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Informativa urgente del Governo sui recenti gravissimi fatti criminosi che hanno visto coinvolti anche cittadini stranieri e sulle politiche del Governo in materia di sicurezza pubblica (ore 19).
(Interventi)
PRESIDENTE. Passiamo agli interventi dei rappresentanti dei gruppi.
Ha chiesto di parlare il deputato Naccarato. Ne ha facoltà.
ALESSANDRO NACCARATO. Signor Presidente, ringrazio, a nome del gruppo Partito Democratico-L'Ulivo, il Viceministro Minniti e il Governo per l'informativa precisa e puntuale che egli ha appena dato alla Camera.
Ci uniamo al cordoglio espresso dal Governo alla famiglia di Giovanna Reggiani, barbaramente uccisa nei giorni scorsi a Roma, e manifestiamo anche noi l'apprezzamento per il lavoro che la magistratura e le forze dell'ordine, anche in questa occasione, hanno svolto e svolgono quotidianamente nel nostro Paese con grande competenza, producendo importanti risultati come la recente cattura dei vertici della criminalità organizzata ricordata appena adesso dal Viceministro.
L'omicidio di Giovanna Reggiani ha turbato l'opinione pubblica e ha contribuito ad aumentare la paura e l'insicurezza diffusa, in particolare nelle aree urbane della nostra nazione. Il Governo ha fin qui portato dati - in particolare con l'informativa di questa sera - e numeri che descrivono bene la realtà e ha evidenziato in modo assolutamente condivisibile che la sicurezza è un bene di tutti, Pag. 89la cui questione deve essere affrontata in modo serio e responsabile nel rispetto dei diritti sanciti dalla nostra Costituzione e dello stato di diritto.
Per tali motivi, ritengo che sia opportuno inquadrare anche la vicenda dei giorni scorsi in un contesto più ampio, che sia importante insistere sul fatto che solo interventi di questo tipo possono evitare derive razziste e xenofobe, che ogni tanto si riaffacciano anche nel nostro Paese, e che solo così si possono contrastare i tentativi di farsi giustizia da soli, che in realtà peggiorano la situazione della sicurezza e incutono maggiori paure ai nostri cittadini.
Il Governo sta affrontando la questione in modo serio, organico ed equilibrato. Credo che su questi temi non serva demagogia. La sicurezza dei cittadini è un bene di tutti e deve essere affrontata con la responsabilità fin qui dimostrata.
I disegni di legge denominati «pacchetto sicurezza» che il Viceministro ha ricordato in questa sede, appaiono, da questo punto di vista, molto positivi e utili e rappresentano una risposta tempestiva rispetto alla situazione del Paese.
In particolare, essi contengono strumenti concreti ed efficaci per contrastare e reprimere la criminalità. Penso all'istituzione della banca dati del DNA, alla previsione della custodia cautelare per reati che provocano grave allarme sociale, quali le rapine, i furti e le violenze sessuali, nonché a norme più severe per chi sfrutta l'accattonaggio, in particolare dei minori, per chi utilizza lavoratori irregolari e per chi fabbrica merci false.
Anche la cancellazione di norme emanate durante la precedente legislatura, che hanno accorciato i tempi di prescrizione dei reati, è utile soprattutto per quanto riguarda il tema della certezza della pena, che il Viceministro ha appena ricordato. Quest'ultimo aspetto rappresenta uno dei punti deboli del nostro ordinamento che velocemente devono essere modificati.
Credo altresì che le misure in materia di espulsioni, opportunamente trasformate e introdotte nel decreto-legge che ci apprestiamo ad affrontare per convertire in legge, hanno l'obiettivo fondamentale di rendere effettivi i provvedimenti di espulsione, e tutto ciò costituisce uno strumento molto utile richiesto dalle autorità di pubblica sicurezza del nostro Paese e ci può consentire di affrontare in modo serio i problemi fin qui descritti.
Gli altri aspetti che sono stati toccati credo abbiano bisogno sicuramente di approfondimenti da parte del Parlamento. Ricordo che ci apprestiamo a discutere il disegno di legge finanziaria, che, da questo punto di vista, contiene novità molto importanti, come l'aumento dei mezzi e delle risorse alle forze dell'ordine e la previsione di 4.509 nuove assunzioni per questo comparto. Anche da questo punto di vista si vede una risposta concreta rispetto ai problemi di finanza fin qui evidenziati.
Certamente vi è anche l'altra faccia della medaglia e ha fatto bene il Viceministro a ricordare che il problema non è l'immigrazione in sé e in quanto tale, quanto, invece, l'assenza spesso e l'insufficienza di politiche di integrazione e di inclusione sociale, perché è lì che si annida una serie di problemi con le comunità immigrate.
Penso, per esempio, al grande problema che abbiamo con la clandestinità e con la ghettizzazione di alcune comunità, che tendono inevitabilmente ad essere preda delle organizzazioni criminali.
Altro versante molto importante che è stato toccato è quello della collaborazione con i Paesi d'origine dei flussi migratori ed anche da questo punto di vista credo sia giusto ricordare che uno dei limiti che ci troviamo ad affrontare oggi è l'aver sottovalutato l'ingresso di alcuni Paesi nell'Unione europea negli anni scorsi, in altre parole, non aver previsto che l'allargamento dell'Unione europea a Paesi come la Romania, di cui tanto si sta discutendo negli ultimi giorni, avrebbe provocato alcune situazioni che solo oggi ci si trova ad affrontare con una visione di tipo emergenziale.
In conclusione, Viceministro Minniti, credo che i dati da lei portati oggi, possano contribuire a svolgere un dibattito sereno e responsabile anche nel nostro ParlamentoPag. 90 e aiutano sicuramente le forze politiche a prendere coscienza di una situazione che deve essere affrontata con lo spirito che il Governo fin qui ha dimostrato.
Solo in questo modo credo che saremo in grado di dare risposte serie ai cittadini che ci chiedono maggiore sicurezza con le caratteristiche che prima si descrivevano (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-L'Ulivo - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Santelli. Ne ha facoltà.
JOLE SANTELLI. Signor Presidente, nel ringraziare il Viceministro Minniti, credo, però, che sia opportuno sottolineare che proprio per la delicatezza e la serietà del tema, forse, sarebbe stata anche opportuna la presenza del Ministro dell'interno in quest'Aula, per quel rispetto del Parlamento che prima il Viceministro segnalava (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
Onorevole Minniti, lei ci ha presentato una serie di dati e ha dato anche una lettura complessa delle vicende che abbiamo vissuto negli ultimi giorni ed è opportuno forse inserire in questo contesto anche la sua risposta.
Iniziando dalla sua ultima frase, lei, infine, ha detto che questa polemica sulle risorse forse non è opportuna. Lei sa bene, Viceministro Minniti, quanto la polemica sulle risorse alle forze di polizia sia opportuna. Forse non erano sufficienti i fondi già impegnati da noi: lei più volte, da quei banchi, se ne è lamentato.
Ma i tagli drastici di questo Governo alle forze di polizia rendono la situazione ancora più incandescente. Mi chiedo e le chiedo, signor Viceministro, se lei fosse stato dalla parte dell'opposizione e si fosse trovato dinnanzi un Ministro dell'interno che, come ha fatto l'onorevole Giuliano Amato, davanti al Parlamento ha ammesso di non avere a disposizione risorse finanziarie e umane per assicurare la legalità e la sicurezza in questo Paese, quale sarebbe stato il suo atteggiamento e quello dei suoi colleghi.
Credo che vi sarebbe stata una protesta attonita e, comunque, un'enorme preoccupazione, come è giusto che sia su questi temi. Mi auguro, quindi, che dalle parole di oggi, abbastanza concilianti, si passi anche nella fase di approvazione della legge finanziaria, ad un atteggiamento ben più duro rispetto a quello della legge finanziaria precedente.
Noi faremo la nostra parte, ma il Ministero dell'interno deve fare la sua per chiedere quanto gli spetta per assicurare i soldi alle forze di polizia, che significa anche assicurare prevenzione a questo Paese. Se parliamo di prevenzione, dobbiamo avere gli strumenti e gli uomini per porre in essere questo tipo di prevenzione.
Lei ha affermato che sulla sicurezza non dobbiamo mai dare risposte emozionali, ma che bisognava dare anche una risposta alla preoccupazione in termini di sicurezza e paura che - spero di ripetere letteralmente - nelle ultime ore, giorni e settimane, arriva dalla gente. Su questo aspetto non sono d'accordo, Viceministro: la paura e la preoccupazione in questo Paese esistono ormai da mesi.
È una costante, più volte ripetuta. Queste cose si dicono non solo per polemica, ma anche perché, se vogliamo capire gli errori, dobbiamo comprenderli fino in fondo. Più volte abbiamo detto che esiste un «problema sicurezza» in questo Paese e lei ricorda molti Ministri di questo Governo, compreso il Presidente del Consiglio, che affermavano che la destra buttava benzina sul fuoco e che il Paese era sicuro. Questo Paese non è sicuro!
Sapete bene che il Governo Berlusconi, rispetto ai dieci Paesi nuovi entranti nell'Unione europea, aveva inserito una serie di limiti all'entrata in vigore immediata dell'Accordo di Schengen. Appena arrivati voi al Governo, nel giugno 2006, avete eliminato quei limiti.
Quando, nel dicembre del 2006, si è trattato di decidere cosa fare rispetto alla Bulgaria e, soprattutto, alla Romania, perché eravamo consapevoli del problema, voi, contrariamente a quanto hanno fatto altri Paesi, come Austria e Germania, Pag. 91avete deciso di aprire immediatamente le frontiere (Applausi del deputato Armani).
In una interpellanza svolta in questa sede, alle preoccupazioni esposte da questa opposizione il Ministro Amato ha risposto che si era perfettamente consapevoli che il flusso di immigrati dalla Romania avrebbe potuto rappresentare un problema reale per la sicurezza e l'ordine pubblico e che tale problema sarebbe stato risolto attraverso la costituzione di un gruppo di lavoro presso il Ministero dell'interno. Evidentemente, anche quel tipo di risposta non era abbastanza efficace. Non serviva. Ci dispiace dirlo, colleghi, ma avevamo ragione noi: cosa ci vuole a riconoscerlo (Applausi del deputato Armani)? Avevamo ragione, perché vi era un problema e bisognava porre dei limiti: era inevitabile che se la Germania, l'Austria e i Paesi confinanti avessero chiuso le frontiere o avessero stabilito dei blocchi e dei limiti, mentre l'Italia lasciava le frontiere aperte, il flusso sarebbe arrivato qui.
Noi non abbiamo un problema con la Romania, ma con il Governo italiano! È una cosa ben diversa. Non vi sono istanze xenofobe. Voglio affermarlo in Parlamento, signor Viceministro, e mi rivolgo ai colleghi: quando si parla di questi temi, è ingiusto rivolgersi nei nostri confronti, ogni volta che parliamo di sicurezza, con l'accusa di razzismo [Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale e UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)]! È un'accusa che rispediamo al mittente, frutto di demagogia e di superficialità nell'affrontare i problemi. Saranno questa superficialità e questa demagogia, forse, a creare nel Paese delle vere istanze razziste, che finora non abbiamo conosciuto.
Lei ha parlato di risposte non emozionali: magari, signor Viceministro! Dopo una serie ininterrotta di episodi che hanno scosso fortemente la coscienza della gente - non possiamo non ricordare i due coniugi uccisi e seviziati nel nord -, quello che ha fatto notizia è l'omicidio avvenuto a Roma (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale e Lega Nord Padania), non per la povera signora Reggiani, purtroppo, ma perché era coinvolta l'immagine del «modello Roma» del vostro sindaco Veltroni! Questa è la realtà dei fatti: a voi o, meglio, all'onorevole Veltroni serviva un «effetto-annuncio» ed è ciò che è stato quel decreto. Questo «effetto-annuncio» va sempre più smussandosi in questi ultimi giorni, fino alla riunione di oggi, che ormai rappresenta quasi cartastraccia.
Anche in relazione al suo intervento, signor Viceministro, non possiamo non notare come sia stato estremamente rassicurante per alcune forze della sua maggioranza. Mi rendo conto della necessità di tenerle tutte unite, ma, naturalmente, i messaggi, da un punto di vista politico, siamo tutti in grado di capirli. In ogni caso, come dicevo, le risposte non ci sono.
