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Allegato B
Seduta n. 14 del 27/6/2006
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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO
Interrogazione a risposta immediata:
LA RUSSA, NESPOLI, TAGLIALATELA, CASTIELLO, PEZZELLA, AIRAGHI, ALEMANNO, AMORUSO, ANGELI, ARMANI, ASCIERTO, BELLOTTI, BENEDETTI VALENTINI, BOCCHINO, BONGIORNO, BONO, BRIGUGLIO, BUONFIGLIO, BUONTEMPO, CASTELLANI, CATANOSO, CICCIOLI, CIRIELLI, CONSOLO, GIORGIO CONTE, CONTENTO, GIULIO CONTI, COSENZA, DE CORATO, FILIPPONIO TATARELLA, GIANFRANCO FINI, FOTI, FRASSINETTI, GAMBA, GASPARRI, GERMONTANI, ALBERTO GIORGETTI, HOLZMANN, LAMORTE, LANDOLFI, LEO, LISI, LO PRESTI, MANCUSO, MARTINELLI, MAZZOCCHI, MELONI, MENIA, MIGLIORI, MINASSO, MOFFA, MURGIA, ANGELA NAPOLI, PATARINO, PEDRIZZI, ANTONIO PEPE, PERINA, PORCU, PROIETTI COSIMI, RAISI, RAMPELLI, RONCHI, ROSITANI, SAGLIA, SALERNO, GARNERO SANTANCHÈ, SCALIA, SILIQUINI, TREMAGLIA, ULIVI, URSO e ZACCHERA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. - Per sapere - premesso che:
in Campania da dodici anni vige un regime commissariale per il ciclo integrato dei rifiuti ed una irrisolta problematica collegata alla sua gestione, che genera continue emergenze;
la situazione dell'emergenza rifiuti in Campania è tale da determinare il continuo rinnovo della dichiarazione dello stato di emergenza, che ha finora prodotto scarsissimi risultati, a fronte di un autentico disastro economico ed ambientale;
nelle ultime settimane l'emergenza rifiuti ha prodotto una quasi totale paralisi dell'attività di raccolta, tale da comportare la presenza di tonnellate di rifiuti in strade e piazze di molte città campane;
tra i poteri esercitati dalla struttura commissariale, vi è anche quello di autorizzare impianti di tritovagliatura, biostabilizzazione e eco-imballaggio dei rifiuti solidi urbani, destinati agli impianti per la produzione del combustibile derivato da rifiuti e costruire impianti di termovalorizzazione non ancora attivati;
in questi anni, secondo gli interroganti, per effetto di molteplici ritardi determinati dalle indecisioni della struttura commissariale, alimentate dalle azioni di protesta politica contro la realizzazione degli impianti di termovalorizzazione necessari al completamento del piano rifiuti, non si è rispettata la tempistica relativa alla costruzione degli impianti stessi;
secondo gli interroganti, gli amministratori locali hanno completamente fallito i propri compiti, tra i quali c'è, soprattutto, quello di portare ad una percentuale decente la raccolta differenziata. A Napoli, solo per citare l'esempio più grave, la differenziata è ferma all'8,6 per cento, mentre la legislazione vigente fissa il livello minimo al 30 per cento. Peraltro, è necessario completare i lavori per la realizzazione di impianti di termovalorizzazione già previsti dal piano rifiuti per la regione Campania;
in queste settimane, nonostante l'impegno prodotto dalla struttura commissariale per assicurare il funzionamento degli impianti di combustibile derivato da rifiuti, in molte zone della Campania non è possibile garantire la raccolta dei rifiuti per l'impossibilità di consentire lo sversamento degli stessi negli impianti che risultano saturi di materiale;
tra le possibili soluzioni annunciate dai mezzi di informazione si affaccia l'ipotesi di riaprire le vecchie discariche, che
