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Discussione del disegno di legge: S. 1236 - Conversione in legge del decreto-legge 27 dicembre 2006, n. 299, concernente l'abrogazione del comma 1343 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante disposizioni in materia di decorrenza del termine di prescrizione per la responsabilità amministrativa (Approvato dal Senato) (A.C. 2200) (ore 16,40).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno di reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge del decreto-legge 27 dicembre 2006, n. 299, concernente l'abrogazione del comma 1343 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre e 2006, n. 296, recante disposizioni in materia di decorrenza del termine di prescrizione per la responsabilità amministrativa.
Pag. 3(Discussione sulle linee generali - A.C. 2200)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare Forza Italia ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del regolamento.
Avverto, altresì, che la I Commissione (Affari costituzionali) si intende autorizzata a riferire oralmente.
La relatrice, onorevole Dato, ha facoltà di svolgere la relazione.
CINZIA DATO, Relatore. Signor Presidente, il disegno di legge in esame è volto alla conversione in legge del decreto-legge 27 dicembre 2006, n. 299, che ha disposto l'abrogazione del comma 1343 dell'articolo 1 della legge finanziaria del 2007.
Il comma reca disposizioni in materia di decorrenza dei termini di prescrizione per la responsabilità amministrativa. Il decreto-legge intende dunque abrogare una disposizione approvata dal Parlamento, prima che questa entri in vigore e produca effetti.
Ricordo che l'iniziativa del senatore che aveva presentato l'emendamento era volta a rivedere la materia della responsabilità amministrativa, rispondendo ad un problema molto avvertito, vale a dire quello della lunghezza dei tempi di giudizio. Tale emendamento era stato unanimemente respinto sia dalla maggioranza, sia dall'opposizione. Tuttavia, come chiarito dal rappresentante del Governo, per un mero errore ne era rimasta in finanziaria solo una piccola parte.
Già al Senato, si era tentato di espungere tale comma, ma, nonostante un iniziale accordo, questo tentativo non ha poi trovato il sostegno effettivo di due forze dell'opposizione.
Si è ritenuto quindi di ricorrere al decreto-legge, riconoscendo le condizioni straordinarie di necessità ed urgenza. Voglio ricordare che vi è un precedente analogo: già con riferimento alla legge finanziaria del 2006, allo stesso identico modo, il Governo precedente si era trovato a correggere una norma prima che essa sortisse effetti ed entrasse in vigore. Il ricorso al decreto-legge appare, quindi, non solo assolutamente legittimo, ma oltremodo tranquillizzante, perché la finanziaria entra in vigore in differita dal 1o gennaio, il decreto-legge in una data precedente, il 28 dicembre.
Il comma che ci accingiamo ad abrogare afferma un principio non approvato da nessuna delle forze politiche di maggioranza e di opposizione: non modifica il termine di prescrizione dei cinque anni, ma fa decorrere l'inizio di questo termine non dal momento in cui si produce il danno, ma da quello in cui è stata commessa l'azione illecita, cui si fa risalire la responsabilità del danno. Ora, questo principio non è accoglibile con ogni evidenza, prima di tutto perché il danno deve essere effettivo, reale e misurabile prima di ripercorrere la ricerca e l'individuazione delle responsabilità, ma anche per il buon senso. Se qualcuno di noi si trova ad adagiare un vaso sul davanzale, non commette di per sé un'azione illecita, ma l'avrebbe commessa nel momento in cui questo vaso, cadendo, dovesse procurare un danno; non si può, però, sostenere che, siccome quel vaso era lì da cinque anni, il danno non ha responsabili. Penso ancora, ad esempio, al crollo di una scuola, disastro che purtroppo abbiamo vissuto in anni recenti; se per caso lo si dovesse addebitare ad un errore nella costruzione o nella ristrutturazione dell'edificio e si dovesse far partire la prescrizione dal momento in cui il comportamento illecito è stato prodotto e non dal momento in cui si è prodotto il danno, evidentemente ci troveremmo, di fatto, a dover rischiare di considerare la responsabilità una pura evenienza e non una precisa possibilità di individuazione delle colpe.
Inoltre, come si evince da un'informativa della Corte dei conti, questo comma produrrebbe effetti gravissimi, in quanto produrrebbe un'ingente perdita di gettito per l'erario: è proprio tale motivo che, tra l'altro, rende in partenza la norma improponibilePag. 4in finanziaria, nella quale, come ho già detto, si è trovata per un puro errore.
Come ho ricordato, si è già fatto ricorso allo strumento del decreto-legge per evitare che una norma contenuta nella legge finanziaria potesse produrre effetti e, inoltre, vi è un altro precedente di intervento nella legge finanziaria su questa materia. L'inopportuno emendamento pone però all'attenzione di tutti noi una questione di sicura importanza, su cui tutti insieme dovremmo riflettere in modo proficuo. La materia della responsabilità amministrativa è stata riordinata dalla legge n. 20 del 1994, in una stagione di grandi riforme delle autonomie locali e sono state proprio le autonomie locali a richiedere che su una classe di amministratori non gravasse questa «spada di Damocle», con giudizi decennali, interminabili, che proseguivano anche dopo molti anni che l'amministratore non ricopriva più alcun incarico e che, addirittura, rischiavano di ricadere nella responsabilità degli eredi.
