Viabilità stradale e autostradale

Nella materia della viabilità stradale e autostradale meritano un approfondimento i seguenti profili di carattere generale:

§      il tema delle competenze amministrative in materia di strade;

§      i problemi connessi al deficit infrastrutturale;

§      la trasformazione dell’ANAS in società per azioni (sulla quale si veda il capitolo La trasformazione dell’ANAS in S.p.a.).

Con riguardo al primo profilo, il conferimento di nuove funzioni alle regioni in materia di viabilità (cd. “federalismo stradale”, previsto dal decreto legislativo 3 marzo 1998, n. 112) è stato sostanzialmente attuato nel corso della XIII lLegislatura, attraverso in particolare l’individuazione della rete stradale di interesse nazionale e regionale.

Ciò è avvenuto attraverso i seguenti due provvedimenti:

§         il decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 461 con cui è stata individuata la rete stradale e autostradale nazionale e sono state trasferite alle regioni funzioni e competenze amministrative relative a circa due terzi dei 46mila chilometri che compongono la rete viaria nazionale, mantenendo allo Stato i restanti 15.500 chilometri, più le autostrade e i trafori (per complessivi 6.400 chilometri);

§         il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 febbraio 2000, con il quale sono stati trasferiti al demanio delle regioni a statuto ordinario o al demanio degli enti locali territoriali competenti, le strade o i tronchi di strade, già appartenenti al demanio statale e non compresi nella rete stradale e autostradale individuata con il decreto legislativo n. 461 del 1999.

Nel corso della XIV legislatura si è invece proceduto a puntuali modifiche nella definizione della rete stradale di interesse nazionale e locale.

Si richiamano in particolare:

§         i due d.P.C.M. 21 settembre 2001, con il quale sono state modificate le tabelle di individuazione rispettivamente della rete stradale di interesse nazionale (di cui al d.lgs. 29 ottobre 1999, n. 461) e di interesse regionale (di cui al d.P.C.M. 21 febbraio 2000);

§         i quattro d.P.C.M. 23 novembre 2004, con i quali sono state ulteriormente modificate le tabelle di individuazione della rete stradale di interesse nazionale e regionale indicanti le strade ed i tronchi di strade ricadenti nelle regioni Abruzzo, Campania, Marche e Umbria;

§         Il d.P.C.M. 21 giugno 2005, recante revisione della rete stradale di interesse nazionale nella regione Abruzzo.

Attraverso tali provvedimenti sono state restituite all’Anas tratte di strade già trasferite alle regioni - sulla base di specifiche richieste in tal senso pervenute da parte di alcune regioni – e sono state inserite nella rete stradale di rilievo nazionale alcune strade non classificate e la cui gestione e manutenzione era già a carico dello Stato.

 

Con riferimento al tema del deficit infrastrutturale, si veda il capitolo su  La legge obiettivo per la disciplina della programmazione, del finanziamento e della realizzazione delle infrastrutture strategiche e di preminente interesse nazionale. In questa sede, ci si limita a richiamare la legge 29 dicembre 2003, n. 376, che ha finanziato specifici interventi di particolare interesse locale, molti dei quali finalizzati al potenziamento di infrastrutture stradali.

 

Tra i provvedimenti più rilevanti adottati nel corso della XIV legislatura nella materia della viabilità, si richiamano due decreti su cui ci si soffermerà in seguito. Si tratta del decreto 27 gennaio 2005 emanato dal Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti[1], che ha istituito il Centro di coordinamento nazionale in materia di viabilità, e del decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 25 agosto 2005, con il quale è stato approvato il Piano pluriennale viabilità nazionale 2003-2012.

 

Nel corso della XIV Legislatura, ha inoltre assunto una valenza particolare il problema delle autostrade.

 

La rete autostradale italiana ha oggi un’estensione pari a 6.487 chilometri - tra autostrade e trafori – che arrivano a 6.840 chilometri se si considerano anche i raccordi autostradali. Di questa rete, circa l’86% (5.593 chilometri) è a pedaggio ed è affidata in concessione, mentre la parte rimanente (1.247 chilometri[2]) è gestita direttamente dall’ANAS e a circolazione libera.