hanno creato notevolissimi disagi tra le popolazioni interessate, le quali hanno già minacciato proteste popolari per evitare che i loro territori siano ancora una volta quelli maggiormente penalizzati dalle scelte delle amministrazioni pubbliche;
contemporaneamente si hanno notizie relative allo stoccaggio di rifiuti solidi urbani presso aree non autorizzate, per le quali mancano i permessi sanitari e per le quali è evidente un pericolo per la salute pubblica; tali aree sono state segnalate nel comune di Torre del Greco (località Santa Maria La Bruna), nel comune di Portici (presso aree della società Leucopetra) e nel comune di Caivano (presso aree della società Igica);
il Ministro interrogato, in un'intervista pubblicata sul quotidiano la Repubblica di domenica 25 giugno 2006, ha dichiarato a chiare lettere che il piano rifiuti del commissariato di Governo è tutto da rifare, si è espresso in modo esplicito contro il progetto di realizzazione degli impianti di termovalorizzazione ed ha manifestato la sua contrarietà al mantenimento in vita della struttura commissariale;
tali dichiarazioni hanno determinato ulteriore allarme e confusione nelle amministrazioni locali, alle quali non viene offerta nessuna valida alternativa che consenta una regolare raccolta dei rifiuti attraverso il completamento dell'attuale piano, che è stato giudicato in modo positivo anche dall'Unione europea -:
in che modo il Governo intenda affrontare l'attuale fase emergenziale e superare i rischi per la salute pubblica legati alla presenza sul territorio di rifiuti e quale sarà l'atteggiamento del Governo in relazione al mantenimento in vita della struttura commissariale.
(3-00068)
Interrogazioni a risposta scritta:
REALACCI e LOMAGLIO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 16 giugno scorso il quotidiano Avvenire in un articolo di Antonio Maria Mira «Mafia dell'ambiente. Un crimine ogni tre ore», si riporta, fra le altre cose, il ruolo della criminalità organizzata nei traffici illeciti di rifiuti e a tal proposito viene citata anche una dichiarazione del Procuratore Nazionale Antimafia, Pietro Grasso il quale afferma che in «Sicilia, come in altre Regioni, per gestire i rifiuti sono nati gli Ato. Dovevano essere, per massimizzare l'efficienza, uno per provincia. In Sicilia le province sono 9, ma gli Ato sono 27. Un modo per creare carrozzoni e inutili posti di lavoro. Così alla fine hanno subappaltato la gestione a imprese private che sono mafiose»;
la dichiarazione del Procuratore Grasso, trova un ulteriore riprova nel Rapporto Ecomafia 2006 il dossier che l'associazione ambientalista Legambiente in collaborazione con le Forze dell'Ordine realizza da oltre dieci anni per analizzare il ruolo della criminalità organizzata nell'illegalità ambientale. Nel capitolo dedicato al ciclo dei rifiuti in Sicilia, in particolare nel paragrafo «La Mafia si fa impresa», troviamo riportato testualmente: «Ovviamente, queste imprese trattano i rifiuti come trattavano il prodotto che lavoravano in precedenza, senza alcun timore delle gravi conseguenze per l'ambiente e il territorio provocate dalle operazioni di smaltimento illegale. Altro nodo cruciale è quello della raccolta e del trasporto dei rifiuti urbani. E qui si verifica un'altra anomalia, tutta siciliana. Sull'isola operano ben 27 Ato (ambiti territoriali ottimali): uno strumento previsto dal decreto Ronchi sui rifiuti per ottimizzare le risorse, i beni ed i mezzi al fine di ottenere una gestione economica, efficiente e trasparente dei rifiuti, senza un aggravio dei costi per i cittadini. Questa è la ratio della legge Ronchi. Ma non è andata così. Dei 9 Ato, uno per provincia, previsti in principio, ne sono state istituiti 27. Troppi: in alcune province se ne registrano addirittura 5. I costi di gestione, così, si
