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Allegato B
Seduta n. 146 del 18/4/2007
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SALUTE
Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
XII Commissione:
DI VIRGILIO e CICCHITTO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
è noto a tutti che la fama dell'Ospedale «Forlanini» - che è un IRCSS - è di livello non solo europeo ma mondiale per lo studio, le ricerche, le terapie sull'apparato respiratorio ed in particolare sulla tubercolosi, oggi purtroppo nuovamente in incremento: fama acquisita dalla sua apertura nel 1936 e mantenuta nel corso di moltissimi decenni; si può, infatti, tranquillamente affermare che l'Ospedale «Forlanini» è un «pezzo» importante nella storia della medicina;
una disarticolazione dei reparti attualmente operanti ed il loro trasferimento in altre strutture, anche private, significherebbe «rompere» il Polo pneumologico, Centro di riferimento in tutta Italia, con la conseguente fine di un patrimonio di conoscenze e cure ed un irrimediabile danno per la salute dei cittadini;
a giudizio degli interroganti le motivazioni addotte dalla Regione Lazio per la sua chiusura sono inconsistenti dato che i
presunti risparmi di 20 milioni di euro l'anno, sono, per ben 13 milioni, spese del personale che, comunque, vanno sostenute e che la ristrutturazione del S. Camillo richiederà ben 185 milioni di euro, come risulta dalla Delibera del Direttore Generale n. 2145 del 27 ottobre 2006, a fronte di un impegno della Regione di 20 milioni (articolo 26 Legge Finanziaria regionale per l'esercizio 2007);
il piano di mobilità dei circa 500 addetti all'ospedale sta creando apprensione, insicurezza ed angoscia per così tante famiglie;
nell'area dell'Ospedale «Forlanini» si è dato il via alla costruzione di una palazzina per attività intra-moenia con la delibera del Direttore Generale n. 106 del 31 gennaio 2007;
la chiusura dell'Ospedale «Forlanini» si inquadra in un più vasto piano di smantellamento di ospedali romani quali il Nuovo Regina Margherita ed il San Giacomo;
il trasferimento della sede della Regione Lazio in quella zona di Roma significa contraddire tutte le dichiarazioni ed i conseguenti progetti di decentramento e non di accentramento degli Uffici della Capitale, ed in particolare di una sede che deve essere fruibile dai cittadini di tutta la Regione Lazio;
il problema economico potrebbe essere affrontato con la «messa a reddito» di alcuni edifici che sorgono nell'ampia area dell'Ospedale e che possono essere «separati» senza per questo diminuire l'efficacia del polo pneumologico che, è bene ricordarlo, è frequentato da pazienti che provengono da tutta la Regione Lazio e da molte Regioni del Sud Italia, proprio per il suo storico e noto livello di eccellenza nelle patologie respiratorie -:
di quali informazioni disponga il Governo e quali siano le sue intenzioni in merito alla chiusura del polo pneumologico e dell'eventuale trasferimento in altra sede.
