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Allegato B
Seduta n. 99 del 29/1/2007
INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA
BENEDETTI VALENTINI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
risulta che il comune di Perugia abbia presentato ufficialmente un atto per l'approvazione in consiglio del bilancio consuntivo 2005, nel quale verrebbe ammessa, per gli anni 2002-2003-2004, una «dilatazione» delle entrate per oltre 11,5 milioni di euro, tant'è che la stessa cifra risulterebbe cassata dal rendiconto 2005;
nello stesso bilancio 2005 risulterebbe ignorata una anticipazione fatta dalla SORIT al comune, ammontante, al 2005, a quasi 11 milioni di euro;
appare, inoltre, che siano stati conteggiati come effettivamente esigibili 4,7 milioni d'Euro relativi a multe, per codice della strada, già cassate nei bilanci precedenti;
in ragione delle predette considerazioni, si discute se il «buco» reale nel consuntivo 2005 sia di 3,8 milioni come ammesso dalla giunta comunale, oppure, piuttosto, di oltre 19 milioni;
alcuni consiglieri comunali hanno presentato sul problema un esposto alla Procura della Corte dei conti;
l'amministrazione comunale ha ritenuto di sollevare dai loro incarichi ben due dirigenti, titolari rispettivamente dei servizi finanziari e dei tributi;
non si può far a meno di osservare che, se si vertesse in fatto di società di capitali, potrebbero emergere fattispecie tali da interessare la giustizia penale, specialmente nei casi di fallimento, né è da escludere che la stessa Magistratura penale venga ad occuparsi anche del caso di che trattasi;
addirittura uno dei tre revisori dei conti del Comune di Perugia non ha ritenuto opportuno firmare il parere obbligatorio sul consuntivo 2005, rendendone esplicita motivazione -:
quali iniziative ufficiali e concrete il Governo ritenga di adottare nei confronti dell'amministrazione comunale di Perugia, come conseguenza del fatto che comunque qualsiasi «buco» di bilancio ricade per la copertura a danno dei cittadini, e posto che il bilancio permetta di classificare i comuni tra i «virtuosi» o «non virtuosi» per la fruizione dei benefici e delle misure premiali, assai importanti, accordati dal Governo nazionale;
in particolare se non ritenga di promuovere la procedura di dichiarazioni di dissesto dell'ente.
(4-01120)
Risposta. - È innanzitutto da premettere che il ministero dell'interno segue con attenzione l'evolversi della situazione contabile
e finanziaria del comune di Perugia tenendo conto dei limiti e delle possibilità d'intervento offerte dalla normativa vigente in materia di autonomie e finanza locale; limiti che, nel rispetto della sfera di autonomia costituzionalmente garantita agli enti locali, definiscono in modo puntuale le ipotesi ed i presupposti in presenza dei quali si può rendere necessario l'intervento sostitutivo o sanzionatorio del, Governo.
Per quanto riguarda specificatamente la vicenda relativa all'approvazione degli atti contabili relativi all'esercizio 2005, risulta che la delibera relativa al rendiconto è stata adottata dal consiglio comunale in data 25 settembre 2006; quindi oltre il termine di legge fissato nel 30 giugno. Tale ritardato adempimento, tuttavia, non è sanzionato dal vigente testo unico degli enti locali, che ricollega all'intempestiva approvazione del rendiconto, quale unica conseguenza sanzionatoria, l'impossibilità di redigere la certificazione di bilancio ex articolo 161, con conseguente sospensione dell'ultima rata del contributo ordinario per l'anno in corso.
In merito all'omessa contabilizzazione di una posta debitoria nei confronti della concessionaria della riscossione dei tributi SORIT spa, cui si fa cenno nell'interrogazione, la Corte dei conti dell'Umbria ha formulato rilievi con, delibera della Sezione Controllo n. 2006/G/F/20 del 10 ottobre 2006, notificata il 24 novembre 2006.
Ricevuta la delibera della Corte dei conti, il responsabile del servizio finanziario in data 27 novembre ha segnalato al sindaco, così come previsto dall'articolo 153 del testo unico, tale situazione, in grado di pregiudicare gli equilibri di bilancio.
Il successivo 30 novembre, il consiglio comunale ha adottato il provvedimento di riequilibrio ai sensi dell'articolo 193 del testo unico. Quest'ultima delibera, secondo quanto riferito alla prefettura dallo stesso comune di Perugia, ha integralmente ricondotto nel bilancio di previsione 2006 il debito maturato nei confronti della SORIT spa e ha previsto il rientro dai disavanzo nei due esercizi successivi, conformemente a quanto previsto dal comma terzo dell'articolo 193 che prevede la possibilità di provvedere al ripianamento entro tre anni.
Potendosi validamente far fronte al disavanzo con le modalità previste dall'articolo 193, viene meno la possibilità di procedere alla dichiarazione di dissesto ex articolo 244, cui fa riferimento l'interrogazione in esame.
Oltre tutto, da un punto di vista ordinamentale, non sussiste alcun potere del ministero dell'interno di promuovere la procedura di dichiarazione di dissesto. La competenza sostitutiva, già prima della riforma del Titolo V della Costituzione, era prevista in capo al comitato regionale di controllo; a maggior ragione dopo l'intervento di novella costituzionale, che ha ampliato la sfera di autonomia degli enti locali, non può sostenersi che essa sia ora passata al prefetto.
Detto di come la vicenda del debito SORIT sia stata affrontata dall'amministrazione comunale, ai sensi dell'articolo 168, comma primo, della legge n. 266 del 2005 spetta ora alla Corte dei conti dell'Umbria la competenza a vigilare sull'applicazione delle misure finanziarie correttive adottate per conformarsi ai rilievi dello stesso organo di controllo. Il ministero interrogato non mancherà, ovviamente, di tenersi aggiornato sugli sviluppi della situazione in particolare per quanto attiene al rispetto formale e sostanziale delle norme vigenti in materia di finanza locale.
Per quanto riguarda, infine, la lamentata rimozione dalle loro funzioni dei dirigenti dei servizi interessati, si fa presente che la materia, ricadendo nella sfera di autonomia organizzativa dell'ente locale, esula dalle competenze al ministero interrogato.
Peraltro, il sindaco del comune, interpellato al riguardo dalla prefettura UTG di Perugia, ha precisato che la dirigente del settore bilancio è rimasta titolare delle funzioni assegnatele, essendo stato affidato al direttore generale, in luogo della medesima dirigente del settore bilancio, solo la competenza a redigere il citato rendiconto 2005; ciò sulla base di un articolo del regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi che, in caso d'inerzia o grave
inadempimento, prevede la possibilità di avocare al direttore generale, al segretario generale o ad altro dirigente l'adozione dell'atto omesso.
È stato, invece, destinato ad altro incarico il dirigente del settore economico finanziario. Tale provvedimento è stato motivato con la necessità di procedere più puntualmente all'accertamento delle entrate provenienti dai tributi comunali per gli esercizi 2005 e precedenti. Nelle more della nomina di un nuovo dirigente responsabile, con provvedimento del 4 luglio 2006 le funzioni relative al settore economico finanziario sono state temporaneamente affidate al segretario generale che le ha svolte fino al 31 agosto 2006.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Francesco Bonato.
BIANCHI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
negli ultimi 10 giorni si sono verificati 2 distinti attentati contro le cooperative Orizzonti Nuovi e Agorà, enti dell'area di Crotone e operanti nelle attività di riabilitazione psichiatrica, di recupero di tossicodipendenti, di accoglienza degli immigrati e dei minori disagiati, con ingenti danni alle cose. Nell'episodio che ha riguardato la cooperativa Agorà, in particolare, un giovane ha riportato gravissime ustioni su tutto il corpo;
sempre nell'area del crotonese nella metà dello scorso luglio vi è stato un altra attentato ad un cooperativa, la Cosec, che svolge il servizio di catering per l'ospedale civile San Giovanni di Dio di Crotone;
tale recrudescenza criminale ha generato notevole allarme sociale nelle comunità locali perché ad essere colpite sono state cooperative ben radicate sul territorio con una forte vocazione per le attività sociali ed assistenziali a sostegno degli stati di disagio;
la valenza di queste istituzioni è molto sentita e apprezzata dalla comunità del crotonese per la preziosa opera che svolgono in un'area caratterizzata da sensibili criticità socio-economiche;
su tali attentati sono in corso indagini da parte dei competenti organi di giustizia -:
si chiede al Ministro in indirizzo di conoscere quali iniziative intenda intraprendere per fronteggiare il preoccupante aumento degli episodi di criminalità organizzata verificatisi nel territorio della provincia di Crotone.
(4-00853)
Risposta. - Tra il 14 ed il 31 luglio 2006 si sono verificati, a Crotone ed in località Rovereto del comune di Isola Capo Rizzuto, alcuni attentati incendiari in danno di tre autovetture della ditta cooperativa CO.SE.C. (Cooperativa Servizi Crotone) - operante nel settore della ristorazione aziendale - e di altri cinque automezzi delle cooperative Agorà 2, Agorà Kroton e Orizzonti Nuovi, operanti nel settore dell'assistenza sociale e terapeutica.
In occasione dell'episodio criminoso del 21 luglio, che danneggiava un autocarro di proprietà della comunità terapeutica Agorà Kroton, uno degli ospiti della cooperativa è rimasto coinvolto nell'incendio, riportando ustioni.
Il prefetto di Crotone ha riferito che, a seguito degli episodi delittuosi, sono state disposte adeguate misure di vigilanza e sono stati ulteriormente incrementati i servizi di prevenzione generale e di controllo del territorio - in modo particolare nella fascia oraria notturna - anche mediante l'impiego di equipaggi di rinforzo dei reparti prevenzione crimine della polizia di Stato.
Le indagini in corso non hanno finora fatto emergere la sussistenza di un disegno criminoso unitario tra i diversi danneggiamenti, anche se sembra prendere consistenza l'ipotesi della matrice estorsiva degli episodi.
Non vengono, comunque, trascurate altre tesi investigative nell'ambito di eventuali dissapori o contrasti di natura privata.
Nella provincia di Crotone, peraltro, il fenomeno dei danneggiamenti e degli attentati incendiari ad autovetture e ad esercizi commerciali, spesso connessi ad attività
estorsive, risulta purtroppo diffuso, avendo fatto registrare nei primi sei mesi del 2006 440 episodi, a fronte dei 461 del corrispondente periodo del 2005.
La criminalità organizzata operante nel crotonese ha mostrato, a sua volta, una spiccata propensione ad agire anche in contesti extra-regionali ed extra-nazionali, rivolgendo un particolare interesse per il traffico internazionale di sostanze stupefacenti.
Sul piano locale, le diverse cosche sono sempre più interessate al settore degli appalti pubblici, allo scopo di riciclare i proventi delle attività illecite, spesso con atti di condizionamento e di intimidazione nei confronti degli amministratori locali.
Proprio allo scopo di prevenire detti fenomeni delittuosi, lo scorso 20 dicembre, presso l'ufficio territoriale del Governo di Crotone, è stato sottoscritto - per presa d'atto anche dallo scrivente - un protocollo d'intesa per l'istituzione di una «stazione unica appaltante» tra il presidente ed i ventisette sindaci della provincia, nonché dal prefetto.
Secondo un progetto pilota finalizzato a rivedere il sistema dei controlli nelle zone ad alta densità mafiosa, è previsto che tutte le procedure di appalto - aventi importo superiore a centomila euro - stipulati dai comuni e dai consorzi della provincia in parola vengano monitorati da un unico organo, che opera in stretto collegamento con un apposito gruppo interforze di polizia, specializzato nell'azione di contrasto a tale tipologia di reati.
Ciò al fine di consentire una verifica d'insieme di quelle procedure di appalto che, per gli elevati importi economici, risultano più appetibili alla criminalità organizzata, che tenta di inserirsi nel settore o corrompendo o minacciando i singoli amministratori locali.
Detto organismo è, pertanto, anche punto di riferimento per questi ultimi ed effettua un accurato riscontro di eventuali situazioni sospette di mancanza di trasparenza amministrativa per darne, in casi di riscontrate irregolarità, immediata comunicazione alla competente autorità giudiziaria.
Sempre allo scopo di ottimizzare le attività amministrative di controllo, la prefettura di Crotone ha istituito sia un gruppo di lavoro interforze in materia di applicazione della normativa antimafia e delle misure di prevenzione, sia un gruppo di lavoro in ottemperanza a quanto previsto dalla legge sulla realizzazione delle «Grandi Opere».
L'azione svolta dalle forze dell'ordine nel contrasto del crimine organizzato e diffuso ha consentito di ottenere risultati positivi, essendosi registrata - nella provincia di Crotone, nel primo semestre 2006 - una diminuzione nel totale generale dei delitti pari al 13,1 per cento rispetto al corrispondente periodo 2005.
Nello stesso arco di tempo, infatti, sono state tratte in arresto 286 persone, con un incremento del 123,4 per cento rispetto al 2005, nonché 4 pericolosi latitanti appartenenti alla 'ndrangheta ed il numero dei delitti per i quali sono stati scoperti i responsabili ha fatto registrare un incremento percentuale pari al 25,87 per cento.
Sul piano delle iniziative di prevenzione generale finalizzate ad implementare il controllo coordinato interforze del territorio, si segnala che, nell'ambito del programma operativo «Sicurezza per lo Sviluppo del Mezzogiorno d'Italia», è stata attivata l'interconnessione delle sale operative della polizia di Stato e dell'arma dei carabinieri, è stato, inoltre, elaborato un progetto per la realizzazione di un impianto di videosorveglianza presso l'area industriale di Crotone.
Analoghe misure sono state avviate dalle commissioni straordinarie per la gestione dei comuni di Isola di Capo Rizzuto e di Strongoli.
Inoltre, in sede di comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, è stato istituito un apposito organismo di coordinamento per l'ottimizzazione dei servizi di controllo del territorio attraverso un migliore impiego dei corpi di polizia municipale dei principali comuni della provincia.
Il Viceministro dell'interno: Marco Minniti.
CESINI e LICANDRO. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
la Cgil, Cisl, Uil siciliane denunciano l'esclusione di 20 mila braccianti dall'elenco anagrafico 2005 dell'Inps senza possibilità, dunque, di godere delle prestazioni assistenziali e previdenziali erogate;
la legge prevede che gli elenchi annuali vengano stilati sommando quelli trimestrali e la circolare dell'Inps prevede l'esclusione nel caso di inadempienze o colpe ma anche nel caso di colpe gravi il principio del giudizio definitivo -:
se e come i Ministri, secondo le proprie competenze, intendano salvaguardare i diritti e le tutele di questa categoria di lavoratori.
(4-00311)
Risposta. - L'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale ha fatto presente quanto segue.
Il fenomeno dell'esclusione dei braccianti agricoli dagli elenchi anagrafici; in particolare dei comuni siciliani per l'anno 2005, è stato oggetto recentemente di un incontro tra l'Istituto e le organizzazioni sindacati nazionali di categoria, nel corso del quale le parti, unanimamente, hanno rinvenuto la necessità di porre in essere tutte le iniziative idonee a rinforzare la legalità nel mondo del lavoro agricolo, in modo da creare le condizioni migliori per riaffermare la pienezza ed efficacia dei diritti previdenziali ed assistenziali dei lavoratori del settore.
Il fenomeno nasce dalla necessità di dare maggiore determinazione alla lotta al lavoro nero che negli ultimi anni ha portato, nel comparto in oggetto, alla cancellazione; su scala nazionale, di 90.000 rapporti di lavoro inesistenti.
In particolare, l'INPS, ribadendo che i casi di mancato inserimento negli elenchi nominativi dei lavoratori agricoli hanno rivestito carattere meramente cautelativo, ha già provveduto ad integrare gli elenchi stessi.
Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale: Cesare Damiano.
COSTA. - Al Ministro dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
le Ferrovie dello Stato nelle «Prescrizioni di carattere generale per i viaggi in ferrovia» avevano introdotto una specifica disposizione per garantire un uso del telefono cellulare adeguato alle buone regole della convivenza (articolo 11-bis: «L'uso dei telefoni cellulari a bordo dei treni è consentito nei corridoi o sulle piattaforme delle vetture; l'uso nei compartimenti e nelle vetture/salone è consentito a condizione che non si arrechi disturbo agli altri viaggiatori»);
successivamente Trenitalia modificò la disposizione, depotenziandola (articolo 9: «L'uso dei telefoni cellulari a bordo dei treni è consentito nei corridoi o sulle piattaforme delle vetture; l'uso nei compartimenti e nelle vetture/salone è consentito a condizione che la suoneria sia abbassata o eliminata per non recare disturbo agli altri viaggiatori»);
al presente, nessuna disposizione sull'uso dei telefoni cellulari si può leggere sugli orari ufficiali dei treni e neppure nelle «Condizioni e tariffe per i trasporti delle persone sulle Fs» che appaiono sul sito Internet di Trenitalia, sicché sarebbe da intendersi soppressa, o in ogni modo sconoscibile per i viaggiatori, qualsivoglia disposizione regolante l'uso dei cellulari -:
se non intenda intervenire presso Trenitalia perché siano adottati provvedimenti che garantiscano le esigenze dei viaggiatori che non gradiscono l'indiscriminato e sovente costante uso del telefono cellulare da parte degli altri passeggeri, e segnatamente affinché sia dato seguito all'indagine di mercato avviata da Ferrovie dello Stato Spa in merito all'introduzione
di specifiche carrozze «del silenzio», indagine annunciata il 23 maggio 2005 dal sottosegretario delegato dell'epoca, onorevole Nino Sospiri, in risposta all'interrogazione 4-11073.
(4-00470)
Risposta. - In merito all'interrogazione in esame, Ferrovie dello Stato s.p.a. ha riferito che è attualmente in vigore una specifica disposizione riguardante l'utilizzo del telefono cellulare a bordo dei treni, riportata nelle «Disposizioni che regolano il trasporto delle persone su Trenitalia» e pubblicata sull'orario in vigore «In treno» che recita: «L'uso dei telefoni cellulari a bordo dei treni è consentito nei corridoi e sulle piattaforme delle vetture; nei compartimenti e nelle vetture/salone è permesso, solo se la suoneria del cellulare sia disabilitata od abbassata, al fine di non arrecare disturbo agli altri viaggiatori.».
È stato, inoltre precisato che il personale di bordo in servizio sui treni a media/lunga percorrenza, nell'annuncio di benvenuto alla clientela raccomanda, tra l'altro, il corretto uso dei telefoni cellulari con il seguente messaggio: «...Ricordiamo di abbassare ed eliminare la suoneria del cellulare per non recare disturbo agli altri viaggiatori...».
Il richiamo al corretto uso dei telefoni cellulari è stato sempre presente negli annunci a bordo dei treni, con la sola eccezione di un breve periodo (alcuni mesi del 2005) durante il quale si è voluto valutare se l'uso moderato del cellulare fosse o meno divenuto un comportamento acquisito dai viaggiatori. Dopo tale sperimentazione, che non ha prodotto risultati apprezzabili, l'invito è stato reintrodotto nel messaggio di benvenuto del personale di bordo.
In ogni caso il capo treno in presenza di una specifica richiesta degli altri viaggiatore ha il compito di invitare la clientela che arreca disturbo con il telefono cellulare a limitarne l'uso, ovvero ad utilizzarlo in maniera da non causare disturbo.
Per quanto riguarda, infine, la possibilità di introdurre una «carrozza del silenzio» a bordo dei treni (prenotabile da parte di quanti non desiderino viaggiare in compagnia di chi utilizza il telefono cellulare), la società ferroviaria ha precisato che tale possibilità è in fase di approfondimento: le verifiche in corso riguardano soprattutto l'impatto sui sistemi di prenotazione e il livello di gradimento da parte della clientela.