Lei si riferisce ad un decreto che dovrebbe attuare una direttiva europea e parla del decreto legislativo del 2006: esso è estremamente importante, ma in Italia è stato tirato fuori solamente dal Commissario europeo Frattini. Il Presidente del Consiglio e il Governo sostengono che il «problema rumeni» è un problema dell'Europa, ma il commissario Frattini afferma che l'Europa lo ha già risolto, perché è il Governo italiano che non applica una direttiva europea. Quella direttiva, come lei sa bene, approvata dal Consiglio dei ministri nel febbraio del 2006, non è mai arrivata in Parlamento, perché, per un cosiddetto errore tecnico, è ancora ferma alla Conferenza Stato-regioni. Questo è un Governo che non sa agire e che non opera.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
JOLE SANTELLI. Oggi, ci aspettiamo realmente dal Governo misure serie. Non ci possiamo permettere, non ve lo potete permettere voi come Governo, non se lo può permettere la maggioranza...
PRESIDENTE. Deve concludere.
JOLE SANTELLI. ...non ce lo possiamo permettere noi come opposizione: non si può permettere la politica, ancora una Pag. 92volta, di prendere in giro gli italiani (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale, Lega Nord Padania e UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Rampelli. Ne ha facoltà.
FABIO RAMPELLI. Signor Presidente, cari colleghi, abbiamo atteso questo dibattito e ci aspettavamo, sinceramente, che potesse essere celebrato con un po' di anticipo rispetto alle dichiarazioni ascoltate oggi, in questa sede, dal Viceministro Minniti, e, magari, con la presenza, per il Governo, del Ministro dell'interno, cosicché questo dibattito potesse ancor più - se possibile - nobilitarsi.
Tuttavia, Viceministro, ciò non significa, ovviamente, che lei non abbia fatto fino in fondo il suo dovere, né che gli argomenti che lei ha portato in questo dibattito non siano meritevoli di un approfondimento e, quindi, di un confronto, al quale non ci sottrarremo.
Anche noi di Alleanza Nazionale esprimiamo la nostra solidarietà, la nostra vicinanza e il nostro cordoglio alla famiglia di Giovanna Reggiani, al marito e ai genitori; siamo rimasti davvero scossi per l'episodio brutale di cui Giovanna Reggiani è stata vittima. Pertanto, desidero immediatamente spazzare il campo da ogni equivoco e, con altrettanta forza, dichiarare la lontananza abissale rispetto a quella cultura che prevede la tentazione di farsi giustizia da sé, la cultura dell'intolleranza, della discriminazione e dell'esclusione sociale.
Anche l'episodio del 2 novembre, cui lei, Viceministro, ha fatto riferimento - ossia l'aggressione ai rumeni nell'area di parcheggio di Tor Bellamonaca - è un episodio che condanniamo con grande forza: lo abbiamo fatto già nei giorni scorsi e lo ripetiamo con solidarietà, se possibile, oggi, in questa sede.
Tuttavia, dobbiamo fare attenzione e dobbiamo cercare davvero di essere onesti fino in fondo con noi stessi. Dobbiamo porci la seguente domanda: tutto ciò - le aggressioni a Giovanna Reggiani, a Luigi Moriccioli e alla coppia di Treviso - erano evitabili? Dobbiamo domandarci in cosa lo Stato ha sbagliato se tutto ciò, comunque, si è manifestato con la violenza efferata che abbiamo potuto constatare e che ha indignato, giustamente, in modo sacrosanto, tutto il popolo italiano. La nostra risposta è che lo Stato avrebbe potuto fare di più e meglio.
Quando, evidentemente, non vi è la capacità (forse, la volontà) di prevenire alcuni fenomeni, quando si mette la testa sotto la sabbia, quando non si ha il desiderio di confrontarsi con la realtà per come essa si manifesta (la realtà può essere cruda ma, comunque, se lo è, evidentemente servono misure che vadano al di là delle astrazioni e che travalichino, se è possibile, le ideologie, le vecchie impostazioni e le utopie: potremmo così definirle), ebbene, in tutti questi casi, bisogna essere pragmatici. Bisogna scendere in campo con determinazione a difesa del proprio ruolo, del popolo italiano e, in modo particolare, delle fasce sociali più deboli: le persone indifese, i bambini, i minori, le donne e coloro i quali, magari, non possono, neanche da un punto di vista sociale, permettersi il lusso di fabbricarsi una protezione pagandola profumatamente, perché appartengono ad un ceto sociale di diverso tipo.
Da questo punto di vista, riteniamo che un po' tutti possano e debbano maturare. Quello che è accaduto è figlio di una cultura permissivista che viene da lontano e che affonda le proprie radici in un'impostazione che poc'anzi ho definito ideologica e che è difficile davvero poter contestare. Dunque, ciascuno di noi dovrebbe lasciarsi dietro le spalle il proprio armamentario ideologico e rispondere in maniera concreta alle esigenze del popolo italiano.
Abbiamo esordito male, da questo punto di vista, innanzitutto, approvando - lo dico con grande forza e convinzione - un provvedimento di indulto del quale abbiamo parlato lungamente in questi mesi, ma che - va da sé - ha rappresentatoPag. 93 un segnale inaccettabile, certamente non un segnale di fermezza rispetto a coloro i quali si sono posti al di là della legge (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).
Allo stesso modo, vorrei rammentare a lei, Viceministro, e a tutte le forze che compongono la maggioranza che sostiene questo Governo che la legge Fini-Bossi fin dal principio è stata letteralmente bersagliata (ancorché paradossalmente forse, parzialmente e solo parzialmente applicata) dai vostri improperi e dalle vostre aggressioni.
Mi rivolgo anche al sindaco Veltroni, nonché vostro leader o, almeno, leader del Partito Democratico, per dire che, in qualche circostanza (che è stata volutamente occultata) Roma si è macchiata di diversi episodi, che tutti quanti noi abbiamo potuto constatare, al di là della nostra cittadinanza e del nostro campo geografico di azione. Quando si è parlato dei pochissimi sgomberi e dei pochissimi interventi nelle aree occupate abusivamente da parte di immigrati clandestini e nomadi, abbiamo potuto constatare una sorta di accordo tacito secondo il quale le persone che venivano sgomberate da una parte all'altra della capitale d'Italia, non venivano neppure identificate proprio affinché, attraverso la mancata identificazione, non si potesse procedere all'applicazione della legge Fini-Bossi e, quindi, ai rimpatri.
È stato scandaloso e vergognoso! Questo atteggiamento, evidentemente, ha prodotto una sorta di richiamo non solo verso le popolazioni rumene ma tutte le popolazioni che guardano all'occidente, all'Europa opulenta e all'Italia come ad un paradiso nel quale potersi collocare per cercare fortuna.
Pertanto, signor Viceministro Minniti, onorevoli colleghi del Parlamento italiano e della maggioranza, oggi è triste doversi confrontare con questi argomenti, perché vi è una sorta di sensazione di venire disarmati, in quanto una buona parte delle cose che si sarebbero potute evitare, si sono tragicamente consumate.
Abbiamo sentito evocare la direttiva europea 2004/38/CE che, in realtà, conferiva allo Stato italiano - così come a tutti gli altri Stati europei - la possibilità di provvedere alle espulsioni anche dei cittadini dell'Unione europea, qualora si fossero verificati determinati requisiti.
Tra questi ultimi non vi è soltanto il pregiudizio per la sicurezza nazionale, bensì anche per la sicurezza pubblica, l'ordine pubblico; vi è, inoltre, quello circa l'impossibilità di garantire un'assicurazione per le cure sanitarie valida su tutto il territorio nazionale e una legittima preoccupazione per coloro che non si trovano nelle condizioni di dimostrare di essere autosufficienti da un punto di vista economico.
Noi aggiungiamo che chi si trova qui, a casa nostra, oltre a dimostrare la propria identità, deve avere la propria residenza. Non è possibile, come accaduto nei giorni scorsi in quest'aula, ascoltare dichiarazioni ed evocazioni riportate sui quotidiani in relazione ad altre diaspore, quelle italiane, dei nostri emigranti che, come sappiamo bene, si sono recati, praticamente, in ogni angolo del mondo. Non credo che, per i nostri emigranti, fosse possibile collocare una baraccopoli, costruendola a Parigi piuttosto che a Londra o a New York o anche soltanto in America latina.
Non credo che fosse possibile ciò che è stato possibile qui in Italia, sulle sponde del fiume Tevere, piuttosto che su quelle dell'Aniene o di tanti fiumi che attraversano le grandi aree metropolitane e i piccoli centri di provincia.
Da questo punto di vista dobbiamo capire che è necessario ed indispensabile coniugare il principio di legalità con quello di solidarietà, ma occorre farlo in maniera assolutamente concreta e perentoria.
PRESIDENTE. Deve concludere, per favore.
FABIO RAMPELLI. Concludo, Presidente. Dobbiamo impedire che qualcuno possa percepire che ci si può recare in Italia a fare ciò che aggrada, persino costruire villaggi abusivi per poi disturbare il diritto alla sicurezza di tutti i cittadini italiani, a cominciare da quelli più deboli Pag. 94che albergano in modo particolare nelle periferie delle grandi città.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Mascia. Ne ha facoltà.
GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, il nostro cordoglio per Giovanna Reggiani si unisce anche al ringraziamento per la sua famiglia, perché i suoi familiari hanno usato, in questo contesto, parole di civiltà che invece altri, in questi giorni, hanno smarrito.
Vorrei far presente, signor Presidente, che lo stupro è da noi considerato uno dei reati tra i più obbrobriosi a cui non vi è rimedio, perché colpisce il corpo e l'anima.
Pertanto, non vi sono parole da esprimere, ma anche in questa occasione bisogna dire che la violenza contro le donne e gli stupri contro le donne per la maggior parte (per il 62,4 per cento) avvengono in famiglia.
Quindi, vi è bisogno di un grande investimento culturale in tali culture che resistono anche nel nostro Paese ed in Europa. Inoltre, bisogna immediatamente dire che tale reato, anche quando è così efferato e colpisce una donna nel nostro Paese, non può certo trasformarsi in una criminalizzazione di un intero popolo o di un'etnia. Per questo motivo, pensiamo che in tale occasione non ci possa essere demagogia e strumentalità, soprattutto quando le vicende nascono dall'emozione di un fatto di cronaca così grave.
Invece, in questi giorni abbiamo assistito ad una campagna imponente di xenofobia e di razzismo che ha additato un intero popolo e ora porre rimedio a ciò è una faccenda complicata. Certamente, però, occorre la responsabilità di tutti perché penso che, se la paura dei cittadini è legittima e la sicurezza è un diritto, occorre ragionare per capire quali siano gli interventi da fare. Tali interventi devono riguardare i quartieri - in particolare quelli più degradati - e le periferie delle grandi città. Per questo occorre avere città illuminate, strade abitate e anche città vissute e per questo esistono le responsabilità dei sindaci, del Parlamento e di tutti i livelli istituzionali al fine di investire in un certo modo le nostre risorse e anche per avere più forze dell'ordine nelle strade, se ciò aiuta a rassicurare e non perché ciò, di per sé, possa risolvere i problemi.
Ma le paure, qualunque esse siano, non possono legittimare nessuno a farsi giustizia da solo e penso che abbia fatto bene il Viceministro Minniti ad affermare che nessuno può legittimare le ronde. Non condannare le ronde o giustificarle sull'onda di un'emozione vuol dire, in qualche modo, assumersi una responsabilità pesante di legittimazione che produce, poi, degli effetti a catena.
Penso, invece, che c'è bisogno di grande responsabilità soprattutto per chi siede in questi banchi e ha fatto bene ancora il Viceministro Minniti a sottolineare come dai dati emerga anche chiaramente che non esiste un rapporto tra immigrazione e criminalità, ma certo c'è un rapporto tra i fenomeni di illegalità e la condizione di clandestinità.
È per tale motivo che noi cancelleremo la legge cosiddetta Bossi-Fini e stiamo approvando la legge cosiddetta Amato-Ferrero per offrire a tutti un'opportunità di lavoro e anche di liberazione da condizioni di schiavitù, di sfruttamento e di lavoro nero che ancora permangono nel nostro Paese.
Ieri, Barbara Spinelli scriveva in uno splendido articolo che chi parla di immigrazione come di un male sbaglia due volte: essa non è evitabile - e questo è il primo sbaglio - e non è un male, e questo è il secondo errore. Semmai il problema è la capacità di governare un fenomeno così complesso che non riguarda solo l'Italia, ma l'intera Europa. I dati mostrano, peraltro, che il nostro Paese, è arrivato per ultimo in modo forse più tumultuoso rispetto ad altri, ma certamente questo fenomeno non è così quantitativamente rilevante: la Spagna ci supera anche in questo ambito.
In ogni caso, si tratta di saper governare un fenomeno e reinventare delle politiche anche per il nostro Paese e per l'Europa intera.Pag. 95
Signor Presidente, noi siamo per la libertà di migrare, per lo scambio di esperienze, per la conoscenza delle storie e anche per il riconoscimento delle culture, ma dobbiamo chiederci qual è l'Europa che vogliamo.