 

Si può ricordare che le prime tappe della realizzazione della rete autostradale italiana[3] rappresentarono, storicamente, una novità a livello europeo, mentre il periodo di massimo sviluppo della rete è collocabile tra gli anni ‘50 e ’60 (cd “autostrade di seconda generazione), anche a seguito della costituzione dell’ANAS[4] e del varo – con il decreto interministeriale del 15 ottobre 1955 – di un vasto programma che pianificò un potenziamento della rete per oltre 1.170 chilometri, nel quale era soprattutto compresa un’autostrada di 738 chilometri che avrebbe collegato Napoli a Milano (la futura Autostrada del Sole). La rete realizzata nel primo ventennio postbellico è rimasta sostanzialmente quella di oggi (è opportuno ricordare, in proposito, anche la legge n. 492 del 1975 che dispose un vero e proprio blocco alla realizzazione di nuove tratte autostradali), mentre il tasso di crescita del parco veicoli e del traffico in Italia negli ultimi due decenni è stato uno fra i più elevati a livello europeo.

 

Il grande sviluppo del traffico autostradale, che presenta un trend di crescita costante nell’ultimo decennio, ha imposto fra i punti prioritari dell’agenda politica quello di un adeguamento della rete autostradale (e quindi di un aumento degli investimenti) e, in modo parallelo e congiunto, di un controllo sulla effettiva rispondenza del servizio reso a criteri di qualità ed efficienza, soprattutto nelle tratte sottoposte a pedaggio.

In proposito, si osserva, come evidenziato nel capitolo La legge obiettivo, che l’adeguamento e l’ampliamento della rete autostradale ha rappresentato una delle voci più significative del programma delle infrastrutture strategiche.

Le prospettive di sviluppo del settore autostradale hanno poi costituito oggetto di un’indagine conoscitiva svolta dalle Commissioni riunite ambiente e trasporti della Camera, sulla quale ci si soffermerà in seguito.

Il Centro di coordinamento nazionale in materia di viabilità

Anche a seguito dei disagi alla rete autostradale provocati dagli eventi meteorologici del gennaio e febbraio 2004, le Commissioni riunite della Camera ambiente e trasporti, hanno approvato il 13 luglio 2004 la risoluzione n. 7-00423 Armani e altri. Tale atto di indirizzo impegnava il Governo all’adozione di ogni possibile misura per la costituzione, presso il Ministero dell’interno, di un centro di coordinamento nazionale in materia di viabilità, con il compito di disporre gli interventi operativi, anche di carattere preventivo, per fronteggiare le crisi connesse ad eventi meteorologici, con particolare riferimento alla rete stradale e autostradale.

In attuazione di tale impegno, è stato emanato il decreto 27 gennaio 2005 che istituisce il "Centro di coordinamento nazionale in materia di viabilità".

Il Centro è una struttura di coordinamento tecnico-amministrativo, incardinata presso il Ministero dell’interno, presieduta dal direttore del Servizio Polizia stradale e composta da rappresentanti delle Istituzioni competenti (artt. 1 e 2)[5]. Esso ha il compito di disporre gli interventi operativi, anche di carattere preventivo, per fronteggiare le situazioni di crisi derivanti da avversità atmosferiche o da altri eventi (anche connessi con l'attività dell'uomo) che interessino la viabilità stradale ed autostradale e siano suscettibili di avere riflessi sul regolare andamento dei servizi e della mobilità generale del Paese (art. 2).

Il Centro, in particolare, gestisce le situazioni di crisi della viabilità, assicurando la tempestiva adozione delle necessarie misure di assistenza e soccorso; segue l'evoluzione dell'evento, effettuando rilevazioni, analisi e verifiche; acquisisce, per il tramite dei comitati operativi per la viabilità, i necessari elementi conoscitivi e di valutazione su situazioni di rischio in atto o potenziali (art. 5).

Esso informa e aggiorna il Dipartimento della protezione civile sulle situazioni di crisi nonché sugli interventi eventualmente posti in essere, assicurando un costante flusso di comunicazione tra le strutture operative del Servizio Polizia stradale e la corrispondente struttura dell'Ufficio gestione delle emergenze del Dipartimento della protezione civile. Per lo svolgimento della propria attività il Centro fa riferimento all'attività di previsione svolta dalla Veglia Meteo e dal Centro funzionale del Dipartimento della protezione civile (art. 4).

A livello periferico l'attività del Centro nazionale è assicurata per il tramite di strutture di coordinamento temporanee che assumono la denominazione di Comitato operativo per la viabilità, istituite presso ogni prefettura-ufficio territoriale del Governo.

