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Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 30 ottobre 2007, n. 180, recante differimento di termini in materia di autorizzazione integrata ambientale e norme transitorie (A.C. 3199-A) (ore 19,03).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 30 ottobre 2007, n. 180, recante differimento di termini in materia di autorizzazione integrata ambientale e norme transitorie.
(Discussione sulle linee generali - A.C. 3199-A)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare Forza Italia ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la VIII Commissione (Ambiente) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il presidente della VIII Commissione, onorevole Realacci, ha facoltà di svolgere la relazione, in sostituzione del relatore, onorevole Camillo Piazza.
ERMETE REALACCI, Presidente della VIII Commissione. Signor Presidente, il relatore Camillo Piazza non ha potuto essere presente, quindi riferirò io all'Assemblea circa la discussione approfondita che si è svolta grazie all'impegno del relatore, di tutta la Commissione e del sottosegretario Piatti, in particolare, che ha seguito per conto del Governo il provvedimento al nostro esame, il decreto-legge n. 180 del 2007, rispetto al quale raccomandiamo all'Aula l'espressione di un voto favorevole.
È stata una discussione molto approfondita, signor Presidente, ma al tempo stesso devo confessare onestamente che si tratta di uno di quei provvedimenti che vorremmo non dover votare. Ricostruisco la storia delle cause che hanno determinato la necessità del decreto-legge in discussione e della sua approvazione.
Una normativa dell'Unione europea risalente al 1996 - la direttiva 96/61/CE - prevedeva l'introduzione dell'autorizzazione integrata ambientale, la quale vale per una serie importante di attività produttive (le attività energetiche, la produzione e la trasformazione di metalli, l'industria dei prodotti minerali, l'industria chimica e la gestione dei rifiuti di allevamenti animali).
Tale autorizzazione era stata resa necessaria - e proposta dall'Unione europea - per avere un approccio integrato alle emissioni industriali in aria, acqua e suolo. Era il 1996. Come spesso capita, il nostro Stato ha recepito tale normativa con un notevole ritardo. La legge di recepimento è costituita dal decreto legislativo n. 59 del 2005, che fissava un termine entro il quale era necessario fornire risposta alle imprese che presentavano le domande di autorizzazione integrata ambientale, individuato nella fine di ottobre di quest'anno.
È accaduto, però, che le oltre 8 mila aziende che avevano l'obbligo di presentare l'autorizzazione integrata ambientale, che doveva essere esaminata in parte rilevante dalle regioni (per circa l'80 per cento) e per il 20 per cento dallo Stato centrale - ossia dal Ministero dell'ambiente e tutela del territorio e del mare -, non hanno avuto risposta nei tempi prefissati.Pag. 89
Quindi, ci troviamo oggi nella necessità di dover approvare un provvedimento che, se non venisse approvato, porterebbe alla possibile cessazione delle attività di una parte importante del sistema produttivo italiano, a sanzioni amministrative e penali, e tutto ciò, in questo caso, non per una colpa del sistema delle imprese, ma per il mancato funzionamento dei nostri organi pubblici, delle regioni e dello Stato centrale.
È chiaro che si tratta di una situazione imbarazzante, perché la norma di cui stiamo discutendo prevedeva, a livello comunitario, come data ultima, la fine dell'ottobre di quest'anno (è in corso, quindi, una discussione delicata con l'Unione europea sul differimento che proponiamo). Come Commissione abbiamo esaminato la materia, grazie anche - ripeto - alla collaborazione del Ministero dell'ambiente e tutela del territorio e del mare, del sottosegretario Piatti e delle altre Commissioni. Racconterò poi rapidamente del recepimento dei pareri favorevoli espressi dalle Commissioni e delle modifiche che abbiamo accolto con attenzione al provvedimento, che - lo ripeto - è un provvedimento assolutamente centrale e che non possiamo che approvare. Abbiamo cercato, in particolare, di rafforzare il provvedimento in termini di comprensione: vi erano dei punti, infatti, la cui modifica, in alcuni casi, è stata richiesta anche dal Comitato per la legislazione ai fini di un chiarimento rispetto al fatto che effettivamente, nelle more dell'esame delle domande, non vi fossero rischi di cessazione dell'attività da parte delle imprese interessate. Abbiamo, inoltre, cercato di ridurre al minimo e di rendere reale il differimento di termini.
Il termine che noi abbiamo fissato per l'esame delle domande è quello del 31 marzo 2008, ma abbiamo cercato di rafforzare, grazie alle modifiche apportate in Commissione, anche la strumentazione che consente di rendere reale questo termine.
Infatti, alcune regioni non hanno neanche indicato l'autorità competente ad esaminare tali domande ed anche il Ministero dell'ambiente non si è dotato di strutture adeguate. Pertanto, in qualche maniera, abbiamo introdotto e rafforzato la possibilità da parte del Ministero dell'ambiente di adottare dei poteri sostitutivi nei confronti delle regioni che non dovessero attrezzarsi per esaminare le domande. È chiaro che, se vogliamo rendere credibile la data del 31 marzo 2008 come termine ultimo per l'esame di tali domande, i poteri sostitutivi dovranno essere attribuiti al più presto. Mi rivolgo al sottosegretario Piatti, che è presente: ritengo che un bilancio della capacità delle regioni di esaminare e rispondere a tali domande di autorizzazione vada compiuto, al massimo, entro l'inizio del prossimo anno. In caso contrario, non è realistico che i poteri sostitutivi siano effettivamente esercitati.
