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Discussione della mozione D'Elia ed altri n. 1-00016 sulle iniziative per la moratoria universale delle esecuzioni capitali (ore 17,15).
(Discussione sulle linee generali)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali della mozione.
È iscritto a parlare il deputato D'Elia, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00016. Ne ha facoltà.
SERGIO D'ELIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, illustro brevemente la mozione in esame, su cui invito tutta l'Assemblea a prestare un po' di attenzione.
L'obiettivo di questa mozione è di portare a compimento l'iniziativa italiana per la moratoria ONU delle esecuzioni capitali, promossa dodici anni fa dall'associazione Nessuno tocchi Caino, sulla quale si è registrata in questo Parlamento una convergenza straordinaria delle forze politiche di maggioranza e di opposizione.
Ricordo che la prima volta che l'Assemblea generale dell'ONU ha affrontato la questione della pena di morte fu nel 1994, grazie ad una risoluzione presentata dal Governo Berlusconi; tale risoluzione fu respinta per soli otto voti, ma fu come buttare un sasso in uno stagno. Per la prima volta si discuteva, a livello di Nazioni Unite, della situazione internazionale sulla pena di morte e di come fare per cercare di tradurre, in tempi politici, i tempi storici dell'abolizione. Grazie a quella «sconfitta», è potuto partire un processo che poi ha registrato un primo successo in ambito ONU nel 1997 quando, su iniziativa del Governo Prodi, la Commissione ONU per i diritti umani ha approvato, a maggioranza assoluta, una risoluzione con la quale si chiedeva una moratoria delle esecuzioni capitali in vista dell'abolizione della pena di morte. Per la prima volta, la questione della pena di morte è stata inserita nella sfera dei diritti umani e la sua abolizione considerata un rafforzamento della dignità umana e un progresso dei diritti umani fondamentali.
Da allora, ogni anno la risoluzione viene regolarmente approvata a Ginevra. E, grazie a quelle approvazioni, in questiPag. 80anni si è potuta determinare una situazione per la quale sono divenuti, dal 1993 ad oggi, 45 i paesi che hanno deciso di rinunciare alla pena di morte abolendola completamente, attuando delle moratorie, oppure diventando dei paesi abolizionisti nei fatti, cioè non praticandola per molto tempo. Sono ancora molti, però, i condannati a morte nel mondo. Nell'ultimo rapporto di Nessuno tocchi Caino, presentato alcuni giorni fa, abbiamo stimato oltre cinquemila esecuzioni, la stragrande maggioranza delle quali sono state eseguite in paesi totalitari e illiberali. I primi tre paesi della classifica mondiale delle esecuzioni capitali sono la Cina, l'Iran e l'Arabia Saudita.
È evidente, però, che soltanto un pronunciamento dell'Assemblea generale dell'ONU può determinare un ulteriore passo in avanti. Se le Nazioni Unite chiedessero una moratoria universale delle esecuzioni capitali aiuterebbero i paesi che sono indecisi se abolire o no la pena di morte a decidere, quanto meno, di attuare una moratoria, che è poi la via per giungere all'abolizione completa della pena di morte.
Questa è l'iniziativa in corso. L'impegno è rivolto al Governo italiano, affinché presenti alla prossima Assemblea generale dell'ONU una proposta di moratoria delle esecuzioni capitali. Noi vi abbiamo provato più volte nel corso di questi anni, l'ultima volta nel 2003, con una risoluzione approvata da questo ramo del Parlamento; l'iniziativa fu poi proposta all'Unione europea, ma quest'ultima decise di non farne nulla.
Nel dispositivo della mozione in esame si fa riferimento ad un'iniziativa che deve riguardare non solo l'Unione europea, che non ha l'esclusiva sull'abolizione della pena di morte, ma, oltre ai paesi membri della Comunità economica, anche quelli rappresentativi di tutte le aree geopolitiche. Quella della pena di morte non è una lotta, uno scontro fra civiltà. In tutti i continenti ci sono paesi che hanno abolito la pena di morte. Nell'America latina vi sono paesi che la pena di morte l'hanno abolita due secoli fa. Su questa iniziativa, a mio avviso, occorre l'apporto, il sostegno e la co-sponsorizzazione di paesi di tutti i continenti. Questo è il senso della nostra proposta.
