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TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO MICHELE VENTURA IN SEDE DI DISCUSSIONE DEL DOCUMENTO DI PROGRAMMAZIONE ECONOMICO-FINANZIARIA
MICHELE VENTURA, Relatore. Onorevoli colleghi, per la prima volta da molti anni il saldo tendenziale dei conti pubblici non renderà necessaria, per il 2008, una manovra correttiva per obiettivi di risanamento. Questo significa che si potranno liberare risorse a sostegno dello sviluppo e dell'equità, necessarie per trasformare la ripresa ciclica in crescita elevata e sostenibile.
Da più di un decennio, infatti, il male che affligge la nostra economia è l'insufficienza, se non addirittura l'assenza, di crescita. Ad anni in cui essa è stata perseguita attraverso strumenti perversi quali svalutazione, spesa pubblica in disavanzo, accumulazione di debito, sono succeduti prima un periodo di necessario risanamento che ha limitato il pieno dispiegamento delle potenzialità della nostra economia e poi una fase in cui si è registrata la più lunga stagnazione di cui l'Italia abbia sofferto nel dopoguerra. A tale stagnazione si è accompagnata l'interruzione dell'opera di riordino delle finanze pubbliche che era stata avviata negli anni Novanta (e, conseguentemente, sono stati vanificati i risultati sin lì raggiunti), senza che peraltro fossero impostate le politiche necessarie ad invertire la rotta: più concorrenza, maggiore efficienza negli apparati pubblici, riduzione delle rendite e dei privilegi, spostamento della spesa pubblica verso l'investimento.
Il primo Documento di programmazione economico-finanziaria del Governo Prodi doveva così misurarsi con un'economia con produttività ferma, un debito pubblico in risalita, un aumento delle disparità sociali, che rendevano necessaria un'azione immediata. Certamente è stata importante una ripresa di natura ciclica a livello europeo, ma essa è stata assecondata e rafforzata da un'azione di GovernoPag. 65finalizzata a ristabilire l'equilibrio generale della nostra economia.
A un anno di distanza - e nella consapevolezza che si tratta solo dell'inizio - è possibile registrare progressi estremamente significativi: occupazione in aumento; stabilità dei prezzi non più registrata da un decennio; elevati e crescenti indici di fiducia delle imprese e delle famiglie. Sono state reperite risorse per lo sviluppo e per il Mezzogiorno, sono stati aperti alla concorrenza alcuni importanti settori, si è iniziato a porre mano a situazioni di disagio sociale, si è cominciato ad aggredire la piaga di un'evasione fiscale che non ha eguali in Europa riducendone il peso, i conti pubblici sono stati tratti fuori dall'emergenza, rispettando gli impegni presi in Europa e ponendo le basi perché sia abrogata la procedura di disavanzo eccessivo iniziata nel 2005.
Il rifiuto della strategia dei due tempi - prima il risanamento, poi la crescita - comincia a dare i suoi frutti: l'Italia è uscita dall'emergenza dei conti pubblici e torna a crescere dopo anni di stagnazione.
Per quanto riguarda la crescita, nel Documento 2008-2011 vi è la piena consapevolezza che, se molto si è fatto, molto rimane ancora da fare.
Nonostante la revisione al rialzo delle previsioni di crescita, le aspettative restano alquanto ridotte per l'economia italiana, se valutate rispetto alle altre economie industrializzate.
Il DPEF 2008-2011 prevede una crescita del PIL pari al 2 per cento nel 2007 trainata dall'andamento della domanda interna, in particolare grazie ai consumi privati che riflettono l'accresciuto clima di fiducia, mentre, per gli anni successivi, la crescita programmatica rispetto a quella tendenziale sarà piuttosto contenuta - anche se in miglioramento rispetto a quanto previsto nella Relazione unificata sull'economia e la finanza pubblica (RUEF) del marzo scorso - perché il quadro programmatico incorpora gli interventi di consolidamento della finanza pubblica, necessari a raggiungere l'obiettivo del pareggio di bilancio, ma non include invece tutti i potenziali vantaggi derivanti dall'attuazione di un programma di riforme.
Il tasso di crescita del PIL potrebbe avvicinarsi al 3 per cento nell'ipotesi di convergenza agli obiettivi del «processo di Lisbona». Si tratta di incidere sui fattori che potrebbero indurre il più sostenuto sviluppo, come ad esempio l'incremento della produttività dei fattori produttivi, ed in particolare del lavoro.
Siamo comunque di fronte ad una crescita economica superiore alle stime, che, insieme al favorevole andamento del gettito tributario, migliora le previsioni del quadro di finanza pubblica rispetto a quanto stimato nella Relazione unificata sull'economia e la finanza pubblica (RUEF).
In merito alla finanza pubblica il Governo ha fatto una scelta: «operare una redistribuzione delle risorse anche al fine di far fronte a oneri inderogabili non inclusi compiutamente nelle previsioni a legislazione vigente» e, al contempo, «rispettare gli impegni assunti con l'Europa nell'ambito della procedura di disavanzo eccessivo».
Il quadro a legislazione vigente indica, per il 2007, un indebitamento netto del 2,1 per cento, inferiore di 0,7 punti percentuali rispetto alle previsioni di fine 2006 e di 0,2 punti percentuali rispetto alle previsioni della RUEF del marzo 2007.
Dato questo andamento positivo, il Governo ha ritenuto di realizzare, contestualmente alla presentazione del DPEF, una manovra di carattere espansivo, realizzata con il disegno di legge di assestamento, ma soprattutto con il decreto-legge 2 luglio 2007, n. 81.
Questo provvedimento rispetta pienamente il sentiero del DPEF dello scorso anno, che individuava nel risanamento, nello sviluppo e nell'equità i tre assi strategici dell'azione di Governo. Il decreto interviene in favore di alcuni dei soggetti più in sofferenza, come la popolazione anziana, con l'aumento delle pensioni basse e il miglioramento dei meccanismi di indicizzazione delle prestazioni, e i giovani, consentendo loro di riscattare laPag. 66laurea e di totalizzare i contributi versati in diverse gestioni pensionistiche. Ma molte altre sono le misure, da quelle in favore delle imprese che svolgono servizio pubblico a quelle in favore degli enti locali. Tutto ciò comporta un incremento dell'indebitamento netto pari allo 0,4 per cento del PIL: di conseguenza l'indebitamento netto si attesta per il 2007 al 2,5 per cento del PIL.
Ma è necessario ricordare che si tratta di risultati che solo due anni fa sarebbero sembrati impensabili: l'ultimo DPEF del Governo Berlusconi programmava un disavanzo pari al 2,8 per cento del PIL nel 2007, valore confermato prima nel DPEF dello scorso anno e poi, nel mese di dicembre 2007, con l'aggiornamento al Programma di stabilità, mentre nel mese di marzo 2007 l'Ecofin valutava il percorso di risanamento e la manovra finanziaria dell'Italia coerenti con il rientro dal disavanzo eccessivo entro il 2007.