Il Comitato operativo per la viabilità opera in stretto collegamento con il Centro di coordinamento nazionale in materia di viabilità, di cui è parte integrante e che tiene costantemente informato; in particolare, in considerazione della rete viaria e delle possibili implicazioni su altre modalità di trasporto presenti sul territorio di competenza, promuove l'elaborazione di piani di settore, coordinando la predisposizione e l'attuazione di idonee misure preventive e di intervento (art. 4). 

Nella seduta del 15 marzo 2005 presso le Commissioni riunite VIII e IX della Camera si è svolta l’audizione del sottosegretario per l'interno Mantovano sulle modalità di funzionamento del Centro.

Nelle more della pubblicazione del decreto, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Lunardi aveva reso comunicazioni alle Commissioni VIII e IX sul blocco della circolazione viaria sull'Autostrada Salerno-Reggio Calabria a seguito dell’emergenza neve che aveva interessato alcune regioni del Mezzogiorno il 26, 27 e 28 gennaio 2005 (seduta del 1° febbraio 2005).

 

Nella sua relazione, il Ministro, oltre a fornire alla Commissione una ricostruzione dell’accaduto e degli interventi posti in essere nel caso specifico, si è soffermato sulle misure adottate dal Governo per affrontare le emergenze che frequentemente si verificano sulla Salerno Reggio Calabria. Il Ministro ha in particolare richiamato interventi di tipo strutturale (l’inserimento dell’ammodernamento dell’opera nella legge obiettivo garantendo adeguate e progressive risorse) e di tipo organizzativo (finalizzate a ridurre i fastidi derivanti dalla presenza contestuale di cantieri aperti specialmente durante la fase estiva), nonché l’obiettivo di completamento di almeno il 50 per cento dell’asse autostradale entro il 2006[6]. La relazione del Ministro è stata oggetto, nella medesima seduta, di forti critiche da parte dei deputati dell’opposizione.

Il Piano pluriennale viabilità nazionale

In base all’art. 4 della convenzione di concessione stipulata tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e l'ANAS il 19 dicembre 2002, il concessionario ha l'obbligo di predisporre i piani pluriennali di viabilità, di durata decennale, che spetta allo stesso Ministero approvare su conforme parere del CIPE.

La funzione di tali piani consiste nell’individuazione degli obiettivi strategici per l'attuazione dei compiti affidati in concessione, in coerenza con il Piano generale dei trasporti e della logistica[7].

Il Piano pluriennale viabilità nazionale 2003-2012– elaborato dall’ANAS sulla base degli indirizzi formulati dal Ministero con la direttiva 1° agosto 2003 – contiene tutti gli interventi su strade e autostrade statali previsti sul territorio nazionale nei prossimi dieci anni.

Il quadro degli interventi si articola in quattro principali macro-categorie: interventi di interesse nazionale o interregionale, interventi di ambito regionale, interventi sulla rete autostradale in concessione e interventi per la sicurezza e la manutenzione straordinaria della rete. Tra gli interventi contemplati, opere per oltre 86 miliardi di euro sono riconducibili alla programmazione nazionale delle opere strategiche, definita con la delibera CIPE 21 dicembre 2001[8].

Il suddetto Piano ha ricevuto il 28 ottobre 2004 il parere della Conferenza unificata Stato–Regioni e Stato-Città-Autonomie, favorevole per quanto riguarda le Regioni, e negativo per quanto riguarda ANCI, UPI e UNCEM, poiché molte opere non sarebbero state conformi alle previsioni di uso del territorio contenute negli strumenti urbanistici delle amministrazioni comunali e provinciali[9]. Il CIPE ha esaminato il Piano il 18 marzo 2005, esprimendo su di esso un parere favorevole, subordinato a tre condizioni (deliberazione 4/2005)[10].

Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha approvato il Piano con decreto 25 agosto 2005.

Sulla base delle previsioni del suddetto Piano, ai sensi dell’art. 5 della Convenzione di concessione, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e l’ANAS hanno stipulato lo scorso 25 maggio il primo Contratto di programma (relativo al triennio 2003-2005), nel quale sono individuati gli obiettivi perseguibili per la gestione, la manutenzione, il miglioramento e l’incremento della rete stradale ed autostradale di interesse nazionale. Su di esso il CIPE ha espresso parere favorevole, con deliberazione n. 72/2005[11]

L’indagine conoscitiva sul settore autostradale

L’indagine conoscitiva sullo stato e sulle prospettive di sviluppo del settore autostradale è stata deliberata dalle Commissioni riunite VIII e IX nella seduta del 25 febbraio 2004 e si è conclusa lo scorso 11 gennaio 2006 con l’approvazione del documento Doc. XVII, n. 17.