L'Assemblea generale dell'ONU, com'è noto, non emana decreti-legge, però una risoluzione che proponga, a tutti paesi che ancora praticano l'esecuzione capitale, di fermare quanto meno le esecuzioni in vista dell'abolizione completa sarebbe un documento di indirizzo di valore politico enorme proprio nei confronti dei paesi che mantengono tale pena.
In attesa di una abolizione mondiale e totale, grazie alla moratoria ONU, migliaia di condannati a morte, come è successo in questi anni con le moratorie decise in molti paesi, verrebbero risparmiati. Verrebbero risparmiati non solo quei condannati di cui tutti sanno e si preoccupano (i detenuti nei cosiddetti bracci della morte negli USA), ma anche quelli, innominati e dimenticati, che sono giustiziati in paesi totalitari e illiberali, che muoiono nel silenzio e nell'indifferenza generale.
Invito davvero a sostenere questa iniziativa; non vi sono molte ragioni che tengono insieme e soprattutto danno credito all'immagine internazionale del nostro paese. Approvare una moratoria ONU sarebbe per il nostro paese un motivo di orgoglio e di onore, e dico «per il nostro paese» perché è una iniziativa non solo del Governo, ma del Parlamento, quindi della maggioranza e dell'opposizione, unite in questo frangente.
Vi invito a rimanere ancora in aula per votare la mozione in esame (Applausi dei deputati dei gruppi de La Rosa nel Pugno, de L'Ulivo e di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).
PRESIDENTE. Avverto che i deputati D'Elpidio e Del Bue, iscritti a parlare, vi hanno rinunciato e si riservano di intervenire in sede di dichiarazione di voto.
Constato altresì l'assenza dei deputati Pisicchio e Gibelli, iscritti a parlare: si intende che vi abbiano rinunciato.
È iscritto a parlare il deputato Boato. Ne ha facoltà.
MARCO BOATO. Sarò brevissimo, Presidente, e anticipio che questo breve intervento costituirà anche una dichiarazione di voto a favore della mozione.
Vorrei far presente che, oltre a quelle della collega Francescato e mia, in calce alla mozione a prima firma D'Elia, anche tutti gli altri colleghi del gruppo dei Verdi hanno aggiunto la loro firma.
Ovviamente, condividiamo il testo della mozione in esame, che è stata sottoscritta (basta leggere i nomi dei firmatari) da deputati appartenenti a tutti - credo nessuno escluso - i gruppi parlamentari di centrodestra e di centrosinistra presenti in quest'aula. Trovare una convergenza così ampia, che mi auguro unanime, su questa mozione onora il Parlamento, che, per altri aspetti, è spesso attraversato da contrasti politici, del resto del tutto legittimi.
Voglio solo ricordare, da ultimo, che in queste settimane la I Commissione affari costituzionali ha inserito nel calendario, per l'esame in sede referente, alcune proposte di legge costituzionale (una delle quali presentata da me ma ve ne sono anche alcune di colleghi di altri gruppi) volte alla definitiva abolizione della pena di morte anche nella nostra Costituzione, dove attualmente è, in astratto, ancora prevista al quarto comma dell'articolo 27, con riferimento alle leggi penali militari di guerra.
Il fatto che il Parlamento italiano approvi - come mi auguro -, a grande maggioranza, e forse all'unanimità, la mozione in esame e che, contestualmente, faccia la propria parte per abolire definitivamente qualunque ipotesi di pena di morte nella nostra Costituzione è, a mio avviso, un buon auspicio per la proiezione internazionale presso l'ONU dell'iniziativa per la moratoria universale della pena di morte, con la finalità - spero un giorno non troppo lontano - di arrivare non solo alla definitiva moratoria, ma anche all'abrogazione della pena di morte in tutti i paesi che fanno parte dell'ONU (Applausi dei deputati del gruppo dei Verdi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Santelli. Ne ha facoltà.
JOLE SANTELLI. Rinuncio, Presidente, e chiedo di intervenire in sede di dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Sta bene.
È iscritto a parlare il deputato Raisi. Ne ha facoltà.
ENZO RAISI. Vorrei dire ai colleghi che vanno di fretta che, avendo trascorso due giorni a discutere sull'indulto, si può dedicare qualche minuto di attenzione ad un documento importante, quale la mozione sulla moratoria universale delle esecuzioni capitali in esame, che personalmente ho firmato e che il mio gruppo intende votare.
