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DICHIARAZIONI DI VOTO FINALE DEI DEPUTATI SEBASTIANO NERI, MAURO FABRIS, PAOLA BALDUCCI, GENNARO MIGLIORE, GIANCLAUDIO BRESSA, GIORGIO CARTA, FRANCESCO MONACO, CARMEN MOTTA E FRANCESCO NUCARA SULLA PROPOSTA DI LEGGE N. 525-BIS ED ABBINATE
SEBASTIANO NERI. Attorno a questo provvedimento si è detto di tutto e con enfasi. Si è detto che esso rappresenta un cedimento alla criminalità, un attentato alla sicurezza dei cittadini, un travisamento della funzione di repressione e prevenzione che la pena può avere solo se effettiva.
A ben guardare queste considerazioni non hanno valore contingente, ma potrebbero utilmente essere richiamate ogni qual volta torna in ballo l'istituto dell'indulto. Eppure l'indulto è espressamente previsto dalla Costituzione e ad esso non è collegata alcuna ragione causale. Esso è, cioè, un istituto di clemenza rimesso alla mera discrezione del Parlamento la cui legittimità non è subordinata ad alcuna specifica finalità diversa dalla volontà espressa a maggioranza qualificata dal Parlamento stesso.
Nel caso di specie questo indulto prende le mosse da un drammatico sovraffollamento delle nostre carceri, tanto drammatico da formare oggetto dell'accorato invito al Parlamento del Santo Padre Giovanni Paolo II per l'emissione di un provvedimento di clemenza.
Chiedo cosa sia la condizione di invivibilità delle nostre carceri se non un surplus di ingiusta pena cui si costringe chi, avendo sbagliato, deve sì espiare ma deve espiare una giusta pena. Sotto questo aspetto l'indulto assolve quindi ad una soggettiva funzione compensativa per far sì che la pena sia, oltre che effettiva, appunto giusta.
Sotto l'aspetto istituzionale, poi, l'indulto consente di affrontare in termini emergenziali il problema del sovraffollamento. Un intervento strutturale organico richiede, infatti, tempi medio-lunghi, mentre l'emergenza è attuale ed impellente. Può far storcere il naso questo uso finalizzato dell'indulto, ma esso è certamente efficace ed idoneo allo scopo.
Cultura di governo vuol dire avere consapevoleza dei problemi e saper individuare le opportune soluzioni. Questo indulto si iscrive in questo alveo.
Per quanto riguarda le mille preoccupazioni più o meno capziosamente introdotte nel dibattito, ritengo con coscienza di poter affermare che il regime di esclusione dall'indulto di talune gravi fattispecie di reato sia sufficientemente tranquillizzante circa la tipologia soggettiva dei destinatari del provvedimento che ne beneficieranno e, anche sotto questo profilo, ritengo che l'indulto contribuisca a restituire alla pena quell'altra sua connotazione classica e cioè la sua funzione emendativa che essa può svolgere solo se è davvero giusta.
Annuncio, quindi, con convinzione il voto favorevole dei deputati del Movimento per l'Autonomia.
MAURO FABRIS. Signor Presidente, non mi piace fare citazioni nei miei interventi, ma oggi voglio cominciare con quanto sottolineato con riferimento ad Adriano Sofri sul Foglio ieri mattina: «Lo squadrista Marco Travaglio, scrive Sofri su la Repubblica di ieri l'altro, dice una sequela di falsità indegne allo scopo di galvanizzare l'indignazione pubblica contro l'indulto. Il quale improvvisamente, diventa anche responsabile del mancato risarcimento ai caduti al lavoro. Le malattie professionali. E i morti di amianto. Di »mandare in fumo il maxiprocesso« contro i boss svizzeri e italiani dell'Eternit. Ma l'indulto non può mandare in fumo alcun processo- scrive Sofri. L'indulto non c'entra niente, né può toccare i risarcimenti...è bassezza, maggiore perché prende a pretesto le attese dei familiari di «caduti sul lavoro e morti di amianto».
La nota di Sofri sintetizza in maniera efficace le falsità che artatamente sono state fatte circolare su questa vicenda, in maniera inaccettabile, da chi è sempre stato forcaiolo, tranne nel periodo in cuiPag. 106era al Governo e in cui sono state fatte passare le peggiori leggi vergogna della storia della giustizia italiana, ma anche in maniera assolutamente indecente e ipocrita da parte di chi siede nella maggioranza e nel Governo.
Noi invece, i Popolari-Udeur, voteremo con convinzione la proposta di legge in tema di indulto, perché si tratta di un provvedimento generale di clemenza invocato da più parti, da ultimo in questa sede da Giovanni Paolo II il 14 novembre 2002 e sostenuta anche con la partecipazione dell'attuale Capo dello Stato alla marcia di Natale per l'amnistia, che punta non a cancellare reati, non a estinguere pene, non a riscrivere i codici in maniera più favorevole ai delinquenti, bensì a commutare parte delle pene detentive in carcere in misure alternative.
I disonesti in quest'aula e fuori, gli squadristi forcaioli che giocano con la vita delle persone, come ha scritto Sofri, dicono il contrario, lasciano intendere che si vogliano spalancare le porte del carcere a delinquenti di ogni tipo.