Al tempo stesso, abbiamo accolto il parere della XIV Commissione politiche dell'Unione europea, che invitava il Governo a presentare una relazione in ordine allo stato di attuazione di questa normativa.
Infine, abbiamo accettato la richiesta proveniente dalla X Commissione attività produttive di includere nel provvedimento in esame una proroga non relativa all'effetto pratico, ma agli adempimenti burocratici che una serie di aziende, legate al mondo agricolo e che utilizzano gli essiccatori, erano chiamate ad effettuare, entro il mese di ottobre; in tale fattispecie il tempo di adeguamento reale è il mese di aprile del 2009 e perciò non vi sono conseguenze in ordine alle politiche ambientali. Ricordo che anche in questa circostanza, in diverse fattispecie non era stata comunicata neanche ai diretti interessati quale fosse l'istituzione deputata ad accogliere tali domande.
Signor Presidente, siamo dinanzi ad un provvedimento necessario, che durante l'iter svolto in Commissione è stato migliorato, tentando di renderlo effettivamente praticabile. Pertanto, auspichiamo che il termine indicato svolga effettivamente una funzione di garanzia, sia per le imprese, sia, soprattutto, per i cittadini e per l'ambiente. Tuttavia, esso rimanda ad una inefficacia complessiva della nostraPag. 90macchina pubblica e dell'apparato burocratico, nonché alla nostra capacità di recepire e di applicare le normative dell'Unione europea, che sono indispensabili per una politica ambientale avanzata.
Chiediamo con convinzione l'approvazione del provvedimento in esame. Tale richiesta, tuttavia, è formulata con l'imbarazzo di chi non ha svolto, fino in fondo, il proprio dovere - mi riferisco allo Stato - e che deve cambiare passo per rendere effettive le norme di cui si dota per costruire un futuro migliore per tutti.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
GIANNI PIATTI, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, come ha ricordato il presidente della Commissione ambiente, onorevole Realacci, che intendo ringraziare insieme a tutta la Commissione per il contributo offerto al miglioramento del provvedimento in esame, l'intervento normativo d'urgenza che proponiamo con la conversione in legge del decreto-legge 30 ottobre 2007, n. 180, trova le sue motivazioni nel fatto che il 30 ottobre è scaduto il termine previsto per l'adeguamento delle prescrizioni sugli impianti soggetti a tale disciplina, mentre ancora oggi, come ricordava l'onorevole Realacci, nessuna autorità competente ha concluso tutti i procedimenti pendenti. Tali procedimenti, in ordine agli impianti esistenti, dovevano essere conclusi in tempo utile per consentire alle imprese (da quelle di gestione dei rifiuti, alle vetrerie, alle cartiere, alle industrie chimiche, ai cementifici, alle raffinerie ed ai macelli) di conformarsi alle prescrizioni dell'AIA, entro il 30 ottobre 2007, come si è ricordato.
Tale lavoro, davvero enorme, ma importante per l'innovazione delle imprese, per l'ambiente e per la salute, si concretizza nell'esame di circa 8.500 domande.
Tali domande sono ripartite fra la competenza del Ministero dell'ambiente e la tutela del territorio e del mare (circa il 20 per cento, costituito soprattutto da imprese di idrocarburi, gomme, gas, fertilizzanti) e quella delle regioni (più dell'80 per cento).
Nonostante le imprese abbiano presentato le domande entro le scadenze previste, molte amministrazioni non sono state in grado di soddisfare tale impegno ed hanno sollecitato questa proroga al Ministero, anche perché le inadempienze comporterebbero profili sanzionatori gravissimi.
La cautela nell'indicazione della data di riferimento - lo ricordava il presidente - al 31 marzo 2008 trova le sue motivazioni nell'esigenza di evitare procedure d'infrazione per violazione della normativa europea, anche se sono molti gli Stati membri a trovarsi nella situazione di difficoltà verificatasi nel nostro Paese.
La volontà di operare efficacemente e rapidamente ha motivato la discussione svolta in Commissione ambiente e ha dato origine ad ulteriori precisazioni e arricchimenti. Un esempio è fornito dalla previsione che le domande di autorizzazione integrata ambientale debbano essere presentate in ogni caso entro il 31 gennaio 2008 all'autorità competente o dall'articolo 2 per ribadire la validità e l'efficacia delle autorizzazioni di settore fino alla scadenza del termine fissato per l'attuazione delle relative prescrizioni.
Il lavoro in atto, quindi, non solo non è differito, ma deve essere intensificato.
La Commissione ambiente ha anche elaborato un emendamento che autorizza il Governo ad utilizzare il potere sostitutivo di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, ove necessario, applicando le procedure di urgenza al fine di rispettare i termini della nuova proroga.
Infine, anche allo scopo di fare emergere con chiarezza la delicatezza di questa nuova fase, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentito il Ministro per le politiche europee, presenta ogni quattro mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in discussione una relazione al Parlamento sullo stato di attuazione delle disposizioni previste dal decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59.Pag. 91
In sostanza il decreto-legge in discussione, mentre prevede un differimento di termini per l' autorizzazione integrata ambientale, precisa le norme transitorie e dispone che il lavoro per la piena gestione dell'AIA deve essere intensificato in un più efficace rapporto di collaborazione fra Stato e regioni.
