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Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 15,05).
(Iniziative a favore del leader del movimento per l'emancipazione del delta del Niger detenuto nelle carceri della Nigeria - n. 2-00378)
PRESIDENTE. L'onorevole Reina ha facoltà di illustrare l'interpellanza Oliva n. 2-00378 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 4), di cui è cofirmatario.
GIUSEPPE MARIA REINA. Signor Presidente, rilevo innanzitutto che l'interpellanza in oggetto, che ho presentato assieme ad altri colleghi e che stiamo svolgendo Pag. 69questa sera, in realtà avrebbe dovuto essere promossa in un lasso di tempo precedente a quello odierno. Ciò perché tale atto di sindacato ispettivo viene iscritto «d'ufficio», per così dire, nel contesto più ampio della problematica degli impianti petroliferi che operano nel nostro paese (segnatamente, nel Meridione, ed in particolare a Gela, in Sicilia).
In tale area, come abbiamo avuto già modo di osservare in altre circostanze, l'ENI-Agip possiede un impianto petrolchimico. Tale società, per rendere attivo lo stesso impianto, utilizza quale combustibile della centrale termoelettrica il pet coke. Si tratta, per intenderci, di catrame allo stato polveroso, vale a dire quello normalmente utilizzato per bitumare le strade. È, peraltro, l'unico caso in Italia; è l'unico caso legiferato, perché questo Parlamento ha disposto che così fosse. Un unico caso che ha sollevato tanto clamore, perché sulla questione, più volte, l'ENI si è espressa più o meno in questi termini: se volete che continuiamo ad esercitare una funzione a Gela, se i lavoratori non devono perdere il posto di lavoro, dovete accettare che la centrale termoelettrica che serve al funzionamento dell'intero impianto continui ad essere alimentata da questo tipo di combustibile.
Quindi, una sorta di ricatto incredibile, oseremmo dire ignobile, peraltro anche assurdo. Infatti, vorremmo capire cosa farà l'ENI, nel momento in cui dovesse dismettere l'impianto, per ricostituire le condizioni ambientali necessarie nell'area che purtroppo ha degradato in tutti questi anni. Quanti soldi dovrebbe spendere?
Nel delta del Niger - questo è il tema dell'interpellanza che abbiamo presentato - insistono i giacimenti petroliferi probabilmente più ricchi dell'intero pianeta. Il delta del Niger si trova nel sud della Nigeria e da molti anni questi giacimenti sono sfruttati da compagnie petrolifere straniere, tra le quali la stessa ENI. Più recentemente, noi italiani abbiamo avuto modo di porre la nostra attenzione su questa problematica in modo indiretto, per vicende certamente gravi e dolorose, come il sequestro dei tecnici italiani. Però, pochi si sono chiesti perché questo sequestro è avvenuto.
Vorrei leggere un articolo apparso su The Times di Londra il 14 maggio dello scorso anno. Ne leggo solo una parte, affinché possiamo meglio comprendere di cosa stiamo parlando: «Brulicante di vita, di uccelli e di pesci, con gigantesche felci e torreggianti mangrovie le cui radici si dividono tra terra e acqua come le gambe di animali dal passo lento, i ruscelli e le paludi del delta del Niger sono collocati sopra una delle più grandi riserve di petrolio del nostro paese: 34 miliardi di barili di oro nero. La regione con un labirinto acquatico che si estende su 50 mila chilometri quadrati nella Nigeria meridionale, è anche la casa di alcuni dei popoli più poveri dell'Africa, e sede della più terribile devastazione ambientale del paese. Ci sono villaggi senza corrente elettrica, senza acqua, privi di ospedali o scuole; ci sono oleodotti che feriscono la terra, chiazze di petrolio che scintillano sui fiumi; fiaccole che ardono chiare e rumorose, bruciando il gas che si spinge verso la superficie assieme al greggio. La maggior parte della gente che vive nel delta è talmente povera, che alcuni sono disposti a rischiare la vita per ottenere una secchiata di carburante. La settimana scorsa, oltre 150 persone sono morte quando un oleodotto alla periferia della città più grande della Nigeria, Lagos, è scoppiato in un'immensa palla di fuoco, lasciandosi dietro decine di cadaveri bruciati in maniera irriconoscibile. La polizia sostiene che lo scoppio fu provocato probabilmente dal vandalismo. L'oleodotto, che scorreva sotto la spiaggia, era stato disseppellito. I ladri lo avevano traforato con piccoli fori per potere sottrarre il carburante. L'oleodotto perdente aveva attirato gli abitanti dei villaggi locali che stavano riempiendo i loro contenitori, quando tutto saltò per aria. La Croce rossa nigeriana ha detto che l'esplosione ha dato fuoco a centinaia di latte piene di carburante».