Il punto è che nel nostro Paese, nella maggior parte dei casi, arrivano migranti poveri, non istruiti; non sono migranti liberi, ma spinti da una necessità ed a ciò dobbiamo guardare. Visto che si parla tanto di rumeni, mi chiedo come vivano, per esempio, nel loro paese e quali siano le loro condizioni economiche. A me risulta che i redditi da lavoro siano almeno un quinto dei nostri (e non solo in Romania); eppure, molte delle nostre aziende stanno investendo in quel Paese.
Allora, il problema forse è di elevare progressivamente i redditi da lavoro in tutta l'Europa e di parificare i diritti in quei paesi e nel nostro.
Questa è la scommessa vera se si vuole ragionare di un'Europa che risponda alle tradizioni culturali e storiche che noi conosciamo. Detto ciò queste persone - lo sappiamo - sono comunque indispensabili per la nostra economia e per le nostre famiglie. Occorre, quindi, sottolineare ancora una volta che forse il tabù non è quello indicato - rivolto spesso alla sinistra (o alla sinistra radicale come ci indicano) - cioè quello del buonismo e della tolleranza, ma il vero tabù è quello di non voler guardare la realtà, di non conoscere le storie.
Nel corso di questi anni abbiamo visto prima criminalizzare gli albanesi, poi, fino a pochi mesi fa, i musulmani, ora sono i rumeni e poi si fa una grande confusione anche con i rom, non sapendo niente né degli uni, né degli altri e neppure come vivono i rom in Romania.
Ciò rappresenta un problema per questa popolazione anche in quel Paese e dovrebbe, forse, costituire oggetto dei colloqui con il Ministro rumeno che ci visita in questi giorni.
Rom significa Adamo, significa persona. I rom, come molti non sanno in questo Paese, non sono nomadi, ma stanziali e tutte le esperienze, i progetti di integrazione nel nostro Paese parlano di riconoscimento e di conoscenza di questo dato: per questo c'è stata un'integrazione. Sono per lo più cristiani e, comunque, sono una minoranza che è stata perseguitata nella storia.
Dovremmo compiere - stiamo tentando di farlo anche attraverso proposte di legge - un percorso al contrario, di riconoscimento di questa minoranza e anche di conoscenza reciproca delle storie. Quando dobbiamo ricorrere a parole come emergenza, penso che non dovremmo perdere la cultura dell'accoglienza e i principi dello Stato di diritto.
Per tale ragione abbiamo proposto delle correzioni al decreto di cui si è parlato anche stasera, perché sia rispondente, effettivamente, alla direttiva europea che parla esplicitamente di provvedimenti individuali, che esclude le condizioni economiche dall'espulsione - ciò è scritto nella direttiva europea - e che considera le espulsioni casi eccezionali legati alla sicurezza del Paese. Per questa ragione, quindi, abbiamo indicato dei correttivi e ci siamo espressi anche contro il ricorso alla decretazione d'urgenza.
Penso che per svolgere questi ragionamenti, per sollecitare gli anticorpi culturali, per non cadere in queste logiche razziste e xenofobe che abbiamo assaporato, purtroppo, in questi giorni, sia necessario avere pazienza, ragionare, ridare valore, forse, alla lentezza, perché il rischio della fretta è quello di portare un vulnus alla democrazia e alla civiltà del nostro Paese.
Il problema è che in questi giorni abbiamo spesso dovuto ricorrere soltanto alle parole di qualche sacerdote per ricordarci che questa è la storia del nostro Paese e, in ogni caso, è quella che noi vorremmo preservare (Applausi dei deputati dei gruppi Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo e La Rosa nel Pugno).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato D'Alia. Ne ha facoltà.
Pag. 96PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIULIO TREMONTI (ore 20)
GIANPIERO D'ALIA. Signor Presidente, signor Viceministro Minniti, anzitutto noi dell'UDC apprezziamo le parole di cordoglio che lei ha voluto esprimere per la barbara uccisione della signora Reggiani - parole alle quali ci associamo - esprimendo la solidarietà, l'affetto di tutti noi alla famiglia della signora e al marito per l'episodio grave, tanto grave da aver accelerato e fatto cambiare opinione positivamente al Governo sulla materia.
Avremmo apprezzato per la verità - lo dico senza polemica, ma proprio per andare al cuore delle questioni che siamo chiamati oggi ad affrontare - una maggiore tempestività dell'informativa resa dal Governo, non solo e non tanto per la relazione sui fatti e sulle dinamiche, che conosciamo, ma proprio perché questo ci avrebbe, forse, consentito di dare un contributo, anche in via preventiva, ad alcuni provvedimenti di urgenza che il Governo ha inteso adottare, questi sì, sotto l'onda dell'emozione suscitata da un fatto grave, gravissimo, purtroppo non il solo, non l'unico in questo Paese.
Voglio con altrettanta franchezza dirle, signor Viceministro, che noi apprezziamo la cittadina rumena che ha denunciato il suo connazionale per lo stupro e per l'omicidio (Applausi dei deputati dei gruppi UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo e La Rosa nel Pugno).
Lo facciamo perché per noi un delinquente è un delinquente, indipendentemente dal fatto che sia cittadino italiano, comunitario o extracomunitario. Se commette un reato, indipendentemente da quale parte del territorio si trovi, per noi deve essere perseguito secondo le leggi del nostro Stato.
E mi dispiace che ogni qual volta si sollevi, con molto garbo ma anche con molta decisione, un dubbio sull'operato del vostro Governo, si levino «sepolcri imbiancati» che ci fanno la predica e che in realtà sanno bene che, anziché la predica, stanno soltanto operando l'ennesimo rito: il cosiddetto pianto del coccodrillo. Perché, signor Viceministro? Non le parlerò di Roma, né della vicenda di Tor di Quinto. Non perché il suo amico sindaco di questa città possa aversene a male, ma perché sono chiare ed evidenti le responsabilità di una amministrazione che in questa città non ha funzionato e che ha concorso, con il proliferare dell'abusivismo dei campi nomadi (Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e di deputati del gruppo Alleanza Nazionale), anche a questi fatti e a queste degenerazioni.
Il Sole 24 Ore ha fornito i dati sulla sicurezza e sui reati, a partire dai più piccoli, che sono i più odiosi; essi non colpiscono gli alti ceti sociali, collega Mascia: il borseggio, lo scippo colpisce la pensionata, colpisce il pensionato, colpisce le famiglie che non hanno un reddito per potersi difendere da sole e che non viaggiano in un auto blindata o in macchine di lusso. Questo è il dato! Il concetto moderno di sicurezza, dal nostro punto di vista, va visto proprio in questa logica, nella inversione del valore che si tutela, che deve essere quello della preservazione della comunità civile, della società e delle fasce più deboli che devono essere difese dallo Stato proprio perché hanno meno possibilità di difendersi da sole. Questo è il senso della nostra battaglia politica, non quello di dare la caccia oggi al rumeno, domani all'islamico e così via. Non appartiene alla nostra cultura, ma questo - consentiteci - non ci può impedire di gridare la nostra indignazione rispetto ad una attività approssimativa del suo Governo in tale materia.
Signor Viceministro, proprio perché non le voglio parlare di Roma, le parlo di altre realtà. Non è problema solo romano: capisco che ormai valga la massima Roma caput mundi per altre ragioni, ma le cito un esempio che è quello della mia città, che lei conosce bene perché ha studiato a Messina. Oggi il quotidiano locale pubblica uno speciale, perché è stato scoperto un campo rom all'interno di un ospedale Pag. 97dismesso. Il capo di questa comunità, giustamente, ha ritenuto opportuno ricavarsi l'alloggio nella cappella di questo ospedale. Le segnalo questo fatto, che certamente ci fa un po' sorridere, per far capire la diffusione capillare di questo fenomeno anche in realtà inimmaginabili, quale può essere una realtà meridionale, e per fare capire come non è solo con il suo linguaggio forbito, educato e apparentemente convincente che possiamo concludere i nostri lavori contenti di quanto è avvenuto: ci vuole qualcosa di più e di diverso.
Dobbiamo riconoscere alcuni errori. Ricorderete che il sindaco di Milano, Letizia Moratti, organizzò una marcia dei cittadini milanesi per sollevare il problema della sicurezza nelle città, ma l'avete presa per pazza. Avete detto che quello era un modo per disarticolare il tessuto democratico e civile della comunità nazionale. Successivamente sono stati i vostri sindaci di centrosinistra a dirvi che emanavano quelle ordinanze, ridicole per la verità, sui lavavetri, perché avvertivano il disagio nelle comunità. Avete stretto dei patti per la sicurezza, a cominciare da quello di Napoli, che non sono serviti a nulla se non a far spendere qualche euro alle amministrazioni locali, perché di euro non ce ne sono a sufficienza in questo settore. È certo che noi ci compiaciamo insieme a voi della cattura dei Lo Piccolo, e ci auguriamo che venga preso presto anche Matteo Messina Denaro; ma questo rallegramento ci convince sempre di più che oggi, più passa il tempo, e più è affidato al volontariato e all'abnegazione dei singoli poliziotti, delle singole strutture di polizia il contrasto a tutte le forme di criminalità. E questo non va bene: quando oggi il Ministro Amato viene a dirci, durante il question time, che ci sono 80 milioni di euro per l'allestimento e l'aggiornamento dei mezzi delle forze di polizia, fatto che noi giudichiamo positivo, ci fornisce un dato che è però anche inquietante, perché, come lei sa, i mezzi hanno bisogno di essere manutenuti e bisogna fare una programmazione di acquisto di lungo periodo.
Quello che si effettua è dunque un tamponamento: ma se le forze di polizia non hanno la possibilità di avere un piano pluriennale di acquisizione, di allestimento e di turn over dei mezzi, è evidente che poi esse restano - non so se sia vero - con le volanti senza benzina. Ma non voglio parlare dei dati.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
GIANPIERO D'ALIA. Concludo, signor Presidente. Mi ha meravigliato l'intervento della collega Mascia, ma non più di tanto. Oggi, il presidente del gruppo di Rifondazione comunista ha affermato che è barbaro mandar via dal proprio territorio coloro i quali non hanno un reddito. Ebbene, la norma che prevede ciò è stata approvata il 6 febbraio 2007 da questa maggioranza. Su questo punto non abbiamo avuto motivi di dissenso, ma è necessario che vi mettiate d'accordo, poiché, altrimenti, signor Viceministro, quel che lei dice non è credibile. Questo è il dato (Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e del deputato Armani)!
La direttiva comunitaria contiene una norma precisa che prevede un principio molto semplice: se mi reco in Inghilterra per rimanervi per più di tre mesi, lo posso fare solo se ho un lavoro subordinato o sono lavoratore autonomo o ho un reddito ed un'assicurazione sanitaria. Tuttavia, mentre in Inghilterra e in Francia questo sistema funziona, in Italia non funziona, poiché nel nostro Paese non vi è una data certa di ingresso, e dunque non è facile dimostrare il requisito della permanenza dei tre mesi: di conseguenza, l'allontanamento è impossibile. Questa è una delle ragioni per le quali il decreto-legge, così com'è, non funziona.
Vorrei aggiungere - e mi avvio alla conclusione - che vi è un altro dato assai importante. Con questo decreto-legge avete introdotto una norma che prevede l'allontanamento (con forme edulcorate: vi è il foglio di via e tutto quel che sappiamo; non vi è un meccanismo di espulsione vera Pag. 98e propria), ma non vi siete posti il problema dell'ingresso. Dell'ingresso si occupa una disposizione che è contenuta nell'articolo 20 da lei ha citato: le sottolineo che il comma 2, che noi abbiamo avversato in Commissione, prevede che non può costituire motivo di limitazione dell'ingresso nel nostro Paese, la sussistenza in capo al cittadino comunitario di una sentenza di condanna. Se non si può porre un freno all'ingresso anche per chi è stato condannato, è evidente che il problema non si può che affrontare e risolvere alla fine.
Vorrei svolgere un'ultima considerazione prima di concludere: sa perché valutiamo positivamente il decreto-legge? Perché richiama ed introduce alcuni meccanismi in materia di espulsioni che hanno funzionato e continuano a funzionare e mi riferisco alla legge Bossi-Fini. Ciò conferma quindi la bontà di quel testo; dunque, non potrete più toccarlo, dopo aver approvato questo decreto-legge, se volete i nostri voti. Altrimenti, signor Ministro, il paradosso è che sarà più facile espellere un inglese o un francese che non un extracomunitario in base alla delega Amato-Ferrero. Vi sembra logico? Tutto il Paese e tutta l'Europa ne riderebbero.
