La riforma del sistema radiotelevisivo introdotta dalla legge 112/2004
(c.d. “legge Gasparri”) – approvata dopo
un complesso iter durato oltre due
anni e recante disposizioni per il riassetto
del sistema radiotelevisivo e della RAI (concessionaria del servizio
pubblico radiotelevisivo), nonché una delega
al Governo per l’emanazione del testo unico della radiotelevisione – ha costituito
l’esito di un ampio dibattito nel corso del quale le pronunce della Corte
costituzionale sul pluralismo dell’informazione[1] (v. scheda Sistema radiotelevisivo – Giursprudenza
costituzionale) e il messaggio inviato dal Presidente della Repubblica alle
Camere sullo stesso profilo, nonché il messaggio di rinvio della legge alle
Camere (v. scheda Sistema radiotelevisivo – I
messaggi del Capo dello Stato), hanno formato oggetto di particolare attenzione[2].
Da un punto di vista generale, la riforma introdotta nel
settore radiotelevisivo dalla legge n. 112 del 2004 intende definire una
normativa “di sistema” che tenga conto dell’evoluzione tecnologica e dei
mercati, nonché del nuovo quadro regolamentare europeo dettato dalle direttive sulle “comunicazioni
elettroniche” (v. capitolo Le comunicazioni elettroniche),
favorendo il processo di convergenza tecnologica e la conversione dalla
trasmissione in tecnica analogica a quella in tecnica digitale, il pluralismo e
la concorrenza nel settore, ed altresì ridefinendo il ruolo del servizio pubblico
in tale contesto.
Di seguito sono analizzano le principali aree di intervento della legge.
La legge, al Capo I, reca la ridefinizione dei principi generali e fondamentali
del sistema radiotelevisivo anche al fine dell’esercizio da parte delle
regioni della potestà legislativa
concorrente in materia di “ordinamento della comunicazione”, prevista dal
nuovo articolo 117, terzo comma, Cost. (v. scheda Sistema
radiotelevisivo – I rapporti Stato-regioni). Nell’ambito del Capo I, sono
stati poi inseriti articoli che riguardano una disciplina, anche di carattere
puntuale, in materia di emittenza locale,
di diffusioni interconnesse, nonché
una disciplina relativa alla tutela dei
minori nella programmazione televisiva, prevedendo in particolare il divieto di impiego di minori di 14 anni per
messaggi pubblicitari e spot, ed il
recepimento a livello legislativo del codice di autoregolamentazione “TV e
minori.”
Il divieto di
impiego dei minori di anni 14 nella pubblicità televisiva è stato poi soppresso
dalla legge 38/2006[3], che ha, inoltre, integrato sul punto la legge n. 112 del 2004
introducendo il parere delle competenti Commissioni parlamentari e della
Commissione parlamentare per l’infanzia nella procedura di adozione del
regolamento volto a disciplinare l’impiego dei predetti minori nei programmi
radiotelevisivi (v. scheda Sistema radiotelevisivo
– La tutela dei minori).
