha facoltà di svolgere la relazione.
GIANPIERO BOCCI, Relatore. Signor Presidente, la proposta che viene sottoposta all'attenzione dell'Assemblea rappresenta l'impegno che, sin dall'inizio della legislatura, la VIII Commissione ha cercato di portare avanti coerentemente, per non sprecare un lavoro già svolto nella scorsa legislatura e sul quale si era tenuto un confronto anche in quest'Assemblea. Il provvedimento in esame si inserisce in un'opera legislativa coerente, perché si tratta di un provvedimento che fa seguito ad un'altro approvato in questo ramo del Parlamento: mi riferisco alla legge riguardante i piccoli comuni. Possiamo dire che vi è una grande sintonia tra la legge sui piccoli comuni e il provvedimento che sarà sottoposto, oggi e nei prossimi giorni, al confronto e al voto dell'Assemblea, concernente la riqualificazione dei centri storici: entrambi denotano l'attenzione particolare della VIII Commissione sull'Italia dei talenti e sulle bellezze del nostro Paese.
Alla Commissione ambiente sono state assegnate tre proposte di legge finalizzate a consentire l'avvio di interventi integrati volti alla riqualificazione urbana dei centri storici. Dopo un lavoro costruttivo e un confronto serio tra tutte le forze politichePag. 9all'interno della Commissione, si è giunti all'elaborazione di un testo unificato che ora viene sottoposto all'esame dell'Assemblea e che rappresenta il risultato di un lavoro unitario svolto in Commissione. Grazie al contributo di tutte le forze politiche, possiamo dire che oggi sottoponiamo all'attenzione dell'Assemblea un testo che ha la consapevolezza della dimensione che contiene: non vuole avere la pretesa di essere una normativa particolarmente complessa sui centri storici, ma vuole cogliere alcuni punti e offrire un contributo serio su un tema che sta particolarmente a cuore agli italiani e al Paese. Anche dai diversi incontri informali avvenuti con rappresentanti del commercio, del turismo e degli enti locali, dell'associazionismo ambientale e culturale è emersa una sostanziale condivisione e un apprezzamento di massima.
Certo, ad esempio, gli operatori del commercio, così come quelli di altri settori, hanno auspicato un provvedimento più ampio e più robusto su un tema così complesso e importante, ma nulla esclude che, per il futuro, possa avviarsi un lavoro su un provvedimento che sia capace di dare una risposta più ambiziosa rispetto a quella che viene data oggi. Occorrono tempi diversi, iniziative più articolate e, dunque, un coinvolgimento più ampio degli enti locali, dell'associazionismo e dei rappresentanti del commercio e del turismo.
Svolgo ora alcune considerazioni sul provvedimento che viene sottoposto all'attenzione di quest'Assemblea. Anzitutto, si tratta di un testo unificato che ha un carattere integrato. Gli interventi che abbiamo previsto possono e devono coinvolgere sia soggetti pubblici, sia privati; prevediamo un concorso, una condivisione, una partecipazione sia di risorse private sia di risorse pubbliche. Questo può rappresentare un modello da rafforzare anche in altri provvedimenti in cui - una volta delineati gli obiettivi e le ambizioni - si possa tracciare insieme il percorso lungo il quale soggetti sia privati sia pubblici concorrano a costruire le condizioni per realizzare gli interventi che il provvedimento in esame intende raggiungere e che sottolinea nella propria opera.