L'Italia è sicuramente il Paese che utilizza maggiormente le regioni nell'attuazione di direttive europee. Dobbiamo operare affinché tale scelta, che può essere potenzialmente positiva, non si traduca, all'opposto, in rallentamenti burocratici ingiustificati, quando non in inerzia.
Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, anche con la partecipazione della Commissione ambiente e dell'Aula, intende operare attivamente per gestire nei tempi previsti e con efficacia l'autorizzazione integrata ambientale, che consideriamo uno strumento fondamentale per l'innovazione delle imprese e dell'ambiente.
Naturalmente, ha ragione il presidente Realacci: una proroga segna sempre un limite - se non errori o inerzie - soprattutto quando si tratta di direttive europee. Per tali ragioni, occorrerà gestire questa fase con grande attenzione e anche con la partecipazione e lo stimolo della Commissione ambiente e dei suggerimenti che possono venire da quest'Aula.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Misiti. Ne ha facoltà.
AURELIO SALVATORE MISITI. Signor Presidente, la presente discussione non solo è imbarazzante, ma può suscitare grande preoccupazione. I dati che ha appena fornito il sottosegretario Piatti, che erano già a nostra conoscenza, non ci fanno stare tranquilli affatto.
Infatti, effettivamente non si può improvvisare una struttura - ad esempio presso il Ministero dell'ambiente, già carente per molti versi - che possa affrontare il lavoro del 20 per cento di 8.500 domande. Occorre prestare attenzione, poiché queste sono le domande fino ad ora pervenute. Infatti, è evidente che, estendendo il termine fino al 31 gennaio 2008, tali domande cresceranno sicuramente di numero. Quindi, sono preoccupato non solo per le regioni, ma anche per il Ministero, che difficilmente potrà affrontare la parte principale del lavoro. Pensate che le regioni si suddividono circa 6.500 pratiche, mentre il Ministero ne deve affrontare da solo 2.500.
Quindi, la questione è molto seria perché è chiaro che il differimento di termini al 31 marzo, secondo me, è addirittura non realistico, perché a quella data saremo costretti a prendere altri provvedimenti. Né ci può consolare il fatto che altri Paesi si trovino nella nostra condizione. Certamente, circa la metà dei Paesi europei non si trova proprio nelle nostre condizioni (salvo solo due o tre); gli altri stanno male, ma non certamente peggio di noi.
Quindi, è evidente che, intanto, è necessario e indispensabile convertire in legge il decreto-legge in esame, con la consapevolezza che ciò non è sufficiente, perché non basta nemmeno che ogni quattro mesi il Ministero debba relazionare al Parlamento. Tale previsione è certamente utile, ma a mio avviso, è necessario fare qualcosa di più. Infatti, molte regioni non hanno ancora nemmeno individuato chi dovrebbe esaminare le carte. È chiaro che non si tratta di un lavoro soltanto burocratico, ma molto serio, di indagine, di sopralluoghi. È anche un lavoro tecnico-scientifico approfondito e impegnativo che deve essere svolto da parte di strutture ministeriali. Ma non ne abbiamo al Ministero dell'ambiente, che addirittura dovrebbe commissariare le regioni. Insomma, sarebbe necessario commissariare il Ministero! Quindi, dobbiamo auspicare e suggerire al Ministro e al sottosegretario di rafforzare le proprie strutture. Il Ministero deve fare di tutto per dotarsi delle strutture per poter esaminare questo ingente numero di pratiche, valutarle e portare avanti tale attenzione verso le imprese, che rappresentano il fulcro dell'attività economica del nostro Paese.
Ciò evidentemente non significa che non dobbiamo fare la nostra parte. IlPag. 92Parlamento fa la sua parte. Noi del gruppo Italia dei Valori voteremo a favore del disegno di legge di conversione del decreto-legge che fortunatamente (dal momento che i termini europei sono già scaduti) oggi è in vigore.
Occorre intraprendere immediatamente una discussione con gli altri Paesi europei - e soprattutto con la Commissione europea - in modo tale che non solo non si aprano procedure di infrazione, ma che in qualche maniera si affronti congiuntamente il tema. Infatti, a mio avviso, questo dell'autorizzazione integrata ambientale è uno di quei casi in cui qualche Paese ha avanzato una proposta senza prima valutarne le conseguenze in alcuni altri Stati membri.
Spero che non sia stata l'Italia a «tirare» più di tutti, perché spesso siamo quelli che avanzano le proposte più moderne e poi non riescono assolutamente a realizzare quanto loro stessi hanno proposto in Europa.
Credo che anche le modifiche apportate in Commissione, che condividiamo, possano in qualche modo aiutare il Governo, soprattutto il Ministero dell'ambiente, a rendersi conto, che è necessario cambiare ed attuare una svolta anche nel lavoro del Ministero stesso.
A mio avviso, a proposito del decentramento alle regioni, queste ultime si comportano esattamente come si comporta il Ministero. Il problema è che le regioni stesse devono decentrare, come richiede la Costituzione, all'ente amministrativo per eccellenza; esse devono decentrare nel territorio, nelle province, ad esempio. Si organizzino le province che hanno anche una tradizione in questi settori. È bene, però, che ciascuno faccia la propria parte e che il lavoro non sia compiuto da chi deve legiferare, ma da chi deve operare nel territorio e deve svolgere effettivamente un ruolo difficile e anche delicato. Le regioni si devono comportare da enti legislativi e programmatori e devono deliberare affidando, a loro volta, agli enti più decentrati la realizzazione di quanto richiesto dal decreto-legge e dalla legge.
