Il riordino del diritto ambientale - Novità in materia di VIA, VAS e IPPC

Le norme in materia di autorizzazioni ambientali recate dalla Parte Seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 introducono, per la prima volta, la disciplina legislativa sulla VAS (Titolo II), accorpano, in un unico testo, il disomogeneo quadro normativo sulla VIA (Titolo III), ed inseriscono, infine, alcune opportune norme di coordinamento tra VIA, VAS e IPPC (Titolo III, artt. 33 e 34).

Nel seguito si dà conto delle principali novità introdotte dal decreto legislativo.

Titolo I - Le norme generali

La trattazione unitaria della VAS e della VIA - non solo nelle norme generali, ma anche nei passaggi principali adottati per le due autorizzazioni - corrisponde alla stretta interdipendenza funzionale ed alla omogeneità dei due istituti che, a parte l’oggetto[1], hanno in comune i fondamentali connotati procedimentali e strutturali, nonché gli obiettivi generali.

Entrambi gli istituti integrano, infatti, le procedure esistenti di adozione o approvazione e di autorizzazione, rispettivamente, di piani/programmi o di opere/progetti (art. 4, commi 2 e 4) che possono avere ripercussioni ambientali rilevanti, avendo l’obiettivo comune di prevenire ed evitare, sin dall’inizio, inquinamenti ed altri danni all’ambiente a protezione della salute umana e della qualità della vita.

In entrambi i casi la valutazione ambientale presuppone l’acquisizione di informazioni adeguate ed il loro completamento da parte delle competenti autorità preposte alla tutela ambientale e del pubblico, attraverso apposite consultazioni.

Sono inoltre accomunate dalle conseguenze della violazione dell’obbligo della valutazione ambientale: in particolare risultano nulli, cioè privi di effetto, i provvedimenti di approvazione di piani/programmi o opere/progetti adottati senza la previa valutazione ambientale (art. 4, commi 3 e 5)

Nel tentativo di dare una sistematizzazione unitaria ed organica alle due materie, viene istituita anche un’unica nuova Commissione tecnico-consultiva per le valutazioni ambientali (art. 6).

Essa sostituisce le tre Commissioni sulla VIA ordinaria, VIA speciale e per l’IPPC, con conseguente crescita del potenziale tecnico-scientifico della Commissione stessa, per una gestione delle tre diverse valutazioni/autorizzazioni (VAS, VIA e IPPC).

Oltre alle norme relative alla sua composizione ed alle modalità di funzionamento, è prevista, nel rispetto delle competenze regionali, anche un’eventuale integrazione con esperti designati dalle regioni, nel caso siano coinvolti specifici interessi locali.

Ai sensi del successivo art. 49, comma 1, il DPCM di nomina della Commissione dovrà essere adottato entro 90 giorni dalla data di pubblicazione del decreto n. 152[2], ovvero entro il 14 luglio 2006.

Si ricorda che la Commissione dovrà occuparsi anche dell’istruttoria sulla VIA delle grandi opere (art. 48, comma 2), malgrado la disciplina della VIA di tali infrastrutture rimanga incardinata all’interno della normativa speciale di cui alla legge n. 443 del 2001 ed al relativo decreto attuativo n. 190 del 2002[3]. Per ulteriori approfondimenti si veda l’apposita scheda Legge obiettivo – Disciplina speciale di VIA.

Peraltro dalla procedura speciale sulla VIA per le grandi opere, il decreto legislativo n. 152 accoglie una delle principali innovazioni che anticipa la procedura di VIA al progetto preliminare, tranne i casi in cui le leggi di settore dispongano altrimenti (art. 5, comma 1, lettera e) e art. 37, comma 5), nel rispetto della legge delega n. 308 del 2004 che prevede di “anticipare le procedure di VIA alla prima presentazione del progetto dell'intervento da valutare” (art. 1, comma 9, lettera f).

Titolo II - La valutazione ambientale strategica - VAS

Con le disposizioni recate dal Titolo II si dà attuazione alla direttiva comunitaria 2001/42/CE relativa alla valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente, cosiddetta “valutazione ambientale strategica” (VAS), il cui recepimento era stato da ultimo previsto dall’art. 19 della legge 18 aprile 2005, n. 62 (comunitaria 2004), entro il 30 ottobre 2005[4].

Per la mancata attuazione entro i termini previsti del 21 luglio 2004, la Commissione europea aveva inviato, l’11 luglio 2005, il proprio parere motivato, a dodici Stati membri, tra cui anche l’Italia, invitandoli a recepire la direttiva.

Si segnala peraltro che, sebbene VAS non fosse stata ancora disciplinata dalla normativa statale (salvo che all’interno della legge n. 285 del 2000 relativa allo svolgimento dei giochi olimpici invernali “Torino 2006”[5]), alcune regioni avevano già provveduto ad attuarla.

 

Si ricorda, in estrema sintesi, che la direttiva 2001/42/CE si pone come obiettivo quello di garantire un elevato livello di protezione dell’ambiente.

Essa individua nella VAS lo strumento per l’integrazione delle considerazioni ambientali all’atto dell’elaborazione e dell’adozione di piani/programmi, al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile. In tal modo garantisce che gli effetti ambientali derivanti dall’attuazione di determinati piani/programmi, siano presi in considerazione e valutati durante la loro elaborazione e prima della loro adozione. Si tratta quindi di una procedura che accompagna l'iter pianificatorio o programmatico capace di garantire la scelta coscienziosa fra le ragionevoli alternative "alla luce degli obiettivi e dell'ambito territoriale del piano e programma" indicate in uno specifico rapporto ambientale.

Altra fondamentale innovazione è la sostanziale partecipazione del pubblico al processo valutativo e la previsione di misure per il monitoraggio, permettendo, quindi, di effettuare delle correzioni al processo in atto, nel caso di effetti negativi sull’ambiente del piano stesso.

Si ricorda che la Commissione europea ha elaborato, nel 2003, anche delle linee guida per l’attuazione della direttiva VAS.

Capo I - Le disposizioni comuni in materia di VAS

Le norme del Capo I (artt. da 7 a 14) contengono una serie di disposizioni applicabili alle procedure di VAS sia statale sia regionale disciplinate nei successivi Capi II e III, che riproducono, sostanzialmente, quelle previste per la procedura di VIA (Titolo III). Esse riguardano:

§         le tipologie di piani e programmi da sottoporre obbligatoriamente alla procedura VAS (art. 7), e quelle per i quali l’obbligatorietà deriva, invece, dai possibili effetti significativi sull’ambiente, nonché le esplicite esclusioni. Viene, altresì, prevista una verifica preliminare da parte dell’autorità competente all’approvazione del piano/programma stesso, ai fini della eventuale sottoposizione a VAS, nonché, per i piani/programmi la cui approvazione compete ad organi dello Stato, l’acquisizione del parere della Commissione unica tecnico-consultiva;

§         la previsione che, analogamente a quanto disposto in una delle più rilevanti innovazioni introdotte dalla direttiva 2001/42/CE, la VAS venga effettuata durante la fase preparatoria del piano/programma ed anteriormente alla sua approvazione in sede legislativa o amministrativa. In tal modo la VAS si configura come un processo sistematico inteso a valutare le conseguenze sul piano ambientale delle azioni proposte, in modo che queste siano incluse e affrontate, al pari delle considerazioni di ordine economico e sociale, fin dalle prime fasi (strategiche) del processo decisionale;

§         la redazione, per i piani/programmi sottoposti a VAS, di uno specifico rapporto ambientale, che costituisce parte integrante della documentazione prevista, nel quale devono essere individuati, descritti e valutati gli effetti significativi che l'attuazione del piano/programma proposto potrebbero avere sull'ambiente e le ragionevoli alternative alla luce degli obiettivi e dell'ambito territoriale del piano/programma stesso. Innovativamente rispetto a quanto disposto dalla direttiva comunitaria, viene prevista anche la possibilità, per il proponente, di attivare una fase preliminare allo scopo di definire, in contraddittorio con l’autorità competente, le informazioni che devono essere fornite nel rapporto ambientale;

§         l’obbligatorietà della consultazione delle autorità che, per le loro specifiche competenze ambientali, possono essere interessate agli effetti sull’ambiente dovuti all’applicazione del piano/programma oggetto;

§         il coinvolgimento del pubblico interessato, attraverso un ampio processo di consultazione sia nazionale sia transfrontaliera nel caso di piani/programmi con effetti ambientali significativi nei confronti di altri Stati membri.