Inoltre, quando abbiamo iniziato a lavorare su questo provvedimento e sui testi che i diversi colleghi hanno presentato in Commissione, un approfondimento che la Commissione ha voluto svolgere, in modo particolare, è stato quello di comprendere il rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite. Ovvero, la I Commissione ha espresso un parere favorevole con un'osservazione finalizzata a ricondurre gli interventi previsti dal provvedimento «interamente nell'ambito della materia "tutela dei beni culturali", di competenza esclusiva dello Stato, con particolare riferimento alla limitazione degli interventi nei centri storici dei comuni con popolazione pari o inferiore a 200.000 abitanti ed alla previsione della realizzazione di opere pubbliche o di interesse pubblico». Al riguardo, l'VIII Commissione, nel valutare con attenzione il testo, ha ritenuto anzitutto opportuno rilevare che, secondo la costante giurisprudenza della Corte costituzionale, anche nelle materie di legislazione concorrente possono trovare spazio interventi finanziari diretti dello Stato a favore dei comuni, vincolati nella destinazione per normale attività e compiti di competenza di questi ultimi, nell'ambito dell'attuazione di discipline dettate dalla legge statale nelle materie di propria competenza esclusiva, ovvero nell'ambito della disciplina degli speciali interventi finanziari in favore di determinati comuni, ai sensi dell'articolo 119, comma 5, della Costituzione. A tal fine, si ritiene che, per un verso, la finalità di disporre interventi di riqualificazione edilizia su beni ricadenti nei centri storici e, quindi, in aree sottoposte a tutela dei beni culturali, rientri appieno nelle tipologie di legislazione esclusiva per le quali una legge statale - come quella in esame - ben può disporre misure normative, mirate sostanzialmente a destinare risorse finanziarie e a disciplinare le relative modalità applicative in linea di principio. Allo stesso tempo, si osserva che l'aver limitato le disposizioni del provvedimento ad unaPag. 10determinata fascia di comuni, consente di inquadrare il provvedimento stesso all'interno della cornice di cui all'articolo 119, comma 5, della Costituzione, che autorizza lo Stato a destinare risorse aggiuntive e ad effettuare interventi speciali in favore di determinati comuni, province, città metropolitane e regioni, allo scopo di promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, e per rimuovere gli squilibri economici.
Infatti, tra i presentatori, una delle motivazioni più volte evidenziata è stata quella di cercare, mediante tali proposte di legge, di rimuovere gli squilibri economici.
Accanto a quest'ultima, un'altra preoccupazione della Commissione è stata quella di trovare una forte compatibilità con la normativa comunitaria.
Infatti, il provvedimento non solo non solleva profili problematici in riferimento alla normativa comunitaria ma, anzi, si integra bene con i nuovi programmi comunitari. Da questo punto di vista, vi è stato uno sforzo da parte dei componenti la Commissione, volto a comprendere come il provvedimento in discussione e le risorse, che vengono individuate da quest'ultimo - successivamente mi soffermerò a tale proposito - in un certo qual modo, realizzano quell'effetto moltiplicatore che rappresenta una delle ragioni che ha spinto la Commissione a concludere i lavori velocemente e a presentare il testo unificato all'attenzione dell'Assemblea.
La Commissione ritiene che, con questo provvedimento, non solo mediante le risorse previste dal fondo che verrà determinato più avanti, ma anche attraverso una serie di risorse, soprattutto, derivanti dai fondi comunitari (visto che ci troviamo nella fase 2007-2011 ove la maggior parte delle regioni avrà a disposizione una serie di risorse economiche e finanziarie molto consistenti), in aggiunta a quelle private - come ho ricordato poc'anzi nel corso del mio intervento - si possano realizzare condizioni di sviluppo economico e di rimozione degli squilibri economici nella gran parte dei centri storici del nostro Paese.
La quarta considerazione è relativa alle risorse economiche. Il testo unificato delle proposte di legge ha previsto una quota di contributo pubblico, a mio parere significativa, destinando agli interventi per gli anni 2007, 2008 e 2009 la dotazione di un apposito fondo, determinata in 25 milioni di euro all'anno. A decorrere dall'anno 2010, al finanziamento del fondo si provvederà mediante ricorso alla tabella D allegata alla legge finanziaria annuale.
Al riguardo, occorre ricordare in primo luogo che le risorse finanziarie sono interamente costituite da fondi in conto capitale, ossia da spese per investimenti. È evidente, quindi, l'effetto virtuoso creato dal provvedimento, che parte con uno stanziamento di circa 150 miliardi di vecchie lire e che intende promuovere un sistema di investimenti, pubblico o privato, che avrà un inevitabile effetto moltiplicatore. Inoltre, in questo campo, tali risorse si aggiungerebbero al sistema di incentivi fiscali esistenti, quali il 36 per cento per ristrutturazioni edilizie e il 55 per cento per interventi di risparmio energetico in edilizia.