Ricordo a tutti che è dal 1994, con il primo Governo Berlusconi, che l'Italia si fa promotrice presso l'ONU della richiesta di moratoria delle esecuzioni capitali. Paradossalmente, la votazione ONU del 1994, grazie forse anche all'effetto sorpresa, fu quella che ottenne i risultati migliori: la moratoria infatti non fu approvata - come è stato ricordato anche nella mozione - con uno scarto di soli otto voti.
Da allora, mentre i paesi che applicano la pena di morte sono andati diminuendo stabilmente, anno dopo anno, la diplomazia di alcuni grandi paesi ha ostacolato il procedere della moratoria.
Dopo gli attentati dell'11 settembre, questa strategia si è resa ancora più evidente. Nella lotta al terrorismo internazionale, alcuni ritengono che la pena di morte sia un elemento indispensabile o, quanto meno, che sarebbe un segnale di debolezza rinunciarvi proprio ora.
Conosciamo tutti la strategia statunitense di contrasto al terrorismo, ma anche Putin, rispetto al terrorismo ceceno, ha sempre preteso di avere mano libera. Lo stesso vuole la Cina, che sostiene di avere al suo interno un fronte terroristico di marca islamista. Lo stesso chiedono molti paesi arabi, anche alcuni che consideriamo moderati, di fronte all'avanzata del fondamentalismo islamico; ritengono di non potersi mostrare troppo occidentalizzati, rinunciando alla decapitazione o all'impiccagione in pubblico o alle lapidazioni.Pag. 82
Noi queste cose le conosciamo e le comprendiamo. Rispettiamo il diritto dei singoli Governi di attuare le strategie giudiziarie che più ritengono opportune, ma proprio perché teniamo a mente tutti questi elementi, vi proponiamo la moratoria. E più lo scenario internazionale è inasprito da sempre nuove tensioni o tensioni antiche, cui si aggiungono nuovi elementi di destabilizzazione, più crediamo che un voto delle Nazione Unite che invitasse i singoli paesi ad un uso minore della forza sul fronte interno potrebbe portare argomenti di riflessione agli stessi paesi sull'uso minore della forza anche su fronti esterni.
Vorrei richiamare un piccolo esempio. Prendo, come spunto, i dati che ci vengono dalle principali associazioni contro la pena di morte. All'interno degli Stati Uniti, due terzi degli Stati hanno la pena di morte, un terzo non la prevede. Fra gli Stati che hanno la pena di morte, vi è il Texas che, da solo, compie metà delle esecuzioni capitali. È lo Stato di cui fu governatore, tra l'altro, anche l'attuale Presidente Bush. È uno Stato che si fa vanto di non aver mai emesso un provvedimento di clemenza per i condannati a morte, nemmeno nei casi in cui i reati fossero stati commessi da minorenni o da minorati mentali. Ma il tasso di criminalità del Texas continua a crescere anno dopo anno, sia per i reati più lievi sia per gli omicidi.
C'è un altro Stato, quello di New York, dove la pena di morte è stata reintrodotta alcuni anni fa da un governatore repubblicano che aveva usato fortemente questo argomento in campagna elettorale. Ma, da allora, nella città di New York nessuna giuria popolare ha emesso condanna a morte e il tasso di criminalità di New York oggi è tra i più bassi delle aree metropolitane statunitensi.
Ecco, quindi, che nel momento in cui, da uomo di destra, sottoscrivo la moratoria, è proprio a questo tipo di situazioni che faccio riferimento. So - e i dati me lo confermano - che un eccesso di durezza della punizione spesso porta ad ottenere risultati negativi, semmai è la certezza della pena che porta a risultati positivi.
E, di nuovo, se un eccesso di linea dura, quella che chiamo «linea spietata», ottiene risultati negativi all'interno dei singoli Stati, credo che l'occasione della moratoria ci dia modo di allargare la riflessione alla politica internazionale, dove in troppi e da troppo tempo pongono una fiducia eccessiva nella sola fase repressiva, in una strategia antiterroristica affidata troppo esclusivamente alla forza militare.
L'invito a chi detiene la forza a farne un uso severo, ma ragionevole, mi vede in prima linea, sia oggi, che parliamo di risparmiare la vita, ma non la punizione, ad alcuni migliaia di criminali in giro per il mondo, sia domani, quando torneremo a parlare dei troppi odi nel mondo.
Consentitemi, in conclusione, di ringraziare il collega D'Elia che, da sempre, è stato interprete di queste istanze. Lo ringrazio per quello che ha fatto ed anche per essere stato promotore in quest'occasione di un'importante mozione (Applausi).
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali della mozione.