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Discussione del disegno di legge: Disposizioni in materia di intercettazioni telefoniche ed ambientali e di pubblicità degli atti di indagine (A.C. 1638); e delle abbinate proposte di legge: Migliore ed altri; Fabris ed altri; Craxi ed altri; Nan; Mazzoni e Formisano; Brancher ed altri; Balducci (A.C. 1164-1165-1170-1257-1344-1587-1594).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge: DisposizioniPag. 48in materia di intercettazioni telefoniche ed ambientali e di pubblicità degli atti di indagine; e delle abbinate proposte di legge Migliore ed altri; Fabris ed altri; Craxi ed altri; Nan; Mazzoni e Formisano; Brancher ed altri; Balducci.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi per la discussione sulle linee generali è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).
(Discussione sulle linee generali - A.C. 1638)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari di Forza Italia e de L'Ulivo ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del regolamento.
Avverto, altresì, che la II Commissione (Giustizia) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Tenaglia, ha facoltà di svolgere la relazione.
LANFRANCO TENAGLIA, Relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il disegno di legge al nostro esame reca disposizioni in materia di intercettazioni telefoniche ed ambientali e di pubblicità degli atti di indagine. Sono due aspetti del codice di procedura penale che involgono diversi diritti di rango costituzionale: il diritto alla privacy, il diritto dei cittadini ad essere lasciati soli, il diritto di cronaca, di informare e dell'opinione pubblica essere informata, il diritto all'effettività dell'esercizio della giurisdizione sotto vari profili, l'effettività dell'obbligatorietà dell'azione penale, il diritto di conservazione dei mezzi di prova e la presunzione di innocenza sino a condanna definitiva. Si tratta, in sostanza, di contemperare tutti questi diritti ed è un esercizio non facile per l'accezione comune.
Il disegno di legge in esame ha avuto il contributo fattivo di tutte le componenti della Commissione giustizia, la quale, nella sua maggioranza, ha ritenuto di aver raggiunto un punto di equilibrio corretto fra questi diversi diritti e le istanze che ad essi sono sottese. Questa valutazione ha anche il conforto del Comitato pareri presso la I Commissione, che, proprio sotto questo profilo, ha dato un parere incondizionatamente favorevole.
C'è da affermare una questione di metodo. La disciplina vigente in materia di tutela del segreto di indagine e di intercettazione telefonica è una disciplina che ha molti lati positivi. Quindi, il metodo che la Commissione ha seguito è stato quello di andare ad incidere su quegli aspetti di criticità della normativa vigente, senza stravolgerla, ma cercando di migliorarla e di evitare il verificarsi di alcuni problemi che, nell'applicazione concreta, si sono verificati.
Quando si parla di intercettazioni telefoniche, anzitutto bisogna affrontare il problema dei presupposti. A tale proposito, intervenire sullo strumento di indagine avrebbe potuto richiedere tre ordini di interventi: quello sull'estensione dei presupposti dei reati per i quali lo strumento può essere predisposto, quello sulle modalità di controllo del giudice e sull'esercizio dell'attività del pubblico ministero, oppure quello - secondo un auspicio che è venuto spesso dal dibattito dottrinario - sulla composizione dell'organo che dispone l'intercettazione.
L'intervento sui presupposti e sull'estensione dei reati che consentono le intercettazioni è un aspetto che la Commissione ha ritenuto di non considerare, ritenendo che i reati per i quali le intercettazioni sono possibili e i presupposti - gravi indizi e assoluta indispensabilità delle intercettazioni ai fini dell'accertamento dei fatti - siano necessari e sufficienti, anche alla luce delle caratteristiche della criminalità nel nostro paese.
Si è, quindi, cercato di intervenire sulla motivazione sia della richiesta sia della decisione del giudice per le indagini preliminari, che individua la ricorrenza dei presupposti, specificando la necessità che la motivazione sui gravi indizi e sull'assolutaPag. 49indispensabilità dello strumento d'indagine sia effettiva. In tal modo, si è esclusa, anche se il contenuto di alcuni emendamenti presentati andava in senso contrario, la modifica dell'organo chiamato a decidere sulle intercettazioni, perché l'organo collegiale presupporrebbe un intervento di sistema sul codice di procedura penale, a partire dalla disciplina della libertà personale o da quella del giudizio di dibattimento che, in gran parte, nel codice di procedura penale italiano è rimesso ad un organo monocratico.
L'altro aspetto su cui si è inciso è l'estensione dell'ambito del segreto di indagine, previsto dall'articolo 114 del codice di procedura penale, rispetto all'ambito e all'estensione del divieto di pubblicazione degli atti. Il principio cui la Commissione si è ispirata è stato quello di stabilire con chiarezza gli ambiti rispettivi del segreto d'indagine e del divieto di pubblicazione, presidiandoli entrambi in maniera molto stretta. Si è irrigidita, in un certo senso, la disciplina del segreto degli atti di indagine e del loro conseguente divieto di pubblicazione, predisponendo una serie di misure dirette a prevenire le violazioni in materia.
In particolare, vi è una novità: le intercettazioni telefoniche da parte del giudice sono sempre coperte dal segreto, così come gli atti di cui l'indagato o il suo difensore non abbiano avuto conoscenza. Si prevede anche una forma di segreto volto a tutelare comunque la riservatezza del soggetto estraneo al processo, perché vi è una necessità di tutela della privacy molto più stringente, sotto tale profilo. Da ciò consegue la creazione di varie graduazioni del segreto, sia con riferimento agli atti d'indagine, sia con riferimento agli atti del fascicolo del pubblico ministero, rispetto alla fase dibattimentale.
Allo stesso modo è stato stabilito per gli atti relativi alle intercettazioni telefoniche, per i quali si è prevista una forma di divieto di pubblicazione che può anche andare oltre il superamento del segreto di indagine, fino alla conclusione delle indagini preliminari o dell'udienza preliminare, mentre è consentita, nel contenuto, la pubblicazione delle ordinanze di misura cautelare, quando ne abbiano avuto conoscenza il difensore o l'imputato. L'intervento ha riguardato anche la motivazione circa i tempi di effettuazione delle intercettazioni telefoniche, previste per quindici giorni e prorogabili sino a tre mesi. Ciò, ferma restando la necessità della permanenza di nuovi elementi di indagine rispetto ai presupposti. La proroga oltre questo termine è possibile quando si è in presenza di gravi reati.
Gli articoli 268 e seguenti del codice di procedura penale sono stati in gran parte riscritti con riferimento all'esecuzione delle intercettazioni e agli adempimenti successivi. Ci sono diverse novità legislative che riguardano lo svolgimento delle operazioni di intercettazione. In particolare viene previsto che le operazioni di registrazione dovranno essere effettuate per mezzo di impianti installati e custoditi in centri di intercettazione telefonica da istituirsi presso ogni distretto di corte d'appello; si prevedono quindi 26 centri di captazione rispetto alla situazione attuale che vede la presenza di centri di captazione in ogni procura della Repubblica (mi pare siano circa 163).
Le operazioni di ascolto delle conversazioni saranno invece compiute mediante gli impianti installati presso la procura della Repubblica ovvero previa autorizzazione del pubblico ministero procedente presso i servizi di polizia giudiziaria delegata per le indagini. Questa concentrazione consentirà un maggior controllo dell'accesso alle informazioni riservate, un più alto livello di sicurezza nell'acquisizione e nel trattamento dei dati, nonché un maggiore controllo dei costi - uno dei problemi che viene spesso sollevato quando si parla di intercettazioni telefoniche -, perché ci sarà la possibilità da parte del ministro della giustizia di ricondurre ad unità la spesa e la relativa gestione. Anche il controllo dell'autorità giudiziaria sul dato investigativo sarà più stringente.
Inoltre, sulla questione delle spese la Commissione ha ritenuto in sede emendativaPag. 50di prevedere anche un intervento per quanto riguarda i costi vivi dell'attività di intercettazione e di acquisizione dei tabulati telefonici, che, ricordiamolo, costituiscono degli obblighi da parte dei gestori telefonici; obblighi che, laddove comportano un costo, come nell'attività di intercettazione vera e propria, sicuramente necessitano di una remunerazione, che è prevista in via forfetaria, come in altri paesi europei (l'indagine conoscitiva svolta dal Senato sulle intercettazioni ha consentito di accertare questo aspetto); laddove invece non comportano un costo, come nel caso di acquisizione dei tabulati, secondo la Commissione devono essere gratuiti. Tra l'altro credo che - non ho però verificato questo dato in via ufficiale -, ove qualche procura della Repubblica dovesse disporre il sequestro dei tabulati telefonici, il gestore telefonico sarebbe obbligato non solo a darli, ma anche a fornirli gratuitamente, e questo già allo stato attuale. L'intervento della Commissione chiarisce quindi la situazione.
La riservatezza dei soggetti coinvolti nelle intercettazioni viene anche assicurata attraverso una modifica del procedimento. La sequenza procedimentale del deposito e dell'eliminazione del materiale irrilevante viene modificata, attribuendo prima al pubblico ministero e poi al giudice il potere-dovere di selezionare l'intercettazione. È prevista una procedura snella, con tutte le garanzie per l'attività difensiva, sia per quanto riguarda il deposito - anzi, in sede di modifica del provvedimento, la Commissione ha previsto che, oltre al deposito dei decreti di autorizzazione, vi sia anche quello delle richieste del pubblico ministero; ciò per vagliare pienamente l'attività di motivazione -, sia rispetto ai tempi, con la previsione di un tempo minimo di almeno cinque giorni, pari a quello concesso per i termini a difesa.
Altra novità di rilievo è quella che riguarda l'istituzione di un archivio riservato, dove confluiscono le intercettazioni non utilizzabili o ritenute irrilevanti e anche, a seguito delle modifiche intervenute in sede emendativa da parte del Governo...
PRESIDENTE. La prego...
LANFRANCO TENAGLIA, Relatore. Signor Presidente, se ho altri due minuti vorrei segnalare la novità dell'archivio riservato e della modifica del decreto-legge sulle intercettazioni illegali.
Vorrei, inoltre, fare altre due velocissime annotazioni, utili anche per i lavori parlamentari. La prima riguarda le fattispecie criminose contenute nell'articolo 21, che, con gli interventi emendativi approvati in Commissione, sono state ulteriormente specificate, onde evitare difficoltà o possibili interpretazioni che avrebbero potuto estendere tali fattispecie al di là della connotazione loro propria. Mi riferisco agli articoli 617-quater, 617-octies e 617-novies. Gli articoli 617-octies e 617-novies concludono il sistema con riferimento alle intercettazioni illegali e all'acquisizione illegale di documentazione, punendo chi detiene questa documentazione e chi la pubblica.
PRESIDENTE. Deve concludere.
LANFRANCO TENAGLIA, Relatore. Infine, l'articolo 12 si riferisce ad una sanzione amministrativa determinata e specifica, che chiude il sistema, riguardante la violazione, per fini giornalistici, del codice di protezione dei dati personali. Esso costituisce una novità, perché la violazione del codice era già sanzionata per un altro tipo di professionisti (per esempio, gli avvocati e i funzionari della pubblica amministrazione), chiudendo il sistema.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
LUIGI LI GOTTI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, mi riservo di intervenire in sede di replica.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Gambescia. Ne ha facoltà.
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PAOLO GAMBESCIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, questo disegno di legge è assai rilevante. Tutte le leggi lo sono, ma questa, in particolare, lo è perché sono due legislature che si tenta di adottare una normativa che metta ordine in questa materia; una materia che tanta preoccupazione suscita tra gli addetti ai lavori, cioè tra coloro che si trovano a dover pubblicare, quando vogliono, il contenuto delle intercettazioni e degli atti conseguenti, e coloro che, giustamente, pensano che il diritto a una buona inchiesta, ma anche il diritto a vedere tutelati i diritti individuali, primo fra tutti quello alla privacy, costituiscano una pietra miliare di ogni sistema democratico.
Si è provato varie volte, ma non si era mai riusciti ad arrivare ad un testo. Mi auguro che questa affermazione non significhi mettere le mani avanti, perché il seguito dell'iter si potrebbe bloccare; tuttavia, non credo che ciò accada, visto il clima che ha determinato la predisposizione di questa normativa.
Si tratta di un provvedimento importante anche perché - l'Assemblea forse non lo ricorderà, ma mi auguro di sì - in passato ci siamo occupati di un altro intervento strettamente collegato alla normativa riguardante le intercettazioni illegali, ossia quello posto in essere dal Governo tramite un decreto-legge, approvato prima dal Senato e poi dalla Camera, che aveva suscitato molte critiche.
