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DICHIARAZIONE DI VOTO FINALE DEL DEPUTATO GINO CAPOTOSTI SUL DISEGNO DI LEGGE N. 1780
GINO CAPOTOSTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi e colleghe, ancora una volta, oggi potremo discutere di analisi politica, almeno dal mio modesto punto di vista. In effetti, nella scorsa legislatura, forse anche in qualcuna precedente, abbiamo vissuto un fenomeno continuo di lacerazione del paese, un fenomeno di gestione pregiudiziale, di corporativismo e di gestione di un interesse garantito più di tutti gli altri; un fenomeno, in buona sostanza, di gestione non politica. In effetti, una legge fatta per uno contro gli altri non può nemmeno definirsi tale, in quanto - come è noto - la legge ha i caratteri della generalità e dell'astrattezza e dovrebbe perseguire l'interesse comune.
Allora, noi oggi possiamo tornare a servire il paese, cioè a parlare di politica. Vale a dire a fare sintesi di tanti interessi diffusi, diversi, singolari, com'è nostro dovere, componendoli in un quadro di interesse comune, certamente secondo le diverse sensibilità che ci ispirano, concorrendo quindi realmente a quel progresso economico e sociale della nazione, a cui la Costituzione ci chiama come forze politiche.
Sembrerebbe quindi oggi che la parabola berlusconiana volga al termine e che possa nuovamente parlarsi di unità politica, cioè di partiti di ispirazione ideale e non più ideologica, che attuano un programma e che in quanto democratici tendono al libero scambio di uomini e di idee, realizzando appunto l'interesse comune.Pag. 139In questo quadro, può agevolmente leggersi un provvedimento di sospensione, necessitato dalla riaffermazione del quadro politico al quale ho fatto cenno. Questa sospensione non vuole dire: cancelliamo tutto quanto fatto precedentemente, perché forse in alcune parti fatto solo a vantaggio di uno contro tutti gli altri. Piuttosto dice: adesso che non ci sono più le condizioni storiche perché sia fatto uno contro tutti, cominciamo a ragionare per fare qualcosa che serva realmente al paese. Cominciamo a ragionare per realizzare una riforma dell'ordinamento giudiziario, che dia risposta alla domanda di giustizia latente, ferma (ed ipersanzionata da svariati organi comunitari), che, com'è noto, affligge la giustizia italiana.
Questo lo possiamo fare partendo da una sospensione, perché si tratta di uno dei tre poteri fondamentali dello Stato: un potere costituzionalmente previsto, un potere libero e indipendente, un potere raccordato agli altri due da quel Quirinale, a cui qualcuno prima tentava di tirare addirittura la giacca!
Dunque, penso che la reale portata di questo provvedimento stia nel vedere che finalmente si torna nuovamente al centro e si apre una discussione; ciò tenuto conto che i canoni di quella discussione potranno solo essere quelli dell'interesse comune e del servizio ai cittadini. Certamente anche noi vorremo poi un giudice terzo e imparziale. Certamente anche noi vorremo una progressione della carriera meritocratica. Certamente anche noi vorremo l'affermazione di un principio di responsabilità effettivo e forse potremo sottolineare che in Costituzione è scritto che il giudice è soggetto solo alle leggi: non tutti i magistrati, ma il magistrato che giudica (appunto il giudice). Tuttavia, questo è un capitolo che appartiene ad un'epoca a venire, alla quale quindi guardiamo con speranza e con fiducia, pensando che il richiamo all'ubi consistam, cioè allo stare tutti insieme tenuto conto delle rispettive estrazioni, lavorando a un progetto che finalmente possa dare una risposta concreta al paese, sia il nostro reale obiettivo. Per questo non posso che considerare con forte perplessità alcuni interventi che mi hanno preceduto, relativamente a chi parla della ragione e del torto, un tema antico e difficile: noi non abbiamo sbagliato!; noi abbiamo ragione e il torto è tutto vostro! Ecco, io a tratti invidio chi ha queste convinzioni. D'altro canto, forse ne ho timore. Essendo un democratico di ispirazione cristiana, ricordo che San Paolo scrive che la stoltezza è un peccato. Probabilmente, alcune pulsioni di dabbenaggine politica è bene che non entrino a far parte del dibattito, perché non costituiscono elemento di dibattito, bensì sono un qualcosa che sta al di fuori.
In questo quadro, va pure sottolineato - questo lo voglio dire a chi parlava dello strapotere dei giudici - che l'indulto, tra le tante sue peculiarità, è anche e soprattutto in sede politica l'affermazione di un principio, cioè che un certo giustizialismo è finito, perché appunto c'è una separazione dei poteri e c'è una struttura di raccordo, data dal Presidente della Repubblica. Pertanto, saluto positivamente questo provvedimento. Mi rendo conto che vi sono singolarità e aporie tecniche - ne prendo atto - e le voglio considerare uno stimolo ulteriore. Poiché questo provvedimento sarà efficace fino al luglio 2007, anche per le suddette aporie tecniche entro tale data il Parlamento si sarà pronunciato compiutamente su un provvedimento che non sarà più, come quello di oggi, di attesa, di ricognizione e di apertura di confronto, ma che sarà la risposta effettiva a quella domanda di giustizia latente che ci deve assillare quotidianamente. I problemi sono molti - come è noto - ed è tempo finalmente di risolverli. Tornando al tema della ragione e del torto e della sospensione del percorso che ci porterà da ora al luglio 2007, mi viene da pensare ad un grande statista che sedeva in quest'aula e si chiamava Alcide De Gasperi il quale sovente diceva: non è tanto importante avere ragione oggi, quanto e piuttosto non avere torto domani. Per tali ragioni i Popolari UDEUR voteranno a favore del presente provvedimento.