In conclusione, siamo molto critici e preoccupati per la situazione attuale. Non vorremmo trovarci, poco prima del 31 marzo, a dover affrontare e approvare un altro provvedimento dello stesso tipo. Ciò si verificherà sicuramente se non si porrà mano ad una riorganizzazione del Ministero dell'ambiente che è assolutamente carente, così come molte regioni sono assolutamente carenti, nello svolgere questo ruolo.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cacciari. Ne ha facoltà.
PAOLO CACCIARI. Signor Presidente, sottosegretario Piatti, mi rivolgo a lei poiché sono note a tutti noi la scrupolosità e la disponibilità, perfino la gentilezza, con cui svolge il suo lavoro di interlocuzione tra Ministero e Commissione, tra Governo e Parlamento.
Questa volta, però, le devo chiedere un surplus di lavoro. Le chiedo di farsi portatore, presso i due Ministri firmatari di questo provvedimento, e finanche presso il Presidente del Consiglio, della critica forte proveniente da tutte le parti politiche, a partire dalla sua maggioranza. Poiché questo non è affatto un provvedimento di importanza minore per le conseguenze che ha sulla vita civile e quotidiana del Paese, e poiché i modi con cui il Governo non ha fino ad oggi affrontato la questione denotano o irresponsabilità, o incompetenza, o sudditanza; scelga il Governo, ma ci deve fornire una spiegazione.
Si tratta di qualcosa di più di una critica perché trascende qualsiasi sfera della politica, perché non investe opzioni di orientamento strategico, ma semplicemente e meramente la buona, corretta e normale amministrazione. Sapere amministrare è una precondizione richiesta a qualsiasi Governo, è un'attitudine obbligatoria.
Vorrei insistere ed essere ancora più preciso. Il Presidente Prodi ci ripropone spesso due leit motive: Europa e serietà. Ebbene, bisognerebbe che lei, signor sottosegretario, gli riferisse che, in questo caso, non c'è né l'una né l'altra.
Pag. 93Come è stato detto, ci troviamo di fronte all'attuazione di una direttiva europea del 1996: undici anni di vari Governi non sono bastati nemmeno ad iniziare il lavoro. L'Italia è l'unico paese dell'Unione, con Malta e la Svezia, a non aver fornito alcun dato alla Commissione europea. I Ministeri competenti non hanno nemmeno un censimento credibile degli impianti sottoposti alle nuove, si fa per dire, disposizioni. L'APAT parla di una stima di 8500 impianti, quelli censiti sono meno di seimila, il 75 per cento del supposto.
A detta del Ministero, nessun impianto sarebbe stato autorizzato con le nuove procedure integrate. Ho qui una delibera di un'amministrazione provinciale che ha rilasciato un'autorizzazione integrale ambientale (AIA). Allora, o il Ministero non sa quello che succede nelle province e nelle regioni italiane, oppure ci racconta delle bugie.
In campo ambientale siamo diventati dei collezionisti di procedure di infrazione per mancato recepimento delle direttive europee. Nella relazione sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea leggo che l'ambiente si conforma come il settore nel quale risulta attivato il maggior numero di procedure - ben sessantaquattro - e per trovare Ministeri con un numero inferiore di infrazioni occorre scendere a quaranta o a ventuno, come nel caso del Ministero per lo sviluppo economico.
Il Governo italiano ha con le direttive europee un rapporto del tipo «scaffale di supermercato», ossia a scelta: si prendono quelle che piacciono, che danno meno fastidi, mentre le altre si fa finta di non vederle. La retorica dell'entrata in Europa, per ciò che riguarda l'ambiente, la trasparenza e i diritti dei cittadini, suona più che mai falsa!
Veniamo alla serietà, altra caratteristica programmatica dell'attuale Governo che ci ha presentato una proroga secca, indifferenziata e generica, senza penali e solo lessicalmente edulcorata con la dicitura: «differenziamento dei termini» che va di moda, tant'è che è utilizzata anche con riferimento alle autostrade. Se non è zuppa è pan bagnato che la Commissione europea, se vorrà, potrà bersi, ma la sostanza non cambia! Nel testo rielaborato dalla Commissione abbiamo almeno tentato di inserire dei vincoli, delle verifiche e degli incentivi a fare, ma la sostanza non cambia.
Le proroghe sono un po' come i condoni, fanno contenti i furbi e fanno sentire scemi coloro che si sono messi in ordine. In questo caso penso a quegli imprenditori che, in vista delle nuove autorizzazioni, hanno provveduto ad ammodernare gli impianti o a quelle poche amministrazioni regionali e provinciali che hanno preso in mano le pratiche, avviando qualche istruttoria. Sono fessi questi, perché hanno buttato via tempo, soldi e, forse, hanno aperto anche qualche contenzioso per niente, tanto lo Stato proroga! Sto parlando insomma della credibilità, dell'autorità e dell'affidabilità dello Stato agli occhi dei suoi cittadini. Non stiamo dibattendo di scartoffie, di pratiche burocratiche inutili, di contenziosi amministrativi; stiamo discutendo di salute pubblica fuori e dentro i luoghi di lavoro, di qualità dell'aria, dell'acqua, degli inquinanti, dei suoli, nonché di sicurezza intrinseca degli impianti industriali, di prevenzione e di riduzione degli inquinamenti.