In Nigeria si vive con meno di un dollaro al giorno facendo un duro lavoro. Pag. 70Fra le compagnie petrolifere che lavorano in quel paese c'è anche l'ENI. I guerriglieri del Mend, l'ultima forma di ribellione che questo popolo riesce ad esprimere rispetto alle condizioni nelle quali vive, non rapiscono per ottenere denaro. L'Agip ci ha provato e lo hanno denunciato anche loro, così come fanno anche tutti gli altri. Non mi riferisco al Governo italiano, ma all'Agip. Ci ha provato, ma i guerriglieri non chiedono soldi. Le guardie che controllano i poveri sequestrati non sanno cosa farsene del denaro. Essi chiedono che il popolo abbia quelle scuole, quelle strade, quegli ospedali che sono stati loro promessi dalle compagnie petrolifere con l'avallo del loro Governo, che di fatto è a totale copertura dell'attività di queste multinazionali. Quindi, chiedono di poter compartecipare allo sviluppo del paese, a quella ricchezza che hanno sotto i piedi, che appartiene a loro, ma la cui proprietà formale è di altra gente e di altri soggetti, ovvero le compagnie petrolifere.
In carcere langue un uomo, Asari, per il quale chiediamo provocatoriamente che il Governo italiano si faccia carico per il riconoscimento della cittadinanza italiana. Fino al momento in cui abbiamo presentato questa interpellanza, Asari viveva in carcere, in una situazione di restrizione personale che va oltre l'immaginabile. Pochi riescono ad avvicinarlo e certamente non i giornalisti che rischiano la vita. Non si sa quale fine farà questa persona né si conosce altro di questo popolo se non quello che viene lentamente reso noto tramite i comunicati che certa stampa addomesticata dà sulla situazione della Nigeria.
Signor Presidente, signor ministro (in questa sede rappresentato dal viceministro), noi siciliani siamo come quei popoli della Nigeria. Basta osservare quello che accade a Gela e il modo in cui l'ENI tratta i gelesi, i siciliani e in definitiva gli italiani, senza che nessuno abbia il coraggio morale, civile e - io dico - cristiano di inchiodarlo alle sue responsabilità. Noi ci sentiamo affratellati con questo popolo che lotta, perché rinveniamo nelle condizioni in cui vengono trattati la triste situazione in cui in qualche modo è stato gettato il sud, dall'unità d'Italia fino ad oggi. Abbiamo pagato questa unità con prezzi elevatissimi, soprattutto noi meridionali.
L'ho detto in un'altra circostanza, mi piace ricordarlo in questa e lo dirò anche altrove. Andate nei sacrari della patria ed osservate bene quanti sono i cognomi di origine siciliana, calabrese, pugliese e meridionale in genere di tutti i caduti, ricordati all'interno di tali strutture. Scoprirete che un intero popolo del meridione ha offerto la propria vita per l'unità di questo Paese, un popolo che non è stato ripagato per nulla o con molto poco rispetto alle speranze ed alle aspettative che nutriva nello Stato unitario.
Anche Mattei in qualche modo illuse il popolo siciliano sulle grandi prospettive di sviluppo che si sarebbero avute con le centrali petrolchimiche, quelle di trasformazione del greggio, raffinerie e quant'altro. Anche i nigeriani di volta in volta sono illusi sul fatto che la loro condizione di vita ed il loro sviluppo possano un giorno raggiungere i livelli delle cosiddette civiltà evolute.