Con la legge del 1994 venne ridata una sistemazione a tutta questa materia, ma non vi è dubbio che i tempi del giudizio sono troppo lunghi ancora oggi e che sulla materia sarà doveroso e necessario intervenire. Tuttavia, non si ritiene opportuno che lo si faccia all'interno di una legge finanziaria e, secondo un giudizio generalizzato, non è assolutamente opportuno farlo agendo sui tempi di prescrizione.
Il provvedimento giunge dal Senato, dove è stato approvato con una assoluta unanimità; inoltre, non mi pare siano stati presentati emendamenti. Ci auguriamo pertanto una rapida approvazione.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
LUIGI SCOTTI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Grazie, Presidente. Auspico che il decreto sia convertito rapidamente in legge. Le varie obiezioni che ho sentito muovere al Senato, dove ho seguito l'iter di questo provvedimento, possono essere superate sul piano sistematico, su quello formale e su quello pratico.
Sul piano sistematico osservo che una legge, una volta perfezionata in tutti i suoi aspetti, promulgata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, ha una sua completezza. L'efficacia, però, è altra cosa e, quindi, l'obiezione secondo cui non si può abrogare o comunque modificare una legge prima ancora che essa abbia efficacia non ha un valore sistematico.
In secondo luogo, il Parlamento non può essere privato della sua facoltà di rivedere quanto già approvato in precedenza, prima ancora che la legge da rivedere diventi efficace. Sarebbe una limitazione o comunque una non giustificabile limitazione dei poteri di iniziativa del Parlamento stesso.
In terzo luogo sotto il profilo pratico, attendere l'entrata in vigore della disposizione per poi procedere alla sua modifica o alla sua abrogazione darebbe pur sempre uno spazio temporale, per quanto minimo, nel quale si potrebbero produrre determinati effetti, come ad esempio la maturazione di una prescrizione, secondo la legge o secondo la norma da riformare.
Sono tutti motivi validi affinché non vi sia alcuna perplessità circa la conversione in legge del decreto-legge.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Stucchi. Ne ha facoltà.
GIACOMO STUCCHI. Grazie, Presidente. Questo pomeriggio discutiamo la conversione in legge del decreto-legge n. 299 del 2006 e diciamo che la discussione svoltasi al Senato ha aperto gli occhi un po' a tutti, nel senso che ha posto in evidenza alcune questioni, che sono state sviscerate e analizzate in modo approfondito, facendo emergere la realtà, il perché si è dovuto intervenire con questo decreto-legge.
Apprezzo la collega Dato, che credo sia una delle colleghe più preparate all'interno di questa Assemblea, ma mi sembra che lei abbia voluto nascondere le responsabilità che il Governo ha avuto nella questione, mentre invece io credo che nel corso della gestione della legge finanziaria qualcuno abbia cercato di fare il furboPag. 5senza riuscirci. Comprendo che in quel momento la confusione era enorme nella maggioranza, ma la frittata è stata fatta e dobbiamo soltanto prenderne atto, colleghi, senza eccessivi drammi, perché si è trattato di un maldestro tentativo non riuscito.
Sicuramente non saremo noi a strumentalizzare la questione.
Mi domando, però, quale sarebbe stata la reazione dei colleghi dell'allora opposizione - oggi maggioranza - se un errore simile fosse stato commesso nella passata legislatura. Vedremo! Nessuno può avere certezze su questa ipotesi: è una domanda che rimarrà per i posteri.
È importante, però, dire un'altra cosa: forse, una norma così importante e dirompente - mi rivolgo ai colleghi della maggioranza, affinché cerchino al loro interno - qualche appoggio, da parte di un ministro o di un viceministro, deve averlo avuto. Se è vero che, come ho ricordato prima, in quel periodo, vi era una estrema confusione, tuttavia qualcuno ne ha approfittato, facendo approvare un emendamento che non ci doveva essere; ma tant'è: ciò è accaduto!
Di fronte ad una situazione di questo tipo, il Governo ha optato per un decreto-legge che abrogasse quel comma prima della sua entrata in vigore. Credo sia stata una scelta giusta, perché gli effetti sarebbero stati dirompenti.
Non sono d'accordo su quanto diceva prima la collega Dato con riferimento al danno ingente: probabilmente, l'allarme del procuratore generale era, non dico infondato, ma quantomeno basato su un ragionamento complessivo che, però, non guardava ai risultati dei vari accertamenti e al recupero dei fondi, che sono molto limitati. Infatti, sempre dai dati della Corte dei conti, emerge che viene recuperato solo il 3 per cento delle somme che determinati soggetti sono stati condannati a pagare. Quindi, occorre tenere in considerazione anche tale questione. Magari riusciremo a condividere altri passaggi della lettera del procuratore generale della Corte dei conti. Tuttavia, in ordine a questo fatto, pur richiamando un aspetto importante, guardiamo alla realtà. E la realtà ci dice - ahimè - che questi fondi non vengono recuperati.
Di fronte a una situazione di questo tipo, la cosa migliore è proprio quella di intervenire immediatamente per espungere questa disposizione della legge finanziaria, al fine di impedire che la stessa entri in vigore.