Quali saranno gli effetti della proroga? Cito, ad esempio, il caso di uno stabilimento farmaceutico di Trecate a Novara, già oggetto di un'ordinanza provinciale di chiusura degli impianti, ma non ancora notificata, che secondo l'interpretazione di qualche avvocato dell'azienda e di qualche amministratore troppo prudente rischia, però, di non essere eseguita in forza della proroga contenuta nel provvedimento in discussione.
Chi sa dirci quanti incidenti, sversamenti, contaminazioni e disastri ambientali, per non dire quante persone intossicate, malate e quanti decessi superiori alle attese si verificheranno, da ora alla prossima proroga, a causa della mancata applicazione della norma europea?
L'Organizzazione mondiale della sanità e l'APAT hanno svolto varie indagini epidemiologiche sullo stato di salute dellePag. 94popolazioni nelle città del nostro Paese; è stata appena pubblicata quella relativa a diciotto città italiane il cui risultato è di 8 mila 220 morti all'anno superiori alle attese a causa della cattiva qualità dell'aria per eccesso di polveri sottili inalabili. È tutto traffico? Qual è la quota dovuta all'emissione di varie componenti industriali, a partire da quella energetica? Qual è la quota di inquinamento evitabile ragguagliando i valori limite basati sulle migliori tecnologie disponibili che la proroga che andiamo a concedere prevede?
Domandiamoci perché queste direttive, come altre, non vengano applicate e perché la legislazione ambientale, nel suo complesso, nel nostro Paese sia così arretrata. Mi aspettavo risposte sincere da parte del mio Governo, ma così non è stato, nemmeno in questo caso. Abbiamo assistito ad un balbettio di giustificazioni poco degne e ad un palleggio di responsabilità tra regioni e ministeri, quando proprio la norma in questione ha come obiettivo la realizzazione di un coordinamento da parte delle varie autorità competenti.
Ciò, quindi, significa - come ricordava precedentemente Misiti - che non ha funzionato la delega alle regioni per l'intera partita, a partire dai piani di risanamento dell'aria che le regioni non hanno attuato. Non ha funzionato, inoltre, nemmeno la parte rimasta in capo ai ministeri, i quali non hanno concluso alcuna istruttoria. Se nulla ha fatto il Governo Berlusconi nei cinque anni precedenti, quest'anno e mezzo è stato speso per insediare la commissione di valutazione che non ha ancora avviato alcuna istruttoria, in quanto i vari uffici ministeriali non si mettono d'accordo sulle tariffe da applicare alle domande di autorizzazione, per le quali serve un decreto specifico che non è ancora stato adottato. Mi attendo che il Governo, in questa sede, ci dica quando adotterà il decreto per attuare le tariffe e per avviare le ispezioni.
Mi dispiace che il Governo ci abbia tenuto nascosto il lato grottesco della vicenda e temo che non sia solo per pudore. Temo, infatti, che tutti i ritardi e, di conseguenza, le proroghe siano solo la conseguenza di un vero e proprio boicottaggio che regolarmente parte nel nostro Paese ai danni di qualsiasi legislazione ambientale. Da molti circoli industriali e confindustriali qualsiasi miglioramento della legislazione ambientale e della sicurezza nei luoghi di lavoro è considerato come un costo da evitare, qualsiasi controllo pubblico è visto come un'interferenza e qualsiasi valutazione degli impatti ambientali condivisa con le comunità residenti è intesa come un affronto alla libertà di impresa e al potere degli imprenditori di disporre a proprio piacere di territori e delle vite delle persone coinvolte.
Non a caso credo che le direttive europee più disattese in Italia e i procedimenti d'infrazione più frequentemente intentati dalla Commissione europea riguardino quelle direttive che promuovono la partecipazione del pubblico nei processi decisionali. Penso alla Convenzione di Aarhus, alla valutazione strategica di impatto, alle stessa direttiva Seveso e, quindi, anche a quella sull'AIA, la quale prescrive che il pubblico abbia la possibilità di essere informato tempestivamente e di essere consultato prima di ogni decisione.
Non passa giorno che i grandi giornali confindustriali - e non solo loro, ma anche qualche ministro del Governo - non si lamentino della lentezza nella realizzazione di una grande opera o di un grande impianto. Il motivo è esattamente il contrario di quello che denunciano: non è l'eccesso di prudenza nella valutazione degli impatti e nelle prescrizioni gestionali, ma, al contrario, la mancanza di procedure trasparenti, di terzietà, di autonomia degli organi di controllo tecnico e di effettivo coinvolgimento delle popolazioni.
Difficile pretendere di essere efficaci e decisionisti quando non si vogliono nemmeno applicare le direttive europee. È difficile essere credibili quando si piange e si svolgono le campagne contro le morti bianche e i disastri ambientali, e nel mentre non si applicano nemmeno le leggi che portano il nome delle tragedie italianePag. 95(mi riferisco alla Seveso). È difficile pretendere ubbidienza dalla popolazione se la si informa di decisioni prese.
Cambiare pagina, e concludo, è possibile, anzi è necessario. Tuttavia, è necessario cambiare modalità di rapporto tra imprese, amministrazione e cittadinanza. Ciò non può avvenire prima che siano recepite e attuate coerentemente le direttive come quella sull'autorizzazione integrata ambientale. Fino ad allora i cittadini non hanno altra scelta di autotutelarsi e di autodifendere le proprie comunità.
