Tutela dell’aria e Protocollo di Kyoto

La normativa a tutela della qualità dell’aria si è sempre caratterizzata per il vasto numero di provvedimenti in materia e per l’eterogeneità dei medesimi.

Buona parte della recente produzione normativa è rappresentata da norme di derivazione comunitaria e da convenzioni internazionali per la riduzione degli inquinanti più pericolosi a livello planetario. Tra queste ultime, si richiama in primo luogo il Protocollo di Kyoto per la riduzione dei gas responsabili dell’effetto serra[1].

Nella parte V del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, il Governo – in attuazione della delega recata nella legge n. 308/2004 per il riordino e il coordinamento della normativa ambientale in materia di tutela dell'aria e riduzione delle emissioni in atmosfera (art. 1, comma 1, lettera g) – ha accorpato in un unico testo numerose normative (anche di derivazione comunitaria) di rango primario e secondario. In particolare, in tale testo è confluita, sia pure con le necessarie modifiche e integrazioni sulla base dei criteri di delega, la disciplina recata dal DPR n. 203/1988 (e dai relativi provvedimenti attuativi), che rappresentava in precedenza una sorta di normativa quadro in materia di emissioni nell’atmosfera (sul punto vedi il capitolo II riordino del diritto ambientale).

La ratifica del Protocollo di Kyoto e lo scambio di emissioni

Con la legge 1° giugno 2002, n. 120 è stato ratificato il protocollo di Kyoto e sono state introdotte disposizioni ulteriori finalizzate al raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra (tra le quali hanno un peso determinante le emissioni di CO2).

Al fine di realizzare l’obiettivo previsto dal protocollo di Kyoto di riduzione delle emissioni di gas serra del 6,5% entro il 2008-2012, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio - in attuazione dell’art. 2, comma 1, della legge da ultimo citata - ha elaborato il Piano nazionale per la riduzione delle emissioni di gas responsabili dell’effetto serra: 2003-2010, nonché la proposta di revisione della delibera CIPE n. 137 del 19 novembre 1998, recante le “linee guida per le politiche e misure nazionali di riduzione delle emissioni dei gas serra”. Tali documenti, approvati con la delibera CIPE 19 dicembre 2002, n. 123[2], individuano le politiche e le misure finalizzate al contenimento ed alla riduzione delle emissioni di gas serra.

Tra gli strumenti diretti a realizzare gli obiettivi indicati, il Protocollo di Kyoto, contempla il meccanismo dell’emission trading, di cui è prevista l’entrata in vigore a livello internazionale nel 2008.

Si segnala che, a livello europeo, è già operante dal 2005 un meccanismo analogo, operante sulla base della direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 ottobre 2003.

Tale provvedimento ha istituito un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità - denominato Emission Trading System (ETS) – finalizzato a promuovere la riduzione di dette emissioni secondo criteri di efficacia dei costi ed efficienza economica. In base a tale meccanismo, ogni impianto che emette nell’atmosfera gas serra deve possedere un permesso all’emissione nonché rendere alla fine dell’anno un numero di quote (o diritti) d’emissione pari alle emissioni di gas serra rilasciate durante l’anno[3].

Nelle more del recepimento della direttiva 2003/87/CE, il Governo ha provveduto all’emanazione di un provvedimento d’urgenza (il decreto legge 12 novembre 2004, n. 273[4]) al fine di consentire l’avvio a partire già dal 2005 del sistema previsto dalla direttiva stessa, nonché all’elaborazione - che ha richiesto diversi mesi - del Piano Nazionale di Assegnazione delle quote di emissione di anidride carbonica. Sulla base del Piano è stato successivamente emanato il D.M. ambiente e tutela del territorio 23 febbraio 2006[5] che ha provveduto all’assegnazione e rilascio delle quote di CO2 per il periodo 2005-2007.

L’apparato normativo per la riduzione delle emissioni sarà completato con un apposito decreto legislativo (in corso di pubblicazione alla data di chiusura della XIV legislatura), che ha recepito nell’ordinamento nazionale la direttiva 2003/87/CE e la direttiva 2004/101/CE (che ha modificato la precedente)[6] e ha inoltre altresì, inglobato la disciplina dettata dal citato D.L. n. 273/2004, al fine di evidentemente di predisporre un quadro normativo unitario.

Per un approfondimento sulla costruzione normativa qui delineata si veda la scheda L’attuazione del Protocollo di Kyoto.