Il mio richiamo va a ciò che è stato detto da alcuni colleghi sia della opposizione che della maggioranza. Parole che potevano, senza alcun dubbio, essere evitate per consentire a questa aula un dibattito più sereno e privo da strumentalizzazioni, delle quali francamente non se ne sentiva alcun bisogno, data la delicatezza della materia che siamo chiamati ad affrontare.
Mi riferisco, in primo luogo, al richiamo fatto in un intervento da un collega dell'opposizione, ad esempio sul finanziamento della macchina giudiziaria. Non comprendo in che modo questo possa avere a che fare con il tema dell'indulto, né comprendo come si possa sempre serenamente addebitare i propri errori ad altri. Le disfunzioni del sistema giudiziario e penitenziario, colleghi, sono ascrivibili esclusivamente allo Stato e non ad esempio all'operato della magistratura! E sul tema, l'onorevole della Lega che ho citato, chieda al senatore Castelli perché nei cinque anni in cui lui è stato Guardasigilli, non ha rimediato a tutto questo.
Vorrei inoltre poter ricordare ad alcuni colleghi della maggioranza che oggi siamo chiamati a porre rimedio unicamente ad una situazione insostenibile e vergognosa a noi tutti tristemente nota: il sovraffollamento delle carceri. Vorrei invitare i colleghi dell'Italia dei Valori a valutare che il testo approvato dalla Commissione giustizia non è il frutto di un inciucio tra maggioranza ed opposizione ma il frutto di un lavoro condiviso, il frutto del superamento, almeno in quella sede, delle divisioni ideologiche e di partito.
I colleghi della II Commissione hanno saputo mettere da parte gli interessi personali e di partito per poter approdare ad una proposta di legge equilibrata che consentisse a questo Parlamento, dopo ben 15 anni, di poter varare un provvedimento non più rinviabile! E allora, dobbiamo dire che la cosiddetta »previtizzazione« perenne del dibattito sulla giustizia e sulle carceri, alla quale faceva giustamente richiamo il collega Capezzone in sede di discussione generale, è tanto odiosa quanto lo strumentale attacco alla magistratura venuto dai banchi dell'opposizione!
Abbandoniamo, dunque, infantili protagonismi e basse strumentalizzazioni e lavoriamo con quella serietà e sobrietà che è stata propria dei lavori svolti in Commissione per pronunciarci, con consapevolezza e coscienza, su di un provvedimento che migliaia di persone attendono.
Vorrei, ancora, associarmi a quanto correttamente rilevato nella seduta dell'altro ieri dal collega Capotosti: l'affanno con il quale più di un collega si è ostinato a chiamare in causa il Governo e, in particolare, il ministro Guardasigilli Mastella, sfiora i limiti del ridicolo.
Allora conviene ripetere: il progetto di legge che siamo qui chiamati a discutere è di iniziativa parlamentare e spetta al Parlamento discuterne ed approvarlo.
Mi chiedo a che pro lamentarsi della mancata ingerenza nei lavori parlamentari del ministro al quale va ascritto non solo il merito di non aver interferito, ma nonPag. 107venendo, anche di aver evitato di alimentare la sceneggiata interpretata dal suo collega Di Pietro.
Il Guardasigilli ha fatto bene ad evitare di alimentare una polemica che non giova a nessuno se non all'opposizione.
Abbiamo tutti ascoltato i numeri che riguardano questo indulto e sono a tutti noi noti, colleghi, i gravissimi problemi che affliggono il nostro sistema carcerario.
Tutti conosciamo più o meno bene le cifre, mi sia concesso dire, della vergogna: ebbene sì colleghi, vergogna... perché è vergognoso un sistema dove i principi della nostra carta fondamentale vengono sistematicamente violati.
Mi riferisco a quel principio, che, cristallizzato nell'articolo 27 della Costituzione, sancisce che «le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato»!
Ma colleghi quale... io mi chiedo dove sia il senso di umanità di un sistema che nelle sue carceri ospita ben sessantunomila detenuti quando ci sono posti soltanto per quarantacinquemila!
Quale rieducazione vogliamo sperare di ottenere per i concittadini che hanno sbagliato, quando togliamo loro tutte le speranze di essere riaccolti nella società? Quando li trattiamo come se non esistessero? Quando continuiamo a rimandare il problema e non sappiamo far altro che pensare alle logiche di partito?
Vorrei ricordare, poi, che l'attuale situazione rischia di peggiorare ulteriormente per effetto della legge n. 251 del 2005 (ex-Cirielli, collega oggi di opposizione) che, nell'introdurre la nuova disciplina in materia di recidiva, prevede l'inasprimento del trattamento sanzionatorio e per effetto dell'aumento di provvedimenti restrittivi riconducibili alla nuova legge in materia di stupefacenti (n. 49 del 2006), laddove, la medesima, equipara le droghe leggere a quelle pesanti, aumentando le pene previste per le prime.
Qualcuno in questa aula ha detto che quando scoppia una epidemia si costruiscono nuovi ospedali e non nuovi cimiteri. Io credo, colleghi, che in questo momento le carceri italiane siano purtroppo già dei cimiteri dove vengono sepolte le speranze dei detenuti. Quelle speranze di poter tornare alla libertà come uomini e donne nuovi, rinati, rieducati, reinseriti!