Qualcuno lo ricorderà e ricorderà anche che tutta la Commissione aveva sollecitato il Governo, con un ordine del giorno, a sanare quelle che sembravano, ad avviso della stragrande maggioranza dei deputati, delle incongruenze, quando non addirittura delle forti carenze nel testo da approvare.
Il Governo ha fatto il suo mestiere, l'ha fatto bene ed in tempi relativamente stretti. Infatti, stiamo discutendo su questo provvedimento, teoricamente, da tre mesi e mezzo, ma, nella realtà, tutto si è svolto nel giro di due mesi.
In questo intervallo, il Governo ha consegnato proposte emendative che sono diventate parte integrante del provvedimento. Adesso - lo possiamo dire -, abbiamo di fronte una normativa che fa sistema. Vi possono essere cose che non ci piacciono, cose migliorabili; siamo umani e le visioni personali devono essere mediate tra loro, così come gli interessi che questo provvedimento deve tutelare (ne ha già parlato il relatore Tenaglia, che ringrazio per la puntualità con la quale ha messo insieme le varie anime che si confrontavano su questo disegno di legge).
Ebbene, ci troviamo di fronte ad un testo di legge che, come sosteneva il relatore Tenaglia, contempera le varie esigenze costituzionalmente protette. Non si interviene per limitare la possibilità del magistrato di svolgere le sue inchieste, ma si interviene, perché il magistrato deve motivare meglio: ogni volta che chiede di interferire nella vita del cittadino, per quanto sospettato, deve spiegare perché lo faccia. Tuttavia, con questo provvedimento non limitiamo il potere dei magistrati, quando vi sono gli elementi oggettivi, di usare questo strumento di indagine.
Abbiamo fatto una norma che tutela la privacy dei cittadini in modo puntuale. Ci siamo molto preoccupati di quest'aspetto perché, negli ultimi mesi, ha creato maggiore tensione. È del tutto evidente che la spettacolarizzazione di alcune inchieste giudiziarie ha nociuto centinaia di cittadini che si sono visti sbattere sui giornali senza alcuna responsabilità, senza che, nei loro confronti, vi fosse alcun procedimento penale, solo perché erano entrati nei colloqui telefonici di alcuni personaggi sospettati.
Inoltre, questo provvedimento mette ordine, finalmente, nella confusione generale, per non dire peggio, dei costi delle intercettazioni. Della limitazione dei centri di ascolto ha già parlato il relatore Tenaglia. Io vorrei semplicemente sottolineare che, mediamente, in Italia (ho fatto questi conti, leggendo la relazione che il Ministero ha trasmesso alla Commissione) un soggetto intercettato costa 3.075 euro. Ma la cosa singolare (ed uso un eufemismo) è che si oscilla tra i 326 euro minimo ad intercettazioni, a contatto, a soggetto ascoltato, e i 7.860. Si può anche capirePag. 52che vi siano inchieste che richiedono un tempo più lungo di intercettazioni, che sono più complesse, ma tra 326 euro e 7.860 euro vi è una differenza difficilmente spiegabile; e non è un caso che la Commissione abbia chiesto, più volte, al rappresentante del Governo di mettere mano a questa situazione. Ora il Governo ha gli strumenti: infatti, centralizza e diminuisce i centri di ascolto. Adesso, finalmente, c'è un responsabile.
Le critiche più dure che sono state avanzate in ordine alla facilità con cui sono state pubblicate le intercettazioni coperte dal segreto, comprese quelle che riguardavano persone che nulla avevano a che fare con l'inchiesta, si arenavano di fronte all'inchiesta giudiziaria successiva che non riusciva mai ad individuare i responsabili della violazione, ossia il pubblico ufficiale che violava e permetteva al giornalista di pubblicare quello che non doveva essere pubblicato.
Adesso finalmente con questa legge si è creato un sistema grazie al quale esiste un responsabile, ovvero il procuratore della Repubblica. Affermo, da ex giornalista, che non vi sarà più un magistrato che potrà dire di non saperne nulla perché tanti possono aver violato il segreto. D'ora in poi sappiamo che il procuratore della Repubblica deve custodirlo in una stanza chiusa e sigillata con una sorta di responsabilità oggettiva. Vi sarà un magistrato che dovrà curare la tenuta dei documenti segreti e quindi, anche da questo punto di vista, la legge è importante perché ha messo la parola fine ad una situazione diventata insostenibile.
Da ultimo, mi preme sottolineare l'aspetto che riguarda non la punizione di chi viola il segreto (che resta invariata da un punto di vista penale), bensì la norma che rende responsabile la testata (quindi non solo i giornali, ma anche le radio e le televisioni) di una violazione che colpisce l'elemento sensibile di un cittadino, come il suo stato di salute, i suoi rapporti sentimentali, la sua professione, comprese quelle riguardanti i minori. Con questo provvedimento abbiamo messo in piedi un sistema che permette di intervenire dal punto di vista amministrativo (anche se la discussione in proposito è ancora aperta, ma ciò è positivo perché cerchiamo di fare una buona legge e non una legge qualsiasi) e di disciplinare. D'ora in poi l'ordine dei giornalisti, su richiesta del garante per la privacy, potrà punire e «condannare» il giornalista che non svolge il proprio mestiere in modo corretto.
In conclusione, si tratta di una legge che, per riassumere, gratifica ed aiuta i magistrati che svolgono per bene il proprio lavoro, aiuta e gratifica i giornalisti che svolgono perbene il proprio lavoro e cerca di mettere un freno a chi invece svolge il proprio lavoro qualche volta con superficialità e qualche volta (mi riferisco ai giornalisti) con qualcosa di peggio che la semplice superficialità (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mario Pepe. Ne ha facoltà.
MARIO PEPE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'onorevole Gambescia ha trovato la soluzione di tutto, ovvero indicare nel pubblico ministero il responsabile della violazione del segreto istruttorio che continuamente viene violato. Tuttavia, egli dimentica che dovrà essere questo CSM a punire il pubblico ministero.
Mancherei ad un preciso dovere di onestà se non affermassi nel corso di questa discussione sulle linee generali che le intercettazioni telefoniche sono e saranno uno strumento indispensabile di indagine, soprattutto al momento in cui dalla gente proviene pressante la richiesta di sicurezza dalla criminalità emergente e dal terrorismo. Tuttavia, sono le diffusioni illegali e le violazioni continue della privacy che dobbiamo combattere.
In questi giorni si stanno celebrando in tutte le Corti di appello italiane i riti stanchi dell'inaugurazione dell'anno giudiziario ed anche la cerimonia solenne della scorsa settimana in Cassazione aveva il sapore di una messa da requiem per un sistema ormai al collasso. Eppure, il Governo ha voluto lasciare le cose come stanno, bloccando la riforma dell'ordinamentoPag. 53giudiziario. Così facendo, ha rinunciato ad eliminare alcune delle cause responsabili della crisi della giustizia, contribuendo a mantenere questo sistema.
È stato detto che se lo Stato dovesse rimborsare tutti i cittadini italiani per l'eccessiva durata dei processi, non basterebbero tre finanziarie. E le cose peggioreranno con la bocciatura della legge Pecorella, che consente al pubblico ministero di richiamare in giudizio imputati assolti in primo grado. Questa rivincita del pubblico ministero, che sa di sfida, è piuttosto la guerra di una nazione contro un individuo.
Ma tornando al procuratore generale, questi ha elencato mali antichi e nuove carenze croniche di mezzi. Eppure, nel sistema vi sono sacche di sprechi. Il sottosegretario Li Gotti, a Palermo, ha detto che le intercettazioni telefoniche sono costate allo Stato 1 miliardo e 400 milioni di euro. Di questi, 1 miliardo è costato solo l'affitto delle attrezzature. Mi piacerebbe chiedere al sottosegretario Li Gotti con che criterio sono state scelte le ditte che affittano le attrezzature, al prezzo dieci volte superiore al valore delle attrezzature stesse. Lei stesso è rimasto scandalizzato, come leggevo da una sua intervista. Dunque, si tratta di costi elevati anche rispetto ai paesi stranieri e di un ricorso eccessivo alle intercettazioni telefoniche che, spesso, si rivelano inutili.
Eppure, il mio amico Tenaglia è stato irremovibile in Commissione, così come il Governo. Essi non hanno accettato i suggerimenti dell'opposizione. Non alludo all'emendamento provocatorio dell'onorevole Consolo, che voleva paragonare le intercettazioni inutili a quelle illegittime, ma voglio riferirmi all'emendamento dell'onorevole Pecorella, che chiedeva una maggiore incisività della Corte dei conti nel controllo contabile.
Insomma, i cittadini italiani saranno ancora indifesi nonostante questo provvedimento, soprattutto perché i risultati delle intercettazioni potranno essere utilizzati per reati diversi da quelli per i quali erano state richieste, vale a dire le cosiddette intercettazioni «a rete». Anche l'intervento che voi invocate del Garante della privacy potrebbe essere un rimedio peggiore del male, per il fatto che potrebbe portare in circolazione i nomi di persone coinvolte solo marginalmente. Dico questo a lei, che è un giornalista e sa che una notizia pubblicata e smentita equivale ad una notizia pubblicata due volte. In questo senso, il rimedio invocato potrebbe essere peggiore del male.
Insomma, come diceva Fortunato, con questo provvedimento voi avete «limato le zampe alle mosche». Tuttavia, io mi trovo qui per richiamare l'attenzione dell'Assemblea su un emendamento che ho depositato stamane e che è attinente alla materia che stiamo trattando. Non me ne vogliano gli alti burocrati della Camera con la scure dell'inammissibilità in mano. Io vorrei pregare di nascondere quella scure. Questo emendamento potrebbe risolvere molti problemi relativi alla continua violazione del segreto istruttorio. L'emendamento introduce nel codice di procedura penale l'articolo 329-bis, recante il divieto di pubblicazione del nome del pubblico ministero, fino la chiusura delle indagini preliminari.
Solo così, onorevole Gambescia, possiamo evitare il triste fenomeno della giustizia-spettacolo che tanti danni ha arrecato al nostro paese. Vogliamo scoraggiare la voglia di protagonismo di alcuni pubblici ministeri, i quali cercano le luci della ribalta sulle loro inchieste che dovrebbero rimanere segrete. Vogliamo impedire che, in futuro, pubblici ministeri possano costruire fortune elettorali e politiche su tristi vicende umane.
Troppe persone innocenti sono state danneggiate nella loro immagine e solo perché qualcuno ha voluto accendere quelle luci, considerato che si trattava di persone famose. Quando delle persone innocenti vengono coinvolte in inchieste che non appartengono loro, il danno non si reca a tali persone, perché si tratta di un danno ben più alto. Infatti, esso si compie contro la credibilità delle istituzioni democratiche.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il presidente Pisicchio. Ne ha facoltà.
PINO PISICCHIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevole rappresentante del Governo, la pubblica opinione si è molto esercitata, negli ultimi mesi, intorno al tema sensibile delle intercettazioni, sia nella versione cui il Parlamento ha già dedicato un dibattito impegnativo (come ricordato sia dal relatore sia dall'onorevole Gambescia) in occasione dell'approvazione del cosiddetto decreto sulle intercettazioni illecite, che ha tenuto banco sui media, sia nella dimensione che occupa oggi il nostro dibattito, che attiene alle azioni di captazione, per usare il tecnicismo neutrale delle burocrazie, disposte dal magistrato nell'esercizio dell'indagine prevista da legge.
Se la missione del Parlamento è di varare buone leggi, non in contrasto con i principi generali dell'ordinamento - talvolta ci riesce - ma neanche in contrasto con il sentimento popolare, dobbiamo convenire sul fatto che i cittadini si aspettano un intervento serio, organico, che garantisca l'azione della giustizia nel necessario impegno investigativo, ma che spazzi via, con chiarezza, quel sinistro retrogusto di controllo pervasivo ed incombente, quel senso di violazione ingiustificata di ogni privacy, quel clima da «grande fratello» orwelliano o - se sono più graditi i riferimenti filmografici - quel clima descritto dal Francis Ford Coppola ne La conversazione, in cui si dà conto di un agente dei servizi americani impegnato a trascorrere le sue giornate all'ascolto di vizi privati di cittadini che risulteranno, alla fine, colpevoli non per la legge ma per le legittime consorti, immagine che - per la verità - deve aver trovato una qualche sinistra reminiscenza nell'opinione di molti italiani, allorquando si è preso atto dell'enormità dell'azione intercettativa messa in opera dalla magistratura nel periodo tra il 2003 e il 2006: 200 milioni di captazioni! Questo è ciò che ha rivelato il rapporto del ministero. Dobbiamo dare atto al sottosegretario dell'attenzione e della cura con cui ha riportato, in Commissione, questi elementi.