Ribadisco ancora una volta che tra queste civiltà vi è anche la nostra, la civiltà italiana, che pure una parola diversa da quella degli altri popoli occidentali ambisce a dirla. Basta sentire e seguire i grandi dibattiti, che si fanno anche in questi giorni in Parlamento. Questa grande democrazia che permette ad una propaggine delle proprie attività di esercitare ruoli altrove, che mal si addicono alla sua storia, ai suoi principi, alla sua funzione - o almeno a quella a cui si ispira -, che dovrebbe avere nel contesto della comunità internazionale. Noi non ci occupiamo della Shell o di altre compagnie petrolifere, tuttavia chiediamo che il Governo italiano intervenga sicuramente sull'ENI-Agip e che in qualche modo abbia piena consapevolezza di quello che accade, perché se a Gela l'ENI non ha alcuna remora nel consentire che il pet coke venga utilizzato, avvelenando la vita della gente e degradando l'ambiente in maniera insostenibile, non vedo quali remore Pag. 71debba avere o quali controlli possa subire quando agisce in una nazione come la Nigeria, visto che, da quello che è dato vedere e constatare ed anche dai tanti documenti che è possibile rinvenire su internet o leggendo la stampa estera, ciò risulta avvenire.
Chiedo pertanto che il Governo dica la propria in maniera netta e che ricostruisca la credibilità del nostro paese come un paese dove i diritti civili sono garantiti e dove la dignità dell'uomo è posta come elemento fondante della vita sociale, politica e civile.
Quindi chiedo che il Governo riconosca di dover dare la cittadinanza onoraria ad Asari e promuova un'azione nei confronti dell'ENI, che, lo ribadiamo, anche se è una società di capitali - l'ho detto anche altre volte -, essa è però controllata al 30,30 per cento direttamente ed indirettamente dal Ministero dell'economia e delle finanze (Applausi del deputato Khalil).
PRESIDENTE. Il viceministro degli affari esteri, Patrizia Sentinelli, ha facoltà di rispondere.
PATRIZIA SENTINELLI, Viceministro degli affari esteri. Per inquadrare la problematica richiamata dall'onorevole interpellante, occorre tener presente a nostro avviso che, fin dalla sua indipendenza, ottenuta nel 1960, la Nigeria si è trovata ad affrontare sfide imponenti. La prima, in particolare, è stata quella di integrare in un contesto unitario nazionale di tipo federale circa 300 gruppi etnici, soprattutto due grandi componenti socio-culturali: quella musulmana, esistente prevalentemente nel nord del paese, da cui proviene gran parte della sua casta militare, e quella cristiana, prevalentemente nel sud. La seconda sfida, altrettanto importante, è stata quella di superare una situazione di endemico sottosviluppo economico, provando a migliorare il tenore di vita delle popolazioni locali.
Queste sfide e le difficoltà grandi nel farvi fronte sono all'origine dei problemi politici e sociali che contraddistinguono questo travagliato paese ed hanno prodotto, negli ultimi tempi, certamente un deterioramento della situazione della sicurezza nel Delta del Niger, sede appunto, come è stato richiamato, dei maggiori impianti per l'estrazione petrolifera. Il Mend nasce come movimento di opposizione al progressivo degrado delle condizioni di vita delle popolazioni locali ed allo sfruttamento dell'ambiente naturale da parte delle multinazionali straniere impegnate nell'estrazione del petrolio della regione. Esso fonda le proprie radici nell'attivismo di quei movimenti che nel corso degli ultimi venti anni hanno lottato dapprima con metodi non violenti, poi con azioni armate. Il Mend è formato da un ristretto nucleo di persone che coordina, dall'esterno, le azioni di milizie indipendenti e attive nell'area (ci risultano circa una decina di gruppi), fornendo loro un certo quadro di riferimento ideologico. A tali milizie, impegnate nelle azioni di sabotaggio degli impianti e di sequestro dei lavoratori colà occupati, si aggiungono spesso anche, per così dire, bande di criminali comuni, che trovano il loro humus nello stato di insicurezza della regione.
Il MEND ha rivendicato numerosi attacchi alle compagnie petrolifere operanti in Nigeria. Tra le richieste avanzate al Governo nigeriano vi è anche quella di liberare due dei suoi leader storici attualmente detenuti in carcere, cui l'interpellanza fa riferimento: Mujahid Dokubo-Asari e Diepreye Alamieyeseigha, ex governatore dello Stato di Bayelsa, arrestato con l'accusa di corruzione.
Il Mend sembra non volersi dotare di una vera e propria scala gerarchica e, conseguentemente, riesce ad essere poco vulnerabile ad eventuali arresti dei suoi membri o a perdite di cellule operanti sul territorio.