Credo, peraltro, che al Senato il senatore Fuda abbia spiegato la genesi di questo emendamento e le sue finalità; quindi, non vi sono ulteriori disquisizioni da fare. Non resta che biasimare, dal punto di vista politico, quello che sicuramente è stato un errore di gestione della legge finanziaria, che poteva magari essere risolto con un ulteriore passaggio del provvedimento tra Camera e Senato, da Natale a Capodanno. Ma si è preferito seguire la strada del decreto-legge: poco importa! L'importante è, comunque, riuscire a raggiungere l'obiettivo prefissato.
È necessario, però, che ci sia un maggior coordinamento, un miglior modo di lavorare, soprattutto su provvedimenti complessi come la legge finanziaria, da parte della maggioranza e di tutto il Parlamento. Quindi, non mi rivolgo solo alla maggioranza e al Governo, che hanno proposto emendamenti all'ultimo minuto: questo lo fanno tutti i Governi, non scopriamo sicuramente l'acqua calda.
Tuttavia, una gestione oculata avrebbe prevenuto un evento di questo tipo e, forse, ciò ci spinge anche a riproporre un ragionamento svolto tante volte in quest'aula, in ordine alla necessità di rivedere i meccanismi della legge di bilancio, troppo macchinosi. Vi è troppa confusione e spesso sono inseriti nella legge finanziaria provvedimenti che nulla c'entrano con le disposizioni attinenti al bilancio dello Stato. Dico ciò anche considerando lo spirito iniziale, nonché i criteri e i principi che furono stabiliti per gestire in Parlamento l'approvazione delle leggi di bilancio dello Stato e finanziaria.
Ho solo un dubbio, e mi rivolgo soprattutto al sottosegretario Scotti. Resta in me il dubbio della possibile applicazione del principio del favor rei: magari, nePag. 6potremmo discutere nelle prossime sedute dell'Assemblea dedicate a questo argomento. Se il Governo, in quella sede, riuscisse a fugare anche questo dubbio, credo che il nostro voto favorevole sul provvedimento - che già preannuncio, anche se siamo in fase di discussione sulle linee generali - sarebbe ancora più convinto.
In conclusione, vorrei dire che resta comunque il biasimo per questa condotta così approssimativa della legge finanziaria che noi, con questo decreto-legge, stiamo cercando di attutire mettendo una «pezza» per risolvere un problema.
Infatti, per essere la prima legge finanziaria di questo Governo, sicuramente si sono palesati non pochi problemi. Forse, sarebbe opportuna una revisione delle disposizioni che regolamentano la legge finanziaria, anche se non credo che sia possibile arrivarci prima dell'esame della prossima legge finanziaria, quella relativa al 2008. Io me lo auguro; tuttavia, conoscendo i parlamentari, ritengo improbabile che ci riusciremo. Auspico, invece, che entro la prossima legge finanziaria ci sia un maggiore coordinamento, nell'interesse di tutti i colleghi parlamentari, e l'opportunità di capire appieno ogni emendamento, prima che venga posto in votazione.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.
FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, l'Assemblea oggi è impegnata nella discussione di questo disegno di legge di conversione di un decreto-legge particolarmente sofferto non tanto per il relativo testo, quanto per le motivazioni che lo riguardano.
Il decreto è stato approvato all'indomani del Natale, proprio a segnalare l'urgenza che si era determinata a causa di un comma misteriosamente apparso tra le righe della legge finanziaria. Non si sa chi materialmente l'abbia inserito; la cosiddetta «manina» che ha operato non è stata riconosciuta. Certo, è stato facile poi, nella vulgata, fare riferimento al senatore Fuda. Però, onestamente, in quel caso fu votato un emendamento - lo voglio ricordare - del Governo. Si trattava di un maxiemendamento che faceva propria una parte di un emendamento presentato dal senatore Fuda stesso. Sicuramente, questo emendamento non poteva essere prodotto da «cattive» intenzioni, ma nella pratica ha creato non pochi problemi ed imbarazzi.
Questo emendamento avrebbe di fatto sensibilmente ridotto i termini di prescrizione dei diritti della pubblica amministrazione, a risarcimento del danno in conseguenza di responsabilità amministrativa. Infatti, pur rimanendo invariata la durata della prescrizione - 5 anni - sarebbe stato anticipato il momento di decorrenza del termine.
Questo infatti era il risultato della sostituzione delle parole: «(...) si è verificato il fatto dannoso», come è scritto nella legge n. 20 delle 1994, con la frase contenuta nel comma 1343: «(...) si è realizzato il fatto che ha generato il danno». L'esemplificazione che ne ha fatto la relatrice, la collega Cinzia Dato, mi esime dall'illustrare ulteriormente l'emendamento in questione.
Tuttavia, ciò che mi preme sottolineare è che questo avrebbe significato che i termini di prescrizione avrebbero cominciato a decorrere non più dal momento del fatto dannoso e - per intenderci - dall'erogazione di una somma stabilita, cioè dal momento di una deliberazione da parte di una pubblica amministrazione, ma da quello della condotta, vale a dire - per l'appunto - della delibera dell'erogazione, ossia da un momento certamente antecedente.