moltiplicano, ma non solo: gli Ato, organizzati come società per azioni, svolgono quasi sempre un ruolo limitato alla riscossione delle bollette. I servizi di raccolta e trasporto vengono invece appaltati ad imprese private. Ed è l'allora presidente della Commissione parlamentare antimafia, Roberto Centaro, a lanciare l'allarme, parlando di un "grumo affaristico-mafioso" che incombe, in tema di appalti, nel settore dei rifiuti nelle province di Caltanissetta ed Enna. Si attiva anche la magistratura: la Procura di Enna ha già aperto un'inchiesta sull'Ato rifiuti "Enna uno". Nell'agrigentino, invece, si indaga sull'Ato "Dedalo Ambiente" di Licata, perché si sospettano assunzioni clientelari. Un evidente e clamoroso campanello d'allarme sono i bandi di gara per l'affidamento del servizio di gestione dei rifiuti. Lo spiega chiaramente il presidente della Fise (la Federazione delle imprese di servizi aderente a Confindustria), Carlo Noto La Diega, nel corso dell'audizione davanti alla commissione d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti: "Nelle gare d'appalto i termini che intercorrono tra l'emissione della gara e il momento di presentare l'offerta sono assolutamente assurdi e fanno pensare male". Per l'associazione di categoria è un sintomo preoccupante che "gare per svariate centinaia di milioni vengono bandite con la pretesa di avere una risposta seria entro 15 o 20 giorni". Una vera e propria corsa ad ostacoli, a cui vengono aggiunti altri paletti, limiti contenuti all'interno dell'incanto, che finiscono per vietare, letteralmente, la partecipazione ad una gara d'appalto. Come ad esempio, quando nei bandi di gara vengono poste richieste assurde e strumentali, come "chiedere se hai già svolto servizi per un milione di abitanti quando devi servire una città di 50 mila abitanti" o, prosegue il presidente della Fise, condizioni come "la disponibilità dei terreni, che è un classico per limitare tale percorso". "Come si fa in un mese a trovare i terreni per costruire un inceneritore", si chiede infatti La Diega. "A volte alcune clausole sembrano così complesse da far pensare che vi sia interesse ad avere tanti ricorsi e contenziosi in modo da portare avanti la gara con il gestore già in carica". Un altro elemento richiamato dal presidente della Fise alla Commissione parlamentare è "il massimo ribasso che limita la partecipazione alle gare per le aziende serie". Un esempio, segnalato alla Commissione, è il ribasso del 39 per cento effettuato per la gara dell'Ato di Bagheria dall'AMIA di Palermo, per il quale sono stati presentati numerosi ricorsi»;
le leggi di riferimento nella quale vengono previsti gli Ato sono normative di orientamento nazionale, in particolare il decreto Ronchi sui Rifiuti e la più recente 152/2006, con le quali si intende ottimizzare la gestione dei rifiuti e il loro smaltimento -:
se non ritengano opportuno verificare, per quanto di loro competenza l'anomala situazione della Regione Sicilia, sia per quanto riguarda i rischi alla tutela dell'ambiente, sia per sospette infiltrazioni criminali nella gestione degli appalti e le conseguenti turbative all'ordine pubblico.