Il Ministro dei trasporti: Alessandro Bianchi.
DEIANA. - Al Ministro dei trasporti, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
la cenere lavica, frutto dell'attività stromboliana che interessa il cratere Sud-Est dell'Etna, sta provocando ormai da oltre undici giorni, la chiusura al tramonto ai voli civili dell'aeroporto Fontanarossa di Catania;
periodicamente, negli ultimi anni, l'aeroporto che serve la Sicilia orientale è costretto a chiudere i battenti a causa dell'attività vulcanica, arrecando seri danni all'attività economica della Regione e gravi disagi per i passeggeri;
i voli diretti a Catania sono stati dirottati da prima su Reggio Calabria e ultimamente su Palermo;
non risulta invece che l'aeroporto militare di Sigonella, collocato non lontano da quello di Fontanarossa, abbia subito alcuna limitazione ai voli pur in presenza della cenere lavica;
la Cgil siciliana ha recentemente richiesto al Governo, perdurando il blocco dei voli al Fontanarossa, di consentire lo scalo agli aerei civili nell'aeroporto di Sigonella -:
se il Governo non reputi necessario aprire ai voli civili l'aeroporto di Sigonella, al fine di soddisfare le legittime esigenze di sviluppo della Sicilia Orientale, avviando in questo senso anche un processo di riconversione al civile dell'attuale base militare.
(4-01909)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, si fa presente che la
questione è stata discussa presso l'Aula della Camera dei deputati nella seduta del 6 dicembre 2006, in occasione della risposta all'interrogazione 3-00456 da parte del Ministro per i rapporti con il Parlamento.
Pertanto non può che ribadirsi quanto è stato riferito in tale occasione e che si riporta di seguito.
In relazione alle problematiche derivanti dall'attività eruttiva dell'Etna e della nube di fumo che ha interessato gli scali insistenti sulla zona, l'Ente nazionale per l'aviazione civile (ENAC), che agisce come unica autorità di regolazione tecnica, certificazione e vigilanza nel settore dell'aviazione civile ai sensi del decreto legislativo n. 96 del 2005, ha provveduto ad emanare una specifica circolare secondo gli standard ICAO, peraltro validata dalla stessa Organizzazione, contenente l'allegato «Aeroporto di Catania Fontanarossa».
Tale circolare prescrive procedure e raccomandazioni per la gestione delle operazioni di volo in presenza di nube di cenere vulcanica ed è disponibile sul sito internet dell'Ente.
Sulla base delle disposizioni contenute in detta circolare, l'ENAC ha assunto la determinazione di chiusura dello scalo aeroportuale in questione congiuntamente all'ENAV, all'Aeronautica militare, che cura il servizio meteo e il radar nonché all'Istituto di geofisica e vulcanologia, che controlla e riferisce sulla situazione sotto l'aspetto geofisico e fornisce notizie certe sull'evoluzione della nube.
In merito alle questioni poste relativamente al trasferimento del traffico aereo di Catania sullo scalo di Sigonella si fa presente che tale soluzione è difficilmente praticabile in quanto trattasi di uno scalo militare interessato da intenso traffico sul quale, peraltro, opera anche la Marina militare americana (US NAVY).
Pertanto, un eventuale trasferimento del traffico civile è ipotizzabile solo a seguito di preventiva programmazione, come avvenuto, ad esempio, nel caso della temporanea chiusura dell'aeroporto di Fontanarossa.
Inoltre e contrariamente a quanto rappresentato dalla stampa, la Marina militare americana ha adottato le medesime procedure cautelative prese per l'aeroporto di Catania Fontanarossa, prevedendo l'interruzione della propria attività durante le ore serali.
Va, infine, segnalato che recenti intese fra l'ENAC e il Dipartimento per la protezione civile che sarà, peraltro, convocato a partecipare alla conferenza di servizi che si terrà a breve sulla questione, potrebbero comportare la ridefinizione delle attuali procedure di apertura dello scalo di Fontanarossa durante la fase eruttiva dell'Etna, consentendone una protrazione dell'apertura dell'aeroporto fino alle ore 20:00 serali.
Il Ministro dei trasporti: Alessandro Bianchi.
FOTI. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
dal 1996 i periti industriali hanno un ente di previdenza detto EPPI che non prevede un numero minimo di anni per avere diritto alla pensione, ma riconosce il 6 per cento di quanto versato negli anni;
l'INPS non riconosce, ai fini della determinazione degli anni totali di lavoro, gli anni di contributi versati all'EPPI;
all'atto di costituzione dell'EPPI non è stato prevista la continuità contributiva per tutti quei soggetti che avevano già all'attivo, da numerosi anni, versamenti contributivi all'INPS, né comunque risulta assentito il trasferimento automatico dei contributi versati all'EPPI all'ente di previdenza depositario della maggioranza degli anni contributivi;
appare evidente la penalizzazione per coloro che da numerosi anni versavano all'INPS e oggi versano all'EPPI senza il riconoscimento di quella continuità contributiva che, in passato, venne riservata - ad esempio - agli agenti di commercio -:
se e quali urgenti iniziative, anche di carattere normativo, intenda assumere al riguardo.
(4-00084)
Risposta. - Il processo di privatizzazione degli Enti e delle Casse di previdenza delle categorie libero professionali è stato avviato dal decreto legislativo 30 giugno 1994 n. 509, in attuazione dell'articolo 1, comma 33, della legge delega 24 dicembre 1993, n. 537 e dal successivo decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103, che sulla base della delega, contenuta dall'articolo 2 comma 25 della legge 8 agosto 1995, n. 335, consente l'estensione, a decorrere dal 1o gennaio 1996, della tutela previdenziale ai liberi professionisti privi di una propria Cassa di previdenza, ossia a quei soggetti che svolgono attività autonoma di libera professione, il cui esercizio sia subordinato all'iscrizione ad appositi albi.
Ciò premesso, si fa presente quanto segue.
L'EPPI, (Ente di previdenza per gli esercenti l'attività professionale di perito industriale) è stato istituito ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera b) del decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103, come Fondazione di diritto privato, ed è disciplinato oltre che dalle norme del decreto citato, anche da quelle del decreto legislativo n. 509 del 1994 e per quanto ivi non previsto, dalle norme civilistiche in tema di fondazioni, se e in quanto compatibili. La Fondazione si è costituita il 15 settembre 1997.
Scopo istituzionale dell'Ente è quello di gestire forme obbligatorie di previdenza ed assistenza a favore dei periti industriali iscritti agli Albi professionali e che esercitano attività autonoma di libera professione, in forma singola o associata, senza vincolo di subordinazione, anche sotto forma di collaborazione coordinata e continuativa.
Ai professionisti iscritti, l'EPPI riconosce il diritto ai trattamenti pensionistici per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti (articolo 2, decreto legislativo n. 103 del 1996) da liquidarsi esclusivamente col sistema di calcolo contributivo, previsto dall'articolo 1 della legge 8 agosto 1995, n. 335.
Secondo tale sistema di calcolo cosiddetto «contributivo», il diritto alla pensione si consegue al verificarsi delle prescritte tre condizioni: età, contribuzione, cessazione dell'attività lavorativa. L'articolo 12, comma 1 del «Regolamento per l'attuazione delle attività di previdenza, nel rispetto di quanto stabilito dall'articolo 1, comma 20 della legge n. 335 del 1995, dispone espressamente» che la pensione di vecchiaia è corrisposta all'iscritto che abbia compiuto sessantacinque anni di età, a condizione che risultino dallo stesso versate e accreditate almeno cinque annualità contributive. Si prescinde dal predetto requisito anagrafico al raggiungimento dell'anzianità contributiva non inferiore a quarantanni.
Per quanto riguarda l'osservazione formulata nell'interrogazione in esame circa la sussistenza di un effettivo pregiudizio «per coloro che da numerosi anni versano all'INPS e oggi versano all'EPPI, senza il riconoscimento di continuità contributiva», si fa presente che non può ravvisarsi continuità laddove la contribuzione previdenziale è stata versata negli anni in gestioni previdenziali diverse, quali nel caso di specie INPS ed EPPI, in quanto ciò comporterebbe, anche, riflessi sulla spesa previdenziale pubblica.
In proposito si rileva, che, nel nostro ordinamento giuridico, esistono degli strumenti, quali la ricongiunzione e la totalizzazione che consentono al lavoratore iscritto a due o più gestioni, che non raggiunga il diritto a pensione in nessuna di esse di effettuare la sommatoria dei contributi versati nelle diverse gestioni per il conseguimento di un'unica prestazione.
La ricongiunzione dei periodi assicurativi è disciplinata per i lavoratori dipendenti e per i lavoratori autonomi dalla legge 7 febbraio 1979 n. 29, mentre la legge 5 marzo 1990, n. 45, la prevede per i libero professionisti.
La facoltà di operare la ricongiunzione si rivela, spesso, particolarmente onerosa per i liberi professionisti, visto il tenore delle disposizioni di cui alla legge n. 45 del 1990.
Il sistema di calcolo del trattamento pensionistico attraverso il meccanismo della totalizzazione, meno vantaggioso per il soggetto avente diritto o avente causa ma privo di oneri, si basa, invece, su presupposti diversi rispetto alla ricongiunzione.
Attraverso la sommatoria gratuita di periodi assicurativi utili, infatti, non si procede all'unificazione delle posizioni contributive derivanti dal trasferimento di contributi da una gestione all'altra, ma ognuno di queste per la parte di propria competenza determina la misura del trattamento pro quota in rapporto ai rispettivi periodi di iscrizione maturati. Ai fini della misura del trattamento pensionistico pertanto ciascuna gestione interessata alla totalizzazione conteggerà per intero tutti i periodi contributivi ad essa relativi.
Il legislatore ha recentemente effettuato una rivisitazione dell'istituto della totalizzazione, emanando, in attuazione della legge delega 23 agosto 2004, n. 243, il decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 42, che sostituisce abrogandola esplicitamente la normativa previgente di cui al decreto 7 febbraio 2003 n. 5 «Regolamento recante, modalità di attuazione dell'articolo 71 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 concernente la totalizzazione dei periodi assicurativi». La facoltà di totalizzazione dei periodi assicurativi è riconosciuta al compimento del 65o anno di età nei confronti del lavoratore o della lavoratrice che abbia accumulato un'anzianità contributiva di 20 anni oppure, indipendentemente dall'età anagrafica, abbia complessivamente maturato almeno quaranta anni di anzianità contributiva, con versamenti di almeno 6 anni in ciascuna delle diverse gestioni o fondi previdenziali, e con la discriminante di non poter essere titolare, in ogni caso, di altro trattamento pensionistico.
La medesima facoltà è altresì riconosciuta per i casi di inabilità assoluta e permanente e per i superstiti di assicurato.
La pensione totalizzata è conseguibile a domanda del lavoratore o del suo avente causa da presentare all'ente gestore della forma assicurativa di ultima iscrizione, il quale provvederà ad avviare il relativo procedimento.
Ciascuna delle rispettive gestioni, per la parte di propria competenza, provvederà a determinare la misura del trattamento a proprio carico in rapporto ai periodi di iscrizione maturati (pro quota).
Le regole per il calcolo e la liquidazione del trattamento sono quelle del sistema contributivo. Tuttavia i parametri applicabili sono diversi tra gli enti pubblici, gli enti privatizzati di cui al decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, e gli enti privati di cui al decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103.
Il pagamento degli importi liquidati dalle singole gestioni è effettuato in ogni caso dall'INPS che provvederà a stipulare con gli enti interessati apposite convenzioni (articolo 5 del decreto legislativo n. 42 del 2006).
Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale: Cesare Damiano.
FOTI. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere quando verrà esaminato il ricorso, volto a vedere riconosciuta, previa effettuazione della visita medica in contraddittorio, una invalidità in misura non inferiore all'80 per cento, presentato al Comitato Provinciale INPS di Piacenza da Solari Giuseppe, nato a Morfasso il 15 maggio 1943 ed ivi residente in località Monastero.
(4-00095)
Risposta. - L'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale ha comunicato quanto segue.
Il signor Giuseppe Solari, in data 5 luglio 2004, ha proposto ricorso al comitato provinciale INPS di Piacenza, contro la reiezione della domanda di pensione.
Il suddetto comitato provinciale, in data 7 ottobre 2004, ha deliberato l'accoglimento del ricorso riconoscendo all'interessato un'invalidità all'80 per cento.
Successivamente, in data 22 febbraio 2005, al signor Solari è stata liquidata la pensione con decorrenza agosto 2004.
Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale: Cesare Damiano.
GALANTE. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la presente interrogazione, già presentata il 25 gennaio 2006, non avendo a suo tempo riscontrato risposta viene ripresentata al Ministro;
sabato 24 dicembre 2005 una pertinenza dell'abitazione di Gian Pietro Francescon, consigliere dei Comunisti italiani nella municipalità di Mestre-Carpendo (Venezia) è andata a fuoco;
è questa la terza volta che nell'abitazione di Gian Pietro Francescon si verificano incendi, nei primi due casi sicuramente dolosi;
inoltre, Gian Pietro Francescon è stato oggetto di un furto di documenti, successivamente restituiti dopo essere stati parzialmente bruciati;
gli attentati contro Gian Pietro Francescon si collocano nel contesto di numerosi, altri episodi di violenza politica, di attentati, di atti vandalici contro sedi di istituzioni, di partiti democratici, di organizzazioni sindacali perpetrati a Mestre negli ultimi anni;
in particolare, sono stati colpiti soggetti che si oppongono allo snaturamento del piano regolatore generale e al sacco della città perseguito da importanti lobbies affaristiche locali e nazionali;
di nessuno di questi episodi (che, nel loro insieme, compongono un preoccupante mosaico di illegalità) sono stati individuati né, tanto meno, condannati i responsabili;
secondo l'interrogante, questo dato di fatto incontestabile chiarisce, al di là di polemiche interessate a difendere l'indifendibile (come quelle di organizzazioni sindacali di orientamento politico antitetico a quello di Gian Pietro Francescon), il reale grado di efficienza delle istituzioni veneziane preposte alla prevenzione, alla repressione e alla sanzione della criminalità, con particolare riguardo a quella politica, diffusa sul territorio;
secondo l'interrogante, le autorità competenti dovrebbero col massimo impegno e con la massima sollecitudine chiarire fino in fondo tutti gli episodi di violenza di cui è stato vittima negli anni recenti Gian Pietro Francescon, in modo da sgombrare il campo da qualsiasi dubbio, anche tecnico, sulle indagini compiute o in corso -:
se, e come, intendano operare per prevenire, contrastare e reprimere ogni forma di violenza politica del tipo di quelle sopra evidenziate nella città di Mestre (Venezia);
se, e come, intendano potenziare le strutture delle forze dell'ordine e della magistratura presenti sul territorio mestrino, così che esse dispongano di tutti gli strumenti (finanziari, umani, tecnologici) necessari per svolgere al meglio le proprie funzioni;
se, e come, intendano garantire a Gian Pietro Francescon e alla sua famiglia adeguate forme di vigilanza e di tutela, tali da impedire ulteriori attentati e intimidazioni.
(4-00402)
Risposta. - Si premette, innanzitutto, che la protezione di amministratori locali, nonché dei loro familiari e dei loro beni, così come di tutte le persone esposte a rischio a causa delle funzioni esercitate, nonché delle sedi di uffici pubblici, di partiti, di circoli, di movimenti politici e di organizzazioni sindacali, costituisce una delle priorità dei servizi di controllo del territorio svolti dalle Forze dell'ordine in ogni regione del Paese, secondo una programmazione definita provincia per provincia.
Si evidenzia, inoltre, che questo Ministero non sottovaluta la gravità degli episodi di violenza politica diffusa nel loro genere, neppure quelli di minore impatto dimostrativo, in quanto comunque espressione di metodi violenti finalizzati a condizionare la normale dialettica democratica e, conseguentemente, a degradare i rapporti civili.
Occorre, tuttavia, riconoscere l'obiettiva difficoltà sia di un'attività di prevenzione capace di impedire in assoluto il ripetersi di atti del genere, che possono rivolgersi ad un numero altissimo di possibili obiettivi in ogni parte del Paese, sia di un'attività di repressione capace di individuarne in ogni caso i responsabili, trattandosi di gesti che non richiedono particolari abilità operative o particolari sforzi organizzativi per la loro esecuzione.
In relazione alla richiesta di potenziamento delle strutture delle forze dell'ordine nel territorio di Mestre, si riferisce che presso la questura del capoluogo lagunare prestano servizio, al 1o settembre 2006, 850 appartenenti ai ruoli operativi della polizia di Stato, con una carenza di 51 unità rispetto alle previsioni della pianta organica. Il deficit, tuttavia, si riduce in considerazione della contestuale presenza di 38 appartenenti al personale della polizia di Stato che espleta attività tecnico-scientifica o tecnica, nonché di 90 dipendenti dell'amministrazione civile dell'interno che, nei settori di supporto logistico e burocratico, contribuiscono alla funzionalità delle strutture.
L'Arma dei carabinieri, a sua volta, è presente in quel territorio con:
un Comando compagnia, dal quale dipendono un Nucleo operativo e radiomobile, una tenenza e 9 Stazioni carabinieri, con una forza complessiva di 213 unità;
un Nucleo operativo del Comando provinciale di Venezia, che dispone di 33 militari;
6 unità distaccate dalla Sezione anticrimine di Padova;
il 4o Battaglione Carabinieri «Veneto», con una forza di 339 militari.
Quanto ai potenziamenti di organico, le esigenze della provincia saranno attentamente valutate dal dipartimento della pubblica sicurezza del ministero dell'interno compatibilmente con le priorità degli altri Uffici, nell'ambito della pianificazione delle risorse disponibili.
Per quanto concerne, in particolare, il caso del consigliere Gian Pietro Francescon citato dall'interrogante si ricorda che il medesimo ha denunciato di aver subito tre attentati incendiari, asseritamente riconducibili al suo impegno politico, verificatisi, rispettivamente, il 28 maggio 1998, il 24 maggio 2004 e il 24 dicembre 2005.
Per tutti gli episodi gli inquirenti non hanno ancora individuato i responsabili.
Quanto alla richiesta dell'interrogante di fornire un'adeguata protezione all'interessato e alla sua famiglia, nel premettere che tale aspetto è alla costante attenzione del ministero dell'interno, si comunica che al momento non sono pervenute dalla prefettura-ufficio territoriale del Governo di Venezia segnalazioni in merito a situazioni ascrivibili alle fattispecie contemplate per l'adozione dei dispositivi di protezione previsti dall'articolo 1 della legge n. 133 del 2002.
In ogni caso il prefetto di Venezia, nell'ambito delle proprie attribuzioni, ha disposto, con riguardo all'abitazione del consigliere comunale in parola, la misura della vigilanza generica radiocollegata, tuttora in vigore.
Per quanto concerne altri non specificati episodi di violenza politica diffusa, la Questura veneziana ha rappresentato di aver condotto, nel corso del 2003, accurate indagini che hanno consentito il deferimento alla competente Autorità indiziaria dei presunti autori di alcuni episodi di furto perpetrati ai danni delle sedi Cgil di Mestre e dell'Assessorato alle politiche sociali del comune di Venezia, nonché di atti vandalici contro le sedi di alcuni partiti politici facenti parte dell'attuale maggioranza governativa.
Il Viceministro dell'interno: Marco Minniti.