Risultano, pertanto, piuttosto eccessivi gli allarmi dell'Unione europea e del Fondo monetario internazionale, perché se nella prossima primavera risulterà che l'Italia avrà concluso il 2007 con un deficit al 2,5 per cento e sarà confermata la previsione di scendere al 2,2 per cento nel 2008, la Commissione dovrà necessariamente chiudere la procedura per deficit eccessivo.
Al contrario, per seguire letteralmente le indicazioni europee - concludendo il 2007 con un valore di indebitamento netto pari al 2,1 per cento del PIL e il 2008 con un disavanzo pari all'1,5 cento del PIL - l'Italia avrebbe dovuto utilizzare tutto il miglioramento dei conti emerso nel 2007 ai fini di una riduzione del disavanzo strutturale dello 0,5 per cento annuo a partire dal 2008: questo avrebbe richiesto di effettuare una manovra correttiva per il 2008 pari allo 0,6 per cento del PIL, cioè pari a circa 10 miliardi di euro.
Le condizioni economiche e sociali italiane e il grande sforzo di aggiustamento strutturale già effettuato nell'anno in corso con la legge finanziaria 2007 rendono tale ipotesi non percorribile. Si opta, invece, per un percorso rigoroso ma più graduale, in grado di coniugare l'esigenza di utilizzare una gran parte delle risorse aggiuntive emerse nel 2007 a riduzione del disavanzo, al fine di evitare una nuova manovra correttiva nel 2008, con quella di fronteggiare emergenze produttive ed istanze sociali di grande rilievo, confermando al contempo l'impegno a completare il risanamento finanziario.
L'avanzo primario, completamente azzerato nella precedente legislatura, riprenderà a crescere spontaneamente, fino a 3,6 punti di PIL nel 2011, ma ancor di più nel suo profilo programmatico, dove si attesta, a fine periodo, al livello di 4,9 punti di PIL. Un livello sostenuto di avanzo primario, intorno ai 5 punti di PIL, è essenziale per realizzare una significativa flessione del debito, obiettivo indispensabile per l'Italia.
È stato, infatti, osservato che per far fronte ai problemi derivanti dall'invecchiamento della popolazione, aumentare le risorse destinate alla spese produttive e ridurre il carico fiscale è essenziale una rapida riduzione del debito pubblico e un contenimento della spesa previdenziale per assicurare un riequilibrio duraturo dei conti.
Le politiche previste nel DPEF delineano un percorso virtuoso sia nel contenimento del debito sia nel controllo della dinamica della spesa in relazione al PIL.
Per quanto riguarda il debito pubblico, dopo due anni di crescita, la sua incidenza sul prodotto è prevista scendere nel 2007 al 105,1 per cento. Nel 2010, per la prima volta dal 1991, il debito sarà inferiore al 100 per cento del prodotto (mentre nel Programma di stabilità di dicembre tale risultato era atteso nel 2011). Complessivamente, nel quadro programmatico, si prevede che il rapporto debito-PIL si riduca dal 103,2 per cento del PIL nel 2008 al 95 per cento nel 2011 (di 2,2 punti inferiore rispetto al quadro tendenziale). La discesa del debito è dovuta all'ipotesi che, a partire dal 2007, il fabbisogno si collochi sostanzialmente sul livello dell'indebitamento netto.
Nel quadro programmatico del periodo di previsione del DPEF l'incidenza dellaPag. 67spesa per interessi sul PIL rimane stabile al di sotto del 5 per cento, riflettendo, da un lato, la flessione attesa del peso del debito e, dall'altro, il progressivo aumento dei tassi all'emissione.
Quanto alla spesa previdenziale, la riforma del sistema avviata in modo «strutturale» sin dal 1995, che, con la formula contributiva sarà pienamente a regime intorno al 2050, è un sistema «equo» sotto il profilo attuariale che consente un'età di pensionamento flessibile, una sostanziale uniformità di trattamento in termini di tassi di rendimento attesi e l'equilibrio finanziario attuato attraverso meccanismi di stabilizzazione pressoché automatici (come il tasso di rendimento dei contributi previsto pari al tasso di crescita del PIL e la revisione dei coefficienti di trasformazione).
Questo significa che, se è vero che è attesa una forte crescita della spesa previdenziale nel periodo 2016-2038 (con un picco massimo del 15,2 per cento del PIL nel 2038) per l'aumento del numero delle pensioni, conseguente all'invecchiamento della popolazione (a sua volta connesso all'innalzamento della speranza di vita e al passaggio dei cosiddetti «baby boomers» alla fase di quiescenza) e alla diminuzione del numero di occupati (per il forte calo della popolazione in età da lavoro, non compensato dalla crescita dei tassi di attività), occorre sottolineare che il sistema configurato dalla riforma del 1995 ha in sé meccanismi «fisiologici» di stabilizzazione e di riduzione, a regime, della spesa previdenziale.
Secondo le valutazioni fatte dalla Commissione Brambilla nel 2001, e, successivamente, dal Nucleo di valutazione della spesa previdenziale, nel periodo successivo (2039-2050) si prevede una forte riduzione della spesa dovuta, essenzialmente, all'entrata a regime del metodo contributivo e alla stabilizzazione del rapporto tra numero di pensioni e numero di occupati.
Appare essenziale sottolineare come, nella valutazione della dinamica della spesa per pensioni, un rilevante valore abbiano le politiche volte ad innalzare il numero di lavoratori attivi ed occupati: queste infatti agiscono in modo più efficace di qualsiasi «taglio» sul numeratore e, quindi, sulla dinamica dei rapporti statistici rilevanti per valutare gli andamenti della spesa.
Per quanto attiene invece al bilancio dello Stato, il DPEF non presenta il quadro programmatico relativo al triennio cui si riferisce il bilancio pluriennale (2007-2009), ma soltanto il limite massimo, a livello programmatico, del saldo netto da finanziare, al netto delle regolazioni debitorie e contabili, che dovrà essere assunto nella legge finanziaria per il 2008 e che non dovrà superare 24 miliardi di euro per il 2008, 21,5 miliardi di euro per il 2009 e 18 miliardi di euro per il 2010.
Per quanto riguarda la manovra di finanza pubblica si è detto che lo stato dei conti, raggiunto grazie alla legge finanziaria per il 2007, è tale da non rendere necessaria per il 2008 una manovra netta correttiva a fini di risanamento. Tuttavia, vi sono misure di spesa che per la loro stessa natura sono escluse dal tendenziale ma che certamente si manifesteranno e per le quali andranno reperite risorse per la copertura per rispettare il saldo programmatico.
Si tratta di spese derivanti, in ordine di priorità, da impegni sottoscritti, prassi consolidate e ipotesi di nuove iniziative.