Se dunque siamo d'accordo sul fatto che vi deve essere una condivisione sulle questioni che attengono ai valori della sicurezza, fate attenzione a non cadere in contraddizione, perché non avrete il nostro consenso (Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), Forza Italia e Alleanza Nazionale - Congratulazioni)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cota. Ne ha facoltà.
ROBERTO COTA. Signor Presidente, vorrei dire in primo luogo che anche noi ci associamo al cordoglio espresso alla famiglia di Giovanna Reggiani. Lo facciamo con sincerità, sapendo che cosa significa per una famiglia il dolore collegato ad una uccisione così atroce.
Signor Presidente, signor Viceministro, noi oggi registriamo un altro fatto che, dal nostro punto di vista, è politicamente rilevante: mi riferisco al fatto che il dibattito su un tema importante come quello della sicurezza avviene in una aula deserta e non alla presenza del Ministro dell'interno, ma - con tutto il rispetto - alla presenza soltanto di un Viceministro. Si tratta di un segnale politico, signor Presidente e signor Viceministro, non soltanto di disattenzione nei confronti del Parlamento, ma anche nei confronti del tema della sicurezza ed è una disattenzione colpevole da parte di questo Governo. È l'ennesimo segnale di una disattenzione che si perpetua nel tempo dal primo giorno in cui questo Governo si è insediato.
Signor Viceministro, le cose non accadono per caso e non mi riferisco soltanto a quest'ultimo avvenimento.
Mi riferisco ad un'escalation di fatti criminosi ed efferati i cui protagonisti sono persone che o sono uscite con l'indulto oppure sono entrate nel Paese per effetto di una vera e propria invasione che caratterizza l'immigrazione in questi periodi.
Quando dico che parlo di una serie di fatti, mi riferisco anche a quelli di grandissima gravità che sono stati considerati e trattati in modi diversi. Oggi si parla dell'uccisione di Giovanna Reggiani, ma uguale attenzione non è stata dimostrata qualche mese fa per i morti di Treviso (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!
Capisco che anche questo è un altro segnale di disattenzione, ma che il Viceministro dell'interno, mentre si sta discutendo di temi così importanti, stia parlando al telefono è una vergogna! È una vergogna, signor Presidente, le chiedo di intervenire! È una vergogna, la telefonata la fa dopo! Parla dopo dei fatti suoi (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!
MARCO MINNITI, Viceministro dell'interno. La sto ascoltando, continui il suo intervento.
ROBERTO COTA. ...e lei lo fa mentre si sta discutendo di un tema così importante.Pag. 99 Anche questa è una mancanza di serietà, caro Viceministro (caro si fa per dire)! Dicevo, morti di serie...Non rida, per cortesia, non c'è niente da ridere!
FRANCESCO AMENDOLA. La smetta lei!
ROBERTO COTA. Dicevo, morti di «serie A» e morti di «serie B»: questa è la domanda che sorge spontanea. Morti di «serie A», perché evidentemente non era in gioco la voglia di risolvere i problemi, bensì l'immagine di qualcuno, del sindaco di Roma che si trova per le mani una città che non riesce a gestire, dove la sicurezza è stata messa all'ultimo posto ed i cittadini hanno paura di uscire di casa! Ciò perché evidentemente si è pensato negli anni quasi esclusivamente all'immagine: mi riferisco all'uomo dell'immagine, Walter Veltroni, che oggi vorrebbe trasportare la stessa politica dell'effimero, che ha adottato quale sindaco di Roma, alla guida del Governo, se mai dovesse essere eletto Presidente del Consiglio. Ma al Nord non siamo scemi: i cittadini del Nord non sono scemi e sanno bene che il leader del PD è il sindaco di Roma, l'esempio di una certa politica che noi abbiamo sempre contestato!
Ricordavo la politica dell'immagine che è ben riassunta nel decreto che avete presentato. Anzitutto, il giorno prima affermate una cosa e il giorno dopo l'esatto contrario: anche questo è un sintomo, una dimostrazione di mancanza di serietà.
Il Ministro dell'interno - forse anche per questo motivo oggi non si è recato in Aula a riferire - si fa intervistare in televisione e dice: «non faremo mai un decreto-legge su questa materia»; il giorno dopo, puntualmente, poiché bisogna far vedere qualche cosa che non c'è, un'attenzione che non si ha, afferma: «mi sono sbagliato, oggi facciamo il decreto-legge». Ma il decreto-legge è assolutamente un «pannicello caldo», servito soltanto ad uso e consumo dei telegiornali.
Come è stato ricordato prima, si vogliono espellere i cittadini comunitari quando non si ha la possibilità di controllare quando sono entrati e si prevede come requisito per l'adozione dei provvedimenti la permanenza di più di tre mesi, quando non si è in grado di dimostrare quando sono entrati! Ma è chiaro che qualunque rumeno interpellato dirà di essere entrato ieri e non si avrà la possibilità di dimostrare il contrario.
Quelli che vogliono recarsi sul nostro territorio per delinquere entreranno e non si faranno registrare nei tre mesi, perché non vi è la possibilità di controllarli.
È per tali ragioni che il decreto-legge rappresenta assolutamente un «pannicello caldo». Inoltre, un problema così grande e così complesso come quello concernente l'immigrazione e la sicurezza si può risolvere senza affrontare alcuni nodi che da tempo chiediamo vengano affrontati? Il primo è l'effettività della pena. Avete approvato l'indulto! Dico ciò non soltanto con riferimento alle forze di maggioranza, ma anche alle forze politiche che hanno votato tale provvedimento e che oggi se ne dimenticano. Sembra che l'indulto sia piovuto dal cielo e non sia stato approvato da nessuno. Tuttavia, è stato approvato con una discussione parlamentare in quest'aula e, quando richiamavamo l'attenzione sul fatto che si stava adottando un provvedimento che avrebbe messo fuori di galera tanti delinquenti, che puntualmente sono andati a commettere nuovamente dei reati, abbiamo anche chiesto di porre l'attenzione sul fatto che andavano esclusi almeno quelli che avevano commesso i reati più gravi. Tuttavia, quasi tutti hanno fatto orecchie da mercante. È per tali ragioni che le cose non succedono a caso. Inoltre, pensate di risolvere il problema dell'immigrazione, approvando il disegno di legge Amato-Ferrero.
PRESIDENTE. Onorevole Cota, dovrebbe concludere.
ROBERTO COTA. Ho sentito anche in quest'aula delle considerazioni fuori dalla realtà. Il disegno di legge Amato-Ferrero - se approvato - farà entrare sul nostro territorio proprio gli immigrati che non hanno un lavoro. Che cosa credete che Pag. 100facciano queste persone che entrano senza un'occupazione? Certamente, con molta probabilità andranno a commettere dei reati. Ma questo volete fare con il disegno di legge che avete presentato al Parlamento e che avete fatto approvare in Commissione come testo base. Questa è una vergogna e una mancanza assoluta non solo di serietà, ma di attenzione nei confronti dei problemi della gente, che tutti i giorni vive sulla propria pelle la mancanza di sicurezza (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania e di deputati del gruppo Alleanza Nazionale).
Per non parlare del disegno di legge sulla cittadinanza: anche in quel caso vi è il problema di persone che arrivano nel Paese e che non sono integrate, ma voi volete dare la cittadinanza a tutti. Come si possono affrontare i problemi con tale impostazione?
PRESIDENTE. Onorevole Cota, la prego di concludere.
ROBERTO COTA. Signor Presidente, concludo con un ultima considerazione che mi deve lasciar svolgere. Quando parliamo di mancanza di serietà, parliamo anche di un gioco allo scaricabarile, che oramai da qualche giorno il Governo sta cercando di fare circa le responsabilità sull'allargamento dell'Unione europea. Mi chiedo: ma quando l'Unione europea si è allargata, chi era il presidente della Commissione europea? Non vi ricordate che era l'attuale Presidente del Consiglio, Romano Prodi? Era lui il presidente della Commissione europea e che si è attivato per l'allargamento!
Inoltre, lo stesso Presidente Prodi, da Presidente del Consiglio dei Ministri non ha applicato la moratoria, come hanno fatto altri Paesi che almeno hanno posto un argine. Questa è una vergogna!
Infine, vi è la questione delle ronde. C'è poco da ridere o da dare ad altri del razzista. Le ronde nascono quando non vi è lo Stato e lo Stato oggi non c'è, perché non c'è un Governo che governa. Questo è il punto vero (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania e di deputati del gruppo Alleanza Nazionale)! Altro che condannare le ronde, accusando così gli altri, in maniera superficiale, di essere razzisti! Pensate ad assumervi le vostre responsabilità! Qui c'è bisogno di una politica completamente diversa, di un Governo diverso che intraprenda una politica differente. Noi speriamo nelle elezioni (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania, Forza Italia e Alleanza Nazionale)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Di Salvo. Ne ha facoltà.
TITTI DI SALVO. Signor Presidente, al contrario dell'onorevole Cota, abbiamo apprezzato molto l'intervento e l'informativa del Viceministro Minniti. Voglio però essere precisa al riguardo: abbiamo apprezzato la cultura politica che sottende quell'intervento. Ci è piaciuta molto l'insistenza con cui il Viceministro ha voluto esprimere la convinzione del Governo circa l'esistenza di un nesso inscindibile tra accoglienza, integrazione e sicurezza.
Noi abbiamo apprezzato molto l'indignazione con la quale il Viceministro ha stigmatizzato le ronde popolari. Avrei voluto sentire negli interventi dei colleghi dell'opposizione, soprattutto con riferimento all'intervento dell'onorevole Cota - e sarei stata contenta di sorprendermene - parole che commentassero negativamente le ronde popolari. Il punto, infatti, non è semplicemente non invocarle, ma è essere precisi nel capire cosa sottendono, perché vi è una violenza diffusa che cova sotto traccia in questa società frammentata, della quale vanno riannodati i fili. Non si può semplicemente accarezzare quella violenza e quell'aggressività!
Le ronde popolari non sono solo un'offesa al buon senso, ma rappresentano anche un rischio e una preoccupazione ulteriore; non sono di aiuto ad una democrazia che cerca, invece, di risolvere i nuovi problemi delle società globali, parlando di convivenza! Ritengo che non sia di buon senso e vada contro l'intelligenza di chiunque, pensare che si possano alzare barriere nei confronti dell'immigrazione. Ma come si fa a pensarlo! Come si fa a Pag. 101non comprendere che quell'immigrazione è sospinta dalla disuguaglianza tra il nord e il sud del mondo!
Il punto è misurarsi con le nuove domande che l'immigrazione pone e con i conseguenti nuovi problemi che sicuramente esistono. Occorre misurarsi con il fatto che è evidente che una comunità non possa assorbire un flusso migratorio senza confini, ma da questo a pensare che possano essere elevate barriere ce ne corre! Negare l'evidenza rappresentata dal fatto che - con riferimento a tale aspetto sono particolarmente scontenta - l'allargamento dell'Unione europea è una scelta decisiva per estendere la democrazia in modo diverso da quello delle punte delle baionette, significa negare anche la stessa scelta che - lo ricordo - il Governo Berlusconi annunciò durante il semestre europeo, con un'enfasi degna di miglior causa. In quell'occasione ci spiegò, infatti, che l'Europa doveva essere un grande mercato, esteso dalla Russia a Israele, e noi non fummo d'accordo perché l'Unione europea ha un senso anche rispetto ad un progetto politico! Questo ci venne spiegato nel semestre di presidenza italiana durante il Governo Berlusconi!
Ciò che è accaduto qualche giorno fa, ossia l'aggressione, la violenza sessuale e poi la morte di Giovanna Reggiani ad opera di un uomo rumeno denunciato da una donna rumena - circostanza che è importante sottolineare - è sicuramente una tragedia inenarrabile. Il mio gruppo si unisce a tutte le persone che in questa Assemblea, compreso il Governo, ed in Italia hanno manifestato il cordoglio di fronte ad una tragedia così spropositata. Mi unisco anche a chi, come l'onorevole Mascia, intervenuta prima di me, svolgendo una considerazione che condivido molto, ha manifestato l'ammirazione per le parole di grandissima dignità e non scontate che la famiglia ha pronunciato dinanzi a quella barbara uccisione.
Le risposte della politica ci devono essere; devono essere sobrie, razionali, non emozionali, rigorose e coerenti con lo Stato di diritto. Non è stato così per tutti! Ho sentito narrare non solo in quest'Aula di espulsioni di massa che francamente sono un'offesa al buon senso e si spiegano soltanto con la scelta di avviare una campagna elettorale, altro che! Smettetela con l'ossessione di Veltroni! Chi è ossessionato, risolva la sua ossessione e abbia il coraggio di dire che ha iniziato la campagna elettorale!
Ritengo che vada letto tutto ciò che è dietro quella tragedia.