Duecento milioni di captazioni rappresentano una quantità abnorme, quale che sia l'angolo di interpretazione che scegliamo di adottare. Se poi si pone mente al fatto che queste operazioni hanno impegnato una spesa complessiva di un miliardo e 300 milioni di euro (una differenza di 100 milioni con quanto ha riportato l'onorevole Pepe, ma a questo punto si tratta di quisquilie), cifra che risuona beffarda nei confronti di un bilancio della giustizia che «arranca» tra le ristrettezze più drammatiche, si capisce che intorno al tema delle intercettazioni l'attenzione coinvolta dei cittadini è davvero e motivatamente assai alta.
Le questioni chiamate in causa, pertanto, sono diverse, ognuna ha una sua profondità, e sono state evocate con giustezza sia dal relatore sia dalle sottolineature dell'onorevole Gambescia. Vi è, in primo luogo, la necessità di consentire l'utilizzo di questo strumento necessario di lavoro alla magistratura in una dimensione coerente con le circostanze di particolare gravità che ne motivano l'adozione. Non si può, senza intercettazioni, contrastare la grande criminalità. Ma non si deve con questo strumento, previsto per un obiettivo specifico, raggiungere altre finalità.
Vi è, ancora, il grande problema dell'equilibrio tra diritto alla riservatezza del cittadino e circuito mediatico. La rilevanza in termini di attenzione della pubblica opinione al tema delle intercettazioni si deve, essenzialmente, all'uso in termini di «gogna mediatica» delle informazioni relative ai documenti intercettati. È un problema che abbiamo cercato di affrontare e risolvere in modo adeguato con la proposta che giunge all'esame dell'Assemblea. La questione assumeva una sua autonoma rilevanza nelle intercettazioni illecite, ma anche in quelle disposte legalmente. Va tutelato il cittadino e va scoraggiato il comportamento di chi «sbatte il mostro» in prima pagina, ma anche di chi consente che le informazioni arrivino ai media.Pag. 55
Vi è, poi, la dimensione dei costi, che abbiamo già evocato.
Il provvedimento in esame affronta e dà risposte a questi problemi, ponendo alcuni importanti principi e disegnando anche alcuni nuovi profili sanzionatori.
La Commissione giustizia ha lavorato con impegno e senso di responsabilità alla predisposizione di un testo che ha assunto come base il disegno di legge governativo insieme con i contributi delle proposte parlamentari, mediante l'impegnativo dibattito che ne è seguito.
Dobbiamo darne atto al relatore e dobbiamo darne atto a tutti i colleghi, della maggioranza così come dell'opposizione.
Passando assai sinteticamente all'esame del «prodotto» che viene oggi alla nostra attenzione, rileveremo che le intercettazioni telefoniche non acquisite da parte del giudice sono sempre coperte da segreto.
Questo è un fatto importante. Si prevede così una forma di segreto volta a tutelare comunque la riservatezza dei soggetti, spesso incidentalmente coinvolti, anche oltre il termine di cessazione del segreto sugli atti del provvedimento. A ciò consegue che, relativamente alle conversazioni irrilevanti, vige sempre il divieto di pubblicazione, anche parziale, per riassunto nel contenuto. Per tutte le conversazioni, anche non coperte da segreto, è fatto divieto di pubblicazione, anche nel contenuto, fino alla conclusione delle indagini preliminari o dell'udienza preliminare.
La norma rappresenta una novità volta a rendere più stringente il divieto di pubblicazione delle conversazioni intercettate, rispetto alle altre attività di indagine, in quanto fonte principale di propalazione di notizie e circostanze afferenti la vita privata dei soggetti accidentalmente coinvolti.
C'è poi un importante strumento che viene attivato, ed è quello del regime delle proroghe, che prevede un nuovo limite, un tendenziale limite alle proroghe delle intercettazioni, fissato in tre mesi, superabile qualora siano emersi nuovi elementi di indagine.
Una profonda innovazione riguarda gli impianti da utilizzare per lo svolgimento delle operazioni di intercettazione (questo è uno dei temi forti su cui credo l'attenzione sia particolarmente sensibile). Le operazioni di registrazione dovranno essere effettuate per mezzo di impianti installati e custoditi in centri di intercettazione telefonica da istituirsi presso ogni distretto di corte di appello.
I pregi di questa novità non si limitano agli aspetti di tutela della riservatezza, in quanto si tratta di una norma che ha un importante risvolto finanziario, consentendo di ridurre sensibilmente le ormai insostenibili spese.
Ancora, la riservatezza dei soggetti coinvolti nelle intercettazioni viene assicurata attraverso una modifica del procedimento: la sequenza procedimentale del deposito e della eliminazione del materiale irrilevante viene modificata, attribuendo prima al pubblico ministero e poi al giudice il potere-dovere di selezionare le intercettazioni da acquisire. La procedura prevista è la più snella possibile.
Vi sono poi le sanzioni. Sono stati previsti interventi anche di natura sostanziale volti a sanzionare le violazioni degli obblighi e dei divieti posti dal provvedimento. È stata riformulata la fattispecie relativa alla rivelazione illecita dei segreti inerenti un procedimento penale. La nuova formulazione, lo ricordava il relatore, sanziona con la reclusione da sei mesi a tre anni la condotta di chiunque riveli indebitamente notizie inerenti ad atti del procedimento penale coperti dal segreto, dei quali sia venuto a conoscenza in ragione del proprio ufficio, o servizi svolti, e ne agevoli in qualsiasi modo la conoscenza. In tal modo, si è approntata una tutela penale fondata sull'accesso qualificato ad atti del procedimento, configurando pertanto il reato in esame come reato proprio. Sono poi introdotte nuove figure, quali l'accesso abusivo ad atti del procedimento penale, la detenzione di documenti illecitamente formati (il cosiddetto dossieraggio) e la rivelazione del contenuto di documenti.Pag. 56
In ultima analisi, il provvedimento, così come è stato approvato dalla Commissione, si presenta equilibrato ed efficace. Naturalmente, questo dibattito potrà anche portare a delle indicazioni migliorative, ne sono anzi convinto. È stata data però una regolazione dignitosa del sistema delle intercettazioni ed anche una risposta accettabile all'allarme sociale sollevato da questo fenomeno dilagante.
Spero che l'Assemblea vorrà riconoscere lo spirito che ha informato in modo pieno, consapevole l'impegno e l'attività della Commissione.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Daniele Farina. Ne ha facoltà.
DANIELE FARINA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, a costo di ripetere cose già dette, risulta evidente che l'urgenza con cui abbiamo convertito in legge il decreto-legge 22 settembre 2006, n. 259, recante disposizioni urgenti per il riordino della normativa in tema di intercettazioni telefoniche illecite, e la solerzia con la quale ci apprestiamo a rimettere mano, complessivamente, alla materia delle intercettazioni telefoniche ed ambientali sono il frutto di una stagione in cui, da un lato, la cronaca ha mostrato, quotidianamente, l'inefficacia della normativa esistente e, dall'altro, i numeri hanno segnalato la straordinaria pervasività dell'uso dello strumento.
Come hanno ricordato il relatore e l'onorevole Gambescia, si tratta di una materia nella quale rispetto della privacy e della libertà di comunicazione tra i cittadini, esigenze investigative e di accertamento giudiziario, tutela del diritto alla difesa del singolo nel procedimento penale e garanzie poste dall'articolo 21 della Costituzione a salvaguardia della libertà di stampa - tutti questi fattori - intervengono contemporaneamente, rappresentando bisogni a tratti contrapposti.
In quest'aula, la scorsa settimana, il ministro Mastella evidenziava il costo sostenuto dalla collettività per l'esercizio delle attività di intercettazione (e di quelle collegate). Travalicando il dibattito parlamentare, la discussione è diventata materia di denuncia e di polemica a mezzo stampa. Certo è che un miliardo e 300 milioni di euro, già più volte citati, spesi nel quadriennio appena trascorso, sono tanti, troppi (a proposito, non mi risulta che l'onorevole Mario Pepe - il collega mi permetta di rilevarlo - fosse all'opposizione...). Comunque, si tratta di una quantità enorme di risorse che grava sul sistema della giustizia italiana come un macigno. Il predetto ammontare è la prova evidente di quanto esteso sia stato - lo ricordavo all'inizio del mio intervento - l'utilizzo delle intercettazioni e, entrando nel dettaglio, delle sperequazioni che l'attuale sistema ha creato. Per quanto ha potuto, ha tratteggiato questo tema il relatore.
Queste ultime difformità inducono ad una riflessione e, possibilmente, anche ad un accertamento delle loro cause, che appaiono, a prima vista, poco comprensibili. Sotto questo profilo, però, il previsto e ricordato passaggio a ventisei strutture, contro le centosessantasei attuali, l'introduzione, in Commissione, di valori di riferimento per il costo delle singole prestazioni, in relazione ai gestori telefonici, e l'abbattimento dei costi di noleggio rappresentano una risposta probabilmente adeguata. Comunque, trattasi di innovazioni dovute e non più rinviabili. Ma proprio il rigore con il quale è stato affrontato quest'ultimo tema ci pone fuori dal novero di coloro i quali utilizzano i costi sostenuti per porre correttivi o per limitare l'uso della captazione delle comunicazioni a fini di indagine. Tuttavia, lo stesso disegno di legge contiene più rigorose prescrizioni - in ordine a disposizione, proroga e motivazione delle intercettazioni - che guardano alla disinvoltura eccessiva del loro utilizzo.
Viene da sorridere guardando indietro: agli anni in cui l'intercettazione non esisteva o era strumento collaterale all'attività di indagine. Quasi l'intera letteratura del giallo, del noir, non ne conosce il significato fino a tempi molto recenti: un segno culturale dell'evoluzione del ruolo della comunicazione nella società, del progresso tecnologico e delle stesse tecniche diPag. 57indagine in relazione al modificarsi delle organizzazioni criminali. Ciò nondimeno, possiamo immaginare la sorpresa di Simenon, di Scerbanenko o, più prosaicamente, del tenente Colombo, se aprissero un qualsiasi odierno fascicolo di indagini!
Interrompere la pratica viziosa della pubblicità illecita degli atti di indagine è uno degli obiettivi del provvedimento in esame. Il tema, di grande delicatezza, muove dagli abusi che la cronaca giudiziaria ha da tempo evidenziato, soprattutto da quelli commessi mediante la pubblicazione di conversazioni intercettate che, spesso irrilevanti in relazione al merito delle indagini svolte, erano idonee, invece, a suscitare un morboso interesse nell'opinione pubblica. Fin qui la Corte costituzionale.
Noi, più modestamente, dobbiamo prendere atto dell'inefficacia della normativa vigente e del fatto che un'oblazione di poche decine di euro, a cui si riduce oggi la sanzione, vale al massimo come marca da bollo dell'illecito.
Pure il danno potenzialmente arrecato agli indagati, alle indagini stesse o a incolpevoli soggetti terzi è stato in passato evidente e grave; assai più grave dei reati per cui il codice prevede pene molto più severe. Faccio l'esempio del tossicodipendente che commette un reato contro il patrimonio - ad esempio, il furto di un'autoradio - che è punito con l'arresto fino a tre anni. Non c'è, ovviamente, proporzione rispetto alla normativa vigente.
Tuttavia, la necessità di intervenire sulle pratiche che ricordavo non può e non deve spingersi a violare le garanzie poste dall'articolo 21 della Costituzione a tutela della libertà di stampa. A mio parere, vanno in questo senso le modifiche apportate al testo in Commissione, che spostano il carico della sanzione amministrativa dai giornalisti verso l'impresa editoriale nel suo complesso. Il mestiere di giornalista è, forse, il secondo più vecchio del mondo. Ma ci sarà un motivo per cui, nel nostro ordinamento, nemmeno il primo è un reato penale. Anche qui, dove di penalità non si parla, è però opportuno, per la delicatezza stessa del tema, che la pubblicazione, seppure non lecita, sia maggiormente un problema di deontologia che di sanzione a carico.