(4-00313)
ALESSANDRI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il consiglio provinciale di Reggio Emilia ha approvato con delibera n. 49 del 21 aprile 2004 il piano provinciale gestione rifiuti nel quale è prevista la realizzazione di un nuovo termoconvertitore della capacità di smaltimento di 170.000 tonnellate/anno;
la giunta provinciale di Reggio Emilia ha approvato con propria delibera n. 78 del 15 marzo 2005 le «linee operative per l'attuazione del ppgr» documento che individua il percorso per la delocalizzazione dell'attuale obsoleto inceneritore in servizio a Reggio Emilia nella frazione di Cavazzoli gestito da Enia spa;
il piano industriale 2004-2008 di Enia spa prevede la realizzazione di un impianto di termovalorizzazione a ciclo cogenerativo
della capacità di 200.000 tonnellate/anno di cui il 60 per cento per lo smaltimento RSU di origine provinciale, il 30 per cento circa per rifiuti solidi assimilati provenienti dal mercato ed il restante 10 per cento per rifiuti trattati ospedalieri;
nella provincia di Reggio Emilia esistono importanti filiere agroalimentari i cui prodotti tipici detengono diverse forme di tutela;
l'articolo 21 del decreto legislativo n. 228 del 2001 al comma 1 recita: «... lo Stato, le Regioni e gli Enti locali tutelano, nell'ambito delle rispettive competenze: a) la tipicità, la qualità, le caratteristiche alimentari e nutrizionali, nonché le tradizioni rurali di elaborazione dei prodotti agricoli e alimentari DOC, DOCG, DOP, IGP, IGT» mentre al comma 2 prevede che «la tutela di cui al comma 1 è realizzata in particolare con: a) la definizione dei criteri per l'individuazione delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti...»;
in data 29 ottobre 2003 la direzione generale del dipartimento della qualità dei prodotti agroalimentari e dei servizi del ministero delle politiche agricole ribadiva, in riferimento alla discarica presente nel comune di Novellara (Reggio Emilia) ampliata di recente, che «l'esistenza di uno specifico ambiente di produzione da cui dipendono le caratteristiche organolettiche e merceologiche della DOP "Parmigiano-Reggiano" viene attestata e confermata dall'espresso divieto di "insediamento nell'ambito della zona tipica di industrie insalubri e di ogni altra attività che pregiudichi un equilibrato mantenimento delle condizioni ambientali"» ricordando al riguardo il preciso riferimento normativo del Reg. (CEE) n. 2081/92 articolo 2 che riconosce meritevole del riconoscimento «un prodotto agricolo o alimentare le cui qualità o le cui caratteristiche siano dovute essenzialmente o esclusivamente all'ambiente geografico comprensivo dei fattori naturali e umani» ora confluita nell'articolo 2 del Reg. (CE) n. 510/2006 del 20 marzo 2006;
la conclusione cui giungeva la citata direzione generale del ministero era che «una eventuale interpretazione che vada contro lo spirito della salvaguardia e della tutela dei prodotti agroalimentari tipici, in presenza anche di registrazioni comunitarie, potrebbe avere ripercussioni negative su tutto il comparto delle DOP e IGP nazionali, sia dal punto di vista dell'immagine che dei livelli qualitativi dei nostri prodotti di maggiore prestigio internazionale sottoposti, più di una volta, a numerose forme di sleale concorrenza ed usurpazione»;
il programma politico 2006 dell'Ulivo descrive alle pagine 151-152 le azioni che si intendono intraprendere nel campo della gestione rifiuti, in particolare per i rifiuti urbani si intenderebbe «applicare la tariffa puntuale assicurando per i materiali conferiti in maniera differenziata una tariffa premiale inferiore e promuovere le buone pratiche e le migliori esperienze realizzate quali sistema di raccolta domiciliare, la raccolta della frazione organica, l'estensione delle tipologie dei materiali da raccogliere in maniera differenziata»;
una simile impostazione politica ha come conseguenza l'abbandono della politica dei grandi inceneritori provinciali;
il comune di Reggio Emilia sta sperimentando il sistema di raccolta domiciliare in una delle sue circoscrizioni, seguendo le tecniche già adottate con efficacia dalla provincia di Treviso;
l'attuale capacità di incenerimento in Emilia e Romagna è di circa 1.025.000 tonnellate/anno e, per effetto dei piani industriali delle società multiservizi ivi operanti, che prevedono la costruzione di diversi inceneritori, aumenterà di ulteriori 747.000 tonnellate/anno sovradimensionando il sistema -:
quali azioni intendano porre in essere i Ministri interrogati al fine di riallineare politicamente il piano provinciale gestione rifiuti della provincia di Reggio Emilia al programma nazionale dell'Ulivo e per salvaguardare le produzioni tipiche
della provincia di Reggio Emilia e per estensione delle altre province emiliane e romagnole, tutte governate da giunte di centro-sinistra.
(4-00343)