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CONSIDERAZIONI INTEGRATIVE DEGLI INTERVENTI DEI DEPUTATI ANTONIO GIUSEPPE MARIA VERRO, LUANA ZANELLA E ALESSANDRO FORLANI IN SEDE DI DISCUSSIONE DEL DOCUMENTO DI PROGRAMMAZIONE ECONOMICO-FINANZIARIA
ANTONIO GIUSEPPE MARIA VERRO. Un bellissimo articolo di Giuliano Ferrara, di qualche settimana fa, ci fa capire - con disarmante semplicità - quel che è successo e quel che può succedere.
È come se uno studente universitario avesse chiesto di spostare gran parte degli esami della sessione estiva a quella autunnale e poi, di fronte alla concentrazione di prove che una simile scelta comporta, chiedesse un'ulteriore proroga alla sessione di febbraio, dicendo che è iniquo fargli fare tanti esami in una sola sessione. Di proroga in proroga lo studente va fuori corso.
L'Italia così facendo distrugge la riforma delle pensioni, anziché migliorarla. Ciò accresce l'iniquità a danno delle giovani generazioni, che vedono aumentare il peso fiscale delle pensioni sui loro redditi, mentre sanno che, quando toccherà a loro, dovranno andare in pensione a più di 60 anni e con pensioni più leggere.
Alcune agenzie di rating, nonostante l'imponenza della manovra finanziaria del 2007, avevano già abbassato il rating del nostro Paese perché pensavano che il Governo non fosse in grado di attuare la riforma Maroni. Adesso altre agenzie potrebbero fare lo stesso.
La parola iniquità sfuggita al Premier vale, in modo pertinente, per la distinzione tra lavori usuranti e lavori normali. Ma non ha il coraggio di definire quali siano i lavori veramente usuranti e non quelli sindacalmente opportuni.
Il termine equità va maneggiato con cura in tema di spesa pubblica, anche perché sta determinando, nel Paese, un nuovo moto di ribellione fiscale, che oggi riguarda i contribuenti tassati dagli studi di settore e domani non si sa chi potrà riguardare (ad esempio, i giovani lavoratori per l'esosità dei contributi sociali).
Le imposte possono essere inique per il modo con cui sono costruite, ma soprattutto per il loro scopo non produttivo, ma distributivo.
LUANA ZANELLA. Si comincia insomma a mettere in campo una forte azione capace di valorizzare la sinergia tra economia ed ecologia, attraverso provvedimenti strutturali di riduzione della C02 nel campo dell'edilizia, della politica energetica (con la centralità delle fonti rinnovabili), della difesa del suolo, dell'agricoltura, dell'innovazione tecnologica, della mobilità sostenibile.
Va quindi assunto integralmente l'impegno contenuto nella risoluzione del Senato (sul DPEF) che prevede una quota del 40 per cento delle nuove iniziative previste tra le spese eventuali per la completa applicazione del Protocollo di Kyoto.
A proposito di mobilità e trasporti, va con onestà detto che il DPEF è obiettivamente contraddittorio.
Da un lato, infatti, il paragrafo dedicato alle questioni ambientali contiene una serie di principi e criteri di indirizzo sui quali non si può non concordare:
Si fa riferimento alla eventualità di ricorrere allo strumento fiscale per regolare i consumi di combustibili fossili e si sottolinea l'importanza strategica del ruolo del trasporto pubblico locale e della mobilità sostenibile. Dall'altro lato, però, l'impostazionePag. 86«sostanziale» di parte del DPEF rischia di muoversi in ben altra direzione. Mi riferisco all'Allegato Infrastrutture, il cui contenuto finisce per ricalcare piuttosto fedelmente il piano delle grandi (e piccole) opere pubbliche delineato a suo tempo da Lunardi e Berlusconi per «modernizzare il Paese».
Se è vero che l'allegato propone una lista di opere per un costo complessivo di 118 miliardi di euro per i prossimi 5 anni, selezionando e tagliando positivamente di quasi due terzi la cifra di 305 miliardi del piano Lunardi, è anche vero che circa il 50 per cento della spesa pubblica e privata, su questi 118 miliardi, è ancora costituita da infrastrutture stradali e autostradali, proponendo circa 1.100 chilometri di nuove autostrade, quando invece la priorità, sempre in materia stradale, sarebbe il loro adeguamento, manutenzione e messa in sicurezza.
ALESSANDRO FORLANI. È importante che il legislatore e il Governo si facciano carico della tutela dei consumatori, della sostenibilità dei costi della vita, in rapporto al livello e all'andamento dei redditi. Non ci si può limitare a una politica di redistribuzione utilizzando le maggiori risorse percepite, ma occorre garantire servizi pubblici più concorrenziali e competitivi. Quindi, politiche di liberalizzazione e privatizzazioni, naufragate durante il Governo di questa coalizione di sinistra, nei settori più importanti e più critici, come nel caso dei servizi pubblici locali e della privatizzazione dell'Alitalia.