LARATTA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 24 maggio 2005 intorno alle 22,30, a Siderno (Reggio Calabria) è stato ucciso il commerciante Gianluca Congiusta, 32 anni, incensurato, del luogo, titolare di alcuni
negozi commerciali di telefonia. La vittima è stata freddata a pallettoni all'interno della sua auto Bmw da un killer accompagnato forse da un complice. Secondo le risultanze investigative di allora il sicario avrebbe affiancato l'auto sulla quale viaggiava la vittima ed ha improvvisamente fatto fuoco da distanza ravvicinata senza lasciare scampo al giovane incensurato;
il giovane imprenditore viveva a Siderno insieme ai genitori; era fidanzato con una ragazza, era lontano da qualsiasi ambiente a rischio ed era figlio di un commerciante, Mario, anch'egli impegnato nel mondo della telefonia e degli elettrodomestici;
secondo le cronache di quei giorni, il delitto ha suscitato tanta indignazione a Siderno al punto da indurre il sindaco a indire un consiglio comunale urgente per esprimere costernazione e dichiarare il lutto cittadino;
durante i funerali i commercianti della cittadina hanno abbassato le serrande esponendo sulle stesse un cartello con su scritto «Chiuso perché qualcuno ha rubato la vita a Gianluca»;
ai funerali del giovane hanno partecipato migliaia di persone e nei mesi successivi sono state numerose le manifestazioni organizzate dai cittadini in segno di protesta (fiaccolata, pedalata, marcia del silenzio) e per chiedere giustizia;
diverse sono state anche le manifestazioni culturali e sportive in commemorazione di Gianluca Congiusta con consegna ai famigliari di targhe a ricordo;
da notizie in possesso dell'interrogante il giovane imprenditore era un ragazzo modello: egli nacque a Reggio Calabria il 19 dicembre 1973 e dopo aver frequentato le scuole dell'obbligo si iscrive all'Istituto Tecnico per il Turismo, che frequenta e ottiene ottimi risultati;
contemporaneamente comincia a lavorare nel tempo libero nel negozio del padre (vendita di elettrodomestici, telefonia eccetera);
si reca varie volte all'estero per lo studio delle lingue straniere in Inghilterra, Germania, Francia e Scozia;
consegue il diploma di operatore turistico e si iscrive all'Università di Messina presso la Facoltà di Economia e Commercio;
egli fa parte di una normalissima famiglia composta dai genitori e due sorelle, che da tre generazioni si occupa di commercio;
Gianluca praticava vari sport come il basket, il nuoto eccetera;
all'età di 16 anni veniva colpito da una grave malattia che ha richiesto il trapianto del midollo osseo. Gianluca allora vinse la sua battaglia con la morte per perderla poi per mano mafiosa;
a 18 anni, decide di investire nella sua terra ed apre il suo primo negozio di telefonia - Centro Tim - a Marina di Gioiosa; segue un secondo negozio a Locri ed un terzo a Siderno che diventa la sede principale;
in tutta l'attività è stato coadiuvato dalla sorella Roberta e dalla fidanzata Katiuscia;
dopo anni di assiduo lavoro riesce ad ottenere grandi risultati tanto da diventare leader nel suo campo di lavoro raggiungendo fatturati di 2 miliardi circa annui. Le sue attività davano lavoro a 10 persone. Nel frattempo si occupa molto del sociale: collaborava attivamente con le campagne di Telethon - adozione di bambini a distanza - aiuti ai bisognosi;
non ha mai negato il suo sponsor ai giovani sportivi, alle associazioni culturali ed a tutte le manifestazioni che si svolgono nella Locride;
un ragazzo normale, ben voluto e stimato da tutti tanto che il sindaco di Siderno ha deciso di erigere una stele in suo ricordo;
il padre della vittima ha riferito all'interrogante che prima dell'omicidio ha ricevuto richieste estorsive, a cui ha sempre
opposto rifiuto, e che nel negozio di Locri ha subito ben quattro rapine a mano annata. Naturalmente, dopo queste continue vessazione la famiglia Congiusta è stata costretta a chiudere il punto vendita di Locri. Il padre di Gianluca, Mario, ha fatto sapere che sul fronte delle indagini ad oggi non è stato raggiunto alcun risultato utile al fine dell'individuazione dei responsabili dell'omicidio del figlio, nonostante la costante collaborazione con le Forze dell'Ordine e una serie di appelli alle istituzioni tra cui il signor ministro dell'Interno dell'epoca dei fatti, onorevole Giuseppe Pisanu (lettera del 7 ottobre 2005) dal quale, tuttavia, non riceve alcuna risposta;
il 4 aprile 2006 il padre di Gianluca Congiusta, Mario, viene ricevuto dal superprefetto di Reggio Calabria, Luigi De Seria, il quale assicura l'uomo che sul caso del figlio «vi è la massima attenzione»;
da allora le indagini non hanno prodotto alcun risultato utile ad individuare i responsabili e/o i mandanti del delitto, e questo ha indotto Mario Congiusta a fare appello a tutti i parlamentari calabresi affinché sollecitassero le Istituzioni ad adottare iniziative che rafforzino la presenza delle Istituzioni in Calabria in modo che sia fatta luce sull'inspiegabile e assurdo fatto di sangue, come su altri delitti rimasti irrisolti;
ad ogni sollecitazione del padre della giovane vittima gli inquirenti avrebbero sempre riferito che si tratta «di un caso difficile»;
a distanza di un anno e due mesi dal barbaro omicidio di Gianluca Congiusta, degli assassini non si conosce ancora l'identità. Così come ad oggi non si conoscono né il movente né i presunti mandanti;
da allora nulla si è saputo nonostante le sollecitazioni dell'opinione pubblica e della famiglia che ha vissuto e vive ancora oggi nell'angoscia più cupa dal momento che il loro congiunto, rimasto vittima di un atto criminoso vile ed inspiegabile, era stimato e ben voluto da tutti;
secondo una ricostruzione del padre di Gianluca Congiusta, Mario, (che fa parte del coordinamento del forum www.ammazzatecitutti.org - l'organizzazione spontanea che fa capo ai «Ragazzi di Locri» - che collabora con il Centro Studi «Lazzati» fondato dal giudice Romano De Grazia), nel periodo che va dal 17 settembre 2004 al 19 luglio 2006 i morti ammazzati in Calabria per mano mafiosa sarebbero 33 in Calabria, di cui 29 nella sola Locride. Tra questi vi sono vittime eccellenti come il vicepresidente del Consiglio regionale della Calabria, onorevole Francesco Fortugno, ucciso il 16 ottobre 2005, (i cui presunti responsabili sono stati assicurati alla Giustizia); un bambino di 13 anni, Paolo Rodà, ucciso a Ferruzzano il 2 novembre 2004; il calciatore della squadra di calcio del Locri, Vincenzo Cotroneo, ucciso il 20 marzo 2006, a Bianco (Reggio Calabria); di Fedele Scarcella, 71 anni, agricoltore e membro dell'associazione antiracket «Sos Impresa», ucciso il 12 giugno 2006, a Vibo Valentia. Scarcella, secondo quanto si è appreso dagli organi di stampa, sarebbe stato «eliminato» perché si era opposto al pagamento di tangenti; e ancora il 19 luglio a Locri un pensionato di 70 anni, Giuseppe Fimognari, incensurato, è rimasto ucciso sul lungomare della cittadina jonica da un killer che ha esploso dei colpi di arma da fuoco alla testa. Da notizie in possesso dell'interrogante la percentuale dei casi irrisolti è ad oggi pari all'82 per cento, mentre solo il 18 per cento si può ritenere risolto in modo presunto -:
se non si intenda verificare se vi siano stati ritardi o deficienze investigative da parte del commissariato di Siderno, in relazione all'omicidio di Gianluca Congiusta, tali da determinare la non risoluzione del caso;
se non ritenga opportuno un monitoraggio volto ad accertare quali e quante attività investigative sono rimaste in essere, ossia per conoscere i motivi dell'alta percentuale di casi irrisolti in Calabria e nella Locride, ovvero dei delitti di mafia impuniti a far data dal 17 settembre 2004
ad oggi, tenendo anche conto che proprio nella giornata del 19 giugno 2006, è stato compiuto un nuovo delitto nel suddetto territorio calabrese;
se intenda avviare nuove e più efficaci azioni di rafforzamento degli organici delle forze dell'ordine e della magistratura perché si giunga ad una rapida soluzione dei delitti impuniti in Calabria e nella Locride, al fine di dare un forte segnale di presenza dello Stato, da sempre annunciata ma non riscontrabile nei fatti.
(4-00645)
Risposta. - Nel corso di una recentissima operazione di polizia giudiziaria, il personale del commissariato di pubblica sicurezza di Siderno (Reggio Calabria) ha tratto in arresto quattro persone per associazione a delinquere di stampo mafioso e notificato in carcere il provvedimento di custodia cautelare nei confronti del presunto autore dell'omicidio del giovane commerciante Gianluca Congiusta, assassinato la sera del 24 maggio 2005.
Quest'ultimo è stato individuato nella persona di un pericoloso esponente di un'organizzazione a delinquere di stampo mafioso che, dopo una latitanza iniziata nel marzo 2005, è stato assicurato alla giustizia lo scorso mese di dicembre.
Secondo gli inquirenti, all'origine del delitto vi sarebbe stata una vendetta per motivi personali.
L'operazione di polizia giudiziaria di cui in premessa è certamente il risultato conclusivo di pazienti ed accurate indagini da parte degli investigatori della squadra mobile della questura di Reggio Calabria e del menzionato commissariato di pubblica sicurezza di Siderno.
I medesimi, coordinati dalla direzione investigativa antimafia, hanno dato prova della loro abnegazione nello svolgimento delle delicate ricerche, rese ancora più difficili per gli oggettivi ostacoli di un territorio ad alta intensità mafiosa, dove predominano, se non l'omertà, quantomeno diffuse reticenze.
Certamente, la pressione criminale sul territorio della Locride è forte ed ha fatto registrare, nel periodo compreso tra il gennaio 2004 ed il luglio 2006, la consumazione di ben trentadue omicidi, almeno nove dei quali riconducibili alla criminalità organizzata.
Nonostante le menzionate difficoltà, le indagini, grazie all'attività svolta dagli operatori del citato commissariato, sono tuttavia pervenute a conclusione per sette dei menzionati delitti.
In questo difficile quadro - nel quale gli indici di delittuosità della provincia reggina hanno fatto registrare nel corso del 2005 un aumento del 13,1 per cento rispetto all'anno precedente (tendenza che sembra confermata, sebbene in misura più lieve, anche per il corrente anno) - la recrudescenza delle fenomenologie criminali è affrontata con uno specifico programma d'intervento.
Quest'ultimo si basa su di un adeguamento qualitativo del dispositivo di controllo del territorio e su di un dettagliato lavoro di mappatura della criminalità organizzata calabrese nell'ambito di un progetto di analisi condotto dalle strutture della polizia criminale, nonché attraverso la costituzione, a Reggio Calabria, di un gruppo di lavoro interforze coordinato dalla D.I.A., che opera per l'attuazione di un'ampia «circolarità informativa» sul fenomeno criminale.
Detto programma d'intervento prevede, altresì, un'attiva promozione delle misure di prevenzione patrimoniali, rivelatesi un mezzo particolarmente efficace nell'azione di contrasto alla criminalità organizzata, che, attraverso sequestri, con conseguente confisca ed utilizzo ai fini sociali di beni immobili, viene direttamente colpita nei suoi interessi economici.
Il 30 maggio scorso, inoltre, è stato sottoscritto un protocollo d'intesa tra il presidente della regione Calabria e i prefetti di Reggio Calabria e di Catanzaro, ove è stata convenuta la convocazione, almeno una volta l'anno, della conferenza regionale delle autorità di pubblica sicurezza con la partecipazione del presidente della giunta regionale della Calabria.
Ciò al fine di individuare strategie di azione comuni in settori di particolare rilevanza per il territorio, che richiedano «straordinari percorsi di normalizzazione».
Sulla base delle descritte linee d'intervento, l'azione svolta dalle forze di polizia sul piano operativo ha consentito di raggiungere significativi risultati nelle attività di contrasto alla `ndrangheta, a cominciare dalla positiva evoluzione dell'azione investigativa conseguente all'omicidio Fortugno, per il quale, com'è noto, sono stati identificati e tratti in arresto i quattro presunti responsabili, unitamente ad altri cinque affiliati alla cosca «Cordì» dominante a Locri.
Tuttavia, alla luce dei fenomeni criminosi più recenti, nuove iniziative vengono adottate per una risposta organica e strutturale ai problemi di sicurezza della regione.
Oltre al varo, da parte del Presidente del Consiglio dei ministri, di una «cabina di regia» per le questioni economico-sociali e di sicurezza della Calabria, si sta dando corso, sulla falsariga di iniziative già assunte per Napoli, ad un rafforzato modello di sicurezza partecipata, da ricondursi ad un nuovo «patto per la Calabria sicura», che veda il coinvolgimento diretto dei poteri locali nelle tematiche che attengono alla gestione della sicurezza.
Significativo, in proposito, è stato il vertice operativo che, presieduto dallo scrivente, si è svolto il 13 novembre 2006 a Lamezia Terme e che ha visto riuniti i vertici degli uffici giudiziari e quelli delle Forze dell'ordine a livello nazionale, regionale e provinciale.
In detta sede, oltre a dare immediato avvio ad interventi operativi finalizzati a contrastare, in modo pieno ed efficace, ogni tentativo di controllo del territorio da parte delle cosche, è stato posto l'obiettivo, d'intesa con i rappresentanti del ministero della giustizia, di potenziare gli organici degli uffici giudiziari.
Da informazioni fornite in proposito dal ministero della giustizia, risulta che il personale di magistratura togato previsto nell'organico della procura della Repubblica presso il tribunale di Locri non presenta, al momento, alcuna carenza.
Differente è la situazione per il personale amministrativo: sono infatti presenti solo quarantasei dipendenti rispetto ai cinquantasei previsti. Ad ogni buon fine, per assicurare la funzionalità di quegli uffici, nei quali l'insufficienza del personale determina maggiori criticità, è applicabile, da parte del procuratore generale della Repubblica di Reggio Calabria, l'istituto della mobilità interna, che consente, nell'ambito del potere di vigilanza sugli uffici requirenti di propria competenza, di ridistribuire le risorse umane sulla base delle diverse esigenze.
Infine, per quanto riguarda il dispositivo delle tre forze di polizia sul territorio della provincia reggina, si rileva che, alla data del 31 ottobre scorso, il numero degli operatori risulta essere, complessivamente, pari a 4.987 unità con un rapporto operatore-abitanti pari a 1 su 113, più favorevole del valore medio nazionale, che è pari ad un operatore ogni 214 abitanti.
Il dispositivo mirato al controllo del territorio si avvale anche dell'apporto del reparto prevenzione crimine Calabria della Polizia di Stato - che nel 2005 ha impiegato a tal fine 1.943 pattuglie e 2.041 nei primi sei mesi del 2006 - nonché della Compagnia Intervento Operativo (CIO) dell'arma dei carabinieri.
Il Viceministro dell'interno: Marco Minniti.
MELONI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della solidarietà sociale, al Ministro per le politiche per la famiglia. - Per sapere - premesso che:
sono centinaia le famiglie - riunite in un apposito coordinamento - che da tempo chiedono di adottare bambini bielorussi nel rispetto delle normative vigenti;
con l'entrata in vigore della nuova legge in materia, a partire dall'ottobre 2004 la Bielorussia ha di fatto bloccato tutte le procedure di adozione internazionale;
circa 150 procedure già in fase avanzata di valutazione sono state «sospese» ed alcune coppie che si erano recate in Bielorussia per l'udienza finale in tribunale
sono state costrette a ritornare in Italia senza i bambini;
anche altre centinaia di coppie italiane - che hanno faticosamente acquisito l'idoneità all'adozione - si sono viste bloccare l'iter di presentazione delle proprie domande di adozione riguardanti bambini orfani bielorussi, nella maggioranza dei casi conosciuti durante i soggiorni periodici in Italia;
il 12 dicembre 2005 è stato sottoscritto un nuovo Protocollo bilaterale tra Italia e Bielorussia in materia di adozioni;
il testo firmato indica la data del 1 marzo 2006 quale limite entro il quale il Ministero dell'istruzione bielorusso si impegnava «ad organizzare l'esame di tutte le pratiche pervenute al Centro prima del mese di ottobre 2004 e di quelle giacenti presso il Centro al momento della sottoscrizione del Protocollo, con la ferma intenzione di rispettare i principi fondamentali della Convenzione de L'Aja del 29 maggio 1993, privilegiando il superiore interesse dei minori e tenendo conto dei legami affettivi che si sono instaurati tra i minori bielorussi e i candidati italiani all'adozione»;
il Coordinamento Famiglie Adottanti in Bielorussia ha più volte denunciato il mancato rispetto della scadenza da parte delle autorità bielorusse;
solo una minima parte delle 150 adozioni sospese è stata portata a termine con successo; molte adozioni vengono rifiutate sulla base di motivazioni che contrastano con il «superiore interesse dei minori» senza tenere conto dei legami affettivi che si sono instaurati tra i minori bielorussi e i candidati italiani all'adozione;
occorre compiere ulteriori passi significativi per perfezionare i termini dell'accordo e per consentire che vengano presentate in Bielorussia le domande successive a quelle «sospese», riguardanti minori che da troppi anni attendono questa adozione;
come hanno dimostrato i recenti fatti di cronaca, sono centinaia i bambini che rischiano un penoso abbandono a causa della separazione dalle famiglie che li hanno accolti e cresciuti come figli -:
se non intendano sollecitare il Governo bielorusso al fine di dare concreta attuazione al Protocollo bilaterale del dicembre 2005;
quali urgenti iniziative intendano intraprendere a sostegno delle famiglie che, nel rispetto della normativa vigente, si sono viste precludere le condizioni per la prosecuzione delle procedure adottive;
se non ritengano opportuno organizzare in tempi brevi una missione in Bielorussia al fine di riprendere il dialogo con le autorità locali e far sì che sia risolta al più presto questa drammatica situazione che coinvolge centinaia di famiglie italiane e minori bielorussi.
(4-01241)
Risposta. - Con il decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, testo unico sull'immigrazione (articolo 33), è stato istituito il comitato per i minori stranieri, i cui compiti sono regolati dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 9 dicembre 1999, n. 535, che si occupa dei minori stranieri non accompagnati e dei minori stranieri accolti. Dagli studi effettuati dal comitato emerge che i minori provengono soprattutto da Paesi quali la Bielorussia e l'Ucraina (rispettivamente 27.000 e 5.500 all'anno). Si tratta di minori che possono provenire da istituti, in quanto orfani o privi di genitori che esercitano la potestà, oppure da famiglie. Il tipo di soggiorno in Italia si caratterizza in prevalenza come forme di accoglienza presso famiglie (circa il 70 per cento) mentre solo un 30 per cento di minori viene accolto in Italia, in strutture spesso messe a disposizione dagli enti locali.
Il problema delle relazioni con la Bielorussia si colloca all'interno di un quadro di relazioni politiche molto complesse. Dal 2004 ad oggi sono state bloccate circa 150 pratiche di adozione, per le quali il relativo iter si é concluso nel pieno rispetto degli accordi internazionali tra i nostri Paesi.
Dalla primavera del 2005 ripetuti sono stati i passi compiuti, a diversi livelli, per sensibilizzare il Governo bielorusso sulle gravi conseguenze del blocco delle adozioni e degli orientamenti di maggior chiusura profilatisi in tema di soggiorni temporanei all'estero, con l'invito a giungere a soluzioni conformi a principi di umanità e giustizia. In questo contesto, si è messo in rilievo che le adozioni, come i programmi di accoglienza temporanea di bambini, rappresentano un fenomeno unico per dimensioni e continuità nei rapporti tra le società civili dei due Paesi, tale da incidere in profondità e nel tempo sulle relazioni italo-bielorusse. In particolare, veniva chiesto prioritariamente che le procedure di adozione avviate prima dell'ottobre 2004, potessero essere rapidamente portate a positiva conclusione sulla base di principi di equità e di umanità, nell'interesse stesso dei bambini coinvolti, prima ancora che delle famiglie italiane, dati i vincoli affettivi stabilitisi.