Gli impegni sottoscritti, ancorché non vincolati da leggi, sono quelli per i quali è già stato raggiunto l'accordo politico con le parti interessate e sono già state fissate le quantificazioni di massima: in questa categoria rientrano i contratti del pubblico impiego; la modernizzazione della pubblica amministrazione; la trattativa in materia di previdenza e lavoro, per le componenti non ancora inserite nel tendenziale; gli ammortizzatori sociali; gli impegni internazionali, quindi, ad esempio, l'integrazione al Fondo AIDS nell'ambito della cooperazione allo sviluppo e gli interventi per i paesi più poveri.
Per quanto riguarda le prassi consolidate, rimane un'incertezza sul quantum, ma non sull'an. Si tratta di contratti di servizio con alcune aziende pubbliche (tra le altre FS, ANAS, Poste Italiane), operePag. 68pubbliche, agevolazioni fiscali e rinnovi contrattuali per il pubblico impiego per la prossima tornata contrattuale (le risorse per i nuovi contratti non sono incluse nel quadro tendenziale in quanto non sono ancora state recepite nella legislazione, ma è evidente che la legge finanziaria dovrà assicurarne la copertura).
Sulle ipotesi di nuove iniziative è aperta la discussione ed è pendente una scelta su quali siano da adottare e quali no, sulle priorità e sui tempi. La lista è lunga e non oggettivamente determinata, ma al suo interno si possono ritrovare l'ipotesi di riduzione dell'ICI sulla prima casa e i finanziamenti ai policlinici universitari non statali, ma anche diverse iniziative inserite nel decreto-legge n. 81 sulla destinazione dell'extragettito che necessiteranno di adeguata copertura nel caso si voglia dar seguito a tali interventi negli anni a venire.
In merito alla politica della spesa e dell'entrata questa tassonomia costituisce un'importante novità che dovrà necessariamente influenzare i documenti programmatici degli anni a venire. Siamo di fronte a un'operazione di trasparenza e di responsabilità, in cui il Governo rende note le linee della manovra lorda e individua nella riorganizzazione della spesa primaria e nel recupero di base imponibile derivante dalla prosecuzione dell'opera di contrasto dell'evasione fiscale il reperimento delle risorse.
Tuttavia, alla luce delle tendenze in atto, il pieno controllo della spesa pubblica, tenuto conto degli impegni già sottoscritti, delle prassi consolidate e di ulteriori interventi, non appare di facile attuazione. In particolare, non va dimenticato che poco meno dei due terzi della spesa corrente sono costituiti da redditi di lavoro dipendente, dalla spesa pensionistica e dalla spesa per interessi, categorie per le quali sembra difficile ottenere immediati risparmi di spesa.
Altrettanto complesso appare realizzare una politica di ulteriore contrazione delle spese in conto capitale, già in forte rallentamento negli ultimi anni, considerato il divario negativo dell'Italia in tema di infrastrutture e la necessità di dare impulso allo sviluppo economico e alla competitività migliorando le condizioni di contesto in cui opera l'apparato produttivo.
Per quanto riguarda le entrate, da più parti è stato sottolineato che la pressione fiscale in Italia si colloca ai livelli più elevati in Europa: occorre sottolineare, invece, che la pressione fiscale nell'ultimo anno è cresciuta in parte per l'azione di contrasto all'evasione e all'elusione fiscale, considerata, fin da subito, una priorità e un obiettivo strategico dell'azione di Governo, invertendo l'orientamento della politica attuata dal centrodestra nella precedente legislatura. L'Italia si colloca ai vertici del livello di evasione fiscale tra i paesi dell'Unione europea, con una economia sommersa compresa tra il 16 e il 17 per cento del PIL. Un'efficace azione di contrasto si è resa, quindi, necessaria per ristabilire la legalità e l'equità fiscale e sociale, ma anche per esigenze di bilancio: si tratta di 100 miliardi l'anno sottratti al fisco, che potrebbero essere utilizzati per lo sviluppo, per le politiche sociali, per una riduzione della pressione fiscale. La prosecuzione dell'azione di contrasto all'evasione illustrata nel DPEF si basa su tre direttrici fondamentali: il rafforzamento e l'efficientamento delle banche dati, la riorganizzazione dell'anagrafe tributaria in funzione del singolo contribuente, l'aumento della probabilità effettiva di colpire gli evasori con controlli e accertamenti.
La pressione fiscale, nel 2007, è prevista al 42,8 per cento del PIL, in crescita di circa 5 decimi di punto rispetto al 2006, ma, secondo l'ISTAT, come emerge dalle audizioni connesse al DPEF, 4 decimi sono attribuibili al gettito dei versamenti all'INPS delle quote di TFR che dovrebbero essere pari a circa 6 miliardi di euro. Ma, oltre al livello, in materia fiscale è altrettanto importante l'aspetto redistributivo: la riforma delle aliquote fiscali e delle detrazioni e gli altri provvedimenti fiscali disposti con la finanziaria per il 2007 hanno avvantaggiato - secondo l'indagine quantitativa condotta dall'ISTAT - circa il 70 per cento delle famiglie, con un effettoPag. 69complessivamente redistributivo a favore dei contribuenti con reddito medio-basso, in particolare operai e lavoratori dipendenti con carichi familiari.
In ogni caso, nel DPEF viene ribadito l'impegno a contenere e gradualmente diminuire il carico fiscale: tale impegno può essere rafforzato da un «programma di contenimento» della pressione fiscale che delinei un profilo temporale di riduzione del prelievo sia sui cittadini che sul sistema produttivo.
È prevista una nuova struttura del bilancio dello Stato per migliorare la qualità della spesa pubblica. La necessità di contenere la spesa pubblica in modo razionale (e non con tagli generalizzati difficili da gestire e che non danno i risultati sperati proprio perché fatti «alla cieca») per reperire risorse e una maggiore efficienza nell'allocazione delle risorse disponibili e nelle prestazioni della pubblica amministrazione sono i due pilastri che il Governo intende perseguire attraverso: un programma di analisi e revisione della spesa pubblica (cosiddetto spending review) per recuperare risorse da reinvestire nelle aree prioritarie, nonché una nuova struttura del bilancio dello Stato, articolato su due livelli di aggregazione, le «missioni» e i «programmi», che consenta di superare l'approccio puramente incrementale nelle decisioni di allocazione delle risorse. L'obiettivo è quello di concentrarsi su tutta la spesa in essere e non solo sulle risorse «aggiuntive» consentendo di riesaminare regolarmente l'insieme delle politiche di spesa in atto.
Il bilancio per il 2008 e per il triennio 2008-2010 sarà dunque impostato, sulla base della cornice legislativa vigente, utilizzando la nuova classificazione (missioni e programmi) che innova profondamente la precedente struttura basata sui centri di responsabilità, che non permetteva una chiara individuazione delle «azioni» svolte attraverso l'utilizzo delle risorse pubbliche in quanto individuava solo chi gestiva le risorse (i Ministeri) e non anche come queste venivano utilizzate.