Il recepimento delle direttive sulla qualità dell’aria

Nel corso della XIV legislatura sono state recepite numerose direttive destinate al miglioramento della qualità dell’aria. La maggior parte di queste costituisce completamento e/o aggiornamento della cornice normativa definita dalla direttiva quadro 96/62/CE, in materia di valutazione e gestione della qualità dell'aria ambiente.

Le direttive per il controllo di specifici agenti inquinanti

La citata direttiva quadro sulla qualità dell’aria (96/62/CE) stabilisce i principi di base di una strategia comune volta a definire e fissare obiettivi concernenti la qualità dell'aria ambiente per evitare, prevenire o ridurre gli effetti nocivi per la salute umana e per l'ambiente, valutare la qualità dell'aria ambiente negli Stati membri, informare il pubblico (anche attraverso soglie di allarme), nonché migliorare la qualità dell'aria quando essa non è soddisfacente. Essa è stata recepita nel nostro ordinamento con il decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351.

La cornice normativa delineata dalla direttiva 96/62/CE è stata integrata da numerose “direttive derivate” volte al controllo di specifici agenti inquinanti (direttiva 1999/30/CE, 2000/69/CE, 2002/3/CE e 2004/107/CE), nonché dalla direttiva 2001/81/CE che, nel quadro dell'attuazione della Comunicazione della Commissione sulla strategia per combattere l'acidificazione[7], ha stabilito limiti nazionali di emissione per alcuni inquinanti, responsabili dei fenomeni di acidificazione, eutrofizzazione e formazione di ozono troposferico[8].

Il recepimento delle direttive citate, come riassunto nella tabella seguente, ha ulteriormente arricchito il panorama legislativo nazionale in tema di inquinamento atmosferico. Esso si è realizzato attraverso un’integrazione delle norme recate dal citato decreto legislativo n. 351/1999, che – del resto – era stato impostato nell’ottica di avviare un processo dinamico di adeguamento della normativa nazionale con il sistema delle “direttive derivate”:

 

Materia

Direttiva

Recepimento

Biossidi di zolfo e azoto, ossidi di azoto, particelle e piombo

1999/30

D.M. 2 aprile 2002, n. 60

Benzene e monossido di carbonio

2000/69

D.M. 2 aprile 2002, n. 60

Composti organici volatili, biossido di zolfo, ammoniaca, ossidi di azoto

2001/81

D.Lgs. 21 maggio 2004, n. 171

Ozono nell’aria

2002/3

D.Lgs. 21 maggio 2004, n. 183

Arsenico, cadmio, mercurio, nickel e idrocarburi policiclici aromatici

2004/107

In attesa di recepimento[9]

 

I provvedimenti indicati prevedono in particolare la fissazione di obiettivi di qualità dell’aria e la predisposizione di piani e programmi per il loro raggiungimento. Le direttive più recenti prevedono obiettivi più stringenti da raggiungere entro il 2010.

Il d.lgs. n. 171/2004 prevede inoltre l’introduzione di un Programma nazionale di riduzione delle emissioni, che viene sottoposto all’esame e successivamente deliberato dal CIPE, attraverso una procedura analoga a quella stabilita per l'attuazione del Protocollo di Kyoto.

Si segnala, infine, che, in attuazione del d.lgs. 4 agosto 1999, n. 351, è stato emanato il D.M. 1 ottobre 2002, n. 261, che ha definito le modalità di valutazione preliminare della qualità dell'aria ed i criteri per la stesura dei programmi di miglioramento e di mantenimento della stessa.

Le direttive per la riduzione delle emissioni derivanti dai trasporti

Le Istituzioni comunitarie hanno più volte manifestato consapevolezza della pericolosità per la salute e l’ambiente delle emissioni in atmosfera prodotte nel settore dei trasporti[10]. Sono state quindi adottate numerose direttive volte, tra l’altro, ad incentivare il passaggio a modi di trasporto meno inquinanti e il ricorso a carburanti alternativi.