La disciplina anticoncentrazione, oggetto
di un ampio ed articolato dibattito in sede parlamentare, individua limiti al cumulo dei programmi ed alla
raccolta delle risorse, questi ultimi calcolati innovativamente in rapporto
ai ricavi dei settori che compongono il “sistema
integrato delle comunicazioni” (SIC,
ossia settore economico che comprende la stampa quotidiana e periodica,
l’editoria annuaristica ed elettronica anche per il tramite di Internet, radio
e televisione, cinema, pubblicità esterna, iniziative di comunicazione di
prodotti e servizi e sponsorizzazioni) (v. scheda Sistema
radiotelevisivo – La disciplina anticoncentrazione). In particolare, la
legge prevede che:
§ un medesimo fornitore di contenuti, anche attraverso società controllate o collegate, non possa essere titolare di autorizzazioni che consentano di diffondere più del 20% del totale dei programmi (rispettivamente, televisivi o radiofonici), irradiabili su frequenze terrestri in ambito nazionale, mediante le reti previste dal piano nazionale di assegnazione delle frequenze in tecnica digitale[4];
§ il limite alla raccolta delle risorse del sistema integrato delle comunicazioni sia individuato nel 20% dei ricavi complessivi del “sistema integrato delle comunicazioni”;
§ gli organismi di telecomunicazioni i cui ricavi nel mercato dei servizi di telecomunicazioni siano superiori al 40% dei ricavi complessivi di quel mercato non possano conseguire ricavi superiori al 10% dei ricavi del settore integrato delle comunicazioni;
§ sia fatto divieto ai soggetti esercenti attività televisiva nazionale attraverso più di una rete di acquisire partecipazioni in imprese editrici di giornali quotidiani[5], nonché di partecipare alla costituzione di nuove imprese editrici di giornali quotidiani, fino al 31 dicembre 2010.
La nuova disciplina anticoncentrazione riconosce poi all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni compiti di regolazione e di verifica relativi alla individuazione del mercato rilevante ed alla formazione di posizioni dominanti[6] nel sistema integrato delle comunicazioni e nei mercati che lo compongono, ed affida alla stessa il potere di adottare provvedimenti “deconcentrativi” nel caso in cui dall’accertamento emergano casi di violazione dei limiti imposti dalla legge.
In materia di posizioni dominanti e di sviluppo del digitale terrestre sono intervenute diverse delibere dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, anche al fine della attuazione della nuova disciplina introdotta dalla legge n. 112 del 2004.
Circa il riassetto della RAI (v. scheda Il servizio pubblico radiotelevisivo), la legge prevede in sintesi:
§ la definizione dei compiti del servizio pubblico generale radiotelevisivo, affidato mediante concessione;
§ il finanziamento del servizio pubblico radiotelevisivo, introducendo l’obbligo per la società concessionaria di destinare i ricavi derivanti dal gettito del canone ai soli oneri sostenuti per la fornitura del servizio pubblico, prevedendo, a tale scopo, la tenuta di una contabilità separata, soggetta al controllo di una società di revisione in posizione di indipendenza;
§ la verifica del corretto svolgimento dei compiti affidati, dalla legge e dal contratto di servizio, alla concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo, che compete all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, cui vengono attribuiti nuovi poteri di indagine e sanzionatori;
§ l’organizzazione e l’amministrazione della società RAI, con la modifica della composizione e della procedura di nomina dei membri del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale, nonché della procedura di nomina del presidente, prevedendo meccanismi di tutela delle minoranze[7];
§ il processo di “privatizzazione” della RAI, che prevede la fusione per incorporazione della società RAI-Radiotelevisione italiana Spa nella società RAI-Holding Spa (con il completamento della fusione per incorporazione entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge) e l’avvio del processo di privatizzazione, attraverso una o più offerte pubbliche di acquisto (OPA), entro quattro mesi dalla data di completamento della fusione per incorporazione[8].
La legge 112/2004 individua un’articolata disciplina transitoria relativa alla fase del passaggio dalla tecnica analogica a quella digitale terrestre (v. scheda Sistema radiotelevisivo – La disciplina transitoria), sino alla definitiva cessazione delle trasmissioni analogiche (c.d. switch off)[9] (v. scheda Sistema radiotelevisivo – La conversione in tecnica digitale)
La disciplina transitoria prevede, in primo luogo, che, fino all’attuazione del piano nazionale di assegnazione delle frequenze in tecnica digitale, i soggetti esercenti a qualunque titolo attività di radiodiffusione televisiva in ambito nazionale e locale, in possesso dei requisiti previsti dalla disciplina vigente per ottenere l’autorizzazione alla sperimentazione, possono effettuare tale sperimentazione – anche attraverso la ripetizione simultanea dei programmi già diffusi in tecnica analogica – fino alla completa conversione delle reti; la sperimentazione può essere effettuata sugli impianti legittimamente operanti in tecnica analogica e i medesimi soggetti possono altresì richiedere le licenze e le autorizzazioni per avviare le trasmissioni in tecnica digitale terrestre.