Il Viceministro Minniti ha giustamente proposto un ragionamento segnato da una cultura politica che condivido, e che ha spaziato e messo insieme vari temi. Ha parlato, infatti, di sicurezza del Paese e, quindi, ha commentato e sottolineato ciò che il Governo ha realizzato, a seguito dei fatti di qualche giorno fa, e sul tema della sicurezza in generale.
Farò altrettanto, seppure brevemente. Sono convinta, infatti, che quella tragedia ne evoca tante. In primo luogo affermo con assoluta certezza, nettezza e senza ombra di dubbio che un atto violento e un atto criminale non sono mai giustificabili; sono spiegabili, certamente, ma non hanno mai nessuna giustificazione: mai, mai, mai. Naturalmente, lo Stato di diritto in Italia ci dice - ma ce lo dice anche l'Europa - che di quell'atto criminoso risponde la persona che lo ha commesso. Non si può in nessuno caso criminalizzare una comunità o un'etnia per quell'atto criminoso. Questa è la ragione razionale, politica - e che necessariamente ed eticamente deve essere sottolineata - alla base della contrarietà alle espulsioni di massa. Non ho, inoltre, dubbi anche a sostenere con assoluta tranquillità che una riflessione deve essere svolta sui limiti del sistema giudiziario italiano, ad esempio, sulla certezza della pena, sull'adeguatezza del sistema delle carceri e sulla velocità dei processi. Si tratta di problemi che, certamente, non ha creato questo Governo (in un anno e mezzo, infatti, non avrebbe potuto determinarli, e dunque sono pregressi).
Vi è un ulteriore aspetto che ho particolarmente condiviso nell'informativa del Governo, vale a dire il rigetto del binomio criminalità-immigrazione. Si tratta di un binomio da respingere e che non deve Pag. 102essere evocato neanche di sfuggita, in quanto alimenta la paura e non risolve nulla. Piuttosto devono essere affrontati - lo ricordavo precedentemente - i temi che i flussi migratori, oggi, propongono a noi e a tutte le società globali. Infatti, il diritto alla sicurezza e alla legalità è un diritto che deve essere garantito a tutti, nativi e migranti. Per garantire il diritto alla sicurezza e alla legalità - che, ripeto, è un diritto di tutti e di tutte - è necessario, certamente, essere in grado di realizzare delle politiche di integrazione e di convivenza.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
TITTI DI SALVO. È necessario pensare - in quanto è vero che vi è un rapporto tra clandestinità e criminalità - al superamento della legge Bossi-Fini e all'approvazione della legge Amato-Ferrero. È necessario parlare di scuola e di riqualificazione del territorio, e parlare bene e sempre delle forze di polizia, sostenendole nel loro lavoro. Non sono a sproposito i complimenti relativi al successo contro la mafia, in quanto tale successo fa sperare al Paese che la mafia possa essere vinta, ed è una speranza che qualche anno fa non avevamo più.
Forse per garantire il diritto alla legalità e alla sicurezza è necessario attuare politiche, rivedendo la politica economica agricola europea. Non mi dilungo ulteriormente al riguardo perché non ne ho il tempo, e intendo svolgere alcune ulteriori considerazioni. La prima è relativa al decreto-legge con il quale il Governo ha affrontato questi temi. Penso che il decreto-legge debba essere migliorato, so che può essere migliorato e sono convinta che il Governo lo migliorerà.
La seconda considerazione riguarda la seria discussione sulla sicurezza che si sta svolgendo. Da tale discussione deve essere eliminata tutta la demagogia dalla quale è stata ammantata, ma, soprattutto, signor Presidente - lo devo proprio dire - deve essere squarciato un velo. In quella tragedia si possono leggere tanti aspetti, ad esempio - non lo hanno detto in tanti, ma in troppo pochi - l'ennesima violenza sessuale contro una donna. Gli atti di violenza sessuale contro le donne e gli stupri riempiono quotidianamente le pagine dei giornali e la cronaca del Paese (che è un Paese civile e democratico), riguardano donne italiane e straniere e sono compiuti da uomini italiani e stranieri.
Sento come parte della maggioranza che esiste la necessità - la sento anche come mia responsabilità - di reagire. È necessario squarciare il velo dell'imbarazzo, che esiste, e reagire. Possiamo fare ciò, in quanto ne abbiamo gli strumenti. Infatti, vi è un disegno di legge contro la violenza sessuale, e penso che si possa trovare il modo, anche con l'opposizione, di fronte a tutto ciò, di fornire una risposta civile alle attese delle donne e degli uomini civili del Paese, in quanto si tratta, ormai, di una cronaca insopportabile e intollerabile (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo e Comunisti Italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Costantini. Ne ha facoltà.
CARLO COSTANTINI. Signor Presidente, signor Viceministro, intervengo in rappresentanza del gruppo Italia dei Valori. Innanzitutto, ci uniamo al cordoglio espresso alla famiglia della signora Giovanna Reggiani e, in secondo luogo, diamo atto al Governo di aver messo in campo tutti gli strumenti che i vincoli di appartenenza all'Unione europea oggi ci mettono a disposizione.
Si è trattato di un'azione certamente stimolata dalla gravità della situazione determinatasi con il barbaro assassinio della signora Giovanna Reggiani e, ciononostante, gestita con equilibrio: equilibrio che rinveniamo nel testo del decreto-legge n. 181 del 2007, ma che riscontriamo anche nelle dichiarazioni, nei comportamenti, nella ferma condanna degli episodi di vigliacca ritorsione che hanno visto protagonisti delinquenti comuni, così come nel tentativo di rendere sempre più forte, in questi giorni e anche Pag. 103oggi, il rapporto di collaborazione con il Governo rumeno, indispensabile per normalizzare una situazione che resta straordinariamente difficile.
Molte difficoltà - devo affermarlo con grande rammarico - continuano ad essere alimentate da un clima politico ostile a qualsiasi intervento di riforma, impegnato quasi esclusivamente a combattersi, a scaricarsi responsabilità, a strumentalizzare anche le situazioni più disperate, avendo come costante ed esclusivo obiettivo la colpevolizzazione dell'avversario politico, molto più che l'interesse generale del Paese, che sembra quasi scomparso dal confronto e dalla dialettica politica. Anche rispetto ai contributi e alle proposte di modifica al decreto-legge sull'allontanamento dei cittadini comunitari, suggeriti dall'opposizione, sembra a noi - ma inizia a sembrare anche a moltissimi cittadini italiani - che tali interventi siano diretti molto più ad alimentare potenziali elementi di divisione all'interno della maggioranza, piuttosto che a perseguire la soluzione migliore, la quale, per essere tale, avrebbe bisogno anche del contributo sereno, equilibrato e costruttivo dell'opposizione.
L'immigrazione, sia quella comunitaria sia quella extracomunitaria, costituisce un fenomeno di straordinaria complessità e, forse, la sfida più difficile che il Paese si trova ad affrontare in questi anni. Una sfida che, se vinta, produrrà ricchezza, sviluppo economico e progresso della nostra società: dobbiamo vincerla, perché la nostra storia sono i milioni di italiani che hanno costruito la fortuna di molti Paesi all'estero e che ci impongono di fare questo. Vincere questa sfida è possibile, perché, se depuriamo il confronto politico delle strumentalizzazioni di cui ho parlato, ci accorgeremo che non sono moltissime le questioni che ci dividono.
C'è bisogno di più rigore, di maggiori controlli, di espulsioni certe, così come di pene certe nei confronti di chi viene in Italia per delinquere, ma, al tempo stesso, c'è bisogno di costruire le condizioni sociali affinché, separata l'immigrazione buona da quella cattiva, chi arriva nel nostro Paese per lavorare abbia la possibilità e gli strumenti per integrarsi. Possiamo dividerci sui criteri di reperimento della manodopera della quale il nostro sistema produttivo ha bisogno (come, ad esempio, il contratto di lavoro per poter entrare in Italia o strumenti più flessibili, come proposto con la cosiddetta legge Amato-Ferrero); possiamo dividerci sulle modalità di rilascio dei permessi, sulla loro durata, sui meccanismi di rinnovo, sui meccanismi dei procedimenti di espulsione, su come e quando attuarli e come determinarli; possiamo dividerci tra chi sostiene che chi perde il lavoro debba avere il tempo di trovarne un altro prima di doversi dare alla clandestinità e chi sostiene, invece, che debba tornare il giorno stesso nel Paese d'origine. Possiamo dividerci su tali aspetti (ed è giusto alimentare un confronto politico anche forte), ma non rispetto a due principi che, dalle dichiarazioni di molti, sembrano ormai costituire un patrimonio comune di quasi tutte le forze parlamentari.
Chi viola le leggi dello Stato e viene in Italia per darsi al crimine deve essere rispedito nel Paese di origine senza se e senza ma. Chi, invece, viene rispettando le leggi dello Stato per contribuire alla crescita economica e allo sviluppo della nostra società, ha diritto ad essere pienamente integrato nella stessa.
Partiamo, quindi, da ciò che ci unisce, ed evitiamo di continuare ad attribuirci colpe. Se ritardi vi sono stati nell'intervento dell'attuale Governo, ritardi ancor più gravi sono imputabili al precedente Governo, dal quale abbiamo ereditato una situazione disastrosa e il quadro normativo attuale, perché la legge Amato-Ferrero non è ancora entrata in vigore. Ci troviamo nella fase di piena operatività della legge Bossi-Fini, e questa situazione ha determinato gli episodi di criminalità che oggi ci vengono contestati. Però, di fronte a una tragedia così grande, per una volta, almeno su un tema così delicato, dal quale, come dicevo, dipende il futuro della nostra società, la sicurezza delle nostre famiglie e il progresso di molte imprese, proviamo a mettere insieme le nostre Pag. 104energie. Liberiamo i cittadini dei litigi e degli scambi di accuse, con i quali li inondiamo tutti i giorni, e consegniamo loro soltanto le migliori soluzioni.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Buemi. Ne ha facoltà.
ENRICO BUEMI. Signor Presidente, signor Viceministro, l'uccisione di Giovanna Reggiani è un fatto gravissimo, di bestiale ferocia, che non trova e non deve trovare giustificazione alcuna. Alla famiglia va il nostro sincero cordoglio e l'esplicito apprezzamento per la compostezza e l'atteggiamento assunto di fronte alla tragedia immensa che l'ha colpita. Vogliamo anche, però, esprimere il nostro ringraziamento e apprezzamento per la preziosa testimonianza e la purtroppo vana azione di soccorso della cittadina rumena che è intervenuta nella vicenda, vittima anch'essa di una condizione di vita inaccettabile in un Paese civile come il nostro.
Signor Viceministro, intendo sottolineare in modo molto esplicito che i comportamenti criminali sono sempre soggettivi e chiamano in causa solo gli individui, anche quando si muovono in forma associata, e non la loro nazionalità ed etnia. La libera circolazione dei cittadini europei in Europa è un diritto, quindi ogni misura deve tener conto di questo principio fondamentale. Riteniamo che non ci possano essere misure ulteriori. In questo senso, il decreto-legge adottato dal Governo rappresenta un passo di maggiore puntualizzazione, ma non si può prescindere dal diritto fondamentale, sancito per i cittadini europei, di potersi muovere liberamente in Europa. Nel caso contrario, verrebbe meno il principio di unità del soggetto politico dell'istituzione europea, che vogliamo con tanta fatica costruire.
Altrettanto chiara deve essere la nostra sanzione politica rispetto alle sollecitazioni e alle iniziative assunte dalle cosiddette ronde - al riguardo invito il Ministro e le autorità competenti a verificarne anche i profili di legalità e di legittimità - che rappresentano un'attività intollerabile, che non può essere accettata, neanche di fonte a gravi reati, e che mette in discussione il ruolo di istituzioni fondamentali e il corretto ordine e funzionamento della società.
Viceministro Minniti, esprimiamo apprezzamento per la sua informativa, ma vogliamo manifestarle anche la preoccupazione per come è percepita l'azione delle autorità italiane in Europa e in Romania. Non si può correre il minimo rischio che i provvedimenti di accompagnamento alla frontiera, legittimi di fronte a situazioni di pericolo per la sicurezza nazionale e dei cittadini, possano ingenerare il convincimento che si tratti di trasferimenti coatti di popolazione.
La valutazione, pertanto, non può che essere soggettiva, e chiediamo che essa sia assolutamente effettiva, attraverso la verifica dell'autorità giudiziaria, così come previsto dal decreto. Al contempo, apprezziamo l'apertura del Ministro in ordine all'affidamento della relativa competenza alla magistratura togata, e non alla magistratura onoraria. Peraltro, signor Viceministro, senza la riconquista di una nuova efficienza della giustizia nel nostro Paese, ogni azione di deterrenza e di contrasto potrebbe essere vana.