La questione non è soltanto questa, ma anche il fatto che la perseguibilità futura di tali illeciti sarebbe stata compromessa, come ha ricordato il procuratore generale della Corte dei conti, il dottor Claudio De Rosa. Lo stesso De Rosa ha poi fatto pervenire direttamente al Ministero dell'economia una stima di quanto sarebbe costata all'erario l'operazione messa a punto dal comma 1343 della legge finanziaria 2007: sulla base dei dati relativi alPag. 7periodo 2001-2006, la Corte dei conti ha sommato i procedimenti oggetto di prescrizione, i quali sarebbe stati ben 3.475, per una cifra che si aggira intorno agli 815 milioni di euro. A questi poi si sarebbero dovuti aggiungere le rivalutazioni monetarie, gli interessi legali, le spese di giustizia per arrivare ad una cifra che qualcuno ha inteso stimare intorno ai 3 miliardi di euro di minori entrate per l'erario.
Il decreto-legge del 27 dicembre, quindi, ha cancellato il comma contestato e ha così scongiurato un vero e proprio colpo di spugna per quanto riguarda le responsabilità dei dipendenti ed amministratori pubblici; una scelta che il gruppo de l'Italia dei valori ha giudicato sconsiderata e totalmente discutibile e che, dunque, è stata evitata con questo provvedimento oggi alla nostra attenzione, anche se non risulta chiaro - è già stato sottolineato e lo sottolineo ancora una volta - a chi attribuire la responsabilità di avere introdotto il comma fantasma nel maxiemendamento della legge finanziaria su cui poi è stata posta la questione di fiducia.
In particolare, sarebbe utile chiarire se si sia trattato davvero di un errore, come mi sembrava fosse incline a considerare la relatrice, oppure se si sia scritto inavvertitamente ciò che non si voleva scrivere oppure se si sia trattato di un tentativo - sarebbe estremamente grave - di favorire in questo momento chi ha problemi con la giustizia amministrativa. Se fosse vera questa seconda ipotesi, il fatto sarebbe sintomo di una pessima tendenza ad usare il potere politico per sistemare pendenze giudiziarie.
Si tratterebbe per noi del gruppo dell'Italia dei Valori di un fatto assolutamente grave, soprattutto per chi vuole affermare un elemento di discontinuità in ambito giudiziario (ovviamente, siamo impegnati non solo in ambito giudiziario) con la passata legislatura.
Inoltre, si porrebbe un problema di vigilanza sui provvedimenti disposti in sede governativa, perché, questa volta, l'errore è stato scovato, ma, in futuro, potrebbe andare diversamente.
La questione del comma fantasma non credo dovrebbe chiudersi semplicemente con l'approvazione del decreto-legge.
Il nostro gruppo ha già tentato un'opera di chiarificazione nell'altro ramo del Parlamento ed era questo il senso di un intervento dell'Italia dei valori che impegnava il Governo a riferire in Parlamento entro 60 giorni dall'approvazione della legge di conversione del decreto-legge sulle responsabilità penali inerenti l'inserimento del comma 1343 nella legge finanziaria per il 2007 ed a rendere noti i nomi dei cittadini italiani che avrebbero beneficiato della norma.
L'episodio del comma fantasma impone tutta una serie di riflessioni ulteriori, perché la questione indirettamente si collega ad un altro tema fortemente discusso e particolarmente delicato ed importante, quello della responsabilità degli amministratori e dei direttori generali delle società a partecipazione pubblica.
La giurisprudenza, infatti, sta discutendo se l'accertamento di responsabilità di questi soggetti ricada esclusivamente sotto la giurisdizione della Corte dei conti o se, invece, spetti anche o solo alla giurisdizione ordinaria intervenire.
La scelta ha importanti implicazioni, perché la responsabilità amministrativa, quella cioè accertata dal giudice della Corte dei conti, risulta significativamente meno gravosa di quella derivante dal diritto privato societario. Servirà, probabilmente, un intervento legislativo per risolvere la controversia tra giuristi, ma diventa allora importante capire in quale direzione dovrebbe muoversi il legislatore ovvero noi stessi.
La questione, in altri termini, è quella di definire una misura della responsabilità per gli amministratori pubblici che sia in grado di coniugare il conseguimento della finalità pubblica con l'esigenza di realizzare una gestione efficiente.
L'obiettivo deve essere quello di creare le premesse affinché le società pubbliche siano spinte ad ottenere risultati migliori sia in termini di quantità e qualità dei beni e servizi prodotti sia in termini di risultato gestionale, con riflessi positiviPag. 8sulle tariffe e sui conti pubblici; il che, generalmente, significa maggiore responsabilità.
Credo che abbiamo tutti presente la necessità di diminuire i tempi del giudizio anche di fronte alla Corte dei conti (non soltanto per quanto riguarda la giustizia ordinaria). In questo caso, quand'anche l'emendamento fosse stato sostenuto dalle migliori intenzioni, avremmo inciso sugli effetti e non sulle cause di questi tempi.
Quindi, per concludere, rispetto al decreto-legge che questa Assemblea si appresta a convertire, anticipo un giudizio positivo sul contenuto di tale provvedimento. Il Governo può stare tranquillo, dunque, perché potrà contare sul sostegno del gruppo dell'Italia dei Valori su questo intervento, certamente tempestivo, che è riuscito a porre riparo ad un grave errore.
Noi, però, vogliamo ragionare anche sull'errore che si era determinato. In questo modo, infatti, il Governo dimostrerà sicuramente l'effettiva volontà di porre in essere quella discontinuità che poco fa ho richiamato.