L’articolo 25 della legge - i cui effetti sono stati in parte anticipati dal DL 352 del 2003[10] – ha disciplinato le modalità per accelerare ed agevolare la conversione alla trasmissione in tecnica digitale. In particolare, la disposizione ha previsto:
§
l’attivazione, a decorrere dal 31 dicembre 2003, di reti
televisive digitali terrestri, con un’offerta di programmi in chiaro
accessibili mediante decoder o
ricevitori digitali;
§ in capo alla società concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo, l’obbligo di realizzare almeno due blocchi di diffusione su frequenze terrestri con una copertura del territorio nazionale che raggiunga il 50% della popolazione dal 1º gennaio 2004, ed il 70% entro il 1º gennaio 2005, nonché di individuare uno o più bacini di diffusione, di norma coincidenti con uno o più comuni situati in aree con difficoltà di ricezione del segnale analogico, nei quali avviare entro il 1º gennaio 2005 la completa conversione alla tecnica digitale;
§ in capo all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni il compito di verificare – entro il 30 aprile 2004 – l’effettivo sviluppo del digitale terrestre e la rispondenza di tale sviluppo ai tempi e alle modalità previste dalla legge, nonché il compito di adottare provvedimenti deconcentrativi nel caso di verifica dell’assenza delle condizioni previste per l’ampliamento del pluralismo.
L’Autorità ha provveduto a tali adempimenti, presentando la relazione prevista entro i termini stabiliti (DOC XXVII, n. 14). Con tale relazione si è dato conto dell’accertamento positivo relativo alle condizioni poste dalla legge, segnalando, al contempo, le azioni positive ancora necessarie affinché “l’avvio promettente della televisione digitale terrestre si tramuti in un reale cambiamento del grado di concorrenzialità del mercato televisivo ed in un effettivo ampliamento del pluralismo culturale, politico ed informativo”.
La legge ha delegato il Governo all’emanazione di un testo unico delle disposizioni legislative in materia di radiotelevisione, con il quale avrebbero dovuto anche essere indicati – sulla base di criteri definiti dalla legge medesima – i princìpi nel rispetto dei quali le regioni esercitano la potestà legislativa concorrente in materia di emittenza radiotelevisiva in ambito regionale o provinciale.
A tale delega è stata data attuazione con il d.lgs. 177/2005 (testo unico della radiotelevisione) recante una ricostruzione della disciplina vigente in materia di radiodiffusione ed ispirato ai principi di coordinamento, semplificazione, armonizzazione ed efficacia. Nel testo unico sono confluite quasi tutte le disposizioni della legge 112/2004, pur non risultando nel testo medesimo l’abrogazione dei corrispondenti articoli della legge n. 112[11].
Esso completa l’intervento di riordino della materia della comunicazione - ad eccezione della stampa, dello spettacolo e della propaganda elettorale - avviato con l’emanazione del codice delle comunicazioni elettroniche e intende costituire insieme a tale codice un unicum normativo, in un’ottica volta a favorire la convergenza.
Circa il rapporto tra i due atti, occorre sottolineare che l’articolo 53 del testo unico sancisce la “specialità” – rispetto alla normativa generale dettata dal codice delle comunicazioni elettroniche - della disciplina delle reti di radiodiffusione sonora e televisiva. Infatti, la disposizione stabilisce che - in considerazione degli obiettivi di tutela del pluralismo e degli altri obiettivi di interesse generale perseguiti - le norme del testo unico in materia di reti utilizzate per la diffusione circolare dei programmi radiotelevisivi prevalgono sulle norme dettate dal codice delle comunicazioni elettroniche: tale prevalenza risultava già sostanzialmente stabilita dall’articolo 2, comma 3, del codice, che viene, peraltro, espressamente richiamato dall’articolo 53 del testo unico.