(5-00949)
CANCRINI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - Premesso che:
con la legge 18 febbraio 1989, n. 56, avente per oggetto l'ordinamento della professione di psicologo, si stabilisce che l'esercizio dell'attività psicoterapeutica è subordinato ad una specifica formazione professionale, da acquisirsi, dopo il conseguimento della laurea in psicologia o in medicina e chirurgia, mediante corsi di specializzazione almeno quadriennali che prevedano adeguata formazione e addestramento in psicoterapia, attivati dal Ministero dell'università e ricerca ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n. 162, presso scuole di specializzazione universitaria o presso istituti a tal fine riconosciuti;
nell'articolo 8 del decreto 11 dicembre 1998, n. 509, con il quale si regolamentano le norme per il riconoscimento degli istituti abilitati ad attivare corsi di specializzazione in psicoterapia, si specifica che i corsi hanno durata almeno quadriennale ed il numero delle ore annuali di insegnamento teorico e di formazione pratica è determinato in misura non inferiore a 500, di cui almeno 100 dedicate al tirocinio in strutture o servizi pubblici o privati accreditati, nei quali l'allievo possa confrontare la specificità del proprio modello di formazione con la domanda articolata dell'utenza ed acquisire esperienza di diagnostica clinica e di intervento in situazioni di emergenza;
gli allievi che frequentano le Scuole di specializzazione in psicoterapia sono obbligati a svolgere uno specifico tirocinio formativo presso le strutture del Servizio sanitario nazionale e, laddove il sistema di accreditamento è stato realizzato, anche presso le strutture private accreditate dalla Regione;
inoltre, i tirocinanti svolgono un attività all'interno di tutte queste strutture supervisionata dai docenti delle scuole che rappresenta una risorsa importante per la struttura;
la Direttiva n. 2 del 1o agosto 2005 della funzione pubblica la quale effettua
una ricognizione delle norme che regolano il tirocinio formativo e di orientamento esplicita che «il tirocinio ai sensi dell'articolo 18, comma 1, lettera d), della legge n. 196 del 1997 non costituisce rapporto di lavoro» ma che le strutture «potranno eventualmente valutare l'opportunità di prevedere per i tirocinanti un rimborso spese, sotto forma di borsa di studio, sempre nell'ambito delle disponibilità di bilancio provvedendo eventualmente ad individuare requisiti e limiti per l'ammissione a tale beneficio»;
presso le stesse strutture i tirocinanti di specializzazione pre lauream e post lauream svolgono un tirocinio in psicologia senza che sia previsto un costo per le Università medesime e i tirocinanti stessi spesso vengono utilizzati nonostante non siano abilitati all'attività professionale;
alcune ASL non accettano l'assicurazione che l'allievo già paga per proprio conto attraverso la scuola e pretendono l'assicurazione INAIL sugli infortuni, mentre la legge 626 sulla sicurezza dovrebbe riguardare solo i contratti di apprendistato e non i tirocini e le medesime ASL pretendono anche che il tirocinante si sottoponga, a pagamento, alla visita medica, che può essere sostituita a tutti gli effetti da un'autocertificazione;
nel corso degli anni è accaduto che, dopo una iniziale disponibilità da parte delle ASL, alcune Aziende hanno iniziato a pretendere dalle scuole di specializzazione in psicoterapia un corrispettivo in denaro (o in prestazioni) per l'ospitalità dei loro tirocinanti e il coordinamento nazionale delle scuole di psicoterapia dispone di un ampio dossier e di un numeroso elenco di casi riportati dalle scuole al proprio Coordinamento;
recentemente, l'Ordine degli psicologi del Lazio ha segnalato tale situazione al Ministero della salute e al Ministero dell'università e ricerca chiedendo il rispetto della normativa e la cessazione di ogni attività o iniziativa contraria alla stessa -:
quali interventi il Ministro della salute intenda attuare, eventualmente attraverso la Conferenza Stato-Regioni, per risolvere questa situazione che non permette il rispetto delle specifiche convenzioni stipulate tra la ASL e le scuole di specializzazione, in considerazione del fatto che in psicoterapia il tirocinio, oltre ad essere obbligatorio per legge, assume una funzione strategica e di formazione, e che le ASL dovrebbero in ogni caso favorire lo svolgimento dei tirocini presso le loro strutture, escludendo dalle proposte di Convenzione qualsiasi forma di pagamento per il tirocinante.