Non so se basterà. Temo di no, per almeno due ordini di motivi. Gli interessi economici che ruotano intorno alla pubblicazione sono certamente più ampi delle sanzioni in linea ipotetica prevedibili e gli organismi cui facciamo riferimento per il rispetto delle regole deontologiche appaiono poco interessati a svolgere questo ruolo e a farsene realmente carico.
La drammatica vicenda di Erba e l'inattività sul ruolo svolto dall'informazione nella prima fase di quegli accadimenti sono, purtroppo, la più recente ed esemplare conferma di quanto sto sostenendo. Ovviamente, sto parlando del ruolo e della funzione dell'ordine dei giornalisti. Ma torneremo su questo argomento; ci dovremo tornare tra breve.
Tuttavia, l'intervento complessivo su tutto l'iter dell'intercettazione dell'atto di indagine dagli uffici giudiziari alla sua eventuale propalazione, con una graduazione di sanzioni penali e amministrative, è certamente un intervento più efficace di quanto attualmente disposto. Questo è il motivo per cui abbiamo tutti, credo fattivamente e cooperativamente, lavorato, perché il provvedimento in esame giungesse in quest'aula; e speriamo che questa Assemblea lo approvi (Applausi dei deputati dei gruppi Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, L'Ulivo, Italia dei Valori e La Rosa nel Pugno).
PRESIDENTE. Constato l'assenza del deputato Costa, iscritto a parlare: s'intende che vi abbia rinunziato.
È iscritto a parlare il deputato Palomba. Ne ha facoltà.
FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, colleghi, l'Italia dei Valori valuta con grande favore il fatto che il provvedimento sulle intercettazioni telefoniche sia oggi in dirittura d'arrivo alla Camera, e sente il bisogno di esprimere un ringraziamento per il lavoro svolto al presidente dellaPag. 58Commissione Pisicchio, al relatore Tenaglia, ed a tutti i componenti della Commissione.
Questo è un provvedimento lungamente atteso, perché disciplina organicamente la materia delle intercettazioni, tanto quelle formate legalmente, ma illegalmente diffuse, quanto quelle formate illecitamente. Esso prevede un equilibrato sistema procedurale di sanzioni processuali, che consistono nella inutilizzabilità degli atti, ma anche penali e pecuniarie (che sono importanti perché il precetto non può essere disgiunto dalla sanzione).
Ricordo che questo provvedimento organico sopraggiunge dopo che era stata inopinatamente ed inopportunamente approvato in tutta fretta un decreto-legge in materia di intercettazioni illegali presentato sulla scia delle inquietanti notizie sullo scandalo Telecom e sulle intercettazioni di personaggi spesso influenti della politica, dell'economia e dello stesso giornalismo, su cui la magistratura sta indagando. E speriamo presto giunga a conclusioni severe, come si addice a casi di violazione di così grave rilevanza.
Un provvedimento su quei fatti era ovviamente indifferibile, ma la disciplina che ne derivò - la quale andò largamente oltre la previsione del testo governativo per le imponenti modifiche apportate dal Senato - non appare soddisfacente per diversi aspetti: alcuni attinenti alla normativa sanzionatoria, ed altri, ancora più rilevanti, al procedimento che appariva esso stesso tale da divenire strumento di amplificazione del contenuto delle intercettazioni illegittime attraverso la sua accessibilità a tutti ed a ciascuno tra i possibili interessati. Allora, l'Italia dei Valori denunciò tale incongruenza e contribuì, insieme ad altri, alla formazione di un ordine del giorno, che impegnava alla modifica di quel provvedimento in occasione dell'approvazione del testo organico, che oggi è all'esame dell'Assemblea.
Ebbene, constatiamo con piacere che il Governo ha presentato una proposta emendativa, trasfusa nell'odierno testo, che effettivamente ha depurato e modificato il testo di quella legge approvata frettolosamente. E lo ha fatto in maniera soddisfacente, eliminando gli aspetti più irritanti. Ciò vale in linea generale, anche se potrebbe lasciare qualche margine di ambiguità la previsione dell'articolo 2, comma 3, che stabilisce la notifica del decreto di fissazione dell'udienza agli altri soggetti interessati attraverso il deposito dei documenti in cancelleria, con facoltà per i difensori di esaminarli.
Confidiamo che i lavori preparatori, compreso il dibattito parlamentare anche senza bisogno di appositi emendamenti, indurranno ad interpretare la disposizione restrittivamente, nel senso che gli atti attinenti ad intercettazioni illecite non siano indiscriminatamente accessibili a tutti i soggetti eventualmente attinti da intercettazioni lecite, anche se riguardanti quelle concernenti altri soggetti e nel senso di ammettere la conoscenza solo per la parte che riguarda ciascun interessato e non anche gli altri.
Un altro punto che intendiamo evidenziare riguarda il fatto che gli atti e i contenuti attinenti ad intercettazioni illecitamente formate non devono essere necessariamente, indiscriminatamente ed aprioristicamente distrutti solo perché attinenti ad intercettazioni illecite.
L'Italia dei Valori e lo stesso ministro Antonio Di Pietro, per la verità in sintonia con numerose espressioni di magistrati e politici, da tempo avevano rilevato l'incongruenza della immediata distruzione, eventualmente, anche degli atti costituenti corpo del reato. Ebbene, evidenziamo con piacere che, nel testo proposto all'Assemblea, opportunamente, si prevedono alcuni punti all'articolo 2: in primo luogo, gli atti attinenti ad intercettazioni illecite non sono utilizzabili salvo che costituiscano corpi di reato; in secondo luogo, essi sono custoditi in archivio riservato; in terzo luogo, gli stessi vengono distrutti solo cinque anni dopo che sono pervenuti alla procura della Repubblica con provvedimento adottato annualmente. Quindi, anche in questo caso, rimane salvo il principio di conservazione della prova, quando essa sia assolutamente necessaria per il giudizio.Pag. 59
L'ultimo punto che vorrei trattare riguarda le garanzie ed i costi. Gli obiettivi, sebbene apparentemente diversi, coincidono in conseguenza dell'istituzione dell'archivio riservato e dell'unicità e concentrazione dei punti di custodia di quanto emerso. Ciò consente, da una parte, di conoscere il responsabile della fuga di notizie e, dall'altra, di ridurre, attraverso la concentrazione dei luoghi di afflusso e di custodia, i costi, dimostratisi davvero insopportabili.
Su tale questione speriamo che l'approvazione del presente provvedimento, quale momento a partire dal quale viene spazzata via l'allegra gestione che caratterizzava la pregressa situazione, consenta di chiudere un'epoca buia nella quale è stato possibile conseguire enormi e sproporzionati guadagni.
L'Italia dei Valori, che è attenta ad evitare gli sprechi di danaro pubblico, darà il proprio contributo affinché eventuali responsabilità penali o contabili riferibili a quel periodo, se esistenti, siano inesorabilmente e severamente accertate e colpite (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori e L'Ulivo).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Cesario. Ne ha facoltà.
BRUNO CESARIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, siamo giunti al traguardo di una legge attesa da anni dal nostro paese. Si tratta di una legge che viene da lontano, dovuta anche al fatto che, qualche mese fa, siamo stati spettatori di un caos istituzionale e nell'opinione pubblica, che si vedeva aggredita da un sistema che metteva in pericolo la libertà dei cittadini.
Adesso finalmente siamo arrivati ad un impianto equilibrato, che offre a tutti un possibile equilibrio fra tutela della privacy, diritto di cronaca e attività investigativa.
Il provvedimento in esame non è diretto contro nessuno. Abbiamo ascoltato posizioni diverse, ma - lo ripeto - questo è un provvedimento fatto «a favore» e non «contro» qualcuno, perché, in una fase di vuoto normativo, dove non vi erano regole certe, abbiamo assistito a tutto e di più. Abbiamo conosciuto le carenze economiche della giustizia. Sappiamo quali sono, infatti, le risorse del Ministero di grazia e giustizia (per quest'anno meno 5,6 per cento!) e le difficoltà economiche relative alla spesa corrente, eppure ci preoccupiamo di spendere centinaia di milioni di euro per delle intercettazioni per lo più inutili, che, molte volte, non hanno prodotto alcun risultato positivo.
Penso che i problemi della giustizia debbano essere affrontati nella loro totalità, poiché tante sono le problematiche esistenti nel settore. Non vi sono solo questi aspetti, infatti, ma anche quelli della vita quotidiana degli operatori della giustizia, dei tribunali, delle preture, che, per andare avanti, hanno bisogno del necessario e non del superfluo: è per questo che noi vogliamo che le intercettazioni siano veramente efficaci.
Dunque, l'impianto del provvedimento oggi all'esame offre questo equilibrio e gli elementi di novità vi sono, perché finalmente vi è un accorpamento delle strutture, che consente di evitare non solo quella dispersione economica, ma anche di mettere in pericolo la tutela della segretezza e della privacy, per le tante persone che operano in questo ambito e anche per le moltissime che possono venire in possesso di elementi pericolosi: si inverte la rotta, si va verso una direzione di trasparenza e di legalità. Intendiamo però fare in modo anche che nessuno venga punito - nessuno deve sentirsi tale - né tantomeno siamo contro i giornalisti o i magistrati. Vogliamo portare avanti una battaglia a favore della trasparenza e per la diffusione di un clima sereno in questo paese, dove il cittadino non deve sentirsi aggredito né avvertire il pericolo di vedere la propria privacy messa in pericolo da qualcuno, anche con secondi fini.
Il disegno di legge in discussione presenta elementi di novità: la riformulazione dell'articolo 114 del codice di procedura penale sulla segretezza, l'archivio centrale, le sanzioni al pubblico ministero. L'onorevole Pepe diceva che poi saranno giudicati dal Consiglio supremo della magistratura:Pag. 60noi non facciamo un processo alle intenzioni, ma siamo convinti di tali sanzioni e dell'impianto del provvedimento in discussione frutto del lavoro svolto dalla Commissione. A tale proposito, mi associo anch'io al ringraziamento verso il presidente Pisicchio, il relatore Tenaglia e verso tutti i colleghi della Commissione, che hanno svolto e svolgono su tale questione un lavoro molto intenso ed anche molto equilibrato, così come sono orgoglioso di far parte di una Commissione che sta producendo provvedimenti importanti per il nostro paese e che sta dando prova di una grande maturità nel rapporto tra maggioranza e opposizione attraverso il confronto democratico.
Dobbiamo fare in modo che le nostre istanze, quelle che portiamo avanti e che consentono che alcune leggi possano essere interpretate anche diversamente dall'opinione pubblica, vengano portate all'esterno con uno spirito positivo.
Quindi, non si tratta di una diversità profonda in ordine a tali questioni; tutti abbiamo la necessità di apportare qualche modifica, portando a compimento ciò che è oggetto della discussione di questa sera. Il paese ne ha bisogno! Lo dico, perché i tecnici hanno ben illustrato gli aspetti della questione e mi riferisco alla riduzione del periodo di custodia degli atti e dei documenti (il procuratore della repubblica è il custode dei medesimi) che garantirebbe il principio della certezza del cittadino, il quale non si sentirà più in pericolo nelle mani di coloro che, in questi mesi (con pubblicazioni che hanno invaso i nostri giornali), hanno evocato fatti ben al di là della nostra immaginazione! È stata proposta anche una Commissione di inchiesta parlamentare.
Si è discusso tanto in proposito, ma alla fine da tutto ciò è emersa anche una certa concretezza. Noi, forse, non conosciamo nemmeno i danni che sono stati provocati, possiamo solo immaginarli! Abbiamo avuto percezione di una parte di questi, ma non della gravità della situazione, delle conseguenze che possono scaturirne. Lo immaginiamo!
Non è stata avviata la Commissione di indagine, ma ci siamo resi conto che il quadro di riferimento era davvero preoccupante.
Anche su altre questioni non bisogna abbassare la guardia - dobbiamo fare attenzione! -, perché la questione della tutela della privacy è fondamentale per il nostro paese, anche tenendo conto di un altro elemento che non è stato sottolineato questa sera: il mondo delle tecnologie è in continua evoluzione e ciò determina il superamento delle leggi che vengono approvate.
Parliamo di intercettazioni, ma vi saranno altre forme di intercettazioni illegali e legali realizzate con mezzi costosi o futuristici che non saranno nemmeno più controllate dall'organismo centrale!
In conclusione, invito tutti, anche coloro che manifestano sul provvedimento una posizione diversa, a sostenere questa disciplina legislativa, perché è utile al paese!