In conclusione, anch'io mi associo al generale imbarazzo - come è già stato affermato dal presidente e da altri colleghi - nel dover approvare un'ennesima deroga per un provvedimento così importante che, da troppi anni, i cittadini italiani si attendono (Applausi dei deputati del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Tortoli. Ne ha facoltà.
ROBERTO TORTOLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, con il decreto-legge in esame si provvede a convertire in legge l'ennesimo differimento di termini in materia di autorizzazione integrata ambientale. Si tratta dell'ennesima proroga - non sarà certo l'ultima - in un Paese che non riesce più a darsi regole moderne di gestione della cosa pubblica e che non sa accelerare i procedimenti attuativi di qualsivoglia disposizione. Come si è affermato, non è certo l'ultima proroga: essa giunge dopo altre proroghe adottate sul tema, anche da parte del precedente Governo. In questo caso, però, l'aspetto grave è che si supera il termine massimo previsto dalla direttiva europea 96/61/CE, che scadeva il 30 ottobre: il provvedimento in esame ne proroga l'attuazione al 31 marzo 2008. È altresì curioso che un Governo e una maggioranza, fortemente caratterizzati da posizioni forti e spesso estremistiche in campo ambientale, varino proroghe così delicate e relative ad adempimenti di tutela ambientale da parte del mondo produttivo, che necessiterebbero di una più puntuale attenzione.
Tale richiesta di proroga, però, suggella tutta la deficitaria politica del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che, sotto la gestione dell'onorevole Pecoraro Scanio, sta contribuendo a determinare disastri ambientali (quali l'emergenza rifiuti in Campania e le probabili, nuove e analoghe emergenze in Puglia e nel Lazio), dopo avere posto ogni ostacolo possibile sulle opere pubbliche (a cominciare dal «Corridoio n. 5», linea ferroviaria Torino-Lione), dopo avere chiesto ed ottenuto il rinvio sine die della realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina e dopo aver bloccato la realizzazione degli indispensabili rigassificatori necessari per dare un minimo di equilibrio energetico possibile al nostro Paese, in attesa di scelte più strategiche che non proverranno certo da questo Ministro.
L'attuazione della direttiva europea di cui parliamo è oltremodo importante ai fini della tutela ambientale: sembra curioso, quindi, che un Ministro «verde» - che da tempo ha rivolto pesantissimi rilievi critici su ogni proroga di attuazione di provvedimenti di tutela ambientale, se realizzata da governi di centrodestra - adesso si comporti allo stesso modo o peggio. Dov'è la coerenza, Ministro Pecoraro Scanio? La coerenza, purtroppo, è nell'inefficienza totale del Ministero sotto la sua direzione.
L'attuale Ministro ha la grave responsabilità di aver posto l'amministrazione dell'ambiente nell'impossibilità di operare. Tale inerzia ha una duplice origine: da un lato, l'onorevole Pecoraro Scanio ha proceduto a una vera e propria «pulizia etnica», eliminando dalle funzioni attive decine di dirigenti, funzionari e impiegati e determinando l'espulsione dalle loro funzioni di persone dotate di esperienza e memoria storica. Dall'altro lato, il Ministro ha provveduto a sostituire il personale qualificato ed esperto (praticamente in tutte le posizioni di responsabilità) con i favoriti del Ministro, privi dei requisiti e dell'esperienza necessari per amministrare la cosa pubblica. Ecco la spiegazione dello stato comatoso del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nelPag. 96quale anche le attività più semplici stentano ad andare a compimento, come dimostra l'elevato numero di provvedimenti predisposti dagli uffici del Ministro, che non divengono efficaci per illegittimità formali o per motivi sostanziali, trovando ostacoli insuperabili negli organi di controllo o al primo impatto con la giurisdizione.
Ad ulteriore prova di quanto affermato sta la tragicomica vicenda della revisione del decreto-legge 3 aprile 2006, n. 152 - il cosiddetto «codice ambientale» - che il Ministro si è intestardito ideologicamente di cancellare, finendo invece per immobilizzare il Paese, non attuando alcun decreto attuativo previsto dalla delega e, soprattutto, impantanandosi in modifiche che aprono procedure di infrazione da parte della Commissione europea, che sono infarcite di errori sostanziali e procedurali, che lasceranno per anni un vuoto legislativo in campo ambientale e, infine, saranno invalidate dalla Corte costituzionale.
In questo panorama di confusione si inserisce questa richiesta di proroga, nei confronti della quale ci asterremo, per rispetto al mondo imprenditoriale, che non può essere penalizzato per colpa dell'inefficienza dello Stato e delle regioni e della loro inadempienza. Dirò di più: dato l'attuale marasma amministrativo, non è certo pensabile che l'attuale proroga sia sufficiente. Ne occorreranno altre e le incertezze che ne deriveranno per le imprese renderanno ancora più difficile la loro competitività.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Margiotta. Ne ha facoltà.
SALVATORE MARGIOTTA. Signor Presidente, colleghi deputati, cercherò di essere molto breve, considerata l'ora e le argomentazioni che ho ascoltato fino adesso, in particolar modo quelle del presidente Realacci e del relatore, che mi trovano completamente in sintonia.
Naturalmente, anche il gruppo del Partito Democratico-L'Ulivo voterà a favore di questo decreto-legge, avendo contribuito in maniera forte a correggerlo, ad ampliarlo ed a renderlo più accettabile. Dico più accettabile, perché non vi è dubbio che l'imbarazzo, al quale più di uno dei colleghi che mi hanno preceduto ha fatto richiamo, lo abbiamo vissuto anche noi in Commissione e lo vivremo anche in Aula.