(5-00950)
CARUSO, DIOGUARDI e SMERIGLIO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
in provincia di Cosenza, nel comune di Serra d'Aiello, esiste sin dalla fine degli anni '60, una struttura di tipo residenziale denominata Istituto Papa Giovanni XXIII, di proprietà della curia arcivescovile di Cosenza, riconosciuta nel 1976 come «Fondazione di culto e religione» con decreto dell'allora Presidente della Repubblica Giovanni Leone e, solo successivamente, come centro di riabilitazione dal Ministero della sanità;
l'interrogante si è recato in suddetta struttura per verificarne in prima persona la situazione di degrado e di abbandono nella quale versano i pazienti, «uomini e donne lasciati a terra come cartocci, letti senza lenzuola, porte e finestre sgangherate» come ebbe a raccontare l'allora arcivescovo di Cosenza Giuseppe Agostino dopo una visita a sorpresa nell'aprile 2004;
da allora, così come negli ultimi 30 anni, nulla è cambiato se non la targa all'ingresso e la denominazione, non più manicomio, ma «istituto di riabilitazione»;
detta struttura infatti, con gestione privatistica, ospita, a fronte di 200 posti letto (dato Ministero dell'interno), un numero di 352 persone, la stragrande maggioranza delle quali con gravissime disabilità psichiche, per lo più di provenienza manicomiale, successiva all'approvazione della legge Basaglia;
con decreti successivi della giunta regionale calabrese, sono stati autorizzati ulteriori posti letto, sino ad un massimo di 485;
attualmente, per l'assistenza e la cura dei degenti disabili, sono impiegati nel centro circa 600 dipendenti, dei quali, in base al decreto Morese del 2001, 160 fruiscono della sospensione a zero ore con sussidio al reddito, più volte prorogato, e 110 della riduzione dell'orario con sussidio al reddito;
la struttura è finanziata in parte preponderante con fondi pubblici così suddivisi: euro 440.000,00 mensili dal Servizio Sanitario Regionale, tramite l'ASL di Paola; euro 220.000,00 mensili dal Servizio Sanitario Regionale della Regione Calabria, euro 140.000,00 mensili dai Servizi Sanitari Regionali di pertinenza dei degenti non nati in Calabria, tramite le ASL di competenza. Complessivamente euro 800.000,00 mensili, cui devono aggiungersi le pensioni di titolarità di ciascun degente;
allo stato l'Istituto Papa Giovanni ha debiti, determinati dalla cattiva gestione, per circa 70 milioni di euro: con l'INPS (omissione contributiva verso i dipendenti), con i dipendenti medesimi, molti dei quali non percepiscono regolarmente lo stipendio da anni (avanzano circa 30 mila euro ciascuno) e con i fornitori; i debiti, inoltre, si sono determinati, anche, per le parcelle elevate pagate a consulenti esterni nel tempo passato;
recentemente, la Procura della Repubblica di Paola ha aperto un'inchiesta sull'Istituto Papa Giovanni onde verificare le gravissime condizioni di salute in cui versano i degenti (si sono riscontrati tra l'altro casi di scabbia), ventilando l'ipotesi di abbandono d'incapace a carico dei responsabili dei centro, le condizioni igienico sanitarie della struttura, la gestione dei fondi percepiti ed altro;
dagli atti del procedimento, come riportato dal quotidiano La Stampa in data 20 ottobre 2006, si evince che mentre «... i pazienti vengono vestiti con roba di recupero, nel superattico intestato all'ex presidente della Fondazione che gestisce l'istituto, monsignor Alfredo Luberto, sono stati trovati un televisore al plasma in ogni stanza, una sauna e la palestra ...»;
allo stesso tempo, «... mentre i dipendenti dei manicomio-lager travestito da casa di cura, attendono uno stipendio che non arriva intero da anni, dai conti della Fondazione qualcuno ha spiccato assegni intestati alle gioiellerie più esclusive di Roma, boutique di grido, alberghi a cinque stelle ...»;
infine, mentre «... i pazienti del Papa Giovanni convivono con le zecche, i casi di scabbia sono diversi, dormono in letti sgangherati e senza lenzuola tra servizi in condizioni penose, pareti scrostate, finestre che fanno aria», invece tra i tesori acquistati dai consiglieri d'amministrazione dell'istituto «Papa Giovanni» figura un dipinto firmato Giorgio De Chirico, un «rarissimo orologio a pressione atmosferica» e un salotto d'antiquariato stimato dai periti incaricati dalla Procura di Paola in più di un milione di euro;