Preannuncio, pertanto, il voto favorevole del gruppo Italia dei Valori sul disegno di legge di conversione del decreto-legge 27 dicembre 2006, n. 299.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Leone. Ne ha facoltà.
ANTONIO LEONE. Signor Presidente, la freddezza e le perplessità del gruppo cui appartengo sul provvedimento in esame scaturiscono da alcune circostanze, che mi permetto di illustrare brevemente.
In primis, mi fa piacere che il presidente Scotti sia così sereno nel ritenere che lo strumento cui si sta ricorrendo sia quello giusto. Io, sommessamente e pacatamente, mi permetterei quantomeno di sottoporre un dubbio a lei, presidente - e, conseguentemente, anche all'Assemblea -, in relazione al fatto che stiamo per abrogare una norma che non c'è, poiché non esisteva ancora al momento dell'adozione del provvedimento in esame. Basti solo questo per «inculcare» il dubbio che, ove mai lo strumento usato non fosse quello giusto, esso potrebbe produrre una serie di conseguenze catastrofiche, poiché potrebbero determinare un danno eguale rispetto a quello che si intende eliminare con la «abrogazione» della disposizione in questione.
Vorrei evidenziare, pertanto, la superficialità con la quale si è affrontato il problema, legato a quel famoso melius re perpensa che gran parte della maggioranza ha tirato fuori nel momento in cui era stata approvata questa nefanda norma, che porta la firma - o si è tentato di farvi portare la firma - del «povero» senatore Fuda.
Così non è, però: lo stesso senatore Fuda, infatti, in sede di esame del presente provvedimento da parte del Senato, ha negato di essere l'autore di questa norma, essendo le sue intenzioni legate alla prima formulazione della sua proposta emendativa, che non risulta essere eguale a quella che, successivamente, è stata portata all'attenzione del Parlamento con il maxiemendamento governativo.
Ne è la riprova tutto quello che è accaduto. Voglio ricordare al collega Evangelisti - il quale, peraltro, appartiene a quel partito che per primo si «inalberò» quando venne approvata tale disposizione - che stiamo ancora aspettando le «indagini» del ministro Di Pietro. Evidentemente, da quando non fa più il magistrato ha perso la mano e non riesce a portare a termine le indagini!
Non so se tutti quanti ricordano che il ministro Di Pietro disse che sarebbe stata aperta un'inchiesta per vedere di chi era la mano che aveva inserito nel famoso maxiemendamento questa nefanda norma! Stiamo ancora aspettando l'esito delle indagini, poiché c'è ancora un «palleggiamento» di responsabilità! Quello che ha sostenuto il sottosegretario Lettieri al Senato è ridicolo, perché ha detto che, per un mero errore...
FABIO EVANGELISTI. C'è un'intera legislatura! Non cade in prescrizione, stai tranquillo...!
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ANTONIO LEONE. Se non cade in prescrizione, allora stiamo aspettando con ansia!
Nel frattempo, vorremmo che fosse fatta un'ammenda di natura diversa. Sapete qual è la cosa più brutta che è accaduta con questa norma? Nel momento in cui è stata approvato dal Parlamento quel comma, infatti, è stato arrecato un danno all'Erario - così come è stato certificato dal presidente della Corte dei conti - di 2 miliardi e 700 milioni di euro!
Mi volete dire, allora, come vengono calcolati i saldi del disegno legge finanziaria? In altri termini, adesso scopriamo che con quella disposizione, che il Governo ha inserito nel testo del maxiemendamento che ha fatto votare dal Parlamento, l'Erario avrebbe subito un danno 2 miliardi e 700 milioni di euro, ma nessuno dice niente! I saldi che ci hanno presentato sono uguali a quelli che ci ritroviamo oggi, una volta decurtato questo danno. In realtà, possono essere anche maggiori, ma sto parlando del metodo con il quale vengono sottoposti all'attenzione del Parlamento i saldi e le coperture contabili della nefasta legge finanziaria composta da 1.400 commi (forse, ciò è legato a questo modo di operare e che la legge italiana, purtroppo, consente).
Di questo nessuno parla, così come non si parla del fatto che, dalla relazione del presidente della Corte dei conti, emergono molte altre considerazioni che, guarda caso, rilevano che tale norma è sorta per quel vezzo, tanto attribuito al centrodestra nella scorsa legislatura, di approvare qualche disposizione ad personam. Infatti, lo stesso procuratore generale lamenta che, ove mai questa norma prendesse corpo e diventasse efficace, sarebbe vanificato il recupero di quei 32 milioni di euro che scaturirebbero da una condanna nei confronti del comune di Roma. Questa non è una norma ad personam, ma è sempre un errore che stato commesso, così come per tanti altri casi che potremmo andare a spulciare e a sottoporre all'attenzione del Parlamento e del gruppo cui appartiene il collega Evangelisti, che tra l'altro stimo tantissimo.
Andrebbe fatta qualche altra modifica, perché è sfuggito un aspetto. In particolare, è sfuggito al relatore - e me ne dispiace -, quando ha detto che non ci sono emendamenti; in realtà, c'è un emendamento a prima firma del sottoscritto ...
CINZIA DATO, Relatore. Ne sono stata informata in questo momento...