 

La tabella seguente evidenzia le principali disposizioni emanate a livello europeo e i relativi atti di recepimento nel nostro Paese:

 

Materia

Direttiva

Recepimento

Risparmio di carburante ed emissioni di CO2

1999/94

D.P.R. 17 febbraio 2003, n. 84

Emissioni dei veicoli a due/tre ruote

2002/51

D.M. 20 febbraio 2003

Qualità della benzina e del combustibile diesel

2003/17

D.Lgs. 21 marzo 2005, n. 66

Gas di scarico dei veicoli commerciali

2003/26

D.M. 20 giugno 2003

Controlli delle emissioni di gas di scarico dei veicoli a motore

2003/27

D.M. 18 luglio 2003

Promozione dell'uso dei biocarburanti o di altri carburanti rinnovabili nei trasporti"

2003/30

D.Lgs. 30 maggio 2005, n. 128

Misure da adottare contro le emissioni dei veicoli a motore

2003/76

D.M. 26 maggio 2004

 

Il d.lgs. n. 66/2005, attraverso il quale è stata recepita la direttiva 2003/17, prevede la graduale sostituzione (da completarsi entro il 1° gennaio 2009) degli attuali combustibili con benzina senza piombo e combustibile diesel a tenore zero di zolfo non superiore a 10 mg/kg al fine di migliorare il rendimento energetico ottenibile grazie alle nuove tecnologie emergenti del settore automobilistico[11] e consentire una sostanziale diminuzione delle emissioni di inquinanti atmosferici tradizionali.

Per quanto riguarda poi la promozione di biocarburanti o altri carburanti rinnovabili nei trasporti, si segnala poi che le misure contenute nel d.lgs. n. 128/2005 si aggiungono a quelle di carattere fiscale introdotte nel corso della presente e della precedente legislatura (v. capitolo Energie rinnovabili).

Le direttive per la riduzione delle emissioni derivanti dagli impianti industriali

Oltre alla già citata direttiva 2003/87/CE, occorre richiamare, tra i provvedimenti più importanti per il settore industriale, il decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59[12], che ha integralmente recepito la direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento (cd. direttiva IPPC). Il decreto contiene inoltre alcune disposizioni, già introdotte nelle more della sua emanazione, nonché le necessarie norme di coordinamento[13].

 

Con la direttiva IPPC del 24 settembre 1996 la Comunità europea ha adottato un approccio integrato al controllo delle emissioni (nell’aria, nelle acque e nel suolo) degli impianti industriali, sottoponendo la gestione degli stabilimenti industriali che svolgono attività rientranti nell’allegato I, alla concessione di un'autorizzazione, previa consultazione del pubblico ed eventualmente ad un esame coordinato da parte delle varie autorità competenti.

Tale direttiva era già stata recepita nell’ordinamento italiano - limitatamente tuttavia ai soli impianti esistenti - con il d.lgs. 4 agosto 1999, n. 372.

 

 

La principale novità recata dal d.lgs. n. 59/2005 consiste nell’estensione dell’autorizzazione integrata ambientale (AIA) a tutti gli impianti (quindi anche agli impianti nuovi oltre che a quelli già esistenti) rientranti nel suo campo di applicazione.

Per un esame approfondito della normativa in materia di IPPC, anche alla luce delle disposizioni di coordinamento recate dal d.lgs. n. 152/2006, si veda la scheda L’autorizzazione integrata ambientale.

 

Con il D.M. 16 gennaio 2004, n. 44 è stata recepita la direttiva 1999/13/CE[14] del Consiglio dell'11 marzo 1999 sulla limitazione delle emissioni di composti organici volatili (COV) dovute all'uso di solventi organici in talune attività e in taluni impianti. Il contenuto di tale decreto è stato incluso nell’art. 275 e nell’Allegato III alla parte V del già citato d.lgs. n. 152/2006.

Esso ha previsto sostanzialmente l’applicazione di valori limite di emissione specifici e ha definito i criteri temporali di adeguamento ed i metodi di analisi e di valutazione delle emissioni prodotte dagli impianti individuati nel relativo allegato.

Lo stesso decreto ha inoltre introdotto significative novità e nuovi obblighi per i gestori degli impianti, sia da un punto di vista tecnico che gestionale, tra i quali si segnala l’elaborazione ed aggiornamento, almeno annuale, del piano di gestione dei solventi. Tali prescrizioni sono già vigenti per i nuovi impianti e per quelli soggetti a modifica sostanziale, mentre gli impianti esistenti dovranno adeguarsi alle prescrizioni del decreto entro il 31 ottobre 2007.

 

Si ricorda infine che con gli artt. 273-274 del più volte citato d.lgs. n. 152/2006 è stata recepita nel nostro ordinamento la direttiva 2001/80/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2001 concernente la limitazione delle emissioni nell'atmosfera di taluni inquinanti originati dai grandi impianti di combustione.

