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Cosa Nostra

Cosa Nostra

Fu nel 1984 che il collaboratore di giustizia Tommaso Buscetta rivelò al giudice Giovanni Falcone che i mafiosi siciliani, gli "uomini d'onore", definivano l'organizzazione criminale a cui appartenevano "Cosa Nostra".

La mafia siciliana è nata nella Sicilia Occidentale nei primi dell'800. Ha una struttura piramidale e verticistica. La famiglia è il suo organo di base. Contrariamente a quanto avviene per la 'Ndrangheta calabrese, con tale termine non si deve intendere un insieme di persone legate tra di loro da legami di sangue. La famiglia della mafia siciliana è retta da un rappresentante, di nomina elettiva, e controlla un determinato territorio (es. borgata o un quartiere di una città). Palermo, storicamente, è il centro delle attività e delle decisioni di Cosa Nostra.

A partire dalla seconda metà degli anni '50, su indicazione di Cosa Nostra americana, anche in Sicilia la mafia si è dotata di una struttura gerarchica superiore denominata "Commissione" o "Cupola", di cui fanno parte i capi dell'organizzazione dislocati nelle diverse province dell'isola. Alla base della piramide mafiosa vi sono i "picciotti" o "soldati", che costituiscono l'esercito di Cosa Nostra; salendo si trova la figura del "capodecina" che controlla l'operato di dieci uomini; ancora più in alto la figura del "capo mandamento" (il mandamento è un insieme di tre famiglie territorialmente contigue). I capi mandamento fanno parte della "commissione provinciale". Quando un capo mandamento o un capo famiglia viene arrestato, il suo posto è occupato da un "reggente" provvisorio.

In Cosa Nostra vigono rigide norme di comportamento e l'entrata nell'organizzazione avviene per "chiamata". Un soggetto, dopo essere stato sottoposto ad un periodo di osservazione per valutarne le capacità criminali, viene avvicinato e invitato, con l'autorizzazione del capo della famiglia, a partecipare al compimento di alcune azioni delittuose insieme a persone già membre di Cosa Nostra. In questo caso la persona è da considerarsi un "affiliato". Per diventare "picciotto" deve sottoporsi ad un rito di affiliazione, al quale partecipano altri mafiosi. Il prescelto recita un giuramento solenne con il quale giura fedeltà eterna all'organizzazione, passandosi tra le mani un'immagine sacra sulla quale, in precedenza, sono state fatte cadere alcune gocce di sangue di un dito che gli è stato punto (punciutu). Una regola fondamentale per Cosa Nostra è quella per cui non possono far parte dell'organizzazione persone imparentate con magistrati e membri delle forze dell'ordine.

Nel corso degli anni '90 del XX secolo, al fine di ridurre i danni provocati dai collaboratori di giustizia (arresti e confische di beni), Cosa Nostra ha in parte modificato la sua struttura seguendo una logica di compartimentazione mutuata dalla 'Ndrangheta. I membri di un gruppo conoscono soltanto il loro capo e gli altri partecipanti al consesso. Essi, dunque, conoscono una parte dell'organizzazione, non tutto il suo insieme. La compartimentazione, in tal modo, riduce il grado di conoscenza di Cosa Nostra che un affiliato, una volta arrestato, può eventualmente confessare agli inquirenti. Va ricordato che Cosa Nostra ha assassinato i parenti più stretti di alcuni membri dell'organizzazione mafiosa che hanno deciso di collaborare con lo Stato. Uno dei casi recenti più efferati è stato certamente il rapimento, la successiva carcerazione durata due anni, lo strangolamento e lo scioglimento del corpo nell'acido di Giuseppe Di Matteo, undici anni, figlio di Santino Di Matteo, membro di Cosa Nostra divenuto collaboratore di giustizia.

Cosa Nostra ha sempre cercato legami con il potere politico, in particolar modo con chi deteneva e detiene il potere, sia per fare affari sia per garantirsi l'impunità. Una delle prime figure di mafioso ai tempi del latifondismo è rappresentata dai gabelloti, persone che prendevano in affitto il terreno del feudatario, pagando a quest'ultimo una gabella. Molti gabelloti per controllare il lavoro nei campi e scoraggiare i furti, si avvalevano dei cosiddetti "campieri", una sorta di polizia privata del feudo. I gabelloti affittavano a loro volta i terreni ai contadini per un prezzo nettamente superiore alla gabella. Inoltre, con la collaborazione dei "campieri" e di loro uomini di fiducia denominati "soprastanti", i gabelloti sedavano con la violenza le richieste dei lavoratori.

La mafia siciliana, come ricordato nella Relazione sui rapporti tra Mafia e politica della Commissione parlamentare antimafia della XI legislatura1 , è stata utilizzata anche per sedare in modo repressivo e violento le rivolte dei contadini siciliani, riuniti nei fasci, che chiedevano l'abolizione del latifondo e la distribuzione delle terre. Cosa Nostra ha ucciso diversi sindacalisti e devastato alcune camere del lavoro. La mafia siciliana, infine, ha compiuto efferati omicidi di carattere sia punitivo (non rispetto degli accordi) sia preventivo (evitare l'approvazione di certi provvedimenti) nei confronti di uomini politici e di rappresentanti delle istituzioni.