Obiettivo primario dell'indagine consisteva nell'acquisire ulteriori conoscenze ed elementi informativi sullo sviluppo della rete autostradale in Italia e, contestualmente, procedere ad una ricognizione del quadro normativo esistente, profondamente mutato, a seguito dell'approvazione della legge n. 443 del 2001 (cd. «legge obiettivo») e della trasformazione dell'ANAS in società per azioni (gennaio 2003), nonché, per altro verso, a causa di altri interventi riguardanti la disciplina normativa del project financing e del general contractor[12].

Attraverso le numerose audizioni effettuate, le Commissioni hanno sviluppato un'analisi approfondita ed articolata delle principali questioni che interessano il settore autostradale, sia sotto il profilo normativo, sia sotto quello applicativo.

I profili di maggiore interesse hanno in particolare riguardato:

§         l'ammodernamento della dotazione infrastrutturale del Paese nel settore autostradale, anche alla luce delle innovazioni introdotte dalla «legge obiettivo» e del percorso avviato a seguito dell'adozione del «primo programma di infrastrutture strategiche in Italia». Sulla questione, le Commissioni rilevano, più in generale, l’opportunità che il Governo rafforzi le misure, anche quelle già in vigore, finalizzate a dotare le Camere di uno strumento stabile e permanente di monitoraggio in materia di infrastrutture strategiche.

§         l'incidenza sulle prospettive di sviluppo del settore autostradale del processo di trasformazione dell'ANAS (sul quale si rinvia al capitolo La trasformazione dell’ANAS in S.p.a.). In proposito, le Commissioni richiamano l'art. 7, comma 1, del decreto legge n. 138 del 2002[13], attraverso il quale l'ANAS è stata trasformata in società per azioni, nonché i successivi provvedimenti che hanno riguardato la materia della proprietà stradale e autostradale, le funzioni dell’ANAS e i rapporti tra ANAS e Ministero dei trasporti[14] e, in particolare, l’articolo 6-ter del decreto legge n. 203 del 2005[15]. Tale ultima disposizione definisce i nuovi termini dell'organizzazione della società, lasciando comunque aperte significative problematiche di natura organizzativa e gestionale. Secondo le Commissioni, la definitiva soluzione di tali questioni aperte dovrebbe divenire un obiettivo ineludibile da parte di tutte le forze politiche ;

§         la concorrenzialità del settore e della progressiva diffusione di tecniche, quali il project financing, che dovrebbero consentire di acquisire il crescente contributo di capitali privati al potenziamento della rete autostradale e di ottimizzare i fattori di redditività della rete viaria. Anche in considerazione dei cambiamenti in atto della struttura del mercato provocati sostanzialmente dalla privatizzazione della principale società concessionaria e dall'accesso di nuovi soggetti, le Commissioni ritengono opportuna, per il futuro, un’attenta valutazione in sede parlamentare;

§         il profilo delle attività di vigilanza e controllo, relativamente al quale si è rilevata l’esigenza di un controllo incisivo rivolto ad accertare il rispetto di tutte le obbligazioni definite dalla legge, resa sempre più urgente dalla trasformazione strutturale e organizzativa dell'ANAS;

§         i profili di natura tariffaria (sul quale si veda la Viabilità stradale e autostradale – Le tariffe autostradali). Nel documento conclusivo si richiama la nuova normativa in materia[16] e - anche in considerazione della divergenza tra gli elementi conoscitivi acquisiti in sede di audizioni – si afferma l’opportunità di verificarne l’attuazione e, eventualmente, la necessità di ulteriori interventi normativi o applicativi.

 

In tale contesto le Commissioni riunite in linea generale hanno espresso l’auspicio che il Governo, le società e gli enti interessati proseguano nella loro azione finalizzata al perseguimento di obiettivi di funzionalità ed efficienza della rete e dei servizi autostradali; nello specifico, sollecitano una coerente e attenta attuazione della riforma dell'ANAS, eventualmente anche mediante apposite modifiche all'art. 6-ter del decreto legge n. 203 del 2005, per favorirne la definitiva «fuoriuscita» dall'area della pubblica amministrazione ed hanno ritenuto necessaria una incisiva e costante attività di natura parlamentare il più possibile condivisa tra le diverse forze politiche, in modo da favorire uno sviluppo sempre più coerente di analisi, riflessioni e iniziative sull'evoluzione del settore autostradale.