I Popolari-Udeur sono da sempre attenti al problema della concessione dell'indulto come dimostrato dal fatto che abbiamo presentato una proposta di legge per la concessione di amnistia ed indulto.
Attenzione dimostrata anche dal ministro Clemente Mastella il quale, nelle Commissioni giustizia di entrambi i rami del Parlamento ha posto tra le sue priorità anche quella di trovare soluzioni, ovviamente condivise, che consentano di risolvere i gravissimi problemi legati al sistema carcerario.
In una situazione come quella che oggi sta vivendo il nostro sistema penitenziario, allora, colleghi, l'atto di clemenza che noi ci apprestiamo a votare non è verso i detenuti ma verso questo stesso Parlamento e i Governi succedutisi, di destra e sinistra, che sono stati incapaci in quindici anni di risolvere il problema del sovraffollamento carcerario, che hanno pensato che l'unica strada percorribile fosse la costruzione di nuovi penitenziari che non vengono fatti, che non hanno saputo o voluto mettere mano a serie riforme strutturali che ora, invece, si invocano a gran voce come condizione necessaria per la concessione di atti di clemenza. Riforme peraltro finalmente avviate dalla maggioranza e dal Guardasigilli al Senato.
Ebbene, colleghi, il nostro tempo è scaduto, non possiamo più attendere, non possiamo più darci assoluzioni, non possiamo più rimanere insensibili alla situazione, al disagio, al richiamo del Pontefice, alle condanne dell'Unione europea!
È il momento di fare i conti con la nostra coscienza e con il mandato che ci è stato conferito; è il momento di riconoscere i nostri errori e di porvi rimedio.
L'indulto non è la rinuncia dello Stato ad esercitare la propria potestà punitiva nei confronti di quanti hanno violato la legge, ma un atto dovuto a quanti stanno scontando l'incapacità di questo Paese di dare seguito ai precetti costituzionali; puntiamoPag. 108il dito contro chi viola la legge ma fingiamo di non vedere la violazione costante della prima legge dello Stato: la Carta costituzionale!
Ancora una osservazione: votando oggi questo provvedimento, i Popolari-Udeur non dimenticano certo le vittime dei reati, non dimenticano la sicurezza dei cittadini, delle famiglie, ma è proprio a loro che guardano!
Il sistema carcerario che conosciamo oggi non aiuta la crescita umana, piuttosto che rieducare incrudelisce, diseduca alle relazioni affettive, al lavoro, alla responsabilità: è questo carcere che produce recidiva. Lo dicono i dati e le ricerche: se la percentuale della recidiva è del 75 per cento nei casi di detenuti che scontano per intero la condanna in carcere, si abbassa drasticamente al 27 per cento nel caso di tossicodipendenti condannati che scontano la condanna o una parte di essa in affidamento ai servizi sociali e al 12 per cento nel caso di non tossicodipendenti affidati ai servizi sociali.
Solo una politica che abbia a cuore anche i diritti e il reinserimento dei detenuti può porsi come una autentica politica di sicurezza e democrazia.
È, dunque, guardando a quei principi di legalità ed umanità, fondamentali in una democrazia, che i Popolari-Udeur voteranno a favore del provvedimento sull'indulto che oggi qui discutiamo.
Un'ultima cosa prima di concludere. Vorrei parlare delle amarezze del ministro Di Pietro.
Ha scritto don Mazzi: «Non voglio capire e tantomeno giustificare le paranoie di alcuni onorevoli della maggioranza rispetto all'indulto... Tutti sanno che i signori delle corruzioni sanno aggirare e turlupinare la giustizia, anche quella del signor Di Pietro, perché assistiti da fior di avvocati onnipotenti e da portafogli poderosi. Credo che con un po' di pazienza possiamo chiarire a tutti gli elettori che una volta tanto i poveri cristi devono essere scelti e aiutati, correndo magari qualche piccolo rischio, aggiustabile nei secondi tempi... Possibile - dice don Mazzi - che il saltimbanco Di Pietro, tanto attento ai ruderi settantenni di tangentopoli non si accorga che mentre gigioneggia davanti a Montecitorio con il megafono, ad esempio, la giustizia sportiva viene palesemente offesa, aggirata, paralizzata? È proprio vero che i poveri sono e saranno sempre presi in giro».
E allora, onorevole Di Pietro, mi permetta di dirle anche io una cosa.
Lei è venuto in questi giorni in Aula con fare che si addiceva al suo mestiere precedente. Il Parlamento, almeno noi, non abbiamo bisogno di tutele o di vigilantes che vengono qui a vegliare sul nostro lavoro.
Come ben le ha ricordato oggi l'onorevole La Russa, caro ministro, o uno ha la forza per contare nella maggioranza e nel Governo in cui siede, oppure uno non se la può dare. C'è anche una terza via. Cambiare ruolo. Ma rinunciare al Governo e stare in piazza a protestare contro il Governo non è riuscito a nessuno.
Quindi, onorevole Di Pietro, si decida.
Lei parla di amarezze.