Le proroghe lasciano sempre l'amaro in bocca. Questa in qualche modo lo fa di più per l'essenza stessa del problema, per i termini (si ricordava che si tratta di una direttiva della Commissione europea del 1996, inattuata fino 2007, quindi per undici anni) e per la qualità delle aziende cui la direttiva prescrive la necessità di dotarsi di autorizzazione integrata ambientale.
Le voglio ricordare: si tratta degli impianti più sensibili, ossia di quelli che svolgono attività energetica, di produzione e trasformazione di metalli, delle industrie dei prodotti minerali, chimiche, di gestione dei rifiuti e di allevamento di animali.
È una proroga delicata per la quantità degli impianti cui si riferisce. Come è stato già affermato, si tratta di circa 8.500 impianti, di cui il 20 per cento avrebbero dovuto ottenere l'autorizzazione da parte del Ministero e l'80 per cento da parte delle regioni, per un totale di circa 6.800 impianti.
Ho provato a vedere quale fosse la distribuzione territoriale degli stessi e, com'era ovvio attendersi, essi sono concentrati in maniera particolare in Lombardia, in Veneto e in Emilia Romagna, nel cuore pulsante della vita produttiva di questo Paese.
Per questo, di fronte alla necessità ineludibile e ineluttabile di tale proroga, abbiamo lavorato almeno per migliorare il testo del decreto-legge, nella speranza e nell'auspicio che si possa trattare almeno dell'ultima proroga possibile.
Vi è, inoltre, una valutazione che lascia ancor più l'amaro in bocca: questa volta la proroga non nasce da esigenze di terzi, del cittadino o dell'imprenditore, ma da inadempienze della pubblica amministrazione. Devo dire con franchezza che ciò si legge già nella relazione di accompagnamento al decreto-legge, quando si evidenzia che, a tutt'oggi, nessuna autorità competentePag. 97ha concluso tutti i procedimenti pendenti, nonostante le domande siano state presentate dalle imprese, in ossequio alle scadenze previste, e i fondi per le istruttorie siano stati versati dalle aziende.
Per lo più, dunque, le aziende hanno rispettato i termini e hanno anche sborsato danari, mentre la pubblica amministrazione non è stata in grado di fornire risposte.
Abbiamo dunque corretto il provvedimento in esame con due emendamenti, a mio parere centrali: il primo afferma che entro il 31 gennaio bisogna comunque che le aziende producano istanza e, nel caso in cui non sia individuata l'autorità a cui presentare la domanda - purtroppo è accaduto anche che le aziende si trovassero nell'impossibilità di sapere a chi rivolgere la propria istanza - automaticamente essa vada presentata alle regioni o alle province autonome ovviamente competenti dal punto di vista territoriale.
L'altro elemento importante del lavoro emendativo compiuto in Commissione, come rilevato dal presidente Realacci, è stato quello di prevedere la possibilità che il Governo possa esercitare poteri sostitutivi e intervenga, ai sensi del decreto legislativo n. 112 del 1988, agendo in luogo delle amministrazioni locali, ove esse siano chiaramente inadempienti. Cito un solo esempio: in molte regioni non sono stati approvati ancora i piani di qualità dell'aria; è difficile approvare un'autorizzazione integrata ambientale, che tra l'altro deve proteggere la qualità dell'aria, in assenza dello specifico piano.
In conclusione, il problema - anche ciò è stato ricordato e su questo aspetto vorrei concludere - è di tipo generale: nel Paese esiste, in assoluto, ma in particolare sui temi ambientali, un problema più ampio, in termini di dinamica riguardante Commissione europea, Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in questo caso, e regioni. Spesso norme particolarmente virtuose rimangono inapplicate perché non si sa bene quale autorità debba attivarsi e in quali termini. Si tratta di norme peraltro importanti, come, in questo caso, sul piano della tutela ambientale, il che significa sul piano della salute dei lavoratori e dei cittadini.
La questione irrisolta è ancora quella racchiusa nel binomio, che troppe volte diventa antitetico: centralismo-decentramento. È una questione da affrontare con impegno e determinazione, tanto più nel momento attuale, in cui non solo nel nostro Paese, ma in molti Paesi e nell'attuale Parlamento, grazie anche all'indirizzo impresso nell'approvare una risoluzione relativa ai cambiamenti climatici, il problema dei cambiamenti climatici, della tutela dell'ambiente e delle emissioni di anidride carbonica riveste sempre più valenza generale, globale ed europea.
Non si può pensare, dunque, di essere inadempienti rispetto a temi che, ciascuno per la propria parte e per il proprio portato, costituiscono un contributo, non dico alla soluzione, ma almeno all'approccio corretto a problemi così generali, quali quelli cui ho fatto riferimento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 3199-A)
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il presidente della VIII Commissione, onorevole Realacci.