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Bongiorno. Ne ha facoltà.
GIULIA BONGIORNO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, credo che ci siamo abituati ad essere intercettati, ma quel che credo sia ancora peggio è che siamo consapevoli, ora come ora, del fatto che possiamo essere intercettati non soltanto quando le nostre conversazioni telefoniche hanno qualche connotato di rilevanza penale. Passiamo essere intercettati anche quando le nostre conversazioni hanno carattere assolutamente privato. Siamo abituati non solo a questo, ma anche ad altro, vale a dire alla possibilità che l'intercettazione privata sia pubblicata sui giornali.
Ecco perché credo che si tratti di un problema di diritto, ma anche culturale!
Cosa intendo dire? Le prime volte che vedevamo pubblicare alcune intercettazioni sui giornali, forse, provavamo una certa indignazione, forse, un certo stupore! Improvvisamente, quando brandelli di intercettazioni finiscono sui giornali, essendo ormai abituati a che ciò avvenga, ilPag. 61nostro sentimento è mutato. Vi è una sorta di indifferenza; anzi, l'indifferenza si è trasformata in curiosità. Talvolta, capita che cerchiamo nei giornali brandelli di intercettazione, perché siamo ormai quasi desiderosi di spiare attraverso quei brandelli che sono pubblicati. Ecco perché parlo di un problema culturale!
Inoltre, accanto alla curiosità insorge anche un sentimento diverso, quello del timore! Infatti, ci rendiamo conto che anche la nostra conversazione un domani potrebbe essere pubblicata sul giornale. La conseguenza di tutto questo - ecco perché parlo di un vero fenomeno culturale - è che il nostro linguaggio al telefono si è trasformato. Secondo me, si tratta di un fatto estremamente grave perché ormai anche conversazioni del tutto private vengono incapsulate in frasi assolutamente incomprensibili, diaboliche, criptiche; ciò significa un mutamento del nostro linguaggio imposto dalle intercettazioni.
Oggi capita che persino un banale commento su di una cena non venga fatto al telefono poiché si teme che la padrona di casa, un domani, possa venire a sapere che la cena non ci era piaciuta; tutto questo, secondo me, è di una incredibile gravità poiché si è creato un vero e proprio bavaglio invisibile.
Si è giunti a questo perché in Italia - la cosa, per fortuna, è ormai pacifica - le intercettazioni sono state utilizzate anche quando non costituivano indispensabile strumento di accertamento della prova.
I pubblici ministeri individuano uno dei reati per i quali è prevista l'intercettazione; quindi - seppur non sempre quel reato è effettivamente sussistente - può capitare che un pubblico ministero lo iscriva - facendo riferimento all'articolo 416 - al solo scopo di acquisire elementi idonei a provare i reati minori per i quali poi andrà avanti; inoltre, il reato che legittimava l'intercettazione di solito viene accantonato, senza neanche un decreto di archiviazione.
Perché lo strumento di cui si parla viene utilizzato in questo modo? È davvero così indispensabile? Se lo fosse, dovremmo arrenderci di fronte a questa indispensabilità. Comunque, io credo che non sia indispensabile per una ragione: altri elementi hanno indotto ad un uso così eccessivo dello strumento. La difficoltà di un'indagine o, a volte, la semplice impazienza dell'inquirente fanno ritenere indispensabile l'intercettazione anche quando con maggiore impegno e sagacia investigativa sarebbe possibile raggiungere altrimenti l'obbiettivo.
L'immagine evocata è quella del medico che può eseguire una diagnosi attraverso un obbiettivo esame del paziente, consistente in una serie di analisi, ma opta per la radiografia. Quest'ultima fa male al paziente, ma contribuisce a deresponsabilizzare il medico facendogli ottenere dei risultati per lui meno impegnativi. Talvolta, l'intercettazione rappresenta lo strumento meno impegnativo nelle mani dell'investigatore; quindi, si opta per un suo utilizzo perché risulta più comodo e non perché sia indispensabile.
Risalgono a pochi giorni fa le notizie, citate da tutti i colleghi, sull'entità dei costi delle intercettazioni. Se poi s'individuano le procure che hanno disposto il maggior numero di intercettazioni, ci si rende conto che le stesse portano avanti indagini i cui fascicoli vengono archiviati o trasferiti per territorio; ciò, significa che mancava il presupposto per disporle. Tra l'altro, la mancanza di provvedimenti disciplinari, quando effettivamente si procede al di là dei casi previsti dalla legge, implica che, ovviamente, ciascuno si sente in condizione di proseguire, mentre noi continuiamo ad essere spiati, intercettati, controllati.
Per questi motivi, sono assolutamente soddisfatta del fatto che oggi ci troviamo dinnanzi ad una modifica del sistema. È evidente che la materia è delicatissima, poiché rappresenta il crocevia di esigenze difficilmente componibili: l'esigenza di ricerca della prova e di tutela della riservatezza, il diritto alla conoscenza da parte della collettività di taluni fatti penalmente rilevanti (ci piaccia o no, la collettività ha anche questo interesse).
Questo disegno di legge presenta luci ed ombre: luci perché, finalmente, è stataPag. 62realizzata una serie di significativi passi avanti, ed ombre per due aspetti che adesso evidenzierò.
A mio avviso, per avvicinare il più possibile il numero delle intercettazioni indispensabili a quelle effettivamente disposte, occorre un più ponderato accertamento dei presupposti che le giustificano.
Come si ottiene un più ponderato accertamento? È difficile introdurre per via normativa una modifica sul numero o sul tipo di reati per i quali è prevista l'intercettazione? È improbabile che quel che ci proponiamo con questo provvedimento, ossia che si renda forse più penetrante l'obbligo motivazionale, abbia un'efficacia decisiva. A mio avviso, l'unico strumento è affidare la valutazione dei presupposti ad un organo collegiale. Quest'ultimo ha due caratteristiche: è distante dalle esigenze investigative ed è garante dell'imparzialità.
Ritengo che a tale collegio occorrerebbe anche sottoporre una seconda richiesta del pubblico ministero, ossia la proroga. Perché, oggi, le intercettazioni sono concesse per mesi, mesi, mesi, mesi e, a volte, anni? Perché la proroga, oggi, è considerata una sorta di atto dovuto: il pubblico ministero la chiede ed essa viene concessa. Credo, quindi, che solo nel momento in cui si avrà un organo collegiale competente a decidere si avrà effettivamente un sistema in grado di consentire il controllo. La richiesta di proroga non potrà più essere considerata un atto dovuto ed il pubblico ministero dovrà dimostrare la persistenza dei presupposti iniziali per i quali è stata richiesta l'intercettazione, le ragioni per le quali le operazioni prorogate dovrebbero effettivamente registrare risultati migliori. Lo ripeto, a mio avviso, questo sarebbe l'unico strumento che consentirebbe di superare l'attuale fenomeno della proroga dovuta.
Conosco benissimo le obiezioni che vengono opposte a questa tesi. Si osserva che allo stato attuale vi sono troppi pochi giudici. Essendovi pochi giudici, si creerebbero una serie di incompatibilità. Obietto, a mia volta: non si può rinunziare ad alcune garanzie perché mancano i giudici. La carenza del sistema non si può tradurre in una compressione di diritti. Un'intercettazione disposta al di fuori dei presupposti di legge viola il «domicilio della parola». Ecco perché dico che qualsiasi tipo di obiezione correlata ad un'incapacità del sistema deve cedere di fronte certe esigenze.
La materia delle intercettazioni pone non solo il problema della genesi, che abbiamo affrontato sino ad ora, ma anche un altro tema che il provvedimento in esame prende in considerazione, ossia l'eccessiva divulgazione dei risultati.
In effetti, vi è un aspetto un po' peculiare, a pensarci bene. La materia comporta due ordini di problemi, l'uso smodato delle intercettazioni e la loro eccessiva divulgazione; eppure ci rendiamo conto dell'uso smodato a seconda di quanto siano divulgate le intercettazioni. Onorevoli colleghi, non è che tutto ciò che è divulgato corrisponde a ciò che è stato fatto! Considerate pertanto che, rispetto a ciò che viene divulgato, a ciò che è pubblicato sui giornali, vi è molto di più.
Quindi, i problemi sono due ed hanno diversa natura: il divulgato, ciò che si doveva disporre e ciò che si è disposto in più. Lo ripeto, si tratta di problemi diversi, anche se talvolta la misura dell'uso è valutata solo in virtù del metro di ciò che leggiamo, ma, lo ripeto ancora, vi è molto di più.
Del problema della divulgazione si occupa il provvedimento in discussione, con uno strumento che a me piace moltissimo, ma che non so quanto possa essere efficace, e questo è il secondo aspetto su cui auspico un miglioramento. Qual è il problema? Finora, secondo voi, perché è stato tanto violato l'obbligo del segreto? Perché le intercettazioni finiscono sui giornali, considerato, in ultima analisi, che esse sono coperte da segreto? Tutti gli avvocati che esistono in Italia hanno proposto, in questi anni, credo centinaia di migliaia di denunzie. Non credo esista una sola denunzia per divulgazione illegale di intercettazioni che abbia prodotto una condanna. Perché avviene ciò? Perché presentare una denunzia equivale ad aprire il fuoco contro un nemico inesistente. Infatti,Pag. 63vi sono cancellerie di tribunali che pullulano di persone che entrano e che escono, di funzionari, di amici dei funzionari, che passano a prendersi un caffè, di avvocati, di amici degli avvocati, di segretarie degli amici degli avvocati! Quindi, quando si sporge una denunzia non si spara a nessuno. Ciò che credo è che nel momento in cui, correttamente, è stato individuato, in questo provvedimento, finalmente un archivio chiuso, sarebbe occorso disporre che vi fosse una persona vicino a tale archivio, a garanzia dello stesso.
Qual è il limite, l'errore e la lacuna di questo disegno? Il fatto che si stabilisca che il soggetto che controllerà l'archivio sia il procuratore capo! Questi, nelle grandissime procure, non avrà alcuna possibilità di controllo, perché c'è una tale distanza tra procuratore capo e archivio che si ripeterà quanto è avvenuto finora: faremo denunzie, ma sarà come sparare contro un nemico che non esiste. Ecco perché avevo richiesto, e continuerò a richiedere, la creazione di una figura semplicissima: un soggetto responsabile dell'archivio.
Alla luce di tali considerazioni, auspichiamo che ci sia questo ulteriore miglioramento per poter concordare un voto diverso da quello che abbiamo espresso finora (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Crapolicchio. Ne ha facoltà.
SILVIO CRAPOLICCHIO. Signor Presidente, onorevoli deputati, onorevole rappresentante del Governo, intervenendo in questo dibattito sembra innanzitutto opportuno rammentare come il Governo abbia ritenuto di intervenire sul fenomeno assai delicato delle intercettazioni telefoniche dapprima mediante il ricorso alla legislazione d'urgenza, poi mediante il disegno di legge organico - sottoposto quest'oggi all'attenzione dell'Assemblea della Camera dei deputati, unitamente ad altre proposte di legge, nel testo base elaborato dalla Commissione giustizia - a causa delle gravi e reiterate violazioni verificatesi in tale contesto negli ultimi mesi.
Infatti, come correttamente rilevato dalla Commissione giustizia del Senato della Repubblica in occasione dell'indagine conoscitiva effettuata sul fenomeno delle intercettazioni telefoniche, negli ultimi mesi si erano verificate violazioni costanti e ripetute della riservatezza delle persone, soprattutto di familiari di persone indagate o anche di cittadini terzi, comunque non implicati nelle indagini, nell'ambito delle quali il ricorso alle intercettazioni era stato disposto. Allo stesso modo, si era verificata la violazione della riservatezza anche relativamente a persone indagate, mediante la pubblicazione di notizie ininfluenti rispetto allo specifico oggetto delle indagini.
Non solo: a fronte del massiccio ricorso - per alcuni eccessivo - da parte della magistratura italiana allo strumento delle intercettazioni telefoniche, soprattutto se confrontato con i dati relativi all'attività delle autorità giudiziarie straniere, si era riscontrata la mancanza di garanzie per il cittadino dinanzi a tale strumento di indagine e alle modalità concrete di estrinsecazione dello stesso.
Infine, si era riscontrato il costo eccessivo per l'amministrazione statale del ricorso alle intercettazioni telefoniche e l'insufficienza, o l'inefficienza, delle norme punitive dei comportamenti illeciti, poste a tutela del regime di segretezza e riservatezza del contenuto delle intercettazioni.