il Centro, per come è da sempre strutturato, costituisce, a parere dell'interrogante, una chiara violazione al dettato della legge Basaglia, che vieta esplicitamente la segregazione di più persone con disabilità mentali conclamate, onde evitare il fenomeno della spersonalizzazione dell'individuo e prevede, in ipotesi di questo tipo, che il disabile debba dimorare in piccole strutture il più possibile vicine al suo luogo di nascita;
in Calabria, nella sola provincia di Cosenza, esistono ben 26 strutture di tipo residenziale (escluso il Papa Giovanni ndr), 4 delle quali a gestione pubblica, 3 in cogestione, il resto a gestione privata, per complessivi 769 posti letto (dato Ministero dell'interno);
da poco, il vescovo di Cosenza Salvatore Nunnari, ha nominato tre responsabili del centro, tra questi il vice prefetto di Cosenza, decretando, di fatto, una sorta di commissariamento dell'Istituto;
la stessa Regione Calabria sembra non volere prendere in alcuna considerazione quanto sin qui rappresentato;
per più di un mese il sindacalista Nicola Chiarello, alle dipendenze dell'Istituto con la qualifica dì educatore professionale, in astensione volontaria dal servizio ai sensi dell'articolo 1460 del codice civile causa la mancata erogazione di un regolare stipendio mensile, ha protestato incatenandosi davanti alle sedi istituzionali della provincia cosentina, per le condizioni di disagio in cui è stato costretto e per le condizioni in cui ha operato ed è costretto ad operare nel centro medesimo. Situazione, la sua, diffusa tra i dipendenti; ragion per cui, il Prefetto di Cosenza, con ordinanza del 23 novembre 2006, pur trattandosi di una struttura privata, ha intimato ai dipendenti in sospensione dell'obbligazione lavorativa, regolarmente comunicata all'Istituto, l'immediata ripresa del lavoro -:
se il Ministro della salute non ritenga necessario attivare i poteri ispettivi previsti dal decreto ministeriale del 17 giugno 2006 ai fini della verifica della effettiva regionale dei livelli essenziali di assistenza.
(5-00951)
PORETTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo la vigente normativa la spesa relativa al pagamento delle rette di permanenza nelle residenze sanitarie assistenziali (RSA) per soggetti con handicap permanente grave o ultrasessantacinquenni non autosufficienti è ripartita per il 50 per cento a carico del Servizio sanitario nazionale e per il restante 50 per cento a carico dei Comuni, con l'eventuale compartecipazione dell'utente secondo i regolamenti regionali o comunali (allegato 1 decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 febbraio 2001, richiamato nell'articolo 54 della legge n. 289 dei 2002);
questi ultimi possono chiedere all'assistito un contributo percentuale a tal fine, sulla base della situazione economica dello stesso, valutata secondo i parametri ISEE, così come determinata dall'articolo 25 della legge n. 328 del 2000 in relazione a quanto stabilito nel decreto legislativo n. 109 del 1998;
i Comuni, le ASL e le RSA calcolano l'ISEE dell'assistito con riferimento alle informazioni relative al nucleo familiare di appartenenza, ignorando la previsione normativa di cui all'articolo 3, comma 2-ter, del decreto legislativo n. 109 del 1998 secondo la quale ai fini del calcolo ISEE, per i soggetti con handicap permanente grave o ultrasessantacinquenni non autosufficienti che usufruiscano di prestazioni sociali agevolate, si deve prendere il considerazione la «situazione economica del solo assistito»;
alcuni Comuni addirittura, in assenza dei regolamenti comunali finalizzati ad individuare la situazione economica dell'assistito ai fini della compartecipazione agli oneri, richiedono il pagamento dell'intero 50 per cento della retta che per legge dovrebbe essere pagata dal Comune;
i comuni, le ASL e le RSA disapplicano il dettato normativo giustificandosi con la mancata adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri cui l'articolo 3, comma 2-ter del decreto legislativo n. 109 del 1998 fa riferimento, finalizzato ad «evidenziare la situazione economica del solo assistito»;