Venendo incontro alle indicazioni bielorusse secondo cui solo con la firma di un nuovo Protocollo che adeguasse le intese alla loro nuova normativa sarebbe stato possibile sbloccare le pratiche di adozione pendenti ed avviare procedure per nuove adozioni, dopo un serrato negoziato il 12 dicembre 2005, questo Protocollo è stato sottoscritto a Minsk dalla commissione per le adozioni internazionali e dal ministero interrogato e per la Bielorussia dal Ministro dell'istruzione. L'intesa prevedeva che le procedure di adozione pendenti sarebbero state riesaminate e definite positivamente entro il 1o marzo 2006.
Nonostante ciò, dopo il 1o marzo la scadenza non è stata rispettata ed il termine è stato procrastinato a più riprese dalle Autorità bielorusse adducendo motivazioni burocratiche nonostante le ripetute e ferme sollecitazioni del ministero interrogato a dare sostanziale attuazione alle intese sottoscritte.
Nei giorni scorsi il ministero dell'istruzione bielorussa ha dato comunicazione al presidente della CAI dell'avvenuta conclusione dell'esame di tutte le 154 pratiche, informando che solo per 32 casi era stato possibile dichiarare l'adozione a favore di famiglie italiane mentre per le restanti non era stato possibile accogliere le richieste delle famiglie italiane. Tutto questo accadeva mentre da parte italiana ci si accingeva ad effettuare, d'intesa con il ministero delle politiche della famiglia, il Ministero delle politiche sociali e la commissione per le adozioni internazionali una nuova missione a Minsk per ribadire l'aspettativa italiana di vedere risolte le procedure di adozione in sospeso e di sollecitare le autorità bielorusse ad accogliere l'esame di circa 400 domande già istruite ma non ancora trasmesse alla controparte nonché al tempo stesso affrontare i problemi riguardanti i soggiorni terapeutici di minori per il chiarimento resosi necessario anche a seguito della vicenda della scorsa estate della minore bielorussa trattenuta illegalmente in Italia dai coniugi Giusto. Il Governo di Minsk ha inaspettatamente revocato la propria disponibilità ad accogliere la missione italiana nel mese di novembre, chiedendone il posponimento al mese successivo.
Il mistero degli affari esteri non può che esprimere preoccupazione per l'atteggiamento delle autorità bielorusse che, si auspica, vogliano riconsiderare le proprie decisioni ed impegnarsi in spirito costruttivo alla soluzione dei problemi sul tappeto esclusivamente nel superiore interesse dei bambini che rimane lo scopo prioritario dei programmi solidaristici.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Famiano Crucianelli.
NACCARATO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'Amministrazione comunale di Padova nel corso degli ultimi due anni ha predisposto un piano di intervento per il recupero della zona di via Anelli, diventata nel tempo luogo di spaccio di sostanze stupefacenti. Il piano prevede lo sgombero di sei palazzine che costituiscono il cosiddetto «ghetto», il trasferimento dei residenti aventi diritto in altri alloggi pubblici
e le opere di riqualificazione. Ad oggi sono già state chiuse tre palazzine ed è prossimo lo sgombero della quarta. L'intervento dell'Amministrazione affronta il problema della concentrazione eccessiva di immigrati in una zona circoscritta, persegue gli obiettivi di un riordino equilibrato delle densità abitative e, parallelamente, di una lotta seria alla criminalità;
nell'ambito del piano è stata eretta una robusta recinzione metallica lungo via De Besi per ostacolare l'attività degli spacciatori di stupefacenti che è stata oggetto di ampio dibattito su quotidiani e televisioni e che è stata impropriamente definita muro;
domenica 24 settembre si è svolta nel quadrante della Stanga una manifestazione organizzata da Centri sociali e gruppi di cosiddetti «No Global» con il dichiarato obbiettivo di abbattere la prima descritta barriera;
durante la manifestazione il quartiere è stato teatro di gravissimi episodi di violenza, annunciati e ricercati sin dalla convocazione della manifestazione, diretti a raggiungere la barriera e smantellarla, in violazione del percorso autorizzato dalla Questura;
si sono svolte deliberate provocazioni e insulti da parte dei manifestanti verso le forze dell'ordine impegnate a garantire la quiete pubblica in tutta la zona e l'ordinato svolgimento della manifestazione;
nello svolgimento del proprio lavoro molti agenti sono stati fatti oggetto di gratuiti atti di violenza che hanno comportato il ricovero in ospedale di alcuni di essi -:
se il Ministro sia al corrente dei fatti sopra esposti e quali iniziative intenda assumere per collaborare con l'Amministrazione comunale di Padova, la Questura e la Prefettura per tutelare la sicurezza dei cittadini e se intenda intervenire, dal punto di vista economico e logistico, con l'invio di ulteriori forze dell'ordine.
(4-01057)
Risposta. - La problematica dell'ordine e della sicurezza pubblica nel quartiere di via Anelli a Padova è da tempo all'attenzione dello scrivente, che segue con attenzione l'evolversi della situazione in relazione anche alle iniziative avviate a livello locale dall'amministrazione comunale di concerto con la prefettura e le altre Autorità di pubblica sicurezza.
In proposito, nel richiamare preliminarmente le notizie rese in Aula in risposta ad altra interrogazione (n. 3-00408) presentata dall'interrogante si evidenzia che il 16 novembre scorso lo scrivente ha presieduto, presso l'Ufficio territoriale del Governo, un apposito Comitato provinciale per l'ordine pubblico.
Nel corso della riunione è emerso, pur non sottovalutando alcun elemento di valutazione, un bilancio complessivamente positivo dello stato di attuazione del programma di risanamento del quartiere in parola.
Quest'ultimo è stato reso possibile da una riscontrata grande cooperazione istituzionale tra la prefettura, le forze di polizia, il comune e la provincia di Padova, che, negli ambiti di rispettiva competenza, hanno dato prova di una «forte convergenza» per un lavoro comune.
Come è noto, la complessità della problematica, nella quale manifestazioni delinquenziali s'intrecciano con elementi di degrado urbanistico e marginalità sociale, ha suggerito un approccio di carattere integrato, che unisca gli interventi di prevenzione e contrasto della criminalità con azioni positive volte al recupero delle sacche di esclusione e ghettizzazione venutesi a determinare nel tempo.
In questa prospettiva, all'impegno dell'amministrazione comunale per il completamento di un piano di sgombero e risanamento del complesso residenziale «la Serenissima» si è affiancata, parallelamente, l'attività delle autorità di pubblica sicurezza volta ad assicurare più elevati livelli di sicurezza e ordine pubblico nell'area.
A tal fine, le forze di polizia sono state chiamate a garantire costanti e rigorosi servizi di controllo del territorio, oltre ad
effettuare numerose operazioni straordinarie dalle quali sono scaturiti arresti, espulsioni e sequestri di stupefacenti e oggetti idonei all'offesa.
In particolare, dopo i fatti dei luglio scorso che avevano visto fronteggiarsi gruppi di spacciatori nigeriani e maghrebini verosimilmente in lotta per il controllo del mercato della droga, sono stati rivisti i dispositivi di prevenzione e controllo del territorio, è stata disposta la chiusura al traffico della zona immediatamente a ridosso delle palazzine e il presidio di vigilanza fissa di via Anelli è stato ulteriormente rinforzato per un totale di 80 uomini.
Per quanto riguarda, infine, le proteste di matrice antagonista contro il cosiddetto «muro di via Anelli» (cioè la nuova recinzione metallica realizzata a cura del comune lungo la via De Besi per chiudere un varco abitualmente usato dagli spacciatori), preciso che già in occasione della manifestazione del 24 settembre scorso indetta dall'associazione «Razzismo Stop» le autorità locali di pubblica sicurezza hanno assunto tutte le misure possibili per ridurre al minimo i rischi per l'ordine pubblico pur nel rispetto delle libertà costituzionalmente garantite di riunione ed espressione dei pensiero.
In particolare, ricevuto l'avviso della manifestazione denominata «Assalto culturale al muro del proibizionismo» ed avuta notizia dei propositi di abbattimento dimostrativo della recinzione, li questore ha prescritto lo svolgimento della manifestazione esclusivamente lungo una strada adiacente via Anelli, a distanza dal muro contestato.
Contravvenendo alle prescrizioni impartite, numerosi aderenti al Centro sociale «Pedro», peraltro travisatisi con caschi protettivi, fazzoletti e felpe e avvalendosi di carrelli da supermercato su cui erano stati applicati dei rudimentali scudi verticali, hanno ugualmente provato a dare corso al loro disegno originario, cercando di scardinare le transenne che impedivano l'accesso a via Anelli e cospargendo di liquido infiammabile la sede stradale.
Ciò ha determinato l'intervento delle forze dell'ordine, che hanno dovuto far ricorso al lancio di alcuni lacrimogeni per respingere i dimostranti, che hanno reagito con il lancio di bottiglie, oggetti contundenti e petardi.
Nel corso degli incidenti, sono rimasti feriti sette operatori di polizia e quattro manifestanti sono stati arrestati per resistenza, violenza a pubblico ufficiale, lesioni aggravate e travisamento nel corso di una pubblica manifestazione.
I successivi rilievi hanno permesso il sequestro di zainetti contenenti sassi, tubi di plastica e di metallo, tenaglie e lattine contenenti liquidi infiammabili.
Si evidenzia che l'Autorità giudiziaria ha disposto la traduzione in carcere degli arrestati, confermando il provvedimento adottato dalle forze di polizia.
Il Viceministro dell'interno: Marco Minniti.
NICCHI e VIOLA. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro per le politiche per la famiglia, al Ministro della solidarietà sociale, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
a partire dal disastro di Chernobyl (aprile 1986), l'Italia si è trovata in prima linea per offrire il proprio sostegno e il proprio aiuto ai bambini che vivono in quelle zone: 2 milioni di cittadini italiani hanno ospitato in questo periodo più di 300.000 bambini e molte associazioni e comuni italiani hanno «adottato» gli istituti dai quali provengono i bambini ospitati, con l'unico obiettivo di portare sollievo alla parte più debole della società di quel paese, ancora oggi in grande difficoltà economica e in forte ritardo nello sviluppo sociale dopo la fine dell'Unione Sovietica;
le famiglie con il tempo non si sono limitate ad offrire semplicemente un periodo di soggiorno terapeutico. Nella quasi totalità dei casi, esse hanno finito per prendersi realmente carico del minore, soprattutto nel caso in cui questi in patria era orfano o senza una famiglia in grado
di assisterlo, destinato ad un futuro incerto. Con il tempo, le cure si sono trasformate in vero affetto filiale che in alcuni casi ha dato l'avvio alla presentazione di domande di adozione;
il coordinamento delle famiglie adottanti in Bielorussia rileva che nell'ottobre 2004 le domande di adozione di oltre 150 bambini, i cui dossier sono completi di tutti i documenti, sono congelate negli uffici e nei ministeri di Minsk. Oltre 400 bambini rimangono con le famiglie italiane ad attendere la riapertura degli sportelli del consolato bielorusso per il deposito delle nuove domande di adozione, pronte e tradotte già dall'inizio dell'anno;
dopo intensi contatti diplomatici, anche sotto la spinta di tutte le famiglie italiane coinvolte, solo alla fine del 2005 viene firmato un protocollo tra Italia e Bielorussia per la riapertura delle adozioni. Le prime 150 adozioni congelate sembrano sbloccarsi ma, nel 2006, solo un numero esiguo di bambini (ad oggi poco meno di 30) fa il suo ingresso in Italia, e le ulteriori 400 domande rimaste in sospeso non vengono tuttora ancora accolte;
in questo contesto va inserito il caso di Maria e la scelta dei coniugi Giusto, i quali hanno deciso di nascondere la bambina, che avevano in affidamento per il periodo estivo ormai da diversi anni;
le notizie di stampa riportano l'esistenza di certificazioni mediche che attestano il grave stato di salute psico-fisico della bambina, per i ripetuti maltrattamenti e violenze subite nell'istituto che la ospita nel suo paese di origine, fino al tentativo di suicidio. Tutto ciò assieme all'impossibilità di adottarla o avere concesso da parte delle autorità l'affidamento in tempi brevi per curarla in maniera adeguata, hanno spinto la famiglia Giusto a questa drammatica scelta;
l'Ambasciata di Minsk a Roma, parla esplicitamente di sequestro di persona e la Bielorussia ha di conseguenza bloccato di fatto tutte le altre iniziative coinvolgenti bambini provenienti da quei territori (adozioni, permanenza per motivi di studio eccetera);
si è preso atto del tentativo di mediazione svolto dal sottosegretario Daniela Melchiorre avente l'obiettivo di tutelare in primis la persona di Maria e nel contempo di evitare gravissime ritorsioni da parte del Governo di Minsk nei confronti del sistema delle adozioni, sancito da un protocollo d'intesa del 12 dicembre 2005 tra Italia e Bielorussia, e di tutte quelle forme di tutela e solidarietà che molte associazioni italiane hanno svolte a favore dei minori in Bielorussia -:
quali iniziative abbia intrapreso e intenda intraprendere il Governo italiano al fine di:
a) risolvere questa delicata vicenda nell'interesse di Maria tenendo conto della Convenzione Internazionale dei Diritti del Fanciullo, stipulata a New York nel novembre 1989 e sottoscritta sia dall'Italia che dalla Bielorussia che impegna gli stati parti a «proteggere il fanciullo contro ogni forma di sfruttamento sessuale e violenza sessuale. A tal fine, gli Stati adottano in particolare ogni adeguata misura a livello nazionale, bilaterale e multilaterale»;
b) dare certezze alle tante famiglie e associazioni italiane che da ormai 20 anni si preoccupano di dare sostegno morale e materiale a chi subisce ingiustamente gli effetti della drammatica crisi politica e sociale che colpisce quel Paese;
c) attuare una stretta vigilanza sul rispetto del nuovo termine indicato dalla Bielorussia (1 dicembre 2006) per l'esito delle 150 domande di adozione sospese dal 2004 con garanzia di conclusione positiva anche per le domande rigettate a livello locale;
d) prendere i necessari accordi con le istituzioni bielorusse per stabilire dettagliatamente i termini di realizzazione delle ulteriori adozioni che verranno richieste dalle famiglie italiane sulla base della nuova normativa bielorussa in vigore dal gennaio 2005;
e) favorire un reale clima di collaborazione positiva con il governo bielorusso, per incrementare relazioni commerciali e culturali tra Italia e Bielorussia, anche attraverso l'integrazione e il miglioramento dell'accordo firmato il 12 dicembre 2005 tra i due stati coinvolgendo anche l'UE;
f) adoperarsi per assicurare - per quanto di competenza del Governo - a tutti i bambini bielorussi che ne hanno bisogno la possibilità di continuare a beneficiare dei soggiorni nelle famiglie italiane ospitanti e, in particolare, se si potesse avviare da subito la realizzazione degli affidi preadottivi ai bambini chiesti in adozione ed a quelli che hanno, già instaurato significativi legami affettivi con le famiglie italiane;
g) far sì che si assicuri - per quanto di competenza del Governo - a tutti i bambini bielorussi che ne hanno bisogno, la possibilità di continuare a beneficiare dei soggiorni nelle famiglie italiane ospitanti.
(4-01098)
Risposta. - Con il decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, testo unico sull'immigrazione (articolo 33), è stato istituito il comitato per i minori stranieri, i cui compiti sono regolati dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 9 dicembre 1999, n. 535, che si occupa dei minori stranieri non accompagnati e dei minori stranieri accolti. Dagli studi effettuati dal comitato emerge che i minori provengono soprattutto da Paesi quali la Bielorussia e l'Ucraina (rispettivamente 27.000 e 5.500 all'anno). Si tratta di minori che possono provenire da istituti, in quanto orfani o privi di genitori che esercitano la potestà, oppure da famiglie. Il tipo di soggiorno in Italia si caratterizza in prevalenza come forme di accoglienza presso famiglie (circa il 70 per cento) mentre solo un 30 per cento di minori viene accolto in Italia, in strutture spesso messe a disposizione dagli enti locali. Il problema delle relazioni con la Bielorussia si colloca all'interno di un quadro di relazioni politiche molto complesse.
Dalla primavera del 2005 ripetuti sono stati i passi compiuti, a diversi livelli, per sensibilizzare il Governo bielorusso sulle gravi conseguenze del blocco delle adozioni e degli orientamenti di maggior chiusura profilatisi in tema di soggiorni temporanei all'estero, con l'invito a giungere a soluzioni conformi a principi di umanità e giustizia. In questo contesto, si è messo in rilievo che le adozioni, come i programmi di accoglienza temporanea di bambini, rappresentano un fenomeno unico per dimensioni e continuità nei rapporti tra le società civili dei due Paesi, tale da incidere in profondità e nel tempo sulle relazioni italo-bielorusse. In particolare, veniva chiesto prioritariamente che le procedure di adozione avviate prima dell'ottobre 2004, potessero essere rapidamente portate a positiva conclusione sulla base di principi di equità e di umanità, nell'interesse stesso dei bambini coinvolti, prima ancora che delle famiglie italiane, dati i vincoli affettivi stabilitisi.
Venendo incontro alle indicazioni bielorusse secondo cui solo con la firma di un nuovo Protocollo che adeguasse le intese alla loro nuova normativa sarebbe stato possibile sbloccare le pratiche di adozione pendenti ed avviare procedure per nuove adozioni, dopo un serrato negoziato il 12 dicembre 2005, questo protocollo è stato sottoscritto a Minsk dalla commissione per le adozioni internazionali e dal ministero interrogato e per la Bielorussia dal Ministro dell'istruzione. L'intesa prevedeva che le procedure di adozione pendenti sarebbero state riesaminate e definite positivamente entro il 1o marzo 2006.
Nonostante ciò, la scadenza non è stata rispettata ed il termine è stato procrastinato a più riprese dalle Autorità bielorusse adducendo motivazioni burocratiche, nonostante le ripetute e ferme sollecitazioni del ministero interrogato a dare sostanziale attuazione alle intese sottoscritte.
Recentemente il ministero dell'istruzione bielorussa ha dato comunicazione dell'avvenuta conclusione dell'esame di tutte le 154 pratiche pendenti, informando che solo per 32 casi era stato possibile dichiarare l'adozione a favore di famiglie italiane.
Tutto questo accadeva mentre da parte italiana ci si accingeva ad effettuare, d'intesa con il ministero delle politiche della famiglia, il ministero delle politiche sociali e la commissione per le adozioni internazionali, una nuova missione a Minsk per ribadire l'aspettativa italiana di vedere risolte le procedure di adozione in sospeso e di sollecitare le autorità bielorusse ad accogliere l'esame di circa 400 domande già istruite ma non ancora trasmesse alla controparte.
L'incontro doveva al tempo stesso affrontare i problemi riguardanti i soggiorni terapeutici di minori per il chiarimento resosi necessario anche a seguito della vicenda della scorsa estate della minore bielorussa trattenuta in Italia dai coniugi Giusto. Sono state, infatti, adottate disposizioni per escludere i minori privi di tutela genitoriale o affidati ad internati dalla possibilità di partecipare a questi programmi di risanamento, discriminatorie ai danni dei bambini che maggiormente trarrebbero beneficio dai soggiorni in Italia, misure che non possono essere da noi e dall'opinione pubblica italiana condivise.