Non si tratta soltanto di invocare generiche misure, ma si tratta di rendere più tempestiva l'azione giudiziaria, perché fa sorridere il potenziamento dell'azione di polizia, se poi coloro che la polizia arresta o mette sotto controllo non vengono giudicati dall'autorità giudiziaria e non ricevono la sanzione necessaria, a fronte di illeciti penali che sono stati verificati.
Pertanto, si tratta non soltanto di lavorare nella direzione delle misure di prevenzione e di polizia, ma anche di fornire nuova e rinnovata efficienza al nostro sistema giudiziario, che non può essere certamente mantenuto in una situazione di blocco, che deriva anche dall'arretrato, dall'insufficienza degli organici e da alcune normative - dobbiamo essere sinceri - che in qualche misura costituiscono non maggiori garanzie, ma un impedimento ad una spedita azione giudiziaria.
Dunque, quando ci indigniamo di fronte a una situazione di incertezza della Pag. 105pena o quant'altro, dobbiamo anche porci il problema di un rilancio dell'attività dell'organizzazione giudiziaria, che deve svilupparsi attraverso nuovi livelli di efficienza, non tutti raggiungibili semplicemente con le modifiche normative: in alcuni casi è necessario un potenziamento di risorse, di strutture e anche di personale, non soltanto togato, ma anche di supporto (mi riferisco a personale amministrativo, di cancelleria e via dicendo).
Il popolo rumeno ha la stessa dignità degli altri popoli del mondo. In tal senso voglio ringraziare gli oltre quaranta deputati che hanno voluto aderire all'associazione di amicizia per la Romania, che abbiamo promosso tra i colleghi parlamentari, insieme con i colleghi Grillini e Spini, quale segno simbolico della volontà di discriminare il popolo rumeno dal singolo criminale, che ha una sola definizione, ovvero quella del codice penale - lo ribadisco - nella sua piena responsabilità personale.
Tuttavia, signor Viceministro - in tal senso so che lei manifesta la massima disponibilità e sensibilità - bisogna compiere uno sforzo economico, potenziando le dotazioni dei mezzi e del personale delle forze di polizia. Ripeto: non servono soltanto le norme; le norme possono aiutare, ma se poi non vi sono gli uomini sul territorio, che agiscono in maniera permanente nell'osservare ed intervenire, certamente le normative rimangono lettera morta.
Da questo punto di vista, signor Viceministro, vi è anche la necessità di ribadire un principio: l'azione di repressione e di contrasto è affidata alle organizzazioni di polizia nazionale, mentre ancora una volta questa vicenda - anche se non voglio qui attribuire responsabilità né al sindaco di Roma, né alla sua amministrazione e neanche alle altre amministrazioni d'Italia - pone in risalto un fatto, e cioè che, in questi anni, da parte degli enti locali l'ottica si è orientata verso l'azione repressiva, che non è il compito primario delle amministrazioni locali. L'azione di contrasto di polizia e l'azione repressiva sono competenza dello Stato: lo prevede la nostra Costituzione, che non possiamo modificare surrettiziamente.
Tuttavia, vi è un compito fondamentale degli enti locali: favorire l'azione di inserimento e di recepimento di queste presenze, promuovendo la loro ricollocazione all'interno di un contesto di civiltà. Chi ha visto le immagini di quelle baracche di plastica e cartone sull'argine del fiume, al freddo, senza luce, nel fango e negli escrementi, non può non aver avuto un senso di ripulsa e di grave preoccupazione, perché quelli sono luoghi bestiali, e in quei luoghi bestiali la bestialità dell'uomo certamente non è giustificata, ma purtroppo si manifesta. Da questo punto di vista è necessario un riorientamento dell'azione degli investimenti degli enti locali, non verso l'alto ma verso il basso: non si tratta di una politica buonista, ma di una sana politica di prevenzione.
Alla luce di tali fatti, signor Viceministro, ritengo che sia però necessario - e lo dico in maniera anche autocritica - ragionare sulle modifiche ai nostri ordinamenti introdotte nel corso degli ultimi anni, in particolare in materia di riduzioni di pena per i vari riti alternativi.
Credo che tale materia debba essere riconsiderata, perché purtroppo in molte situazioni la pena rappresenta un fatto puramente simbolico e, allora, viene meno la sua funzione di deterrenza e anche quel principio di eguaglianza che deve sussistere tra gli Stati europei, perché il nostro Paese rappresenta o tende a rappresentare - non intendo affermare che la situazione sussiste concretamente, ma che la stessa esiste almeno dal punto di vista della sua percezione - un luogo di facile attività criminale rispetto ad altri Paesi.
In questo senso, ritengo che azioni correttive siano necessarie, ma che sia inoltre necessario - lo dico anche ai colleghi dell'opposizione - abbandonare le posizioni di pregiudizio. Come noi, in qualche misura, facciamo spesso autocritica e cambiamo opinione, così è necessario che anche i colleghi dell'opposizione affrontino la questione in esame - che ha una dimensione nazionale e non costituiscePag. 106 soltanto un problema della maggioranza - per dare una risposta seria ed effettiva e non di propaganda.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Licandro. Ne ha facoltà.
ORAZIO ANTONIO LICANDRO. Signor Presidente, signor Viceministro, anche il gruppo dei Comunisti Italiani vuole anzitutto esprimere un sentimento di cordoglio sincero alla famiglia della signora Reggiani.
Tuttavia, vogliamo dire sin dall'inizio di cosa si è trattato, ovverosia, ancora una volta, di un caso drammatico e tragico di violenza estrema di un uomo contro una donna, un omicidio, un crimine gravissimo, come ormai risulta chiaro e acclarato anche dai dati assolutamente sconvolgenti pubblicati di recente dal Ministero dell'interno sui reati contro le persone e, segnatamente, contro le donne, che si consumano quotidianamente all'interno delle mura domestiche.
Non possiamo al tempo stesso non registrare, come hanno fatto altri colleghi, la grande forza morale e la dignità delle reazioni dei familiari della vittima, che francamente stridono in maniera davvero assordante con le strumentalizzazioni insopportabili, e per certi versi anche volgari, di questa drammatica vicenda operate da una parte della politica.
Soltanto chi muove da pulsioni autoritarie, antidemocratiche, razziste e xenofobe può giungere a comportamenti e a contenuti polemici come quelli cui abbiamo assistito e stiamo assistendo anche in questo dibattito.
Signor Presidente, sicurezza ed emotività irrazionale sono due grandi questioni incompatibili in una democrazia avanzata, matura e compiuta. Altri colleghi lo hanno sottolineato: i fatti rilevanti secondo le prescrizioni del codice penale vanno trattati come tali, ricordando che un principio fondamentale di cultura e civiltà giuridica è la responsabilità penale individuale, non la deportazione, né la criminalizzazione di massa.
È altresì inaccettabile e direi vergognoso per la dignità del nostro Paese che da alte cariche istituzionali si inciti all'autogiustizia e alle ronde popolari. Verso cosa sta precipitando questo Paese?
Noi apprezziamo passaggi dell'intervento del Viceministro Minniti. È un errore madornale e micidiale quello di criminalizzare un popolo, un'etnia o chi ha una pelle di colore diverso.
Lo vogliamo dire con molta franchezza e in modo diretto: badate, uomini della destra italiana, che così risvegliate prepotentemente demoni mai sconfitti, semmai soltanto assopiti.
Se questo Paese continuerà a scivolare verso quel baratro dietro queste spinte pericolose, irresponsabili e - lo ripeto - anche volgari, distruggeremo una società come la nostra, già profondamente incrinata nei suoi valori solidaristici. Si continua da destra, ciclicamente, a voler affrontare temi delicati, anche gravi nella loro portata, con un approccio profondamente sbagliato. Tali problemi sono una costante della storia dell'uomo e sono legati ai flussi, all'immigrazione e agli spostamenti di persone, ma vengono affrontati con un approccio autoritario e securitario, che non coniuga, come diceva lei, Viceministro, l'esigenza del rispetto dei diritti, della dignità dell'uomo e dell'individuo, qualunque sia la nazionalità, il colore della pelle e la lingua che parla.
Ormai, da troppi anni si tratta l'immigrato come un criminale, se non come un terrorista, dietro una spinta mondiale ed è ciò che sta spingendo l'intero pianeta verso il baratro delle guerre, dell'odio e degli scontri tra culture.
La vicenda criminale di cui oggi purtroppo discutiamo viene nascosta, viene occultata e fa comodo non ricordare. Essa ha avuto subito almeno un esito positivo nell'individuazione del responsabile del crimine soltanto grazie all'intervento immediato e coraggioso di una donna rumena che è subito intervenuta. Allora, come può discutersi in questo modo? Come può la classe politica, una parte importante della classe dirigente di questo Paese, affrontare un dibattito con i toni e i contenuti che abbiamo sentito?Pag. 107
Le politiche dell'immigrazione sono una cosa seria e devono essere affrontate in una dimensione europea - come lei richiamava, Viceministro - di forte e solida cooperazione internazionale tra i Governi, soprattutto in un quadro di allargamento dell'Unione europea.
Ho sentito chiedere dal collega della Lega Nord Padania se vi siano ancora interventi e soluzioni del problema nelle intenzioni del Governo. La Lega Nord Padania dice di essere inascoltata, vuole soluzioni immediate da questa maggioranza, ma dov'è stata durante i cinque anni del Governo Berlusconi? Perché non dice nulla sul fallimento della Bossi-Fini? I bilanci sono sotto gli occhi di tutti.
PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Licandro.
ORAZIO ANTONIO LICANDRO. Non entro nella la polemica sull'indulto. Dico solo che noi, ad esempio, non lo abbiamo votato perché non ha puntato all'alleggerimento delle condizioni delle carceri, ma è stato un formidabile colpo di spugna per corruttori e corrotti. Quindi, si sbaglia anche a citare il caso.
Non ho mai sentito le forze dell'opposizione incalzare il Governo nella lotta alla criminalità organizzata né, al di là di formali interventi, ci si è rallegrati degli ultimi successi dello Stato in Sicilia: la lotta alla criminalità organizzata è la vera grande emergenza democratica di questo Paese. È un successo dello Stato quello di questi ultimi giorni, dei magistrati, del pool antimafia della procura di Palermo, delle forze dell'ordine e della Polizia di Stato. Questi sono i risultati che vogliono i cittadini onesti e democratici che tengono alla sicurezza.
PRESIDENTE. La invito a concludere, onorevole Licandro.
ORAZIO ANTONIO LICANDRO. Al tempo stesso, però, diciamo che le misure adottate con il decreto-legge del Governo devono essere migliorate e assai corrette, perché su taluni profili la strada imboccata è davvero sbagliata, pericolosa e fa spaventosamente arretrare l'Italia sul piano della civiltà giuridica.
I sindaci si devono preoccupare di favorire politiche di integrazione, non di indossare stellette e di arruolare poliziotti: diciamo «no» al far west.
È stato detto bene dal Ministro Giuliano Amato che non bisogna scatenare alcuna caccia all'uomo, né assecondare la micidiale e bestiale equazione: «rumeni» uguale «delinquenti e criminali».
Vi è la necessità insuperabile di coniugare esigenze di sicurezza con la democrazia, con il rispetto dei diritti dell'uomo, con la dignità - concludo - che all'individuo è necessario sempre riconoscere e garantire, a prescindere dalla nazionalità e dal colore della pelle, con le soluzioni per favorire l'integrazione di chi giunge nel nostro territorio in società complesse e multiformi come la nostra (Applausi dei deputati del gruppo Comunisti Italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.
MARCO BOATO. Signor Presidente, signor Viceministro, colleghi, verrebbe voglia - ma non ho il tempo di farlo - di cogliere questa occasione per una riflessione più profonda e più ampia su ciò che sta accadendo nel nostro Paese in relazione, in particolare, al crimine bestiale di cui è stata vittima la signora Giovanna Reggiani, alla quale va la mia e la nostra solidarietà.
Su un quotidiano di oggi, la Repubblica, in prima pagina vi è un lungo articolo di Adriano Sofri, che prosegue all'interno e che riflette profondamente sulle dinamiche politiche, psicologiche, sociali, culturali ed etniche che si sono scatenate in questi giorni. Mi piacerebbe utilizzare il tempo che ho a disposizione per leggerlo in quest'aula, ma non lo posso fare. Voglio, pertanto, rendere omaggio pubblicamente a questo articolo attraverso il mio intervento parlamentare, anche se è inconsueto.
Desidero, altresì, esprimere la condivisione mia e del gruppo dei Verdi (che è Pag. 108anche quella di molti altri gruppi che si sono espressi prima di me) in merito alla relazione che ha svolto il Viceministro dell'interno. Sarebbe anche potuto venire il Ministro dell'interno - la polemica avanzata dall'opposizione non è priva di fondamento - tuttavia, devo dire che lei, Viceministro, come anche in altre occasioni, ha onorato questo dibattito con una relazione ampiamente condivisibile.