 

Rientrano, inoltre, tra le norme comuni, anche le disposizioni relative alla fase decisionale, mentre quelle sulla fase introduttiva ed istruttoria vengono illustrate solo per la VAS statale (Capo II), in quanto, per la VAS regionale, esse sono lasciate alla piena autonomia delle regioni (Capo III).

Appartengono alla fase decisionale il giudizio di compatibilità ambientale, l’approvazione del piano/programma proposto, nonché le modalità relative alla loro pubblicizzazione.

Prima dell'adozione del piano/programma, l’autorità preposta alla VAS ha l’obbligo di esaminare e valutare il rapporto ambientale ed i pareri espressi dalle consultazioni previste e, sulla base dei conseguenti esiti, emette il giudizio di compatibilità ambientale, che dovrà contenere un parere ambientale articolato e motivato (presupposto per la prosecuzione del procedimento di approvazione del piano o del programma).

Il giudizio di compatibilità ambientale dovrà essere emesso entro 60 giorni dalla scadenza dell’ultimo termine utile per la presentazione dei pareri previsti a seguito delle consultazioni nazionali e transfrontaliere.

Analogamente a quanto è disposto nel procedimento di VIA (al successivo art. 31, comma 2), anche nel procedimento di VAS statale, l’inutile decorso del termine di 60 giorni previsti per il giudizio di compatibilità ambientale, implica l’esercizio del potere sostituivo del Consiglio dei Ministri (che è chiamato a provvedervi entro i successivi 60 giorni), previa diffida all’organo competente ad adempiere entro il termine di 20 giorni, anche su istanza delle parti interessate. Nel caso in cui neanche il Consiglio dei ministri esprima il proprio parere motivato entro il termine previsto, il parere inespresso è da considerasi come giudizio negativo incondizionato, cd. silenzio-rifiuto.

L’approvazione del piano/programma deve tenere conto del giudizio di compatibilità ambientale, attraverso l’inclusione, nel provvedimento di approvazione, di una dichiarazione di sintesi, e deve essere ampliamente pubblicizzato. È, infine, previsto un apposito procedimento di controllo - monitoraggio - degli effetti ambientali significativi derivanti dall'attuazione dei piani/programmi, al fine dell’adozione delle opportune misure correttive.

Capo II - Le disposizioni specifiche per la VAS statale

Analogamente a quanto disposto per la procedura di VIA statale, il criterio in base al quale deve essere deciso se sottoporre un piano/programma a VAS statale o regionale non è solo la tipologia del piano/programma (che dovrà essere uno di quelli indicati nell’art. 7), bensì l’autorità competente alla sua approvazione. Pertanto sono sottoposti a VAS statale i piani/programmi la cui approvazione compete ad organi dello Stato (art. 15).

Quanto alla competenza sulla VAS, essa non può che accedere a quella relativa al procedimento di pianificazione cui si riferisce, appartenendo allo Stato (e quindi al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio ex art. 2, comma 5, della legge n. 349 del 1986), alla regione o ad altro ente locale territoriale, a seconda del livello territoriale di pianificazione interessato.

Una volta definiti i piani/programmi sottoposti a VAS statale, le ulteriori norme recate dal Capo II riguardano le tre fasi procedurali attraverso cui si snoda la VAS statale (artt. da 16 a 20):

§         la fase introduttiva, comprendente l’avvio del procedimento e le adeguate forme di pubblicità (art. 16), la procedura di verifica preventiva per alcuni piani/programmi (art. 19) ed anche una fase preliminare nella quale devono essere definite le informazioni da inserire nel rapporto ambientale (art. 20);

§         la fase istruttoria, con l’istruttoria tecnica svolta dalla Commissione tecnico-consultiva (art. 17, commi dall’1 al 4);

§         la fase decisionale, con il giudizio di compatibilità reso dal Ministro dell’ambiente (art. 17, commi 5 e 6) e gli effetti del giudizio di compatibilità ambientale (art. 18).

 

La fase introduttiva (artt. 16, 19 e 20)

Il procedimento di VAS statale (art. 16), inizia con la trasmissione al Ministero dell’ambiente, al Ministero per i beni e le attività culturali, alla Commissione tecnico-consultiva e agli altri Ministeri eventualmente interessati, di una serie di documenti pressoché analoghi a quelli previsti per la VIA statale (diversa è naturalmente la loro natura in quanto lì si fa riferimento a progetti di opere/interventi, e, al posto del rapporto ambientale, c’è il SIA), il piano/programma adottato o comunque proposto, il rapporto ambientale e la sintesi non tecnica.

Attengono, inoltre, alla fase introduttiva:

§         la procedura di verifica preventiva (art. 19) da parte dell’autorità competente attivata dal proponente che ha anche l’obbligo di fornire copia della documentazione necessaria alla Commissione tecnico-consultiva, tenuta a dare il proprio parere all’autorità competente. Tale procedura sembrerebbe avere (come quella prevista per la VIA statale all’art. 32) la funzione di “filtro”, in quanto tesa a vagliare preliminarmente se un determinato piano/programma (ma, si ricorda diversi da quelli previsti dall’art. 7, ma comunque riguardanti gli stessi settori) debba o meno essere sottoposto a VAS. L’autorità competente può sostituirsi al soggetto proponente nell’attivazione della procedura di verifica preventiva;

§         l’attivazione, da parte del proponente, anche di una eventuale fase preliminare (art. 20) allo scopo di definire, in contraddittorio con la Commissione tecnico-consultiva, le informazioni da inserire nel rapporto ambientale[6].

 

La fase istruttoria (artt. 17, commi da 1 a 4)

Le attività tecnico-istruttorie per la VAS statale sono svolte dalla Commissione tecnico-consultiva con modalità che ripercorrono i passaggi principali previsti dall’art. 37 per la VIA statale.

Si procede per sottocommissioni per l’esame di ogni piano/programma ricevuto ed alla sua integrazione in presenza di interessi regionali coinvolti. Nel caso di incompletezza della documentazione presentata, può esserne richiesta l’integrazione, sospendendo i termini del procedimento fino al suo ricevimento. È poi compito della sottocommissione valutare la documentazione presentata, nonché i suggerimenti o le obiezioni ai fini dell’espressione del parere motivato da rendere entro 30 giorni a decorrere dalla scadenza di tutti i termini indicati negli artt. 10 e 11.

 

La fase decisionale (art. 17 commi 5 e 6 e art. 18)

Il parere della sottocommissione deve essere trasmesso immediatamente al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio per l’adozione, nei successivi 30 giorni, del giudizio di compatibilità ambientale.

Analogamente alle norme comuni sulla VIA di cui all’art. 31, comma 2, l’inutile decorso del termine dei 30 giorni implica l’esercizio del potere sostituivo da parte del Consiglio dei Ministri (entro 60 giorni). Il parere inespresso è da considerasi come giudizio negativo sulla compatibilità ambientale del piano/progetto presentato (cd. silenzio-rifiuto).

In relazione agli effetti del giudizio di compatibilità ambientale (art. 18), le proposte di piani/programmi sottoposte a VAS, anche qualora siano già state adottate con atto formale, vengono riviste e, se necessario, riformulate, sulla base del giudizio di compatibilità ambientale. Peraltro, dato che la procedura di VAS costituisce parte integrante del procedimento di adozione/approvazione del piano/programma, il giudizio di compatibilità ambientale deve essere comunque allegato al piano/programma inoltrato per l’approvazione. Inoltre, nell’approvazione del piano/programma si deve tener conto del parere di compatibilità ambientale di cui al giudizio di compatibilità.

Capo II -Le disposizioni specifiche per la VAS regionale o provinciale

Come già indicato per quella statale, la nuova disciplina sulla VAS regionale o provinciale, sottopone a tale procedura tutti i piani/programmi previsti dall’art. 7, la cui approvazione è di competenza delle regioni o degli enti locali ed il criterio che attribuisce la competenza sulla VAS è quello relativo al procedimento di pianificazione cui si riferisce e, quindi, appartiene allo Stato, alla regione o ad altro ente locale territoriale, a seconda del livello territoriale di pianificazione interessato[7].

Ferme restando le disposizioni comuni in materia di VAS recate dal Capo I, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano, con proprie leggi e regolamenti, le procedure per la VAS dei piani/programmi.

Si segnala che, se fino all’emanazione del decreto legislativo n. 152, la VAS non era stata ancora stata disciplinata dalla normativa statale, alcune regioni avevano già emanato disposizioni specifiche, come sottolinea anche un documento elaborato dall’APAT[8]. In altre regioni, invece, aspetti riguardanti la VAS erano stati affrontati nell’ambito della legislazione sulla VIA[9], oppure nell’ambito di quella urbanistica e di pianificazione territoriale regionale[10].