In particolare, l’art. 273 fa rinvio all’Allegato II della parte V del decreto per l’individuazione dei valori limite di emissione e disciplina le modalità di monitoraggio e di controllo delle emissioni e i criteri per la verifica della conformità delle stesse ai valori limite, nonché le ipotesi di anomalie e guasti. Il citato Allegato II adegua le disposizioni previgenti, previste dal DM 8 maggio 1989 (recante Limitazione delle emissioni nell'atmosfera di taluni inquinanti originati dai grandi impianti di combustione) a quelle più aggiornate dettate dalla direttiva 2001/80/CE[15].

Per gli impianti esistenti, l’applicazione dei limiti di emissione previsti dall’Allegato II viene prevista a decorrere dal 1° gennaio 2008 (art. 273, commi 3-4). Tale data corrisponde al termine di vigenza dei limiti previsti dalla direttiva 88/609/CE, nonché al termine imposto agli Stati membri dalla direttiva (art. 4, par. 3 e art. 17, par. 2) per ottenere una riduzione significativa dei valori limite delle emissioni.

Mobilità sostenibile

Il miglioramento della qualità dell’ambiente urbano attraverso l’utilizzo di modalità di trasporto a ridotto impatto ambientale rappresenta una delle tematiche più sentite e oggetto, ormai da tempo, di numerosi programmi da parte delle istituzioni.

 

Al fine di consentire la prosecuzione di tali programmi:

§         la legge 1° agosto 2002, n. 166 (Disposizioni in materia di infrastrutture e trasporti)[16] ha autorizzato complessivamente la spesa di oltre 800 milioni di euro per favorire la riduzione delle emissioni inquinanti derivanti dalla circolazione di mezzi adibiti a servizi di trasporto pubblico locale (art. 13, comma 2) e la sostituzione del parco autoveicoli a propulsione tradizionale con veicoli a minimo impatto ambientale (art. 17)

 

In particolare l’art. 13, comma 2, ha autorizzato limiti di impegno quindicennali pari a 30 milioni di euro per l'anno 2003 e a ulteriori 40 milioni di euro per l'anno 2004 (che, complessivamente, determinano un volume attivabile di oltre 700 milioni di euro), mentre l’art. 17 ha autorizzato, per i veicoli a minimo impatto ambientale, la spesa di 30.000.000 di euro per ciascuno degli anni 2002, 2003 e 2004[17].

 

§         l’art. 1, comma 45, della legge 15 dicembre 2004, n. 308 (cd. “Delega ambientale”) ha autorizzato, al fine di consentire la prosecuzione degli accordi di programma in materia di sviluppo sostenibile e di miglioramento della qualità dell'aria, anche attraverso l'utilizzo e l'incentivazione di veicoli a minimo impatto ambientale, la spesa di 150 milioni di euro (50 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio 2003-2005);

§         l’art. 1, comma 1, del decreto-legge 21 febbraio 2005, n. 16 (Interventi urgenti per la tutela dell'ambiente e per la viabilità e per la sicurezza pubblica)[18] ha istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, un fondo da ripartire per le esigenze di tutela ambientale connesse al miglioramento della qualità ambientale dell'aria e alla riduzione delle emissioni di polveri sottili in atmosfera nei centri urbani, con una dotazione di 140 milioni di euro annui a decorrere dal 2006, demandandone la ripartizione a successivi decreti del Ministro dell'economia e delle finanze adottati su proposta del Ministro dell’ambiente.

Ad oggi, tali decreti non sono stati ancora adottati.

 

L'art. 2 del decreto-legge 8 luglio 2002 n. 138[19] ha inoltre introdotto una serie di agevolazioni fiscali destinate a favorire l'acquisto dei veicoli ecologici e la correlativa demolizione dei veicoli non conformi alle direttive comunitarie in materia di emissioni inquinanti (cd. incentivi per la rottamazione) [20]. Tali agevolazioni, relative agli acquisti effettuati nel secondo semestre del 2002, sono state prorogate dal decreto-legge 13 gennaio 2003, n. 3[21] fino al 31 marzo 2003.

La materia dell’inquinamento atmosferico nelle aree urbane, la cui causa principale è proprio il traffico veicolare, è stato oggetto, nel corso del 2002, di un’accurata indagine conoscitiva da parte della 13a Commissione del Senato[22].

Uno strumento ulteriore su cui il Governo si è concentrato nel corso della XIV legislatura anche al fine di migliorare la situazione della mobilità (sia urbana che extraurbana) è stato quello di un potenziamento della rete infrastrutturale del Paese avviato con l’approvazione della legge n. 443/2001, cd. “legge obiettivo” (v. capitolo La legge obiettivo)[23].