Sapesse quante ne abbiamo mandate giù noi a sentirla parlare contro la maggioranza in questi giorni. E sapesse quanta amarezza a stare qui in aula a votare i provvedimenti che anche lei ha varato a Palazzo Chigi, mentre al Senato i suoi uomini si fanno eleggere con i voti della Casa delle libertà alla guida della Commissione difesa, contro il candidato dell'Unione. E quanta amarezza, onorevole Di Pietro, nel vedere che lei, campione di moralità e della lotta alla partitocrazia, da ministro nomina all'ANAS, con rito berlusconiano, il suo avvocato o altri che hanno l'unico titolo di occuparsi di infrastrutture per conto del suo partito.
La doppia morale non può mai essere accettata. Tanto meno in politica. Quindi ci risparmi, onorevole Di Pietro, i suoi falsi moralismi su presunti colpi di spugna che vede solo lei in questo provvedimento. Recuperi, onorevole Di Pietro, un po' di coerenza e dirittura morale tra quello che dice e quello che fa. Faccia dimettere il Senatore De Gregorio da presidente della Commissione difesa del Senato, perché è stato eletto con quel voto di scambio conPag. 109l'opposizione che lei vede nell'intesa raggiunta in Commissione sul testo al nostro esame.
L'accordo per De Gregorio presidente, che lei difende, è immorale. L'accordo raggiunto in Commissione per varare l'indulto è previsto dalla Costituzione perché serve la maggioranza dei due terzi per provvedimenti di questo tipo.
Colleghi, lasciamo dunque perdere i protagonismi di chi, per calcolo di parte, devastante anche per la sua maggioranza, viene qui a raccontar la bugia che così facendo si aumenta la criminalità e il malcostume.
Questo provvedimento aiuterà invece a procedere meglio, senza l'angoscia dei "poveri cristi" - come li ha chiamati don Mazzi - che marciscono in carcere, sulla via di quella riforma organica del sistema giudiziario che l'Unione ha già avviato al Senato.
Per tutte queste ragioni i Popolari-Udeur voteranno sì.
PAOLA BALDUCCI. Onorevole Presidente, onorevoli colleghe, onorevoli colleghi, onorevole rappresentante del Governo, il gruppo dei Verdi esprimerà un voto favorevole al provvedimento in esame.
Si tratta di una decisione sofferta e meditata, che si richiama da un lato al vincolo di lealtà alla coalizione ed al programma approvato, e dall'altro al senso di responsabilità.
La previsione di una maggioranza qualificata per l'approvazione dell'indulto comporta mediazioni, compromessi, sintesi tra posizioni diverse.
Rispettiamo, e non potrebbe essere altrimenti, tutte le posizioni emerse nel corso del dibattito, dentro e fuori le aule parlamentari.
Ma la nostra posizione è coerente con una visione responsabile del ruolo che una forza parlamentare è chiamata ad esercitare.
L'alternativa che oggi ci si pone di fronte è semplice: da una parte approvare un testo che certamente non è il migliore tra quelli possibili, ma sul quale si è trovato faticosamente un accordo; dall'altra scaraventare il provvedimento nel baratro delle proposte rimaste incompiute, il che equivale a dire: l'ennesima occasione perduta.
Condividiamo integralmente l'appello del Presidente Bertinotti, che si aggiunge a quello di esponenti delle istituzioni, di autorità religiose, di esponenti dell'associazionismo e del volontariato.
Siamo insieme a loro convinti che un provvedimento di clemenza sia urgente e necessario a fronte di una emergenza che richiede interventi non più rinviabili, che interpella la nostra dignità di parlamentari, di legislatori capaci di orientare le proprie scelte all'interesse generale e non al facile rendiconto di fazione.
Siamo anche convinti, però, che tale provvedimento debba essere inserito nell'ambito di una più complessiva riscrittura del sistema penale, che tenga conto di nuove sollecitazioni che provengono dalla società, e che sappia coniugare garanzie del cittadino, vittima ed indagato, e sicurezza sociale.
Lungi da noi l'idea di un arretramento nella lotta contro la grande criminalità economica. Siamo anzi convinti che essa vada condotta con strumenti di contrasto più efficaci rispetto a quelli attuali.
Pensiamo ai consumatori, ed alla inderogabilità della introduzione di strumenti di tutela collettiva. E nello stesso contesto occorre pensare ad un nuovo statuto sulla responsabilità penale delle società e degli enti collettivi basato su un apparato sanzionatorio moderno ed efficace. Penso anche alla necessità di introdurre meccanismi giuridici e processuali a tutela del diritto all'ambiente. Penso alla introduzione di una normativa sulla responsabilità degli enti (legge n. 231 del 2001) anche ai reati in materia di sicurezza del lavoro e in materia ambientale.
È diventato, poi, urgente porre attenzione ai fenomeni sempre più incidenti della immigrazione e del consumo di sostanze stupefacenti, che non possono essere affrontati mediante politiche repressive e criminogene.
Un forte segnale è la proposta di legge presentata dai Verdi sulla confisca dellePag. 110somme provenienti dai reati. Crediamo che il tema giustizia debba essere affrontato con volontà di confronto e dialogo, evitando derive populistiche, e soprattutto personalistiche.
La personalizzazione permanente del dibattito sulla giustizia, che è un triste lascito della passata legislatura, rappresenta un retaggio dal sapore medievale, che rischia di far prevalere la logica vendicativa e sterilmente punitiva sui principi di civiltà del sistema penale.