Titolo III - La valutazione di impatto ambientale - VIA

Fino all’emanazione del decreto legislativo n. 152 del 2006, l’Italia era ancora priva di una completa disciplina legislativa sulla VIA, essendo il quadro normativo vigente caratterizzato da elementi di frammentarietà e disorganicità derivanti principalmente dal fatto che tale normativa costituiva il frutto di una stratificazione di norme con cui erano stati, di volta in volta, regolati i singoli aspetti della materia. Nel contesto normativo italiano erano, quindi, presenti sostanzialmente due livelli:

§         una procedura di VIA a livello nazionale dichiaratamente transitoria per opere/interventi a rilevante impatto e/o di interesse nazionale di recepimento dell'allegato I della direttiva 85/337/CEE (art. 6 della legge n. 349 del 1986, DPCM n. 377 del 1988 e DPCM 27 dicembre 1988);

§         una procedura di VIA a livello di enti locali per opere/interventi di minore rilevanza, che aveva completato il recepimento della direttiva 85/337/CEE[11](DPR 12 aprile 1996, in seguito modificato ed integrato dal DPCM 3 settembre 1999 e dal DPCM 1 settembre 2000).

Nel primo caso l’Autorità competente era il Ministero dell’Ambiente, nel secondo caso gli enti locali.

Tale quadro normativo è stato poi notevolmente ampliato anche nel corso della XIV legislatura, con una serie di ulteriori norme nazionali che si sono aggiunte a quelle già vigenti. Tra esse la VIA speciale per le opere strategiche prevista dalla cosiddetta “legge obiettivo” e dal decreto di attuazione n. 190 del 2002[12]; la disciplina relativa alla sicurezza del sistema elettrico nazionale e le infrastrutture lineari energetiche[13]; le disposizioni inserite in altri contesti normativi, ma che fanno riferimento alla VIA in ambiti quali la disciplina della conferenza di servizi[14] e la progettazioni delle opere pubbliche[15]; il decreto legge 14 novembre 2003, n. 315 relativo alle infrastrutture di comunicazione elettronica[16]; l’art. 30 della legge comunitaria 2004 (legge n. 62 del 2005) che prevede il recepimento dell'art. 5, par. 2, della direttiva 85/337/CEE[17].

In definitiva l’istituto della VIA, per i progetti di rilevanza nazionale, risultava regolato da più di un centinaio di disposizioni legislative di rango primario e secondario[18], cui si affiancavano anche le singole leggi regionali in materia di VIA. Si segnala, infatti, che se alcune Regioni non hanno ancora provveduto a fornirsi di una propria legge specifica in materia di VIA (Abruzzo, Calabria, Campania, Lazio, Sardegna, Sicilia), limitandosi invece a recepire o ad applicare direttamente il DPR 12 aprile 1996, altre disponevano già di una specifica normativa sulla VIA[19].

Capo I - Le disposizioni comuni in materia di VIA

Ambito di applicazione

Viene innanzitutto ampliato il campo di applicazione della VIA rispetto alle stesse previsioni comunitarie. Essa in particolare diventa obbligatoria per tutti i progetti di cui ai due allegati della direttiva 85/337/CEE, laddove la direttiva prescrive l’obbligatorietà solo per l’allegato I e si adottano soglie più basse per alcune tipologie progettuali (elenco A dell’Allegato III alla Parte Seconda).

 

Diventano, ai sensi dell’art. 23, progetti da sottoporre a procedura di VIA:

§         tutti quelli soggetti a procedura di VIA statale e regionale ai sensi dell’attuale disciplina vigente;

§         i progetti di specifiche opere/interventi per i quali la procedura di VIA è espressamente prescritta dalle leggi speciali di settore;

§         gli interventi su opere già esistenti, non rientranti nelle categorie previste, nel momento in cui da tali interventi derivi un’opera che rientra nelle categorie stesse;

§         le modifiche sostanziali di opere/interventi rientranti nelle precedenti categorie.

 

Vengono quindi elencati i casi di possibile esclusione e norme specifiche per la procedura di VIA per i progetti aeroportuali.

Si ricorda, ancora, l’esclusione dei progetti relativi alle grandi opere della “legge obiettivo”, in quanto la specifica disciplina della VIA di tali infrastrutture rimane incardinata all’interno della normativa speciale di cui al decreto legislativo n. 190 del 2002 e per la cui disciplina si veda l’apposita scheda Legge obiettivo – Disciplina speciale di VIA.

I soggetti competenti

Una delle innovazioni principali introdotta dalla nuova disciplina sulla VIA è la previsione di un nuovo criterio per l’attribuzione della competenza statale o regionale, non più collegato alla tipologia dell’opera/intervento in relazione al suo impatto ambientale, bensì al criterio della corrispondenza fra competenza in materia di VIA e competenza al rilascio dell’autorizzazione alla costruzione (o all’esercizio) dell’opera (o dell’impianto).

Secondo le norme previgenti, era, infatti, attribuita allo Stato la competenza sulle opere di maggiore impatto e alle regioni la competenza su un elenco di tipologia di opere di minore impatto e, a volte, veniva a crearsi una spesso illogica sovrapposizione di procedimenti e di competenze[20].

Viene quindi individuato nel Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali, il soggetto cui spetta la pronuncia sulla compatibilità ambientale per i progetti di opere/interventi sottoposti ad autorizzazione statale e per quelli aventi impatto ambientale interregionale o internazionale (mentre, negli altri casi, la competenza appartiene all’autorità individuata dalla regione o dalla provincia autonoma).

Le fasi della procedura di VIA

Per quanto riguarda le norme procedimentali, le novità riguardano l’introduzione, tra le norme comuni e quelle per la VIA statale, di alcune fasi del procedimento introduttivo mutuate dalla VIA regionale di cui al DPR 12 aprile 1996, al fine di adeguare la normativa al dettato comunitario. Tale provvedimento aveva dettato una procedura più articolata rispetto a quella per la VIA nazionale, prevedendo una fase preliminare ed una fase di verifica.

La fase preliminare (art. 27, comma 2) consiste in un sub-procedimento attivabile su richiesta del committente/proponente onde poter meglio individuare, in contraddittorio con l’autorità competente, le informazioni (tra quelle elencate nell’allegato V alla Parte seconda) da inserire nel SIA.

La fase di verifica (art 32), ha, invece, la finalità di accertare se assoggettare all’ordinaria procedura di VIA alcune categorie progettuali che ne potrebbero essere eventualmente escluse.

È stata, inoltre, introdotta, tra le norme comuni e per la VIA statale, un’ulteriore fase (art. 26, comma 2 e 36, comma 4) fino ad oggi prevista dalla VIA regionale, relativa anch’essa alla fase introduttiva del procedimento che prevede che le regioni e gli enti locali esprimano il loro parere entro 60 giorni dall’invio di tutta la documentazione relativa al progetto. Decorso tale termine, il giudizio di compatibilità può essere emesso anche in assenza dei predetti pareri. Tale nuova fase procedurale appare, pertanto, finalizzata ad un maggior coinvolgimento delle autonomie locali attraverso l’ottenimento di un loro preliminare consenso sull’opera.

Sono state migliorate anche le forme di partecipazione del pubblico al procedimento, soprattutto attraverso l’introduzione dell’istituto dell’inchiesta pubblica nella fase istruttoria. Tale istituto era previsto dalla normativa regionale sulla VIA, e limitato, invece, nella disciplina statale, ai soli progetti di centrali termoelettriche e turbogas superiori a 300 MW termini.

 

Le scansioni procedimentali attraverso cui si snoda la procedura di VIA possono essere essenzialmente ricondotte a tre fasi principali:

§         la fase introduttiva, comprendente eventualmente anche un sub-procedimento di carattere preliminare (art. 26), il SIA (art. 27), le adeguate forme di pubblicità (art. 28) e la procedura di verifica (art. 32);

§         la fase istruttoria, con la partecipazione del pubblico al procedimento (art. 29) e l’istruttoria tecnica (art. 30);

§         la fase decisionale, alla quale va ricondotto il giudizio di compatibilità ambientale (art. 31).

 

La fase introduttiva (artt. 26, 27, 28 e 32)

Le norme procedimentali previste nella fase introduttiva, mutuate dalla VIA regionale, vengono ora estese anche alla procedura di VIA statale, assumendo il carattere di norme comuni ad entrambi i procedimenti.

Il procedimento di VIA inizia (art. 26) con la trasmissione all’autorità competente, da parte del committente o proponente dell’opera/intervento, della domanda che dovrà contenere: il progetto dell’opera, il SIA e la sintesi non tecnica.