Per tutte le suesposte ragioni, il Governo, ricevendo anche i motivati rilievi in più occasioni mossi dal Garante per la protezione dei dati personali, ha correttamente ritenuto di intervenire nel delicato fenomeno delle intercettazioni telefoniche, con la predisposizione del disegno di legge oggetto della presente discussione, nel testo base elaborato dalla Commissione giustizia, ponendo così in essere una disciplina quanto più possibile organica per la materia più volte menzionata.
Dopo un serrato dibattito in Commissione e l'audizione di numerosi centri di interesse toccati dalla riforma della materia, il testo adottato dalla Commissione, giunto oggi all'esame da parte dell'Assemblea, rappresenta un tentativo di contemperarePag. 64nel modo più equo possibile interessi diversi, ma tutti dotati di rilievo costituzionale: la sicurezza dei cittadini, l'efficacia delle indagini giudiziarie, il rispetto dei valori della persona e la tutela piena ed integrale della riservatezza, dovuta ad ogni individuo.
Al fine di arginare in modo consistente il dilagante fenomeno della divulgazione delle intercettazioni abusive, novellando il codice di procedura penale si è pertanto correttamente disposto il divieto di pubblicazione, anche parziale o per riassunto, di tutti gli atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero o delle investigazioni difensive, nonché della documentazione degli atti e dei contenuti relativi a conversazioni, anche telefoniche, o a flussi di comunicazioni informatiche o telematiche, ovvero ai dati relativi al traffico telefonico. Il tutto sino alla conclusione delle indagini preliminari, ovvero sino al termine dell'udienza preliminare, ovvero, in caso di dibattimento, sino alla pronuncia della sentenza d'appello.
Per la medesima ratio di tutela, disciplinando i casi nei quali le intercettazioni non siano disposte dall'autorità giudiziaria ma siano il frutto di condotte illecite di soggetti non autorizzati, si è altresì inteso impedire l'acquisizione o l'utilizzazione di documenti contenenti dati inerenti a conversazioni e a comunicazioni telefoniche o telematiche illecitamente formati o acquisiti, nonché i documenti redatti attraverso la raccolta illecita di informazioni.
L'articolo 8 del testo in esame ha inoltre correttamente ridefinito le norme di carattere procedimentale relative ai presupposti e alle forme per l'emissione del decreto di autorizzazione a procedere alle intercettazioni. Modificando l'articolo 267 del codice di procedura penale, si è dunque previsto che la richiesta di autorizzazione a procedere alle intercettazioni possa essere avanzata dal pubblico ministero al giudice per le indagini preliminari soltanto in presenza della sussistenza di gravi indizi di reato e dell'assoluta indispensabilità delle intercettazioni per la prosecuzione delle indagini.
In tale modo - si crede a ragione - si è ritenuto di ancorare la concessione dell'autorizzazione a procedere ad intercettazioni all'accertata sussistenza di stringenti presupposti, di modo che la stessa possa essere concessa soltanto per i casi nei quali sia effettivamente necessaria.
La formulazione della disposizione citata appare presumibilmente perfettibile, laddove non si prevede che l'omessa motivazione circa i fondamentali presupposti di cui sopra, nel decreto del giudice per le indagini preliminari che concede l'autorizzazione alle intercettazioni, renda inutilizzabili le intercettazioni medesime.
Nel contesto di una rigorosa regolamentazione di tutte le fasi, antecedenti e successive, del procedimento di intercettazione, appaiono positive le previsioni secondo le quali le registrazioni debbono essere compiute esclusivamente per mezzo di impianti installati e custoditi in appositi centri di intercettazione telefonica, istituiti presso ogni distretto di corte di appello, e secondo le quali le operazioni di ascolto, invece, debbano essere compiute mediante impianti installati e custoditi presso la competente procura della Repubblica ovvero, su delega del PM, presso gli uffici di polizia giudiziaria.
Inoltre, nel medesimo ambito, essendo stato individuato come potenzialmente sensibile ai fini della diffusione illecita di notizie contenute nelle intercettazioni il momento della relativa custodia, si pensa che la costituzione di un archivio riservato delle intercettazioni, sotto la responsabilità, direzione e sorveglianza del procuratore delle Repubblica, sia certamente un elemento positivo.
Nella valutazione dell'impatto del testo di legge in esame, particolare rilievo merita la disposizione disciplinante gli illeciti commessi in tale ambito per finalità giornalistiche. È evidente a tutti, infatti, che intervenire in ambiti intimamente connessi all'esercizio della libertà di manifestazione del pensiero, di cui all'articolo 21 della nostra Costituzione, rechi in sé il rischio di dare luogo ad odiose e antidemocratichePag. 65censure, a danno di fondamentali risorse della democrazia, quali i mezzi di comunicazione.
Per questo, pur comprendendo la necessità di colpire i fenomeni di abuso nella divulgazione delle intercettazioni telefoniche, quali quelli recentemente verificatisi, vediamo comunque con qualche perplessità, come anche osservato dalla Commissione cultura, la previsione della sanzione amministrativa della pubblicazione dell'ordinanza che accerta l'illecito su quotidiani di rilievo nazionale, a spese dei responsabili. Apprezzo quanto già evidenziato dal relatore e tuttavia continuo a chiedermi il perché di questa previsione.
Infine, merita particolare attenzione la novella legislativa finalizzata a contenere i costi derivanti all'amministrazione statale dalle intercettazioni telefoniche, nonché la previsione di rimborsi forfettari e di talune prestazioni gratuite.
In buona sostanza, tirando le fila del discorso, sì può senza dubbio affermare che l'intervento del legislatore nel delicato fenomeno delle intercettazioni telefoniche, mediante un testo di legge di carattere organico, rappresentava ormai, anche alla luce delle ultime vicende assurte negativamente agli onori della cronaca, un atto dovuto, per mettere finalmente ordine nella materia e tentare di porre fine alle reiterate violazioni di interessi e diritti costituzionalmente garantiti, richiamati nelle prime battute del mio intervento.
Ebbene, in relazione a quanto fin qui esposto, sembra davvero che il testo di legge in esame, nell'operare un punto di incontro, quanto più possibile equo, tra i beni di rilievo costituzionale ed inevitabilmente coinvolti dal fenomeno delle intercettazioni e nel disciplinare, per la prima volta, organicamente la materia, consenta al paese di dotarsi finalmente di un valido strumento giuridico e di porre fine ad episodi francamente intollerabili considerato l'elevato grado di civiltà giuridica e sociale del nostro paese (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Capotosti. Ne ha facoltà.
GINO CAPOTOSTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, la discussione generale che ci impegna oggi si è svolta finora in modo ampio ed esaustivo sugli elementi tecnici della normativa che ci apprestiamo a varare. Per questo motivo, ritengo opportuno iniziare il mio intervento partendo da una riflessione più ampia, che interessa non solo i temi della giustizia, ma anche della politica, ovvero della giustizia e della politica.
È stato già detto da chi mi ha preceduto che l'uso delle intercettazioni, ossia l'invasività illegittima, per certi versi, e legittima, per altri versi, nei riguardi della vita delle persone, dei rapporti commerciali e delle situazioni di rilevanza strategica a livello nazionale, ha comportato momenti difficili della vita della Repubblica. Questo è un fatto.
La memoria va e ai primi anni Novanta e a tante vicende che hanno sì destato scandalo, ma anche tante altre conseguenze, che hanno il sapore della tragedia. La memoria va ad un provvedimento che abbiamo varato di recente (riguardante le intercettazioni illegittime), ossia nel momento in cui il paese ha scoperto che esiste (esisterebbe; su ciò vi è ancora un punto interrogativo) una sorta di «centrale intercettazioni», non si sa bene organizzata da chi e per quali fini, che, di fatto, sottoponeva a controllo non la vita dei cittadini a fini di gossip, ancorché questa potesse essere la conseguenza in certi momenti, ma consentiva di intervenire in momenti decisionali importanti a danno degli organi dello Stato, quindi a danno di una decisione che dovrebbe tutelare l'interesse generale e, probabilmente, per un fine sicuramente illegittimo (si potrebbe ipotizzare addirittura eversivo).
Non voglio fare allarmismi; voglio semplicemente sottolineare a tutti noi, a me stesso, alla pubblica opinione, a tutti coloro che ci stanno ascoltando, che, effettivamente, abbiamo avuto una situazione di vuoto normativo che, per diversi anni, ha comportato un rischio, la possibilità, non si sa bene per quali soggetti, diPag. 66manipolare le coscienze, la pubblica opinione, e di fare pressione nell'adottare una decisione piuttosto che un'altra.
Di qui, il decreto sulle illegittime intercettazioni; di qui la normativa che oggi portiamo in aula e che, come è già stato detto, è organica, di sistema, che dota finalmente il paese di uno strumento di legge compiuto, corretto, che consentirà la tutela di tutti gli interessi.
In buona sostanza, nel corso del lavoro svolto in Commissione (voglio ringraziare, primo fra tutti, il relatore, l'onorevole Tenaglia, che ha messo a disposizione della Commissione la sua illustre preparazione di insigne giurista; e voglio ringraziare, ovviamente, tutti i colleghi della maggioranza, ma anche dell'opposizione, per l'autorevole contributo apportato), abbiamo finalmente messo in piedi un testo che rappresenta un punto di equilibrio tra gli interessi e i diritti coinvolti; in primo luogo, il diritto alla riservatezza e, ovviamente, alla funzione dello Stato di perseguire il crimine ed i criminali.
Si tratta, quindi, di uno strumento di diritto moderno (strideva il fatto che mancasse in una Repubblica avanzata e dalla grande tradizione giuridica come la nostra), uno strumento che dà una risposta e che, nell'immediato, sicuramente, dà tranquillità alla pubblica opinione ed ai cittadini, che troppo spesso si sono visti sbattere in prima pagina per fatti non di rilievo penali, ma che attengono esclusivamente alla vita privata.
In questo senso, mi piace sottolineare il fatto di aver aumentato i presidi di segretezza. Credo che la previsione di responsabilità penale per il procuratore generale, contrariamente a quanto affermato da alcuni colleghi, sia importante; si tratta dell'individuazione del soggetto finalmente responsabile o necessariamente responsabile, che, qualche provvedimento, qualche attenzione la dovrà prendere.
La previsione dei 26 centri di captazione è importante e consente finalmente un controllo di omogeneità su quanto viene fatto a livello di spesa e, quindi, consente di reimpiegare risorse importanti e di metterle a disposizione della macchina della giustizia. Vi è poi la sanzione a carico degli organi di stampa, ed anche dei giornalisti: è vero che gli interessi sono tutti di rango costituzionale, sia il diritto di critica sia il diritto di cronaca e la riservatezza delle persone, ma è pur vero che è necessario trovare un punto di equilibrio importante.
Ricordo a tutti che, in una democrazia avanzata come gli Stati Uniti, recentemente, sono state varate delle leggi a tutela della pubblica sicurezza che, in qualche modo, reintroducono addirittura una sorta di censura, di controllo preventivo su molte attività.
Noi non siamo arrivati a questo, assolutamente; sarebbe contrario alla nostra tradizione giuridica.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI (ore 18,35)
GINO CAPOTOSTI. Siamo arrivati piuttosto ad un testo che mette ciascuno dinanzi alle proprie responsabilità. Questo è un elemento che spesso manca alla coscienza critica italiana: che ciascuno si assuma le proprie responsabilità e che vi sia una riappropriazione del concetto di funzione.
Effettivamente, fenomeni come quelli dell'eccesso di protagonismo, fenomeni comprensibili dal punto di vista commerciale, come quello di pubblicare gossip, che aumentano le tirature, con situazioni collaterali e collegate, sono sì un fatto inevitabile della vita associata, ma non possono esserlo per lo Stato, per quanto riguarda l'esercizio dei poteri, che invece devono costantemente, tenacemente e pazientemente perseguire il bene comune. Perseguire il bene comune vuol dire rinunciare al gossip, rinunciare al clamore, alla prima pagina e concentrare la propria attenzione e il proprio impegno su ciò che serve.