Le missioni rappresentano le funzioni principali e gli obiettivi strategici perseguiti con la spesa pubblica. Sono una rappresentazione politico-istituzionale del bilancio, necessaria per rendere più trasparenti le grandi voci di spesa e per meglio comunicare le direttrici principali di azione. Le missioni possono essere attribuite ad un singolo Ministero o a più Ministeri.
Il programma rappresenta il fulcro della nuova classificazione proposta e indica i risultati o il livello delle prestazioni che devono essere fornite dall'amministrazione a fronte delle risorse pubbliche utilizzate.
Il cambio di prospettiva contiene potenzialità enormi poiché la nuova classificazione, più leggibile e trasparente, permetterà di confrontare le diverse finalità di spesa, ma soprattutto consentirà una maggior possibilità di verifica dei risultati con l'individuazione dei soggetti responsabili e degli indicatori quantitativi di prestazione. In pratica il Parlamento, che voterà i programmi, potrà decidere, confrontando le diverse finalità di spesa e i risultati raggiunti, in modo più efficace e incisivo dove allocare le risorse o dove diminuirle per concentrarle su un nuovo progetto ritenuto prioritario. Il nuovo bilancio dello Stato conterrà 34 missioni strategiche e 169 programmi.
Per rendere pienamente utilizzabile e rispondente agli obiettivi prefissati la nuova struttura del bilancio è necessario procedere anche ad un'analisi e ad una revisione della spesa da parte di tutte le amministrazioni centrali (spending review). Infatti, come afferma lo stesso DPEF, la chiave non è quanto, ma come si spende. Se l'obiettivo è quello di incrementare la crescita del sistema Paese attraverso una maggior efficacia della spesa pubblica, allora la strada da seguire è quella di un periodico esame delle effettive necessità al fine di recuperare risorse da riallocare in programmi funzionali all'obiettivo. In pratica ciascun ministero dovrà indicare dove può aver luogo un recupero di risorse da reinvestire nelle aree prioritarie che, come indicato nel DPEF, saranno individuate negli stessi comparti di spesa.Pag. 70
Il DPEF informa che già cinque Ministeri (Giustizia, Interni, Infrastrutture, Trasporti e Istruzione) hanno avviato la revisione della spesa e che già per il disegno di legge finanziaria per il 2008 saranno disponibili alcuni primi risultati da utilizzare per favorire tale riallocazione di risorse.
Per quanto riguarda la crescita sostenibile, in tema di competitività e concorrenza, nell'ultimo anno il Governo ha avviato una consistente opera di rimozione di vincoli e barriere all'esercizio di attività economiche destinata ad incidere in maniera sostanziale sul benessere dei consumatori. Il Governo proseguirà con ulteriori misure di apertura dei mercati alla concorrenza che, oltre a favorire la crescita, contribuiranno a contenere l'inflazione e a ricondurre rendite e margini operativi a livelli adeguati ad un paese moderno.
Per quanto riguarda l'innovazione e la competitività, il Governo intende orientare il sistema industriale italiano verso settori ad alto contenuto tecnologico - sia per gli investimenti produttivi, sia per le spese di ricerca e sviluppo - e riposizionare il sistema di incentivi pubblici rafforzando o creando meccanismi fiscali automatici finalizzati a garantire un aiuto stabile e generalizzato alle imprese, semplificandone le modalità di accesso per favorire un più alto tasso di ricerca e di innovazione nei comparti produttivi di massima specializzazione, ma anche per sostenere la nascita e lo sviluppo di nuove imprese in settori e produzioni non tradizionali.
Particolare attenzione sarà rivolta alla riqualificazione del sistema dei distretti industriali e dei sistemi produttivi locali, allo sviluppo e alla crescita finanziaria delle piccole e medie imprese agevolando l'accesso al credito e al mercato dei capitali.
Altra priorità strategica è l'aumento del tasso di internazionalizzazione della nostra struttura produttiva, incoraggiando e consolidando il previsto aumento delle esportazioni (che il DPEF indica passare dal 4,4 per cento del 2007 al 4,6 per cento del 2008) e rafforzando la presenza italiana sui mercati internazionali, coerentemente con quanto già avviato sinora (ad esempio, il riorientamento della rete estera dell'ICE verso mercati nuovi o emergenti, l'attivazione dei «desk anticontraffazione» all'estero, l'implementazione di una politica di salvaguardia dei nostri interessi commerciali in sede europea).
La strategia promozionale dell'Italia sarà fondata su Linee direttrici triennali definite in base a priorità geografiche e sulla promozione strategica intesa a salvaguardare sia i settori tradizionali del made in Italy che i settori più innovativi. Infine, il DPEF rileva la necessità di razionalizzare e potenziare le agevolazioni finanziarie che fanno capo al Ministero del commercio Internazionale, per consentire un loro maggiore impiego da parte delle imprese.
In materia di clima, ambiente ed energia, il DPEF ribadisce in modo molto netto che non può esistere crescita senza sostenibilità ambientale.
Il nostro Paese è in grave ritardo nel raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra, previsti dal protocollo di Kyoto. Finita la fase di indifferenza del Governo precedente per i cambiamenti climatici, l'Italia ha imboccato la strada della sostenibilità. Il Governo Prodi, già con la sua prima finanziaria, ha segnato una decisa inversione di tendenza: si tratta del primo tassello di un quadro che si andrà delineando durante l'intera legislatura e che porrà le condizioni per il raggiungimento dell'obiettivo di ridurre del 20 per cento al 2020 le emissioni di C02. Tutte le misure in materia di ambiente ed energia sono finalizzate al raggiungimento di tale obiettivo.
Saranno ulteriormente sostenute con investimenti mirati le iniziative già avviate relative alla produzione di energia rinnovabile, all'efficienza e al risparmio energetico e si introdurrà un sistema di contabilità e bilancio ambientale nella pubblica amministrazione.
In un contesto in cui si prevede un forte incremento della domanda di energia e in cui l'Italia registra un utilizzo di risorse che derivano per 1'80 per cento da combustibili fossili, è essenziale dare prioritàPag. 71allo sviluppo di filiere produttive efficienti, alla riduzione del consumo nei processi produttivi e alla prosecuzione ed estensione delle misure fiscali per incentivare l'efficienza energetica di edifici e apparecchiature d'uso dell'energia. In un'ottica di lungo periodo si punta ad incentivare la ricerca connessa allo sviluppo di nuove tecnologie relative allo sfruttamento delle fonti rinnovabili, al ciclo dell'idrogeno e al nucleare di quarta generazione.