tale prassi è a detta dell'interrogante, illegittima. Se così non fosse si giungerebbe al paradosso giuridico per cui l'inerzia della Presidenza del Consiglio dei ministri comporterebbe la disapplicazione di una legge ordinaria;
del resto, tal è l'univoca interpretazione delle autorità consultate (pareri del Garante per la protezione dei dati personali: doc.; nota del direttore generale del diritto alla salute e delle politiche di solidarietà della Giunta Regionale Toscana;
i Comuni, le ASL e le RSA, in caso di insufficienza del reddito dell'assistito, chiedono ai congiunti dello stesso, il pagamento
di parte o dell'intera retta in base agli articoli 433 e seguenti del codice civile e all'articolo 1 della legge n. 1580 del 1931;
l'articolo 2, comma 6, del decreto legislativo n. 109 del 1998 pone espressamente il divieto di rivalersi, per il pagamento di contributi relativi a prestazioni agevolate, nei confronti dei congiunti dell'assistito, escludendo l'applicazione degli articoli 433 e seguenti del codice civile;
l'articolo 1 della legge n. 1580 del 1931, che disponeva la possibilità di esercitare una azione di rivalsa, per le spese di spedalità e manicomiacali, nei confronti dei congiunti che erano per legge tenuti agli alimenti durante il periodo di ricovero, è stato abrogato da norma uguale e contraria che espressamente esclude tale possibilità (il summenzionato articolo 2, comma 6, del decreto legislativo n. 109 del 1998). Ciò in applicazione dell'articolo 15 delle Disposizioni sulla legge in generale (cosiddette preleggi) secondo cui la norma posteriore abroga quella anteriore con essa incompatibile;
come segnalato più volte da Aduc (Associazione Diritti degli Utenti e Consumatori), numerose famiglie, stante la grave situazione di salute del proprio congiunto, sono costrette a pagare quanto richiesto, pur anche nella consapevolezza dell'ingiustizia ed illegittimità della pretesa, o a vedersi negato il rimborso di quanto indebitamente pagato -:
se non intenda attivarsi perché sia finalmente adottato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri citato, al fine di dare attuazione definitiva alle disposizioni già in vigore, anche prevedendo idonee misure comparative a beneficio di coloro che si trovino o siano trovati nelle condizioni descritte in premessa.
(5-00952)
MONTANI e FUGATTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la legge 25 febbraio 1992, n. 210 stabilisce, all'articolo 1, che chiunque abbia riportato, a causa di vaccinazioni obbligatorie per legge o per ordinanza di una autorità sanitaria italiana, lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione permanente della integrità psico-fisica, ha diritto ad un indennizzo da parte dello Stato, alle condizioni e nel modi stabiliti dalla legge;
nello specifico, l'articolo 3, comma 1, della legge n. 210 del 1992 precisa che i soggetti interessati ad ottenere l'indennizzo devono presentare all'ASL competente le relative domande, entro il termine perentorio di tre anni nel caso di vaccinazioni o di epatiti post-trasfusionali o di dieci anni nei casi di infezioni da HIV;
con sentenza 23-26 febbraio 1998, n. 27, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 1, della legge n. 210 del 1992, nella parte in cui non prevede il diritto all'indennizzo, alle condizioni ivi stabilite, di coloro che siano stati sottoposti a vaccinazione antipoliomielitica nel periodo di vigenza della legge 30 luglio 1959, n. 695;
in risposta alla sollecitazione della Corte costituzionale di cui sopra, l'articolo 3, comma 3, della legge 14 ottobre 1999, n. 362, ha stabilito che l'indennizzo di cui al comma 1 dell'articolo 1 della legge 25 febbraio 1992, n. 210, spetta, alle condizioni ivi stabilite, anche a coloro che si siano sottoposti a vaccinazione antipoliomelitica non obbligatoria nel periodo di vigenza della legge 30 luglio 1959, n. 695; i soggetti danneggiati devono presentare la domanda alla azienda unità sanitaria locale competente entro il termine perentorio di quattro anni dalla data di entrata in vigore della medesima legge n. 362 del 1999;