Inoltre, l'aver reperito le risorse in conto capitale all'interno di fondi per spese di investimento non ancora utilizzate e l'aver previsto la stabilizzazione del fondo mediante l'inserimento del rifinanziamento nella tabella D della legge finanziaria potrà produrre importanti conseguenze in termini di incentivazione al coinvolgimento di soggetti privati, che dovrebbero essere fortemente rassicurati dall'avvenuta mobilitazione di una cifra stabile di risorse.
Vorrei ricordare, inoltre, che in qualche modo abbiamo cercato di indirizzare e selezionare le risorse, evitando un metodo che in passato spesso non ha consentito di realizzare investimenti positivi, poiché una serie di risorse sono state destinate a pioggia senza un criterio ben preciso che mirasse ad effettuare investimenti ben precisi.
Questa volta, invece, lo sforzo della Commissione è quello di avere previsto, innanzitutto, una salvaguardia a favore dei piccoli comuni con meno di quindicimilaPag. 11abitanti. Per tale motivo parlavo, all'inizio, di una sintonia con l'altra proposta di legge sui piccoli comuni approvata in questo ramo del Parlamento, perché appunto esiste un percorso di coerenza che cerca di salvaguardare le ragioni dei tanti piccoli comuni d'Italia, che rappresentano anche la storia, il patrimonio e le bellezze del nostro Paese.
D'altro lato, però, la stessa proposta chiede ai comuni uno sforzo, poiché verrà data priorità sostanzialmente a chi presenterà la domanda per attingere a tali finanziamenti (in base ad un bando che sarà predisposto dal ministero competente), dimostrando un concorso, un contributo di risorse degli enti locali, dello Stato e dei privati.
Per queste e per altre ragioni, chiedo ed auspico un'immediata approvazione da parte della Camera del testo unificato al nostro esame (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
LUIGI GIUSEPPE MEDURI, Sottosegretario per le infrastrutture. Signor Presidente, mi riservo di intervenire in sede di replica.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Francescato. Ne ha facoltà.
GRAZIA FRANCESCATO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, i Verdi salutano con grande soddisfazione il provvedimento sulla riqualificazione e il recupero dei centri storici.
Vorrei innanzitutto ringraziare il relatore, il collega Gianpiero Bocci, per l'intenso lavoro svolto per arrivare al testo unificato, e il presidente Realacci, ma anche tutti i membri della Commissione, perché vi è stato davvero uno sforzo bipartisan su tale tema.
Il recupero e la riqualificazione dei centri storici rappresentano una battaglia di noi ambientalisti da decenni: personalmente, ricordo il mio impegno in tal senso dal giorno in cui mi sono iscritta a Italia nostra, nell'ormai remoto 1970, e poi con le associazioni Legambiente e WWF, con il FAI e, ovviamente, con i Verdi.
Ricordo che negli anni Sessanta e Settanta un grande ambientalista, un antesignano della difesa del nostro bistrattato patrimonio storico e culturale, Antonio Cederna (che è stato anche deputato e in quest'aula ha fatto molti interventi a difesa dei nostri tesori mal custoditi), diceva che esiste un avverbio che malauguratamente dipinge alla perfezione il periclitante stato del nostro paesaggio, dei nostri centri storici e dei nostri monumenti: «ancora». Si dice con sorpresa: «questo castello è ancora bello», «questo centro storico è ancora compatto», «questo frammento di paesaggio è ancora intatto». Si lascia così presupporre che qualche tempo dopo, tornando nello stesso luogo, lo stesso visitatore non ha affatto la certezza di ritrovare quel bene integro e vitale. Il motivo veniva spiegato da un altro precursore, uno tra i primi paladini della difesa di questo immenso giacimento, il critico d'arte, scrittore e archeologo Leonardo Borgese, il quale in un libro che andrebbe veramente ripubblicato, intitolato «L'Italia rovinata dagli Italiani», commentava amaramente in maniera icastica: «troppi Italiani nemici dell'Italia».