Nell'immediato, dopo le misure avviate in favore di processi di apertura del mercato interno dell'energia elettrica e del gas, rimane cruciale il problema del rafforzamento delle infrastrutture energetiche, in particolare nel settore del gas naturale, attraverso la realizzazione di nuovi terminali di rigassificazione di GNL e gasdotti, il potenziamento dei gasdotti esistenti e la rapida attivazione di nuovi stoccaggi di riserva, quale condizione indispensabile per evitare continue e pericolose crisi di fornitura.
I problemi connessi all'inquinamento dei grandi centri urbani e alla mobilità rivestiranno un ruolo centrale nelle politiche del Governo con l'obiettivo di conseguire uno sviluppo qualitativo e quantitativo dei servizi di mobilità urbana, recuperando l'efficienza e la qualità del trasporto pubblico locale, decongestionando le aree urbane e migliorando la qualità dell'aria.
In merito all'acqua, la strategia prevede la razionalizzazione e il contenimento dei consumi idrici e la messa in efficienza della rete idrica.
Sul problema dei rifiuti, anche alla luce dell'insostenibile situazione che si è venuta a creare, si prefigura un intervento su tutta la filiera che prevede la riduzione della produzione di rifiuti, la gestione integrata del ciclo di smaltimento e il potenziamento della raccolta differenziata. Saranno possibili forme di compensazione fiscale finalizzata al recupero ambientale dei territori nei quali esiste una forte concentrazione di impianti di smaltimento ad alto impatto ambientale (quali, ad esempio, la Sicilia).
In tema di trasporti e infrastrutture, il DPEF assegna allo sviluppo dei sistemi di collegamento intermodali, in particolare al trasporto combinato, una funzione di volano dell'economia per l'azione di sostegno alle imprese di servizi attraverso il combinato ferroviario e marittimo, per la realizzazione di un sistema di interporti a servizio dei distretti industriali e per la creazione di catene logistiche connesse al trasferimento delle merci dalla produzione al consumo.
Il DPEF attribuisce grande rilevanza all'attuazione delle autostrade del mare sulla scia delle indicazioni emerse in seno al processo di Barcellona, e alla realizzazione di azioni strategiche come la realizzazione di piattaforme logistiche retroportuali integrate con linee ferroviarie di interconnessione.
Profondamente innovativo è l'approccio del DPEF in materia di sicurezza dei trasporti poiché, accanto alle tematiche della prevenzione degli infortuni legati alla mobilità e della protezione da atti criminali, si delinea anche un percorso di sviluppo della ricerca in una prospettiva di crescita tecnologica, industriale ed economica del comparto.
In merito alle infrastrutture vi è l'esigenza di realizzare le opere già approvate con il primo Programma delle infrastrutture strategiche, risolvendone le criticità finanziarie, e di aggiornare il quadro delle priorità inserendo le infrastrutture relative alle reti di telecomunicazione e digitalizzazione con l'obiettivo di assicurare l'universalità dell'accesso a Internet. Si valorizzerà l'infrastruttura fisica e tecnologica della rete postale universale, nell'ottica di una semplificazione dei rapporti tra i cittadini e le pubbliche amministrazioni. Il Governo sosterrà un'accelerazione della diffusione del digitale in tutto il territorio nazionale attraverso incentivi agli investimenti nel digitale da parte della concessionaria del servizio pubblico, sia in termini di costruzione della rete che di confezione di un nuovo palinsesto e di una rinnovata offerta editoriale, in un programma pluriennale, raccordato alla scadenzaPag. 72europea per la definitiva conversione al sistema digitale fissata al 2012.
In tema di scuola, università e ricerca, i dati forniti dal DPEF descrivono un sistema scolastico non competitivo per quel che concerne i titoli di istruzione dei giovani, le conoscenze e le competenze di base, il persistente divario territoriale. In pratica, ci collochiamo ancora al di sotto della media europea e siamo lontani dagli obiettivi fissati dalla strategia di Lisbona per il 2010.
Per recuperare il gap di competitività il Governo ha predisposto una strategia complessiva per rendere più efficiente il sistema d'istruzione finalizzando l'investimento pubblico al fine di aumentarne l'efficacia. Nello specifico il rilancio dell'istruzione sarà attuato attraverso un nuovo sistema di valutazione e valorizzazione professionale degli insegnanti, attraverso nuovi sistemi di reclutamento e formazione per tutto il personale della scuola e l'introduzione di meccanismi adeguati per la progressione della carriera riesaminando anche la disciplina della mobilità.
Per quanto riguarda l'università e la ricerca, l'obiettivo primario è il reperimento di risorse al fine di adeguare l'investimento alla media OCSE. Importate è incrementare la ricerca privata, finalizzando l'investimento pubblico alle infrastrutture per la ricerca, alla valorizzazione dei ricercatori, al diritto allo studio.
In materia di sicurezza, si condivide pienamente l'importanza attribuita al rafforzamento del sistema nazionale di sicurezza quale fattore di sviluppo del Paese. La sicurezza, infatti, migliora la qualità della vita dei cittadini e facilita l'insediamento e la crescita delle attività sociali, culturali, economiche e imprenditoriali. Pertanto, sono avvertite come necessarie puntuali misure destinate alla operatività ed efficacia del comparto delle forze di polizia e delle Forze armate, anche in relazione ai particolari compiti ed alla specificità delle funzioni svolte.
L'approccio scelto è quello del pieno coinvolgimento di tutti gli attori: si riconosce come fondamentale l'apporto di tutte le forze di polizia alla lotta contro la criminalità organizzata in tutte le sue forme, così come si riconosce l'importanza di potenziare il rapporto di complementarità tra i diversi livelli di governo che collaborano alle politiche della sicurezza. Non a caso, i progetti di sicurezza integrata intrapresi negli ultimi mesi hanno promosso il coinvolgimento delle regioni e degli enti locali nell'elaborazione di strategie organizzative nel settore.
L'innovazione tecnologia rappresenta un elemento importante della politica della sicurezza. La carta d'identità elettronica e l'interscambio dei dati anagrafici sono iniziative da rafforzare, in un quadro di potenziamento tecnologico nei settori delle telecomunicazioni, dell'informatica e dell'informatizzazione integrata.
Infine, essenziale è il controllo coordinato del territorio, utilizzando i modelli operativi della polizia di prossimità e della polizia di comunità, tenendo anche presente che, perché esso sia davvero efficace, occorre provvedere alla riorganizzazione dei presidi, alla eliminazione degli uffici non più necessari e alla riduzione del personale di polizia addetto a compiti amministrativi.
Per quanto riguarda la proiezione internazionale, la cooperazione e la difesa, la presenza stessa di alcuni paragrafi dedicati esplicitamente a queste materie rappresenta una novità apprezzabile nel DPEF di quest'anno. Rilevante appare già lo spirito e l'acquisita consapevolezza che «una presenza attiva sulla scena politica internazionale costituisce un fattore imprescindibile di sviluppo dell'economia e della proiezione degli scambi».