Come menzionato nel testo dell'interpellanza, uno dei suoi leader, Mujahid Asari, è tuttora detenuto per le sue attività considerate separatiste ed eversive, ed è stato condannato nel 2005 per oltraggio all'unità nazionale e tradimento nei confronti dello Stato nigeriano.Pag. 72
Gli attacchi armati promossi dal Mend sono sostanzialmente più sofisticati di quelli di altri gruppi militanti che pure operano nel delta del Niger, includendo vere e proprie tecniche di guerriglia, tra cui manovre di accerchiamento con veloci barche nelle paludi del delta. Unità multiple e facilmente manovrabili hanno provocato notevoli difficoltà ai sistemi difensivi del Governo e delle varie compagnie petrolifere.
L'addestramento nel combattimento ed nell'uso delle armi da fuoco ha poi radicalmente innalzato le potenzialità del gruppo, come dimostrano numerosi episodi in cui i guerriglieri sono stati in grado di sopraffare sia il personale della sicurezza addestrato dalle compagnie petrolifere sia le unità d'elite dell'esercito nigeriano.
Non vi è dubbio che lo scontro in atto nella zona del delta del Niger crei un contesto difficile sotto il profilo dei diritti umani. Tale profilo richiede un'attenzione crescente da parte del nostro Governo che deve intervenire - lo affermo in modo chiaro - anche attivando le necessarie ed opportune iniziative di confronto con la stessa nostra compagnia petrolifera.
Nondimeno, nell'analisi dei capi missione dell'Unione europea ad Abuja, la Nigeria viene comunque descritta come un paese impegnato nel tentativo di diffondere e consolidare la tutela dei diritti umani, in linea con il proprio status di membro del Consiglio dei diritti umani (con un mandato triennale, 2006-2009).
Va tenuto presente, a questo proposito, che la Nigeria ha ratificato i principali trattati sui diritti umani sia regionali sia universali e collabora con gli special rapporteur delle Nazioni Unite.
Certo, ciò non ci tranquillizza né sul versante politico né su quello istituzionale: molto resta ancora da fare. Il fatto che il quadro giuridico in materia di diritti umani sia sostanzialmente soddisfacente dal punto di vista della dichiarazione dello stato di fatto non impedisce, infatti, che, all'atto pratico, si registrino una serie di gravi violazioni dei diritti umani, da ascriversi anche alle inefficienze presenti nel sistema giudiziario.
Vengono registrati in particolare fenomeni quali sparizioni forzate, esecuzioni extragiudiziali, detenzioni arbitrarie ed altri abusi da parte delle forze governative.
A questo proposito, la tornata di passi ufficiali, che l'Unione europea ha svolto nel 2006 in vari paesi sulla tortura e i trattamenti degradanti, ha toccato anche la Nigeria.
Per quanto riguarda lo specifico punto sollevato con l'interpellanza, ossia la tutela di coloro che si trovano in stato di detenzione nelle carceri nigeriane, va registrato che dal 1995 esiste una Commissione nazionale per i diritti umani, il cui mandato è di promuovere, proteggere, investigare e documentare casi di violazione dei diritti umani ed assistere le vittime in cerca di riparazione.
Anche questo non ci esime dal dire che ci sono ancora casi, come quello che viene denunciato, molto seri e preoccupanti.
La Commissione, affiancata da altre agenzie governative e non governative, si è impegnata in programmi volti ad istruire il personale delle carceri, nonché quello militare e delle forze di polizia, circa i loro obblighi relativi al rispetto dei diritti umani.
A livello operativo, l'Italia sostiene i diritti umani e la democratizzazione in Nigeria, non solo a livello generale di indicazione politica, ma anche attraverso uno strumento finalizzato allo scopo, ossia lo Strumento europeo per la democrazia ed i diritti umani (EIDHR), e il Fondo europeo di sviluppo per la democratizzazione (EDF).
Tale strategia fa leva anche sull'insieme della società civile nigeriana, molto attiva - vorrei ricordarlo con particolare riguardo - con un centinaio di ONG che, pur in condizioni molto difficili, per le questioni che sono già state richiamate, sono impegnate su una vasta gamma di settori. Noi siamo interessati e disponibili ulteriormente a sostenerli, anche con iniziative finanziarie, proprio per promuovere quello sviluppo e quella soddisfazione Pag. 73delle esigenze che sono state richiamate nell'interpellanza e che ci toccano profondamente come paese. Resta dunque un'ingiustizia da colmare.