Consiglio a tutti di leggere l'intervento pubblicato su la Repubblica da Adriano Sofri.
Mi limito a citare un passo.
«Immaginate le migliaia e migliaia di facce di persone chiuse nelle nostre celle. Si è detto che i condannati per reati finanziari che sarebbero coinvolti nell'indulto sono in totale 67 persone. Su una ipotetica bilancia avremmo quindi da un lato l'inclusione su un piatto di 67 persone in uno sconto di pena, dall'altro l'esclusione di decine di migliaia».
Noi non abbiamo dubbi.
Votiamo perché sia data una risposta ispirata ad umanità e civiltà a quelle migliaia di facce, alle loro famiglie, alla loro richiesta di aiuto.
GENNARO MIGLIORE. Da anni ci battiamo perché il Parlamento voti un provvedimento di clemenza.
Da anni riteniamo che un provvedimento di indulto, assieme a quello di amnistia sia motivato da profonde ragioni di umanità e rispetto per la dignità della persona.
Non siamo stati soli a chiederlo e parole autorevoli, anche in quest'aula, con il messaggio del Pontefice hanno richiamato questa esigenza e segnalato che l'urgenza è già alle nostre spalle.
Oggi siamo oltre l'urgenza.
Siamo affacciati sul baratro di un disastro umano che reclama giustizia alle nostre coscienze.
Abbiamo sempre pensato che i provvedimenti di clemenza, abbiano il compito di aprire un percorso di riforme di cui è più che sentita l'esigenza.
Oggi votiamo l'indulto anche per garantire che la nostra giustizia penale divenga davvero celere, efficiente, garantista.
Fino al 1990 si sono avuti 34 provvedimenti di clemenza, da quando si è modificato il quorum costituzionale, nessuno.
A tanti anni di distanza dobbiamo sottrarci alla contingenza ed alla polemica politica.
Sarebbe stato meglio, come per altro ha affermato la Corte costituzionale, ridurre al minimo i casi di esclusione, ma oggi votiamo anche per garantire dignità al nostro Stato di diritto.
Peraltro, cosa prevedeva il costituente nell'articolo 79 inserendo l'indulto?
Pensate davvero che si rompa il patto di fedeltà alle leggi tra i cittadini e lo Stato addirittura incrinando il valore della legalità?
Non è così.
È stato previsto come meccanismo regolatore delle disfunzioni del sistema giudiziario.
Confrontiamo i numeri. Le nostre carceri possono contenere al massimo quarantaduemila detenuti, ma in realtà, sono nelle galere sessantaduemila persone!
Di queste la maggioranza sono migranti e tossicodipendenti. Quale allarme sociale? Solo quello prodotto dal legislatore contro specifiche categorie sociali.
Voi leggete numeri, noi abbiamo incontrato persone. Abbiamo davanti agli occhi volti, abbiamo ascoltato storie.
Questo meccanismo regolatore è stato pensato anche per far fronte allo spirito dell'articolo 3 della Costituzione che impone la rimozione delle cause di disuguaglianza tra i cittadini.
Oggi il carcere è una discarica sociale.
Un tempo si diceva che andava in galera chi non sapeva leggere e scrivere. Oggi, chi non sa parlare.
In carcere ci va chi non può godere degli «indulti di fatto», quelli ottenuti con mezzi economici che consentono di sostenere i diversi gradi di giudizio.Pag. 111
Pensate a chi è processato per direttissima, ai disperati che sono in carcere, ai deboli, agli emarginati, ai tantissimi migranti.
A ben vedere c'è una forma di detenzione sociale inaccettabile! Ma qual è la funzione della pena?
Non può essere una vendetta o peggio una rassicurazione delle paure sociali che vengono artificialmente generate.
Le carceri non dicono solo della civiltà di un paese, ma ne sono anche lo specchio deformato, il cuore di tenebra, il luogo delle rimozioni dei problemi di una società.
Anche in altri paesi l'uso indiscriminato della detenzione segnala una crisi dello Stato sociale.
Qualche autorevole osservatore ha commentato che alla crisi dello Stato sociale corrisponde una crescita di un vero e proprio Stato penale.
Il fine della pena è la rieducazione.
Dare una seconda chance è anche un'occasione per rafforzare la sicurezza dei cittadini.
Sono dodicimila i detenuti e sedicimila quelli che scontano pene alternative. Oggi non possiamo attendere oltre, non si gioca con la vita delle persone.
Luglio ed agosto sono i mesi in cui si moltiplicano episodi di autolesionismo, di tragedie personali fino ai suicidi.
Le denunce sono fatte da Amnesty, Antigone, Sant'Egidio ma anche dall'Osapp, il maggior sindacato autonomo di polizia penitenziaria.
Per altro sono state approvate vere e proprie leggi riempicarcere generate da una cultura regressiva e repressiva.
I nomi sono noti: Fini-Giovanardi sulle tossicodipendenze, Bossi-Fini sui migranti (ben novemila scaraventati in carcere dalla legge più reazionaria d'Europa). Per non parlare della ex Cirielli che abolisce le misure alternative per i recidivi.
Ma chi sono i recidivi?
Chi sono quelli colpiti da queste leggi?
Sono leggi di classe usate come una clava contro i più deboli.
Il quadro delle riforme necessarie è ampio: depenalizzazioni, abrogazioni delle «norme riempicarcere», riforma del codice penale.