In tema di pluralismo appare
opportuno segnalare la legge 6 novembre
2003[12],
n. 313, che ha modificato la legge 22 febbraio 2000, n. 28, in materia di
parità di accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali e
referendarie e per la comunicazione politica, introducendo alcune disposizioni
per l'attuazione del principio del pluralismo nella programmazione delle
emittenti radiofoniche e televisive locali. In attuazione della legge è stato
poi emanato il codice di autoregolamentazione in materia di attuazione del
principio del pluralismo, sottoscritto dalle organizzazioni rappresentative
delle emittenti radiofoniche e televisive locali, approvato con decreto del
Ministero delle comunicazioni 8 aprile 2004. (v. scheda Elezioni – Campagna elettorale e finanziamenti
)
Per ciò che concerne la trasmissione
radiofonica dei lavori parlamentari, il comma 7, articolo 4, della legge
finanziaria per il 2004 ha autorizzato una spesa pari a 8,5 milioni di euro per
gli anni 2004, 2005 e 2006 per la proroga della convenzione tra il Ministero
delle comunicazioni e il Centro di produzione Spa, titolare dell’emittente Radio radicale, avente ad oggetto tali
trasmissioni, al fine di garantire la continuità del servizio. La disposizione
ha previsto l’avvio della sperimentazione di ulteriori servizi multimediali,
trasmissioni audio e video su Internet
della totalità delle sedute d’aula di entrambi i rami del Parlamento,
pubblicazione su Internet delle sedute audio e video in differita con
indicizzazione per intervento e consultazione archivio audio e video.
La disposizione riproduce una norma di analogo contenuto a quella
prevista per il triennio precedente dall’articolo 145, comma 20 della
finanziaria per il 2001.
Si segnala inoltre l’approvazione della legge 6 aprile 2005, n. 49, recante Modifiche all’articolo 7 del decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 74,
in materia di messaggi pubblicitari
ingannevoli diffusi attraverso mezzi di comunicazione. Tale norma, attraverso
modifiche al d.lgs. 25 gennaio 1992, n. 74 recante la disciplina vigente in
materia, ha rafforzato le forme di tutela nei confronti della pubblicità
ingannevole e comparativa diffusa attraverso i mezzi di comunicazione, al fine
di agevolare l’attività dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato
volta a perseguire i comportamenti lesivi degli interessi dei consumatori e
degli operatori commerciali.
[1] In particolare, la sentenza n. 466/2002 stabiliva la necessaria fissazione di un termine finale certo e non prorogabile, che comunque non oltrepassasse il 31 dicembre 2003, per la definitiva cessazione del “regime transitorio” (con gli effetti previsti dalla normativa allora vigente per le emittenti eccedenti i limiti anti-trust, vale a dire, la trasmissione dei programmi irradiati da tali emittenti esclusivamente via satellite o via cavo, nonché la realizzazione da parte della RAI della terza rete senza pubblicità). In relazione alla data indicata la Corte costituzionale precisava, in motivazione, che essa “offre margini temporali all’intervento del legislatore per determinare le modalità della definitiva cessazione del regime transitorio di cui all’art. 3, comma 7 della legge n. 249 del 1997” e che “…la presente decisione, concernente le trasmissioni radiotelevisive in ambito nazionale su frequenze terrestri analogiche, non pregiudica il diverso futuro assetto che potrebbe derivare dallo sviluppo della tecnica di trasmissione digitale terrestre, con conseguente aumento delle risorse tecniche disponibili”.
[2] Il progetto di legge, approvato da entrambe le Camere, era stato infatti rinviato dal Presidente della Repubblica con messaggio motivato, a norma dell’art. 74 della Costituzione, per una nuova deliberazione, in data 15 dicembre 2003 (DOC I, n. 5). Circa il messaggio del Presidente della Repubblica alle Camere sul pluralismo dell’informazione, vedi DOC I, n. 2.