Credo che oggi scriviamo una pagina importante a vantaggio della collettività, non con la pretesa, come è stato detto, di portare il contributo ultimo, il contributo più alto possibile, il contributo migliore,Pag. 67ma con la responsabile consapevolezza di aver prodotto un testo che disegna un quadro di sistema. Esso consente di affrontare una situazione problematica, che si è protratta, con grave danno per la vita della Repubblica, per oltre un quindicennio, con serenità e con un'adeguata comparazione degli interessi coinvolti, favorendo un regolare svolgimento della vita associata ed un migliore perseguimento del bene comune.
Senza presunzione, credo che la nostra Commissione debba essere orgogliosa di aver fatto questo lavoro e, con molta umiltà - penso con questo di interpretare anche il pensiero dei colleghi - , si mette a disposizione dell'intera Assemblea, aperta a miglioramenti, a contributi, e disponibile ad una sperimentazione da svolgere successivamente.
Noi oggi adottiamo un testo di sistema, ma certamente bisognerà vedere quello che accadrà applicandolo, e bisognerà valutare - e qui mi riferisco a chi chiedeva garanzie ulteriori in termini di collegio, per esempio - le riforme che verranno introdotte nel codice penale, che è in corso di revisione. Andando avanti, nell'evolversi della situazione, bisognerà considerare i punti di criticità che sono migliorabili.
Questo è un impegno che noi tutti assumiamo oggi e penso che possiamo guardare serenamente al futuro del nostro paese.
Termino qui il mio intervento, anche perché ci sono stati interventi molto puntuali sotto il profilo tecnico e non vale la pena di ricominciare a parlare della nuove formulazioni degli articoli del codice e dei vari commi. Vale la pena piuttosto sottolineare ancora che finalmente abbiamo introdotto una normativa importante, che il paese aspettava. Chiediamo ai cittadini di darci suggerimenti e conforto sul tema (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Zaccaria. Ne ha facoltà.
ROBERTO ZACCARIA. Signor Presidente, anch'io voglio svolgere brevi considerazioni, partendo da quanto sosteneva ora l'onorevole Capotosti nell'esprimere un apprezzamento di carattere generale sul lavoro svolto dalla Commissione giustizia e dal relatore, che qui ha portato il senso di quel dibattito, riagganciandomi a quanto hanno sostenuto coloro che sono intervenuti prima di me individuando gli aspetti generali di questo provvedimento.
È sin troppo ovvio sottolineare che questo provvedimento è importante perché si pone idealmente al centro di una serie di diverse e a volte anche contrapposte libertà o interessi costituzionali. Come è noto, nella Costituzione, i principi non sono sempre dello stesso tenore: vi sono norme e principi che tutelano esigenze diverse. Qui è in discussione l'esigenza della giustizia del processo, ma sono in gioco anche la libertà di informazione e il diritto all'informazione, la tutela della riservatezza, i diritti del popolo sull'amministrazione della giustizia. Sono tutti valori che devono essere poi concretamente equilibrati e bilanciati nelle norme.
Vorrei svolgere alcune considerazioni che si basano sull'esperienza diversa maturata in questo Parlamento nell'ambito della Commissione affari costituzionali, che ha dato un parere positivo sul provvedimento. A me interessa, in modo particolare, il problema del rapporto tra giustizia e diritto all'informazione.
Vorrei partire rapidamente dalla situazione attuale, così come si configurerà fino al momento in cui entrerà in vigore questo provvedimento. Attualmente, una volta caduto il segreto, ovvero dopo che la difesa abbia potuto prendere cognizione dell'atto di indagine (articolo 329 del Codice di procedura penale), è lecito divulgarne il contenuto (articolo 114, comma 7 del Codice di procedura penale), mentre continua ad essere vietato pubblicare l'atto medesimo, ai sensi dello stesso articolo 114, secondo comma. Quindi, da questo complesso di norme si ricava una distinzione tra atto e contenuto dell'atto, che il legislatore del 1988 aveva ritenuto il miglior compromesso possibile tra le esigenze dell'informazione e la necessità di preservare la «verginità cognitiva» del giudice del dibattimento, evidentementePag. 68ritenuta inattaccabile dal quotidiano riassunto giornalistico di un atto di indagine e vulnerabile, invece, dalla sua riproduzione testuale. Si tratta di una soluzione della quale è difficile stabilire la percentuale di ingenuità e quella di ipocrisia, ma di essa è impossibile non riconoscere l'inadeguatezza.
Giustamente, quindi, il disegno di legge in esame apporta talune modifiche non marginali all'articolo 114 del codice di procedura penale. Si opera innanzitutto una distinzione tra gli atti di indagine e gli altri atti. Per i primi, non più coperti dal segreto, è vietata la pubblicazione, anche parziale o per riassunto, sino all'udienza preliminare. Per gli altri, permane l'equivoco, già previsto nella situazione esistente: è infatti mantenuta dalla modifica dell'articolo 114, comma 7, la pubblicazione del contenuto degli altri atti, salvo i casi previsti dai commi modificati.
PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE CARLO LEONI (ore 18,45)
ROBERTO ZACCARIA. Si pone quindi, a questo punto, un problema interpretativo non trascurabile. Si tratta di vedere quale sia il significato di questa pubblicazione nel contenuto. Il dubbio nasce perché, a differenza di oggi, si vieta anche la pubblicazione per riassunto. Delle due l'una: o si ritiene che l'atto di indagine non segreto è pubblicabile nel contenuto, facendo leva al contrario sul primo comma, che per gli atti di indagine segreti vieta la pubblicazione anche del contenuto (ed allora bisogna capire quale sia la differenza tra riassunto vietato e contenuto pubblicabile), oppure si ritiene che dell'atto di indagine non più segreto sia vietato divulgare anche il contenuto (ed allora per tutta la durata dell'indagine dell'udienza non dovrebbe filtrare alcuna informazione).
Come si vede, è veramente difficile trovare una strada lineare di interpretazione su questo punto.
Esiste poi il problema delle intercettazioni di cui sarebbe vietata la pubblicazione anche del contenuto (comma 2-bis). In pratica, di esse la stampa dovrebbe disinteressarsi sino a quando non si transiti alla fase del dibattimento. Questa situazione mi pare sinceramente perentoria, forse in maniera eccessiva. Naturalmente, lo affermo da un'ottica molto particolare, nel presupposto che quanto da me appena rilevato sia fondato.
Ad eccezione di alcune incongruenze tecniche, ciò che non convince nella versione interpolata dell'articolo 114 è la scelta di mantenere limiti alla pubblicità degli atti di indagine non più segreti fino alla conclusione dell'udienza preliminare e, se si procede al dibattimento, degli atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero fino alla conclusione della giudizio di appello. Con i tempi «geologici» della nostra giustizia (almeno quelli attuali), una soluzione del genere comporterebbe un pregiudizio grave per il diritto di cronaca (articolo 21 della Costituzione) e, di conseguenza, per il diritto della collettività, ad esso correlato, di controllare come viene amministrata la giustizia in suo nome (articolo 101 della Costituzione), a meno di non volersi accontentare dell'informazione svogliata e dell'attenzione distratta che si riservano dopo anni ad una vicenda divenuta ormai inattuale.
Pur dopo le modifiche realizzate, quindi, continuerebbe a sussistere - così a me pare - la precedente filosofia di fondo dell'articolo 114, imperniata sulla sfuggente distinzione tra la divulgazione dell'atto di indagine, non più segreto, e quella del suo contenuto, sempre consentita. Con un simile espediente normativo si vorrebbe proteggere il giudice del dibattimento dalle possibili contaminazioni cognitive derivanti dalla pubblicazione dell'atto di indagine. Ma è un sacrificio del diritto di cronaca cui non corrisponde la tutela di un altrettanto, rilevante interesse, anche perché tali contaminazioni appaiono improbabili per la via extraprocessuale dei mass media mentre sono probabili e non evitabili per altre vie endoprocessuali.
Da un lato, infatti, è difficile immaginare il condizionamento che sarebbe esercitato dalla pubblicazione di atti investigativiPag. 69nei confronti del futuro giudice, fisicamente non ancora individuabile in una fase del tutto eventuale; dall'altro, oggi, il giudice del dibattimento ha più di un'occasione di conoscenza processuale degli atti di indagine. Si pensi alle controversie sulla formazione dei fascicoli, al controllo sulla legittimità del pregresso di diniego di un rito speciale, alla prova negoziata soltanto tra alcune delle parti del processo, alle decisioni de libertate, eccetera.
Quella del divieto di pubblicare atti non più segreti appare ormai un'inutile barriera di cartapesta, più adatta ad essere spostata alla bisogna giocando sull'incerta distinzione tra atto e contenuto dell'atto, che non a difendere davvero la formazione del convincimento giudiziale. Forse, un'altra strada su questo punto specifico era possibile: vietare la pubblicazione di notizie relative ad un procedimento penale quando siano coperte dal segreto a tutela delle indagini ovvero quando siano processualmente rilevanti a tutela della riservatezza. In un settore delicatissimo come quello del diritto di cronaca sarebbero spazzate via tutte quelle zone grigie di semisegretezza in cui prosperano l'arbitrio e le connivenze.
Quest'opera di bonifica dell'articolo 114 del codice di procedura penale avrebbe potuto compiersi facendo in modo, da un lato, che la frontiera del divieto di pubblicazione - una volta arretrata - fosse meglio presidiata e più credibile con una severa ed effettiva tutela penale; dall'altro, che ogni giornalista avesse sempre libero accesso al materiale processualmente rilevante e non più segreto.
Questo è in linea, oltretutto, con i principi 4 e 5 enunciati dalla raccomandazione del Consiglio d'Europa del 10 luglio 2003, avente per titolo «Principi relativi alle informazioni fornite attraverso i mezzi di comunicazione». Tutto ciò anche per evitare quell'opaco reticolo di collegamenti e di compiacenze tra operatori della giustizia ed operatori dell'informazione, che tradisce l'alto significato istituzionale del giornalismo giudiziario, lasciando nelle mani del controllato la gestione delle notizie. In base a queste ultime, la collettività può esercitare il suo controllo. Insomma, ciò che avrebbe dovuto restare segreto lo sarebbe stato davvero per il tempo strettamente necessario e ciò che è conoscibile lo sarebbe stato per tutti in modo trasparente.
Alcune delle considerazioni da me svolte sono contenute nel parere della VII Commissione. Forse, sarebbe stato bene tenerlo in maggiore considerazione. Grazie.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Buemi. Ne ha facoltà.
ENRICO BUEMI. Signor Presidente, sottosegretario Li Gotti, colleghi, fin dall'ormai lontano luglio 2006, subito dopo le elezioni politiche, avevamo sentito la necessità di proporre al Parlamento una Commissione d'inchiesta sulle intercettazioni. L'obiettivo di tale Commissione era quello di accertare le deviazioni e le degenerazioni delle prassi e anche aspetti tecnici, tecnologie applicate e sistemi di protezione delle comunicazioni. Di fronte al provvedimento che oggi siamo chiamati ad approvare, predisposto dalla Commissione giustizia, quella necessità rimane valida anche per il lavoro dei colleghi del Senato, nell'ambito dell' indagine svolta in Commissione, che ci ha consentito di affrontare meglio una serie di problematiche.
Penso sia necessario - anche perché la cronaca ci aiuta in questa direzione - conservare tale necessità. Infatti, il provvedimento in esame ha sicuramente migliorato la situazione normativa rispetto ad una delicatissima questione come quella delle intercettazioni, per la tutela della corrispondenza moderna - perché di questo si tratta - e non certamente di quella coeva alle normative precedenti. Tale corrispondenza si svolge ormai attraverso i sistemi informatici, le vie telematiche e la telefonia (in particolare, la telefonia cellulare). Rispetto a queste problematiche si pone comunque l'esigenza di un ulteriore approfondimento.
La normativa che abbiamo approvato in Commissione e che condividiamo è,Pag. 70certamente, una risposta, ma vi è un'innovazione tecnologica più forte e più rapida della nostra capacità di dare risposte normative adeguate. La Commissione d'inchiesta doveva anche stabilire gli standard valutativi dei servizi che venivano prestati e, in particolare, delle aziende fornitrici di fondamentali servizi della comunità.
Rispetto a queste domande non diamo risposte adeguate, perché la riservatezza della comunicazione non passa soltanto per la punizione di coloro che, con atteggiamenti intrusivi, si inseriscono negli ambienti e nel sistema di telecomunicazione stesso grazie alle tecnologie più moderne, ma passa anche attraverso la qualità delle protezioni che le ditte fornitrici del servizio di telecomunicazione attuano.