Per questo abbiamo accettato lo stralcio dell'indulto per riprendere l'amnistia assieme agli altri provvedimenti di riforma.
Lo voglio ripetere: questo provvedimento risponde ad una emergenza e contribuisce anche al fatto che i magistrati possano occuparsi dei reati di più grave allarme sociale!
Prescrizione, decorrenza termini che scarcerano imputati già condannati in I e II grado per reati gravissimi, anche di sangue o relativi alla criminalità organizzata!
Questo è inammissibile!
Fuori e dentro di qui, però, l'attenzione è stata su altro.
Credete veramente che si possa impedire l'indulto per qualche detenuto che ha goduto dei più brillanti avvocati e di un dorato arresto domiciliare?
I pochi beneficiari indicati da Italia dei Valori e PDCI, sono in realtà una foglia di fico! Una grande ipocrisia!
Noi difendiamo gli altri dodicimila, quelli che non hanno potuto godere di interprete o al massimo hanno ricevuto una distratta difesa di ufficio.
Si può esprimere, anzi si deve esprimere il dissenso verso il provvedimento, ma nelle pagine dei giornali ho letto davvero una istigazione all'indignazione dell'opinione pubblica contro l'indulto.
Non credo si possano fornire informazioni così superficiali e inesatte!
C'è un caso veramente odioso.
Si è scritto che i parenti delle vittime di «caduti sul lavoro o soggetti a malattie professionali» come nei casi degli esposti all'amianto, non prenderanno un soldo di risarcimento.
Non è vero, non è vero.
I risarcimenti non vengono indultati e lo stesso Governo dovrà fare la sua parte ed impegnarsi ad un perseguimento dei reati contro i lavoratori che sicuramente sono tra i più odiosi.
Ma voglio aggiungere dell'altro.Pag. 112
Chi vi parla non si è ricordato degli esposti all'amianto solo oggi.
A Santa Maria la Bruna, Bagnoli, Casale Monferrato, Marghera, il Prc in questi anni c'è sempre stato.
Le bugie contro l'indulto non reggono, né la prova dei corpi martoriati dall'asbesto e dalle altre malattie così crudeli che, davvero, sono professionali né reggono la verità della sofferenza dei corpi reclusi.
Non possiamo votare contro.
Si potrebbe produrre un vero disastro nelle carceri, ma anche si produrrebbe una eterogenesi dei fini.
Chi predica la sicurezza, votando contro l'indulto contribuisse ad aumentare l'esacerbazione ed a generare un maggior allarme sociale.
L'articolo 27 della Costituzione ci ammonisce sulla non afflittività della pena, non si può essere in contrasto con «l'umanità del trattamento e la finalità rieducativa della pena».
Rivolgo un invito a tutti i colleghi. Visitate le nostre case di pena e le nostre case circondariali, dove, oltre a tutti i condannati, ci sono ben ventiquattromila detenuti in attesa di giudizio e potenzialmente innocenti.
Anche i vostri sentimenti sarebbero solo di scandalo, ripulsa ed indignazione. La sicurezza dei cittadini e la non afflittività della pena viaggiano insieme!
In ogni modo, il voto a favore del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea non è un atto di riparazione per i nostri errori e le nostre mancanze.
Per noi l'indulto è il presupposto di una riforma organica del nostro sistema penale e soprattutto del nostro sistema sanzionatorio.
Talvolta un provvedimento straordinario è la premessa di uno stato ordinario.
Ecco, noi vorremmo che il buon funzionamento della giustizia nel nostro paese diventasse la norma, la certezza di uno Stato di diritto moderno.
Possiamo far diventare questa urgenza una priorità, un impegno irrevocabile per il futuro.
GIANCLAUDIO BRESSA. Oggi è una giornata significativa per la Camera. Oggi siamo chiamati a misurare le nostre capacità di assunzione di responsabilità di fronte a un voto tanto importante quanto impopolare. Ed è questo che mi ferisce nel profondo: l'impopolarità di un atto di clemenza garantito dalla nostra Costituzione con l'articolo 79 per dare senso alla previsione dell'articolo 27 della Costituzione «le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato». La pena non cancella la dignità dell'uomo, non lo priva dei suoi diritti fondamentali, ed è terribile assistere a come il nostro paese abbia in questi anni smarrito il senso profondo dello Stato di diritto, che ha per fondamento e per scopo la tutela della libertà del singolo, contro le varie forme di esercizio arbitrario del potere, che può assumere forme particolarmente odiose quando l'arbitrio si impossessa del diritto penale e del diritto penitenziario.
Nel 1992 viene approvata la legge n. 1 di revisione costituzionale dell'articolo 79, relativo alla concessione dell'amnistia e dell'indulto. Da allora il Parlamento non ha mai approvato un provvedimento di amnistia e di indulto, per cui l'ultimo indulto risale al 1990. La cosa può essere solo apparentemente sorprendente, perché la riforma costituzionale del 1992 ha introdotto l'unico esempio, nell'ordinamento vigente, di legge ordinaria deliberata (per di più in ogni parte del suo contenuto) a maggioranza qualificata dei due terzi. Un procedimento speciale e differenziato.