ANTONIO LEONE. Mi riferisco al completamento di quello che è stato perpetrato con questa norma che noi, oggi, andiamo ad abrogare e che riguarda la confisca dei beni legati alle condanne per abusi d'ufficio nei confronti dei pubblici amministratori.
A causa di un altro strano meccanismo, al comma 220 dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2007, in cui si parla di confisca dei beni scaturenti da tutta una serie di reati, viene «fatto fuori» il reato di abuso di ufficio (tra l'altro, nella prima versione approvata alla Camera in prima lettura, c'era; è «saltato» al Senato per qualche altra distrazione e non è stato più riproposto all'interno del maxiemendamento).
Una nostra riserva, legata alla condivisione totale di questo provvedimento, riguarda proprio il nostro desiderio che si completi l'opera e che, attraverso il nostro emendamento, si inserisca, all'interno di quell'elenco di reati per cui è prevista la confisca dei beni, anche l'abuso d'ufficio; altrimenti, il tutto potrebbe avere veramente il sapore di un premio alla illegalità da parte dei pubblici amministratori, un premio legato al passare del tempo, anche attraverso quel comma che ci viene proposto di abrogare, e ad una differenza di valutazione dei vari reati.
Questo non lo vogliamo. Noi vogliamo che all'opera, cui tanto si è «appigliato» il centrosinistra quando si è «accorto» dell'esistenza della norma che stiamo per abrogare, si affianchi l'ulteriore «abrogazione», l'inserimento di un reato tanto odioso quanto gli altri inseriti all'articolo 1, comma 220, della legge finanziaria.Pag. 10
Sono queste le nostre riserve e perplessità, dovute a motivi di chiarezza sulla paternità di quanto accaduto e sulla bontà dello strumento utilizzato per abrogare una norma che oggi nessuno vuole, ma che era voluta nel momento in cui è stata inserita subdolamente nella legge finanziaria. In proposito, vogliamo una risposta netta e precisa; inoltre, vogliamo che la maggioranza condivida il nostro emendamento per completare l'opera cui oggi si «appiglia», ma che per mera distrazione non è stata in grado di completare con il decreto-legge portato alla nostra attenzione.
All'esito di questi chiarimenti è legato l'atteggiamento del gruppo di Forza Italia.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Giachetti. Ne ha facoltà.
ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, sarò molto rapido perché credo che gli interventi del relatore e dei colleghi abbiano reso un quadro più che esaustivo sulla materia.
Vorrei riagganciarmi ad alcune questioni ed innanzitutto all'effettiva utilità di questo intervento legislativo nonché alla sua capacità di raggiungere l'obiettivo prefissato. In proposito, ho ascoltato le parole del sottosegretario che ritengo più che convincenti. Comunque, nel nostro ordinamento gli unici vagli relativi alla costituzionalità delle leggi sono quelli che fanno capo al Parlamento, in caso di decreti, per deliberare in fase preventiva in merito alla loro necessità ed urgenza, oppure alla Corte costituzionale, qualora gli organi competenti sollevino l'eccezione di costituzionalità.
Per il resto siamo in una situazione in cui gli intenti del Governo sono chiarissimi, come è stato ricordato. Tuttavia, auspico che l'iter legislativo consenta di raggiungere l'obiettivo prefissato.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, a mio avviso dovremmo anche compiere un'operazione di verità. Negli ultimi anni in modo particolare, l'esame della legge finanziaria, al di là dei Governi che si sono succeduti e che hanno presentato la manovra di bilancio, ha impegnato il Parlamento tra grandi difficoltà. Non di rado si è parlato di umiliazione del Parlamento in quanto spesso si è arrivati alla richiesta di voti di fiducia. Non a caso una riflessione su come la manovra di bilancio viene proposta e soprattutto esaminata nelle aule parlamentari è all'ordine del giorno ed infatti da più parti si sta ragionando, con reciproca disponibilità tra maggioranza ed opposizione, per individuare alcuni correttivi ed evitare che la confusione continui a regnare così come accaduto negli ultimi anni.
Ebbene, ritengo che la norma relativa a questo provvedimento sia sostanzialmente il frutto della confusione che ha regnato nelle aule parlamentari a causa della complessità del procedimento e della manovra. La norma, infatti, non ha nulla a che vedere con l'efficacia della manovra stessa dal punto di vista economico e dello sviluppo del nostro Paese. Comunque, in merito alla formazione del provvedimento di bilancio, auspico che sia possibile introdurre immediatamente almeno alcuni piccoli correttivi e che tali modifiche consentano di evitare incongruenze come quella verificatasi per la norma di cui ci stiamo occupando.
Tuttavia, signor Presidente, l'Italia è un paese strano. Non avviene spesso, nel nostro Paese ed in particolare all'interno delle sue istituzioni, che chi commette un errore ne prenda atto e vi ponga immediatamente rimedio. Ebbene, credo che sia accaduto questo, anche per sgombrare il campo dalle chiacchiere sgradevoli (per usare un eufemismo) e dai sospetti che continuano a circolare nelle aule parlamentari riguardo ai veri motivi che hanno portato all'inserimento di una certa norma in un provvedimento come la legge finanziaria.