Il procedimento di VIA si arricchisce, quindi, di un ulteriore passaggio introduttivo che prevede la trasmissione di una copia di tale documentazione alla Regione, Provincia, ai Comuni interessati e, nel caso di aree naturali protette, anche ai relativi Enti di gestione, che dovranno esprimere il proprio parere entro 60 giorni dalla data di trasmissione. Decorso tale termine, l’autorità competente può rendere il giudizio di compatibilità ambientale nei successivi 90 giorni, anche in assenza dei predetti pareri. Viene anche prevista la possibilità, in alcuni casi, per il committente/proponente, di essere esonerato, in tutto o in parte, dall’invio della copia della documentazione agli enti locali, al fine di evitare un’immotivata sovrabbondanza di produzione documentale. Al committente/proponente può essere, infine, richiesto di apportare eventuali integrazioni alla documentazione allegata, con conseguente interruzione dei termini del procedimento.

Anche le norme per la predisposizione del SIA (art. 27) riprendono le linee fondamentali tracciate dalla VIA regionale. Non vengono, al contrario, trasfuse nel decreto (e relativi allegati) le norme tecniche previste per la redazione del SIA per la VIA statale (DPCM 27 dicembre 1988). A questo proposito, il successivo art. 51, comma 3, prevede che vengano emanate nuove norme (conformi alla nuova disciplina di rango primario) e, conseguentemente, il successivo comma 4 assicura che – fino all’emanazione delle nuove norme tecniche – restino in vigore le norme vigenti.

L’art. 27 prevede che il SIA venga predisposto a cura e spese del committente/proponente, secondo le indicazioni di cui all’allegato V della Parte seconda. Esso deve, altresì, recare un contenuto minimo indicato nel successivo comma 5. Tali informazioni, dovranno, inoltre, essere coerenti con il grado di approfondimento progettuale necessario e strettamente attinenti alle caratteristiche specifiche di un determinato tipo di progetto e delle componenti ambientali che possono subire un pregiudizio.

Attiene al contenuto del SIA, anche la procedura disciplinata al comma 2 dell’art. 27 che prevede l’introduzione, per tutti i procedimenti, sia statali che regionali, di un eventuale sub-procedimento preliminare, attivabile su richiesta del committente/proponente, onde poter meglio individuare, in contraddittorio con l’autorità competente, quali informazioni, tra quelle elencate nell’allegato V, debbano far parte del SIA[21].

Si ricorda, inoltre, che l’introduzione di tale fase preliminare (cd. scoping) era stata una delle principali novità (insieme alla procedura di verifica, cd. screening) introdotte dall’art. 6, commi 2 e 3, del DPR 12 aprile 1996, per la VIA regionale, anticipando le stesse norme della direttiva comunitaria (art. 5 come sostituito dalla direttiva 97/11/CE).

Nel caso ci fossero altre autorità interessate agli effetti sull’ambiente dovuti alla realizzazione e all’esercizio dell’opera/intervento progettato, esse devono essere consultate, al momento della decisione da parte dell’autorità competente, sulla portata delle informazioni da includere nel SIA. Al SIA dovrà essere allegata una sintesi non tecnica delle caratteristiche dimensionali e funzionali dell’opera o intervento progettato e dei dati ed informazioni contenuti nello studio stesso. Da ultimo, ai fini della predisposizione del SIA, il soggetto pubblico o privato interessato alla realizzazione delle opere/impianti ha diritto di accesso alle informazioni e ai dati disponibili presso gli uffici delle amministrazioni pubbliche. Adeguate misure di pubblicità nei confronti del pubblico sono quindi previste dall’art. 28.

Rientra, infine, nella fase introduttiva della procedura di VIA anche il sub-procedimento di verifica, disciplinato dall’art. 32, che ricalca, ampliandone però le categorie progettuali, quello già previsto per la VIA regionale (cd. screening). Pertanto tale procedimento viene ora esteso anche alla procedura di VIA statale, in quanto assume il carattere di norma comune ad entrambi i procedimenti. La richiesta di tale verifica preliminare incombe sul committente/proponente che ha anche l’obbligo di fornire alcune informazioni comprendenti, oltre ad una descrizione del progetto, i dati necessari per individuare e valutare i principali effetti che il progetto può avere sull’ambiente. Ricevute tali informazioni, l’autorità competente dovrà pronunciarsi entro i successivi 60 giorni, individuando eventuali prescrizioni per la mitigazione degli impatti e il monitoraggio delle opere/impianti. Nulla viene detto nel caso in cui l’autorità competente non si pronunci nel termine previsto.

 

La fase istruttoria (artt. 29 e 30)

La fase istruttoria riguarda, da un lato, la fase di partecipazione del pubblico al procedimento (art. 29), per la quale vengono riproposte sostanzialmente le disposizioni per la VIA regionale, dall’altro la vera e propria fase di istruttoria tecnica (art. 30), per la quale, invece, si mutuano le norme della VIA statale (art. 6 del DPCM n. 377 del 1988).

A tal proposito, va evidenziato che la riproposizione della normativa per la VIA regionale è da attribuirsi al fatto che punto qualificante del DPR del 1996 era stato proprio l’aver dettato una disciplina della partecipazione del pubblico alla fase istruttoria, soprattutto grazie all’introduzione dell’istituto dell’inchiesta pubblica, migliorativa – nel senso di valorizzazione dei contenuti partecipativi – rispetto a quella, assai scarna, prevista per la VIA di competenza statale (solo per i progetti di centrali termoelettriche ed a turbogas superiori a 300 MW termici nell’Allegato IV del DPCM 27 dicembre 1988).

Innanzitutto viene stabilito che il soggetto interessato che intenda fornire elementi conoscitivi e valutativi concernenti i possibili effetti dell’intervento medesimo possa, nel termine di 45 giorni dalla pubblicazione dell’annuncio, presentare all’autorità competente osservazioni sull’opera soggetta alla procedura di VIA.

Per l’esame del SIA presentato dal committente/proponente, dei pareri forniti dalle pubbliche amministrazioni e delle osservazioni dei cittadini, l’autorità competente alla VIA può disporre lo svolgimento di un’inchiesta pubblica, che ha come primo effetto immediato quello di sospendere il termine previsto per il giudizio di compatibilità ambientale. L’inchiesta si conclude con una «relazione» sui lavori svolti ed un «giudizio» sui risultati emersi, che debbono poi essere acquisiti e valutati ai fini del giudizio finale di compatibilità ambientale del progetto.

Qualora l’inchiesta pubblica non abbia luogo – quindi, in alternativa ad essa –, il committente/proponente può, d’ufficio o su propria richiesta, esser chiamato prima della conclusione della procedura ad un «sintetico contraddittorio» con i soggetti che hanno presentato pareri o osservazioni.

Da ultimo viene prevista la possibilità per il committente/proponente di uniformare, in tutto o in parte, il progetto ai pareri o osservazioni emersi nel corso dell’inchiesta pubblica o del contraddittorio.

 

La fase decisionale (art. 31)

L’atto che conclude la procedura di VIA consiste in un giudizio motivato di compatibilità ambientale - mutuato dalla disciplina sulla VIA regionale - che deve essere reso entro 90 giorni dalla pubblicazione dell’annuncio a mezzo stampa ai sensi dell’art. 28, comma 2, lettera b).

L’inutile decorso del termine implica l’esercizio del potere sostituivo da parte del Consiglio dei Ministri, che provvede entro 60 giorni, previa diffida all’organo competente ad adempiere entro il termine di 20 giorni, anche su istanza delle parti interessate. Nel caso che il Consiglio dei ministri non esprima un parere motivato entro i successivi 60 giorni, il parere inespresso è da considerasi quale giudizio negativo (cd. silenzio-rifiuto). Il giudizio di compatibilità ambientale può risolversi in un giudizio positivo (quindi, di compatibilità dell’opera), oppure può dettare eventuali prescrizioni per la mitigazione degli impatti ed il monitoraggio delle opere e degli impianti e riveste efficacia vincolante, poiché viene disposto che i progetti, prima del rilascio dell’autorizzazione alla loro realizzazione, debbano essere adeguati agli esiti di tale giudizio che l’amministrazione competente alla autorizzazione definitiva dell’opera ha l’obbligo di acquisire prima del rilascio dell’autorizzazione alla realizzazione.

Gli esiti della procedura di VIA devono essere comunicati ai soggetti del procedimento e a tutte le altre amministrazioni pubbliche competenti (anche in materia di controlli ambientali), nonché adeguatamente pubblicizzati.