Viene anche da chiedersi (e a questo interrogativo speriamo risponda, in qualche misura, la magistratura) per quale motivo una grande società di telecomunicazioni, anzi «la» società delle telecomunicazioni nel nostro paese è individuata come luogo, se non come responsabile, di attività fortemente intrusive nella vita privata dei cittadini, in ordine alle cui utilizzazioni è ancora tutto da scoprire.
Questi sono capitoli da esplorare. Ribadisco la necessità di uno strumento più incisivo nell'azione di accertamento non solo e non tanto degli aspetti penali, competenza di altre autorità, ma dei rimedi, degli adeguamenti normativi che sono sicuramente necessari rispetto ad una situazione così grave come quella che si va delineando anche in questi giorni.
Venendo al provvedimento in esame, esso, con uno sforzo di mediazione, affronta seriamente alcune questioni, prima fra tutte la necessità - obbligo se il provvedimento sarà approvato - di autorizzare le intercettazioni motivate e assolutamente indispensabili per la prosecuzione delle indagini. L'elemento dei gravi indizi di reato e l'assoluta indispensabilità dell'intercettazione per la prosecuzione delle indagini sono due motivazioni fortemente limitative, poste a tutela, a presidio di un eventuale utilizzo smodato o di un eventuale arbitrio.
Altro elemento riguarda il fatto che la motivazione del decreto del pubblico ministero che ordina l'immediata attuazione dell'intercettazione deve specificare il grave pregiudizio che giustifica l'urgenza dell'intercettazione. Abbiamo di fronte una storia che ci mostra con quale leggerezza le intercettazioni siano state disposte e quale sovrapposizione, quasi fotografica, vi fosse e vi sia, purtroppo in molti casi, tra la posizione del pubblico ministero, il documento del pubblico ministero e il documento e il provvedimento del giudice.
Certo (in questo convengo con la collega Buongiorno), sarebbe ben altra cosa sottoporre la valutazione dell'autorizzazione della intercettazione all'organo collegiale. Credo che questo sia un obiettivo che bisognerà perseguire in una futura azione emendativa. Oggi sappiamo quali sono le difficoltà reali per l'adeguamento della normativa in questo senso: la esiguità degli organici dei magistrati e probabilmente anche la messa a punto dell'organo che dovrebbe effettuare questo tipo di verifica. Tuttavia, una normativa autenticamente garantista impone una soluzione collegiale all'organo che autorizza l'intercettazione.
Un fatto importante è la determinazione della durata dell'intercettazione. La normativa che noi andiamo proponendo certamente affronta la questione in termini ragionevoli. Personalmente, io ritengo che dopo tre mesi di intercettazione, quello che c'era da scoprire sarebbe dovuto emergere. La prosecuzione dell'intercettazione oltre tre mesi vuol dire calare la rete e aspettare che passi la balena. Io credo che le indagini, le inchieste, possano utilizzare anche altri strumenti. Come diceva nuovamente la collega Bongiorno, spesso una radiografia può essere la risposta più rapida, ma l'esperienza del medico spesso consente di individuare con minore invasività e con maggiore puntualità la problematica che si vuole scoprire.
Una questione importante è quella relativa alle responsabilità. L'affidamento a soggetti precisi della responsabilità della intercettazione (l'ufficiale di polizia giudiziaria responsabile del corretto adempimentoPag. 71delle operazioni e il magistrato, nella fattispecie il procuratore responsabile dell'ufficio), della tenuta dei verbali relativi alle intercettazioni illegali, è certamente una disposizione che mette al riparo da incertezze che spesso, anche in altri ambiti, hanno determinato fughe di notizie e la impossibilità di accertare responsabilità.
Una scelta opportuna che - io sono convinto, noi siamo convinti - produrrà anche effetti di risparmio per l'erario, quindi per la collettività, è quella relativa ai centri di ascolto. Quella di dotare direttamente le 22 corti di appello di centri di ascolto, è sicuramente una scelta necessaria, a fronte anche della dispendiosa situazione che abbiamo accertato. In questo senso ringraziamo il ministro e il sottosegretario, che hanno messo a disposizione della Commissione gli atti relativi alla contabilità sulle intercettazioni, che evidenziano quanto meno un fatto (in questo senso mi dispiace che il collega Pepe non sia adesso presente). Da questi atti deriva una certezza: la frantumazione, ovvero la «impostazione federale» (in questo momento sto utilizzando una terminologia provocatoria nei confronti dell'ex ministro della giustizia Castelli, il quale, almeno a suo dire, è dotato di una grande capacità razionalizzatrice, ossia sa determinare i fattori tecnici con grande chiarezza, mentre non ha considerato un aspetto legato alla sua visione federalista delle intercettazioni), ha fatto sì che nel nostro paese si sia realizzata una situazione aberrante dal punto di vista della remunerazione delle prestazioni riguardanti le intercettazioni. Noi abbiamo cioè procure in cui il costo delle intercettazioni è «x», e altre in cui il costo per le intercettazioni risulta moltiplicato per dieci, e in molti casi ancora di più. Allora, di fronte a questo, io credo che sia giusta l'iniziativa di accentrare l'adozione del contratto di fornitura a livello ministeriale e di realizzare le intercettazioni attraverso centri di ascolto interni.
Concludo il mio ragionamento, in questa fase, indicando la necessità di richiamare l'attenzione della magistratura - in primo luogo, di quella inquirente - sulla segnalata anomalia, che si è verificata e che continua a verificarsi, in maniera tale che sia sviluppata quell'azione di indagine che a me pare assolutamente necessaria.
I fatti che emergono da un'analisi puntuale della documentazione inducono a ritenere che non vi possa essere stata soltanto buona fede, ma qualcosa di più. Ebbene, questo qualcosa di più è costato al contribuente italiano decine e decine di milioni di euro - e si tratta di una valutazione prudenziale -, risorse assolutamente indispensabili al Ministero della giustizia per coprire i vuoti negli organici amministrativi ed in quelli dei magistrati e per potenziare la logistica complessiva, compreso il sistema delle intercettazioni, e le sedi giudiziarie, in modo da renderle adatte a svolgere i loro compiti. Invero, appare fondamentale, per un paese moderno, dotarsi di un sistema giudiziario in grado di esercitare fino in fondo le sue funzioni.
Il nostro lavoro non è finito. Mi rivolgo, in particolare, al collega Tenaglia, il quale ha svolto, da relatore, un lavoro encomiabile. In particolare, egli ha compiuto un grande sforzo di sintesi in ordine a problematiche certamente non facili. Nel seguito della discussione, nei prossimi giorni, il nostro atteggiamento dovrà essere attento ed aperto ad eventuali contributi volti al miglioramento del testo in esame, che comunque rappresenta un grande passo verso la definizione di un sistema di intercettazioni più garantista e più moderno. (Applausi dei deputati dei gruppi La Rosa nel Pugno e L'Ulivo).
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 1638)
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, deputato Tenaglia.
LANFRANCO TENAGLIA, Relatore. Signor Presidente, naturalmente, voglio rassicurarePag. 72l'onorevole Buemi: continueremo a seguire, anche in Assemblea, il metodo che abbiamo seguito in Commissione; pertanto, tutte le possibilità di miglioramento saranno prese in considerazione.
Ritengo indispensabile qualche chiarimento relativamente ad alcuni profili generali. Per quanto concerne il problema sollevato dall'onorevole Palomba con riferimento all'articolo 2, comma 3, sono assolutamente d'accordo con lui: l'unica interpretazione possibile è quella secondo la quale l'accesso dell'extraneus agli atti dell'archivio riservato è limitato ai documenti contenenti notizie a lui stesso riferibili, a meno che non si ponga un problema di diritto di difesa (in questo caso, il problema riguarderebbe l'intraneus, non l'extraneus). Credo che questa sia, ora, l'unica interpretazione possibile ma, naturalmente, si vedrà durante la vita della norma.
L'onorevole Bongiorno - mi dispiace che sia andata via (mi ascolterà o leggerà il testo della mia replica) - ha sollevato due problemi reali. Il primo, riguardante la competenza del collegio a disporre le intercettazioni, richiede, a mio avviso, come ho già detto, un intervento di sistema sul codice di procedura penale. Dalla lettura degli atti relativi ai lavori della Commissione ministeriale che si sta occupando della riforma del codice di procedura penale è possibile apprendere che ci si è già chiesti, in tale sede, se sia da prevedere l'intervento del giudice collegiale rispetto a certi interventi che limitano la libertà personale o a strumenti di indagine che limitano fortemente, come nel caso delle intercettazioni, altre libertà costituzionalmente rilevanti.
Se lo facessimo in questa sede, credo che creeremmo nel sistema processuale penale una serie di incongruenze e di difficoltà che potrebbero essere peggiori del male cui cerchiamo di ovviare. Lo abbiamo tenuto presente, tant'è vero che, con riferimento alla richiesta e al provvedimento del GIP si è richiesta una motivazione specifica con riferimento alla sussistenza dei presupposti delle intercettazioni.
Vorrei rassicurare l'onorevole Buongiorno, con riferimento all'altro problema da lei sollevato, ossia l'individuazione del responsabile della tenuta e della secretazione dell'archivio riservato: l'articolo 89-bis delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale attribuisce al procuratore della Repubblica questa responsabilità e ne fa una responsabilità che attiene direttamente all'esercizio della giurisdizione. Quindi, vi sarà un problema di verifica o di accertamento delle responsabilità disciplinari, ove le modalità fissate e praticate dal procuratore della Repubblica non assicurino il segreto.
Semmai, nella fissazione delle modalità da parte del procuratore della Repubblica si potrà vagliare se l'individuazione di soggetti tenuti a far rispettare quelle modalità sia stata funzionale. Credo sia necessario fissare la responsabilità nel procuratore della Repubblica, perché essa riguarda espressamente un atto giurisdizionale.
Mi dispiace che l'onorevole Zaccaria sia andato via, perché probabilmente sono in grado di fugare le sue preoccupazioni. Il testo che abbiamo licenziato, con riferimento all'articolo 114 del codice di procedura penale, contiene esattamente i principi che l'onorevole Zaccaria ha richiamato. In altri termini, è vietato pubblicare notizie relative a un procedimento penale quando sono coperte da segreto o quando sono irrilevanti. Addirittura, per le notizie irrilevanti il segreto permane sempre, perché le stesse confluiscono nell'archivio riservato.
Dopodiché, è stata graduata questa forma di segreto per rispettare quell'equilibrio - che proprio l'onorevole Zaccaria richiamava - fra diritto di cronaca, tutela della privacy ed effettività della tutela giurisdizionale, tant'è vero che siamo tornati alla segretezza per gli atti di indagine e siamo intervenuti sul divieto di pubblicazione dei fatti concernenti un procedimento archiviato. Per quanto riguarda lo spostamento in avanti del segreto alla chiusura delle indagini preliminari o al compimento dell'udienza preliminare, ciòPag. 73accade quando non vi è stato alcun vaglio del giudice; e tale vaglio sussiste quando si tratta della libertà personale. Comunque, non è uno spostamento all'infinito, perché proprio le indagini rappresentano l'unica scansione processuale che nell'ordinamento italiano ha tempi certi. Infatti, sono previsti tempi definiti per l'esecuzione delle indagini preliminari. Pertanto, il segreto non viene spostato all'infinito, ma viene rimesso ai tempi già previsti dal codice.
Mi sembra che queste due considerazioni abbinate debbano fugare completamente i dubbi che l'onorevole Zaccaria ha evidenziato.
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.
LUIGI LI GOTTI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, non voglio abusare della sua pazienza né di quella dei parlamentari ripetendo gli aspetti che, con grande accortezza, sono stati sviluppati dal relatore Tenaglia e in molti interventi.
Per tranquillizzare l'onorevole Mario Pepe, vorrei richiamare un solo punto, nel senso che la responsabilità del capo dell'ufficio, individuata in una specifica norma, non è una responsabilità disciplinare. Infatti, è prevista un'ipotesi di reato sia per il comportamento doloso sia per il comportamento colposo. Quindi, non è il Consiglio superiore della magistratura a dover giudicare il comportamento del capo dell'ufficio, ma sarà la magistratura a dover decidere sulla natura dolosa o colposa dei reati.
In ogni caso, esprimo la soddisfazione del Governo, in quanto riteniamo che il testo in esame abbia una sua organica disciplina e una collocazione sistematica all'interno del nostro codice, rispettando appunto l'attuale codice di procedura penale, nonché quello sostanziale. Dunque, l'armonia appare totalmente rispettata.
PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.