Il Governo di Minsk, peraltro, ha inaspettatamente revocato alla antivigilia della partenza la propria disponibilità ad accogliere la missione italiana, chiedendone il posponimento. Il ministero degli affari esteri non può che esprimere preoccupazione per l'atteggiamento delle autorità bielorusse che, si auspica, vogliano riconsiderare le proprie decisioni ed impegnarsi alla soluzione dei problemi sul tappeto costruttivamente, sulla base di valutazioni tese unicamente ad attuare quel superiore interesse dei bambini cui affermano voler ispirare la propria condotta.
La vicenda del mancato rientro in Bielorussia della minore trattenuta in Italia dai coniugi Giusto presso i quali era ospite nell'ambito di un programma di soggiorno temporaneo di risanamento, è stata seguita con grande attenzione dal ministero interrogato in stretto contatto con gli altri dicasteri interessati e nel pieno rispetto dell'autonomia della Magistratura. Il ministero interrogato ha al tempo stesso ricordato alle autorità bielorusse i principi di legalità e separazione dei poteri che sono alla base del nostro ordinamento, sottolineando la correttezza del comportamento delle migliaia di famiglie che con alto senso di solidarietà ospitano ogni anno bambini bielorussi, comportamento che non può essere scalfito da un singolo circoscritto episodio. Si è altresì colta anche questa occasione per ribadire la necessità che le autorità bielorusse tengano fede agli impegni assunti in materia di adozione, la cui attuazione non può essere ulteriormente dilazionata.
Purtroppo da parte bielorussa sono state adottate misure che escludono i bambini orfani o privi di tutela genitoriale affidati ad internati dalla possibilità di partecipare a questi programmi di risanamento. Da parte italiana non si è mancato di fare rilevare come tale discriminazione a danno dei bambini che maggiormente trarrebbero beneficio dai soggiorni in Italia non può essere condivisa e la programmata missione a Minsk mirava anche ad un opportuno chiarimento al riguardo.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Famiano Crucianelli.
PALOMBA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la stampa ha dato particolare e giusto risalto alle minacce ed alle intimidazioni subite dal Sindaco di Donori, Rita Massa e dal Vice Sindaco Ambrogio Muscas, che è anche Consigliere Provinciale;
simili criminosi atti fanno seguito ad altri analoghi verificatesi in precedenza;
i fatti hanno prodotto profondo turbamento tanto negli interessati e nelle loro famiglie, quanto nella comunità di Donori, in cui gli amministratori sono benvoluti ed assai stimati;
fatti di questa natura necessitano di forti interventi di contrasto anche per evitare fughe dalle responsabilità amministrative e tutelare le espressioni democratiche della volontà popolare -:
accertata la reale entità dei fatti di cui sopra, nelle proiezioni tanto personali quanto sociali, quali misure di contrasto siano state adottate o si intenda adottare per la sicurezza personale dei suddetti amministratori e della comunità interessata, nonché per prevenire e reprimere analoghi fatti criminosi connessi con la sicurezza pubblica.
(4-01446)
Risposta. - Il 16 ottobre 2006, il marito della signora Rita Massa, Sindaco di Donori (Cagliari), ha denunziato il rinvenimento, nel giardino della sua abitazione, di un plico a lui indirizzato contenente due proiettili calibro 7,65.
Peraltro nei mesi di maggio del 2005 e del 2006, analoghi ritrovamenti hanno avuto luogo nel giardino comune alle abitazioni del sindaco e del di lei fratello.
Anche il signor Ambrogio Muscas, attuale vicesindaco di Donori e già a capo dell'amministrazione comunale dal 1995 al 2005, è stato ripetutamente oggetto, fra il 1997 ed il 2006, di vari atti intimidatori.
Da ultimo, il 18 ottobre 2006, il Muscas ha rinvenuto un proiettile nella cassetta della posta.
Si precisa che il medesimo, in passato, si è distinto per alcune decisioni che non hanno incontrato unanimi consensi nella popolazione. Negli anni '90, ha condotto significative iniziative di carattere ambientalista, negando la concessione per l'esercizio di attività estrattive in cava nel territorio comunale ed organizzando una manifestazione contro un centro polifunzionale per il trattamento dei rifiuti ubicato al confine con il limitrofo comune di Perdiana, attualmente in funzione soltanto per la raccolta di rifiuti speciali.
Poiché il sindaco in carica, fino al maggio del 2005 non era stato oggetto di intimidazioni, la questura di Cagliari ha segnalato che presumibilmente i responsabili degli atti intimidatori ritengono che il Muscas, di fatto, sia tuttora l'ispiratore di numerose iniziative dell'ente locale.
Le indagini, tempestivamente avviate dall'Arma dei carabinieri, non hanno ancora consentito individuare i responsabili dei richiamati fatti. Peraltro, secondo quanto segnalato dalla questura di Cagliari, gli investigatori appaiono fiduciosi in una positiva conclusione delle stesse.
Relativamente alla tutela della sicurezza personale dei due amministratori, il prefetto di Cagliari ha disposto la misura della vigilanza generica radiocollegata relativamente alle rispettive abitazioni ed alla sede del palazzo comunale.
Il Viceministro dell'interno: Marco Minniti.
PEDICA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
da italiano l'interrogante non può che non avvertire il silenzio sconfortante che le Istituzioni dedicano alla vicenda che ha portato alla morte di Aleksander Litvinenko, la ex spia del Kgb avvelenata con un agente radioattivo mentre si trovava in stato di asilo politico in territorio inglese;
questo ennesimo attentato a un dissidente del Cremlino, intrapreso con modalità spregiudicate e altamente pericolose per l'incolumità della popolazione londinese, è un affronto a tutta la comunità internazionale che regola il suo agire in base a norme democratiche ispirate al rispetto dello stato di diritto e della sovranità di ogni nazione;
a giudizio dell'interrogante, le alte cariche istituzionali e il Ministero degli Affari Esteri, come già il Regno Unito e la Germania stanno facendo, non possono esimersi dall'intervenire e rendere ufficiale il proprio sgomento per questo delitto ancora avvolto nel mistero, che getta ombre tangibili di intimidazione e di minaccia sull'operato di un organo dello Stato come la Commissione bicamerale
Mitrokhin, e sull'incolumità dei suoi componenti e informatori ai quali va la mia solidarietà -:
come il Governo intenda intervenire per contribuire alla necessaria chiarezza su una vicenda che ha colpito l'intera comunità internazionale e sui cui risvolti è necessario quanto prima fare piena luce.
(4-01779)
Risposta. - Nei giorni scorsi le autorità russe hanno respinto con decisione le accuse di coinvolgimento nell'avvelenamento dell'ex-agente del KGB Litvinenko, che sta monopolizzando l'attenzione della stampa internazionale.
In un comunicato stampa il Servizio Federale di Sicurezza (FSB) ha ribadito la completa estraneità dei Servizi segreti russi al caso in questione e la piena fiducia nella capacità della polizia britannica di condurre le indagine a buon fine, rintracciando i veri colpevoli.
Nel frattempo si sono spostate in Russia le indagini di «Scotland Yard»: nove investigatori del reparto speciale antiterroristico sono giunti a Mosca per interrogare alcuni testimoni, tra cui Lugovoy (ex agente dei Servizi segreti russi, oggi ricco uomo d'affari, nuovamente ricoverato in ospedale per ulteriori accertamenti sull'eventuale contaminazione da polonio 210). Il Ministro degli esteri Lavrov ha al riguardo dichiarato che la vicenda non intaccherà la qualità delle relazioni anglo-russe.
Il procuratore generale Chaika, dopo aver ribadito che la Federazione Russa è pronta a fornire la massima assistenza alla controparte inglese ha chiarito che in territorio russo le indagini verranno condotte secondo le norme locali, in conformità alla Costituzione e alle convenzioni internazionali applicabili. Nel merito delle indagini e senza anticipare conclusioni al momento premature, Chaika ha tuttavia sollevato il dubbio che la sostanza radioattiva in questione potrebbe non essere stata prodotta o venduta dalla Russia, riecheggiando le dichiarazioni del Presidente dell'Ente atomico Kirienko, secondo le quali le esportazioni di polonio sono certificate e controllate con estrema attenzione, ciò rendendo particolarmente difficile il traffico illecito.
Per quanto attiene al quesito posto dall'interrogante, nel corso della sua recente visita a Mosca il Ministro degli affari esteri D'Alema ha segnalato alle autorità russe che da parte italiana ci si attende la piena collaborazione di Mosca in materia ed ha ricevuto ampie assicurazioni sulla loro disponibilità a collaborare sul piano giudiziario con i Paesi interessati dalla vicenda di Alexander Litvinenko.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Famiano Crucianelli.
PICANO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 213 comma 2-sexies del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, così come modificato dalla legge 17 agosto n. 168 dispone la confisca «in tutti i casi in cui un ciclomotore o un motoveicolo sia stato adoperato per commettere una delle violazioni amministrative di cui agli articoli 169 (trasporto di persone, animali e oggetti sui veicoli a motore), commi 2 e 7, 170 (trasporto di persone e di oggetti sui veicoli a motore a due ruote) e 171 (uso del casco protettivo per gli utenti di veicoli a due ruote) o per commettere un reato, sia che la violazione amministrativa o il reato sia stato commesso da un detentore maggiorenne, sia che sia stato commesso da un detentore minorenne»;
secondo la normativa in vigore dal 14 luglio 2006 è possibile trasportare un passeggero anche su veicoli a motore 50 cc, purché il guidatore sia maggiorenne, il veicolo possegga una tipologia di targa come prevista dal decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 2006, n. 153 e l'omologazione per il posto passeggero sia indicato sulla carta di circolazione -:
se, il Ministro intenda valutare l'opportunità di una decretazione d'urgenza per eventuali addolcimenti delle sanzioni attualmente previste dal Codice della Strada, così da determinare una maggiore
uniformità tra due tipologie di normative tanto differenti e da sgravare di prevedibili numerosi ricorsi Prefetti e Giudici di Pace, costantemente oberati di questi, specie nei grandi agglomerati urbani.
(4-00785)
Risposta. - Com'è noto, con la recente approvazione in sede parlamentare del decreto legge 3 ottobre 2006, n. 262, recante disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria sono state apportate alcune modifiche al nuovo codice della strada, con la riformulazione, tra l'altro, del comma 2-sexies, dell'articolo 213.
In particolare, la nuova disposizione prescrive la confisca del veicolo nei soli casi in cui un ciclomotore o un motoveicolo sia stato adoperato per commettere un reato, uniformando la disciplina tanto nel caso che il conducente sia di maggiore età, quanto nel caso che sia, invece, minorenne.
Il Viceministro dell'interno: Marco Minniti.
RAMPELLI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il 12 ottobre 2006 l'Assemblea parlamentare francese ha approvato in prima lettura una proposta di legge che punisce con un anno di carcere e un'ammenda di 45.000 euro chiunque neghi il genocidio armeno compiuto dall'impero ottomano nel 1915;
la tragedia degli armeni - seppure poco presente nei testi scolatici, come sottolineato dalla comunità armena di Roma - ha rappresentato una delle pagine più tristi e dolorose del Novecento;
proprio qualche giorno fa l'Accademia svedese ha assegnato il premio Nobel 2006 per la letteratura allo scrittore turco Orhan Pamuk, già incriminato nel suo paese per le dichiarazioni sullo sterminio di circa un milione e mezzo di armeni ed autore di un romanzo che esplora la complessa identità turca attraverso il suo ricco passato imperiale;
l'iniziativa legislativa francese, approvata a larga maggioranza, non ha mancato di provocare vivaci polemiche e numerose reazioni anche in altri paesi europei;
nella giornata di ieri, un rappresentante della chiesa armena di Chaville, nei pressi di Parigi, ha denunciato la distruzione di una scultura in bronzo che commemora il genocidio degli armeni;
la Turchia non ha mai riconosciuto il genocidio perpetrato, nonostante le numerose richieste del Parlamento europeo e di svariati Stati membri;
nella Risoluzione approvata dal Parlamento europeo il 27 settembre 2006 - sui progressi della Turchia verso l'adesione - si afferma che la Turchia continua ad esercitare un blocco ingiustificabile contro l'Armenia e che tale blocco minaccia la stabilità della regione, ostacola lo sviluppo regionale di rapporti di buon vicinato ed è in contrasto con le priorità del partenariato di adesione;
si ha notizia della proposta da parte turca dell'istituzione di una commissione di esperti, che dovrebbe essere sotto l'egida delle Nazioni Unite, per superare la tragica esperienza del passato;
il Parlamento europeo ha sollecitato i governi turco e armeno a proseguire nel processo di riconciliazione per raggiungere una proposta accettabile da entrambe le parti e si è detto compiaciuto del fatto che in Turchia si è dato avvio ad una discussione sulla dolorosa storia con l'Armenia;
sebbene il riconoscimento del genocidio armeno in quanto tale non costituisca uno dei criteri di Copenaghen, secondo l'istituzione comunitaria è indispensabile che un paese che si avvia all'adesione accetti e riconosca il proprio passato;
è stato chiesto, in proposito, alle autorità turche di facilitare il lavoro dei ricercatori, degli intellettuali e degli studiosi che lavorano sulla questione del genocidio armeno, garantendo loro l'accesso agli archivi storici e fornendo tutti i documenti utili;
la Turchia è stata sollecitata a compiere, senza condizioni preliminari, i passi necessari a stabilire relazioni diplomatiche e di buon vicinato con l'Armenia, a ritirare il blocco economico e ad aprire la frontiera terrestre quanto prima, per rispettare le priorità contenute nel partenariato per l'adesione nonché gli obblighi del quadro negoziale sulla «composizione pacifica delle controversie sui confini», che sono entrambi vincolanti ai fini dell'adesione all'Unione europea;
il genocidio degli armeni è stato riconosciuto, oltreché dal Parlamento europeo e dalla sottocommissione per i Diritti umani dell'Onu, da altri paesi europei, quali la Francia, il Belgio, la Svizzera e la Grecia -:
quale sia la valutazione del Governo in merito a tale questione e se non ritenga necessario che lo Stato italiano - nei rapporti diplomatici con la Turchia - inviti le autorità di questo paese a compiere gli sforzi necessari per riconoscere il genocidio degli armeni e per aprire un serio negoziato con le minoranze etniche, come richiesto dal Parlamento europeo.
(4-01290)
Risposta. - La Turchia e l'Armenia non intrattengono relazioni diplomatiche, anche se vivono in Turchia circa 30.000 cittadini armeni, oltre a circa 70.000 cittadini turchi di etnia armena. Permane una chiusura delle frontiere terrestri anche se vi sono collegamenti aerei. Le condizioni poste da Ankara per una normalizzazione dei rapporti sono: rimozione dalla Costituzione e dalla Dichiarazione di Indipendenza armene di quelle parti che fanno prefigurare rivendicazioni territoriali; riconoscimento delle frontiere secondo l'accordo di Kars del 1921; ritiro dai territori azeri ai sensi delle decisioni ONU; eliminazione del «riconoscimento del genocidio» dalle priorità della politica estera di Jerevan.
La questione condiziona in maniera rilevante la politica estera di Ankara, che è sempre intervenuta pesantemente per evitare che - sotto la pressione della diaspora armena, molto forte in Paesi quali la Francia e gli Stati Uniti - alcuni Parlamenti nazionali potessero ufficialmente riconoscere il genocidio in quanto tale. Come ricordato anche nell'atto parlamentare, i casi più noti sono quelli della Svizzera, della Polonia, della Lituania, del Canada e soprattutto della Francia, dove è stata recentemente approvata in Assemblea Nazionale una proposta di legge che arriva a prevedere il reato di «negazione» del genocidio armeno. Quanto a quest'ultimo progetto di legge, va peraltro ricordato che l'iter di approvazione è appena iniziato e che sono richiesti numerosi passaggi ed in particolare l'esame da parte del Senato. Si segnala tuttavia come il Governo francese si sia decisamente dissociato dall'iniziativa.
Attestato ufficialmente su posizioni di diniego, nell'ultimo biennio il Governo turco ha manifestato un qualche segnale di apertura: nell'aprile del 2005 ha, in particolare, avanzato la proposta di creazione di «Commissioni di studio miste», per far luce sui fatti, nonché la completa messa a disposizione degli archivi storici, militari e civili. Il Governo armeno ha sempre respinto le proposte turche, considerando il genocidio un dato di fatto incontestabile non suscettibile di ulteriori approfondimenti e ritenendo piuttosto di rilanciare sul piano politico. Si registra inoltre con interesse il dibattito che inizia a svilupparsi nella stessa Turchia, pur con tutte le contraddizioni delle quali si è avuta evidenza nel novembre 2005 con la messa sotto processo dello scrittore Orhan Pamuk, poi assolto. Nel contesto, superando notevoli difficoltà, si era potuto svolgere nel settembre 2005 un seminario ad Istanbul dove - per la prima volta nella Turchia repubblicana - si è potuto discutere del tema degli armeni nell'Impero Ottomano.
L'argomento del riconoscimento del genocidio armeno non è menzionato nella dichiarazione dell'Unione di apertura del negoziato di adesione con la Turchia (12 ottobre 2005), che stabilisce il quadro di riferimento generale per il processo di adattamento del quadro normativo turco all'acquis comunitario. In tale dichiarazione viene, invece, previsto l'impegno della Turchia nel confronti della pace e della stabilità
e dello sviluppo delle relazioni di buon vicinato, ivi compresa la definitiva soluzione delle questioni bilaterali in sospeso. Tuttavia, l'aspetto delle relazioni con l'Armenia verrà valutato da un punto di vista comunitario, quando i rapporti di screening della Commissione sui capitoli politici e riguardanti le relazioni esterne, ancora in fase di elaborazione, verranno portati all'attenzione del Consiglio.
La tematica del genocidio armeno è invece contenuta nel Rapporto Eurlings sui progressi compiuti dalla Turchia in vista dell'adesione all'UE, adottato il 28 settembre 2006 dal Parlamento Europeo. Tale documento, che non ha valore vincolante per il negoziato di adesione, sottolinea come tale tematica costituisca un elemento importante (e non più un requisito preliminare, come richiesto nella proposta della Commissione parlamentare del 4 settembre) nell'ambito del processo di avvicinamento della Turchia nell'Unione. Nel Rapporto si sollecita, inoltre, il Governo turco a compiere i passi necessari per stabilire relazioni diplomatiche e di buon vicinato con l'Armenia e ad aprire la frontiera terrestre quanto prima, conformemente alle risoluzioni adottate dal Parlamento tra il 1987 ed il 2005.
Per quel che riguarda la posizione italiana, risulta una mozione approvata dalla Camera dei Deputati il 17 novembre 2000 che tuttavia non consiste in una risoluzione di riconoscimento del genocidio armeno, ma impegna il Governo su di un piano generale ad «adoperarsi per il completo superamento di ogni contrapposizione tra popoli e minoranze dell'area, al fine di creare le condizioni, nel rispetto dell'integrità territoriale dei due Stati, per la pacifica convivenza e la corretta tutela dei diritti umani nella prospettiva di una più rapida integrazione della Turchia e dell'intera regione nell'Unione Europea».
Da parte italiana si incoraggiano pertanto le due parti ad assumere un atteggiamento costruttivo e moderato a cominciare dallo stabilimento di relazioni diplomatiche e di buon vicinato e dal «lifting» delle sanzioni economiche che impediscono la normalizzazione dei rapporti in particolare nella sfera economico-commerciale.