Le relazioni tra VIA e VAS e tra VIA e IPPC

Le relazioni tra VIA e VAS e tra VIA e IPPC sono disciplinate rispettivamente dagli artt. 33 e 34.

Si ricorda che il comma 9 dell’art. 1 della legge delega ambientale n. 308 del 2004 indica espressamente, tra i principi e criteri specifici di delega, l’introduzione di meccanismi di coordinamento tra la procedura di VIA/VAS e IPPC, al fine di evitare inutili ed onerose duplicazioni e sovrapposizioni fra i vari procedimenti menzionati.

 

L’introduzione di tali meccanismi risulta necessaria in relazione alle possibili interferenze tra tali discipline. In particolare, sebbene la VIA e la VAS abbiano ad oggetto una differente tipologia di atti (nel primo caso, i progetti; nel secondo caso, i piani ed i programmi), questi ultimi riguardano i medesimi settori (almeno per quanto concerne i piani/programmi soggetti a VAS obbligatoria). Vi sono, inoltre, parziali sovrapposizioni tra l'elenco di progetti sottoposti a VIA e quelli soggetti a IPPC. Peraltro, sono le stesse direttive comunitarie a prevedere tali sovrapposizioni e collegamenti, prevedendo una sorta di «principio di applicazione cumulativa»: ciascuna delle tre discipline deve essere applicata integralmente e nessuna delle tre pregiudica l'applicazione delle altre. Tale regola potrà poi essere temperata da principi e criteri di efficienza e semplificazione del procedimento decisionale, la cui applicazione tenderà a ridurre gli oneri burocratici gravanti sui soggetti interessati e il carico di lavoro delle amministrazioni.

Viene, in particolare,, disposto (art. 33) che, per i progetti di opere/interventi da realizzarsi in attuazione di piani o programmi già sottoposti a VAS e che rientrino tra le categorie per le quali è prescritta anche la VIA, costituiscono dati acquisiti tutti gli elementi positivamente già valutati in sede di VAS o comunque decisi in sede di approvazione del piano o programma.

Per quanto riguarda, invece le opere/interventi sottoposti a VIA, nonché per le modifiche sostanziali ad essi apportate, rientranti anche nel campo di applicazione dell’IPPC (art. 34), il proponente può richiedere che la procedura di VIA venga integrata nel procedimento per il rilascio dell’AIA (autorizzazione integrata ambientale), previsto dal decreto legislativo n. 59 del 2005[22]. Per un approfondimento delle disposizioni recate dal decreto legislativo n. 59 del 2005 si veda la scheda L’autorizzazione integrata ambientale.

Capo II -Le disposizioni specifiche per la VIA statale

Ambito di applicazione e soggetti competenti

La nuova disciplina sulla VIA statale, superando il criterio su cui era fondato il modello cosiddetto “binario” vigente fino ad oggi, che attribuiva allo Stato la competenza sulle opere di maggiore impatto e alle regioni la competenza su un elenco di opere di minore impatto, sottopone a procedura di VIA statale tutti i progetti di opere/interventi che fanno parte delle categorie di cui all’art. 23 (nel quale rientrano indistintamente sia i progetti di opere che erano sottoposte a procedura di VIA statale che regionale, oltre a nuove tipologie ivi previste), ma che presentino i seguenti ulteriori requisiti:

§         devono essere opere/interventi la cui autorizzazione alla costruzione/esercizio è rilasciata da organi statali;

§         oppure opere/interventi localizzati sul territorio di più regioni o con un impatto ambientale interregionale;

§         o ancora opere/interventi che possano avere effetti significativi sull’ambiente di un altro Stato dell’Unione europea.

 

Pertanto il criterio in base al quale dovrà essere deciso se sottoporre un progetto a VIA statale o regionale non sarà più la tipologia dell’opera/intervento in relazione al suo impatto ambientale, bensì l’autorità competente a rilasciare l’autorizzazione alla costruzione/esercizio, oppure il suo carattere interregionale o, ancora, l’eventuale impatto transfrontaliero[23].

La competenza al rilascio della VIA statale spetta, quindi, al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali, sentita la regione interessata e sulla base dell’istruttoria esperita dalla Commissione tecnico-consultiva (secondo le modalità specificate nel successivo art. 36, commi 7 e successivi).

Le fasi della procedura di VIA statale

Le scansioni procedimentali attraverso cui si snoda la procedura di VIA possono essere essenzialmente ricondotte a tre fasi principali:

§         la fase introduttiva, comprendente il procedimento di valutazione (art. 36, commi da 1 a 6) e la fase preliminare e di verifica preventiva (art. 38);

§         la fase istruttoria, con le attività tecnico istruttorie della Commissione tecnico-consultiva (art. 37);

§         la fase decisionale, alla quale va ricondotto il giudizio di compatibilità ambientale (art. 36, commi da 7 a 9 e art. 40).

 

La fase introduttiva (artt. 36 e 38)

Le norme procedimentali della fase introduttiva per la VIA statale (art. 36) integrano, con alcune innovazioni, le disposizioni contenute nell’art. 6 della legge n. 349 del 1986.

Il procedimento di VIA statale inizia con la trasmissione al Ministero dell’ambiente, al Ministero per i beni e le attività culturali, alla regione territorialmente interessata, alla Commissione tecnico-consultiva ed agli altri Ministeri eventualmente interessati, da parte del committente/proponente dell’opera/intervento, della domanda che dovrà contenere: il progetto dell’opera/intervento, il SIA e la sintesi non tecnica. Nel caso l’opera/intervento abbia un carattere interregionale, una copia del progetto deve essere inviata a ciascuna regione interessata.

Per le opere ed interventi che ricadano, invece, nel territorio di più enti locali, possono essere depositati, presso ciascuna provincia e ciascun comune, anche solo lo stralcio del progetto e del SIA, fermo restando il deposito della sintesi non tecnica in versione integrale. Identica possibilità è ammessa con riguardo alle aree naturali protette ed i relativi enti di gestione. Una volta informati gli enti locali e la regione sono chiamati ad esprimere il loro parere come già dispone l’art. 26, comma 2, delle norme comuni.

Il committente/proponente può anche attivare l’altro sub procedimento di carattere preliminare, previsto dalle norme comuni all’art. 26, comma 3, richiedendo, al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, la definizione di modalità di divulgazione più adeguate e praticabili in relazione alle specifiche caratteristiche del progetto.

Vengono quindi indicate le disposizioni per garantire l’adeguata informazione e partecipazione del pubblico e la possibilità, per chiunque vi abbia interesse di presentare osservazioni sull’opera soggetta a VIA, nel termine di 30 giorni dalla pubblicazione dell’avvenuta comunicazione del progetto.

Attengono ancora alla fase introduttiva le norme contenute nell’art. 38 che prevedono che, per tutti i progetti sottoposti a procedura di VIA statale di cui all’art. 35, la Commissione tecnico-consultiva provvede a svolgere la relativa istruttoria anche per le nuove fasi preliminari e di eventuale verifica preventiva.

 

La fase istruttoria (art. 37)

Le norme procedimentali relative a tale fase riguardano i compiti istruttori della Commissione tecnico-consultiva.

Si dovrà costituire un’apposita sottocommissione per ogni progetto ricevuto e, ove ne ricorrano i presupposti, provvedere alla sua integrazione con un esperto regionale. Nel caso in cui la sottocommissione verifichi l’incompletezza della documentazione, essa può richiederne l’integrazione, sospendendo i termini del procedimento.

Sarà poi compito della sottocommissione valutare la documentazione presentata, nonché le osservazioni inoltrate ai sensi degli artt. 36, commi 4 e 6 (il parere degli enti locali/regione e di chiunque vi abbia interesse, nella fase introduttiva del procedimento) e 39 (il parere di una altro Stato membro), ed esprimere il proprio parere motivato entro il termine di 30 giorni a decorrere dalla scadenza di tutti i termini indicati, da trasmettere entro 10 giorni dalla sua verbalizzazione, al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, cui spetterà il giudizio di compatibilità ambientale.

Vengono quindi indicate norme ulteriori per i casi in cui, in base alle procedure di approvazione previste dalle specifiche leggi di settore, la VIA venga eseguita su progetti preliminari o di massima, mutuando prevalentemente le norme prevista per la VIA delle grandi opere[24]. Viene, in tal caso, prevista una verifica di ottemperanza del progetto definitivo alle prescrizioni del giudizio di compatibilità ambientale ed effettuare gli opportuni controlli in tal senso.