Vengono, peraltro, opportunamente indicate nel DPEF alcune priorità strumentali, come il rafforzamento della rete diplomatico-consolare, e alcune priorità geopolitiche (Europa e rapporti transatlantici, Mediterraneo e Asia) che rendono più efficace e credibile l'indicazione programmatica.
Un paragrafo a parte, significativamente inserito nel capitolo relativo alle «Politiche per l'equità sociale», è dedicato poi al finanziamento della cooperazionePag. 73allo sviluppo, materia nella quale si ricorda l'impegno del Governo a una riforma del sistema con la legge delega attualmente in discussione al Senato. Il DPEF disegna con chiarezza e per la prima volta il percorso di progressivi impegni di bilancio che consentirà di raggiungere nel 2010 il livello di aiuto allo sviluppo (0,51 per cento del PIL) cui l'Italia si è internazionalmente obbligata al Consiglio europeo del 2005 per arrivare poi allo 0,7 per cento nel 2015. Il tutto al netto dei contributi arretrati che l'Italia deve ancora versare e che in parte, solo per quanto attiene al Fondo per 1'AIDS e la malaria, sono stati finalmente coperti con la previsione del decreto-legge n. 81. Per quanto riguarda la difesa, vengono indicate alcune priorità di intervento: investimenti nei programmi satellitari, di difesa antimissile e di sostegno alla forza di proiezione rapida aeronavale sulla base di valutazioni relative al tipo di possibili minacce cui far fronte. Tuttavia, occorrerebbe forse una valutazione prudente per evitare il perdurare di un certo sbilanciamento, registrato nella scorsa legge finanziaria, tra risorse destinate agli investimenti e ai nuovi sistemi di arma e risorse destinate all'esercizio, con la conseguenza di uno strumento militare e di sicurezza che ha difficoltà ad operare nei compiti quotidiani.
In tema di politiche del lavoro, dopo anni in cui gli interventi sul mercato del lavoro si sono concentrati sulla definizione ed estensione di forme contrattuali flessibili, il Governo di centrosinistra ha cominciato ad invertire la rotta con la legge finanziaria per il 2007, che ha introdotto, tra l'altro, misure in favore della stabilizzazione, incentivi all'assunzione delle donne, con particolare riguardo alle lavoratrici del Mezzogiorno, maggiori tutele per i lavoratori parasubordinati, specie se donne. In coerenza con le direttrici strategiche già avviate, si intende proseguire l'azione di contrasto al lavoro nero e irregolare e di prevenzione degli infortuni sul lavoro. Ma si vuole anche continuare sulla strada della promozione del lavoro subordinato a tempo indeterminato, quale principale tipologia lavorativa, sia attraverso incentivi sia mediante un'azione di contrasto dell'uso improprio di forme atipiche. In questo contesto, particolare attenzione sarà riservata ai soggetti più deboli del mercato del lavoro, con azioni in favore delle donne, dei giovani e degli ultracinquantenni.
Vi sono poi le politiche per l'equità sociale. In tema di famiglia il Governo intende porre le basi per la realizzazione di politiche sociali universalistiche capaci di assicurare il godimento dei diritti essenziali a tutti i cittadini ed anche ai migranti.
Il DPEF indica nel Piano nazionale della famiglia lo strumento per valorizzare la dimensione familiare presente nelle diverse politiche ed esplicitare la relazione tra i livelli essenziali delle prestazioni sociali e i livelli essenziali per la famiglia. Obiettivi prioritari sono le politiche a favore dei giovani, il sostegno delle famiglie con figli e l'adeguamento della rete dei servizi (specie all'infanzia e alla non autosufficienza), da perseguire potenziando sia lo strumento monetario che quello dei servizi, coerentemente con il percorso avviato con la legge finanziaria 2007. Il piano del Governo per il sostegno della famiglia è sviluppato a partire da due nuclei centrali: la creazione di un unico strumento di sostegno al reddito per le famiglie con figli minori che unifichi detrazioni Irpef e assegni al nucleo familiare e si configuri come una dote fiscale per il figlio, superando gli attuali problemi legati al fenomeno dell'incapienza, e alla ripresa del progetto del reddito minimo di inserimento; la conciliazione delle responsabilità familiari con il lavoro, tramite nuovi asili nido e la riforma dei congedi parentali, e il sostegno alla genitorialità e all'inclusione sociale, con la correzione degli attuali squilibri territoriali.
Per quanto riguarda la politica tributaria, il DPEF ribadisce che uno dei capisaldi della politica fiscale del Governo è la riduzione dell'evasione, che consentirà progressivamente di ridurre il carico fiscale su famiglie e imprese. Sulle famiglie si interverrà sia sull'imposta sul redditoPag. 74(attraverso la rimodulazione del profilo dell'Irpef in modo da sostenere i redditi più bassi, rafforzare il sostegno ai redditi medi ed estendere per quanto possibile i benefici anche ai redditi medio-alti) che sulla tassazione della casa. Per quanto riguarda il trattamento fiscale delle abitazioni, l'ICI sulla prima casa sarà ridotta a partire dal 2008 e un'agevolazione di analogo importo sarà riconosciuta agli inquilini mediante una detrazione d'imposta. Il problema casa sarà affrontato anche mediante l'attuazione del piano triennale per l'edilizia abitativa. Per quanto riguarda le imprese, nella consapevolezza che il sistema produttivo è il cuore della crescita ed è soggetto a crescenti pressioni competitive, l'obiettivo è quello di ridurre le aliquote d'imposizione sui redditi d'impresa e ampliare le basi imponibili. Più specificamente per le piccole imprese, da un lato, si ritiene prioritario identificare le imprese marginali cui ridurre al minimo gli obblighi tributari anche studiando la possibilità di sistemi di tassazione forfetaria e semplificata, dall'altro, si intende incentivare le aggregazioni d'impresa, l'investimento in ricerca, la quotazione delle imprese e l'apertura del capitale di rischio al private equity anche con possibili sgravi fiscali.
Infine, priorità è attribuita alla semplificazione degli adempimenti tributari per le imprese di piccola dimensione e la riduzione dei costi sostenuti dai contribuenti, migliorando l'efficienza dell'amministrazione finanziaria, accelerando il sistema dei rimborsi e dando attuazione ai principi di delega in tema di riscossione e accertamento.
Per quanto attiene alle politiche giovanili e alle pari opportunità, questa maggioranza attribuisce importanza strategica ai giovani, nella consapevolezza che per rendere l'Italia più competitiva è necessario investire sulla parte più giovane e dinamica del paese, attraverso la promozione del diritto alla formazione culturale e professionale e alla diffusione dei principi di autonomia, di responsabilità e di cittadinanza attiva. Si tratta di continuare un percorso già iniziato di politiche attive per agevolare l'accesso al mondo del lavoro e contrastare i processi di precarizzazione, sviluppare e valorizzare le competenze e la formazione, facilitare l'accesso alla casa, specie per i giovani lavoratori a basso reddito e gli studenti fuori sede.