Dopo essere nata nelle campagne controllando i mercati ortofrutticoli, essersi trasferita in città per controllare gli appalti, tra la fine degli anni '70 e l'inizio degli anni '80 del XX secolo, Cosa Nostra ha visto incrementare la propria ricchezza in modo esponenziale entrando nel mercato internazionale degli stupefacenti. La decisione di entrare in questo lucroso affare, nettamente più redditizio del contrabbando di sigarette, scatenò una guerra di mafia che causò la morte di centinaia di persone e che portò al potere i Corleonesi.

I corleonesi, a differenza di altri gruppi, hanno sempre esercitato con particolare ferocia la violenza. Nel 1992, rispettivamente il 23 maggio a Capaci (Pa) e il 19 luglio in via Mariano D'Amelio a Palermo, Cosa Nostra, capeggiata dal corleonese Salvatore Riina, assassinò con due grandi stragi che colpirono e allarmarono l'opinione pubblica i suoi nemici principali: i giudici Giovanni Falcone - di cui fu assassinata anche la moglie Francesca Morvillo - e Paolo Borsellino, nonché gli agenti che componevano le loro scorte. Nel 1993 Cosa Nostra fece scoppiare delle autobomba nelle città di Milano, Firenze e Roma, causando la morte di alcuni cittadini inermi e danneggiando pesantemente il patrimonio artistico di quelle città. Il fine di queste bombe era richiedere alle istituzioni dello Stato repubblicano di scendere a patti, modificando alcune leggi di contrasto alle mafie. Di fronte a questa violenza lo Stato italiano reagì prontamente arrestando non solo Salvatore Riina, latitante da più di vent'anni, ma anche altri importanti esponenti di spicco di Cosa Nostra siciliana. Il comando dell'organizzazione è passato in seguito nella mani di Bernardo Provenzano.

Quest'ultimo, comunicando con altri esponenti di Cosa Nostra mediante l'utilizzo di fogliettini di carta redatti con una vecchia macchina da scrivere e denominati "pizzini", ha optato per una strategia di "inabissamento" della mafia siciliana, ha impartito l'ordine di evitare l'uso eccessivo ed eclatante della violenza, ha fatto in modo che la mafia ritornasse a fare i suoi affari senza suscitare allarme sociale. Alla violenza si è preferito la corruzione, il controllo del territorio è stato garantito dall'esercizio delle estorsioni, gli ingenti capitali sono stati realizzati trafficando in sostanze stupefacenti, instaurando rapporti con le altre mafie italiane e con mafiosi albanesi, dell'Est Europa e della Colombia, infiltrandosi nel sistema degli appalti pubblici, accaparrandosi, mediante un sofisticato sistema di truffe, di quote ingenti dei cosiddetti fondi strutturali europei. Il denaro illecitamente accumulato è stato riciclato grazie al concorso di professionisti insospettabili. Gli investimenti sono stati fatti in attività economiche lecite, non solo in Sicilia, ma soprattutto in altre regioni italiane e in alcuni paesi stranieri.

Bernardo Provenzano, dopo quarantatrè anni di latitanza, è stato arrestato l'11 aprile 2006, a Corleone, in località Montagna dei Cavalli. Tra i papabili alla sua successione figurano il boss latitante Matteo Messina Denaro (capo di Cosa Nostra nella provincia di Trapani) e il boss Salvatore Lo Piccolo (Capo del mandamento di San Lorenzo, che tuttavia ha esteso la propria influenza alla parte occidentale del territorio della provincia di Palermo). Quest'ultimo è stato arrestato a Giardinello, località in prossimità di Carini (Pa) il 5 novembre 2007, insieme al figlio Sandro e ai boss mafiosi Andrea Adamo, reggente del quartiere di Brancaccio, e Gaspare Pulizzi, capo della mafia a Carini.

Secondo le più recenti analisi sul fenomeno effettuate dalla Direzione Nazionale Antimafia, l'aspetto probabilmente più caratterizzante della criminalità organizzata siciliana è la presenza di un'area "grigia" della società costituita da elementi o gruppi, che, pur non facendo parte integrante dell'organizzazione, stabiliscono con essa contatti, collaborazioni, forme di contiguità più o meno strette. Nel rapporto tra mafia e società è dunque rinvenibile un blocco sociale mafioso che è di volta in volta complice, connivente, o caratterizzato da una neutralità indifferente. Tale blocco comprende una "borghesia mafiosa" fatta di tecnici, di esponenti della burocrazia, di professionisti, imprenditori e politici, che o sono strumentali o interagiscono con la mafia in una forma di scambio permanente fondato sulla difesa di sempre nuovi interessi comuni. La cosiddetta "zona grigia" rappresenta a ben vedere la vera forza della mafia: essa è costituita da individui e/o gruppi che vivono nella legalità e forniscono un fondamentale supporto di consulenza per le questioni legali, gli investimenti, l'occultamento di fondi, la capacità di manovrare l'immenso potenziale economico dell'organizzazione criminale. Presenze di Cosa Nostra al di fuori della Sicilia si riscontrano nelle seguenti regioni: Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna, Liguria, Toscana, Lazio.



(1)Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali similari, Relazione sui rapporti tra mafia e politica, Atti parlamentari, XI legislatura, Doc. XXIII, n. 2, Relatore Luciano Violante.