In cifre, tra il 2003 e il 2005 l'Unione europea ha speso oltre 9,5 milioni di euro in progetti EIDHR, indirizzati, tra l'altro, ai diritti delle persone in carcere, alla diffusione di informazioni in materia di diritti umani, ai diritti umani delle donne, all'educazione civica ed al monitoraggio elettorale. La situazione resta molto complessa e difficile; ci sembra, in tutta onestà, politica e intellettuale, che ce ne stiamo occupando.
PRESIDENTE. Saluto gli studenti dell'Istituto comprensivo Giulio Cesare di Osimo, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
L'onorevole Reina ha facoltà di replicare.
GIUSEPPE MARIA REINA. Signor Presidente, innanzitutto ringrazio il sottosegretario, perché ho apprezzato molto la risposta che ci ha fornito. Tuttavia, mi sono dovute alcune brevi considerazioni.
È stato detto che esistono bande di delinquenza comune che si aggregano al Mend. Francamente, prima di tutto da borghese, ma - se volete - soprattutto da cristiano e non da rivoluzionario, mi riesce difficile capire il significato del termine «delinquenza comune» in un paese che ha un sottosuolo ricchissimo, ma la cui popolazione è priva delle più elementari e dignitose condizioni di vita e in cui si vive quasi con meno di un dollaro al giorno. Che significato ha parlare di bande di delinquenti?
Credo che quel popolo abbia innanzitutto l'esigenza di affacciarsi alla storia con la dignità che gli compete come qualsiasi altro popolo. Quindi, ricuso il termine di bande criminali organizzate o delinquenziali. Quel popolo lotta per avere diritto al riconoscimento della propria esistenza in quanto tale e noi abbiamo il dovere di aiutarlo ad emanciparsi, non attraverso la carità pelosa, ossia i soldi dati per liberare i nostri connazionali che, purtroppo, si trovano in quelle condizioni, ma attraverso quegli strumenti che permettano loro l'emancipazione e lo sviluppo e costringendo coloro che, per nostro conto, operano in quell'area ad adottare criteri e sistemi che siano identici a quelli che si adottano in Italia. Non mi riferisco alla Sicilia e a Gela, perché su questo le nostre posizioni sono divergenti, ma alle altre sei parti del paese, visto che sono sette gli impianti dell'ENI di un certo tipo.
Non mi è stata data risposta in ordine alla questione più importante, che ribadisco e sottopongo nuovamente al Governo: ad Asari deve essere riconosciuta la cittadinanza italiana e deve essere messo nella condizione concreta - facciamolo noi questo passo se altri della comunità internazionale non intendono farlo - di poter interloquire con il mondo intero. Desidero ricordare, tra le tante cose veramente simpatiche che si leggono attorno a tale questione, che il Governo della Nigeria riceve armi dalla Russia e, informalmente, da alcuni Governi europei. Nel marzo del 2003 gli Stati Uniti hanno sospeso i loro aiuti militari alla Nigeria per l'opposizione del paese alla guerra in Iraq (in una cosa almeno hanno fatto bene). Nonostante questo, le compagnie petrolifere operanti nel delta sono accusate di armare milizie private per difendere gli impianti e via dicendo.
Dovendo affrontare una problematica così complessa, entreremmo in un mondo rispetto al quale occorre molto più di una interpellanza e di un semplice dibattito in Parlamento per capire come vengono articolate tante questioni. Una cosa è certa, signor sottosegretario: la ringrazio, ma, per ritenerci realmente soddisfatti, attendiamo passi concreti per il riconoscimento della cittadinanza italiana ad Asari e rispetto al suo passaggio, che ho molto apprezzato, su una diversa forma di controllo da parte dello Stato e, quindi, del Governo sull'ENI. Noi abbiamo bisogno di questo più di qualsiasi altra cosa, abbiamo bisogno che tutto venga ricondotto in una condizione di controllo perché una democrazia perde la sua connotazione quando perde la sua capacità di controllo all'interno. Pag. 74Termino il mio intervento ricordando che una democrazia che vuole andare speditamente, che cerca di superare gli ostacoli interni con facilità, che vuole semplificare i suoi processi e le sue procedure, è sicuramente destinata - così la storia ci ha consegnato tante altre civiltà - ad involversi e ad autodistruggersi. La democrazia è per sua natura complessa, difficile, faticosa perché è l'esempio di governo più vicino all'uomo, che per sua natura è complesso e difficile.
Dobbiamo batterci per questo; dobbiamo batterci per aiutare i popoli della Nigeria a superare la loro condizione: riconosciamo ad Asari la cittadinanza italiana.