La previsione di un elevato quorum ha una sua evidente ratio: sottrarre alla maggioranza parlamentare-governativa la disponibilità delle deliberazioni degli atti di clemenza, sotto il duplice essenziale profilo delle valutazioni dell'opportunità e della delimitazione dell'ambito della clemenza.
Questa scelta di modifica costituzionale rafforza il valore garantistico delle minoranze parlamentari, il cui concorso è necessario per conseguire l'alto quorum richiesto. Amnistia e indulto, allora, nonPag. 113sono più, per previsione costituzionale, riconducibili all'indirizzo politico della maggioranza.
Noi oggi siamo chiamati a votare un provvedimento d'indulto perché abbiamo stralciato la previsione dell'amnistia. Di questo dobbiamo essere profondamente consapevoli perchè amnistia e indulto sono due provvedimenti profondamente diversi tra loro e che solo per consuetudine dialettica siamo abituati ad accompagnare. L'amnistia estingue il reato e preclude l'esercizio dell'azione penale e, se vi è stata già condanna, fa cessare l'esercizio della stessa.
L'indulto, senza far venir meno la qualificazione giuridico-penale del fatto come reato, condona, in tutto o in parte, la pena o la commuta in un'altra stabilita dalla legge.
Noi oggi siamo chiamati a concedere una riduzione della pena, non a estinguere fattispecie di reato. La differenza non è di poco conto, poiché le finalità che accompagnano l'indulto sono chiaramente identificabili: l'obiettivo è quello di un provvedimento destinato a incidere sulla dimensione pubblica della detenzione negli istituti di pena. Si tratta di un procedimento che ha carattere di generalità (diverso, quindi, dalla grazia che è un provvedimento individuale) e che viene assunto con fini politici evidenti e precisi, per alleviare le condizioni disumane in cui versano migliaia e migliaia di persone recluse nelle carceri italiani.
L'indulto non è e non può diventare un provvedimento ad personam o contra personam. L'indulto è un atto di responsabilità politica affidata non a un Governo e alla sua maggioranza, ma al Parlamento.
Il cardinale Martini ci avvertiva che: «Una società è davvero matura quando sa assumersi le proprie responsabilità di fronte al male e ne condivide la colpa e l'espiazione». E, se mi consentite, questa è per me l'autentica chiave di lettura del messaggio di Giovanni Paolo II fatto in quest'aula, per cui sarebbe prudente evitare ogni impropria strumentalizzazione.
Oggi questo Parlamento è chiamato a dimostrare la propria maturità e l'assunzione di una responsabilità condivisa votando l'indulto, che ha valore in sé, come atto di clemenza, non in ragione del catalogo di reati che vengono inclusi o esclusi: l'indulto è e deve restare un atto di clemenza, non deve trasformarsi mai in un atto di opportunismo politico. Il potere di clemenza che ha un puntuale fondamento giuridico nell'articolo 79 della Costituzione, non può che essere sottoposto all'unico limite della razionalità e della non arbitrarietà del provvedimento. Altri limiti sono solo nella nostra mente, nei nostri pregiudizi, nelle nostre convenienze, ma non valgono, non rilevano.
Il diritto penale conserva sempre un'intrinseca brutalità. La potestà di punire e di giudicare resta sicuramente, come scrivono Montesquieu e Condorcet, il più terribile e odioso dei poteri: quello che si esercita in maniera più violenta e diretta sulle persone e nel quale si manifesta in forma più conflittuale il rapporto tra Stato e cittadino, tra autorità e libertà, tra sicurezza sociale e diritti individuali. Ma proprio per questo la fondazione razionale del diritto penale non può smarrire una sua motivazione superiore. Non vi è libertà, scrive Beccaria anticipando Kant, ogni qual volta le leggi permettono che in alcuni eventi l'uomo cessi di essere persona e diventi cosa. Il principio morale del rispetto della persona umana diventa l'argomento decisivo contro la disumanità della pena. La sola cosa che si può e si deve pretendere dalla pena è che essa non divenga pervertitrice del reo (Francesco Carrara). Per questo occorre che le condizioni di vita all'interno del carcere siano per tutti il più possibile umane e il meno possibile afflittive. Questo siamo chiamati a garantire oggi votando l'indulto. Questo è quanto il gruppo de L'Ulivo farà votando l'indulto.
GIORGIO CARTA. Onorevole signor Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento legislativo che ci apprestiamo a votare e con il quale la Repubblica italiana intende - per l'ennesima volta nella sua storia - condonare parte della pena inflitta a persone già condannate per alcunePag. 114tipologie di reati, trova il suo unico scopo dichiarato nella necessità di sfoltire la popolazione carceraria.
Siamo tutti consapevoli che non ne deriverà alcun vantaggio per la collettività sia in termini di prevenzione del crimine, sia in termini di sicurezza sociale. Anzi, entrambe tali legittime aspirazioni dei cittadini risulteranno per l'ennesima volta frustrate e offese. Come ebbe a dire Cesare Beccaria, nel capitolo 46 del suo celebre trattato: «clemenza è la virtù del legislatore e non dell'esecutor delle leggi; che deve risplendere nel codice, non già nei giudizi particolari; che il far vedere agli uomini che si possono perdonare i delitti e che la pena non ne è la necessaria conseguenza è un fomentare la lusinga dell'impunità, è un far credere che, potendosi perdonare, le condanne non perdonate siano piuttosto violenze della forza che emanazioni della giustizia». A me pare, tuttavia, che solo una ragione odiernamente giustifichi il provvedimento di clemenza ora in esame e questa consiste per certo nel grave inadempimento e nel ritardo con cui lo Stato si è rapportato col problema carcerario.