Gli altri soggetti a cui è rivolta l'attenzione in modo fattivo e non meramente retorico sono le donne. Anche in questo caso si tratta di proseguire e consolidare le azioni già intraprese, così da favorire l'occupazione femminile, specie al sud, anche attraverso la promozione dell'imprenditoria, rafforzare il riconoscimento della maternità per le lavoratrici discontinue, attivare politiche di formazione permanente per accrescere l'occupabilità delle donne più a rischio, come le migranti o quelle che abbiano interrotto l'attività lavorativa.
Infine, non si può non tenere conto della realtà dell'immigrazione, che non può e non deve essere richiamata solo a proposito delle tematiche della sicurezza. Si prevede così di regolarizzare e qualificare il lavoro di cura, a partire da quello delle migranti, ma anche di potenziare i programmi di protezione e recupero delle vittime di tratta.
In tema di sanità, le azioni di riorganizzazione del sistema sanitario si prefiggono di stabilizzare la spesa rispetto al PIL e di realizzare una politica di sviluppo del settore. Si prevede l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza (LEA), superando prestazioni ormai obsolete e potenziando prestazioni ad elevata rilevanza sociale. Si interverrà anche sulla valorizzazione delle risorse umane, completando il processo di graduale superamento del fenomeno del precariato, si potenzierà la rete delle cure primarie, si riorganizzerà la rete ospedaliera e si razionalizzeranno i sistemi d'acquisto di beni e servizi.
In materia di sanità è inevitabile affrontare il tema delle risorse. In questo ambito, saranno innalzati gli investimenti in edilizia sanitaria e in innovazione tecnologica, mentre, ai fini di un maggior controllo della spesa, si procederà alla riforma del sistema di regolazione del settore farmaceutico. Per ragioni di equitàPag. 75si procederà ad una revisione del sistema di compartecipazione alla spesa da parte dei cittadini, riferendolo alle condizioni economiche delle famiglie tramite l'indicatore sulla situazione economica equivalente - ISEE.
Infine, il Governo conferma la necessità di sviluppare l'integrazione socio-sanitaria a cominciare dal potenziamento dell'assistenza domiciliare integrata alle persone non autosufficienti.
Vi è poi la questione della sostenibilità finanziaria. Per quanto riguarda la modernizzazione della pubblica amministrazione, con il memorandum d'intesa sul lavoro pubblico e la riorganizzazione delle Amministrazioni pubbliche, firmato con le organizzazioni sindacali più rappresentative del mondo del pubblico impiego, il Governo ha inteso legare la modernizzazione del settore pubblico agli obiettivi di maggiore crescita del paese e di più elevata soddisfazione dei cittadini-utenti. Miglioramenti della qualità dei servizi e della produttività dei dipendenti pubblici possono essere colti ove l'organizzazione del lavoro sia riformata su basi di riconoscimento del merito individuale, di conseguente valutazione delle prestazioni e delle capacità professionali, di gestione degli uffici pubblici in funzione di obiettivi di ottimizzazione nell'uso delle risorse umane, finanziarie, strumentali riconoscendo il contributo fondamentale di processi di innovazione tecnologica.
Adeguare i costi ed i tempi della pubblica amministrazione ai migliori livelli europei ed internazionali è diventato un imperativo se si vuol favorire la competitività delle imprese. In tal senso, un aspetto importante è quello legato alla razionalizzazione dei costi della politica anche al fine di rendere più chiaro e coerente il relativo sistema di finanziamento, consentendo un effettivo controllo democratico. A tal fine, oltre alla riorganizzazione delle strutture amministrative e al potenziamento degli strumenti di monitoraggio e valutazione, risulta fondamentale l'eliminazione delle sovrapposizioni tra i diversi livelli di Governo e di amministrazione e l'introduzione di severe incompatibilità tra le cariche elettive e quelle gestionali.
Il DPEF non affronta esplicitamente il tema pensionistico, perché nel momento della sua presentazione era ancora aperta la trattativa con le parti sociali, che si è conclusa con un accordo socialmente equo e finanziariamente sostenibile. Già con il decreto-legge n. 81 sono state destinate risorse ad un incremento delle pensioni più basse, incremento che risponde ad istanze sociali di rilievo rimanendo però all'interno del sistema previdenziale, visto che gli aumenti sono articolati in funzione della gestione di appartenenza e dell'anzianità contributiva. Si interviene anche sulle aree di disagio attraverso il sistema delle maggiorazioni sociali. Soprattutto non si dimenticano i giovani riconoscendo loro un diritto implicito nel sistema contributivo, ossia quello alla totalizzazione dei contributi versati in diverse gestioni.
Anche per quanto riguarda l'accordo sul cosiddetto «scalone» si è cercato di contemperare le esigenze sociali con quelle di tipo finanziario. L'intesa raggiunta prevede che dal 1o gennaio 2008 i lavoratori dipendenti potranno andare in pensione con 58 anni di età e 35 di contributi. In seguito interverrà il sistema delle «quote» (ossia della somma tra anzianità anagrafica e contributiva). Da questo meccanismo sono esclusi i lavori usuranti. Il costo dell'operazione ammonta a 10 miliardi nel decennio 2008-2017 e sarà coperto interamente all'interno del sistema previdenziale, mediante la razionalizzazione degli enti previdenziali, l'incremento dell'aliquota sui parasubordinati, la sospensione per un anno dell'indicizzazione delle pensioni d'oro, l'armonizzazione dei fondi speciali.
Per quanto riguarda il Mezzogiorno, nel DPEF il Governo sottolinea che l'entità degli investimenti pubblici per il Mezzogiorno rimane inadeguata rispetto all'obiettivo di recupero dei divari infrastrutturali e di servizio.
Nonostante il permanere di un consistente squilibrio territoriale tra le due areePag. 76del paese, nel Mezzogiorno sono stati spesi, nella media 2000-2005, circa 1200 euro per abitante contro i 1.270 euro del centro-nord. Le ragioni di tale paradosso (più risorse alle aree più ricche del paese) sono imputabili alle deboli dinamiche di investimento di importanti investitori pubblici e all'insufficiente impegno nell'assicurare al Mezzogiorno la prevista quota (pari ad almeno il 30 per cento) di risorse ordinarie in conto capitale.
Per conseguire più elevati tassi di sviluppo sarà necessario migliorare le capacità di intervento delle amministrazioni centrali, delle regioni e degli enti locali che sono soggetti attuatori nelle politiche territoriali. E un'esigenza a cui tali amministrazioni non potranno sottrarsi: i soggetti attuatori delle politiche territoriali avranno erogazioni proporzionate alle specifiche capacità di spesa.
Per rispettare gli accordi comunitari in tema di addizionalità (che impongono l'obbligo agli Stati membri di mettere a disposizione delle aree destinatarie delle politiche di convergenza risorse equivalenti a quelle comunitarie) l'ammontare della spesa in conto capitale per il periodo 2007-2013 dovrà essere incrementato, rispetto al precedente periodo 2000-2006, di circa il 37 per cento in termini nominali.