Quanto ciò sia vero e continui purtroppo ad esserlo è confermato dall'insostenibile quantità di scempi, devastazioni e snaturamenti inflitti ai nostri paesaggi, in particolare ai centri storici e ai borghi antichi cui ci riferiamo oggi.
Si tratta di un saccheggio all'insegna di uno sviluppo insostenibile, malinteso, fatto a colpi di cemento ed asfalto, di grandi opere (spesso inutili, quando non dannose) e di ciò che io chiamo «i piccoli omicidi quotidiani». Penso, ad esempio, all'invasione degli infissi in alluminio anodizzato similoro, delle malefiche onduline di plexiglass, delle piastrelle colorate piazzate a rivestire le antiche pietre e degli edifici non finiti. A tal proposito, posso citare il famigerato «non finito calabro», uno stilema che è l'apoteosi della bruttezza, con i mattoni a vista e i ferri delle solettePag. 12sempre a vista chiamati oji o dimani, perché un domani si può sempre continuare a costruire (quasi sempre, ovviamente, in maniera abusiva).
Negli ultimi decenni questo sfregio del volto dell'Italia ha continuato, ma, come contrappunto, sono iniziate le battaglie degli ambientalisti, delle associazioni, dei comitati e di tanti cittadini sensibili e attenti alla bellezza e alla qualità del vivere. Queste battaglie non solo hanno contenuto i danni, ma hanno anche innescato un revival dei centri storici e dei borghi antichi.
Si è fatta strada una volontà di riscatto, di riqualificazione e di recupero, che non si traduce solo in una ritrovata attenzione verso il patrimonio architettonico, storico e culturale, ma anche nel recupero e nella rivalutazione di un'identità che oggi è più a rischio di estinzione del panda.
Il paesaggio - lo sappiamo - può essere visto come la proiezione esterna della psiche collettiva: in un certo senso, è «il di fuori del di dentro» e una lettura del degrado dei borghi, dei centri storici, del paesaggio italiano è innanzitutto una lettura del degrado socioculturale del «Bel Paese» (o ex «Bel Paese», se andiamo avanti di questo passo).
Dunque, è iniziata la fase della riscossa per un patrimonio di incredibile ricchezza. Pensate che l'Italia, senza contare i musei e i siti archeologici, ospita infatti 40 mila fra castelli e rocche, 27 mila ville storiche, 29.500 dimore storiche, 1.500 conventi, 95.100 chiese, spesso proprio all'interno del perimetro dei 19.700 centri storici sparsi nella nostra penisola.
Questo patrimonio culturale costituisce anche un grande magnete di attrazione turistica: un'indagine dell'ENIT del 2005 rivela che la componente culturale costituisce il motivo predominante della scelta della meta per le vacanze in ventiquattro tra i più importanti mercati dell'incoming del nostro Paese.
Lo hanno ben capito tanti paesi e borghi che in questi anni hanno fatto tesoro, letteralmente, dei propri giacimenti storici, artistici e culturali.
Cito due casi che conosco personalmente: penso al paese di Tricase, nel Salento, dove sono stata assessore per tre anni, che ha compiuto una scelta di tutela e recupero del centro storico, delle masserie rurali, del barocco leccese e, non ultima, dell'identità culturale salentina come perno del proprio sviluppo sostenibile: una vera e propria scommessa per il proprio futuro.
Penso anche al piccolo borgo storico di Abbateggio, ai piedi della Majella, di cui sono cittadina onoraria, che pure ha puntato con decisione sul recupero del centro antico, dei vecchi casali e della cultura locale. Purtroppo, questa estate tale borgo è stato colpito da una sciagurata serie di incendi, come tanti borghi e tanti piccoli comuni italiani, tanto che ha dovuto chiedere lo stato di calamità.
Cito questi due paesi perché ho partecipato in prima persona al loro rilancio, ma noi ambientalisti ne potremmo citare centinaia, migliaia, considerate le tante battaglie che abbiamo condotto su questo terreno per decenni.
Sono battaglie che hanno trovato un'eco positiva non solo nella legislazione italiana - lo diceva prima anche il relatore Bocci - ma anche in quella europea e questo provvedimento si inserisce alla perfezione, come un tassello, in questo filone europeo.