Si è del resto consapevoli della grande delicatezza della questione, che chiama in causa il periodo in cui nacque la Repubblica e l'atteggiamento stesso del «padre della patria» Ataturk, con tutte le implicazioni sul piano dei rapporti interni con le forze conservatrici e con l'establishment militare. Si continuerà ad incoraggiare le aperture in corso. D'altra parte, le stesse Autorità turche sanno che il dialogo con l'Europa - e tra le rispettive società civili - nel lungo periodo del negoziato non potrà prescindere da tale tema. Merita sottolineare nel contesto come Yerevan abbia salutato con favore l'avvio del processo di adesione del Paese all'Unione Europea, (regolarmente avviato il 3 ottobre 2005 come previsto nelle conclusioni del Consiglio Europeo del 17 dicembre 2004) ritenendolo un elemento propizio per avviare un negoziato tra le due parti sulle questioni aperte.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Famiano Crucianelli.
REINA, RAO, LO MONTE e OLIVA. - Al Ministro dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la chiusura altalenante dell'aeroporto di Catania-Fontanarossa, stabilita nei giorni scorsi procura disagi insostenibili all'utenza ordinaria, arreca consistenti danni all'economia locale e frena considerevolmente il flusso turistico da e per l'Isola, senza voler tenere conto dei danni diretti che si procurano alla Società di gestione dei servizi aeroportuali ed a tutte quelle ad essa collegate, nella ulteriore e non secondaria considerazione che l'approdo aereo di Catania costituisce il naturale riferimento per quasi i due terzi dell'intero movimento aereo turistico e commerciale che investe la Sicilia;
tutto ciò, oltretutto, assume maggiore rilievo quando si consideri che ci si ritrova a ridosso delle festività natalizie e ci si attende un tradizionale implemento dei
viaggiatori che utilizzano il mezzo di trasporto aereo, con il conseguente sollievo economico che questo comporta sul piano dei ricavi da parte di tutte le attività produttive locali che vengono all'uopo interessate;
allo stato, non è dato conoscere, in termini compiuti, sulla base di quali effettivi e comprovati elementi scientifici si è pervenuti ad individuare, a fronte del fenomeno eruttivo e diffusivo di cenere lavica - peraltro ormai di entità non certamente significativa dopo una prima fase che aveva sollevato una certa apprensione - la pericolosità del mantenimento in apertura dello scalo aeroportuale, che viene puntualmente chiuso nelle ore pomeridiane e serali per essere poi riaperto nella successiva mattinata dei giorni che fin qui si sono succeduti;
poiché non può di certo ritenersi che una situazione di tal fatta possa ricomprendersi e ricondursi esclusivamente nelle determinazioni che può assumere la struttura di ENAC, ai vari livelli di responsabilità, senza una più ampia, autorevole e partecipata platea decisionale che deve vedere interessati anche gli Enti Locali territoriali, se non altro per i gravissimi elementi di danno che giornalmente si arrecano nei confronti di utenti ed operatori economici -:
se intenda o meno, assumere idonee iniziative immediate per il totale ripristino del traffico aereo dell'aerostazione di Catania-Fontanarossa; ed, in ogni caso, per informare di quale sia la strategia che si vuol mettere in atto per affrontare la situazione verificatasi, anche alla luce delle necessarie valutazioni tecniche e scientifiche che nel merito debbono condursi, impedendo che nelle settimane a venire possa ripetersi una condizione di aperta ed assai problematica crisi come quella cui stiamo assistendo.
(4-01791)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame si fa presente che la questione è stata discussa presso l'Aula della Camera dei deputati nella seduta del 6 dicembre 2006, in occasione della risposta all'interrogazione 3-00456 da parte del Ministro per i rapporti con il Parlamento.
Pertanto non può che ribadirsi quanto è stato riferito in tale occasione e che si riporta di seguito.
In relazione alle problematiche derivanti dall'attività eruttiva dell'Etna e della nube di fumo che ha interessato gli scali insistenti sulla zona, l'Ente nazionale per l'aviazione civile (ENAC), che agisce come unica autorità di regolazione tecnica, certificazione e vigilanza nel settore dell'aviazione civile ai sensi del decreto legislativo n. 96 del 2005, ha provveduto ad emanare una specifica circolare secondo gli standard ICAO, peraltro validata dalla stessa organizzazione, contenente l'allegato «Aeroporto di Catania Fontanarossa».
Tale circolare prescrive procedure e raccomandazioni per la gestione delle operazioni di volo in presenza di nube di cenere vulcanica ed è disponibile sul sito internet dell'Ente.
Sulla base delle disposizioni contenute in detta circolare, l'ENAC ha assunto la determinazione di chiusura dello scalo aereo in questione congiuntamente all'ENAV, all'Aeronautica militare, che cura il servizio meteo e il radar nonché all'Istituto di geofisica e vulcanologia, che controlla e riferisce sulla situazione sotto l'aspetto geofisico e fornisce notizie certe sull'evoluzione della nube.
Va, infine, segnalato che recenti intese fra l'ENAC e il Dipartimento per la protezione civile che sarà, peraltro, convocato a partecipare alla conferenza di servizi che si terrà a breve sulla questione, potrebbero comportare la ridefinizione delle attuali procedure di apertura dello scalo di Fontanarossa durante la fase eruttiva dell'Etna, consentendone una protrazione dell'apertura dell'aeroporto fino alle ore 20:00 serali.
Il Ministro dei trasporti: Alessandro Bianchi.
RONCONI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
ai sensi dell'articolo 227 del testo unico degli enti locali, il rendiconto - che assume la funzione di dimostrare i risultati della gestione - è deliberato dall'organo consiliare dell'ente entro il 30 giugno dell'anno successivo a quello di riferimento;
al 30 giugno 2006, il Comune di Perugia non ha provveduto all'approvazione del rendiconto riferito all'anno 2005, grave inadempienza che sta, ancora oggi, perdurando;
tale fondamentale adempimento, ancora oggi, non solo non è neanche all'esame del Consiglio comunale, non solo non è neanche all'esame della Giunta comunale, ma non è stato neanche predisposto dai competenti Uffici comunali;
all'approssimarsi della predetta scadenza, sono progressivamente comparsi sulle cronache locali di Perugia i più gravi profili di crisi sull'effettiva condizione dei conti dell'ente;
la bufera, infine esplosa, a quanto risulta all'interrogante, è nata dalle crescenti contestazioni formulate dalla Dirigente del Settore Bilancio, risalenti - per quanto poi appreso - almeno ad un anno prima (forse ancora precedenti), la quale, anche arrivando a formali notifiche dei suoi rilievi, ha ripetutamente censurato la mancanza di effettivi riscontri contabili per una nutrita e particolarmente consistente serie di voci relative alle entrate;
essendo ormai nota e visibile la grave condizione di stallo fondata su giustificati rilievi di particolare gravità e consistenza, il Sindaco di Perugia non ha trovato di meglio che rimuovere la suddetta Dirigente neanche dalle funzioni, quanto invece dalla specifica responsabilità di predisporre il rendiconto 2005 - fatto perlomeno anomalo secondo l'interrogante - per il fatto che non ha voluto firmare documenti contabili sforniti dei necessari riscontri;
nelle settimane successive, mentre i Consiglieri comunali dell'opposizione, ma non solo, reclamavano controlli trasparenti affidati a soggetti esterni e terzi di effettiva garanzia per tutta la città, mentre i giornali locali facevano trapelare, in virtù di attendibili fonti interne al Palazzo, spaventose voragini da vero e proprio dissesto, secondo l'interrogante, l'amministrazione comunale si è ripiegata su se stessa, ha distribuito responsabilità di verifica tutte interne all'ente, peraltro non esenti da possibili corresponsabilità nelle anomalie contabili di questi anni e, concluse le verifiche operate nella totale assenza di un qualsiasi controllo esterno, ha comunicato nella mattinata del 28 luglio 2006, che l'entità della voragine contabile sarebbe stimata nell'ordine di circa 8 milioni di euro di deficit per l'anno 2005, di progressiva provenienza dagli anni precedenti;
anche risultasse fondata tale stima, nonostante per settimane i giornali locali abbiano dato notizia di somme anche tre volte superiori, si tratterebbe per il Comune di Perugia di una voragine di bilancio di particolare gravità, corrispondente a circa il 6 per cento della parte corrente, assimilabile, tanto per rendere una proporzionata idea, a circa 24 miliardi di euro di voragine nella parte corrente del Bilancio dello Stato;
ad avviso dell'interrogante tra i tanti gravi e preoccupanti elementi della vicenda, vi è il dato che le necessarie verifiche, indotte dalle contestazioni formulate dalla suddetta competente Dirigente comunale, una volta estromessa, sono state tutte eseguite da poche persone interne al Comune di Perugia, non estranee alla sua gestione anche contabile, con modalità neanche note, nell'apparente inerzia e nel certo silenzio delle tante e varie Autorità che hanno la responsabilità di vigilare sulla corretta gestione dell'ente;
la solitaria attività di verifica di poche persone interne all'ente risulta, tra l'altro, inspiegabile, anche alla luce dell'articolo 136 del testo unico degli enti
locali, il quale, a fronte di una così grave inadempienza di legge, prevede la nomina di un commissario ad acta che dovrebbe ormai egli provvedere ad ogni incombente previsto per la verifica e proposta dal rendiconto 2005;
per quanto risulta all'interrogante i cittadini di Perugia, prescindendo dalla loro collocazione politica, sono sempre più preoccupati sull'effettiva condizione dei conti comunali, le cui nocive conseguenze si ripercuotono, già oggi, sui bilanci di famiglie ed imprese e che vorrebbero essere rassicurati con elementi di definitiva chiarezza, senza dover temere ulteriori future sorprese per eventuali perduranti elementi contabili che dovessero risultare, ancora oggi, non sufficientemente valutati -:
quali iniziative abbia assunto o intenda assumere affinché il Comune di Perugia adempia all'approvazione del rendiconto riferito all'anno 2005, garantendo effettive condizioni di certezza e trasparenza dei dati che lo devono comporre;
di quali informazioni disponga circa eventuali iniziative assunte dalla competente Corte dei conti, anche al fine di verificare, direttamente, essa stessa, tutta la documentazione contabile, documento per documento, oggetto delle indicate - ed ormai ampiamente giustificate - contestazioni formulate dalla suddetta Dirigente comunale;
se vi sia una qualche Autorità, che sia Contabile, ovvero Giudiziaria, ovvero di Governo, che abbia avvertito l'esigenza di sentire, stante la notorietà di fatti di straordinaria gravità, la Dirigente del Settore Bilancio del Comune di Perugia, parzialmente rimossa dalle sue funzioni per il rendiconto 2005, nonostante i fatti le stiano dando pienamente ragione sul suo operato;
se rispondesse al vero la notizia secondo la quale vi sarebbe stata una impropria allocazione di rilevanti somme nella parte delle entrate dei rendiconti approvati negli ultimi anni dal Comune di Perugia;
quali conseguenze ne deriverebbero, in base alla normativa vigente;
quali conseguenze determina per il Comune di Perugia, rispetto ai più vari obblighi di legge, il suo perdurante effettivo deficit riferito ad almeno gli ultimi cinque anni.
(4-00771)
RONCONI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
con interrogazione a risposta scritta n. 4-00771, presentata nella seduta del 31 luglio 2006, lo scrivente ha già segnalato la preoccupante condizione in cui versa il Comune di Perugia, gravemente inadempiente per la mancata approvazione del rendiconto relativo all'anno 2005 nel termine del 30 giugno previsto dall'articolo 227 del testo unico degli enti locali;
la vicenda, già allora dai profili di particolare gravità, come precisamente descritta nei suoi elementi essenziali con il predetto atto, si è andata ulteriormente aggravando, visti i fatti che si sono andati a comporre successivamente;
come già segnalato, rimossa la scomoda Dirigente comunale del Settore Bilancio che aveva denunciato le estese e gravi irregolarità nella gestione delle entrate, il Sindaco Renato Locchi ha incaricato il Direttore Generale dell'Ente alla predisposizione del rendiconto 2005 ed ha attribuito, allo stesso scopo, la responsabilità di gestione delle entrate al Segretario Generale dello stesso ente comunale;
tale scelta, fortemente criticata dai Consiglieri comunali dell'opposizione, si pone in immediato contrasto con l'articolo 107 del Tuel, il quale prevede e garantisce l'esclusività della responsabilità gestionale - come quella di gestione delle entrate o di materiale predisposizione di un rendiconto - in capo ai dirigenti, tra i quali non può certamente comprendersi il Segretario Generale, con altrettanta esclusione per il Direttore Generale, al quale ultimo sono
attribuite dallo stesso Tuel funzioni di coordinamento dirigenziale ma non di gestione;
nonostante tali evidenze normative, anche sottolineate da recenti pronunce giurisprudenziali (cfr. Cons. Stato, 21 agosto 2006, n. 4858), il Consiglio comunale di Perugia si appresta ad esaminare, e forse approvare, nella seduta del prossimo 25 settembre, un controverso rendiconto 2005 predisposto e proposto sotto la responsabilità gestionale, sopra descritta, del Direttore Generale e del Segretario Generale del Comune di Perugia, in aperta violazione delle citate norme di riferimento del Tuel, così determinando l'immediata conseguenza di originari e radicali vizi di legittimità degli atti contabili proposti all'approvazione del Consiglio comunale;
sulla proposta di rendiconto in questione, redatto con un deficit di gestione dichiarato di euro 3.807.746,93, pende l'esplicito parere negativo di uno dei tre Revisori dei Conti dell'Ente, fatto senza precedenti per il Comune di Perugia, il quale, tra i vari - anche gravi - rilievi ha innanzitutto, indicato la clamorosa mancata iscrizione a bilancio di un debito nei confronti di Sorit Spa, concessionaria del servizio riscossione tributi, ammontante alla cospicua cifra di euro 10.784.097,34;
sulla stessa partita, gli altri due Revisori dei Conti al punto 2) della pag. 41 della loro Relazione, riconoscono l'esistenza di tale debito la cui mancata iscrizione viene giustificata «in quanto non si sono rilevate risorse per il suo finanziamento», allarmante dichiarazione ed ammissione che, da sola, dovrebbe giustificare l'avvio delle procedure di dissesto come previste dagli artt. 244 e ss. del Tuel;
l'esame dei più evidenti rilievi formulati dal Revisore dissenziente, anche alla luce dei documenti contabili di più chiara lettura, ha portato i Consiglieri comunali dell'opposizione a calcolare in almeno euro 19.290.907,59 l'effettivo deficit dell'Ente comunale, pari a circa il 12 per cento della spesa corrente, aggravato dalla natura di debito fuori bilancio l'esposizione nei confronti di Sorit S.p.a. (con il quale si arriverebbe, addirittura, a finanziare la spesa corrente, in aperta violazione dell'articolo 119 della Costituzione), mentre nella prossima seduta del Consiglio comunale verrà portato in deliberazione, come detto, un minor deficit indicato in più comodi euro 3.807.746,93;
le descritte gravi lacune contabili hanno costretto i Consiglieri dell'opposizione ad occupare, giorno e notte ormai da 4 giorni, la Sala del Consiglio comunale per denunciare la grave situazione e richiamare attenzione e responsabilità di tutte le competenti Autorità, ad iniziare dagli stessi Consiglieri comunali della maggioranza ai quali viene rivolto un permanente appello a non approvare un provvedimento con le descritte evidenti peggiori caratteristiche;
tale vicenda, che da mesi sta monopolizzando le più preoccupanti cronache locali, sta ormai arrivando ad un punto di non ritorno, dove in gioco non sono più, soltanto, i veri conti del Comune di Perugia ma, innanzitutto, la tenuta dei primi elementi di legalità e democrazia di un capoluogo regionale fondamentale e centrale nella storia e per le migliori sorti della nostra Nazione;
la ragione per la quale l'U.T.G. di Perugia, nonostante la notorietà delle gravi notizie sulla mancata approvazione del predetto rendiconto e nonostante le formali sollecitazioni avanzate dai Consiglieri comunali dell'opposizione nello scorso mese di luglio, non ha esercitato le responsabilità previste dall'articolo 135 del Tuel il quale, come noto, prevede che «Il Prefetto (...) quando sia necessario assicurare il regolare svolgimento delle attività delle pubbliche amministrazioni, richiede ai competenti organi statali e regionali gli interventi di controllo e sostitutivi previsti dalla legge», per arrivare alla nomina di un commissario ad acta, ex articolo 136 del Tuel, che provvedesse alla predisposizione del rendiconto 2005;
la ragione per la quale il Ministero dell'Economia non ha, ad oggi, ritenuto di
dover intervenire inviando un'ispezione presso il Comune di Perugia per il quale, anche in questo caso, sono da tempo notorie le gravi mancanze ed inadempienze, ormai non più connesse alla sola mancata approvazione del rendiconto 2005, ma più ampiamente estese alla regolarità della complessiva gestione contabile dell'Ente, passata, attuale e di prospettiva -:
se non ritiene che tanta inerzia delle Autorità di Governo, di fronte a tanto gravi evidenze nell'amministrazione di un capoluogo di regione, finisca per accreditare nei perugini, come anche indotto da millanterie locali, l'impressione che il rispetto delle più elementari norme di contabilità e corretta gestione di un ente locale dipenda dalla coincidenza o meno dell'orientamento politico del Governo in carica;
quali iniziative intende assumere per ripristinare i più evidenti elementi di regolare gestione contabile del Comune di Perugia, in particolare - almeno vista la predetta ammissione dei Revisori dei Conti - promuovendo la procedura di dichiarazione di dissesto dell'Ente, nel caso anche mediante specifiche iniziative, anche ex articolo 135 Tuel, dell'U.T.G. di Perugia.
(4-01042)
Risposta. - È innanzitutto da premettere che il ministero dell'interno segue con attenzione l'evolversi della situazione contabile e finanziaria del comune di Perugia tenendo conto dei limiti e delle possibilità d'intervento offerte dalla normativa vigente in materia di autonomie e finanza locale; limiti che, nel rispetto della sfera di autonomia costituzionalmente garantita agli enti locali, definiscono in modo puntuale le ipotesi ed i presupposti in presenza dei quali si può rendere necessario l'intervento sostitutivo o sanzionatorio del Governo.
Con la prima interrogazione, viene lamentata la mancata approvazione del rendiconto di quel Comune entro il termine di legge del 30 giugno 2006. Al riguardo, si osserva che, in caso di ritardato o intempestivo adempimento, l'unica conseguenza sanzionatoria prevista dagli articoli 151 e 161 del testo unico sugli enti locali è l'impossibilità per l'ente, fintantoché la delibera di rendiconto non sia stata adottata, di redigere la certificazione contabile ex articolo 161 con conseguente sospensione dell'ultima rata del contributo ordinario per l'anno in corso. Al mancato rispetto del termine il testo unico non collega, invece, alcuna conseguenza sanzionatoria a carico degli organi.
Il rendiconto della gestione 2005 risulta, peraltro, essere stato adottato dal consiglio comunale di Perugia con delibera del 25 settembre 2006.
Quanto ad eventuali iniziative della Corte dei Conti dell'Umbria, esse sono sfociate in una delibera della Sezione Controllo (n. 2006/G/F/20 del 10 novembre 2006, notificata il 24 novembre 2006) con cui è stata rilevata la mancata contabilizzazione di un'elevata partita debitoria nei confronti della concessionaria della riscossione tributi SORIT spa.
Ricevuta la delibera della Corte dei conti, il responsabile del servizio finanziario in data 27 novembre ha segnalato al sindaco, così come previsto dall'articolo 153 dei testo unico, tale situazione, in grado di pregiudicare gli equilibri di bilancio.