Pertanto, se nel corso di tali verifiche venga accertato che il progetto definitivo differisce da quello preliminare quanto alle aree interessate o alle risorse ambientali coinvolte, la sottocommissione ne dà comunicazione, con uno specifico rapporto, al Ministro dell’ambiente per l’adozione dei provvedimenti relativi all’aggiornamento del SIA e per la nuova pubblicazione dello stesso, anche ai fini dell’eventuale invio di osservazioni da parte dei soggetti pubblici e privati interessati.

A sua volta, ai fini dello svolgimento di tali compiti di verifica, il proponente è tenuto, pena la decadenza dell’autorizzazione alla realizzazione del progetto, a trasmettere il progetto definitivo alla sottocommissione prima dell’avvio della realizzazione dell’opera.

 

La fase decisionale (art. 36, commi da 7 a 9 e art. 40)

L’ultima fase della procedura di VIA statale, modellata su quella statale di cui all’art. 6, commi 4 e seguenti della legge n. 349 del 1986, riguarda la fase decisionale alla quale va ricondotto il giudizio di compatibilità ambientale (art. 36, commi da 7 e 9 e art. 40)

L’atto che conclude la procedura di VIA statale consiste, appunto, nel giudizio di compatibilità ambientale reso dal Ministro dell’ambiente, sulla base dell’istruttoria svolta dalla Commissione tecnico-consultiva, e di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali e con il Ministro proponente, entro 90 giorni. L’inutile decorso di tale termine implica l’esercizio del potere sostituivo da parte del Consiglio dei Ministri, che deve provvedere entro 60 giorni, ai sensi e con gli effetti di cui all’art. 31, comma 2 (il parere inespresso equivale a giudizio negativo incondizionato).

Per le sole opere/interventi la cui autorizzazione alla costruzione o all’esercizio è competenza di organi dello Stato, viene prevista la possibilità per il Ministro competente alla loro realizzazione, ove non ritenga di uniformare il progetto proposto al giudizio di compatibilità del Ministro dell’ambiente, di proporre motivatamente al Presidente del Consiglio dei Ministri l’adozione di un provvedimento di revisione di tale giudizio, o di disporre la non realizzazione del progetto. Sulla proposta di revisione si esprime il Consiglio dei Ministri.

Ai sensi dell’art. 40, gli esiti della procedura di VIA devono essere comunicati ai soggetti del procedimento e a tutte le altre amministrazioni pubbliche competenti (anche in materia di controlli ambientali), nonché adeguatamente pubblicizzati.

Il giudizio di compatibilità ambientale può risolversi in un giudizio positivo (quindi, di compatibilità dell’opera), oppure può dettare eventuali prescrizioni per la mitigazione degli impatti ed il monitoraggio delle opere e degli impianti. Esso deve essere acquisito dall’autorità competente al rilascio dell’autorizzazione definitiva alla realizzazione dell’opera o dell’intervento progettato.

Nel caso di iniziative promosse da autorità pubbliche, il provvedimento definitivo che ne autorizza la realizzazione deve adeguatamente evidenziare la conformità delle scelte effettuate agli esiti della procedura d’impatto ambientale. In tutti gli altri casi, i progetti devono essere adeguati agli esiti del giudizio di compatibilità ambientale, prima del rilascio dell’autorizzazione alla realizzazione.

Infine, viene introdotta una norma che dispone la riapertura della procedura nel caso di opere non realizzate almeno per il 20% entro 3 anni dal giudizio di compatibilità ambientale. In ogni caso il giudizio di compatibilità ambientale cessa di avere efficacia al compimento del quinto anno dalla sua emanazione.

I progetti con impatti ambientali transfrontalieri

Disposizioni specifiche disciplinano la terza categoria di opere sottoposte a VIA statale, vale a dire quelle che potrebbero avere effetti significativi sull’ambiente di un altro Stato dell’Unione europea.

Viene prevista, qualora l’opera/l’intervento progettato possa avere effetti significativi sull’ambiente di un altro Stato, ovvero qualora lo Stato membro che potrebbe essere coinvolto in maniera significativa ne faccia richiesta, la trasmissione all’altro Stato di una serie di informazioni che devono, almeno contenere una descrizione del progetto con tutte le informazioni disponibili circa il suo eventuale impatto transfrontaliero e le informazioni sulla natura della decisione che può essere adottata.

Nel caso in cui, una volta ricevute tali informazioni, lo Stato membro comunica - entro i successivi 30 giorni - che intende partecipare alla procedura di VIA, dovranno essergli trasmesse anche alcune informazioni aggiuntive.

Una volta ricevuta la documentazione aggiuntiva, lo Stato interessato ha 30 giorni di tempo per presentare eventuali osservazioni, salvo che non decida di esprimere il proprio parere previa consultazione delle autorità competenti e del pubblico interessato (in tal caso il termine viene prorogato a 90 giorni). In pendenza dei termini indicati, vengono sospesi tutti i termini della procedura di VIA.

I controlli successivi

Analogamente a quanto era previsto dalla normativa in materia di VIA statale[25], viene riconfermato il potere di vigilanza del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio sull’osservanza del giudizio di compatibilità ambientale o delle eventuali prescrizioni in esso contenute, durante la realizzazione dell’opera/intervento. Tale potere, attivabile su segnalazione della Commissione tecnico-consultiva, può spingersi fino alla sospensione dei lavori ed all’ordine di ripristino delle condizioni di compatibilità ambientale dei lavori stessi.

Capo III - disposizioni specifiche per la VIA regionale o provinciale

Ambito di applicazione

La nuova disciplina sulla VIA regionale o provinciale, come già indicato per quella statale, sottopone a VIA tutti i progetti di opere/interventi previsti dall’art. 23, ad esclusione di quelli sottoposti ad autorizzazione statale o aventi impatto ambientale interregionale o transfrontaliero (art. 42).

Alle regioni e alle province autonome è poi attribuita la facoltà di disporre, sulla base degli elementi indicati nell’Allegato IV della Parte Seconda, un incremento, nella misura massima del 20%, delle soglie di cui all’elenco B dell’Allegato III, per determinate categorie progettuali e/o aree predeterminate[26].

Nel caso in cui dall’istruttoria svolta in sede regionale/provinciale emerga che l’opera/intervento progettato possa avere un impatto rilevante interregionale/interprovinciale o transfrontaliero, l’autorità competente, con provvedimento motivato, si dichiara incompetente e rimette gli atti alla Commissione tecnico-consultiva per il loro eventuale utilizzo nel procedimento riaperto in sede statale.

Le procedure di VIA regionale o provinciale

Ai sensi dell’art. 43, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano con proprie leggi e regolamenti le procedure per la VIA dei progetti delle opere/interventi che rientrano nella loro competenza, in conformità alle norme comuni in materia di VIA indicate nel Capo I (del Titolo III).

Nel disciplinare i contenuti e la procedura di VIA, esse dovranno almeno individuare:

§         l’autorità competente in materia di VIA;

§         l’organo tecnico per lo svolgimento dell’istruttoria;

§         le eventuali deleghe agli enti locali per particolari tipologie progettuali;

§         le eventuali modalità, ulteriori o in deroga rispetto a quelle indicate nel decreto, per l’informazione e la consultazione del pubblico;

§         le modalità di realizzazione o adeguamento delle cartografie, degli strumenti informativi territoriali di supporto e di un archivio dei SIA consultabile dal pubblico;

§         i criteri integrativi con i quali vengono definiti le province ed i comuni interessati dal progetto.

Le regioni/province autonome possono, per casi di particolare rilevanza, prorogare i termini per la conclusione della procedura (prevista dalle norme comuni all’art. 31 entro 90 giorni dalla pubblicazione degli atti ad essa inerenti) sino ad un massimo di 60 giorni.

Fino all’entrata in vigore delle discipline regionali/provinciali previste, si applicano le disposizioni di cui alla Parte Seconda del decreto.

Le ulteriori disposizioni in materia di VIA regionale (art. 45-47) ripropongono esattamente quanto già previsto nell’atto di indirizzo di cui al DPR 12 aprile 1996 sul coordinamento della procedura di VIA con le procedure ordinarie di assenso alla realizzazione delle opere, in merito alla possibilità di prevedere procedure semplificate per progetti di dimensioni ridotte o di durata limitata e per gli eventuali casi di esclusione.

Viene, quindi, confermato anche l’obbligo annuale di informazione in capo alle regioni/province autonome nei confronti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio in merito ai provvedimenti adottati e a quelli in corso.

Nulla vieta alle regioni/province autonome di integrare le disposizioni comuni in materia di VIA/VAS e VIA/IPPC (di cui agli artt. 33 e 34).