Cito solo la strategia tematica sull'ambiente urbano, presentata dalla Commissione europea l'11 gennaio 2006; le indicazioni fornite dal Consiglio europeo, che ha esplicitamente chiesto agli Stati membri di intensificare gli sforzi per garantire un'elevata qualità del tessuto urbano; penso agli strumenti ad hoc, come l'iniziativa comunitaria URBAN, varata per la prima volta nel 1994, che ha coinvolto - pensate - nel solo periodo 2000-2006 il 44 per cento della popolazione dell'Unione europea residente in aree urbane con più di cinquantamila abitanti, con particolare attenzione, ovviamente, ai centri storici (sono stati erogati circa 104 milioni di euro annui con cui sono stati realizzati progetti in 70 città, tra cui numerosi centri storici italiani).Pag. 13
Per quanto riguarda la legislazione italiana, si possono distinguere due periodi: il primo periodo è centrato sulla conservazione del patrimonio edilizio dei centri storici, con esclusione di interventi di recupero e trasformazione, a partire dalla famosa legge n. 1089 del 1939, fino alla legge n. 765 del 1967, che tutti noi conosciamo meglio come «legge ponte sull'urbanistica», che ha introdotto per la prima volta una specifica disciplina riferibile ai centri storici.
Possiamo invece far partire la seconda ondata di norme dal titolo V della legge n. 457 del 1978 - come si diceva prima - che si focalizza proprio sull'attuazione di interventi non solo conservativi, ma anche trasformativi. Citerei anche la legge n. 179 del 1992, che ha introdotto i programmi integrati di intervento cui faceva cenno anche il nostro relatore. Abbiamo sempre tenuto presente, peraltro, l'intero quadro normativo nel nostro lavoro.
In questo contesto europeo e nazionale, il testo unificato delle proposte di legge nn. 550, 764 e 824, di cui discutiamo oggi, va indubbiamente a colmare una lacuna. Esso aggiunge un tassello importante a questa grande opera - queste sono le grandi opere di riqualificazione dei centri storici e dei borghi antichi! - con estrema efficacia e semplicità. Sono solo due articoli, ma sono essenziali e, secondo me, possono mettere in moto una serie di meccanismi basati su due obiettivi estremamente chiari.
Il primo obiettivo è riconoscere appieno il ruolo che, in una moderna politica infrastrutturale, rivestono gli strumenti volontari di integrazione tra pubblico e privato, rafforzando, quindi, quella spinta culturale che permette di far concorrere anche il privato, sempre sotto il controllo e l'indirizzo pubblico, alla difesa e al recupero del proprio patrimonio edilizio ed urbanistico, rafforzando anche il senso di appartenenza e identità dei cittadini, spesso corroso e minacciato da una globalizzazione rampante.
Il secondo obiettivo, che emerge molto chiaramente dal testo unificato che abbiamo predisposto, è quello di stimolare le istituzioni, gli enti regionali e locali a varare politiche virtuose tese al risanamento e al recupero degli edifici, alla manutenzione straordinaria dei beni esistenti, al miglioramento degli arredi e dei servizi urbani. Di particolare importanza, in questi tempi di lotta al cambiamento climatico - fatemelo dire - dovrà essere anche la riqualificazione energetica e in termini di bioedilizia dei centri storici e dei borghi antichi; di questo aspetto la Commissione ambiente si è occupata anche in altri provvedimenti (vorrei citare anche io la legge sui piccoli comuni che abbiamo già varato all'unanimità in quest'aula).
Queste sono le vere grandi opere a cui il Paese si deve dedicare e di cui ha bisogno soprattutto il nostro Meridione e in questa direzione va il provvedimento in esame. Da parte dei Verdi, pertanto, vi è il totale appoggio e sostegno (Applausi dei deputati dei gruppi Verdi e L'Ulivo).
PRESIDENTE. La Presidenza e l'Assemblea salutano i partecipanti al corso di formazione «Percorsi di politica per le donne» di Roma, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
È iscritto a parlare l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.
FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, il testo che è oggi alla nostra attenzione può rappresentare, quando sarà definito, un segnale forte di una volontà condivisa da più parti politiche: la volontà di intervenire in modo innovativo nel settore delle politiche territoriali e delle politiche edilizie ed urbanistiche.
Le disposizioni, bene illustrate dal relatore, il collega Bocci, sono finalizzate a favorire progetti integrati di carattere pubblico e privato, a prescindere dalla natura del bene da tutelare e valorizzare, in quanto - è convinzione di tutti - questo interesse deve essere tutelato quand'anche si tratti di beni di grande pregio di privati cittadini.
Emerge, in questo testo, anche il ruolo fondamentale degli strumenti di integrazione tra pubblico e privato nell'ambito diPag. 14una moderna politica infrastrutturale, che deve vedere affiancati gli strumenti regolativi, non soltanto quelli unilaterali, nell'ottica di una necessaria e fattiva collaborazione tra cittadini ed istituzioni.
Mi sia consentito a questo proposito fare un riferimento all'esperienza diretta, relativamente ad una città vicina a quella dove abito, Carrara. Si tratta di un centro che in Toscana non è senz'altro il più affascinante dal punto di vista storico e architettonico; tuttavia, è un centro storico di un certo pregio, deturpato però ogni giorno dal transito di circa mille camion, che salgono e scendono per portare via blocchi di marmo, detriti e quant'altro dalle Alpi Apuane.
È difficile pensare in situazioni del genere alla salvaguardia, alla riqualificazione ambientale di un centro storico se prima non si interviene con opere infrastrutturali che possano permettere di bypassarlo. A tale proposito, si deve registrare un'esperienza positiva nella direzione di quella sinergia fra gli strumenti regolativi propri dell'ente locale e l'intervento di privati, in questo caso soprattutto gli industriali del marmo.
Ho voluto citare questo tipo di esperienza, che magari non si attaglia perfettamente al testo che abbiamo in discussione, per sottolineare come in questo nostro Paese, insieme a tanti problemi, abbiamo anche qualche opportunità e qualche esempio positivo; dunque si può offrire ai comuni la possibilità di individuare all'interno del perimetro del centro storico le zone di particolare pregio dal punto di vista della tutela dei beni architettonici e culturali nei quali avviare interventi integrati pubblici e privati finalizzati proprio alla riqualificazione urbana e a promuovere uno sviluppo che tenga insieme gli equilibri economici e sociali.
In tal modo, a mio avviso, il testo che è alla nostra attenzione si propone appunto di superare una difficoltà intrinseca, ovvero il fatto che vi è una diffusione capillare, in tutto il territorio nazionale, di veri e propri capolavori che spesso rischiano di rimanere nascosti e misconosciuti.
Ho, inoltre, la sensazione che questo testo riesca a cogliere almeno uno degli obiettivi che con esso ci si propone di raggiungere: quello della valorizzazione. Esso, infatti, incoraggia le istituzioni regionali e locali ad adottare politiche che - come si legge al comma 3 dell'articolo 1 - sostengano il risanamento, la conservazione e il recupero del patrimonio edilizio; il rilancio dell'attività di realizzazione di opere pubbliche o di interesse pubblico; la manutenzione straordinaria dei beni pubblici già esistenti da parte dell'ente locale; il miglioramento e l'adeguamento degli arredi e dei servizi urbani e gli interventi finalizzati al consolidamento statico ed antisismico degli edifici storici. Tutto questo si traduce nella rivalutazione, nel miglioramento e nello sviluppo del patrimonio culturale ed artistico del nostro territorio.
In questo senso, si va anche incontro ad una tendenza che emerge dalle rilevazioni statistiche più recenti, e cioè la propensione di molti nostri concittadini a tornare a vivere negli insediamenti di piccola e media dimensione: il piccolo centro viene, infatti, preferito alle vaste aree metropolitane in quanto più accogliente, più sicuro e più gradevole per lo stile di vita che offre. È una tendenza, questa, che è senz'altro favorita dallo sviluppo dei moderni strumenti di comunicazione, che permettono il telelavoro ed altre forme di impiego a distanza.