i richiamati termini perentori per la presentazione delle domande di indennizzo rischiano di compromettere l'integrale tutela del diritto all'indennizzo riconosciuto in via generale dalla legge n. 210 del 1992 ai soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni, trasfusioni e somministrazione di emoderivati;
non si può, infatti, omettere di ricordare che il diritto all'indennizzo ha trovato esplicito riconoscimento nella sentenza della Corte costituzionale n. 307 del giugno 1990, con la quale si è dichiarata l'illegittimità costituzionale della legge 4 febbraio 1996 n. 51 sull'obbligatorietà della vaccinazione antipoliomielitica nella parte in cui non prevedeva, a carico dello Stato, un'equa indennità per il caso di danno derivante, al di fuori dell'ipotesi di cui all'articolo 2043 del codice civile, da contagio e da altra apprezzabile malattia casualmente riconducibile alla vaccinazione obbligatoria antipoliomielitica;
se, infatti, ignorantia legis non excusat, sia la legge n. 210 del 1992 che, ancora di più, la legge n. 362 del 1999 sono state accompagnate da una scarsa pubblicizzazione, favorendo così tra i cittadini una diffusa inerzia nella possibilità di fare valere i propri diritti nel confronti dello Stato;
la stessa Corte costituzionale, nella sent. n. 118 del 15-18 aprile 1996, ha riconosciuto, riferendosi alla legge n. 210 del 1992, che la limitazione temporale prevista dall'articolo 2, comma 2, in connessione con l'articolo 3, comma 7, «ha stabilito una limitazione temporale, che equivale ad una riduzione parziale del danno indennizzabile: limitazione che risulta inammissibile alla stregua della natura del diritto che deve essere riconosciuto ai danneggiati, un diritto - come si è visto - che il legislatore può modellare equitativamente soltanto circa la misura»; a detta della Corte, in sostanza, la limitazione temporale dei diritto all'indennizzo «non soltanto si è posta contro il diritto alla salute sancito dall'articolo 32 della Costituzione, ma ha altresì contraddetto la sentenza n. 307 del 1990 di questa Corte, nella quale il riconoscimento dell'obbligo di assicurare protezione alle vittime della vaccinazione obbligatoria antipoliomielitica noti trovava particolari limitazioni di carattere temporale»;
tale limitazione temporale nel diritto a richiedere il riconoscimento ad un indennizzo per il danno subito appare tanto più grave per quei soggetti che siano stati danneggiati da trattamenti (come le vaccinazioni) qualificati come obbligatori dalla legge: come riconosciuto dalla Corte costituzionale nella già citata sent. n. 118 del 1996 in relazione alla vaccinazione obbligatoria antipoliomielitica, «per la collettività è in questione noti soltanto il dovere di aiutare chi si trova in difficoltà per una causa qualunque, ma l'obbligo di ripagare il sacrificio che taluno si trova a subire per un beneficio atteso dall'intera collettività. Sarebbe contrario al principio di giustizia, come risultante dall'articolo 32 della Costituzione, alla luce del dovere di solidarietà stabilito dall'articolo 2, che il soggetto colpito venisse abbandonato alla sua sorte e alle sue sole risorse o che il danno in questione venisse considerato come un qualsiasi evento imprevisto al quale si sopperisce con i generali strumenti della pubblica assistenza, ovvero ancora si subordinasse la soddisfazione delle pretese risarcitorie del danneggiato all'esistenza di un comportamento negligente altrui, comportamento che potrebbe mancare»;
sulla base di tali premesse, nella passata legislatura la XII Commissione della Camera aveva approvato una proposta di legge, l'AC 1145, finalizzata esplicitamente ad eliminare il vincolo temporale di tre anni per la presentazione delle domande di indennizzo; nel passaggio al Senato, il provvedimento è stato assorbito in altre iniziative vertenti su analoga materia, senza tuttavia trovare definitivo riconoscimento in un testo di legge-:
quali siano gli orientamenti del Ministro della salute sul tema affrontato nelle premesse, in si ritenga prioritaria l'approvazione di una norma di legge finalizzata a sopprimere i citati vincoli temporali alla presentazione delle domande di indennizzo di cui all'articolo 3, comma 1 della legge n. 210 del 1992 e all'articolo 3, comma 1 della legge n. 362 del 1999.