Il successivo 30 novembre, il consiglio comunale ha adottato il provvedimento di riequilibrio ai sensi dell'articolo 193. Quest'ultima delibera, secondo quanto riferito alla Prefettura dallo stesso Comune di Perugia, ha integralmente ricondotto nel bilancio di previsione 2006 il debito, maturato nei confronti della SORIT spa e ha previsto il rientro dal disavanzo nei due esercizi successivi, conformemente a quanto previsto dal comma terzo dell'articolo 193. Il «frazionamento», cui fa riferimento l'interrogante, è pertanto da intendersi riferito non già al debito (che, secondo l'amministrazione, è stato integralmente imputato all'esercizio 2006), bensì al suo ripianamento, che in base alla norma citata può avvenire entro un massimo dei tre anni successivi.
Potendosi validamente far fronte al disavanzo con le modalità previste dall'articolo 193, viene meno la possibilità di
procedere alla dichiarazione di dissesto ex articolo 244, cui fa riferimento l'interrogazione 4-01042.
Oltre tutto, da un punto di vista ordinamentale, non sussiste alcun potere del ministero dell'interno di promuovere la procedura di dichiarazione di dissesto. La competenza sostitutiva, già prima della riforma del Titolo V della Costituzione, era prevista in capo al comitato regionale di controllo; a maggior ragione dopo l'intervento di novella costituzionale, che ha ampliato la sfera di autonomia degli enti locali, non può sostenersi che essa sia ora passata al prefetto.
Detto di come la vicenda del debito SORIT sia stata affrontata dall'amministrazione comunale, ai sensi dell'articolo 168, comma primo, della legge n. 266 del 2005 spetta ora alla Corte dei conti dell'Umbria la competenza a vigilare sull'applicazione delle misure finanziarie correttive adottate per conformarsi ai rilievi dello stesso organo di controllo. Il ministero interrogato non mancherà, ovviamente, di tenersi aggiornato sugli sviluppi della situazione in particolare per quanto attiene al rispetto formale e sostanziale delle norme vigenti in materia di finanza locale.
Per quanto riguarda, infine, la lamentata rimozione dalle sue funzioni della dirigente del settore bilancio del comune di Perugia, si fa presente che la materia, ricadendo nella sfera di autonomia organizzativa dell'ente locale, esula dalle competenze del ministero interrogato.
Peraltro, il sindaco del comune, interpellato al riguardo dalla Prefettura UTG di Perugia, ha precisato che la predetta dirigente è rimasta titolare delle funzioni assegnatele, essendo stato affidato al direttore generale, in luogo della medesima dirigente del settore bilancio, solo la competenza a redigere il citato rendiconto 2005; ciò sulla base di un articolo del regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi che, in caso d'inerzia o grave inadempimento, prevede la possibilità di avocare al direttore generale, al segretario generale o ad altro dirigente l'adozione dell'atto omesso.
È stato, invece, destinato ad altro incarico il dirigente del settore economico finanziario. Tale provvedimento è stato motivato con la necessità di procedere più puntualmente all'accertamento delle entrate provenienti dai tributi comunali per gli esercizi 2005 e precedenti.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Francesco Bonato.
SGOBIO. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
la Metronotte s.r.l. opera esclusivamente nel campo della vigilanza privata e ha iniziato ad operare dal 1982 con sede a Barletta, in via Callano 41;
l'azienda suddetta occupa attualmente 34 dipendenti, di cui 33 addetti con la qualifica di guardia particolare giurata;
in data 8 giugno 2005, la Metronotte s.r.l. ha avviato una procedura di mobilità per 9 unità e si è conclusa con la messa in mobilità di 4 addetti, con il licenziamento di 2 unità per differente giustificato motivo, con lo spostamento di 1 addetto dal settore tecnico a quello amministrativo e per le restanti 2 unità con la sottoscrizione di un contratto di solidarietà;
nella seconda decade di dicembre 2005, la Metronotte s.r.l. ha unilateralmente annullato tale contratto di solidarietà, facendo così intendere di aver superato il periodo di crisi denunciata ai fini dell'apertura della procedura di mobilità;
il 4 gennaio 2006, la Metronotte s.r.l. ha comunicato l'apertura di una nuova procedura di mobilità (licenziamento collettivo) ex articolo 24 e 4 della legge n. 233 del 1991, per ben 17 dipendenti, di cui 7 sono già stati messi in mobilità;
le motivazioni adottate sono le medesime riportate nella precedente procedura di mobilità;
il 10 febbraio 2006, il Sindacato Autonomo di Vigilanza privata (SAVIP) denunciava con una nota del segretario provinciale inviata al Prefetto, dottor Tommaso Bionda, l'interruzione unilaterale da
parte della Metronotte s.r.l. delle trattative in corso, richiedendo la sottoscrizione del mancato accordo;
alla richiesta del 15 febbraio 2006 del suddetto sindacato di copia del bilancio della Metronotte s.r.l., concernente l'annualità 2004, sì da verificare i dati economici, allo scopo di tutelare meglio gli interessi dei lavoratori, la Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Bari rispondeva con nota del 16 febbraio 2006 dichiarando che «...non risulta depositato ed annotato il bilancio di esercizio al 31 dicembre 2004» -:
se e quali iniziative intenda assumere per scongiurare questa ennesima perdita di posti di lavoro;
se e quali atti di controllo di sua competenza può avviare sulla procedura di mobilità avviata.
(4-00450)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, dagli accertamenti effettuati dalla Direzione provinciale del lavoro di Bari è emerso quanto segue.
La Metronotte srl, esercente servizi di vigilanza privata, applica il vigente CCNL e, sino all'anno 2002, ha gestito, in regime di monopolio, la vigilanza privata nell'ambito del territorio della città di Barletta, disponendo di un organico di circa 45 unità.
Nell'anno 2002 l'Istituto è stato implicato in vicende giudiziarie, con la conseguente sospensione della propria licenzia per un mese (giugno 2002), poi ridotta a giorni nove (dal 7 al 16 giugno): tale evento ha avuto ripercussioni sull'immagine della attività societaria. Nel contempo, il Prefetto di Bari ha provveduto al rilascio di altre tre licenze ad altrettante società del settore, con conseguente perdita del monopolio territoriale.
Tale situazione ha, di fatto, comportato una riduzione del volume d'affari e un ridimensionamento dell'attività d'istituto, per cui l'Azienda si è trovata ad operare con personale in esubero.
Per far fronte alle intervenute ridotte necessità occupazionali in questione, i responsabili aziendali della società Metronotte srl decidevano, nel mese di giugno 2005, di avviare una procedura di mobilità che avrebbe interessato 9 unità: tale procedura sarebbe stata giustificata dalla consistente riduzione delle commesse subìta dall'Azienda rispetto agli anni precedenti.
Non essendo stato raggiunto l'accordo sindacale tra le parti (ex articolo 4, comma 7, legge 223), in data 26 luglio 2005, presso l'Ente - Provincia di Bari - Servizio politiche attive del lavoro, le parti hanno trovato un accordo stabilendo in 4 le unità in esubero, rispetto alle 9 richieste dall'Azienda.
Per le altre unità si decideva di non procedere immediatamente ad ulteriori licenziamenti, stante la previsione di acquisire nuove commesse di lavoro, concordando di verificare nuovamente la situazione entro due mesi e, in caso di permanenza negativa dello stato delle commesse, di utilizzare in alternativa il contratto di solidarietà.
In tale lasso di tempo, delle rimanenti 5 unità: due sono state licenziate a seguito di ritiro del porto d'armi (licenziamento soggettivo); una è stata trasferita, consensualmente, dal ruolo tecnico a quello amministrativo; per le ulteriori due unità, infine, si è convenuto di utilizzare un contratto di solidarietà (ex legge n. 236 del 1993), riducendo l'orario di lavoro mensile di 16 ore per ciascun lavoratore.
Detto contratto, decorrente dal 2 novembre 2005 e sottoscritto solamente dalle organizzazioni sindacali CGIL-CISL-UIL, non riportava la firma del Sindacato autonomo SIULS.
A seguito delle rimostranze di tale parte sindacale, in data 14 novembre 2005, l'Azienda convocava il SIULS, che all'epoca contava 17 iscritti su 32 dipendenti in forza a tempo indeterminato, per tentare di estendere l'adesione al contratto di solidarietà, sia pure con modalità parzialmente diverse dal precedente, anche ai lavoratori aderenti a tale sigla sindacale.
Detto tentativo, però, non aveva seguito, in quanto l'Azienda non accettava di anticipare la quota dell'indennità di solidarietà di competenza dell'Organo di previdenza.
Pertanto, pur con il mancato assenso della parte sindacale SIULS, il contratto di solidarietà, per così come convenuto con l'intesa raggiunta con la rappresentanza CGIL-CISL-UIL, ha trovato applicazione, però limitatamente al periodo dal 2 novembre 2005 al 19 dicembre 2005.
Infatti, nel suddetto periodo si sarebbe verificata una sorta di ostruzionismo messo in atto da alcuni lavoratori e dai rappresentanti sindacali SIULS, attraverso il ricorso a numerose assenze, anche per malattia, mai registrate prima di allora.
In conseguenza di tale situazione la direzione della Metronotte srl, che nel frattempo aveva cambiato il vertice, il 20 dicembre 2005 con un comunicato indirizzato a tutti i dipendenti denunciava «il venire meno delle condizioni di utili applicazione» del contratto di solidarietà senza specificarne i motivi.
Invero, le motivazioni, successivamente esplicitate dalla Ditta il 27 gennaio 2006, risiedevano, come innanzi già precisato, nell'accentuazione delle giornate di malattie verificatesi nei mesi di novembre e dicembre 2005; a causa di tale anomalo fenomeno, non sarebbe stato più possibile proseguire l'applicazione del contratto di solidarietà in questione.
Stante tale situazione, il 4 gennaio 2006 la Società ha aperto una nuova procedura di mobilità per 17 unità per «situazione economico-finanziaria particolarmente critica»: tale procedura si è basata sulle stesse motivazioni della pregressa istanza di mobilità, ovvero la soppressione di servizi non economicamente vantaggiosi e la concorrenza di altri istituti presenti sul territorio, nonostante l'acquisizione di servizio nei comuni limitrofi di Trani, Bisceglie e Terlizzi.
Le consultazioni sindacali non hanno sortito altro effetto se non quello della disponibilità unilaterale della società a ridurre i licenziamenti da 17 a 11.
Nell'aprile 2006 sono state licenziate 7 unità lavorative ed, in aggiunta a queste, una unità ha chiesto di essere ammessa volontariamente ai benefici della legge n. 223 del 1991 dal 30 giugno 2006.
A far data dal 3 agosto 2006, con comunicazione ufficiale inviata all'Azienda, i rappresentanti sindacali SIULS, poi SAVIP, sono confluiti nel sindacato UIL.
Allo stato attuale l'attività della Società Metronotte si esplica nella prestazione di servizi di guardia armata che si possono sostanzialmente raggruppare in: servizio di piantonamento; servizi stradali o ispettivi o di zona; servizi di trasporto valori.
L'esame della documentazione contabile aziendale, nonché dei bilanci annuali, depositati presso la Camera di Commercio di Bari, ha evidenziato un trend negativo della situazione economica a partire dal 2002.
Infatti, il valore della produzione ha subìto un forte decremento, passando da euro 2.189.680 del 2002, ad 1.295.795 del 2005, mentre il totale «costi alla produzione» si è mantenuto pressoché costante, nonostante il decremento del fatturato.
Anche il «costo per il personale» si è mantenuto sostanzialmente costante nei 4 anni presi in considerazione.
Per quanto concerne, infine, il deposito dei bilanci, si fa presente che gli stessi sono stati regolarmente presentati all'Ufficio competente della CCIAA di Bari, ed in particolare quello relativo all'anno 2004 è stato presentato in via telematica il 26 maggio 2005.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per la previdenza sociale: Rosa Rinaldi.
SGOBIO, GALANTE e PAGLIARINI. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto denunciato dalla UIL il 28 luglio scorso, nell'ambito dello sciopero indetto da Federfarma contro il «Decreto Bersani», i titolari di alcune farmacie di Roma e provincia avrebbero messo in ferie obbligatoria i propri dipendenti;
i titolari di alcune farmacie della capitale, in sostanza, stanno obbligando i propri dipendenti ad usufruire dei permessi previsti dal contratto o di giornate
di ferie, al fine di non corrispondere al lavoratore la normale e legittima retribuzione;
sempre secondo quanto denunciato dalla UIL, i dipendenti colpiti da questo comportamento, secondo gli interroganti, antisindacale sono circa cinquemila, occupati nelle oltre mille farmacie distribuite sul territorio di Roma e provincia;
ciò, ad avviso degli interroganti, prefigura una grave lesione dei diritti dei lavoratori del settore, delineando quindi una situazione di sostanziale illegittimità dal punto di vista del rapporto di lavoro -:
se e come il Ministro, secondo le proprie prerogative, intenda operare al fine di garantire i diritti dei lavoratori del settore.
(4-00768)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, si comunica l'esito degli accertamenti effettuati dalla Direzione provinciale del lavoro di Roma.
In data 12 luglio 2006, aderendo allo sciopero nazionale indetto per il giorno 19 luglio dalla Federfarma, sindacato nazionale di categoria dei farmacisti titolari di farmacie, l'Assiprofar-Federfarma Roma, articolazione territoriale provinciale del suddetto sindacato, diramava ai propri iscritti (870 associati su un totale di circa 990 titolari di farmacia su Roma e provincia) una circolare esplicativa in ordine alle modalità dello sciopero, facendo, altresì, presente ai titolari iscritti che i farmacisti dipendenti avrebbero dovuto ugualmente percepire la normale retribuzione giornaliera nel giorno di chiusura delle farmacie per sciopero, indipendentemente dall'effettuazione della prestazione lavorativa.
In data 14 luglio 2006 le Segreterie nazionali dei sindacati Filcams/CGIL, Fisascat/CISL e Uiltucs/UIL, con comunicazione unica alle loro articolazioni regionali e comprensioriali, precisavano che, nell'ipotesi in cui la Federfarma avesse confermato la «serrata» contro le disposizioni contenute nel decreto Bersani per il giorno 19 luglio 2006, avrebbero proceduto a informare gli iscritti, farmacisti e non, dipendenti di farmacie private, del loro diritto di percepire la retribuzione, esortandoli, altresì, a comunicare per iscritto all'Azienda la loro disponibilità a lavorare il giorno 19 e a presentarsi regolarmente sul posto di lavoro. Invitavano, inoltre, i farmacisti titolari a non considerare il 19 come giorno di ferie o permesso, essendo una giornata lavorativa a tutti gli effetti di legge e di contratto.
Successivamente, anche in conseguenza degli scioperi indetti per i giorni 26 e 28 luglio, in data 28 luglio 2006, la UIL, informava il Presidente della F.O.F.I. (Federazione ordini farmacisti italiani) di aver ricevuto numerose segnalazioni da parte di farmacisti dipendenti, concernenti la mancata corresponsione della retribuzione per le giornate di chiusura della farmacie in seguito alla protesta.
La Federazione ordini farmacisti italiani pertanto, con circolare n. 6847 del 1o agosto 2006, indirizzata ai presidenti degli ordini dei farmacisti e ai componenti dei comitato centrale della Federazione ordini farmacisti italiani, chiariva che, non avendo le organizzazioni sindacali dei farmacisti dipendenti indetto alcuno sciopero, questi ultimi non dovevano subire alcuna eventuale decurtazione di retribuzione in seguito alla chiusura delle farmacie dovuta alla serrata.
La circolare, inoltre, spiegava che eventuali illecite trattenute sulla busta paga non solo potevano dar luogo a conseguenze di natura giudiziaria e sindacale, ma costituivano anche un comportamento sanzionabile in sede disciplinare per la violazione dell'articolo 11 del «codice deontologico del farmacista».
Al riguardo si fa presente che, in seguito agli accertamenti disposti a campione dalla Direzione provinciale del lavoro di Roma, nei confronti di farmacie operanti nel Comune di Roma, dall'esame dei libri presenze e delle buste paga del personale dipendente, non sono emerse le irregolarità denunciate dal Sindacato.
Si precisa, altresì, che il suddetto personale, interpellato oralmente al riguardo nel corso degli accessi ispettivi, non ha
segnalato alcun comportamento illegittimo da parte dei titolari delle farmacie.
Si rappresenta, infine, che la richiesta inoltrata al sindacato denunciante della UIL per conoscere l'elenco delle farmacie presso le quali sarebbero stati attuati i suddetti comportamenti illegittimi, non ha avuto riscontro.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per la previdenza sociale: Rosa Rinaldi.
TONDO. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro delle politiche europee, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
esiste una fonderia denominata Livarna localizzata nel comune di Nova Gorica in territorio sloveno ma in prossimità del confine italiano;
il ciclo produttivo della suddetta fonderia causa la produzione di residui di lavorazione altissimamente inquinanti (formaldeide e metalli pesanti, in particolare nickel, piombo, zinco, cadmio);
detti residui di lavorazione sono emessi in atmosfera provocando - anche a causa del gioco di correnti che caratterizza l'area - un permanente stato di disagio alla cittadinanza dovuto ai nauseabondi odori che caratterizzano la formaldeide, né l'annuncio dell'applicazione di alcuni filtri da parte della direzione della fabbrica ha ridotto il problema;
oltre ad essere nauseabonde, dette emissioni sono anche acclaratamente dannose per la salute: la formaldeide è stata infatti classificata come cancerogena certa per l'uomo dallo IARC (International agency for research on cancer) in data 15 giugno 2004; nickel e cadmio, pure presenti tra gli elementi inquinanti, sono stati dichiarati agenti cancerogeni umani genotossici nella direttiva 2004/107/CE; da ultimo lo zinco è stato indicato da recenti studi come corresponsabile di malattie neurodegenerative;
analisi effettuate su ortaggi hanno rivelato che il piombo (di cui pure è ben nota la pericolosità) supera i limiti previsti dal regolamento CE n. 466/2001. Le analisi del terreno hanno dimostrano che nickel, zinco e piombo superano abbondantemente il limite normativo del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale (stessi limiti del precedente decreto ministeriale n. 471 del 1999) concernente aree adibite ad uso residenziale e verde pubblico; in alcuni siti il nickel supera paradossalmente il tetto massimo tollerato per le zone altamente industrializzate, laddove il territorio in questione è pressoché totalmente agroresidenziale;
a causa del manifestarsi di malesseri fisici reiterati, numerosi residenti della zona hanno chiesto alle autorità sanitarie di essere sottoposti ad esami diagnostici che hanno dato esiti preoccupanti, soprattutto in ordine alla abnorme presenza di zinco ematico;
la situazione è ben nota alle autorità locali, che però non hanno mai ritenuto di esercitare le giuste e doverose rimostranze e pressioni presso le autorità slovene a causa di miopi calcoli elettoralistici (il voto della minoranza linguistica slovena è stato infatti determinante nelle ultime elezioni amministrative per far ottenere all'amministrazione in carica una risicata maggioranza) ed in spregio della salute della cittadinanza;
ciò nondimeno la Slovenia, in seguito alla sua recente adesione alla UE è chiamata ad ottemperare a tutti gli obblighi europei in materia di tutela ambientale e della salute (Direttiva 96/61/EC), né vale il trincerarsi dietro la scadenza del 2011 concessa alla Slovenia nel trattato di adesione per adeguare agli standard alcuni siti industriali, poiché la fonderia Livarna non è tra gli insediamenti ricompresi nel dettagliato elenco di cui sopra e non può quindi operare in regime di deroga, e per la quale si devono ritenere pienamente vincolanti le disposizioni comunitarie in ambito ambientale (cfr. risposta del Ministero
degli affari esteri a interrogazioni sullo stesso tema nel corso della precedente legislatura) -:
se gli interrogati intendano intervenire senza indugio ulteriore onde promuovere, dati anche gli eccellenti rapporti politici ed economici intercorrenti tra la Slovenia e l'Italia, l'adozione di politiche comuni immediatamente efficaci a tutela dell'ambiente e della salute della cittadinanza goriziana, contro l'inquinamento atmosferico, soprattutto attraverso una decisa iniziativa politico-diplomatica in seno alle istituzioni comunitarie che possa rimuovere da subito lo stato di sofferenza della popolazione e che interrompa il deteriorarsi dell'ambiente isontino;
se intendano istituire un fondo di solidarietà per i danni accertati alla salute della cittadinanza a causa di quanto sopra esposto.