Oltre alla memoria, prima di tutto, della signora Giovanna Reggiani, uccisa da Nicolai Mailat, esprimo una solidarietà, che vorrei definire fraterna, al marito e ai suoi familiari, non solo per il dolore spaventoso, che dura tuttora, che hanno subìto, ma anche per la grande dignità umana e cristiana con cui hanno affrontato questa tragedia. Si tratta di tutta una famiglia di confessione cristiana, in parte valdese e in parte cattolica, che ha dato il segno di come si possa reagire con dignità, forza e umanità anche a un crimine bestiale di cui la loro familiare, la signora Giovanna Reggiani, è stata vittima.
Vorrei, altresì, ricordare - come hanno fatto altri ed anche lei, signor Viceministro - un'altra donna protagonista di questa drammatica vicenda, senza la quale non si sarebbe individuato tempestivamente il responsabile, prima del tentato omicidio e, poi, dell'omicidio, con la morte della signora avvenuta il 1o novembre.
Questa donna, testimone rumena e appartenente all'etnia rom, ha rischiato personalmente - è inevitabile e ciò non accade solo nell'etnia rom: si pensi, ad esempio, a quello che accade in Sicilia o altrove fra gli italiani -, ha messo a repentaglio la propria sicurezza e la propria vita per fornire una testimonianza immediata, per richiamare immediatamente l'attenzione e dare la possibilità, quindi, di attivare la polizia su ciò che di terribile era avvenuto.
È stato sincero il conducente dell'autobus, quando ha raccontato che non voleva ascoltarla, non voleva neanche fermarsi, ma questa donna si è messa davanti all'autobus per impedire che esso proseguisse la sua strada e potesse, così, scendere l'autista per dare, a sua volta, l'allarme alla polizia, che ha permesso la tempestiva individuazione dell'assassino. È una donna di straordinaria umanità, di straordinario senso civico e faranno bene il Governo e il Ministero dell'interno a provvedere, nei modi già esposti dal Viceministro, alla sua sicurezza personale ed anche al suo destino nel prossimo futuro.
Signor Viceministro, lei ha fatto bene a fare un inciso, che a qualcuno è sembrato inopportuno (vi è stato qualche mormorio in qualche settore del centrodestra, non tutto, per la verità), quando ha voluto inserire nella sua relazione anche il ricordo di quanto è avvenuto con la cattura di due boss importanti di Cosa nostra - i Lo Piccolo padre e figlio - e di altri con loro, e ha elogiato la polizia e la magistratura. Anche noi ci associamo a tale elogio.
Egli ha fatto bene a farlo per due motivi: in primo luogo, perché era la prima occasione pubblica parlamentare; in secondo luogo, perché ci mette di fronte al modo, anche diverso, con cui l'opinione pubblica a volte reagisce, da un lato, verso un fatto di una criminalità inaudita, ma specifica (non si trattava di un boss criminale, ma di un individuo che ha ammazzato una donna per rubarle, probabilmente, la borsa; non credo che vi sia stato neppure quell'atto di violenza sessuale di cui tutti parlano ma che, mi sembra, dalle indagini non risulti) e, dall'altro lato, verso la cattura di due boss di Cosa nostra (i quali, probabilmente, nei loro incontri programmano omicidi, racket, estorsioni, e così via).
Ebbene, le reazioni dell'opinione pubblica nei confronti dell'uno e dell'altro episodio sono state molto sproporzionate: il secondo caso - che, dal punto di vista dell'importanza nella lotta contro la criminalità e nella salvezza di chissà quante vittime possibili, forse doveva avere più rilevanza - ne ha avuta di meno di fronte a quella reazione forte (ovviamente, umanamente comprensibile) che vi è stata nel primo, terribile caso.
Ha fatto anche bene, signor Viceministro, a condannare gli episodi di violenza razzista (in particolare, quello che si è Pag. 109verificato il 2 novembre) e a dire un fermissimo «no» - a nome dello Stato di diritto, della democrazia politica del nostro Paese - a quelle ronde popolari che tanto piacciono a qualche collega della Lega Nord Padania.
Una logica emergenziale sarebbe irresponsabile nel rispondere e nel reagire a fenomeni, anche criminali, di questa gravità e che tutti condanniamo. Infatti, uno Stato dimostra la sua forza quando sa affrontare i problemi della sicurezza e della criminalità con la logica dello Stato di diritto. Forse vi è stata una reazione emergenziale nelle prime ore - lo ha detto polemicamente un collega dell'UDC, lo ha detto persino Casini interrompendola mentre lei parlava - e poiché cerco di essere leale intellettualmente, ho l'impressione che questa reazione emergenziale vi sia stata.
Tuttavia, ho anche la convinzione - lei me l'ha confermata nel suo discorso di oggi - che, a questo primo riflesso chiamiamolo emergenziale (o emotivo, come lo ha definito lei), il Governo ha saputo reagire, poi, con una maggiore consapevolezza e un maggiore equilibrio. Ciò non vuol dire minore determinazione nel colpire la criminalità, ma vuol dire agire sapendo che la sicurezza va integrata e coniugata anche con l'accoglienza e che la democrazia (ove democrazia significa anche uso legittimo della forza e non soltanto rispetto dei diritti) va coniugata con l'integrazione.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
MARCO BOATO. Concludo, signor Presidente. Da questo punto di vista, ritengo che sia stato bene mettere in luce i tre aspetti della dimensione europea, nazionale e locale. Ritengo che sia stato giusto ricordare l'incontro odierno del Presidente del Consiglio dei ministri Prodi con il Primo Ministro rumeno Tariceanu, così come voglio ricordare quello di ieri del Ministro Bersani, direttamente in Romania, per far capire che, se cedessimo a logiche di criminalizzazione indiscriminate e ad ipotesi (che sarebbero fasciste) di espulsioni di massa, precipiteremmo in una china assolutamente spaventosa e pericolosa.
Sicurezza integrata, risorse adeguate, governo dell'immigrazione (che è un fenomeno complesso), salvaguardia della sicurezza, ma al tempo stesso politiche di inclusione e di integrazione: queste sono le linee portanti che devono guidare un Governo degno di uno Stato democratico di diritto.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Capotosti. Ne ha facoltà.
GINO CAPOTOSTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Viceministro, in primo luogo desidero ringraziare il Governo per la presenza e l'ampiezza della relazione esposta e delle informazioni fornite.
Ascoltando gli interventi che mi hanno preceduto, ancora pervaso anch'io, in qualche modo, da quell'onda emotiva che tanti hanno evocato, non ho potuto fare a meno di interrogarmi, ripensando a parole antiche: è vero, assolutamente vero, che libertà e solidarietà sono i due perni sui quali si fonda e si poggia tutta la civiltà, non solo italiana, ma anche europea.
Tali perni hanno una radice cristiana forte, ma sono diventati anche un valore prettamente laico. Più precisamente, ritengo che essi siano diventati il valore di chi ha la speranza e la convinzione che sia opportuno, necessario e inevitabile scommettere sul valore dell'uomo in sé e per sé.
Pertanto, non si tratta di fare, sull'onda emotiva, nella peggiore delle ipotesi, un triste sciacallaggio e, nella migliore delle ipotesi, una dolente lamentela. Si tratta di fornire una risposta ad una situazione di fatto che si è determinata, in quanto ci troviamo alla Camera dei deputati e trattiamo di tali vicende in qualità di potere legislativo ed esecutivo.
Pertanto, non possiamo non partire dai fatti. Sono rimasto stupito nel leggere che oggi, in Romania, operano oltre 17 mila imprese italiane e nel considerare che in Italia sono presenti circa seicentomila rumeni, i quali, per paradosso, sono in larga Pag. 110parte impiegati in quel nord-est dal quale provengono molte delocalizzazioni di quelle 17 mila imprese.
Si tratta, quindi, di un singolare circolo, virtuoso o vizioso, secondo le interpretazioni. Pertanto, è evidente che parlare di clandestinità, criminalità e immigrazione non può voler dire prescindere da considerazioni nazionali: quelle relative allo stato di diritto che, in quanto tale, deve sempre dimostrare di potere rispondere razionalmente, scommettendo sull'uomo; quelle relative al valore europeo, un ulteriore aggregato fondato sui principi cardine della democrazia politica; inevitabilmente, quelle relative al fenomeno globale dei grandi flussi che, volenti o nolenti, ci vedono costretti a fare i conti con qualcosa - come oggi ha detto bene il Ministro Amato - che va oltre la singola responsabilità del Ministro Amato, piuttosto che dell'onorevole Fini. Si tratta di grandi questioni, grandi problematiche, che necessitano di risposte difficili e di notevole responsabilità.
Penso che all'analisi dei fatti vada inevitabilmente aggiunta una considerazione, che è già stata formulata anche dai colleghi che mi hanno preceduto. Davanti all'emergere di queste situazioni drammatiche, la normazione attuale si è rivelata, in qualche modo, carente e insoddisfacente.
Pertanto è chiaro che chi ha generato la legge Bossi-Fini ha la responsabilità, in parte, in quanto già governante del Paese, anche di tali episodi. È un po' triste vedere lo spettacolo al contrario, come se non esistesse una normazione o come se si fosse rivelata insufficiente. Tuttavia bisogna andare oltre e non bisogna scendere sul piano della scena di piazza. Bisogna prendere atto della situazione responsabilmente. Pertanto, le polemiche sulla decretazione d'urgenza sembrano ancora più vuote.
Questa sera ho sentito parlare di un ulteriore fatto di grande violenza che, fortunatamente, non è accaduto nel nostro Paese, ma nella civilissima e pacifica Finlandia, ove si è verificata una strage incomprensibile. Un giovane è entrato a scuola e ha ucciso 7 o 8 persone, addirittura filmando un video del fenomeno e proiettandolo su Internet, se ho sentito bene.
Signori, penso che il minimo che si potesse fare fosse rispondere immediatamente, emanando una decretazione d'urgenza, consapevoli dei nostri principi cardine dello Stato di diritto e consapevoli del fatto che vi è la necessità di dare una risposta che, inevitabilmente, sarà sempre limitata, perché l'uomo, per sua stessa natura, è perfettibile. Si trattava di un atto dovuto e necessario che ha coinvolto due dicasteri importanti. Pertanto, ringrazio il Ministro della giustizia e il Ministro dell'interno Amato, per aver profuso tale sforzo.
Stasera, sempre sull'onda emotiva, ho svolto un'ulteriore riflessione: mio malgrado, forse per la prima volta nella mia vita, mi trovo addirittura d'accordo con il pensiero del Presidente della Camera.
Egli ha affermato che giustamente è intollerabile, sotto il profilo giuridico - e questa considerazione è consequenziale a quanto già esposto - che si possa procedere ad un'espulsione di massa, ossia che si possa procedere ad una forma di allontanamento che non sia ancorata ad una valutazione soggettiva.
Credo, pertanto, che una riflessione più ampia (che mi pare sia stata svolta, in parte, dal Governo, perché ho sentito che c'è stata una richiesta di intervento da parte del Presidente del Consiglio italiano, ma anche del Primo Ministro rumeno, all'Unione europea sul tema dei rom) consista nel prendere atto che esistono popoli che emigrano in cerca di lavoro; si tratta di popoli che devono rispettare le regole della legalità, della sicurezza e della convivenza, popoli che, per loro natura e tradizione culturale non sono ancorati alla nostra organizzazione sociale. Mi riferisco ai rom e alla necessità di chiedere, anzi, di pretendere dall'Unione europea una regolamentazione compiuta, generale e uniforme sull'intero territorio comunitario per quanto riguarda i popoli nomadi.
PRESIDENTE. Onorevole Capotosti, concluda.
GINO CAPOTOSTI. Quindi, riassumendo e avviandomi alla conclusione, sono contento di poter sostenere questo Governo nel momento in cui emana un decreto-legge sul tema, perché penso che esso sia necessario e che sicuramente si potrà perfezionare attraverso il dibattito parlamentare.
Sono molto scontento delle reazioni scomposte dell'opposizione che, ignorando le proprie responsabilità istituzionali, nella circostanza non ha trovato di meglio che gettarsi in un «carosello piazzaiolo» che non serve a nessuno.
Sono assolutamente convinto della necessità di andare avanti, di andare oltre e, quindi, di chiedere e pretendere dall'Unione europea una regolamentazione comune e compiuta su questioni che sono altre rispetto all'emigrazione e al lavoro.