Un'importante evoluzione delle politiche territoriali è stata avviata con l'approvazione da parte del CIPE, il 22 dicembre 2006, del quadro strategico nazionale (QSN) 2007-2013, un documento di orientamento strategico che gli Stati membri sono tenuti a predispone in attuazione della politica di coesione comunitaria per il periodo 2007-2013 nell'ambito della strategia nazionale di sviluppo, articolata in «priorità».
Avere un quadro complessivo ha delle implicazioni rilevanti. Anzitutto, le risorse per investimenti dei programmi inseriti nel QSN sono consistenti: dei 124 miliardi di euro complessivi, 100 sono destinati al Mezzogiorno e oltre 22 alle regioni del centro-nord. Inoltre, la programmazione delle risorse aggiuntive per lo sviluppo - Fondi strutturali comunitari e Fondo per le aree sottoutilizzate - è stata unificata (e quindi, ad esempio, l'impegno di bilancio sul Fondo aree sottoutilizzate è ora settennale per assicurare continuità di cofinanziamento al QSN 2007-2013) e questo consente una politica regionale unitaria e coerente. Infine, l'unificazione della programmazione delle risorse permette più chiari indirizzi, certezze e trasparenza delle regole e delle norme da applicare, continuità di azione, coordinamento delle molteplici responsabilità coinvolte nei progetti, soprattutto in quelli di lungo termine.
Le priorità definite dal quadro sono tutte orientate a conseguire per il sud maggiore competitività, più innovazione e un miglioramento strutturale dei servizi pubblici.
In particolare, per i servizi essenziali per il benessere delle comunità locali (istruzione, servizio idrico, gestione dei rifiuti urbani, disponibilità di servizi socio-sanitari per l'infanzia e la popolazione anziana) sono stati stabiliti obiettivi misurabili e verificabili che, se conseguiti, attiveranno meccanismi premiali per circa 3 miliardi di euro.
La ripartizione programmatica delle risorse del QSN accresce in misura rilevante rispetto al passato la dotazione per l'istruzione, la ricerca e l'innovazione, nonché per l'ambiente, l'inclusione sociale e per le città e i sistemi urbani.
Per rafforzare la cooperazione istituzionale e la collaborazione dei diversi livelli di governo sin dalla fase di programmazione delle risorse, nel DPEF si prospetta l'intensificazione e il sostegno all'attività dei numerosi «tavoli» di concertazione territoriale già avviati.
Per ciò che concerne il patto di stabilità e la nuova finanza territoriale, un capitolo significativo del DPEF è, infine, dedicato alla finanza territoriale, alla riforma delle regole che la governano, alle istituzioni fiscali.
Nel Documento si prospetta una radicale evoluzione dei meccanismi di finanziamento degli enti territoriali, capace di perseguire una molteplicità di obiettivi difficili da conciliare: riconoscere agli entiPag. 77territoriali un'autonomia tributaria significativa; attribuire a tali enti maggiore responsabilità nella gestione finanziaria; garantire un adeguato grado di perequazione - cioè un adeguato sistema di riequilibrio di risorse - tra territori in cui spesso a più elevati bisogni corrisponde minore disponibilità di risorse e di gettito dai tributi locali.
Nella precedente legislatura il processo di costruzione del federalismo ha registrato, di fatto, una battuta di arresto: con l'inasprimento dei vincoli all'autonomia finanziaria, al di fuori di procedure concertate; con la sospensione della facoltà di variare la misura delle addizionali; con l'imposizione di un tetto alla spesa che ha irrigidito i bilanci locali anche dal lato delle entrate.
Se la legge finanziaria 2007 ha segnato il riavvio del processo di costruzione del federalismo, il DPEF, manifesta l'impegno a superare tutte le criticità che hanno caratterizzato la riforma del patto di stabilità realizzata con la finanziaria 2007 (che prevedeva, tra l'altro, l'introduzione di alcune misure a livello sperimentale).
La proposta del Governo per risolvere tali criticità è di affrontare i nodi della revisione del patto di stabilità nel contesto del riordino generale della finanza degli enti territoriali, dando attuazione all'articolo 119 della Costituzione. A questo rilevante compito assolve il disegno di legge delega sul federalismo fiscale, aperto alla più vasta e intensa fase di concertazione con il sistema delle regioni e delle autonomie locali.
Le misure del disegno di legge pongono le basi per una radicale revisione del sistema di finanziamento degli enti territoriali con rilevanti obiettivi: conseguire l'equilibrio tra funzioni pubbliche e responsabilità finanziaria; realizzare un'adeguata perequazione tra territori con diverse dotazioni di risorse e differenti bisogni; superare il criterio della spesa storica; coordinare i diversi livelli di governo nel pieno rispetto del patto di stabilità e crescita.
Il DPEF 2008-2011 individua come obiettivo del processo di riforma della finanza locale la piena realizzazione di un sistema in cui i tributi regionali e locali e la compartecipazione ai tributi erariali saranno la fonte primaria di finanziamento delle funzioni locali. I tributi propri saranno lo strumento per garantire la manovrabilità dei bilanci e la responsabilità delle amministrazioni locali; le compartecipazioni ai tributi erariali lo strumento per garantire una stabilità dinamica del volume delle risorse; il sistema di trasferimenti perequativi sarà la garanzia per il finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni e l'esercizio dei diritti civili e sociali; i trasferimenti addizionali saranno finalizzati a far fronte a particolari situazioni di bisogno e ad assicurare la coesione e la solidarietà sociale.
Per ridistribuire le risorse in modo equilibrato sul territorio occorre individuare i fabbisogni di spesa. Per tale individuazione il DPEF prospetta una radicale riforma, con rilevanti implicazioni economico-finanziarie: nell'assetto definitivo questi non dovranno semplicemente coincidere con la spesa storica, come di fatto avviene oggi, ma dovranno essere coerenti con le misure oggettive dei fabbisogni e con il costo standard delle prestazioni erogate, al fine di restituire razionalità alla distribuzione delle risorse.
D'ora in avanti, tutti i livelli di Governo, centrali e decentrati, saranno coinvolti nel processo di definizione degli obiettivi programmatici: ai fini del coordinamento della finanza pubblica, si prevede la presentazione di un provvedimento collegato alla manovra di bilancio che verrebbe presentato ogni anno nel mese di giugno ed approvato entro il mese di ottobre, previa una fase di confronto e valutazione congiunta con regioni, province e comuni, in cui troveranno collocazione le norme della manovra di bilancio. Questo avrà vantaggi rilevanti: «decongestionando» la sessione della manovra di bilancio e garantendo agli enti territoriali margini temporali adeguati per costruire ed approvare i propri bilanci.