(4-00950)
Risposta. - La problematica in oggetto è ben nota al ministero interrogato, anche in ragione delle segnalazioni che pervengono da parte delle autorità locali ed in particolare della provincia di Gorizia, preoccupate per le emanazioni della fonderia.
A livello bilaterale il ministero degli affari esteri ha provveduto a sensibilizzare le autorità di quel Paese ai fini di una rapida soluzione del problema ambientale in questione. Più volte la nostra rappresentanza diplomatica a Lubiana ha portato all'attenzione del ministero dell'ambiente sloveno le preoccupazioni dei cittadini della zona di Gorizia in merito alle immissioni inquinanti provenienti dalla citata fonderia. Il Ministro dell'ambiente sloveno, Podobnik, in occasione del più recente incontro con l'ambasciatore d'Italia Verga, pur affermando che i livelli delle immissioni risultano compresi nei limiti comunitari imposti, ha comunque riconosciuto che gli odori prodotti dalla fonderia sono eccessivi e vanno dunque ridotti.
Il Ministro sloveno, in quella circostanza, aveva manifestato intenzione di parlare con i proprietari della fonderia a proposito dell'esistenza di un apposito Fondo governativo destinato al finanziamento di opere di salvaguardia ambientale.
La questione è stata sollevata da parte italiana anche in occasione dell'incontro tra il Ministro D'Alema e il Ministro degli esteri sloveno Rupel, svoltosi a Roma il 20 giugno 2006.
Contatti successivi sulla medesima problematica si sono tenuti da parte della nostra ambasciata con il segretario di Stato per l'ambiente, Starman e con il direttore generale per l'ambiente del ministero dell'ambiente, Tavses. Quest'ultimo ha di recente confermato alla nostra ambasciata di aver avuto degli incontri con la dirigenza della «Livarna Gorica» nel corso dei quali la stessa, fornendo assicurazioni circa la tecnologia utilizzata, avrebbe riferito della recente installazione di un nuovo filtro che avrebbe ridotto le emissioni inquinanti della fonderia e si sarebbe impegnata a trasmettere al ministero dell'ambiente e, per conoscenza, alla nostra rappresentanza, una lettera riguardante la posizione della società stessa in ordine alla questione.
Si segnala, altresì, che il direttore della Livarna Oskar Mihelj, in occasione di un'intervista rilasciata al quotidiano sloveno Primorke novice, aveva dichiarato che l'azienda aveva provveduto ad installare alla fine del 2005 un filtro che avrebbe ridotto le emissioni inquinanti. Il costo dell'investimento sarebbe stato di circa 100.000 Euro, di cui 7.500 stanziati dal comune di Nova Gorica.
Per quanto riguarda le possibili azioni da intraprendere a livello comunitario, il ministero degli affari esteri, su impulso delle amministrazioni tecniche competenti e tramite la rappresentanza permanente a Bruxelles, ha provveduto a sensibilizzare la Commissione affinché si faccia carico di un'azione persuasiva nei confronti della Slovenia, finalizzata all'adeguamento della fonderia «Livarna» agli standard comunitari.
Tra gli altri strumenti, il Trattato di adesione alla U.E. prevede, altresì, la possibilità, ex articolo 227, per ciascuno Stato membro, di adire la Corte di giustizia, previo interessamento della Commissione, quando reputi che un altro Stato membro
abbia mancato a uno degli obblighi a lui incombenti previsti dalla normativa comunitaria. Si tratta comunque di una misura eventuale e di estrema ratio, da prendere in considerazione soltanto qualora tutte le altre strade per risolvere una controversia si siano rivelate impraticabili.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Famiano Crucianelli.
VILLARI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
Napoli è la terza città d'Italia per abitanti ma la prima per densità di popolazione. Per storia e posizione geografica può essere considerata tra l'altro la porta d'ingresso in Europa dal Mediterraneo. È anche città d'arte, una delle più visitate dai turisti nel nostro paese. Purtroppo nel quotidiano il capoluogo partenopeo è tristemente noto anche per l'emergenza criminalità che vi soffoca la vita civile e sociale. I delitti commessi ogni giorno a Napoli e nel napoletano sono di ogni tipo e entità; ormai i media di tutto il mondo fanno a gara nel rappresentare come eccezionali non tanto il numero di delitti commessi quanto la spettacolarità dei reati. L'ultimo e più eclatante ha consentito alla città di guadagnare le prime pagine di tutti i giornali nazionali pur durante lo sciopero dei giornalisti radiotelevisivi: un pullman diretto verso l'aeroporto di Capodichino è stato bloccato e gli occupanti rapinati da un commando in pieno giorno e in pieno centro cittadino. I ripetuti appelli delle istituzioni locali hanno avuto ascolto dal Governo e ci si è confrontati sulla presenza di forze dell'ordine e sul loro coordinamento. Tutto questo comunque non appare assolutamente sufficiente al recupero di legalità del quale la città di Napoli ha bisogno; servono misure eccezionali e reazioni altrettanto forti da parte del Governo;
quale sia la posizione del Governo in tema di sicurezza a Napoli, se la lotta alla criminalità sia prioritaria nell'agenda dell'esecutivo -:
quali iniziative il Governo e il Ministro dell'interno intendano assumere per stroncare questo drammatico fenomeno criminale che offende la gloriosa storia di Napoli ed impedisce anche solo di ipotizzare uno scatto in avanti della società napoletana sulla via della crescita e dello sviluppo sociale, economico e civile.
(4-01423)
Risposta. - La gestione dell'ordine pubblico nella città di Napoli e nel suo hinterland è molto particolare, in quanto caratterizzata da una criminalità organizzata che convive con una criminalità diffusa quantitativamente significativa.
Ciò discende anche dall'assenza di una struttura gerarchica della camorra, che determina una mancanza di controllo capillare sulle diverse articolazioni criminali.
Questo rende tipica la situazione del napoletano rispetto ad altre zone, dove operano altre forme di criminalità organizzata quali la mafia e «la 'ndrangheta».
Tale elemento di differenza ha determinato negli anni l'emersione di due elementi molto importanti nell'analisi dello sviluppo della criminalità a Napoli: un abbassamento significativo dell'età di coloro che delinquono ed un eccessivo ricorso alle vie di fatto, come soluzione per dirimere qualunque tipo di conflitto, con il conseguente pericoloso innalzamento del livello di violenza.
La complessità della situazione ha imposto la necessità di potenziare i controlli sul territorio per contrastare il fenomeno della criminalità diffusa e di rafforzare gli apparati investigativi per disarticolare la criminalità organizzata.
Questa analisi è alla base del progetto nazionale specifico elaborato per Napoli e per il suo hinterland.
L'idea di sicurezza, così come perseguita dal Governo, è quella di una sicurezza che sia insieme partecipata e fondata sul principio di sussidiarietà.
La realizzazione dell'idea di sicurezza partecipata è fondamentale e, a tal proposito, sono stati presi contatti con il Presidente dell'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI), proprio per mettere a punto
il progetto specifico in materia di sicurezza delle aree metropolitane.
Difatti, più il quadro della sicurezza è complesso, più c'è bisogno di una partecipazione forte alle politiche di sicurezza, con un miglior coordinamento delle forze di polizia, supportate anche dalla collaborazione della polizia municipale.
Per predisporre meglio la risposta sul territorio è, quindi, necessaria la collaborazione con gli enti locali perché questi conoscono meglio le realtà sociali.
Questa strategia vale ovviamente per Napoli così come per la Sicilia, per Milano, Torino e per tutte le realtà del nostro Paese.
Inoltre, per contrastare la criminalità e sviluppare la cultura della legalità ci vuole tempo e l'impegno di tutte le forze presenti sul territorio, ma soprattutto è necessario superare la logica dell'emergenza che, con l'adozione di «provvedimenti tampone», non è riuscita a risolvere, in passato, la situazione alla radice.
Le direttrici di intervento del Governo prevedono, in primo luogo, un rafforzamento e la riorganizzazione permanente delle attività di investigazione e di controllo del territorio; in secondo luogo, progetti concreti di riqualificazione urbana, che vanno dalla video-sorveglianza all'illuminazione; infine, in terzo luogo, come già illustrato, una maggiore collaborazione tra tutte le istituzioni e ciò anche sul piano finanziario.
Il senso del patto per la sicurezza di Napoli e provincia, siglato il tre novembre scorso dal ministro Amato con i rappresentanti delle istituzioni locali, è lo sviluppo di questo progetto rappresentato dall'idea di mettere in campo un intervento strutturale permanente con determinate caratteristiche.
Si è assunto così l'impegno di rendere operativa entro il 30 gennaio la depositeria comunale per i motorini sequestrati e di completare entro il 2007 il progetto di video sorveglianza.
Per quanto poi riguarda il tema delle risorse umane, il «Patto per la sicurezza di Napoli e provincia» prevede l'impiego di oltre 1000 uomini in più per il controllo del territorio e l'attività investigativa, costituiti in parte da forze nuove, in parte dal recupero di personale impegnato finora in attività amministrative.
In questa direzione, è stata avviata una riorganizzazione dei presidi riducendo il numero dei commissariati, proprio allo scopo di destinare a compiti operativi gli appartenenti alle forze dell'ordine.
In virtù di quanto sopra sono state recuperate forze tali da rendere immediatamente operative per Napoli città 89 pattuglie tra polizia e carabinieri con un incremento, rispetto alla precedente organizzazione, di circa il 65 per cento della forza che opera sul territorio; a queste si sono aggiunte 39 pattuglie per quanto riguarda la provincia.
Il patto per Napoli è comunque attualmente operativo nella misura dell'80 per cento, il restante 20 per cento si realizzerà entro il 2007 soprattutto per quanto riguarda l'impegno a realizzare il sistema di video-sorveglianza.
Si soggiunge, infine, che l'attività di contrasto dispiegata sul territorio napoletano da parte delle forze dell'ordine è costantemente mantenuta a livelli sempre molto elevati, anche in considerazione della crescente domanda di sicurezza della collettività.
Essa è presente e capillare in tutti i quartieri napoletani e nei comuni limitrofi della provincia e, principalmente, nelle aree ad alta presenza di criminalità per assicurare a tutti i cittadini normali standard di sicurezza e legalità.
A tal riguardo sono state condotte recentemente diverse operazioni da parte delle forze dell'ordine per la bonifica di alcuni quartieri più a rischio dove sono stati rimosse telecamere, paletti e cancelli abusivi dislocati dalla criminalità organizzata, quale forma di difesa passiva in grado di rendere difficoltosi gli interventi degli operatori delle forze dell'ordine.
Il Ministro dell'interno, nel corso di una conferenza stampa tenutasi il 14 dicembre scorso presso la Prefettura di Napoli, ha fatto un bilancio del primo mese di operatività del Patto per la sicurezza di Napoli.
Dal 1o novembre al 13 dicembre, sono state effettuate, con l'impiego della «forza d'intervento rapido» costituita da 400 unità
tra poliziotti e carabinieri, 105 operazioni, sono state arrestate 1300 persone, 2100 sono state quelle denunciate, 32000 quelle identificate ed, infine, eseguite 1900 perquisizioni.
Il Ministro ha, altresì, sottolineato che è iniziata una vera e propria pressione quotidiana sulla camorra: nell'ultimo mese, almeno tre volte la settimana, in media, sono state condotte operazioni che hanno impiegato centinaia di operatori di polizia proprio nei quartieri più a rischio.
Ha, inoltre, evidenziato la necessità che questa forte azione di contrasto duri nel tempo e che il «Patto» operi nella continuità; per questo la strategia definita dal Governo sarà incisiva e costante, al fine di ridare fiducia alle persone e ripristinare in quel territorio il valore della legalità.
In questa direzione, per esprimere una presenza diretta dei vertici del Viminale nella città di Napoli, è stato recentemente nominato, quale nuovo Prefetto il dottor Alessandro Pansa, già Vice Capo della Polizia.
Il Viceministro dell'interno: Marco Minniti.
ZACCHERA. - Al Ministro delle comunicazioni, al Ministro dei trasporti, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
negli ultimi giorni sono stati presentati nuovi apparecchi per il controllo della velocità di automobilisti e motociclisti che superino i limiti imposti dal codice della strada;
tra l'altro si è a lungo ripresa la notizia, da parte della stampa, della prossima installazione di una apparecchiatura elettronica in grado di monitorare la velocità media dei veicoli durante lunghe tratte autostradali al fine di colpire i conducenti indisciplinati ed eccessivamente veloci;
a parere dell'interrogante sarebbe più economico e logico utilizzare gli impianti Telepass e le stazioni di ingresso ed uscita per verificare in modo elettronico, nel momento del ritiro del biglietto o del transito di uscita, se il conducente dalla stazione di ingresso in autostrada all'uscita non abbia superato le velocità massime consentite durante il percorso;
inoltre, questo sistema opportunamente pubblicizzato non porterebbe automaticamente ad una diminuzione delle velocità di crociera tenuto conto che la sanzione sarebbe automatica in caso di velocità media eccessiva -:
quali siano le valutazioni del Ministro interrogato e quali eventuali iniziative ritenga di dover adottare in merito.
(4-00061)
Risposta. - In merito all'interrogazione in esame, concernente i nuovi apparecchi per il controllo della velocità sulle tratte autostradali, preliminarmente si fa presente che il sistema prospettato nell'atto ispettivo è già previsto dall'articolo 142, comma 6, del decreto legislativo n. 285 del 1992 e dall'articolo 345, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 495 del 1992 recante il regolamento di esecuzione ed attuazione del codice della strada.
Il sistema come prospettato nell'interrogazione comporterebbe necessariamente il rilievo manuale del numero di targa del veicolo in uscita dal casello autostradale da parte degli organi di polizia stradale; peraltro un eventuale automatizzazione del rilievo risulterebbe possibile solo per i veicoli dotati di telepass.
L'adozione del dispositivo SICVe, sistema informativo per il controllo della velocità, progettato e realizzato da Autostrade per l'Italia s.pa., meglio conosciuto con il marchio di safety tutor, approvato con decreto del direttore generale per la motorizzazione dell'ex Ministero delle infrastrutture e dei trasporti n. 3999 del 24 dicembre 2004, consente, invece, che tutte le operazioni vengano condotte in modalità completamente automatica senza l'intervento di addetti o la presenza di agenti di polizia stradale con evidenti vantaggi in termini di impegno di personale.
Per quanto concerne il sistema che prevede il calcolo della velocità media su tratte
di notevole estensione, effettuato attraverso il sistema di controllo dei biglietti autostradali e delle registrazioni del sistema Telepass, si fa presente che tale sistema offre minori garanzie di efficacia in quanto, su percorsi di media e lunga distanza, è sufficiente una breve sosta in un'area di servizio o un rallentamento dovuto a traffico veicolare per falsare il rilevamento.
Il Ministro dei trasporti: Alessandro Bianchi.
ZACCHERA. - Al Ministro delle infrastrutture, al Ministro dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
in numerose stazioni ferroviarie italiane Trenitalia ha attivato un servizio per l'accoglienza in stazione dei disabili ed il loro accompagnamento ai treni in partenza così, previa prenotazione, per agevolare il loro arrivo;
purtroppo questo servizio è ben poco conosciuto dalla potenziale clientela e la risposta ad una richiesta telefonica - come ha potuto personalmente constatare l'interrogante il giorno 28 ottobre 2005 - di prenotazione del servizio significa a volte perdere ore in inutile attesa;
molte stazioni non sono però convenientemente attrezzate sia perché i mezzi di sollevamento delle carrozzine sono abbandonati all'esterno sia perché è disagevole l'attraversamento dei binari, tenuto conto che la gran parte delle stazioni non ha sottopassaggi attrezzati per i disabili;
nel caso specifico, ciò avviene alla stazione di Verbania Pallanza in località Fondotoce -:
quanti siano stati in questi anni i disabili che hanno potuto approfittare di questo servizio, se si ritenga che lo stesso sia adeguatamente conosciuto e pubblicizzato e quali iniziative si siano prese o si abbiano in animo di intraprendere per rendere le stazioni ferroviarie più agibili per i disabili;
nello specifico, se si intenda sollecitare una messa in sicurezza dell'attraversamento dei binari alla stazione di Verbania.
(4-00063)
Risposta. - In merito all'interrogazione in esame, Ferrovie dello Stato s.p.a., tenendo in massima considerazione le problematiche relative alla clientela disabile, provvede ad organizzare ed effettuare un servizio di trasporto viaggiatori dedicato; le informazioni relative a tale servizio, in particolare la fruibilità e le modalità di accesso, sono divulgate attraverso la pubblicazione dell'orario ufficiale e attraverso internet.
La clientela disabile può richiedere direttamente tale servizio ai Centri di assistenza disabili (CAD), utilizzando i rispettivi indirizzi di posta elettronica oppure rivolgendosi al numero unico nazionale dedicato 199303060.
I tempi di attesa per la risposta telefonica risultano di pochi minuti; tuttavia è possibile che in determinate fasce orarie possano verificarsi situazioni di sovraccarico delle linee.
Per fronteggiare il verificarsi di simili eventualità ed al fine di ottimizzare il servizio, d'intesa con il gestore telefonico Ferrovie dello Stato s.p.a. sta provvedendo all'attivazione di una specifica funzionalità di instradamento delle chiamate in caso di «occupato» o di «nessuna risposta» dopo un periodo di tempo definito, senza che ciò comporti costi aggiuntivi alla clientela.
Per quanto concerne i mezzi di sollevamento utilizzati nelle stazioni abilitate al servizio disabili, la società ferroviaria ha sottolineato che gli stessi sono regolarmente mantenuti in efficienza pur rilevando che, in alcuni casi, il buon funzionamento risulta compromesso da un uso limitato.
Infatti, nel corso del 2005 su un totale di 135 mila interventi distribuiti nel circuito delle 225 stazioni abilitate, circa un terzo sono stati effettuati nelle stazioni di Roma Termini, Milano Centrale e Bologna,
mentre in alcune stazioni periferiche il numero degli interventi è risultato del tutto esiguo ed in altre addirittura prossimo allo zero.
Per tale motivo è stata disposta, laddove ne sussistano le condizioni, la rotazione dei carrelli elevatori tra le stazioni abilitate. Inoltre, al fine di implementare ulteriormente l'efficienza di tali mezzi, è stata recentemente affidata ad un'impresa esterna l'esecuzione dei controlli periodici e degli interventi di manutenzione.
Nel caso segnalato nell'atto ispettivo, si fa presente che nella stazione di Verbania-Pallanza l'attraversamento dei binari viene garantito dal servizio di assistenza ai disabili sia per il superamento delle barriere architettoniche sia per l'incarrozzamento a bordo.
Inoltre, si segnala che la passatoia a raso per l'attraversamento è stata recentemente sostituita ed è adeguata allo svolgimento del servizio, consentito esclusivamente a personale messo a disposizione da Trenitalia s.p.a. con procedure stabilite da Rete ferroviaria italiana s.p.a. e Trenitalia s.p.a., che garantiscono la protezione del cliente e del suo accompagnatore.
Il Ministro dei trasporti: Alessandro Bianchi.