Vi è anche un altro aspetto: il fatto cioè che in Italia, al contrario di quanto avviene in altri Paesi, vi è un forte radicamento nel territorio d'origine, che costituisce una sorta di proiezione dello stesso senso di appartenenza alla Nazione.
Va detto, inoltre, che l'Italia è considerata «proprietaria» di circa i due terzi del patrimonio artistico del mondo: una mole di capolavori tale da renderla una sorta di grande museo all'aperto. Ed è proprio in direzione di questa grande realtà museale che si muove la proposta alla nostra attenzione: in questo immenso museo ci si può, infatti, aggirare fra le grandi città d'arte, ma anche fra i piccoliPag. 15centri, che sono veri e propri scrigni di tesori d'arte e di reminiscenze storiche.
In questo senso, quello che viene definito il «bel Paese» si rivela non solo davvero straordinario, ma anche straordinariamente mutevole, tanto dal punto di vista geografico quanto soprattutto sotto il profilo culturale. Nei secoli, infatti, nel nostro Paese si sono sovrapposti vari stadi di civiltà che si sono posati gli uni sugli altri: di qui il prezioso risultato che si riscontra oggi, e che risiede nella ricchezza e nella complessità delle lingue, dei dialetti e delle culture dei popoli e delle genti che vi abitano. Quindi, ricchezza e diversità: caratteristiche, queste, che si sono conservate e sviluppate nel tempo, e che sono state preservate a testimonianza dei grandi fasti del passato, per amore delle tradizioni, e forse anche per l'innata propensione al bello e all'arte che pare contraddistinguere noi italiani.
È innegabile che i borghi italiani siano dotati di un fascino e di una bellezza straordinari e che essi rappresentino un'enorme ricchezza che dobbiamo assolutamente custodire e valorizzare. Non si deve, dunque, sottovalutare il potenziale che queste realtà offrono: in ciò risiede il senso e la qualità del nostro Paese, anche nell'ottica dell'internazionalizzazione dei processi economici e produttivi (laddove, invece, si deve osservare che tali centri risultano oggi per lo più emarginati dal flusso dei visitatori e dei turisti).
Purtroppo - ed è questa la nota negativa da cui prende spunto l'iniziativa che ha portato al testo in discussione - gran parte di tali centri versa in condizioni di decadimento e di abbandono: essi sono, infatti, spesso trascurati dagli interventi infrastrutturali di riqualificazione urbana, che negli ultimi tempi hanno privilegiato l'edilizia residenziale. Sono centinaia i piccoli borghi che si trovano in tale situazione, anche se si deve osservare che una recente inchiesta giornalistica ha mostrato come il fenomeno sia presente addirittura a livello europeo: vi sono, infatti, testimonianze di borghi piccoli e grandi, e persino di isole, ove si tenta il ripopolamento magari utilizzando quell'enorme risorsa rappresentata dall'immigrazione, che in altri momenti e in altre situazioni viene avvertita, invece, come un rischio e come un pericolo.
Sono, dunque, centinaia - dicevo - i piccoli borghi che rischiano il degrado a causa di una situazione di marginalità rispetto agli interessi economici che gravitano intorno al movimento turistico e commerciale.
E allora, a fronte di tale pericolo e problema, la tutela e la valorizzazione di questi stessi centri è un impegno importante, al fine di garantire il mantenimento di un patrimonio di monumenti e di memoria che, altrimenti, rischia di andare irrimediabilmente perduto.
L'Italia «minore» - quella a volte meno conosciuta e nascosta, ma non per questo meno bella ed importante - rappresenta al meglio il dipanarsi della storia millenaria che ha lasciato i suoi segni indelebili soprattutto in quei luoghi rimasti ai margini dello sviluppo e della modernità a tutti i costi.
Per questo motivo, il gruppo dell'Italia dei Valori giudica positivamente il testo oggi in discussione, e anche se abbiamo presentato alcuni emendamenti che vogliamo considerare dal nostro punto di vista migliorativi, siamo pronti a sostenerlo adeguatamente (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori, L'Ulivo e Verdi).
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 550-A ed abbinate)
PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore ed il rappresentante del Governo rinunziano alla replica.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.