Noi sappiamo perfettamente che in quel contesto, evidentemente, vi è stato un errore; in ogni caso, il Governo - appena si è reso conto di uno sbaglio che prescindeva dalla sua volontà, essendo probabilmente il frutto di ripetuti passaggi - ha immediatamente dichiarato di voler intervenire per modificare l'errore attraversoPag. 11il percorso parlamentare che più riteneva adeguato. Al riguardo, credo che il Governo abbia tutto il diritto di individuare il percorso più adeguato, anche ricordando come siamo arrivati all'approvazione della legge finanziaria in quel contesto; in ogni caso, immediatamente ha dato coerenza alla dichiarazione resa presentando un decreto-legge per correggere l'errore commesso.
Il Governo può essere criticato su molteplici aspetti e il collega Leone è libero di giudicare pesantemente la manovra economica, ma bisogna anche riconoscere che immediatamente e con coerenza sono state adottate misure per correggere un errore materiale appena ci è resi conto della sua esistenza. Tale riconoscimento, probabilmente, sarebbe la cosa più giusta da fare; invece in quest'aula si lanciano ancora messaggi, più o meno trasversali, sulla teorica utilità di questa manovra.
Al riguardo, vorrei tranquillizzare in modo particolare il collega Leone, poiché né la maggioranza né l'Esecutivo che governa oggi il Paese amano gli scudi fiscali, i condoni e le decisioni legislative utili a risolvere i «problemini» - anteriori o, addirittura, futuri - di qualche appartenente alla maggioranza o al Governo. Noi siamo quelli che abbiamo combattuto e continueremo a combattere questo modo di procedere; appena ci accorgiamo dell'esistenza di una norma che potrebbe alimentare un sospetto di questo tipo interveniamo immediatamente per correggerla.
Quindi, se ne faccia una ragione il collega Leone poiché non è certo questa la nostra storia; noi, invece di seminare parole che magari intendono colpire indiscriminatamente e senza alcun fondamento alcune persone, diciamo chiaramente ciò che pensiamo. Questo è accaduto in materia di condoni e di provvedimenti riguardanti la giustizia; in quelle occasioni sono stati fatti nomi e cognomi, anche quando si stavano discutendo provvedimenti che, certamente, avrebbero procurato vistosi guadagni a qualcuno. Per esempio, quando si decise di abolire completamente la tassa di successione anche riguardo ai grandi patrimoni noi, signor Presidente, quantificammo quante migliaia di miliardi il presidente Berlusconi e la sua famiglia avrebbero risparmiato, guadagnato attraverso quella disposizione legislativa. In quel caso non siamo stati contraddetti perché si aveva a che fare con una realtà; diciamo che tra i tanti beneficiari di quella norma un soggetto, sicuramente, si vide riconosciuti molti vantaggi. In quel caso si fece nome e cognome, quindi il collega Leone, invece di pronunciare frasi anche all'interno di quest'aula, dovrebbe fare i nomi delle persone che egli ritiene sarebbero beneficate da una norma del genere, che, peraltro, viene abrogata dalla stessa maggioranza.
Penso che il Parlamento abbia bisogno di tutto, tranne che di frasi al vento e di «chiacchiericci». Al contrario, in modo responsabile bisognerebbe prendere positivamente atto del fatto che, essendo stato individuato un errore frutto esclusivamente della confusione - e a tal fine sarebbe utile modificare le procedure per evitare ulteriori incidenti tra qualche mese - si sta cercando di porvi rimedio, evitando di fare riferimento a ciò che si sostiene noi vorremmo perpetrare.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 2200)
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, onorevole Dato.
CINZIA DATO, Relatore. La ringrazio Presidente, e ringrazio anche il rappresentante del Governo per i chiarimenti offertici. Vorrei rispondere brevemente all'onorevole Stucchi, che ringrazio anch'egli per i gentili giudizi espressi, il quale si interrogava sulla «responsabilità», mentre l'onorevole Leone parlava di «paternità».
Riguardo alla responsabilità politica non vi è dubbio: vi è la responsabilità politica di un errore e ce la siamo assuntaPag. 12così tanto che siamo intervenuti immediatamente. Il resto rimane a disposizione della funzione ispettiva del Parlamento nei confronti del Governo, che, quindi, potrebbe essere interrogato in modo specifico su questo argomento da chiunque volesse.
Voglio poi ricordare agli onorevoli Stucchi e Leone che nella legge finanziaria per il 2006, varata dal loro Governo, abbiamo un esempio di intervento in questa materia, con quello che risulta essere, di fatto, un condono. In modo particolare, si veda la legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria per il 2006), all'articolo 1 nei commi 231 e 233, dove si affronta il tema di una definizione agevolata nei giudizi di responsabilità della Corte dei conti. Si tratta in sostanza di un parziale condono realizzato attraverso una sorta di patteggiamento, che mal si concilia con il rispetto dei principi di certezza del diritto, di parità di trattamento e di uguaglianza tra i cittadini, ma che comunque diminuisce enormemente il danno da rifondere eventualmente all'amministrazione.
Abbiamo - lo ripeto - ad opera del vostro Governo di centrodestra, della vostra maggioranza, nella vostra finanziaria una misura che rappresenta di fatto una sorta di condono in materia di responsabilità amministrativa. Noi non abbiamo fatto questo, non abbiamo inteso farlo, non lo ha inteso fare neanche il senatore Fuda, che - voglio ricordare all'onorevole Leone - ha disconosciuto, è vero, solo quel che rimane per errore di un suo originario, molto complesso, emendamento espunto. Quindi, non è vero che ha disconosciuto l'emendamento: tutt'altro, ha riconosciuto di voler proporre un intervento in una materia nella quale dovremmo intervenire, pur disconoscendo quel che rimane del suo emendamento.