Questa, quindi, non è clemenza, ma mera constatazione che lo Stato non può esigere l'osservanza di una sentenza, pure definitiva, se prima di pronunciarla non si è dotato di uomini e di mezzi adeguati a dare alla pena la funzione rieducativa, che la Costituzione le assegna. In mancanza di tale presupposto, pure lo Stato è in difetto e non può non prenderne atto.
Oggi non scriviamo una pagina esaltante della storia, ma sarebbe più grave non constatare che il perdono è reso necessario ed urgente in proporzione dell'assurdità e dell'atrocità delle condizioni di espiazione della pena che lo Stato italiano oggi è in grado di somministrare.
Dichiaro quindi di votare a favore della proposta oggi in esame, rilevando altresì che la criticabile e senz'altro inopportuna gamma di reati che beneficeranno dell'indulto - faccio ovviamente riferimento ai reati finanziari e contro la pubblica amministrazione in relazione ai quali tanto si è giustamente discusso - è parimenti abnorme e criticabile, ma tuttavia l'unica oggi praticabile perché consente al Parlamento di reperire la prescritta maggioranza e di sanare almeno parzialmente gli effetti nefasti e non di rado tragici della propria grave inadempienza nei confronti della società modernamente concepita.
FRANCESCO MONACO. Voterò a favore per disciplina di gruppo e perché, anche per me, la priorità delle priorità è l'emergenza carceraria, la condizione disumana di migliaia di detenuti comuni.
Ma voglio risulti a verbale il mio dissenso sull'inclusione di reati - finanziari, societari, contro la pubblica amministrazione - che nulla hanno a che vedere con il sovraffollamento delle carceri.
Reati che devastano l'etica pubblica.
Reati che vanificano sin d'ora (quanto all'effettività della pena) processi che concernono diritti e interessi di decine di migliaia di cittadini, di risparmiatori, di lavoratori, caro Presidente Bertinotti.
Spesso, il nostro voto è figlio di un compromesso. Ma mai come questa volta avverto il senso di una costrizione morale e politica.
CARMEN MOTTA. Voto questo provvedimento secondo le indicazioni del gruppo de L'Ulivo perché nella mia esperienza parlamentare mi sono sempre attenuta alle decisioni democraticamente assunte dal gruppo parlamentare a cui appartengo. Un vincolo che considero non limitativo della libertà del deputato ma assunzione di responsabilità delle scelte che a maggioranza o unanimemente il gruppo decide.
Per la prima volta però, pur non sottraendomi alla responsabilità, oggi ancora maggiore perché di governo, sento il dovere di lasciare agli atti della Camera che su questo provvedimento mantengo riserve e perplessità.
Riserve e perplessità pensando ai drammatici fatti che hanno riguardato il territorio parmense, nel quale sono stata eletta, dal 2003 ad oggi: il crac Parmalat, le tragiche morti del piccolo Tommaso, della giovane Virginia Fereoli, fino all'ultimo fatto delittuoso, il caso Roveraro.Pag. 115
Fatti con conseguenze drammatiche per chi li ha subiti di cui tutti noi siamo consapevoli.
L'accoglimento degli emendamenti che hanno escluso dall'indulto le pene accessorie temporanee e l'usura hanno indubbiamente migliorato il provvedimento, ma non in misura sufficiente per superare le mie perplessità.
Non avendo la possibilità, per questioni di tempo, di entrare più nel merito dei problemi e ribadendo che sicuramente la realtà carceraria presenta una situazione al limite della sostenibilità, che su questo provvedimento, come il dibattito ha evidenziato, le diversificazioni riguardano sia la maggioranza che l'opposizione, per cui i richiami alla coerenza ed alla compattezza della coalizione di maggioranza da parte di esponenti dell'opposizione è fuori luogo e strumentale, ciò premesso, senza stravolgere le finalità e il senso di questo provvedimento di clemenza, intendo ribadire che sarebbero state necessarie alcune modifiche che avrebbero reso il provvedimento stesso più equilibrato e più rispondente alla sensibilità diffusa dei cittadini sui temi della giustizia e della sicurezza individuale e collettiva.
FRANCESCO NUCARA. I repubblicani sono stati storicamente contro l'abuso dei provvedimenti di amnistia e di indulto, come quello verificatosi tra gli anni '50 e gli anni '90.
Oggi, però, siamo in una situazione radicalmente diversa.
E dal 1989, cioè da ben diciassette anni, che manca un provvedimento di clemenza.
Clemenza che significa non impotenza dello Stato ad imporre le proprie ragioni, bensì capacità di comprendere come l'espiazione della pena debba essere, secondo la norma fissata dalla Costituzione, condizione per la rieducazione del reo.
Per questo, tenuto conto anche della drammatica situazione carceraria, che ha radici molto profonde e che gli interventi di tutti questi anni non sono riusciti a risolvere, annuncio il voto favorevole dei repubblicani sul provvedimento di indulto.