[3] Legge 6 febbraio 2006 recante Modifiche all’ articolo 10 della legge 3 maggio 2004, n. 112, in materia di tutela dei minori nella programmazione televisiva.
[4] L’operatività del limite è testualmente riferita all’“atto della completa attuazione del piano nazionale di assegnazione delle frequenze radiofoniche e televisive in tecnica digitale”. Nella fase transitoria il limite del 20% é calcolato sul numero complessivo dei programmi televisivi concessi o irradiati in ambito nazionale su frequenze terrestri indifferentemente in tecnica analogica o in tecnica digitale.
[5] Anche tramite imprese controllate, controllanti o collegate ex art. 2359 del codice civile.
[6] Nel quadro dei principi della concorrenza, la nozione di mercato rilevante, ai fini dell’eventuale individuazione di una posizione dominante, secondo la giurisprudenza comunitaria comprende quei prodotti o servizi tra loro intercambiabili sia sotto il profilo delle caratteristiche tecnologiche, sia per la loro idoneità a soddisfare egualmente le esigenze dei consumatori.
[7] In particolare, i membri del Consiglio di amministrazione passano da 5 a 9 e la loro nomina (tra persone in possesso di specifici requisiti) è rimessa all’assemblea dei soci, che li elegge mediante un meccanismo basato su liste “bloccate” concorrenti. Fino alla completa alienazione della partecipazione dello Stato nel capitale societario, tuttavia, un numero di consiglieri proporzionale alle azioni possedute dallo Stato è indicato attraverso una lista autonoma del Ministero dell’economia e delle finanze. Il termine per l’entrata in vigore delle nuove norme relative alla nomina ed al funzionamento del Cda della RAI è stato fissato al “novantesimo giorno successivo alla data di chiusura della prima offerta pubblica di vendita, effettuata ai sensi dell’articolo 21, comma 3”. Per la nomina del presidente si prevede invece che essa avvenga da parte del Cda, nell’ambito dei suoi membri, e che essa divenga efficace dopo l’acquisizione del parere favorevole, a maggioranza dei due terzi dei componenti, della Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi.
[8] Attesa la previsione di un limite al possesso azionario dell’1%,
all’esito del procedimento di dismissione la società concessionaria si
configurerà come società ad azionariato diffuso (“public company”). Si ricorda che in applicazione della legge è
stata in primo luogo disposta la fusione per incorporazione della società RAI-Radiotelevisione
italiana Spa nella società RAI-Holding Spa; peraltro, il processo di
privatizzazione della RAI sembra aver subito una battuta d’arresto.
[9] La scadenza, originariamente fissata al 31 dicembre 2006, è stata successivamente prorogata al 31 dicembre 2008 dal D.L. 30 dicembre 2005, n. 273, convertito, con modificazioni, dalla Legge 23 febbraio 2006, n. 51.
[10]
In relazione allo sviluppo del sistema
digitale in ambito televisivo il
decreto-legge 24 dicembre 2003, n. 352, convertito con modificazioni dalla
legge 24 febbraio 2004, n. 43, è
intervenuto a disciplinare modalità e tempi di cessazione definitiva del regime
transitorio previsto dalla legge n. 249 del 1997, autorizzando, tra l’altro, le
reti cosiddette “eccedentarie” (rispetto ai limiti previsti dalla legge n.
249), a proseguire nell’esercizio dell’attività, nonché consentendo alla RAI di
avvalersi di risorse pubblicitarie su tutte le proprie reti televisive
(analogiche e digitali).
[11] In particolare, risultano abrogati solo gli articoli che dispongono in merito ai principi generali.
[12] Legge 6 novembre 2003, n. 313 recante Disposizioni per l'attuazione del principio del pluralismo nella programmazione delle emittenti radiofoniche e televisive locali.