[1] Pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 26 del 2 febbraio 2005

[2] Dei 1.247 chilometri complessivi, 894 sono autostrade vere e proprie, mentre 353 chilometri sono raccordi autostradali.

[3] Le prime realizzazioni furono: la Milano-Laghi (1924), 84 chilometri; la Milano-Bergamo (1927), 50 chilometri; la Napoli-Pompei (1929), 23 chilometri; la Brescia-Bergamo (1931), 48 chilometri; la Milano-Torino (1932), 127 chilometri; la Firenze-Mare (1932), 81 chilometri; la Padova-Mestre (1932), 25 chilometri. La prima definizione normativa si deve invece al Regio Decreto n. 1740 del 1933 che fissò a livello legislativo una definizione delle nuove arterie autostradali, considerate come strade riservate alla circolazione esclusiva degli autoveicoli.

[4] Azienda Autonoma delle Strade, istituita con il Decreto legislativo Presidenziale 27 giugno 1946, n. 38.

[5] Taluni rilievi critici sui tempi di elaborazione del decreto e sull’attribuzione della presidenza del Centro al direttore del Servizio Polizia stradale sono contenuti nell’intervento del Presidente dell’VIII Commissione on. Armani reso, in occasione dell’audizione del Ministro Lunardi presso l’VIII e IX Commissione, nella seduta del 1° febbraio 2005.

[6] Presso le Commissioni riunite VIII e IX si sono svolte due successive audizioni sui disagi verificatisi al sistema dei trasporti stradali ed autostradali a seguito di fenomeni meteorologici avversi (audizione del Sottosegretario per l'interno, Antonio D'Alì - Seduta del 15 dicembre 2005; audizione del Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti, Ugo Martinat - Seduta del 14 dicembre 2005).

[7] Approvato con d.P.R. 14 marzo 2001.

[8] Di questi, 51.442,75 milioni di euro riguardano interventi di interesse nazionale o interregionale; 22.207,074 milioni di euro interventi sulla rete autostradale in concessione; 2.573,760 milioni di euro interventi sulla rete autostradale in gestione diretta; 10.191,308 milioni di euro interventi di ambito regionale.

[9] I rilievi critici di ANCI e UPI sono reperibili all’indirizzo Conferenza Unificata 28 ottobre 2004 Punto 2) all’odg.

[10] Pubblicata in G.U., 18 luglio 2005, n. 165.

[11] Pubblicata in G.U. n. 244 del 19 ottobre 2005.

[12] Per un approfondimento della disciplina normativa del project financing si veda la scheda Il project financing, per quella relativa al general contractor la scheda La legge obiettivo – La disciplina del contraente generale.

[13] Convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1 della legge 8 agosto 2002, n. 178.

[14] Nel documento conclusivo dell’indagine si richiamano in particolare:

§       l'articolo 76, comma 1-bis, della legge n. 289 del 2002, relativo al trasferimento all'ANAS della rete autostradale e stradale nazionale in conto aumento del capitale sociale. Tale disposizione è rimasta inattuata non essendo stato emanato il decreto al quale essa faceva riferimento;

§       l'articolo 1, comma 450, della legge n. 311 del 2004, che disponeva la possibilità di trasferire, a prezzo di mercato, a Infrastrutture SpA, tratti di rete stradale nazionale assoggettabili a «pedaggio figurativo» comunque non a carico degli utenti e, tra l’altro, rinviava ad un successivo decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per la ridefinizione dei rapporti finanziari tra ANAS, Infrastrutture SpA e i Ministeri interessati. Anche tale decreto non è stato emanato.

§       L’articolo 6-bis del decreto-legge n. 163 del 2005, che tuttavia non è stato convertito definitivamente in legge, che recava incisive modifiche alla normativa vigente in materia.

[15] Convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 2 dicembre 2005, n. 248.

[16] Si tratta, in particolare, dell'articolo 21 del decreto-legge n. 355 del 2003 (convertito nella legge n. 47 del 2004), che ha parzialmente modificato la base normativa del settore, rappresentata dalla legge n. 498 del 1992.