Voglio, infine, associarmi a quanti mi hanno preceduto nell'esprimere solidarietà verso le vittime - un episodio eclatante quello dell'altro giorno, ma sicuramente ce ne sono molti - così come voglio associarmi all'indignazione per aver scoperto, dopo anni, condizioni di vita parasociali veramente incredibili e insospettabili.
Penso che da tutto ciò possa nascere un intervento positivo: questo è il nostro impegno e il nostro dovere. Credo che sarà opportuno proseguire seriamente su questa strada e rispondere alle ansie e alle domande non solo del popolo italiano, ma di tutte le persone che credono nei valori di solidarietà e giustizia.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Barani. Ne ha facoltà.
LUCIO BARANI. Signor Viceministro, ovviamente lei ha la mia solidarietà perché anche lei è una vittima, la vittima del Ministro Amato, che nei momenti peggiori manda lei comportandosi come un «topolino»: scappa e non vuole il confronto con questo Parlamento.
Manda lei ad ascoltare le critiche di questo Parlamento, anche di chi gli ha dato ragione, ma di fatto poi ha contestato l'operato del Governo.
Il fatto di essere passato, in ventiquattr'ore, da un disegno di legge alla decretazione d'urgenza significa che questo Governo «naviga a vista», che non ha una propria idea su cosa fare anche su un tema così importante come quello dell'insicurezza dei cittadini italiani. Non stiamo parlando solo di quanto accaduto alla giovane signora Reggiani e dell'episodio criminoso, ma di quello che stanno subendo tutti i cittadini italiani e del loro senso di insicurezza.
Il Governo è a conoscenza del fatto che avvengono continuamente rapine, sfruttamento della prostituzione, spaccio di droga, clonazioni di carte di credito, borseggi, furti, accattonaggio, violenze sessuali e pedofilia? Lo sa che i nostri cittadini sono costretti a chiudersi in casa, ad essere prigionieri in certe ore del giorno e della notte e a non poter uscire per il pericolo che esiste nelle nostre città, nelle nostre periferie e nelle nostre campagne? Lo sa che esiste proprio un barricamento in casa, che avviene un furto di auto al minuto e che a Roma avvengono cinque rapine all'ora?
Il Governo lo sa che esistono delle situazioni in periferia, e non solo nelle periferie, da terzo mondo, che vediamo solo nei film? Le immagini televisive le avrebbero dovute far vedere al sindaco di Roma e agli ultimi sindaci di Roma, che sono responsabili di quello che è successo!
Guardate che prevenire è molto meglio che curare: come si fa a dire che questo è un Governo che ha cercato di prevenire quando sappiamo che mancano 16 mila operatori dell'ordine e che ci sono troppe persone imboscate, e non sulla strada; sappiamo - ce lo dice il Ministro rumeno, il Presidente del Consiglio rumeno - che in Romania hanno investito in sicurezza attraverso 34 mila nuove unità di personale mentre noi ne abbiamo 16 mila in meno.
Tra noi e la Romania ci sono 60 mila uomini in meno assegnati alla sicurezza e i rumeni ci dicono che dalla Romania vengono in Italia, e soprattutto in Italia, Pag. 112perché negli altri Paesi europei ci sono delle leggi che impediscono il libero ingresso. C'è, quindi, una situazione in cui noi siamo sfavoriti e arrivano da noi delinquenti, zingari che sono abituati ad azioni criminali e ad espedienti per vivere.
È questo che la gente sa, è questo che la gente vede tutti i giorni! Il sottoscritto fa il sindaco da diciotto anni: il compito di noi sindaci è quello di prevenire e di dare sicurezza ai cittadini, non di fare delle notti bianche, non di usare la nostra immagine per fare carriera politica.
Tutti i giorni siamo testimoni delle necessità e dei bisogni della gente. Siamo i loro confessori e dobbiamo cercare di andare loro incontro. Tra l'altro, io sono un socialista riformista e mi ritengo di sinistra, anche se non mi riconosco in questa sinistra dell'Unione, che è tutto fuorché una forza riformista per modernizzare l'Italia e per cercare di risolvere i problemi di questo martoriato Paese.
Guardate che non bisogna solamente pensare alle condizioni in cui vivono gli stranieri extracomunitari che vengono in Italia, che sono una risorsa se lavorano, ma sono un pericolo se sono allo sbando, se vagabondano, se delinquono, se spacciano, se si prostituiscono. Dobbiamo pensare anche alle nostre famiglie. L'ISTAT ci dice che l'11 per cento di esse è indigente: sono risorse anche queste famiglie. Il 9 per cento è vicino alla soglia di povertà. Queste sono le risorse a cui il Governo deve, ovviamente, pensare. Dicevo che prevenire è molto meglio che curare perché un Governo, come un buon medico, non può far puzzare la ferita: deve intervenire. Non può essere compiacente, demagogo e populista, ma deve cercare di risolvere il problema alla base e lo deve fare con leggi sicure, non passando in 24 ore da un disegno di legge a un decreto-legge.
È lì l'evidenza dell'incapacità di questo Governo e, soprattutto, di un Ministro dell'interno come il Ministro Amato, che per distogliere l'attenzione dagli errori del Governo ci viene a parlare di qualcosa di diverso, come ha fatto lei.
Certo che le forze dell'ordine hanno fatto bene a catturare dei boss mafiosi, ma non è questo il problema di cui stavamo discutendo in questa sede. Se si parla di colicistite, non si può parlare di appendicite.
Presentiamo alla Camera, veramente, un decreto-legge modificabile, che sia bipartisan, con il quale interveniamo veramente per dare sicurezza ai nostri cittadini. Il primo momento di paura di tutte le popolazioni da noi amministrate è proprio quel senso di insicurezza che non li fa star bene. La paura è in tutte le famiglie e preoccuparsi di essa, ovviamente, deve essere compito dei sindaci, degli amministratori, ma, soprattutto, del Governo nazionale e del Parlamento.
Per concludere, non mi rimane che svolgere una considerazione importante: dovete aumentare le forze di polizia, dovete dare loro i mezzi e gli strumenti. Non solo la benzina, ma le macchine! Dovete mettere in certi punti critici la videosorveglianza! Con le nuove tecnologie possiamo riportare la sicurezza all'interno delle famiglie e far sì che non siano prigionieri nelle proprie mura, come succede spesso e volentieri in certe periferie di città, ma anche nelle campagne. Non si possono chiudere le caserme dei carabinieri,...
PRESIDENTE. La invito a concludere.
LUCIO BARANI....non si possono lasciare da sole le forze di polizia, ma bisogna cercare di intervenire e di portare finanziamenti a loro favore, per vederle presenti di fronte alle nostre scuole, nei punti critici dove sappiamo che si è propensi a delinquere.
Un'ultima considerazione, che è quella iniziale: porti il nostro disappunto al Ministro Amato, a proposito del fatto che non è venuto a confrontarsi con il Parlamento. D'altronde un figlio che abbandona il proprio padre non è sicuramente un buon esempio: e ricordo che Amato ha abbandonato il suo padre politico Bettino Craxi, e quindi non potrà mai essere un buon ministro.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.
Pag. 113
GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, la domanda che è stata posta da molti colleghi è perché non sia venuto il Ministro Amato, che tra l'altro è a Roma ed era qui alla Camera oggi per rispondere al question time. A giudicare dagli interventi che si sono svolti nel corso del dibattito, la risposta è che egli ha espresso in questi mesi posizioni molto vicine a larga parte del centrodestra, dell'opposizione, e, ascoltando i giudizi di colleghi dei partiti che compongono la maggioranza, egli probabilmente sarebbe stato accolto da alcune critiche, o da molte critiche, per aver imposto un cambiamento della posizione del Governo, per aver forzato la mano su un decreto. In sostanza, egli non è venuto perché teme la sua maggioranza, perché teme di esporsi a critiche esplicite, come sarebbero state quelle dell'onorevole Di Salvo ed altri. Sulle decisioni del Governo si sarebbe trovato in grandi difficoltà, avrebbe accresciuto l'imbarazzo del Governo. Questo è il quadro.
Allora come può un Governo che è in queste condizioni tranquillizzare gli italiani sui problemi della sicurezza? Le parole che ha detto il Viceministro sono parole ovviamente condivisibili nel loro tono generale, ma la sostanza è che sappiamo cosa c'è dietro ad esse. Non ho il tempo per approfondire, ma per la verità condivido larga parte delle considerazioni che hanno fatto gli onorevoli Di Salvo, Mascia ed altri, condivido il loro allarme. Essi dicono: non si può reagire a un evento pur grave, doloroso, drammatico come quello della signora Reggiani con una legislazione di urgenza. Ma cosa «diavolo» fate, siete voi - sembrano dire questi nostri colleghi - che stimolate nella società italiana la reazione di panico! Essa c'è naturalmente, perché la sicurezza è importante; ma se il Governo dà l'impressione di cambiare politica ogni cinque minuti, non può che accrescersi. È stato forse il sindaco Veltroni, come leader del Partito Democratico, che ha seminato il panico, andando di corsa in televisione con quel volto spaurito a dire che occorreva un altro provvedimento. Ecco il problema: hanno ragione questi colleghi! Naturalmente non hanno invece ragione nelle premesse di questo discorso. La mia posizione è che la severità andasse esercitata prima e vada esercitata tutti i giorni con fermezza, insieme all'accoglienza dove è possibile. Insomma, in altre parole: se uno non si pone i problemi tempestivamente, è chiaro che è preso dal panico; lo è il sindaco di Firenze Dominici, lo è il sindaco di Bologna Cofferati, lo è il Ministro dell'interno, lo è il sindaco Veltroni.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
GIORGIO LA MALFA. Ecco il problema! Possiamo affrontare, onorevoli colleghi (e ho finito), il problema della sicurezza, rassicurare i cittadini, evitare che entri in loro una voglia di farsi giustizia da soli con un Governo che non ha nemmeno la maggioranza e non si presenta in Parlamento? Questa è la domanda.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.
TEODORO BUONTEMPO. Nel poco, poco tempo a disposizione è difficile poter svolgere un intervento articolato su questo drammatico problema. Spero che gli italiani possano vedere l'immagine della Camera vuota, per giudicare l'ipocrisia e la non coerenza tra le parole e i comportamenti. È semplicemente vergognoso, ma la responsabilità, caro Viceministro, è del Governo.
Scegliere la fine di una seduta lunga come quella di oggi per svolgere un'informativa urgente ed aprire questo dibattito è molto grave: si sarebbe potuto optare per un altro orario, quando la Camera avrebbe potuto effettuare un dibattito serio, dignitoso e coerente con le molte parole che vengono dette. Invece, come si vede, questo è quel che il Parlamento italiano è in grado di offrire.
Signor Viceministro, guardi le statistiche: se esaminiamo la popolazione carceraria, vediamo che vi è un'altissima percentuale di immigrati, prevalentemente clandestini. Se invece esaminiamo il livello Pag. 114di delinquenza fra gli immigrati che hanno un posto di lavoro, vediamo che tale percentuale è quasi zero.
Sono dunque ridicole le critiche che sono state mosse alla legge approvata sotto il Governo di centrodestra: quando l'immigrato ha un posto di lavoro, può difendere la sua dignità e quella della sua famiglia. È l'immigrazione clandestina, non registrata, che fa dell'immigrato uno schiavo...
Signor Presidente, vedo che sta per dirmi che devo concludere: Le chiedo solo qualche altro attimo.
PRESIDENTE. In effetti, ha visto giusto.
TEODORO BUONTEMPO. Sto per concludere. È l'immigrazione clandestina - dicevo - che fa dell'immigrato una persona senza diritti.
Mi chiedo allora chi sia più razzista: chi ha fatto crescere a Roma i campi sosta illegali e selvaggi tenendo quelle popolazioni sotto la schiavitù della delinquenza o chi, queste situazioni, le ha denunciate? Chi è più razzista: chi fa finta di non vedere i minori in età scolare che ogni giorno vengono sfruttati senza che alcuno intervenga o chi, queste situazioni, le ha denunciate?
Non sono da farsi né demagogia né speculazioni, ma la sinistra è colpevole per aver impedito che nel corso di questi anni simili problemi fossero affrontati prima che divenissero emergenza. Ogni volta che si è tentato di farlo, infatti, la sinistra ha gridato al razzismo, alla xenofobia, all'intolleranza: una criminalizzazione che ha impedito di affrontare questi drammatici problemi prima che divenissero un'emergenza.
Signor Presidente, ho qui un lunghissimo elenco che riporta i delitti, spesso impuniti, che sono stati commessi da maggio ad oggi: ebbene, quando i criminali sono stati trovati, spesso essi erano purtroppo legati all'immigrazione clandestina. Non credo che un decreto-legge varato in un momento di emergenza possa affrontare la complessità di una simile situazione.
PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento dell'informativa urgente del Governo.