Disciplina dei combustibili

Nel corso della XIV legislatura sono stati emanati alcuni importanti provvedimenti volti a definire le caratteristiche dei combustibili utilizzabili (tipicamente negli impianti industriali, ma non solo) con la finalità di ridurre l’inquinamento atmosferico.

Con il DPCM 7 settembre 2001, n. 395, è stata recepita la direttiva 1999/32/CE relativa alla riduzione del tenore di zolfo di alcuni combustibili liquidi.

Con il successivo DPCM 8 marzo 2002 (Disciplina delle caratteristiche merceologiche dei combustibili aventi rilevanza ai fini dell'inquinamento atmosferico, nonché delle caratteristiche tecnologiche degli impianti di combustione) sono state aggiornate le disposizioni attuative del citato DPR n. 203/1988 contenute nel DPCM 2 ottobre 1995[24].

 

La disciplina dei combustibili è stata poi accorpata nel titolo III della parte quinta del d.lgs. n. 152/2006 (artt. 291-298).

In particolare l’art. 293 del decreto rinvia all’Allegato X alla parte V per la determinazione delle caratteristiche merceologiche e delle condizioni di utilizzo dei combustibili rientranti nel campo di applicazione del medesimo titolo III. A tal fine, il citato allegato riprende il contenuto dell’articolato e degli allegati del DPCM n. 395/2001 e, soprattutto, del DPCM 8 marzo 2002.

Le novità introdotte dalla Parte quinta del d.lgs. n. 152/2006

Il riordino operato nella Parte quinta del d.lgs. n. 152/2006 ha in gran parte carattere compilativo. Molte della innovazioni introdotte – con la finalità di migliorare la tutela ambientale – sono volte a chiarire dubbi interpretativi che avevano prodotto e continuano a produrre contenzioso.

Tra le novità del decreto, oltre al già citato recepimento della direttiva 2001/80/CE sui grandi impianti di combustione, si segnalano:

§         nella parte I dell’allegato IV, le disposizioni che chiariscono il regime normativo delle attività agricole e zootecniche[25];

§         all’articolo 269, l’introduzione di una procedura per il rilascio dell'autorizzazione alle emissioni in atmosfera volta a garantire semplificazione amministrativa, tempi certi e partecipazione di tutti gli enti locali (attraverso, in particolare, il coinvolgimento delle province, sinora non considerate).

§         nella medesima disposizione, la previsione di una durata fissa (15 anni) per le autorizzazioni (la normativa previgente non disponeva un termine) e la fissazione di soglie di potenza, in funzione del combustibile utilizzato, in modo da facilitare l'individuazione della disciplina applicabile agli impianti termici civili (quella recata dal titolo I ovvero dal titolo II)

 

Per ulteriori approfondimenti si veda la scheda Il riordino del diritto ambientale – Novità relative alla tutela dell’aria.



[1] Si segnalano in proposito anche la Convenzione di Rotterdam sulla procedura del consenso informato a priori per alcuni prodotti chimici e pesticidi pericolosi nel commercio internazionale, con allegati fatta a Rotterdam il 10 settembre 1998 (ratificata con la legge 11 luglio 2002, n. 176) e  l’Emendamento al Protocollo di Montreal sulle sostanze che impoveriscono lo strato di ozono, adottato durante la XI Conferenza delle Parti a Pechino il 3 dicembre 1999, ratificato con la legge 30 giugno 2004, n1. 185.

[2] Pubblicata in G.U. n. 68 del 22 marzo 2003.

[3] In base all’articolo 3, lettera a) della direttiva, per "quota di emissioni" si intende “il diritto di emettere una tonnellata di biossido di carbonio equivalente per un periodo determinato, valido unicamente per rispettare le disposizioni della presente direttiva e cedibile conformemente alla medesima”. In base all’articolo 16, la mancata resa di una quota d’emissione comporta una sanzione pecuniaria di 40 Euro nel periodo 2005-2007 e di 100 Euro nei periodi successivi; le emissioni oggetto di sanzione non sono esonerate dall’obbligo di resa di quote.

[4] Convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 316.

[5] Pubblicato nella G.U. n. 57 del 9 marzo 2006 - Suppl. Ordinario n. 56.

[6] Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, 2004/101/CE del 27 ottobre 2004, recante modifica della direttiva 2003/87/CE che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità, riguardo ai meccanismi di progetto del Protocollo di Kyoto.