(5-00953)
PELLEGRINO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'Alfa (Agenzia italiana del farmaco) ha dato il via libera alla commercializzazione in Italia del psicofarmaci Ritalin e Strattera, utilizzati per curare l'Adhd (Attention deficit hiperactivity desorder), sindrome da deficit dell'attenzione e iperattività che colpisce soprattutto bambini e adolescenti;
nel 1989, il Ritalin fu ritirato dal mercato, in quanto presente nella tabella I degli stupefacenti alla pari della cocaina, oppiacei, barbiturici e lsd, mentre oggi il declassamento nella tabella IV dei farmaci ne permette la somministrazione ai minori;
ad oggi la diagnosi sulla sindrome dell'Adhd divide il mondo scientifico, infatti, psichiatri Usa ritengono l'incidenza dell'Adhd pari al 5 per cento, l'Organizzazione mondiale della Sanità stima tale percentuale intorno all'1,5 per cento, mentre l'Oism (Osservatorio italiano sulla salute mentale) non considera la carenza di attenzione e iperattività una malattia mentale, ma invita ad individuare le cause del disagio nella vita familiare, scolastica e sociale degli adolescenti;
malgrado le diverse diagnosi del mondo scientifico, nel decennio 1993-2003 l'utilizzo su scala mondiale di questi farmaci tra i bambini e gli adolescenti è quasi triplicato (+ 274 per cento), innalzando da 31 a 55 il numero delle nazioni in cui vengono utilizzati i farmaci anti-Adhd;
gli Stati Uniti primo paese per l'utilizzo di psicofarmaci, rappresenta il luogo dove si è verificato il maggior incremento di suicidi precoci -:
se, il Governo, intenda effettuare approfondimenti sul rischio farmacologico e se confermato, ritenga opportuno avviare controlli per verificare il rispetto del criterio dell'appropriatezza nella prescrizione.
(5-00954)
Interrogazione a risposta scritta:
MANCUSO. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
circa 25.000 medici specializzandi prestano assistenza presso il Servizio Sanitario Nazionale senza una retribuzione dignitosa e senza tutele contrattuali; infatti, la maggior parte di essi lavora più di 50 ore settimanali, con picchi superiori a seconda dell'incarico, e guadagna, al netto, poco meno di 800 euro al mese;
la legge 23 dicembre 2005 (Legge Finanziaria 2006), introducendo il «contratto di formazione specialistica», prevede che ai medici specializzandi venga applicato un vero e proprio contratto di "formazione specialistica" e la posticipazione della trasformazione del loro rapporto di lavoro a partire dall'anno accademico 2006-2007;
il Governo ha accolto l'OdG della Commissione Igiene e Sanità del Senato della Repubblica, con cui si impegnava il Governo ad utilizzare le risorse finanziarie già stanziate per regolamentare la situazione dei medici specializzandi;
la circolare ministeriale 31 ottobre 2006, prot. 4149, emanata in attuazione del decreto legislativo 368/1999, modificato dalla legge 266/05, prevede la stipula di un contratto di formazione specialistica in sostituzione della borsa di studio; ma non essendo ancora stato redatto il modello di contratto da applicare, la circolare specifica che fino a quando non sarà attuato il contratto si procederà, per tutti coloro che sono in formazione specialistica, al pagamento delle borse di studio. In realtà non tutte le Aziende Ospedaliere, né tutte le Università hanno recepito la suddetta circolare, affermando di attendere la pubblicazione dei contratti. Ne deriva una situazione di grave confusione, di vuoto legislativo, di disparità di trattamento da una sede universitaria all'altra e un ulteriore aggravamento dell'assenza delle tutele per i medici specializzandi;
il Ministero dell'Università e della Ricerca ha avviato da mesi l'iter per la pubblicazione dei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, che dovrebbero portare all'attuazione del contratto di formazione specialistica ma, al momento, non vi sono garanzie né tempistiche certe; considerato, inoltre, il grave ritardo nella pubblicazione del bando di concorso per l'ammissione alle scuole di specializzazione, che secondo il decreto ministeriale 2 marzo 2006 dovrebbe essere pubblicato ogni anno entro il mese di settembre; tale ritardo impedisce il regolare svolgimento dell'attività formativa delle scuole di specializzazione -:
se i ministri interrogati non ritengano opportuno ed urgente intervenire al fine di regolamentare la situazione dei medici specializzandi, dando attuazione al contratto di formazione specialistica in virtù del decreto legislativo n. 368 del 1999 e, quindi, provvedere alla pubblicazione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri;
se i ministri interrogati non ritengano opportuno ed urgente provvedere alla pubblicazione del bando di concorso per l'ammissione alle scuole di specializzazione e, soprattutto, dare ad esso una cadenza annuale.
(4-03347)