A proposito del dubbio del favor rei, vorrei rispondere all'onorevole Stucchi con due argomenti: in primo luogo, si tratta di una norma che non ha prodotto effetti giuridici, mai, in nessun momento, e che non ha avuto vigenza; in secondo luogo, che il favor rei è una norma applicabile alla sola legge penale, come è espresso dall'articolo 2, comma 2, del codice penale, e che non è in alcun modo menzionata nel caso di responsabilità di altra natura.
In risposta all'intervento dell'onorevole Evangelisti, e condividendo le dichiarazioni espresse dall'onorevole Giachetti, credo che tutti siamo d'accordo sul fatto che le procedure della legge finanziaria e della manovra economica vadano riviste, poiché sappiamo quanto sia difficile e complesso affrontare una manovra finanziaria, che è necessaria ma che tutti riconosciamo essere divenuta un provvedimento omnibus, che tende ad ospitare anche leggi di sistema, leggi organiche che non è possibile pensare di varare attraverso questo strumento.
Voglio rispondere anche all'onorevole Leone, che si preoccupa degli effetti possibili di una legge che interviene ad abrogare una norma che non è ancora entrata in vigore, che esiste un precedente del loro Governo anche in questo caso: si tratta del decreto-legge 29 dicembre 2003, n. 356, recante abrogazione del comma 78 dell'articolo 3 della legge 24 dicembre 2003 n. 350, vale a dire la legge finanziaria per il 2004.
Siamo quindi confortati da un precedente assolutamente identico, relativo, ripeto, alla finanziaria per il 2004 del precedente Governo. Rispetto poi al dubbio se sia possibile abrogare una norma quando essa non ha ancora prodotto i suoi effetti, è parere abbastanza generalizzato che non si possa privare il Parlamento della facoltà di rivedere un proprio deliberato, né che si possa condizionare l'esercizio di tale potere all'attesa dell'entrata in vigore della norma. Teniamo presente peraltro che, ipoteticamente, vi potrebbe essere una tale norma, la cui entrata in vigore, la cui produzione effettiva di effetti dipenda da una seconda norma, e allora, cosa si fa? Non la si può abrogare, se si decide di farlo prima che entri in vigore l'altra norma che la rende esecutiva ai fini degli effetti prodotti?
Sembra quindi un dubbio del tutto accademico, peraltro già ampiamente risolto in sede di disciplina e di dibattito.
PRESIDENTE. Assistono ai nostri lavori gli studenti e gli insegnanti della scuola media Benedetto Croce di Montorio al Vomano, provincia di Teramo; gli studenti dell'università di Innsbruck; una rappresentanza di Equal Partners Foundation di Malta, nonché una rappresentanza della Associazione italiana persone down. A tutti giunga il saluto della Presidenza e dell'Assemblea.
Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.
LUIGI SCOTTI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Grazie Presidente. Mi riporto a quanto diceva l'onorevole relatrice, svolgendo brevi osservazioni. Una legge, come dicevo prima, una volta promulgata e pubblicata in Gazzetta Ufficiale, è qualcosa: è una legge, non è nulla! La sua efficacia è altra cosa. Di conseguenza, è possibile abrogare una norma esistente nel nostro ordinamento giuridico, anche se essa ha un'efficacia differita, perché l'efficacia è qualcosa di assolutamente diverso dall'esistenza della norma stessa. Quindi, ben si può abrogare una norma prima ancora che essa sia entrata in vigore.
Per quanto riguarda la preoccupazione relativa al favor rei, mi richiamo a quanto sostenuto dalla relatrice, aggiungendo ulteriori considerazioni.
Si intende, nella teoria generale, che la norma più favorevole deve avere caratteristiche ben precise: per esempio, quando da un reato, o anche da un illecito amministrativo, si tolga un elemento alla fattispecie (si pensi ad un reato di danno, che diventa un reato di pericolo, e via dicendo, oppure, quando si diminuisce la pena, quando la sua sanzione è ridotta). Tutto questo non è accaduto nel caso di specie, se si vuole considerare un profilo puramente sistematico e formale.
Vi è, tuttavia, un dato assorbente e l'onorevole relatrice lo ha sottolineato: una volta abrogata quella norma, essa allora non esiste più. Esisteva come norma non efficace, una volta abrogata non esiste più, e quindi mai si può invocare una legge che non ha mai prodotto i suoi effetti.
Quindi, neppure un dubbio può sussistere circa l'eventuale operatività di una cosiddetta norma più favorevole nel caso concreto.
PRESIDENTE. In riferimento alla richiesta avanzata dall'onorevole Baldelli di differire la discussione generale del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 300 del 2006, prevista dal calendario per la seduta di domani, preciso che la Presidenza, in considerazione della ristrettezza dei tempi a disposizione della Camera per procedere alla conversione del decreto-legge nei termini costituzionalmente previsti, ritiene che non sussistano le condizioni per modificare la decisione già assunta dalla Conferenza dei presidenti di gruppo.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.