[7] COM(97) 88 def.

[8] Vale a dire "l'ozono cattivo" presente a bassa quota, da distinguere dall'ozono stratosferico, che non è un inquinante, ma un composto naturale della stratosfera.

[9] La direttiva 2004/107/CE è inserita nell’allegato A della legge 25 gennaio 2006, n. 29 (legge comunitaria 2005). Il relativo termine per la trasposizione nell’ordinamento nazionale non è ancora scaduto, essendo fissato al 15 febbraio 2007.

[10] In tal senso, si veda, da ultimo, la Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo del 21 settembre 2005 (COM[2005] 446 def.) – Strategia tematica sull’inquinamento atmosferico.

[11] Si noti che l’obbligo, sancito dal decreto per le imprese che riforniscono direttamente di combustibili gli impianti di distribuzione, di garantire la commercializzazione di benzina senza piombo e combustibile diesel con un tenore massimo di zolfo pari a 10 mg/kg e conforme alle altre specifiche di cui all'Allegato I è contestuale alla commercializzazione dei veicoli EURO 4, progettati in modo da funzionare al meglio con tali combustibili.

[12] Pubblicato nel S.O. n. 72/L alla G.U. del 22 aprile 2005.

[13] Tra cui, in particolare, i commi 3, 4 e 5 dell'articolo 77 (Interventi ambientali) della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Legge finanziaria 2003).

[14] La normativa comunitaria in materia di COV è stata recentemente integrata con l’emanazione della direttiva 2004/42/CE relativa alla limitazione delle emissioni di composti organici volatili dovute all'uso di solventi organici in talune pitture e vernici e in taluni prodotti per carrozzeria e recante modifica della direttiva 1999/13/CE. Un apposito decreto legislativo per il recepimento di tale direttiva è in corso di pubblicazione (alla data di chiusura della XIV legislatura).

[15] Si ricorda in proposito che il citato DM 8 maggio 1989 aveva consentito di recepire nell’ordinamento nazionale la direttiva 88/609/CEE di cui la citata direttiva 2001/80/CE costituisce un aggiornamento.

[16] Pubblicata in G.U. 3 agosto 2002, n. 181, S.O.

[17] Alla ripartizione dei contributi previsti dall’art. 13, comma 2, si è provveduto con D.M. 5 maggio 2003 (G.U. n. 229/2003), con due decreti datati 25 febbraio 2004 (G.U. n. 88/2004), con D.Dirett. 27 ottobre 2004 (G.U. n. 289/2004), con Decreto 18 febbraio 2005 (G.U. n. 96/2005), con Decreto 7 marzo 2005 (G.U. n. 104/2005) e con D.Dirett. 21 novembre 2005 (G.U. n. 31/2006). L’attuazione del disposto dell’art. 17 è invece avvenuta con il D.M. 24 maggio 2004 (G.U. n. 243/2004).

[18] Convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 22 aprile 2005, n. 58.

[19] Convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 2002 n. 178.

[20] Per una breve sintesi della materia è possibile consultare il sito internet http://www.municipio.re.it/ambiente/infoambsito.nsf/36a7e79ff0233917c1256e9a003b59ea/ccf7e485549c9605c12570990040fbf4?OpenDocument.

[21] Recante Differimento di misure agevolative in materia di tasse automobilistiche e convertito dalla legge 14 marzo 2003, n. 39.

[22] Il cui documento conclusivo è consultabile al seguente indirizzo internet:

www.senato.it/documenti/repository/commissioni/comm13/Indagini conoscitive/aree-010d.pdf.

[23] Si richiama inoltre la legge 29 dicembre 2003, n. 376, che ha finanziato specifici interventi di particolare interesse locale, molti dei quali finalizzati al potenziamento di infrastrutture stradali.

[24] Il DPCM 8 marzo 2002 è stato poi modificato dal successivo DPCM 8 ottobre 2004 al fine di incentivare lo sviluppo delle biomasse (v. capitolo Energie rinnovabili), attraverso la ridefinizione dei vincoli connessi con il loro impiego termico, nell’ambito delle politiche per il raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni posti dal Protocollo di Kyoto (v. capitolo L’attuazione del Protocollo di Kyoto).

[25] Vengono aggiunti (lettere t)-z) dell’Allegato IV – Parte I) rispetto alla normativa vigente, nell’elenco degli impianti ed attività in deroga, numerosi tipi di attività di carattere agricolo e zootecnico.