Titolo IV - Disposizioni transitorie e finali

Le norme raccolte all’interno di tale titolo riguardano le abrogazioni (art. 48), i provvedimenti di attuazione per la costituzione della Commissione tecnico-consultiva (art. 49), l’adeguamento delle disposizioni regionali e provinciali (art. 50), l’eventuale emanazione di regolamenti e norme tecniche integrative (art. 51) e l’entrata in vigore (art. 52).

 

Adeguamento delle disposizioni regionali e provinciali ed emanazione di regolamenti e norme tecniche integrative (artt. 50 e 51)

L’entrata in vigore delle disposizioni legislative e regolamentari emanate dalle regioni e dalle province autonome è prevista entro 120 giorni dalla pubblicazione del decreto stesso, vale a dire entro il 14 agosto 2006.

Viene disposta, inoltre, la possibilità di adottare norme puntuali per una migliore integrazione delle procedure di VAS e VIA negli specifici procedimenti amministrativi vigenti di approvazione o autorizzazione dei piani/programmi e delle opere/interventi sottoposti a valutazione, attraverso appositi regolamenti di delegificazione.

Per le opere/interventi sottoposti a VIA, fino all’emanazione di tali regolamenti di delegificazione, continuano ad applicarsi, per quanto compatibili, le disposizioni di cui all’art. 2 del DPCM 10 agosto 1988, n. 377.

Infine, viene prevista l’emanazione, con DPCM, di norme tecniche integrative della disciplina di VIA per la redazione dei SIA e la formulazione dei giudizi di compatibilità in relazione a ciascuna categoria di opere, e la contestuale vigenza, fino alla loro emanazione, delle norme tecniche attualmente vigenti.

 

Entrata in vigore (art. 52)

Le disposizioni della Parte Seconda del decreto entrano in vigore 120 giorni dopo la pubblicazione nella G.U. della Repubblica italiana, ossia il 14 agosto 2006.

I procedimenti amministrativi in corso alla data di entrata in vigore del decreto, nonché i procedimenti per i quali a tale data sia già stata formalmente presentata istanza introduttiva da parte dell’interessato, si concludono in conformità alle disposizioni ed alle attribuzioni di competenza in vigore all’epoca della presentazione di tale istanza. Nella “Scheda di analisi di impatto della regolamentazione”, che accompagnava lo schema di decreto, si leggeva che tale disposizione era finalizzata ad evitare che la nuova disciplina incidesse sui procedimenti in corso “mirando, quindi ad assicurare la piena attuazione del principio “tempus regit actum”. Al riguardo si osserva che tale disposizione sembrerebbe contrastare con il regime transitorio previsto dalla direttiva VAS 2001/42/CE (art. 13, par. 3), ove viene stabilito che sono soggetti a VAS tutti i piani/programmi il cui primo atto preparatorio formale è successivo al 21 luglio 2004 e tutti quelli il cui primo atto preparatorio formale è precedente 21 luglio 2004, ma sono approvati o sottoposti all'iter legislativo più di 24 mesi dopo la stessa data (21 luglio 2006), a meno che gli Stati membri decidano caso per caso che ciò non è possibile, informando il pubblico di tale decisione.

Gli allegati

Costituiscono parte integrante della Parte seconda del decreto legislativo n. 152 del 2006 anche cinque allegati così suddivisi:

·         Allegato IInformazioni da inserire nel rapporto ambientale;

·         Allegato IICriteri per verificare se lo specifico piano o programma oggetto di approvazione possa avere effetti significativi sull’ambiente;

·         Allegato IIIProgetti sottoposti a VIA;

·         Allegato IVElementi di verifica per l’assoggettamento a VIA di progetti dell’Allegato III, elenco B, non ricadenti in aree naturali protette;

·         Allegato VInformazioni da inserire nello studio di impatto ambientale.

 

Allegato I

In esso vengono indicate le informazioni da inserire nel rapporto ambientale che deve essere redatto durante la fase preparatoria del piano/programma al fine di individuare, valutare e descrivere gli effetti ambientali del piano/programma stesso, nonché le sue ragionevoli alternative, ai sensi dell’art. 9 del decreto. Tali informazioni costituiscono, comunque, indicazioni di "minima", in quanto nulla vieta di inserire ulteriori informazioni aggiuntive, purché utili alle finalità della valutazione.

 

Allegato II

Ai fini della sottoposizione a VAS dei piani/programmi che potrebbero avere effetti significativi sull’ambiente e delle modifiche di un piano/programma già approvato, l’art. 7, comma 5, prevede l’effettuazione di una verifica preliminare da parte dell’autorità competente all’approvazione del piano/programma stesso (che nel procedimento sulla VAS statale è operata dalla Commissione tecnico-consultiva), secondo i criteri di cui all’Allegato II alla Parte Seconda.

Tali criteri, che rispecchiano quelli indicati nell’Allegato II della direttiva comunitaria 2001/42/CE, si basano su una pluralità di parametri quali gli elementi che caratterizzano il piano/programma stesso, gli effetti conseguenti all’attuazione del piano/programma e le caratteristiche delle aree interessate.

 

Allegato III

Si articola, a sua volta, in due elenchi, elenco A ed elenco B ove sono elencati i progetti da sottoporre a VIA.

L’elenco A riguarda i progetti da sottoporre a VIA ai sensi dell’art. 23, comma 1, lett. a); essi corrispondono sostanzialmente alle tipologie progettuali per le quali la disciplina vigente prevedeva la procedura di VIA nazionale oppure quella regionale. Conseguentemente tutte le categorie progettuali ora dovranno essere sottoposte a procedura di VIA e, come più volte sottolineato, la competenza nazionale o regionale dipenderà dall’organo cui spetterà l’autorizzazione alla costruzione/esercizio dell’opera/impianto. Nell’elenco A compaiono anche alcune categorie progettuali indicate nell’Allegato I della direttiva 85/337/CEE, come integrato dalle direttive 97/11/CE e 2003/35/CE. Si rileva che per alcune categorie progettuali (ad esempio gli elettrodotti aerei esterni per il trasporto di energia elettrica) sono adottate soglie più basse rispetto a quelle comunitarie.

L’elenco B riguarda i progetti da sottoporre a VIA ai sensi dell’art. 23, lettere b) e c) ed essi coincidono con quelli contenuti nell’Allegato B del DPR 12 aprile 1996, per i quali era obbligatoria la VIA regionale.

 

Allegato IV

Reca gli elementi in base ai quali l’autorità competente dovrà verificare se i progetti di cui all’elenco B dell’Allegato III, nel caso in cui non ricadano all’interno di aree naturali protette, richiedano o meno la procedura di VIA, ai sensi dell’art. 23, comma 1, lett. c). Tali elementi riguardano la definizione delle caratteristiche progettuali, la localizzazione dei progetti e il loro impatto potenziale.

 

Allegato V

Contiene le informazioni da inserire nel SIA, predisposto secondo le modalità e con i criteri dettati dall’art. 27 del decreto. Per l’individuazione di tali informazioni si è preso come riferimento il modello del SIA previsto dalla VIA regionale (Allegato C del DPR 12 aprile 1996) e non quello indicato nella VIA statale dal DPCM 27 dicembre 1988 e dai suoi allegati[27].



[1] La VAS prende in considerazione gli effetti dell’attuazione dei piani e programmi che possono avere conseguenze significative sull’ambiente, durante la loro elaborazione e prima della loro adozione, mentre la VIA approfondisce gli effetti sull’ambiente di singole opere o progetti pubblici e privati che possono avere ripercussioni ambientali rilevanti.

[2] Il decreto n. 152 del 2006 è stato pubblicato sul S.O. n. 96/L alla G.U. del 14 aprile 2006, n. 88.

[3] Occorre sottolineare che, nell’esercizio della delega conferita dall’art. 25 della legge 18 aprile 2005, n. 62 (legge comunitaria 2004) per il recepimento delle direttive quadro in materia di appalti (2004/17/CE e 2004/18/CE), il Governo, nel riscrivere l’intera legge Merloni (v. capitolo La riforma della “legge Merloni” e la scheda Il Codice dei contratti pubblici) ha provveduto, ai fini di un coordinamento delle norme esistenti per la creazione di un testo unico degli appalti, a trasporre nel cd. codice appalti approvato con il decreto legislativo n. 163 del 2006 (in particolare nella Parte II, Titolo III, Capo IV, comprendente gli articoli 161-194) anche la disciplina speciale prevista per le cd. opere strategiche dal d.lgs. n. 190/2002 (di cui è prevista l’aborgazione da parte dell’art. 256 del citato codice).