ERMETE REALACCI, Presidente della VIII Commissione. Signor Presidente, la mia non sarà una replica, ma solo una battuta: l'onorevole Tortoli ha utilizzato l'occasione, come è legittimo, per svolgere alcune legittime considerazioni sul funzionamento del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
Penso che abbiamo il dovere, in Parlamento, di guardare più agli interessi del Paese e al funzionamento generale dello Stato.Pag. 98
Dei primi anni di questo secolo, determinanti per l'applicazione della normativa europea in esame, cinque sono stati caratterizzati da un Governo di centrodestra e due da un Governo di centrosinistra: è chiaro che la responsabilità per la mancata applicazione di tali normative è di tutti; è un ritardo dell'Italia e della nostra macchina pubblica, che spesso finisce col rispondere con una ridondanza di normative all'incapacità di far applicare le normative esistenti. Dobbiamo cambiare rotta.
Credo che adesso l'impegno più importante da assumere, dopo l'approvazione, spero sollecita, del provvedimento in esame, sia quello di evitare che il termine del 31 marzo sia vanificato.
Perciò, per quanto concerne la nostra Commissione, presteremo attenzione e lavoreremo col Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e col Ministero dello sviluppo economico, affinché effettivamente gli impegni che sono stati aggiunti anche nel provvedimento in esame vengano rispettati e mantenuti.
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.
GIANNI PIATTI, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, ringrazio i colleghi che sono intervenuti, anche attraverso critiche non esplicitate in modo preciso. Non mancherò ovviamente, vista l'importanza della questione del recepimento della direttive comunitarie, di rappresentare tali rilievi sia al Ministro sia all'insieme del Governo.
Voglio far notare che sono stati necessari dieci anni per recepire la direttiva, vi sono stati Governi diversi, vi sono stati dei ritardi anche delle Camere. Non voglio sminuire il rilievo del problema giustamente indicato dagli intervenuti. Credo però che come ci indicano alcune statistiche generali riguardanti il recepimento delle direttive europee la questione presenti una dimensione più ampia. Nei prossimi giorni anche all'interno della Commissione testimonierò che come Ministero dell'ambiente siamo impegnati a ridurre queste infrazioni.
Trovo contraddittorio a tale proposito quanto affermato dall'onorevole Tortoli, perché se vi è proprio un esempio di iniziativa attiva del Ministero per non incorrere in nuove infrazioni questa riguarda la revisione del decreto legislativo 3 aprile 2007, n.152, che venne bocciato da tutti (dalle regioni, dalle imprese, non consultate, e dal mondo ambientalista). Si tratta di un provvedimento che è stato forzatamente approvato a fine legislatura, che contravviene ad alcune direttive e che ci pone, ad esempio sulla questione dei rifiuti, in contrasto con disposizioni europee.
Ritengo, come osservato dall'onorevole Margiotta, che occorra ritornare sulla questione del rapporto tra centralismo e decentramento, dato che i limiti riguardano entrambi. Non si può affermare che non abbia funzionato la sola istituzione centrale: vi sono nostri limiti, ma anche limiti delle regioni. Il presidente della Commissione ricordava come alcune regioni non hanno, infatti, neanche avviato la commissione per affrontare questi temi, mentre altre, oberate da un numero elevatissimo di domande, hanno sollecitato una proroga al Ministero.
Sono convinto, come l'onorevole Cacciari, che l'AIA sia uno strumento importante. Ricordiamo che l'autorizzazione integrata ambientale supera le autorizzazioni settoriali, e quindi è più incisiva e più coordinata rispetto ai problemi ambientali del territorio e della salute, e ricordiamo altresì che la stessa obbliga a usare le migliori tecnologie possibili. Si tratta di 8.500 impianti che affrontano compiutamente le prescrizioni dell'autorizzazione integrata ambientale e che ritengo - con l'onorevole Cacciari, con il presidente dell'VIII Commissione e con tutti quelli che l'hanno sottolineato - uno strumento formidabile di aiuto ai temi ambientali e della salute. Tuttavia, ritengo anche che non vadano caricate tutte le responsabilità sull'autorizzazione integrata ambientale perché, come sappiamo, vi sono ben altri limiti.
Prima si faceva riferimento ai Piani dell'area. Quante sono le regioni che hanno presentato i Piani dell'area? CertamentePag. 99pochissime. La qualità di questi Piani è assolutamente disomogenea ed essi sono privi di strumenti di controllo e di obiettivi ravvicinati. Lo stesso vale per quanto riguarda i Piani energetici, e, non casualmente, la Commissione ambiente ha suggerito, a più riprese, anche al Ministero dello sviluppo economico, di organizzare rapidamente una conferenza sul tema energia e ambiente. Proprio per questa ragione, per elevare anche la cultura complessiva delle istituzioni su questi obiettivi, abbiamo svolto la Conferenza nazionale sui cambiamenti climatici, e da lì credo che dobbiamo partire. Quindi, in queste difficoltà si evidenzia anche un deficit di cultura politica ed ambientale, che in qualche modo dobbiamo superare rapidamente.
Credo che il decreto-legge n. 180 del 2007, nel testo che modifica anche alcune disposizioni del Codice dell'ambiente, debba essere gestito. Dobbiamo fare modo che in questi mesi vi sia un lavoro intenso da parte del Ministero dell'ambiente, ma vi sia anche la capacità del Ministero stesso di fungere da punto di coordinamento per l'azione delle regioni, al fine di recuperare ritardi e presentarci nei giorni precedenti la scadenza con la maggior parte del lavoro compiuta. Le correzioni che sono state apportate al provvedimento in esame sono stimolo ad operare in questo senso, e il Ministero intende assumersi questo impegno.
PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
Sospendo brevemente la seduta.
La seduta, sospesa alle 20, è ripresa alle 20,05.