Si noti che, attualmente, il codice appalti è in attesa di pubblicazione sulla G.U., pertanto i commenti e/o i riferimenti a tale normativa riguardano il testo presentato alle Camere per il parere.

[4] Il recepimento da parte degli Stati membri, previsto entro il 21 luglio 2004, era stato dapprima anticipato dallo Stato italiano al 26 marzo 2003 con la legge 1° marzo 2002 n. 39 (comunitaria 2001), e poi successivamente posticipato al 31 dicembre 2003 dall’art. 13-nonies del decreto legge 25 ottobre 2002, n. 236.

[5] Per un approfondimento della disciplina speciale prevista per la realizzazione delle infrastrutture olimpiche si veda il capitolo Giochi olimpici Torino 2006.

[6] Nel caso in cui si faccia riferimento alla procedura di VAS regionale, il contraddittorio per la determinazione delle informazioni da inserire nel rapporto, dovrà essere, invece, con l’autorità competente, ai sensi dell’art. 9, comma 4.

[7] Fra le numerose tipologie di pianificazione territoriale (molte delle quali disciplinate ormai da fonte regionale), possono citarsi: i piani territoriali di area vasta e i piani territoriali regionali di coordinamento (PTRC) - approvati dalle regioni - i piani di assetto del territorio (PAT) con le scelte strategiche di assetto e di sviluppo per il governo del territorio comunale, e il piano degli interventi (PI) - approvati dai comuni.

[8] L’Apat ha svolto, a questo proposito, una analisi di confronto regionale di detti atti normativi, attraverso specifici parametri, al fine di individuare gli elementi comuni e le discordanze nelle modalità di attuazione della direttiva comunitaria in assenza di un decreto nazionale. I dati, aggiornati al mese di settembre 2005, sono rinvenibili sul sito internet http://www.apat.gov.it/site/_files/quadroRifLegislativo_VAS.pdf

[9] Per l’individuazione delle regioni con le relative leggi, si veda, in questo caso, la tabella n. 3 del documento citato dell’APAT

[10] Per l’individuazione delle regioni con le relative leggi, si veda, in questo caso, la tabella n. 2 del documento citato dell’APAT

[11] Giova ricordare che il citato DPR 12 aprile 1996 era stato emanato in seguito ai richiami da parte comunitaria per l'incompleta applicazione della direttiva 337/85/CEE. Il DPR aveva conferito alle regioni ed alle province autonome il compito di attuare la direttiva per tutte quelle categorie di opere (allegati A e B al DPR) non comprese nella normativa statale, ma previste dalla direttiva all’allegato II. Le opere dell'allegato A venivano sottoposte a VIA regionale obbligatoria (se localizzate in un parco, ai sensi della legge n. 394/1991, la soglia dimensionale veniva dimezzata); le opere dell'allegato B erano sottoposte a VIA regionale obbligatoria, con soglie dimezzate, solo nelle aree a parco, mentre al di fuori dei parchi venivano sottoposte ad una fase di verifica.

[12] Per la cui illustrazione si veda l’apposita scheda Legge obiettivo – Disciplina speciale di VIA.

[13] Decreto legge 7 febbraio 2002, n. 7, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 9 aprile 2002, n. 55; decreto legge 18 febbraio 2003, n. 25, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 17 aprile 2003, n. 83; legge 23 agosto 2004, n. 239 e decreto legislativo 27 dicembre 2004, n. 330.

[14] Artt. 14-14 quater della legge 7 agosto 1990, n. 241, da ultimo modificati ed integrati dagli artt. 9-14 della legge 24 novembre 2000, n. 340 e dagli artt. 8-12 della legge 11 febbraio 2005, n. 15.

[15] Artt. 16 e seguenti della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e successive modifiche.

[16] Convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 16 gennaio 2004, n. 5.

[17] Ai sensi dell’art. 30, per i progetti sottoposti a VIA è facoltà del proponente, prima dell'avvio del procedimento di VIA, richiedere alla competente direzione del MATT un parere in merito alle informazioni che devono essere contenute nello SIA (fase di scoping).

[18] Si segnala che al fine di approfondire la portata ed il significato della normativa vigente, l’Apat ha predisposto un rapporto tecnico recante “Dispositivi legislativi internazionali, comunitari e nazionali in materia di VIA. Quadro legislativo internazionale, comunitario e nazionale aggiornato al mese di giugno 2005” ed una raccolta della produzione giurisprudenziale più significativa. I due documenti sono disponibili nel sito internet dell’Apat ai seguenti indirizzi:

http://www.apat.gov.it/site/_files/RT_VIAnazionale_giugno2005.pdf; http://www.apat.gov.it/site/_files/VIAgiurisprudenzafinale.pdf

[19] I dati sono stati tratti da un rapporto tecnico predisposto dall’APAT “La VIA a livello regionale. Quadro di riferimento normativo” (marzo 2005) e da una analisi comparata del contenuto delle leggi regionali e provinciali sempre a cura dell’APAT (novembre 2001), in cui sono analizzate le tipologie di opere previste nei singoli dispositivi legislativi. Il testo dei due documenti è disponibile nei seguenti siti internet:

http://www.apat.gov.it/site/_files/Sviluppo_Sostenibile/VIARegionale_marzo2005.pdf  e

http://www.apat.it/site/_files/Sviluppo_Sostenibile/Rapporto%20T4_Comparazione%20VIA%20regionale%20-%20Link%20analisi%20comparata.zip

[20] Per citare un esempio, allo Stato spettava la VIA degli impianti di smaltimento di rifiuti ex tossici e nocivi (DPCM n. 377 del 1988, art. 1, comma 1, lett. i), che sono, invece, autorizzati dalle regioni (art. 27 del decreto legislativo n. 22 del 1997). In base alla nuova normativa ora la VIA spetta, quindi, non più allo Stato, bensì alle regioni, organo cui compete l’autorizzazione alla costruzione/esercizio.

[21] Tale disposizione adegua la normativa italiana alla direttiva 85/337/CEE, il cui recepimento è stato, tra l’altro, anche disposto con l’art. 30 della legge 18 aprile 2005, n. 62 (comunitaria 2004), a seguito dell’apertura della procedura di infrazione 2003/2049.

[22] Si ricorda che, ai sensi dell’art. 1, comma 2, del decreto legge 7 febbraio 2002, n. 7, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 9 aprile 2002, n. 55, ai soli fini del rilascio della VIA, per la costruzione e l’esercizio degli impianti di energia elettrica di potenza superiore a 300 Mw termici, si applicano le disposizioni relative alla VIA statale e, fino all’emanazione dello specifico decreto legislativo (n. 59 del 2005), tale autorizzazione integra e sostituisce, ad ogni effetto, singole autorizzazioni ambientali di competenza delle Amministrazioni interessate e degli enti pubblici territoriali. Inoltre, l’esito positivo della VIA costituisce parte integrante e condizione necessaria del procedimento autorizzatorio. L’istruttoria si conclude, quindi, una volta acquisita la VIA, in ogni caso entro il termine di 180 gg. dalla data di presentazione della richiesta, comprensiva del progetto preliminare e del SIA.

[23] Per «impatto transfrontaliero» deve intendersi ogni impatto, e non esclusivamente un impatto di natura mondiale, derivante, entro i limiti di una zona che dipende dalla giurisdizione di una Parte, da una attività prevista la cui origine fisica sia situata in tutto o in parte nella zona dipendente dalla giurisdizione di un'altra Parte.

[24] Per un’illustrazione dettagliata di tale disciplina si veda la scheda Legge obiettivo – Disciplina speciale di VIA

[25] Art. 6, comma 6, della legge n. 349 del 1986 e art. 4 del DPCM n. 377 del 1988.

[26] Tale facoltà era già prevista dalla normativa sulla VIA regionale all’art. 1, comma 7, del DPR 12 aprile 1996, ma tali soglie potevano essere non solo incrementate ma anche diminuite nella misura percentuale del 30, anziché del 20%.

[27] Si ricorda, infatti, che con il DPCM 27 dicembre 1988 successivamente modificato ed integrato (per talune categorie di opere) dal DPR 2 settembre 1999, n. 348, sono state definite le norme tecniche per la redazione del SIA, con una serie di Allegati in cui vengono descritti i contenuti specifici dei fattori ambientali che devono essere considerati nella redazione dei SIA suddivisi per ogni categoria di opera sottoposta a VIA nazionale. Le norme tecniche di tale DPCM sono altresì richiamate esplicitamente nell’art. 18, comma 1 del decreto legislativo n. 190 del 2002.